Dal Brasile che resiste alla “pulizia” pre-Mondiale

Scritto dasu 1 Aprile 2014

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Nel pomeriggio di lunedi 31 marzo abbiamo registrato un’intervista oltreoceano con Manfredo, un compagno della Val Pellice che da alcune settimane risiede a Salvador de Bahia in Brasile; qui egli è entrato in contatto con realtà anticapitaliste locali che promuovono mobilitazioni e autorganizzazione contro il liberismo del governo di Dilma Rousseff, soprattutto in vista della Coppa del Mondo di calcio del prossimo giugno.

Anche a Salvador (una sorta di Napoli nera, il 60% di abitanti è di origine africana), come altrove, le terre coltivate dalle comunità dei discendenti degli schiavi (denominate quilombo) sono minacciate dagli interessi della grande industria e della speculazione. Il governo ricorre massicciamente all’apparato poliziesco, l’eredità dei venticinque anni di dittatura militare (1964-89) non è stata mai cancellata dalle successive stagioni politiche, compresa quella che dal 2002 ha portato al governo il PT di Lula e Dilma Rousseff. L’offensiva governativa contro le favelas ha fatto migliaia di morti solo negli ultimi cinque anni.

In vista dei Mondiali di calcio probabilmente ci sarà un riacutizzarsi delle proteste popolari degli scorsi mesi, soprattutto a Rio de Janeiro e San Paolo. Le contraddizioni sociali sono infatti sotto gli occhi di tutti: a Salvador ad esempio il nuovo stadio è costato centinaia di milioni di euro di soldi pubblici, mentre per gli abitanti una bottiglia d’acqua costa un euro e la sanità e i trasporti sono privatizzati e molto cari.

Nella seconda parte dell’intervista un compagno brasiliano ci dà conferma del processo di “igienizzazione” delle favelas in corso in vista dei Mondiali e degli stravolgimenti della vita dei brasiliani in nome della “sicurezza”, e di come la popolazione sia intenzionata in qualche modo a resistere a questo processo.

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