Burkina Faso, l’insurrezione dei figli di Sankara

Scritto dasu 4 Novembre 2014

imagesIn que­ste ore in Bur­kina Faso sono in corso le nego­zia­zioni fra eser­cito, par­titi di oppo­si­zioni e auto­rità reli­giose per defi­nire come gestire in maniera con­di­visa la fase tran­si­to­ria che dovrebbe por­tare, nel giro di tre mesi al mas­simo, a libere ele­zioni. Se in un primo momento sem­brava che l’esercito volesse pro­porsi come unico attore pro­ta­go­ni­sta della tran­si­zione, si è subito capito che non sarebbe stato possibile.

Quello che è certo è che il popolo bur­ki­nabé ha vinto la sua bat­ta­glia: Blaise Com­paoré è stato cac­ciato e la modi­fica dell’articolo 37 della Costi­tu­zione è ormai un brutto ricordo. Se la modi­fica della Costi­tu­zione fosse pas­sata, non essendo la legge retroat­tiva Com­paoré avrebbe potuto ripre­sen­tarsi alle pros­sime tre tor­nate elet­to­rali. Con­si­de­rando che il suo potere per­dura da 27 anni, da quel 15 otto­bre 1987 in cui il suo vec­chio amico e com­pa­gno Tho­mas San­kara fu tra­dito e assas­si­nato da un golpe, que­sto avrebbe signi­fi­cato un solo uomo al comando per oltre quarant’anni di fila.

A Bobo-Dioulasso, la seconda città del Bur­kina, i mili­tanti di Balai Citoyen, una delle prin­ci­pali orga­niz­za­zioni della società civile che ha gui­dato la rivo­lu­zione, sono in pre­si­dio di fronte al palazzo del comune, uno dei tanti sim­boli del potere sac­cheg­giati e dati alle fiamme nella gior­nata del 30 otto­bre. Il sin­daco della città era un pezzo grosso del par­tito dell’ex-presidente, il Con­grès pour la démo­cra­tie et le pro­grés (Cdp). Quando chiedi di par­lare con qual­cuno dell’organizzazione rispon­dono sor­ri­denti ma decisi: «Qui non ci sono capi, siamo tutti com­pa­gni». Per que­sto pre­fe­ri­scono par­lare sem­pli­ce­mente come «com­pa­gni della sezione del Balai di Bobo», per evi­tare «sovrae­spo­si­zione di singoli».

Lo zoc­colo duro della sezione è com­po­sto da gio­vani mili­tanti che in molti casi pro­ven­gono dai movi­menti stu­den­te­schi. I Cibals, come ven­gono chia­mati infor­mal­mente da tutti, spie­gano che sicu­ra­mente le avan­guar­die di lotta cit­ta­dine come la loro hanno avuto un ruolo fon­da­men­tale in que­sta set­ti­mana, «ma tanti com­pa­gni sono affluiti a Ouaga e a Bobo dalle cam­pa­gne nei momenti più impor­tanti». Le radio rurali hanno avuto un ruolo fon­da­men­tale, dif­fon­dendo in tempo reale le infor­ma­zioni nelle cam­pa­gne: tutti oggi in Bur­kina sono a cono­scenza di come evolve la situazione.

Sono tre i punti su cui insi­stono: san­cire non la non modi­fi­ca­bi­lità dell’articolo 37; abo­lire defi­ni­ti­va­mente il senato (l’istituzione del senato era l’altra pro­po­sta molto con­te­stata dell’ultimo anno di pre­si­denza Com­paoré, ndr); limi­tare i poteri del pre­si­dente ren­dendo più effet­tivi gli equi­li­bri interni fra le varie isti­tu­zioni democratiche.

Ne parliamo con Velio Caviello che in questi giorni ha seguito da Bobo Dioulasso le vicende del Burkina Faso per il Manifesto e altre testate

Velio


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