Basta Ilva, basta veleni

Scritto dasu 2 Dicembre 2014

Come la questione Alitalia fu un pezzo importante della campagna elettorale berlusconiana, la questione dell’acciaieria di Taranto sembrerebbe entrare a buon diritto nell’armamentario propagandistico renziano. Allora, ricorderete, fu un disastro. Si costruì la cordata degli imprenditori patriottici (in realtà si trattava dei soliti noti e non a caso c’era pure il patron di Ilva) per sventare il pericolo che la compagnia di bandiera finisse in mano agli odiati Francesi. Tutti sanno com’è andata a finire: società sotto il controllo degli emiri e debiti sul groppone di tutti noi.

La farsa sembrerebbe ripetersi. Sarebbe pronto il piano di salvataggio made in Renzi. Applaude la Camusso, che proprio questa mattina si è recata a Taranto rifiutandosi di incontrare i dissidenti. Applaude Landini, che già sente il profumo dell’adorata nazionalizzazione. Peccato che Ilva fosse già dello stato e sia stata poi privatizzata in ossequio alla modernità neoliberista.

L’Ilva però è soprattutto un’altra storia. Ben più dolorosa, più amara. Ilva è già sulle spalle della gente comune. Delle migliaia di famiglie che hanno persone care malate o decedute. Dei bambini che giocano tra le polveri arancioni. Di tutti noi, su cui vengono scaricati i costi sanitari e ambientali di un mostro che non mantiene neanche più le promesse di lavoro, ma che continua a riempirsi le fauci con le vite di chi è costretto a lavorarci dentro o a viverci semplicemente attorno.

Abbiamo raccolto la testimonianza, lucida e rabbiosa, di Aldo Ranieri, portavoce del comitato dei cittadini e lavoratori liberi e pensanti di Taranto.

Ranieri

 

 


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