Prima sentenza al processo all’assemblea antirazzista

Scritto dasu 14 Aprile 2015

Si è concluso ieri, al tribunale di Torino, il primo dei due processi all’assemblea antirazzista.

La tesi accusatoria del PM Padalino ne è uscita fortemente ridimensionata. Aveva chiesto 27 anni di reclusione e alcune migliaia di euro di multa, ha ottenuto 20 mesi di reclusione e 27 mila euro di multa per 27 antirazzisti. Solo cinque attivisti hanno subito condanne detentive variabili tra i tre e cinque mesi.

Alcune accuse minori sono cadute per prescrizione, altre sono state considerate prive di fondamento.

In piedi, e in modo parziale, sono rimasti pochi dei tanti episodi finiti nel calderone dell’inchiesta per associazione a delinquere aperta cinque anni fa dalla Procura Torinese e continuata nonostante la Cassazione avesse smontato il reato associativo.

Due gli episodi principali per i quali sono scattate le condanne.

La contestazione di fronte alla villetta del colonnello e medico Antonio Baldacci, che era responsabile della gestione del CIE di Torino per conto della Croce Rossa, il 24 maggio 2008, quando Fathi Nejl, un immigrato tunisino senza documenti, morì, dopo una notte di agonia in cui i suoi compagni chiesero invano che venisse ricoverato in ospedale.

L’altro episodio, per il quale sono scattate quattro delle cinque condanne detentive, è la contestazione in un parco cittadino dell’assessore Curti.

Nel luglio del 2008, alcune famiglie rom, stanche di una miseria che aveva segnato ogni momento delle loro vite, decisero di occupare una palazzina dell’Enel in via Pisa. La casa era abbandonata all’incuria da molti anni. Il 15 luglio vennero sgomberate e riportate con un pullman della GTT, alle baracche di via Germagnano.

Due giorni dopo, Ilda Curti, assessore con la delega all’integrazione degli immigrati, venne contestata da decine di antirazzisti. Curti sporse denuncia e ieri quattro antirazzisti sono stati condannati.

La nuova norma, entrata in vigore da pochi giorni, che consente ai giudici di prosciogliere gli imputati di reati considerati di lieve entità, non è stata applicata dal giudice Antonio De Marchi, che ha fatto proprie le tesi del PM Padalino, secondo il quale non solo le condanne ma persino le pendenze, possono essere considerate elemento decisivo per dimostrare che si tratta di condotta abituale. Tesi contrastata senza successo dai due difensori Roberto Lamacchia e Claudio Novaro. Viene cosi confermata, sia pure con una sentenza lieve, la tesi di Padalino, secondo la quale contano di più le personalità che le condotte. Se sei anarchico le bagattelle diventano più pesanti.

Ne abbiamo parlato con Emilio, un redattore delle radio, tra gli antirazzisti condannati ieri, che ha ricostruito la storia dell’assemblea antirazzista ed ha ricordato che il prossimo 22 aprile verrà emessa la sentenza per il troncone principale del processo all’assemblea antirazzista, dove Padalino ha chiesto 80 anni di reclusione.

Ascolta la diretta:

sentenza_antirazzisti_Emilio


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