Malta. Mercato di carne umana

Scritto dasu 11 Novembre 2015

Ai tempi dei Cavalieri Malta divenne uno dei principali mercati degli schiavi del Mediterraneo. Oggi ospita un vertice, che di fatto è nuovamente un mercato in cui l’UE tratta con diversi paesi africani il contrasto dei flussi migratori, di fatto l’ennesimo tentativo di esternalizzazione della repressione.

L’11 e 12 novembre a Malta l’Unione europea incontra i leader africani per convincerli a fermare i migranti. La Slovenia ha annunciato di voler costruire un muro di filo spinato ai confini con per fermare il flusso di migranti. La Germania intende ripristinare il regolamento di Dublino anche per i profughi siriani, che potrebbero essere rispediti nel primo paese in cui sono sbarcati.
Il vertice di Malta tra Ue e Paesi africani dovrebbe, nelle speranze di Bruxelles, riuscire a trovare un accordo su un piano basato principalmente su due punti: fermare le partenze dai paesi di origine e accelerare il rimpatrio dei migranti giunti in Europa. Obiettivi che Bruxelles conta di raggiungere mettendo su piatto 1,5 miliardi di euro destinati alla cooperazione (a fronte di 9,2 miliardi per gestire l’emergenza alle frontiere) ma anche favorendo, a partire dai primi mesi del 2016, missioni di funzionari africani in Europa proprio per facilitare le operazioni di identificazione e quindi i rimpatri.
A La Valletta si ritroveranno 63 capi di Stato e di governo dell’Ue e africani, compresi i rappresentanti di dittature come l’Eritrea con i quali Bruxelles ha scelto di dialogare.
Il nodo resta la tenuta sempre più improbabile di un’Europa sempre più divisa. Il sistema di Shengen è già saltato nei fatti. I tecnocrati di Bruxelles non vogliono ulteriori tentennamenti politici sulle misure d’emergenza per la gestione dei flussi migratori: sistema hotspot e implementazione dei progetti più tecnologicamente sofisticati per il monitoraggio dei confini sotto la supervisione dell’agenzia Frontex. Così protagonista del vertice di oggi sarà una bozza di interventi pre-selezionati, tre paginette e 18 punti diffusa ieri dal sito di controinformazione StateWatch. Al primo punto si prevede una rapida partenza — entro il 16 novembre — degli hotspot in Grecia e Italia (oltre a Lampedusa, l’unico già pronto, in Italia mancano ancora Pozzallo, Porto Empedocle, Augusta, Taranto e Trapani mentre in Grecia si devono attivare Lesbo, Chios, Samos, Lekos e Kos). In questi punti-caldi i «facilitatori» di Frontex e dell’ Easo dovranno mettere in funzione i macchinari per il rilevamento digitale delle impronte e utilizzare le procedure integrate di identificazione e scambio di informazioni di intelligence.
L’UE vorrebbe stabilire clausole per il rimpatrio dei migranti in cambio di incentivi economici. I primi paesi interessati da questi corridoi disumani saranno: Afganistan, Marocco, Nigeria, Pakistan, Tunisia e Turchia. In una seconda fase, entro gennaio, dovrebbero poi essere definiti gli accordi migranti-in-cambio-di-denaro con Etiopia, Niger, nuovamente con il Pakistan, e con la Serbia, paesi con i quali, si dice, sono già stati avviati i primi contatti. Sempre nella logica del do ut des alla Turchia, investita da un ruolo cardine nell’intero sistema di gestione dei flussi, si riconosce la liberalizzazione dei visti d’ingresso nei 28 paesi dell’Ue per i suoi cittadini nel contesto di accordi di cooperazione rafforzata.
Nel documento preparato dagli alti burocrati si sottolinea l’esigenza di estendere progressivamente il ruolo dei funzionari di Frontex alle frontiere europee fino al dispiegamento di squadre denominate «Rabit», acronimo di rapid border intervention teams. Il nome è meno fantasioso di ciò che appare: «Jo Rabit» era il nome della missione 2010–2011 per la costruzione del muro anti-immigrazione lungo il fiume Evros tra Grecia e Turchia, considerata da Frontex come il suo più grande successo, incluso la gestione di oltre 100 giornalisti e le accuse di violazione dei diritti umani. Allora in quattro mesi di supporto alle guardie di frontiera turche e greche con 576 funzionari di Frontex, il costo fu 5,5 milioni di euro. I costi umani, nel report finale, non sono menzionati.
Ora con team simili, in tandem con l’agenzia Eurojust, si studia la realizzazione di hotspot anche ai confini dei Balcani, insieme a percorsi-chiave per incanalare i profughi. La pressione dei migranti alle frontiere è prevista costante, visto che il piano è quinquennale, fino al 2020. Ma — e questo sarà probabilmente il nodo della discussione a La Valletta – nell’agenda precompilata si prevede anche un periodo di sospensione dell’accordo di Schengen: l’estate prossima, tra il 1 maggio e il 31 ottobre, verrebbero ripristinati i controlli anche alle frontiere interne.

La rete No Border ha lanciato un appello a due giorni di informazione e lotta in occasione del vertice di Malta.

Qui potete leggere l’appello “voi crescete recinzioni, noi cresciamo tenaglie”

Ne abbiamo parlato con Elodie della rete No Border.

Ascolta la diretta:

2015-11-10-elodie-malta


Radio Blackout 105.25

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