Usa: redskins and rednecks united against pipelines

Scritto dasu 18 Novembre 2016

dakota_access_protests-big_foot_riders-thosh_collinsIn North Dakota da alcuni mesi le tribù native dei sioux stanno difendendo strenuamente le terre dove sono stati confinati perché amici di Trump da lungo tempo intendono trarre profitti facendo correre oleodotti capaci di portare il petrolio dalle terre indiane fino in Illinois, a Chicago.

Il sottile filo che collega quella lotta locale al di là dell’Oceano con le altre resistenze indigene in Val di Susa ha già prodotto repressioni fino anche a morti e arresti e lacrimogeni e taser, perché ormai il capitale e il colonialismo hanno già messo gli occhi sul business e quindi devasteranno senza remore il territorio, bucheranno monti, costruiranno tunnel sotto i fiumi, distruggeranno siti e cimiteri indiani.

La polizia è intervenuta già pesantemente molte volte, intimidazioni e spari da parte di operai bianchi dei cantieri hanno portato il movimento numerosissimo a un punto cruciale alla congiunzione tra le esitazioni di Obama, i silenzi della Clinton, la politica anti-ambientale della nuova amministrazione. Il drammatico appello alla comunità internazionale può condurre anche a una campagna di boicottaggio assimilabile a quello messo in atto contro i prodotti israeliani a sostegno della lotta palestinese contro l’apartheid, intraprendendo l’invito a non incrementare l’industria del turismo.

Ma un aspetto singolare della vicenda deriva dal fatto che la lotta dei Pelle Rossa è speculare a quella dei Colli Rossi texani, le comunità bianche e bovare del sud che si trovano a sparare fucilate agli operai che si avventurano nei loro territori per costruire un gasdotto rifiutato dalle popolazioni locali. Il surreale intreccio rende ancora più succoso il racconto di Fabrizio Salmoni, con cui abbiamo parlato stamani:

northdakota

 

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