La banalità delle norme: l’istituzione dei nuovi campi di concentramento

Scritto dasu 11 Febbraio 2017

Gli accordi libici di Gentiloni con una porzione di stato – che risulta oltretutto perdente rispetto alla Cirenaica di Haftar – sono la conclamazione che l’Europa ha superato la fase dei diritti umani, perché non esistono e non interessa che esistano nei vari paesi del mondo; semplificare nell’ottica del potere significa proprio ridurre le agibilità. Da un provvedimento grave (i gradi di giudizio) a uno anche peggiore (lo schiavismo applicato a uomini neri che si devono guadagnare la pagnotta gratuitamente, lavorando gratis) e poi si arriva alla summa della perversione legislativa (il Lager per conto terzi, per non disturbare la sensibilità). L’abolizione dell’appello nega persino i canonici tre gradi di giudizio del nostro sistema di garanzie minime (e già in materia di espulsioni se ne prevedono solo due), ma serve perché il diniego sia comminato in modo sempre più veloce e la costruzione di campi di concentramento vicino agli aeroporti rappresentano il tassello successivo della semplificazione della barbarie, che prevede di circoscrivere il più possibile il diritto d’asilo facendolo confinare con le strutture preposte alla deportazione, visto che la società liberaldemocratica non può venire meno ai suoi principi ma può collocare la loro negazione alla periferia, badando esclusivamente a mantenere intonsi gli affari che si sviluppano pelosamente attorno all’assistenza e all’accoglienza, esternalizzando tutto il resto, campi di concentramento compresi, affidati a kapo notoriamente spietati e aguzzini, per cui il filtro si sposterebbe del tutto dall’altra parte del Mediterraneo, in modo del tutto incontrollabile (fosse comuni, tortura, fame, stupri… tutto tollerato, consentito… preparato dall’occidente. Ma subappaltato).

Mentre i meno fortunati vengono fermati prima di sbarcare e poi rimpatriati, in territorio europeo si andrebbe a costituire una sorta di apartheid, dove i migranti sono cittadini di secondo livello, schiavi al lavoro in cambio di vitto e alloggio, in attesa di rimpatrio; oppure li aspetta una contenzione in strutture che sono pura propaganda, che li si chiami Ctp, Cie o Cpr: fumo negli occhi dei già abbastanza accecati cittadini europei, infoiati dal delirio securitario e dalla xenofobia, ma inutili anche in un’ottica repressiva. Paradossalmente – per chi crede – la loro penitenza deriva nella ampiamente condivisibile lettura di Gianluca Vitale (viste le molte comunità confessionali coinvolte nel “volontariato”) dalla tradizione cattolica, votata al sacrificio in cambio del paradiso: bisogna un po’ soffrire… ma forse queste persone hanno già ricevuto la loro dotazione di patimenti.

Queste e altre analisi si possono ascoltare in questo flusso di coscienza di Gianluca, avvocato del Legal team, che gradualmente si indigna (e noi con lui) per morti, deportazioni di massa, nazionalismi, torture, razzismo, sfruttamento insito nel meccanismo funzionale al sistema in cui sono inseriti corpi ricattabili, precari e senza prospettive, a cominciare dal punto di partenza del loro viaggio… fino a immaginare una nuova Norimberga per questi criminali di guerra, nella storia che li inchioderà tra qualche anno. Non basta sperarlo.

Vitale


Radio Blackout 105.25

One station against the nation

Current track
TITLE
ARTIST