Rifugiati afghani deportati e usati come carne da macello nella guerra all’Isis

Scritto dasu 10 Giugno 2017

In Afghanistan il conflitto che si trascina da anni continua a mettere in fuga la popolazione. Da sedici anni il paese è il principale laboratorio della cd. “guerra al terrore”, lanciata da Bush Jr. dopo l’11 settembre 2001. Da inizio 2017 sono più di 100mila gli afghani che sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Nel frattempo, nell’ottobre 2016, l’Unione Europea e il governo di Kabul hanno sottoscritto un accordo quadro che consente ai governi europei di rimpatriare anche forzatamente tutti gli afghani presenti in Europa la cui richiesta di asilo non sia stata accettata, fingendo che l’Afghanistan sia un “paese sicuro”. Accordo sottoscritto poco prima della Conferenza dei Donatori, a seguito della quale la comunità internazionale ha stanziato 15,2 miliardi di dollari in aiuto allo sviluppo per l’Afghanistan per il periodo 2017-2020. Soldi in cambio di deportazioni.

 

E’ di queste settimane la vicenda di Norimberga, dove la polizia si è presentata in una scuola superiore per prelevare e deportare un giovane afghano residente in Germania da 4 anni. Trecento suoi compagni si sono opposti, circondando l’auto della polizia per impedire che Asef venisse portato via, mentre i poliziotti menavano manganelli, spray al pepe e aizzavano cani contro chi si ribellava alla macchina della deportazione ordinaria.

 

Non basta. I corpi deportati dall’UE vengono poi usati nella guerra all’Isis in Siria ed Iraq. Per evitare la morte in Afghanistan, infatti, sono costretti ad arruolarsi nelle milizie sciite iraniane o siriane, nella migliore delle ipotesi in cambio di cittadinanza, casa e stipendio. Nel silenzio e nell’indifferenza generale, così l’Occidente pensa di chiudere la propria devastante “parentesi” militare in Afghanistan: facendo della popolazione carne da macello in altre guerre.

 

Ne abbiamo parlato con Nicola, dei Berlin Migrant Strikers, autore di una approfondita inchiesta personale:

Unknown

 


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