Categorie di pensiero cinese per capire Xi Jingping

Scritto dasu 21 Ottobre 2017

Il collettivo che regge le sorti della Cina si è presentato sul palco del XIX congresso del Partito, mostrando differenti gradi carismatici, anche conferiti dall’età dei convenuti che rappresentano la tradizionale volontà di transizioni lunghe che avvengono senza precipitare gli eventi. La stampa occidentale sembra affascinata dalla politica cinese e dalla sua dirigenza, ammaliata dalla Via della Seta o dalle opere faraoniche come la megalopoli da 30 milioni di abitanti da far sorgere nel sud del paese; ammirata dei successi conseguiti continua a ribadire con invidia che «La Cina quel che promette mantiene», in cui però sembrano prevalere gli echi di minaccia. Il primus inter pares, che ha acquisito ancora più potere gestendolo in questi anni è Xi Jingping, dal cui discorso iniziale di tre ore e mezza emergono già alcuni dati in prospettiva futura in due fasi, fino al 2035 la prima e la seconda guarda al 2050: innovazione tecnologica; svolta ecologista (il più difficile degli obiettivi, perché collide con il modello di sviluppo, che si attesta ancora sul 6,8% del pil per la grande presenza di industrie); espansione della classe media e sviluppo di consumi interni; maggiore apertura al mondo, per riportare la Cina a quel ruolo globale che gli compete; ottenere un ruolo di preminenza sullo scacchiere internazionale e dunque aggressività e ulteriore penetrazione nel mercato globale.

Andrea Pira ci riferisce che la parola più ricorrente e significativa del discorso è stata “Potenza”: la caratteristica che deve assumere la Cina.

In tutto questo il potere di Xi continuerà a privilegiare la lotta populista alla corruzione anche per epurare e selezionare dirigenti fedeli alla sua linea, e pure per prepararsi la possibilità di controllare il paese anche dopo la fine del secondo mandato; ripudio dei metodi democratici, considerandoli limitati (l’apparato cinese aveva retto meglio la crisi del 2008, dimostrazione di una migliore preformatività agli occhi cinesi) e in ogni caso espressione di un populismo dell’oligarchia del capitale (dimostrando che il sistema cinese è più efficiente, regge di più ed evita sconquassi). D’altra parte nel Pcc sono comprese molteplici idee politiche che rappresentano grosso modo le posizioni corrispondenti comprese nei parlamenti occidentali; il dissenso è perseguito anche all’estero, sparizioni temporanee o meno avvengono frequentemente, qualsiasi critica viene fiaccata per quanto flebile possa essere. E la potenza economica cinese consente al regime di mettere la sordina a proteste di altri paesi.

Andrea ci espone nel dettaglio la situazione, con dovizia di particolari e ritratti di protagonisti che collegano idee, istituzioni, pensieri, progetti politici economici e sociali attuali e con riferimenti alla storia recente della Repubblica popolare cinese e alla tradizione marxista asiatica che ha sviluppato forti componenti nazionaliste, sforzandosi di esporre l’ottica cinese e di interpretare i 4 pilastri del pensiero di Xi:

XIX congresso del Pcc


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