Kenya, etnie-famiglie di fronte a brogli e neocolonialismo. Probabili scontri e morti

Scritto dasu 23 Ottobre 2017

 

In Kenya ad agosto c’è stata l’ultima puntata dello scontro tra Luo e Kikuyu, che si palesa nella rivalità tra Uhuru Kenyatta e Rail Odinga, pargoli delle due famiglie che hanno incarnato la lotta per l’indipendenza dalla corona britannica negli anni Sessanta e che da allora si contendono il potere a Nairobi; comunque l’Occidente è sempre rimasto protagonista. Fino ad agosto quando sono state invalidate le elezioni per palesi truffe elettorali e giovedì 26 ottobre si terrà la ripetizione… dei brogli. Una replica annunciata al punto che un membro della commissione elettorale, Roselyn Akombe, si è detta convinta della parzialità di molti membri della commissione e quindi che questa svolga il proprio lavoro in modo indipendente, dimettendosi  (e fuggendo a New York) qualche giorno prima che lo facesse addirittura il presidente della commissione stessa. Odinga, il candidato di opposizione aveva già ritirato la sua candidatura, ma a sorpresa ha deciso di riconsiderare questa scelta, organizzando manifestazioni di massa il 26 stesso in tutto il paese, sfidando la repressione poliziesca.

Una situazione simile portò nel 2007 a scontri di piazza che produssero 1200 morti, per ora nel 2017 i morti sono stati una settantina, perciò abbiamo pensato potesse essere interessante interpellare Lia, un’antropologa che ha vissuto in Kenya e conosce quella società, per dipanare il groviglio di interessi, appartenenze, etnie, culture di cui è forgiata la comunità keniota a partire dai lasciti delle scelte coloniali e non arrivare giovedì a stupirci di quanti morti ci potranno essere alla prevedibile opposizione al monopolio del regime kikuyu, che si è espresso più o meno ferocemente per quasi tutto il periodo postcoloniale.

Kenya 2017


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