Centri finalizzati all’espulsione: un’esigenza sadica per rozzi razzisti

Scritto dasu 19 Maggio 2018

Un gradito appuntamento mensile sotto le mura ostili del cpr di corso Brunelleschi, da due decenni un triste luogo di detenzione dentro un indifferente quartiere periferico di Torino. La ferocia a pochi metri dalla vita quotidiana.

I detenuti continuano le resistenze alle deportazioni, che avvengono perlopiù nei finesettimana e colpiscono soprattutto i tunisini per accordi al vertici che consentono i rimpatrii; compresse dentro quegli spazi angusti ci sono circa 180 persone, rapite, sottratte alla vita comune per ragioni di carte, documenti, esistenze negate, sospese. Come sentite dall’audio allegato, l’organizzazione collaudata, raffinata nell’uso annoso della contenzione senza colpa, del controllo asfissiante è affidata a un ente gestore talmente espressione del sistema che è anch’esso una multinazionale, la francese Gepsa (che gestisce anche Ponte Galeria), come tutto ciò che controlla il mondo di fuori: fanno business anche della reclusione e della persecuzione di innocenti, accusati solo di non avere i documenti giusti; però senza aver commesso reati. A maggior ragione ora che s’insedia un governo razzista che trova i suoi consensi proprio nel delirio securitario e nel razzismo, unico motivo per cui si può tollerare che i pasti siano costituiti dal cibo marcio di Sodexo (altra multinazionale marsigliese) – fatta di scarti di altre mense e con date di scadenza ormai spirate –, che le vessazioni siano prassi, che l’indifferenza diventi colpa, che persone muoiano nel tentativo di oltrepassare linee immaginarie che loro chiamano frontiere, sembra importante dimostrare di avere ancora un barlume di solidarietà con queste persone recluse insensatamente e dimostrarla domenica 20 maggio alle 16,30 nei giardini all’angolo con via Monginevro. Un supporto da fuori che può sostenere le ribellioni che generosamente si spendono negli aeroporti, riuscendo a evitare di essere caricati a forza su velivoli che riportano indietro e non mancano nemmeno dentro quei luoghi lugubri, ricavati da spazi militari, da sempre dunque una destinazione d’uso di sofferenza e autoritarismo.

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