Epidemia. Sanità al collasso e spesa di guerra

Scritto dasu 25 Febbraio 2020

Decenni di tagli alla sanità da tempo non garantiscono un minimo di tutela della salute di chi non può permettersi di pagare i privati. La prima risposta del governo all’epidemia di Covid 19 è stata a tutela dell’ordine pubblico e delle imprese, in linea con quanto deciso dai governi che si sono succeduti in questi anni. Mentre il segretario della Lega vorrebbe chiudere i porti a chi arriva da sud, il resto dell’Europa riduce i contatti con il nord Italia governato dalla Lega.
Nei primi giorni dell’epidemia appare chiaro che la sanità lombarda, piemontese e veneta non hanno i mezzi per affrontare e risolvere l’emergenza. Nei reparti di pneumologia non ci sono abbastanza posti letto per le normali polmoniti che colpiscono i soggetti a rischio, evidente che non sarà possibile curare bene tutti.
Un’inversione di tendenza è urgente. In questi anni i governi hanno destinato sempre meno risorse alla nostra salute, scegliendo di aumentare la spesa militare e le missioni di guerra. Sia all’esterno che all’interno.
Anche di fronte ad un’epidemia seria come quella da Covid 19 la risposta è quella di alimentare la paura e impedire alla radice ogni forma di protesta. Vietare cortei, riunioni e assemblee, mentre viene permesso alle aziende di mantenere aperte produzioni inutili e dannose, di concentrare centinaia di operai nelle mense, è il segno che di fronte all’epidemia si pensa più alla repressione che alla prevenzione.
Oggi più che mai la parola passa ai movimenti di opposizione sociale, alla loro capacità di sviluppare reti solidali, che spezzino la solitudine di chi è chiuso in casa, che sappiano porre freno al “si salvi chi può” di chi saccheggia i supermercati, in una guerra per l’ultimo pacchetto di pasta.

Ne abbiamo parlato con Massimo Varengo, un compagno di Milano

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