Due papi e una banca

Nella serata del primo luglio è stata diffusa la notizia delle dimissioni del direttore generale dello IOR Cipriani e del suo vice Lulli.
Le dimissioni sono state accettate dalla Commissione cardinalizia di vigilanza e dal board laico di sovrintendenza, il cui presidente Ernst Von Freyberg ha assunto le funzioni di direttore generale “ad interim”, con effetto immediato. La super commissione nominata la scorsa settimana dal papa si è limitata a prendere atto della decisione dei due uomini ai vertici operativi della banca. Cipriani è da tempo nel mirino della procura di Roma insieme all’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi per la vicenda dei 23 milioni di euro sequestrati per sospetta violazione delle norme anti-riciclaggio.
Le dimissioni erano nell’aria sin dall’arresto del vescovo di Salerno, Nunzio Scarano dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (Apsa).
Scarano e i suoi due complici, il broker finanziario Giovanni Carenzio e l’ex sottufficiale dei carabinieri Giovanni Maria Zito, che, all’epoca dei fatti nel luglio 2012, era distaccato agli 007 dell’Aisi, sono finiti in carcere il 28 giugno. Il vescovo è accusato corruzione e di calunnia per il tentativo, naufragato, di far rientrare in Italia 20 milioni di euro, sospettati di essere frutto di un’evasione fiscale degli armatori d’Amico.
Nemmeno due giorni prima papa Bergoglio aveva commissariato lo IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, la banca di Dio, con sede nel Torrione di San Nicolò.
Bergoglio con una mossa la cui tempestività lascia pochi dubbi, ha istituito la Pontificia commissione referente sull’Istituto per le Opere Religiose. A capo del nuovo organismo il cardinale salesiano Renato Farina. La dicitura ufficiale con la quale viene designata la commissione è realizzare «una migliore armonizzazione del medesimo con la missione della Chiesa universale e della Sede Apostolica, nel contesto più generale delle riforme che sia opportuno realizzare da parte delle Istituzioni che danno ausilio alla Sede Apostolica».
Lo IOR ha già un organismo di controllo e la mossa di Bergoglio, due giorni prima dell’arresto del vescovo di Salerno, la cui iscrizione nel registro degli indagati risale però all’inizio di giugno, va decodificata al di là della spessa cappa di fumo sparsa nella narrazione della maggior parte dei media.
Anarres ne ha parlato con il proprio vaticanista di riferimento, Paolo Iervese.
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2013 06 28 iervese ior

Vale la pena fare un passo indietro per meglio capire la durissima battaglia di potere che si sta giocando da oltre un anno tra le mura vaticane. La violenza dello scontro è tale da bucare la coltre di riservatezza con cui la chiesa cattolica copre i propri affari.
Tutto comincia con le dimissioni di Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere che papa Ratzinger mise a capo dello IOR, per dare una ripulita all’immagine dell’Istituto, nell’auspicio che potesse entrare nel novero delle banche per bene. In quel periodo la banca di Dio era già nel mirino della magistratura.
Le dimissioni di Gotti Tedeschi vennero imposte dal potentissimo segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, che con questa mossa si mise in contrapposizione con lo stesso Ratzinger, che pure l’aveva voluto in un ruolo cruciale, come quello di ministro degli esteri vaticano.
Per lunghi mesi l’incarico rimase vacante. A fine anno Benedetto XIV annunciò le proprie clamorose dimissioni. Ufficialmente il papa teologo, il papa curiale per eccellenza, il papa che aveva costruito passo dopo passo la propria carriera, si dimette perché anziano e stanco. Una dichiarazione che rasenta l’eresia, perché dal trono di Pietro si scende solo per salire in paradiso, perché la sofferenza, la malattia, la vecchiaia sono parte del ruolo. Il suo predecessore l’aveva recitato oltre la propria stessa coscienza, come martirio voluto, via crucis, dove ogni stazione è su un percorso obbligato.
Ratzinger no. Segno, che persino i vaticanisti più allineati hanno colto, che temeva di non farcela a vincere la battaglia, rischiando di vedere il proprio pontificato travolto dagli scandali. Tra pedofilia e truffe l’immagine della chiesa cattolica ne usciva decisamente appannata.
Ratzinger si ritira per consentire l’elezione di qualcuno in grado di battere Bertone, senza tuttavia scalfire gli equilibri da lui costruiti con paziente ferocia.
Bertone non molla la presa e contrattacca. A pochi giorni dall’elezione del nuovo papa, contro ogni consuetudine che prevede che ogni carica si azzeri dopo la fine di un papato, promuove l’elezione del nuovo presidente dello IOR, Ernst von Freyberg.
Occorreva che tutto cambiasse, perché ogni cosa restasse al proprio posto.
Bergoglio era l’uomo giusto, il gesuita che si fa Francesco per meglio azzannare l’agnello. Messe a tacere senza troppi problemi le voci che raccontavano delle sue collusioni con la dittatura di Jorge Videla, tra autobus, mense, appartamenti fuori dalle stanze vaticane, qualche oculato accenno ai poveri, Bergoglio, l’uomo venuto dalla fine del mondo per dare una ripulita alla curia, incarna in modo perfetto il ruolo.
In tre mesi di pontificato Bergoglio non ha mai ricevuto Ernst von Freyberg, che si lega a filo doppio con Cipriani, il direttore dimessosi oggi.
Jeff Lena, l’avvocato californiano diventato in questi anni l’uomo-chiave e l’eminenza grigia dell’Istituto, ha rotto da circa due mesi con Freyberg. Secondo il Corriere della Sera “negli ultimi tempi Lena, che nella lotta per silurare Ettore Gotti Tedeschi si era mosso in tandem con il board dello Ior e con lo stesso Cipriani, quasi rimpianga gli scontri col banchiere piacentino sloggiato in malo modo dal vertice poco più di un anno fa.
Allora si disse che le accuse di Gotti Tedeschi contro il tentativo della Segreteria di Stato e della struttura dell’Istituto di annacquare le norme sul riciclaggio erano infondate; e che il banchiere col pallino della demografia era stato mandato via perché non conosceva lo Ior e non lo difendeva”
In realtà persino il timido tentativo di ripulitura dell’immagine di Gotti Tedeschi non aveva retto di fronte ai grandi interessi gestiti dallo IOR.
Oggi Bergoglio ha l’occasione di portare a termine l’operazione gattopardesca voluta dal papa emerito.
Bergoglio potrà approfittare dello scandalo presente e di quelli che da qui a poco potrebbero seguire la conclusione di alcune inchieste che la magistratura italiana da qualche anno porta avanti contro lo IOR, per rinnovare la curia romana, facendo passare anni di malaffare, corruzione, riciclaggio, come l’errore di qualche pecorella smarrita.
In realtà la “pulizia” della curia che Bergoglio da tempo annuncia, con attacchi plateali quanto di facciata contro lo IOR, servirà a mascherare ulteriormente i fatti: il Vaticano si regge strutturalmente sul potere della finanza quanto su quello della propaganda e come tutti gli stati utilizza i mezzi più spregiudicati per propagare il proprio potere.




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