LA FINE DELLA FINE DELLA STORIA S.2 #20 – PROVE DI ESCALATION, BIDEN CHIAMA XI

La fine della Fine della Storia

Continuano, e si intensificano, le proteste in Israele contro il governo di Benjamin Netanyahu. Il weekend scorso ha visto in piazza decine di migliaia di persone che si sono accampate per quattro giorni fuori dalla Knesset per chiedere a gran voce una soluzione per il rilascio degli ostaggi ancora in mano ad Hamas ed elezioni anticipate, caldeggiate anche da Benny Gantz presso lo Knesset che le ha rifiutate. Il clima interno tutt’altro che sereno per l’esecutivo si aggrava per le proteste degli ultra-ortodossi che una legge appena approvata rende coscrivibili. Le operazioni di guerra sulla striscia di Gaza continuano e il bilancio dei morti sale a più di 33 mila. L’Idf cinge d’assedio la città di Rafah, ultimo rifugio per gli sfollati palestinesi, preparando un’operazione di terra che fino per ora, anche a causa delle pressioni delle cancellerie occidentali, resta una minaccia. Proprio mentre le forze di sicurezza israeliane si ritiravano dall’ospedale Al-Shifa lasciandosi alle spalle una lunga scia di sangue, un raid dell’aviazione uccideva sette cooperanti internazionali dell’organizzazione World Central Kitchen (WCK) causando sdegno a occidente (questa volta i morti sono bianchi) e il momentaneo stop delle operazione umanitarie delle ONG nella Striscia. Se da subito Netanyahu ha parlato con un certo sprezzo di “errori che possono capitare in guerra” c’è chi vede nell’attacco al convoglio di WCK, e negli altri “errori” che lo hanno preceduto, una strategia ben precisa dell’esercito israeliano per piegare ulteriormente il popolo palestinese e fiaccarne la resistenza, impedendo al contempo che gli aiuti sostengano anche la resistenza di Hamas.
In un clima regionale già infuocato ulteriore benzina è stata gettata dalle Idf con l’attacco alla ambasciata iraniana a Damasco che ha lasciato ucciso decine di civili oltre ad alcuni Pasdaran considerati di “alto profilo”. Attacco israeliano su suolo siriano che non è di certo il primo ma che denota un salto qualitativo, sia per l’importanza dei Guardiani della Rivoluzione uccisi sia perché ad essere colpita è stata una sede diplomatica in suolo straniero. Khamenei ha prontamente annunciato pesanti ritorsioni e il ministero della Difesa israeliano ha innalzato al massimo il livello di allerta aerea e richiamato i riservisti dell’aeronautica. Gli occhi del mondo si sono nuovamente spostati sul vicino Libano ed Hezbollah, sponda iraniana più prossima a Israele i cui attacchi ormai colpiscono ben al di là del suo confine nord.

Per farci raccontare timori e sensazioni dal paese dei cedri abbiamo contattato Camilla, cooperante italiana che si trova a Beirut.

Mentre alcuni generali ucraini lanciano dalle pagine del Politico un ennesimo allarme sul fatto che la Russia potrebbe sfondare la linea del foriate da un momento all’altro, la retorica di guerra continua a gonfiare i muscoli dei leader europei. Dopo le spericolate uscite di Macron è stato ancora il premier polacco Tusk a rimarcare che la Russia starebbe violando ripetutamente alcune linee rosse. Intanto son già 100.000 gli uomini della Nato stipati ai con fin i Russi e dov ebbero arrivare a 300.000. Putin non si è fatto sfuggire l’occasione di rispondere ai leader europei e in un discorso tenuto ai piloti nella base di Tver ha sostenuto quanto sui file pensare che la Russia voglia ingaggiar uno scontro diretto con la Nato, ricordando che sto gli Usa spendono in Difesa ben 811 miliardi, cioè undici volte quanto spesso dalla Russia.

Tra i fustigatori del pacifismo strabico o ,peggio, codardo, della gran parte dei cittadini europei che eviterebbero volentieri un olocausto nucleare, si è distinto il solito Rampini che dalle pagine del Corriere ha operato un tentativo maldestro di riscrittura della storia che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta, vide una grande ondata di proteste popolari contro i famosi  Euromissili. Ovviamente Rampini la racconta come una grande vittoria del buon senso atlantico sulle immotivate paure del popolo mentre in realtà fu l’amaro realismo di alcun i leader europei, tra cui gli italiani Craxi e Cossiga e il tedesco Schmidt a guidare la scelta, come escamotage per costringere gli Usa ad assumersi la responsabilità pratica degli esiti potenzialmente devastanti per l’Europa delle tensioni tra Usa e Urss. Solo quattro anni dopo Reagan e Gorbachov infatti, in un trattato noto come INF, misero al bando quegli arsenali. Negli ultimi anni quel trattato è stato messe in discussione proprio dagli Stati Uniti, Trump in testa, per averte le mani libere nel Mar Cinese Meridionale.

All’indomani dell’attacco israeliano sull’Ambasciata iraniana di Damasco, un’improvvisa chiamata di Biden ha raggiunto il suo omologo cinese Xi Jinping. Ne abbiamo parlato con Dario, ricercatore di Scienze Politiche presso la Normale di Pisa.

 

Ascolta il podcast:

 

MATERIALI

Francesca Mannocchi – L’arma della fame, l’attacco al convoglio umanitario della Ong Wck è solo l’ultimo di una lunga serie

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