Macerie su Macerie – 28/2/22, Un conto molto salato: crisi energetica, guerra, “ritorno” al carbone

Uno degli sconvolgimenti pandemici è stato il cambio di ritmo della produzione globale. Soprattutto nel 2020 il contraccolpo rispetto al virus è stato in prima battuta un rallentamento generale in quasi tutti i settori tranne la grande distribuzione organizzata e i colossi della consegna a domicilio. Tuttavia il Covid-19 ha cambiato anche in linea definitiva il modo di consumare: il boom dell’e-commerce, la casa privata come luogo di socialità, l’abbandono per molti di cinema e posti di ritrovo in favore di un rifugio sempre più massiccio nelle piattaforme digitali (app di incontri, Netflix, software per video-conferincing), non dimenticando l’introduzione del web 3.0 e dell’utilizzo diffuso dell’Intelligenza Artificiale.

Più o meno all’improvviso, a causa dell’impatto epidemico, delle restrizioni e dei nuovi comportamenti sociali di buona parte della popolazione che vive in paesi altamente capitalizzati, l’organizzazione dei flussi che ha caratterizzato gli ultimi vent’anni di globalizzazione feroce e internazionalizzazione del lavoro secondo il delirante modello just in time  ha raggiunto un punto critico. L’aggressività di tale organizzazione è nota ben prima del coronavirus ma proprio con esso alcuni nodi sono venuti definitivamente al pettine e tra questi l’impatto ancor più energivoro di un capitalismo che va digitalizzandosi sotto la maschera di una grande svolta verde.

Già dai primi mesi del 2021, con la ripresa a pieno regime della produzione globale e con i suoi repentini cambiamenti, è non solo tornata massicciamente la richiesta di carbone, petrolio e gas naturale, ma è esponenzialmente cresciuta. I paesi produttori di idrocarburi come il petrolio non sono riusciti ad aumentare l’offerta necessaria e quando la domanda di un bene scarso cresce, secondo le leggi del mercato,  a crescere sono anche i prezzi.  Inoltre i rifornimenti di gas che vengono dalla Russia sono già stati fortemente ridotti in base ai cambiamenti nei trattati commerciali e alcune diatribe geopolitiche intorno all’attivazione del Nord Stream 2, un grande gasdotto che arriva in Germania. A tutto ciò va a unirsi la diminuzione di produttività dei giacimenti di gas, delle centrali idroelettriche ed eoliche dei paesi del nord Europa, e l’impatto delle carbon tax sul prezzo del carbone per disincentivare le emissioni di CO2, o per lo meno questo era l’obiettivo dichiarato solo fino a qualche settimana fa.

La guerra in Ucraina aggiunge non solo un’ulteriore ripercussione alla già critica situazione, ma fa saltare i piani per l’approvvigionamento energetico che la governance europea aveva fatto senza l’oste. Il cambiamento di paradigma lanciato da Bruxelles per un grande Green New Deal sembra cadere come un castello di carta di fronte alla mancanza di gas russo. I vari paesi UE da paladini del discorso della svolta verde si sono trasformati nel giro di 48h in ponderati sostenitori del ritorno alle fino a ieri cattive centrali a carbone e dell’implementazione massiccia del nucleare, spacciato come la fonte più pulita e gestibile.

La realtà per le persone che vivono governate da questi insani meccanismi diventerà presto ancora più atroce. Con un’energia che diventa sempre più costosa e il cui prezzo definitivo è giocato all’asta del mercato globale, in Italia e in Europa si rischiano oggi blocchi temporanei per risparmiare sulle forniture, ipotesi questa sempre meno remota e già anticipata dai governanti di ogni risma, non per ultimo il premier italiano Mario Draghi.

Indovinate chi sarà a pagare il prezzo più alto di questo razionamento energetico?

Se già il rincaro delle bollette è noto e potrebbe diventare insostenibile nel prossimo anno e non solo per i poveri, non è irrilevante in tutto questo il peso della cosiddetta transizione ecologica e di cosa significhi in realtà: l’energia a carissimo prezzo non sarà certo distribuita equamente ma servirà ad alimentare le infrastrutture della produzione profittevole e quelle del controllo.

Di fatto si consumerà di meno – certamente – perché a essere ridotti al lumicino saremo noi.

A Macerie su Macerie alcune considerazioni in proposito tra guerra, stato d’emergenza infinito e incognite sul futuro delle città:



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