prospettive e dilemmi sulle aree interne

liberation front

Con il lockdown i grandi architetti hanno messo gli occhi sulle aree interne ventilando possibilità futuristiche di riappropriazione di paesi e borghi lasciati all’abbandono dal boom industriale del dopoguerra. Ma più che una rivitalizzazione popolare di queste zone abbandonate, i progetti proposti sembrano destinarsi a persone facoltose che potranno permettersi di stabilirsi in borghi rivalutati di almeno 3/4 volte, in un processo di riqualificazione sempre più simile a quello visto nelle città, in cui interi quartieri sono destinati a ricchi e turisti.Risultato immagini per lajetto
Se fino a ieri l’idea di campagna destava un immaginario bucolico, sporco e faticoso, oggi con la retorica green questi aspetti assumono un nuovo valore, quello della vita sana. Ma le persone che si vorrebbero inserire nei borghi 2.0 non sarebbero più lavoratori legati all’ambiente in cui vivono, ma smart-workers che necessitano di connessioni, servizi e una rete di viabilità. Oltre al cambiamento morfologico determinato da queste necessità, ci si chiede anche quale legame si può costruire tra società e territorio, se chi lo vive è più legato al computer che alla terra.
L’assalto alle aree interne non è una novità, da diversi anni si tenta di portare una messa a profitto delle aree interne (montagna, appennino, campagna) con infrastrutture (tav o gasdotti), progetti energetici di vario tipo (eolico, idrico, solare), a cui consegue una pesante cementificazione e militarizzazione. Tutto il contrario dell’immaginario precostituito di “zona desolata” da dover “salvare”.
Forse la migliore soluzione sarebbe di non salvare queste aree, ma cercare soluzioni condivise e dal basso con chi già le vive e non puntare su mega-progetti importati da speculatori e archistar. Il “modello Riace” o quello di Genuino Clandestino sono due esempi che hanno permesso un ripopolamento e un uso proficuo e solidale delle terre.
Ne parliamo con Giulia De Cunto e Francesco Pasta autori di “non salvate le aree interne” (https://www.lavoroculturale.org/critica-narrazione-aree-interne/giulia-de-cunto-e-francesco-pasta/2021/)

 

 




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