Torino 25 aprile. Presidio antifascista alla lapide del partigiano anarchico Baroni

Mercoledì 25 aprile
ore 15
presidio alla lapide al partigiano anarchico Ilio Baroni
in corso Giulio Cesare angolo corso Novara
dove Ilio è morto combattendo i nazifascisti

Ricordo, deposizione di fiori, musica – banchetti informativi antifascisti e antirazzisti – volantinaggio in quartiere – bicchierata in ricordo delle tante vittime del fascismo di ieri e di oggi.
Interverranno Roberto Prato e Tobia Imperato

Sugli anarchici nella resistenza a Torino ascolta l’intervista a Tobia: [audio:https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/2012-04-22-Tobia-su-Baroni.mp3|titles=2012 04 22 Tobia su Baroni]

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Di seguito la presentazione dell’iniziativa, promossa, come ormai ogni anno, dalla Federazione Anarchica Torinese

“Baroni sa di rischiare tutto, ma come nel passato mette a repentaglio la sua vita per proteggere quella degli altri.
Ecco Baritono che cerca di recuperare l’automezzo del suo distaccamento; Baroni è ora completamente allo scoperto e lo protegge, ma una raffica colpisce in pieno Baritono; Baroni continua a sparare, poi, d’un tratto, tutto tace; la sua arma non canta più; Baroni è morto; si è accasciato sulla sua arma; è caduto da eroe.” (Fabbri).

Ilio Baroni (1902-1945), nome di battaglia “il Moro”, era un anarchico di Massa Marittima (Gr) che come tanti era giunto a Torino per trovare lavoro come operaio alla Fiat Ferriere. Diviene subito un personaggio di spicco negli ambienti sovversivi e antifascisti ed organizza attorno a sé un nutrito gruppo di compagni. Sfumato il tentativo di raggiungere la Spagna rivoluzionaria nel ’36, si dedica in tutto e per tutto alla resistenza antifascista a Torino.
Condannato per attività antifascista e propaganda anarchica e trascorsi alcuni anni di carcere e confino, diventa il comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.
Il compito delle Squadre di Azione Patriottica (Sap), che vedevano affiancati partigiani provenienti da diverse realtà politiche, era di difendere industrie e macchinari, sabotare la produzione, rafforzare la coscienza antifascista con la propaganda e prepararsi militarmente all’insurrezione.
Il Moro, al comando della squadra di manovra Sap, sarà protagonista di vere e proprie azioni di guerra in stile gappista, fino a quando, nel fatidico aprile del ’45, troverà la morte in battaglia.
Il 25 aprile a Torino la città è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, e la città diventa a breve un campo di battaglia. Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo, ma giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco tedesco. È il 26 aprile. Il giorno dopo la città sarà completamente liberata dai fascisti, senza dover nemmeno aspettare l’arrivo delle formazioni esterne.
Il 28 aprile i Volontari della libertà di tutte le formazioni percorrono le vie di Torino cantando le loro canzoni.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…

Ma il fascismo non è morto il 25 aprile del 1945…

Stiamo scivolando verso un baratro. È il baratro del fascismo che ritorna, che ritorna nelle strade, che ritorna nelle leggi sempre più razziste e liberticide.
Non si contano più le aggressioni di fascisti e polizia contro immigrati e rom. Dal pogrom della Continassa agli omicidi fascisti di Firenze, dal sudamericano ucciso a Milano dalla polizia al ragazzo tunisino ammazzato a Ravenna dai carabinieri.
Un vero bollettino di guerra. Una guerra aperta, una guerra scritta nel nostro stesso ordinamento giuridico, che sancisce che qualcuno può essere perseguito per quello che è, non per quello che fa. Come nella Germania nazista, come nell’Italia fascista. Sei rinchiuso, perseguitato, discriminato perché sei ebreo, rom, asociale, omosessuale, oppositore politico.
Sei escluso dai diritti umani, perché non sei davvero umano, sei inferiore e, quindi, pericoloso.
Dal 1988 sono 18.244 gli immigrati morti nel tentativo di attraversare la frontiera con la fortezza Europa.
Una lunga strage, non diversa da quelle delle truppe coloniali di Mussolini in Libia e nel Corno d’Africa.
Anche questo è fascismo.

Chi ce la fa ad arrivare trova lavoro nero, salari infimi, paura, discriminazione, leggi razziste.
Chi viene pescato senza documenti sale gratis sulla macchina delle espulsioni: reclusione amministrativa sino a diciotto mesi e poi il ritorno con comodo volo di linea. A testa china e in silenzio. Se parli, se gridi che non vuoi andare via, se ti agiti per suscitare l’attenzione ti stringono i polsi con le fascette da elettricista, che fermano il sangue, incidono le carni e ti impacchettano la bocca con lo scotch. Perché questa pratica venisse alla luce c’è voluto un passeggero con un briciolo di umanità, mentre gli altri restavano in silenzio, infastiditi dall’indignazione di quell’unico che non riusciva a tollerare l’intollerabile.
In questo silenzio complice si annida il fascismo.

Il processo di disumanizzazione dell’immigrato, rinchiuso nella gabbia semantica della clandestinità, che lo rende sospetto, probabilmente delinquente, sicuramente pericoloso, equiparabile ad una bestia feroce è parte integrante nella costruzione del consenso alle pratiche più indecenti.
L’immigrato cui serrano le labbra a forza è come il cane cui viene imposta la museruola, come la tigre rinchiusa in gabbia, come il serpente cui viene tolto il veleno.
Museruole, gabbie, psicofarmaci narrano la bestialità di chi li usa.
Una bestialità pervasiva, che rischia di farsi lessico comune, aberrante normalità, giudiziosa condotta. Un anestetico morale, un alibi collettivo.
Anche questo è fascismo.

Stiamo scivolando in un baratro: occorre fare barriera contro la barbarie che avanza, con l’azione diretta, senza deleghe, in prima persona.
In questo 25 aprile vogliamo ricordare le ragioni di tanti di quelli che combatterono e morirono, le ragioni di chi combatteva il fascismo perché portava in se il sogno di un’umanità senza stati né frontiere, solidale, dove l’uguaglianza reale si accompagnasse al rispetto ed alla salvaguardia delle differenze.
Queste ragioni sono state dimenticate o gettate nel fango.
Spetta a noi raccoglierle e farne una bandiera.
Spetta a noi riprendere il cammino dei nostri padri e dei nostri nonni. Spetta a noi conquistare un nuovo aprile.
A Torino la Resistenza continua, ogni giorno.




Radio Blackout 105.25

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