lavoro

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Con una circolare diramata lunedì 21 (5/2013), il ministero del lavoro stabilisce in merito ai contratti d’apprendistato che un datore di lavoro non incorre sanzioni in caso di inadempimento dell’obbligo formativo previsto dallo stesso contratto. Eventuali sanzioni, comunque evitabili sanando ipotetici “debiti formativi” con il reintegro delle ore di formazione evase, possono essere comminate al […]

  Stamattina dalle 6 nuovo picchetto al deposito centrale Ikea di Piacenza, bloccate tutte e quattro le porte del più grosso dei due magazzini, la polizia ha desistito dall’intervenire e in tarda mattinata i manifestanti hanno rimosso di loro iniziativa i blocchi. L’iniziativa, alla quale hanno partecipato decine di lavoratori più un centinaio di solidali […]

Approda in Consiglio dei Ministri il decreto legge sull’Ilva che consentirà la ripresa della produzione nello stabilimento superando di fatto il sequestro imposto dai magistrati, già non rispettato negli ultimi mesi per quanto riguarda l’area a caldo dello stabilimento dove si è continuato a lavorare nonostante l’ordinanza di luglio. Ancora una volta a tener banco […]

    Dopo la giornata di lotta di venerdì e le iniziative di solidarietà presso i punti vendita Ikea di sabato, lunedì 5 novembre è un altro passaggio importante della lotta dei lavoratori del consorzio CGS in appalto al deposito centrale Ikea di Piacenza: alle 18 in Provincia è in programma un nuovo incontro tra […]

Altra giornata di lotta per lavoratori del consorzio Cgs che gestisce il magazzino centrale dell’Ikea a Piacenza. Due giorni fa Ikea aveva imposto ai consorzi e alle cooperative di procedere con il licenziamento dei lavoratori più attivi nella lotta e nei picchetti iniziati il 17 ottobre scorso, tesi a ottenere i diritti che l’enorme deregulation […]

L’allarme per i morti di Taranto è rimasto per decenni inascoltato, ma il rischio per la produzione dell’acciaio ha prodotto repentinamente l’attenzione del governo. E’ il duro giudizio espresso dalla commissione ecomafie, che evidenzia nella sua relazione come il governo sull’Ilva abbia avuto “un vero risveglio’” quando, per il sequestro degli impianti,è stato possibile che […]

Oggi lo dicono tutti. Lo dicono tutti che era chiaro sin dal principio che il progetto “Fabbrica Italia” era un grosso bidone. Peccato che due anni fa nessuno degli opinionisti che oggi spandono saggezza sui nostri quotidiani lo abbia detto. Anzi! Il motivo forte che ha messo insieme destra e sinistra è stato quello della salvezza dei posti di lavoro, e quindi della necessità di accettare il ricatto di Sergio Marchionne prima a Pomigliano, poi a Mirafiori. La certezza del lavoro in cambio di tutele, salario, libertà sindacali.
In questi due anni negli stabilimenti si è mangiata disciplina e cassa integrazione, mentre, poco a poco si sta riassorbendo anche l’anomalia Fiom.
Sabato Monti andrà da Marchionne con il cappello in mano. Possiamo azzardare una previsione? Marchionne, una vero genio nell’arte di assorbire risorse pubbliche nei paesi dove ci sono gli stabilimenti Fiat, dall’Italia alla Serbia, passando per il Brasile, anche questa volta non se ne andrà a mani vuote.

Ne abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi della CUB.

La riforma del mercato del lavoro del governo Monti è stata definitivamente approvata dal parlamento ieri 27 maggio 2012. La norma più colpita è l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori (l. 300/70) che prevedeva la reintegra del lavoratore illegittimamente licenziato nelle aziende che impiegano più di 15 lavoratori. Da oggi ciò non accadrà sempre, ma solo in alcuni casi: licenziamenti discriminatori o effettuati a causa della maternità o del matrimonio; licenziamenti disciplinari insussistenti o sproporzionati (ma in questo caso non spetteranno tutte le mensilità dal licenziamento fino all’effettiva reintegra: il tetto è di 12 mensilità). In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (gmo), cioè dettato da motivi economici o comunque legati all’organizzazione del lavoro e della produzione, la reintegra potrà (e non necessariamente dovrà) essere applicata dal giudice cui è data totale discrezionalità al riguardo (anche qui con un limite del risarcimento a 12 mensilità) in caso di accertata “manifesta insussistenza” del motivo economico; negli altri casi spetterà un risarcimento da 12 a 24 mensilità. In ogni caso dal risarcimento andrà dedotto non solo quanto percepito dal lavoratore attraverso un altro lavoro dopo il licenziamento, ma anche “quanto avrebbe dovuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione”: è evidente il moralismo che sta dietro un inciso del genere. Prima però di licenziare per gmo dovrà essere stata esperita una procedura conciliativa avanti alla Direzione Provinciale del lavoro al fine di monetizzare il licenziamento: il verbale di questo tentativo di conciliazione finiranno nel fascicolo dell’eventuale causa ed il giudice dovrà tener conto anche del rifiuto di proposte conciliative in quella sede nella determinazione dell’eventuale indennità risarcitoria. Altra spia del moralismo sotteso a tutta la modifica del mercato del lavoro: bisogna essere flessibili, in entrata ed in uscita, sbattersi sul lavoro (se c’è) e sbattersi a cercar lavoro (quando non c’è). Insomma: tutta la vita al lavoro.
Ne abbiamo parlato con Simone Bisacca, avvocato del lavoro.

Il no profit colpisce ancora. In questo caso è la CSEA, consorzio per lo sviluppo dell’elettronica e dell’automazione, che gestiva corsi per conto dell’ente pubblico. I suoi 280 lavoratori e lavoratrici docenti e non docenti attualmente sono in cassa integrazione e da 4 mesi senza stipendio. E’ un vicenda complessa e non del tutto chiara […]

Continua la trattativa sulla riforma del lavoro che, qualunque sia il compromesso finale, si porterà via quel poco che resta di tutele contro lo strapotere dei padroni.
Abbiamo fatto il punto sulla questione con Stefano Capello della Cub

“L`azienda sapeva che le bombolette erano pericolose” Caso La Fumet. Nell`inchiesta spunta l`ipotesi del dolo. Sino al 2010 le bombolette integre o quasi e per qualche ragione da smaltire venivano spedite in uno stabilimento tedesco che provvedeva a trattarle. Quell`anno un operaio morì per uno scoppio durante la lavorazione e i tedeschi posero una condizione […]

Mercoledì 14 marzo. Incontro tra il ministro del welfare Fornero e CGIL, CISL; UIL e UGL su ammortizzatori sociali e articolo 18.
Il giorno precedente Fornero – a margine di un convegno alla Farnesina – aveva dichiarato che, senza l’accordo preventivo dei sindacati, non era disponibile a mettere sul tavolo una “paccata di miliardi” per gli ammortizzatori sociali. Una sorta di ultimatum ai sindacati.
Il 14 marzo invece Fornero garantisce che i soldi per gli ammortizzatori ci sono e che non verranno prelevati dalla previdenza.
Nei fatti l’intera trattativa verte su un sussidio da fame (tolto a pensioni, cassa integrazione e mobilità) e su licenziamenti più facili, giustificati per motivi “economici” e “disciplinari”.
Niente “paccata di miliardi”, solo tanto fumo per non far vedere che l’arrosto se l’è già mangiato qualcun altro. Mettere l’accento solo sull’articolo 18 rischia di nascondere la decisiva partita sugli ammortizzatori sociali.
Se il compromesso su questo tema fosse dignitoso – anche se al ribasso – Camusso potrebbe alzarsi dal tavolo delle trattative indossando la sua brava foglia di fico.
La “flessibilità in uscita”, l’equivalente in neolingua della “libertà di licenziare”, non è la sola richiesta di Governo e Confindustria. Anche la “flessibilità in entrata” diventa elemento di trattativa, dove la maggiore liberalizzazione delle assunzioni viene mascherata con la riduzione delle tipologie contrattuali precarie. Di fatto siamo di fronte alla definitiva precarizzazione del lavoro in entrata: tutti uguali, tutti apprendisti. Magari a vita.
La riforma degli ammortizzatori sociali mira a dare altro nome a cassa integrazione e indennità di disoccupazione, ma i soldi per fare questa operazione saranno meno di quelli che servono con le norme attuali.
I lavoratori, soprattutto su quelli di aziende che chiudono o che si ristrutturano, sopportano e sopporteranno sempre più il peso ed i costi della crisi, mentre si regalano soldi alle aziende e si prestano soldi alle banche con interessi risibili. Così le stesse banche possono investire sul debito pubblico e ricavarne guadagni enormi.

Ne abbiamo parlato con Stefano Capello della CUB:

Scarica l’audio dell’intervista


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