","Africa orientale: l'omofobia importata, la xenofobia interna, la presenza cinese...","post",1543145119,[61,62,63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/africa-orientale/","http://radioblackout.org/tag/migrazione-interna/","http://radioblackout.org/tag/omofobia/","http://radioblackout.org/tag/tanzania/","http://radioblackout.org/tag/via-della-seta/","http://radioblackout.org/tag/xenofobia/",[21,68,69,70,71,17],"migrazione interna","omofobia","Tanzania","via della seta",{"post_content":73,"post_title":79,"tags":82},{"matched_tokens":74,"snippet":77,"value":78},[75,76],"Africa","orientale","Tanzania in particolare e di \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark> in generale: l'info è stata","Stiamo assistendo a una stretta repressiva in Tanzania, che è riuscita a sfondare il muro di silenzio stampa che avvolge in genere i fatti africani, quando qualche giorno fa ha fatto scalpore la notizia che il giovane governatore di Dar-es-Salaam, Paul Makonda, ha lanciato una campagna omofoba con tanto di invito alla delazione: i primi gay sono finiti in galera e le liste di proscrizione sono state redatte via social.\r\n\r\nDa questa situazione, che abbiamo approfondito in questo primo audio che potete sentire con Marco Cochi di \"Afrofocus\" (L'omofobia africana è un prodotto coloniale d'importazione) abbiamo preso spunto per parlare di Tanzania in particolare e di \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark> in generale: l'info è stata ospitata da BlackMilk, la trasmissione del sabato blackoutiano che propone sonorità provenienti dal continente nero.\r\n\r\nL'informazione è la cartina di tornasole sulla effettiva libertà d'espressione di un paese e quando vengono incarcerati i giornalisti stranieri è un segnale che si sta scivolando nell'autoritarismo e si sta cercando di soffocare ogni possibilità di diffondere notizie ingombranti:\r\n\r\nIncarcerazione di giornaliste sudafricane in Tanzania\r\n\r\nRiguardo alla Tanzania veniva spontaneo a questo punto, dopo i primi spunti di Cochi, capire cosa ci si può attendere da quel regime e quali siano state finora le sue espressioni: tutte molto repressive e quindi ci siamo rivolti a Cornelia Toelgyes, redattrice di \"\u003Cmark>Africa\u003C/mark> ExPress\", che ha pubblicato alcuni articoli incentrati su quell'area geografica molto significativi, anche per quello che riguarda l'intolleranza razzista e l'emergenza migratoria a partire da ragioni climatiche, ancora più che per la – comunque imponente – repressione violenta di moti, richieste, diritti elementari, bisogni e rivendicazioni; contraddizioni e istruzione diffusa o negata; difficoltà di rapportarsi alla sensualità\r\n\r\nMigrazioni interne, intolleranze, repressioni, istruzione\r\n\r\nUn aspetto poco conosciuto in Occidente relativo alla Tanzania è lo sviluppo economico: le risorse – agricole o di giacimenti – e gli interessi cinesi, legati all'implementazione della Via della Seta, argomento che affrontiamo nuovamente con Marco Cochi:\r\n\r\nLa Tanzania tra risorse naturali e interessi cinesi\r\n\r\nCome capita spesso, i cinesi cominciano a offrire aiuto, collaborazione e investimenti per creare infrastrutture – come abbiamo sentito, fin dagli anni Sessanta hanno costruito la linea tra Tanzania e Zambia – poi diventano il partner principale della bilancia commerciale e \"sentono il bisogno\" di difendere le strutture e il mercato che hanno creato. Così diventa interessante seguire le modalità di infestazione militare del territorio. Di questo ambito Marco Cochi è particolarmente esperto come si evince da questo quadro che ci ha offerto:\r\n\r\nStrategia militare cinese in \u003Cmark>Africa\u003C/mark>\r\n\r\nA questo discorso finiscono con il collegarsi le conclusioni che abbiamo pensato di affidare a un giovane e attento analista che spesso viaggia nei paesi che descrive sul sito informativo Slow-News che ha contribuito a realizzare: Andrea Spinelli Barrile ha una visione generale di quella parte di \u003Cmark>Africa\u003C/mark> e le sue sinapsi collegano episodi e strategie geopolitiche distanti tra loro, riconducendole a evidenti calcoli economici locali, tessendo efficacemente le trame pensate e messe in atto a livello macroeconomico, come quelle vissute dalle popolazioni coinvolte nell'evoluzione repentina del continente: infrastrutture, naturale contatto con le potenze asiatiche affacciate al di là dell'Oceano (anche l'India, non solo Cina) o con l'Occidente, convenzioni e investimenti, metissage e tecnologie, risorse e metropoli, pil e inflazione...\r\n\r\nSpunti geoeconomici dell'Africa \u003Cmark>orientale\u003C/mark>\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":80,"snippet":81,"value":81},[75,76],"\u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark>: l'omofobia importata, la xenofobia interna, la presenza cinese...",[83,86,88,90,92,94],{"matched_tokens":84,"snippet":85},[75,76],"\u003Cmark>Africa\u003C/mark> 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raggiunto telefonicamente Matteo Palamidesse, giornalista freelance esperto di Etiopia ed Eritrea, per un aggiornamento sulla guerra interna che si è sviluppata in Etiopia nell'ultimo anno e sulla quale la maggior parte delle fonti di informazione italiane continuano a tacere.\r\n\r\nIl conflitto, nato nella regione del Tigray ma espansosi ora fino a lambire la regione di Addis Abeba, vede schierata contro il governo federale di Abiy Ahmed la coalizione denominata \"United Front of Ethiopian Federalist Forces\", composta di diversi fronti: il Tigrayan People’s Liberation Front (TPLF), l'Oromo Liberation Army (OLA), l'Afar Revolutionary Democratic Unity Front (che non riconosce né l'Etiopia, né l'Eritrea, né la Somalia), il Somali State Resistance, il Gambella Peoples Liberation Army.\r\n\r\nTra violenze armate, pandemia e locuste, migliaia di famiglie si trovano con i raccolti distrutti, senza cibo, acqua e medicine, mentre Usa, Russia, Arabia Saudita, Corea del Sud, ma anche Italia, 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le ipotesi e gli scenari immaginati dopo il rapimento di Silvia Romano – tralasciamo i social italiani e la ferocia becera e molto gretta che applicano nella difesa del loro presunto benessere –, in seguito al quale gli invasati dal populismo si sono scatenati di nuovo contro l'impegno di ong e anche della cooperazione, perché si sentono posti di fronte ala loro pochezza garantita. 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Si può ammirare la temerarietà di una giovane donna che si è messa in gioco con entusiasmo, e forse l'unico cinismo che ci possiamo permettere è che quanto le è successo consente di stornare energie per conoscere, approfondire i rapporti di potere, mettere sotto la lente la socialità – e la povertà –dell'area, l'esistenza del jihadismo, proveniente soprattutto da ogni tipo di colonialismo ancora intento a saccheggiare l'Africa \u003Cmark>orientale\u003C/mark>, le lotte tra le differenti centrali del fondamentalismo, che affondano anche nella creazione di minoranze somale all'interno del Kenya che risalgono ancora al colonialismo occidentale, mentre si affaccia già all'orizzonte la cintura cinese (one belt). 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L'endemica presenza di Boko Haram, sdoppiato e ancora più diffuso attorno a quello che rimane del lago Ciad e la Nigeria; la xenofobia e i maltrattamenti, le uccisioni e gli scontri conseguenti in Sudafrica.\r\n\r\nAbbiamo chiesto a Cornelia Toelgyes di fornirci il quadro completo di questi fenomeni anche nella sua memoria storica di attenta analista di storie africane:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/2020_04_23_Boko-e-Xenofobia.mp3\"][/audio]","25 Aprile 2020","2020-04-25 13:06:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"94\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia-300x94.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia-300x94.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia-1024x319.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia-768x239.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/xenophobia.jpg 1440w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Boko Haram e Xenofobia: piaghe attorno ai poli africani del Ciad e del Karoo",1587819978,[200,201,202,203,204,66],"http://radioblackout.org/tag/boko-haram/","http://radioblackout.org/tag/ciad/","http://radioblackout.org/tag/scontri/","http://radioblackout.org/tag/sudafrica/","http://radioblackout.org/tag/township/",[206,207,208,209,30,17],"Boko Haram","Ciad","scontri","Sudafrica",{"post_content":211},{"matched_tokens":212,"snippet":213,"value":214},[75,76],"tappe: dopo le locuste in \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark> e le epidemie, riportiamo le","Altre due piaghe del nostro viaggio africano in più tappe: dopo le locuste in \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark> e le epidemie, riportiamo le ultime notizie su due piaghe che non hanno origine da cataclismi naturali. 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L’aeroporto di Trapani Birgi trampolino di lancio delle forze NATO del Terzo Millennio, per un’alleanza militare sempre più aggressiva, flessibile e globale. Tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni per la più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda. Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi. Molto interessati. I frequenti decolli e atterraggi comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle Isole Egadi? Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. Le torrette elettro-ottiche, i visori a raggi infrarossi e i radar di cui è dotato gli consentono d’individuare l’obiettivo, fornire ai caccia “amici” le coordinate per l’attacco aereo o terrestre, oppure colpire direttamente con missili e bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a 500 kg di armamenti). I frequenti decolli e atterraggi del drone militare comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle isole Egadi. Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia: alle ore 13 circa, lo Squalo martello è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio, terminando la sua corsa nel prato circostante. 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Tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni per la più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda. Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi. Molto interessati. I frequenti decolli e atterraggi comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle Isole Egadi? Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord \u003Cmark>Africa\u003C/mark> e nell’Europa centrale ed \u003Cmark>orientale\u003C/mark>, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. Le torrette elettro-ottiche, i visori a raggi infrarossi e i radar di cui è dotato gli consentono d’individuare l’obiettivo, fornire ai caccia “amici” le coordinate per l’attacco aereo o terrestre, oppure colpire direttamente con missili e bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a 500 kg di armamenti). I frequenti decolli e atterraggi del drone militare comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle isole Egadi. Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia: alle ore 13 circa, lo Squalo martello è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio, terminando la sua corsa nel prato circostante. 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Il deterioramento della situazione nella parte orientale della RDC e l'assenza di strumenti efficaci per controllarla hanno nel tempo attratto un numero crescente di attori locali e stranieri che traggono profitto dal caos e lo mantengono ,l'estensione del conflitto è un rischio reale e puo' coinvolgere gli stati confinanti come avvenne dal 1997 al 2003. Le radici del conflitto risalgono perlomeno al 1994 quando in Ruanda il regime dell'Hutu power scatenò il massacro dei tutsi e degli hutu moderati , in seguito alla conquista di Kigali da parte delle forze tutsi sconfinarono in Congo centinaia di miliziani hutu destabilizzando ulteriormente le ricche regioni minerarie del Kivu e dell'Ituri. La distruzione del tessuto economico nell’est del Congo a seguito della guerra ha lasciato alla popolazione abbandonata poche vie di fuga se non lo sfruttamento artigianale del coltan (il minerale da cui si estrae il tantalio), un economia militarizzata nelle mani della miriade di gruppi armati presenti nella regione, molti dei quali lavorano per o sono protetti da potenti figure politiche o militari legate al potere. In questo contesto il Ruanda paese piccolo e sovrapopolato trova nell'espansione territoriale il proprio spazio vitale sostenendo la comunità tutsi congolese e combattendo le milizie hutu tollerate dal governo di Kinshasa. Il Ruanda è diventato un grande fornitore di materiali strategici pur non possedendoli poichè anche attraverso il controllo delle milizie M23 beneficia dello sfruttamento delle miniere artigianali congolesi.\r\nNe parliamo con Giovanni Gugg di Focus on Africa\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/INFO-10032025-GIOVANNI-GUGG.mp3\"][/audio]","10 Marzo 2025","Guerra in Congo orientale .","2025-03-10 17:51:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/INFO-10032025-CONGO-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/INFO-10032025-CONGO-300x170.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/INFO-10032025-CONGO-300x170.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/INFO-10032025-CONGO.jpg 620w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","LA GUERRA NEL CONGO ORIENTALE RISCHIA DI ESTENDERSI A TUTTA LA REGIONE.",1741629075,[269,270,271,272],"http://radioblackout.org/tag/coltan/","http://radioblackout.org/tag/congo/","http://radioblackout.org/tag/contro-la-guerra/","http://radioblackout.org/tag/ruanda/",[274,275,276,277],"coltan","congo","contro la guerra","Ruanda",{"post_content":279,"post_title":283},{"matched_tokens":280,"snippet":281,"value":282},[76],"deterioramento della situazione nella parte \u003Cmark>orientale\u003C/mark> della RDC e l'assenza di","La crisi congolese condensa un insieme di conflitti regionali, nazionali e internazionali. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/2020-06-26-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nAntropologia e colonialismo. Intrecci e divaricazioni di una disciplina nata all’ombra del colonialismo, ma se ne è emancipata, riuscendo a cogliere lo sguardo dei colonizzati. Oggi gli eserciti usano gli antropologi.\r\nNe parliamo con Andrea Staid, antropologo, anarchico, studioso delle migrazioni.\r\n\r\nItinerari No Tav. Una strada in netta salita.\r\n\r\nL’ombra di Destà. Chi si ricorda di Adua? Per tanti è solo un nome femminile, pochi sanno che è una città. Lì il primo marzo 1896 le truppe del generale Baratieri vennero sconfitte da quelle del Negus Menelik II: l’espansione coloniale del regno d’Italia in Africa orientale subì una battuta d’arresto. La città verrà riconquistata nel 1935, durante le prime fasi dell’invasione dell’Etiopia. Da quel momento molte strade verranno intitolate ad Adua, divenuta simbolo del riscatto militare italiano. Tante bambine vennero chiamate così. Una scelta ambigua, che celebra i fasti della virilità guerriera dei soldati, alludendo al destino segnato dello loro figlie, mogli e madri sottomesse.\r\n\r\nIdentità erranti. Contro lo stato, la religione, la famiglia\r\nFemminilizzazione del lavoro di cura, telelavoro: il governo punta sulla restaurazione della famiglia patriarcale. Con il suo corollario di violenze, cresciute durante i domiciliari di massa.\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nTutti i giorni\r\nappuntamento No Tav alle 18\r\nai campi sportivi di Giaglione per portare sostegno al presidio permanente dei Mulini di Clarea sotto assedio\r\n\r\nMercoledì 8 luglio\r\nPunto info\r\nIl ritorno alla normalità… Produci, consuma, crepa\r\nore 21 in via Po 16\r\n\r\nSabato 11 luglio\r\nFree(k) Pride – Frocial Mass\r\nore 16 in piazza Castello\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 20\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – https://www.facebook.com/senzafrontiere.to/\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","3 Luglio 2020","2020-07-03 12:41:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/07/ombra-200x110.jpg","Anarres del 26 giugno. Antropologia e colonialismo. Itinerari No Tav: una strada in netta salita. L’ombra di Destà. Identità erranti. Contro lo stato, la religione, la famiglia…","podcast",1593780091,[],[],{"post_content":356},{"matched_tokens":357,"snippet":358,"value":359},[75,76],"coloniale del regno d’Italia in \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \u003Cmark>orientale\u003C/mark> subì una battuta d’arresto. La","Come ogni venerdì abbiamo fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. 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La constatazione da parte dell'amministrazione Trump e dei poteri che rappresenta dell'ininfluenza dell'Europa all'interno della contesa per l'egemonia globale e il conseguente disimpegno nella guerra in Ucraina ,ha disarticolato il progetto dei neocon liberaldemocratici che perseguiva una vittoria strategica contro la Russia a guisa di continuazione vittoriosa della guerra fredda. L'allargamento della Nato ad est ,il sostegno al golpe di Maidan ,l'arruolamento subalterno degli europei faceva parte di questo progetto delle amministrazioni democratiche che vedeva il fronte europeo come centrale , mentre ora nello scenario attuale si delinea una saldatura tra l'amministrazione Trump e i fascismi europei nella costruzione di un ordine mondiale in cui l'Europa non è più centrale nel pensiero strategico americano . Corollario di questa visione è che la Russia perde il ruolo di nemico strategico, finiscono il loro ciclo i vecchi arnesi della guerra fredda, anche per questioni anagrafiche ,mentre le classi dirigenti europee incuranti della realtà continuano a mettere in campo una strategia bellicista perdente . Una classe dirigente non legittimata ,totalmente supina agli interessi d'oltre Atlantico ,collussa con l'apparato militare industriale ,incapace di accettare il ridimensionamento dell'Europa nel contesto globale si agita come impazzita di fronte al cambiamento di prospettiva imposto dal frontman arancione , implorando un posto nelle trattative per la spartizione dell'Ucraina .\r\n\r\nNe parliamo con Francesco Dall'Aglio\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-20022025-DALL-AGLIO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Alfredo Somoza guardiamo dall'America Latina le conseguenze dell'aggressiva politica commerciale di Trump ,che dopo anni di disinteresse cerca di prendere il controllo dei nodi strategici come Panama cercando di ostacolare la penetrazione cinese in un area che la dottina Monroe definiva ad esclusivo appannaggio degli Stati uniti . Non sarà impresa facile perchè la presenza commerciale cinese è molto ramificata in America Latina e al netto delle rodomontate trumpiane sarà complesso riprendere l'influenza totale anche perchè i suoi alleati si contano sulle dita di una mano . La politica economica di Milei in Argentina ,scivolato sulla truffa della criptrovaluta \"Libre\" ,sta provocando un impoverimento progressivo della classe media che lo ha sostenuto e una dollarizzazione dell'economia che avrà come sbocco la recessione.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-20022025-SOMOZA-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Massimo Zaurrini direttore di \"Africa e affari\" parliamo della situazione della guerra nel Congo orientale che continua da decenni e che ha subito un accelerazione con la conquista di Goma e Bukavu da parte delle milizie filoruandesi M23 . La guerra s'inserisce in uno scenario globale di ridefinizione degli equilibri che induce ad abbandonare il concetto dell'intangibilità dei confini ,architrave della costruzione dell'Africa post coloniale . Questo contesto mutato fa aumentare i rischi di allargamento del conflitto che comunque si sviluppa sostanzialmente su dinamiche locali ma articolandosi in stratificazioni che coinvolgono anche soggetti statuali terzi e internazionali . La distanza tra Kinshasa ,la capitale del Congo, e Goma ,capoluogo del Kivu, è di 2667 km mentre quella con Kigali,la capitale del Ruanda è di 160 km . Questa lontananza spiega la difficoltà da parte dello stato congolese di affermare la sua presenza in quelle regioni,dove peraltro è presente una popolazione che parla il kinyarwanda ed è molto più affine ai tutsi ruandesi . Kigali punta al controllo delle imponenti risorse minerarie della regione attraverso il sostegno alle milizie M23 contando sulla benevolenza della cosiddetta comunità internazionale. Il rischio è un'estesione del conflitto verso la regione del ricco Katanga ,vero cuore minerario del paese dove sono presenti importanti investimenti e permane un desiderio indipendentista. Al confine con questa regione passerà un opera infrastrutturale molto importante che collegherà le regioni minerarie dello Zambia con i porti angolani e tanzaniani ,il corridoio di Lobito, su cui gli Stati Uniti hanno investito molto per contrastare l'influenza cinese in Africa.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-20022025-ZAURRINI.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","25 Febbraio 2025","2025-02-25 21:28:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-2-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 20/02/2025-CI SONO DEI DECENNI IN CUI NON ACCADE NULLA E POI DELLE SETTIMANE IN CUI ACCADONO DECENNI -AMERICA LATINA : I TRUMPISTI A SUD DEL RIO GRANDE -KIVU LA LONTANANZA DI KINSHASA E LA VICINANZA DI KIGALI.",1740518907,[377],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[318],{"post_content":380},{"matched_tokens":381,"snippet":382,"value":383},[75,76],"con Massimo Zaurrini direttore di \"\u003Cmark>Africa\u003C/mark> e affari\" parliamo della situazione della guerra nel Congo \u003Cmark>orientale\u003C/mark> che continua da decenni e","Bastioni di Orione in questa puntata cerca di trovare gli strumenti per leggere l'accelerazione degli eventi che stanno destrutturando il paradigma euroatlantico sul quale si era fondato dal 1945 l'equilibrio di potere in Europa . 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Violenze se possibile ancora più efferate a Port-au-Prince, blocco di merci, fame e migrazione; muro dominicano, traffici di armi e droga. Noboa vs Gonzáles: il ballottaggio in Ecuador vede il confronto dei molti mondi che compongono il paese..\r\n\r\nI reciproci tentativi di isolare il nemico dal mercato\r\nAbbiamo chiesto ad Alessandra Colarizi, direttrice editoriale di “China Files”, di restituirci un’idea di quello che può essere lo sguardo della società cinese sulla scomposta guerra commerciale trumpiana.\r\nA iniziare dall’identificazione di eventuali nuovi partner commerciali in sostituzione del mercato statunitense (considerando anche un’improbabile ulteriore estensione della presenza cinese in Africa, a fronte di un più probabile controllo della regione limitrofa – il libero scambio con Corea e Giappone? – e dell’Asean), o di assorbimento interno di parte delle esportazioni; prendendo poi in considerazione le contromisure non solo tariffarie adottate dal governo cinese, mirate e dunque già meditate prima che si scatenasse la buriana; la riduzione dei bond americani in pancia alle casse di Pechino (secondo detentore mondiale del debito di Washington); la creazione del welfare.\r\nSi è inserito anche il problema dei porti di Panama e degli altri scali interessati all’operazione di Trump, che mira a mettere sotto pressione la Cina. Il problema è quanto la guerra commerciale vada a impattare sul mercato del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori cinesi, che hanno saputo inscenare “incidenti di massa” per protestare contro la recessione della qualità della vita.\r\nQueste ostilità si vanno a inserire in una contingenza che vede dal covid e dalla bolla immobiliare in avanti la situazione economico-finanziaria meno positiva e arrembante nello sviluppo commerciale cinese, che viene tamponata con il nazionalismo e la rivalità con gli Usa, quindi la guerra commerciale scatenata da Trump potrebbe essere un atout per rinforzare la difesa. Si va dipingendo un gioco di guerra che vede i due contendenti intenti a isolare il nemico nel suo recinto, precludendogli relazioni commerciali con il resto del mondo.\r\nSicuramente i prodotti cinesi sono concorrenziali con qualsiasi altro prodotto per qualità/prezzo, a prescindere da qualsiasi guerra di dazi. Rimane da vedere se il prevedibile mafioso della Casa Bianca non imporrà all'Europa di applicare le stesse tariffe comminate alla Cina dalla inaffidabile amministrazione trumpiana, altrimenti...\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/6raaHK91qq3LlnKS8tT0Ur?si=Pml1A4qlS1u5_IZ_tKoXxA\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti sull’Asia orientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/AlessandraColarizi_Decoupling-Forzato.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGangs of Port-au-Prince\r\nNon si arresta la vendetta coloniale per l’atto rivoluzionario di indipendenza di Toussaint Louverture che nel 1791 fece di Haiti la prima colonia affrancata dal giogo francese. Infatti l’indifferenza per le condizioni disastrose in cui versa in particolare la capitale e la crisi esistenziale di un paese privo di risorse, saccheggiato da gang che spadroneggiano facendosi beffe di truppe keniane dell’Onu e armate dalla vicina Florida.\r\nRoberto Codazzi ci aggiorna sulla situazione, ma soprattutto dipinge il quadro per cui riusciamo a farci un’idea di cosa significa vivere in queste condizioni, con le gang che controllano tutti i quartieri della capitale tranne uno, con sparuti gruppi di autodifesa di cittadini (e si registrano linciaggi di appartenenti alle gangs catturati), scarsità di cibo, baratto, ritorno alle campagne per poter coltivare almeno il nutrimento, difficoltà di movimenti per i molti posti di blocco gestiti dalle bande e le comunicazioni affidate a eroici giornalisti radiofonici che vengono assassinati, quando si individuano le sedi delle radio. Le uniche merci che transitano tra Miami e Port-au-Prince sono le armi; altra provenienza di armi è dalla Colombia/Venezuela nel sistema del narcotraffico, che vede in Haiti un hub.\r\nTra Repubblica dominicana e Haiti ci sono costanti frizioni, frontiere chiuse – pur se sono concesse aperture a merci per consentire la sopravvivenza in assenza di possibilità di accesso al territorio haitiano. Ora si aggiungono rimpatri e restrizioni sui cittadini haitiani presenti in territorio dominicano, anche se la repubblica dominicana si fonda sulla manodopera a basso costo dei “cugini” haitiani, che ora si contano in misura di circa 2 milioni di presenze in condizioni precarie. Si organizzano marce per l’espulsione dal territorio turistico dominicano.\r\nGli haitiani sono respinti senza interruzione dagli Usa dal mandato di Obama: una situazione consolidata dalle immagini al confine messicano, quando venivano inseguiti con i lazos; i rimpatri sono ora ridotti dalla chiusura degli aeroporti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/l-ulteriore-deterioramento-della-vita-di-haiti--65552467\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti in relazione al Caribe si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/RobertoCodazzi_Gangs-of-Port-au-Prince.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Davide Matrone ,docente universitario e giornalista freelance che vive a Quito , parliamo delle elezioni presidenziali in Ecuador , lunedi ci sarà il ballottaggio fra la candidata di \"Revolucion Ciudadana\", partito legato al correismo ,Luisa Gonzalez e il figlioccio della dinastia più ricca dell'Ecuador ,Daniel Noboa ,attuale presidente . Nonostante qualche scivolone xenofobo sulla questione dei rifugiati venezuelani che vorrebbe rimpatriare forzosamente e l'assenza nella sua campagna elettorale dei temi del lavoro ,Luisa Gonzalez incarna la sinistra che c'è in Ecuador in questo momento storico ,sicuramente lontana dalla radicalità del correismo della prima ora .L'alleanza storica con il movimento indigeno Pachakutik - braccio politico della Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador (Conaie), la più grande del Paese - guidato da Leonidas Iza sposta il baricentro della \" revolucion ciudadana\" verso posizioni piu' progressiste ed evidenzia il prevalere all'interno delle comunità indigene di posizioni antiliberiste rompendo con il sostegno ai presidenti conservatori Lasso e Noboa dei cosidetti \"ponchos dorados \" la borghesia indigena che aveva fatto blocco con le élite reazionarie di Quito. Noboa ha fallitto totalmente sulla questione della sicurezza in un paese che è diventato hub privilegiato dei narcotrafficanti in America Latina ,tanto da dover ricorrere ai mercenari americani della \"Blackwater\" ,mandando evidenti segnali di debolezza e inadeguatezza nell'affrontare il problema della sicurezza che è molto sentito dalla popolazione che fino a qualche tempo fa viveva in paese considerato realtivamente sicuro ,mentre adesso L'Ecuador ha il tasso di omicidi più elevato del Sudamerica. Il ricorso ai mercenari nordamericani si configura anche come un ingerenza palese di un paese straniero negli affari interni dell'Ecuador ,mentre si manifesta la subordinazione di Noboa alle pretese di Washington che vorrebbe riappropiarsi anche della base militare di Manta , chiusa nel 2006 da Correa.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ecuador-nuovo-ciclo-del-correismo--65555974\r\n\r\nPer ascoltare gli episodi precedenti in relazione all'America latina si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/BASTIONI-10042025-ECUADOR.mp3\"][/audio]","13 Aprile 2025","2025-04-14 12:50:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-2-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 10/04/2025- LA SOCIETÀ CINESE AL TEMPO DEI DAZI - IL TERRORE S’INSTALLA A PORT-AU-PRINCE -DIETRO AL BALLOTTAGGIO TANTI ECUADOR",1744540748,[377],[318],{"post_content":405},{"matched_tokens":406,"snippet":407,"value":408},[75],"estensione della presenza cinese in \u003Cmark>Africa\u003C/mark>, a fronte di un più","La Guerra dei dazi impatta con il Partito comunista cinese e la società cinese, decoupling e reazioni alla confusione trumpiana. 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Noboa vs Gonzáles: il ballottaggio in Ecuador vede il confronto dei molti mondi che compongono il paese..\r\n\r\nI reciproci tentativi di isolare il nemico dal mercato\r\nAbbiamo chiesto ad Alessandra Colarizi, direttrice editoriale di “China Files”, di restituirci un’idea di quello che può essere lo sguardo della società cinese sulla scomposta guerra commerciale trumpiana.\r\nA iniziare dall’identificazione di eventuali nuovi partner commerciali in sostituzione del mercato statunitense (considerando anche un’improbabile ulteriore estensione della presenza cinese in \u003Cmark>Africa\u003C/mark>, a fronte di un più probabile controllo della regione limitrofa – il libero scambio con Corea e Giappone? – e dell’Asean), o di assorbimento interno di parte delle esportazioni; prendendo poi in considerazione le contromisure non solo tariffarie adottate dal governo cinese, mirate e dunque già meditate prima che si scatenasse la buriana; la riduzione dei bond americani in pancia alle casse di Pechino (secondo detentore mondiale del debito di Washington); la creazione del welfare.\r\nSi è inserito anche il problema dei porti di Panama e degli altri scali interessati all’operazione di Trump, che mira a mettere sotto pressione la Cina. Il problema è quanto la guerra commerciale vada a impattare sul mercato del lavoro e sulle condizioni dei lavoratori cinesi, che hanno saputo inscenare “incidenti di massa” per protestare contro la recessione della qualità della vita.\r\nQueste ostilità si vanno a inserire in una contingenza che vede dal covid e dalla bolla immobiliare in avanti la situazione economico-finanziaria meno positiva e arrembante nello sviluppo commerciale cinese, che viene tamponata con il nazionalismo e la rivalità con gli Usa, quindi la guerra commerciale scatenata da Trump potrebbe essere un atout per rinforzare la difesa. Si va dipingendo un gioco di guerra che vede i due contendenti intenti a isolare il nemico nel suo recinto, precludendogli relazioni commerciali con il resto del mondo.\r\nSicuramente i prodotti cinesi sono concorrenziali con qualsiasi altro prodotto per qualità/prezzo, a prescindere da qualsiasi guerra di dazi. 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Nonostante qualche scivolone xenofobo sulla questione dei rifugiati venezuelani che vorrebbe rimpatriare forzosamente e l'assenza nella sua campagna elettorale dei temi del lavoro ,Luisa Gonzalez incarna la sinistra che c'è in Ecuador in questo momento storico ,sicuramente lontana dalla radicalità del correismo della prima ora .L'alleanza storica con il movimento indigeno Pachakutik - braccio politico della Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador (Conaie), la più grande del Paese - guidato da Leonidas Iza sposta il baricentro della \" revolucion ciudadana\" verso posizioni piu' progressiste ed evidenzia il prevalere all'interno delle comunità indigene di posizioni antiliberiste rompendo con il sostegno ai presidenti conservatori Lasso e Noboa dei cosidetti \"ponchos dorados \" la borghesia indigena che aveva fatto blocco con le élite reazionarie di Quito. Noboa ha fallitto totalmente sulla questione della sicurezza in un paese che è diventato hub privilegiato dei narcotrafficanti in America Latina ,tanto da dover ricorrere ai mercenari americani della \"Blackwater\" ,mandando evidenti segnali di debolezza e inadeguatezza nell'affrontare il problema della sicurezza che è molto sentito dalla popolazione che fino a qualche tempo fa viveva in paese considerato realtivamente sicuro ,mentre adesso L'Ecuador ha il tasso di omicidi più elevato del Sudamerica. 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Ci facciamo aiutare da Laura Silvia Battaglia, giornalista e documentarista esperta della penisola araba che ha seguito a lungo anche le vicende yemenite.\r\n\r\nL'Arabia Saudita di Bin Salman si presenta forte della potenza finanziaria del suo fondo sovrano e della società che gestisce le ricchezze petrolifere del paese Aramco,che ormai estende i suoi interessi anche verso l'Asia meridionale .Il faraonico progetto della Vision 2030 che ha come obiettivo anche quello di diversificare le fonti dell'economia saudita e di modernizzare il paese ,per quanto ridimensionato, costituisce il volano con il quale Bin Salman vuole proiettare un' immagine diversa del paese come elemento di stabilità che tenga insieme gli USA ,Russia e Cina dialogando al contempo con lo storico rivale persiano. L'Arabia Saudita guarda anche con interesse al Libano dopo l'elezione di Aoun come presidente e l'indebolimento di Hezbollah e alla Siria mirando a diventare un nodo decisionale che non si puo' ignorare . Forte dei rapporti che lo legano a Trump Bin Salman sta giocando una partita globale, non a caso gli incontri tra le delegazioni russe e americane si sono tenuti a Riyad ,ma non solo sul piano diplomatico anche su quello economico come dimostra la quasi adesione ai BRICS, l'emissioni di obbligazioni in euro per sostenere il progetto \"Vision 2030\" , il mancato rinnovo dell'accordo relativo al pagamento del petrolio in dollari Usa, promosso cinquanta anni fa tra gli Stati Uniti d’America e l’Arabia Saudita . Il principe trova l'opposizione delle correnti conservatrici legate ai valori tradizionale ma è sostenuto dalla maggioranza della popolazione giovane che aspira ad uno stile di vita in linea con le modernizazioni promesse da Bin Salman.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI27022025-BATTAGLIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMatteo Palamidesse ,giornalista di Focus on Africa ,ci racconta della situazione che ha trovato in Tigray devastato dall guerra civile . Nella regione manca il carburante ,le file ai distributori sono infinite e il prezzo della benzina è arrivato al cambio attuale a quasi 2 euro al litro ,con conseguenze devastanti per il trasporto pubblico che è praticamente fermo. Al di fuori delle città si vedono le conseguenze delle devastazioni provocate dalla guerra ,impianti produttivi danneggiati e chiusi ,con migliaia di persone che hanno perso il lavoro ,molti vagano traumatizzati dalle violenze del conflitto per le strade ,i giovani tentano di andarsene verso la penisola arabica o verso l'Europa intraprendendo viaggi pericolsi che spesso si concludono tragicamente. Si prova a riaprire le scuole ma la gestione dei giovani alunni traumatizzati perchè orfani o perchè ex combattenti è estremamente complessa mentre emergono i dati raccapriccianti delle vittime degli stupri ,usati dalle milizie combattenti come arma contro la popolazione civile .Nonostante questo quadro drammatico la popolazione cerca di ricostruire senza aspettare aiuti che tardano ad arrivare , si ricostituisce un tessuto di solidarietà e sostegno reciproco per sanare le ferite della guerra .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/bastioni-27022025-palamidesse.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Vita Lo Russo attivista e giornalista che vive a Berlino , parliamo delle elezioni tedesche in particolare dell'influenza sull'esito del voto delle mobilitazioni di massa contro AFD ,la composizione del voto per la Linke che inaspettatamente ha raddoppiato i consensi ,l'ambiguità di fondo delle posizioni di certa sinistra tedesca rispetto alla condanna dei crimini sionisti a Gaza e nei territori occupati. A 36 anni dalla caduta del muro l'esito di queste elezioni con il successo della destra di AFD nei laender orientali ,rimanda al fallimento sostanziale del processo di unificazione vissuto ad est come un' annessione forzata a suon di trasferimento di risorse economiche ed umane che però non hanno contribuito alla crescita delle regioni orientali. Con Vita parliamo anche dell'impatto della riunificazione sulla vita delle persone che vivevano nella DDR.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-27022025-GERMANIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Laura Schrader ,giornalista e studiosa della questione kurda ,parliamo degli Yazidi in occasione di una mostra che si terrà da sabato 1 marzo al polo del '900 sulla comunità yezidae lo spazio sacro. Il popolo degli yazidi è stato vittima di varie persecuzioni a causa della sua religione eterodossa e l'ultimo tentativo di genocidio è stato perpretato dall'Isis nell'agosto del 2014 nella regione irachena nord occidentale di Sinjar, nel giro di poche settimane più di 5000 persone furono uccise mentre donne e bambini furono ridotti in schiavitù. Un decennio dopo il massacro risultano ancora disperse 2600 persone e molte fosse comuni non sono ancora stae scavate , il massacro ha provocato circa 350000 profughi costretti a fuggire. Con Laura parliamo anche della situazione nel Rojava e dell'attacco delle milizie filo turche contro la diga di Tishrin difesa dalla popolazione del luogo e dai combattenti curdi. Il nuovo governo siriano ,nonostante il maquillage democratico ,è espressione degli integralisti islamici e controllato dalla Turchia che ha come obiettivo quello di cancellare la presenza curda nel nord est e cancellare l'esperienza dell'Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale che vuole costruire una Siria laica e multietnica.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Bastioni-27022025-schrader.mp3\"][/audio]","1 Marzo 2025","2025-03-01 12:14:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/06/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 27/02/2025- ARABIA SAUDITA: MBS E LE ASPIRAZIONI DI POTENZA GLOBALE -TIGRAY: LE FERITE DELLA GUERRA - GERMANIA DOPO LE ELEZIONI -YAZIDI UN POPOLO PERSEGUITATO.",1740831265,[377],[318],{"post_content":428},{"matched_tokens":429,"snippet":430,"value":431},[75],"Matteo Palamidesse ,giornalista di Focus on \u003Cmark>Africa\u003C/mark> ,ci racconta della situazione che","In questa puntata Bastioni di Orioni approfondisce il ruolo che l'Arabia Saudita sta giocando sullo scacchiere internazionale ,aspirando ad essere riconosciuta come potenza globale imprescindibile nella definizione dei nuovi equilibri non solo regionali. 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Forte dei rapporti che lo legano a Trump Bin Salman sta giocando una partita globale, non a caso gli incontri tra le delegazioni russe e americane si sono tenuti a Riyad ,ma non solo sul piano diplomatico anche su quello economico come dimostra la quasi adesione ai BRICS, l'emissioni di obbligazioni in euro per sostenere il progetto \"Vision 2030\" , il mancato rinnovo dell'accordo relativo al pagamento del petrolio in dollari Usa, promosso cinquanta anni fa tra gli Stati Uniti d’America e l’Arabia Saudita . 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Al di fuori delle città si vedono le conseguenze delle devastazioni provocate dalla guerra ,impianti produttivi danneggiati e chiusi ,con migliaia di persone che hanno perso il lavoro ,molti vagano traumatizzati dalle violenze del conflitto per le strade ,i giovani tentano di andarsene verso la penisola arabica o verso l'Europa intraprendendo viaggi pericolsi che spesso si concludono tragicamente. Si prova a riaprire le scuole ma la gestione dei giovani alunni traumatizzati perchè orfani o perchè ex combattenti è estremamente complessa mentre emergono i dati raccapriccianti delle vittime degli stupri ,usati dalle milizie combattenti come arma contro la popolazione civile .Nonostante questo quadro drammatico la popolazione cerca di ricostruire senza aspettare aiuti che tardano ad arrivare , si ricostituisce un tessuto di solidarietà e sostegno reciproco per sanare le ferite della guerra .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/bastioni-27022025-palamidesse.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Vita Lo Russo attivista e giornalista che vive a Berlino , parliamo delle elezioni tedesche in particolare dell'influenza sull'esito del voto delle mobilitazioni di massa contro AFD ,la composizione del voto per la Linke che inaspettatamente ha raddoppiato i consensi ,l'ambiguità di fondo delle posizioni di certa sinistra tedesca rispetto alla condanna dei crimini sionisti a Gaza e nei territori occupati. A 36 anni dalla caduta del muro l'esito di queste elezioni con il successo della destra di AFD nei laender orientali ,rimanda al fallimento sostanziale del processo di unificazione vissuto ad est come un' annessione forzata a suon di trasferimento di risorse economiche ed umane che però non hanno contribuito alla crescita delle regioni orientali. Con Vita parliamo anche dell'impatto della riunificazione sulla vita delle persone che vivevano nella DDR.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/BASTIONI-DI-ORIONE-27022025-GERMANIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Laura Schrader ,giornalista e studiosa della questione kurda ,parliamo degli Yazidi in occasione di una mostra che si terrà da sabato 1 marzo al polo del '900 sulla comunità yezidae lo spazio sacro. Il popolo degli yazidi è stato vittima di varie persecuzioni a causa della sua religione eterodossa e l'ultimo tentativo di genocidio è stato perpretato dall'Isis nell'agosto del 2014 nella regione irachena nord occidentale di Sinjar, nel giro di poche settimane più di 5000 persone furono uccise mentre donne e bambini furono ridotti in schiavitù. Un decennio dopo il massacro risultano ancora disperse 2600 persone e molte fosse comuni non sono ancora stae scavate , il massacro ha provocato circa 350000 profughi costretti a fuggire. Con Laura parliamo anche della situazione nel Rojava e dell'attacco delle milizie filo turche contro la diga di Tishrin difesa dalla popolazione del luogo e dai combattenti curdi. Il nuovo governo siriano ,nonostante il maquillage democratico ,è espressione degli integralisti islamici e controllato dalla Turchia che ha come obiettivo quello di cancellare la presenza curda nel nord est e cancellare l'esperienza dell'Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e \u003Cmark>orientale\u003C/mark> che vuole costruire una Siria laica e multietnica.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/Bastioni-27022025-schrader.mp3\"][/audio]",[433],{"field":106,"matched_tokens":434,"snippet":430,"value":431},[75],{"best_field_score":294,"best_field_weight":39,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":413,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":437,"highlight":449,"highlights":454,"text_match":292,"text_match_info":457},{"comment_count":47,"id":438,"is_sticky":47,"permalink":439,"podcastfilter":440,"post_author":369,"post_content":441,"post_date":442,"post_excerpt":53,"post_id":438,"post_modified":443,"post_thumbnail":444,"post_title":445,"post_type":351,"sort_by_date":446,"tag_links":447,"tags":448},"85986","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-21-12-2023-serbia-vince-vucic-erede-del-nazionalismo-radicale-congo-elezioni-e-caos-cile-no-alla-costituzione-delle-destre-ma-il-potere-reale-rimane-pinochettista/",[304],"Nell'ultima puntata del 2023 Bastioni di Orione si occupa dell'esito delle elezioni in Serbia ,ne parliamo con Giorgio Fruscione analista dell'ISPI e profondo conoscitore dell'area balcanica .Si evidenziano le manovre di Vucic atte a manipolare l'esito elettorale ,la sua rete di influenze attraverso il Partito Progressista Serbo che controlla e manipola il consenso ,la sua ambigua politica estera che se da una parte bussa alle porte dell'Europa, dall'altra mantiene ottimi rapporti con Mosca e al contempo apre ampi spazi di penetrazione economica e commerciale alla Cina. Vucic ha mantenuto i legami con gli ambienti nazionalisti e radicali mantendendo posizioni intransigenti verso la questione kosovara, all'interno deve fare i conti con un opposizione variegata che riesce a mobilitarsi nelle piazze ma non ad esprimere un alternativa credibile.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/BASTIONI-DI-ORIONE-211223-SERBIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAltre elezioni quelle in Congo ,enorme paese dell'Africa centrale attraversato da sommovimenti e contraddizioni sopratutto nelle aree dell'est del paese quelle ricche di materie prime ,dove imperversano milizie ed eserciti vari. Parliamo di queste caotiche elezioni con Giovanni Gugg redattore di Focus on Africa il quale fa un quadro dello stato delle regioni orientali dove Kinshasa non controlla i territori e dei candidati favoriti fra i quali il presidente uscente Tshisekedi che punta ad una probabile riconferma del suo mandato. Parliamo anche dei progetti infrastrutturali come il corridoio di Lobito ,fra Congo e Zambia in funzione di continemento dell'espansione commerciale cinese ,che coinvolgerà alcuni paesei dell'Africa orientale.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/BASTIONI-DI-ORIONE-211223-CONGO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nInfine andiamo in Cile con Marco Santopadre per parlare del referendum costituzionale sul progetto di costituzione redatto dalla destra radicale che è stato respinto con una netta maggioranza . E' la seconda volta che il popolo cileno viene chiamato ad esprimersi sul progetto di nuova costituzione che dovrebbe sostituire quella d'impianto pinochettista ancora in vigore sebbene emendata in varie parti. Si evidenzia la debolezza del progetto riformatore di Boric (il presidente progressista cileno ) che non è riuscito ad intaccare la struttura del potere reale del pinochettismo che influenza ancora l'opinione pubblica cilena . Le rivendicazioni di cambiamento agitate dalla rivolta sociale del 2019 che ha contribuito a creare il clima in cui si è elaborata la prima bozza progresissta della nuova costituzione ,non hanno avuto risposta e il governo si è appiattito sulle parole d'ordine securitarie della destra .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/BASTIONI-DI-ORIONE-211223-CILE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","23 Dicembre 2023","2023-12-23 16:42:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 21/12/2023- SERBIA VINCE VUCIC EREDE DEL NAZIONALISMO RADICALE -CONGO ELEZIONI E CAOS- CILE NO ALLA COSTITUZIONE DELLE DESTRE MA IL POTERE REALE RIMANE PINOCHETTISTA.",1703349733,[377],[318],{"post_content":450},{"matched_tokens":451,"snippet":452,"value":453},[75],"Giovanni Gugg redattore di Focus on \u003Cmark>Africa\u003C/mark> il quale fa un quadro","Nell'ultima puntata del 2023 Bastioni di Orione si occupa dell'esito delle elezioni in Serbia ,ne parliamo con Giorgio Fruscione analista dell'ISPI e profondo conoscitore dell'area balcanica .Si evidenziano le manovre di Vucic atte a manipolare l'esito elettorale ,la sua rete di influenze attraverso il Partito Progressista Serbo che controlla e manipola il consenso ,la sua ambigua politica estera che se da una parte bussa alle porte dell'Europa, dall'altra mantiene ottimi rapporti con Mosca e al contempo apre ampi spazi di penetrazione economica e commerciale alla Cina. 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Milei sta stipulando la sua assicurazione contro le eventuali proteste di piazza che la sua selvaggia politica neoliberale provocherà,accordandosi con i settori del peronismo più accomodanti legati al sindacalismo corrotto.Le sue promesse elettorali roboanti si sgonfieranno facendo posto ad una ristrutturazione neo liberista incentrata sulla svendita degli asset del paese e una macelleria sociale che colpirà ancora di piu' le classi popolari già martoriate da un inflazione galoppante .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/BASTIONI-301123-SOMOZA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nTorniamo a parlare del Sudan e anche del corno d'Africa con Matteo Palamidesse che scrive su \"Focus on Africa \" ,il quale ci racconta di uno scenario libico come conseguenza dello stallo della guerra . Da una parte le forze di supporto rapido (RSF) guidate da Hemmeti hanno il controllo del Darfur e di buona parte della capitale mente l'esercito regolare di Al Bhuran controlla la parte orientale e si è installato a Port Sudan. In considerazione delle enormi distanze e delle dimensioni del paese ,le forze in campo non hanno una logistica che gli consenta di coprire un fronte così esteso quindi è presumibile il consolidarsi di una divisione del paese con un governo ufficiale che controlla solo una parte del Sudan. Uno scenario libico che s'intreccia con la disastrosa situazione umanitaria e le violenze brutali contro la popolazione civile che provocano milioni di profughi. Affrontiamo anche le tensioni crescenti tra Etiopia ed Eritrea dopo la rivendicazione di uno sbocco al mare da parte di Addis Abeba .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Palamidesse_Sudan-Etiopia-Bastioni.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Giuliano Battiston di Lettera 22 esperto di Asia ,parliamo della situazione in Bangladesh dove si susseguono le manifestazioni di piazza dell'opposizione al governo della prima ministra Sheikh Hasina, che punta a ottenere un quarto mandato consecutivo,e che ha avviato una vasta e violenta repressione delle opposizioni . Nelle violenze che hanno caratterizzato le proteste delle settimane scorse hanno perso la vita 16 persone, inclusi 2 agenti di polizia, e 5.500 persone sono rimaste ferite. Il Partito nazionalista, la principale forza di opposizione nel Paese, ha contestato il calendario elettorale e si è mobilitato con manifestazioni e scioperi. Il Bnp chiede da mesi le dimissioni del governo in carica e l’insediamento di un esecutivo ad interim fino alle elezioni.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/BASTIONI-301123-BANGLADESH.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","1 Dicembre 2023","2023-12-01 22:39:22","BASTIONI DI ORIONE 30/11/2023-ARGENTINA MILEI SI ALLEA CON LA CUPOLA FINANZIARIA - SUDAN SCENARIO LIBICO -BANGLADESH PROTESTE CONTRO IL GOVERNO.",1701470362,[469],"http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[471],"BastioniOrione",{"post_content":473},{"matched_tokens":474,"snippet":475,"value":476},[75],"che scrive su \"Focus on \u003Cmark>Africa\u003C/mark> \" ,il quale ci racconta di","Bastioni di Orione ritorna sull'esito delle elezioni argentine con Alfredo Somoza scrittore e giornalista che ci parla dei rapporti del nuovo presidente Milei con gli ambienti finanziari e affaristici alla luce della scelta del ministro dell'economia Luis Caputo ,ex presidente della banca centrale che nella sua campagna elettorale l'economista loco ha promesso di smantellare. 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