","Lampedusa. Ipocrisia di Stato",1475606483,[62,115,116,117,118],"http://radioblackout.org/tag/lampedusa/","http://radioblackout.org/tag/orban/","http://radioblackout.org/tag/strage-del-3-ottobre/","http://radioblackout.org/tag/ungheria/",[15,120,121,122,123],"Lampedusa","Orban","strage del 3 ottobre","Ungheria",{"post_content":125,"tags":129},{"matched_tokens":126,"snippet":127,"value":128},[15],"3 ottobre, il ministro dell’interno \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> ha partecipato alla cerimonia in","Ieri, nel terzo anniversario della strage costata la vita a 368 persone, annegate nei pressi dell’isola nella notte tra il 2 e 3 ottobre, il ministro dell’interno \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> ha partecipato alla cerimonia in quella che è diventata la giornata in ricordo delle vittime dell’immigrazione. In questi tre anni altre migliaia di migranti sono stati inghiottiti dal mare e dalle leggi che impediscono il libero ingresso in Europa.\r\n\r\nTre anni dopo le lacrime ipocrite dell’allora primo ministro Monti, la politica del governo italiano non è cambiata. Anzi. Il Mediterraneo è ancora più militarizzato, i profughi di guerra sono intrappolati in Turchia, chi si mette in viaggio, trova nuovi muri, più controlli, più repressione.\r\n\r\nIn questi giorni il primo ministro Renzi ha annunciato l’intenzione di stringere nuovi accordi con alcuni paesi africani, per facilitare le deportazioni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con il professor Alessandro Dal Lago, con cui abbiamo commentato anche il referendum in Ungheria ed analizzato le dinamiche identitarie, che catalizzano le ondate xenofobe in Europa, con uno sguardo analitico volto ai paesi dell’Est.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2016-10-04-lampe-dal-lago",[130,132,134,136,138],{"matched_tokens":131,"snippet":79},[15],{"matched_tokens":133,"snippet":120},[],{"matched_tokens":135,"snippet":121},[],{"matched_tokens":137,"snippet":122},[],{"matched_tokens":139,"snippet":123},[],[141,146],{"field":38,"indices":142,"matched_tokens":143,"snippets":145},[50],[144],[15],[79],{"field":94,"matched_tokens":147,"snippet":127,"value":128},[15],{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":50,"score":149,"tokens_matched":34,"typo_prefix_score":50},"578730123365711978",{"document":151,"highlight":176,"highlights":198,"text_match":96,"text_match_info":206},{"cat_link":152,"category":153,"comment_count":50,"id":154,"is_sticky":50,"permalink":155,"post_author":53,"post_content":156,"post_date":157,"post_excerpt":56,"post_id":154,"post_modified":158,"post_thumbnail":56,"post_thumbnail_html":56,"post_title":159,"post_type":59,"sort_by_date":160,"tag_links":161,"tags":169},[47],[49],"25408","http://radioblackout.org/2014/10/unioni-omosessuali-il-pomodoro-schiacciato/","Il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha annunciato l’invio di una circolare ai prefetti, affinché invitino formalmente i sindaci a cancellare le trascrizioni delle nozze gay contratte all’estero, ed è subito rivolta tra i primi cittadini: da Bologna a Napoli, da Roma a Grosseto, i sindaci non ci stanno e invitano alla disobbedienza. La maggioranza di governo si spacca, fra Ncd che sostiene Alfano e Pd e Sel che lo invitano a lasciar fare al Parlamento.\r\nIn realtà non si tratta che di propaganda.\r\nNel nostro paese due persone dello stesso sesso non si possono sposare, l'iscrizione in un registro delle nozze contratte all'estero, non da alcun diritto, è solo un atto simbolico.\r\nLa mossa di Alfano è un passo per mantenere la presa sull'elettorato cattolico più conservatore, che è il maggior serbatoio di voti del Nuovo Centro Destra, il partito nato dalla costola di Silvio Berlusconi, ma sedotto dalla mela di Matteo Renzi.\r\nLa partita sul matrimonio dimostra quanto profondamente sia permeata dall'influenza della Chiesa Cattolica la politica istituzionale. Oggi più che ai tempi della Democrazia Cristiana, la Chiesa pianta i propri denti nella carne viva delle relazioni sociali, senza alcuna opposizione reale.\r\nSe la Democrazia Cristiana fosse stata un pomodoro, la sua fine è un pomodoro schiacciato che ha sparso ovunque i suoi semi, facendo crescere ovunque la propria malapianta.\r\nIl Partito Democratico aveva promesso durante la campagna elettorale il registro delle unioni civili per tutt*. L'alleanza con il NCD di Alfano ha mandato in soffitta ogni possibile percorso in tale direzione.\r\nD'altra parte sono trascorsi circa 25 anni da quando un Massimo D'Alema al centro dell'agone politico aprì un'interlocuzione con il fondatore del Movimento per la vita Carlo Casini, esponente di punta dell'oltranzismo cattolico. L'assunto di D'Alema era che i valori cattolici hanno un fondamento universale e sono alla base dei valori costituenti della nostra civiltà. Più che un assist all'avversario, un buovo matrimonio di interessi, che ha dato uno stop all'impetuoso processo di laicizzazione delle istituzioni, innescato dalle lotte di libertà di donne e omosessuali.\r\nIl fatto che nella concretezza delle relazioni umane la \"morale\" cattolica sia divenuta una moneta fuori corso spiega le \"aperture\" di Bergoglio nei confronti di divorziati e coppie di fatto. Nessuna modifica dottrinale ma un atteggiamento di paterna comprensione è la cifra di un papa che ha rinfoderato la spada di Ratzinger per riuscire a recuperare il terreno perduto.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Maurizio del circolo GLBTQ Maurice, che, sebbene schierato per la libertà degli affetti, sostiene che il divieto che investe le persone il cui orientamento sessuale non è conforme alla norma eterosessuale, è a tal punto segno di discriminazione, che il riconoscimento delle unioni omosessuali diviene un tassello di una battaglia di libertà. Una battaglia il cui approdo finale non può che essere l'abolizione dei lacci coniugali per tutt*, eterosessuali compresi.\r\n\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo. Ascolta la diretta con Maurizio:\r\n\r\nmaurizio_alfano","8 Ottobre 2014","2014-10-13 13:16:01","Unioni omosessuali. 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Nuovo Centro Destra e Scelta Civica non hanno apprezzato le modifiche introdotte in Commissione lavoro lo scorso venerdì. Il governo ha deciso di tirare dritto, chiedendo il voto di fiducia alla Camera.\r\n Il testo sui contratti di apprendistato, applicabili a giovani sotto i 29 anni per un massimo di 36 mesi, prevedeva 8 rinnovi nell'arco di tre anni.\r\n Gli emendamenti introdotti in commissione lavoro dalla sinistra PD hanno ridotto i rinnovi da 8 a 5. E' stato reintrodotto anche l'obbligo di formazione per gli apprendisti e l'assunzione automatica di quelli che superano la quota del 20% rispetto al totale dei dipendenti.\r\n Sulle altre tematiche del lavoro la legge delega il governo di realizzarla. Il solito mandato in bianco divenuto abituale nelle varie compagini governative. Datemi carta bianca e ci penso io.\r\n Siamo in campagna elettorale e le varie formazioni del carrozzone renziano, non escluso il suo stesso partito, si giocano tutte le carte possibili, per intercettare voti.\r\n Oggi il provvedimento è andato alla Camera per la discussione. Domani alle 12 ci saranno invece le dichiarazioni sul voto finale in diretta tv.\r\n Nuovo Centrodestra e Scelta Civica assicurano che voteranno la fiducia alla Camera, ma chiedono modifiche a Palazzo Madama, dove i loro voti sono decisivi per la tenuta del governo.\r\n Tranne sorprese la Camera dei deputati darà la fiducia: la partita vera si giocherà al Senato.\r\n Certo non è in discussione la stabilità di un governo eterogeneo ma cementato da un robusto patto di interesse, che in questo momento non conviene a nessuno far saltare.\r\n Al di là dei giochi della politica, resta sul piatto un provvedimento, che, anche nella forma attuale, rappresenta un bel regalo per i padroni.\r\nLa realtà, quella che viviamo giorno dopo giorno, e quella fotografata dalle statistiche sulla disoccupazione fornite dall'ISTAT, è quella di un paese, dove la precarietà è diventata normale e la disoccupazione strutturale.\r\n Le statistiche ci raccontano che Alfano, Renzi e compagnia cantante i voti non li cercheranno tra i disoccupati, sempre più refrattari al rito elettorale ma tra quelli che ancora conservano l'illusione che la notte passerà.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi della CUB.\r\n Ascolta la diretta:\r\n\r\nscarinzi_lavoro","23 Aprile 2014","2014-05-02 14:36:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/04/Schiavitù-mauve-200x110.png","\u003Cimg width=\"272\" height=\"223\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/04/Schiavitù-mauve.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Decreto lavoro: manovre elettorali",1398268168,[62,221,222,223,168],"http://radioblackout.org/tag/apprendistato/","http://radioblackout.org/tag/decreto-lavoro/","http://radioblackout.org/tag/elezioni/",[15,225,226,227,21],"apprendistato","decreto lavoro","elezioni",{"post_content":229,"tags":233},{"matched_tokens":230,"snippet":231,"value":232},[15],"Le statistiche ci raccontano che \u003Cmark>Alfano\u003C/mark>, Renzi e compagnia cantante i","Il decreto legge sul Lavoro, uno dei pilastri del Jobs Act, approda in Parlamento nel mezzo di una tempesta di maggioranza. 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Ministri e alti funzionari di polizia si mettono a disposizione di un ambasciatore, senza porsi nessuna domanda su cosa stiano facendo. Ovvero perché.\r\n\r\nSi resta senza parole davanti alla somma di servilismo, incompetenza, disprezzo per la libertà degli esseri umani, vigliaccheria e fuga dalle responsabilità che emergono ogni giorno, con maggiore dovizia di dettagli, sul caso Ablyazov-Shalabayeva.\r\nC'è una prima fase in cui tutti collaborano con l'ambasciatore kazako come sono evidentemente abituati a fare con quello statunitense. Senza nemmeno rispettare la \"catena di comando\" del proprio Stato: se c'è da fare un'\"operazione di polizia internazionale\" è davvero il minimo coinvolgere il ministro dell'interno (o di polizia) e quello degli esteri. 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Si prospettano dunque altre giornate di mobilitazione, e i compagn* stanno già pensando a una chiamata straordinaria per inizio giugno.\r\n\r\nAscolta la diretta di stamattina con Cristina\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ","16 Maggio 2016","2016-05-17 22:05:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/ventimiglia-dopo-la-manifestazione-pro-migranti-un-corteo-per-le-vie-della-citta-247355.660x368-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"167\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/ventimiglia-dopo-la-manifestazione-pro-migranti-un-corteo-per-le-vie-della-citta-247355.660x368-300x167.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/ventimiglia-dopo-la-manifestazione-pro-migranti-un-corteo-per-le-vie-della-citta-247355.660x368-300x167.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/ventimiglia-dopo-la-manifestazione-pro-migranti-un-corteo-per-le-vie-della-citta-247355.660x368-200x110.jpg 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/ventimiglia-dopo-la-manifestazione-pro-migranti-un-corteo-per-le-vie-della-citta-247355.660x368.jpg 660w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","A Ventimiglia migranti e no borders rispondono ad Alfano",1463434111,[],[],{"post_content":307,"post_title":311},{"matched_tokens":308,"snippet":309,"value":310},[15],"la visita del ministro dell'interno \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> del giorno 7. 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Si prospettano dunque altre giornate di mobilitazione, e i compagn* stanno già pensando a una chiamata straordinaria per inizio giugno.\r\n\r\nAscolta la diretta di stamattina con Cristina\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ",{"matched_tokens":312,"snippet":313,"value":313},[15],"A Ventimiglia migranti e no borders rispondono ad \u003Cmark>Alfano\u003C/mark>",[315,317],{"field":91,"matched_tokens":316,"snippet":313,"value":313},[15],{"field":94,"matched_tokens":318,"snippet":309,"value":310},[15],578730123365187700,{"best_field_score":321,"best_field_weight":322,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":50,"score":323,"tokens_matched":34,"typo_prefix_score":50},"1108091338752",15,"578730123365187706",6646,{"collection_name":59,"first_q":15,"per_page":326,"q":15},6,7,{"facet_counts":329,"found":360,"hits":361,"out_of":547,"page":34,"request_params":548,"search_cutoff":39,"search_time_ms":549},[330,338],{"counts":331,"field_name":336,"sampled":39,"stats":337},[332,334],{"count":14,"highlighted":333,"value":333},"anarres",{"count":34,"highlighted":335,"value":335},"radionotav","podcastfilter",{"total_values":23},{"counts":339,"field_name":38,"sampled":39,"stats":358},[340,342,343,345,346,348,350,352,354,356],{"count":23,"highlighted":341,"value":341},"priebke",{"count":23,"highlighted":120,"value":120},{"count":23,"highlighted":344,"value":344},"immigrazione",{"count":34,"highlighted":21,"value":21},{"count":34,"highlighted":347,"value":347},"fonzie",{"count":34,"highlighted":349,"value":349},"job act",{"count":34,"highlighted":351,"value":351},"vulpitta",{"count":34,"highlighted":353,"value":353},"librizzi",{"count":34,"highlighted":355,"value":355},"3 ottobre 2014",{"count":34,"highlighted":357,"value":357},"strage di lampedusa",{"total_values":359},39,9,[362,389,430,462,488,519],{"document":363,"highlight":378,"highlights":383,"text_match":319,"text_match_info":386},{"comment_count":50,"id":364,"is_sticky":50,"permalink":365,"podcastfilter":366,"post_author":335,"post_content":367,"post_date":368,"post_excerpt":56,"post_id":364,"post_modified":369,"post_thumbnail":370,"post_title":371,"post_type":372,"sort_by_date":373,"tag_links":374,"tags":376},"58990","http://radioblackout.org/podcast/cura-italia-cosa-succede-a-detenuti-e-semiliberi-alle-vallette/",[335],"Il decreto Cura Italia contiene delle norme che dovrebbero velocizzare l’uscita di detenuti e semiliberi aventi diritto\r\nLuca e Nicoletta, no tav detenuti alle Vallette, sono ora rispettivamente in licenza fino all’8 aprile e agli arresti domiciliari con tutte le restrizioni.\r\n\r\nMisure e cambiamenti sono in parte dovute alle norme inserite nel decreto Cura Italia. 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Il governo Renzi ha raggiunto l'obiettivo di escludere le spese per il trattenimento e la deportazione dei migranti dal conteggio sul bilancio dello Stato italiano ed ha accantonato ogni ambiguità, tentando di serrare le frontiere.\r\nMa il desiderio di libertà è più forte di ogni confine e tanti cercano e trovano un varco da cui passare.\r\n\r\n \r\n\r\nIl campo gestito dalla Croce Rossa è stato spostato lontano dal mare, in una zona dismessa dalle ferrovie nei pressi del parco Roja. Gli operatori della Croce Rossa agiscono di concerto con le forze dell'ordine. Nel campo si mangia male, non si riceve alcuna informazione sulla propria situazione, ma si rischia la deportazione alla minima protesta.\r\nNei pressi del campo ufficiale era sorto un campo spontaneo, gestito dagli stessi migranti, sgomberato pochi giorni prima dell'avvio del campeggio No Border.\r\nNella notte tra giovedì 4 e venerdì 5 agosto circa trecento migranti sono usciti dal campo della Croce Rossa diretti alla frontiera. Bloccati nell'area dove lo scorso anno c'era il campo No Border, sono stati violentemente caricati dalla polizia. Con loro c'erano anche alcuni compagni che li avevano raggiunti per dare appoggio e solidarietà. Durante la carica circa 120 migranti sono riusciti a bucare la frontiera e ad entrare in Francia, dove è scattata la caccia all'uomo. Un gruppo è stato bloccato manganellato e caricato sui furgoni della gendarmeria in una spiaggia di Mentone.\r\nDei migranti rastrellati alcuni sono stati riportati al campo della CRI, altri sono stati deportati a Taranto. I No Border fermati hanno ricevuto tutti il decreto di espulsione dall'Italia o il foglio di via dalla provincia di Imperia.\r\n\r\n \r\n\r\nIl giorno successivo, dopo un volantinaggio in spiaggia che annunciava il corteo della domenica, i No Border si sono avviati in direzione del campo della Croce Rossa per fare un saluto ai migranti.\r\nLa polizia ha prima gasato, poi ha cercato di bloccare gli attivisti chiudendo loro la strada. Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.\r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.\r\n\r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\n\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\n \r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto.\r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.\r\n\r\n \r\n\r\nLa strategia di Alfano è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.\r\n\r\n \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. Il sabato pomeriggio c'è stata un'assemblea aperta alla città.\r\nUn'occasione importante di confronto, rinsaldamento dei legami e reciproca conoscenza, costruzione di campagne comuni.\r\nNe abbiamo parlato con Simone.\r\n\r\n \r\n\r\nGuerra per la Libia\r\nLa guerra per la Libia è diventata nuovamente caldissima nel pieno dell'estate. L'Italia è nuovamente in prima fila.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Domenico\r\n\r\n \r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","14 Agosto 2016","Il 12 agosto, nel cuore dell'estate, ultima puntata del viaggio settimanale di Anarres nel pianeta delle utopie concrete, prima di un paio di settimane di pausa. \r\n\r\nQui potete ascoltare il podcast:\r\n\r\n\r\nVi abbiamo proposto un lungo approfondimento sulla lotta dei migranti per bucare la frontiera di Ventimiglia, per continuare un viaggio che le frontiere chiuse dell'Europa hanno interrotto. \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Giulia, No Border di Ventimiglia, e con Stefano, anarchico torinese.\r\n\r\nAd un anno di distanza da un'altra estate di lotta tante cose sono cambiate. 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Undici compagn* sono rimasti intrappolati su un ponte dove sono stati picchiati insultati e ammanettati.\r\nTrattenuti in questura per quasi tutta la notte hanno subito altre angherie, prima di essere rilasciati con foglio di via e con la denuncia di resistenza e adunata sediziosa aggravate.\r\nAltri due No Border, Beppe ed Alessia, presi poco lontano dal ponte, sono stati arrestati e richiusi nei carceri di Imperia e Genova Pontedecimo: rilasciati con divieto di dimora tra giorni dopo, saranno processati in autunno per resistenza, adunata sediziosa e lesioni.\r\n\r\nQui potete leggere la testimonianza di Stefano, un compagno di Torino.\r\n\r\nQui il video del Fatto Quotidiano\r\n\r\n \r\n\r\nDurante la mattanza sul ponte un poliziotto dell'antisommossa, che stava per unirsi ai colleghi che stavano lavorando di manganello, è morto d'infarto appena sceso dal furgone.\r\nL'episodio è stato usato dai media come pretesto per scatenare una campagna di ulteriore criminalizzazione nei confronti degli attivisti che si battono contro le frontiere. Il Freespot è stato perquisito e due giorni dopo sgomberato con un pretesto, nonostante i locali fossero in affitto.\r\nIl giorno successivo il corteo non è riuscito a partire, perché la polizia ha intercettato e dato il foglio di via a buona parte dei compagni che stavano raggiungendo Ventimiglia.\r\n\r\n \r\n\r\nLa strategia di \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> è chiara: alleggerire la pressione sulle frontiere, deportando al sud i migranti e chiudendo in una morsa di ferro chi si oppone alle frontiere.\r\n\r\n \r\n\r\nIl clima di emergenza serve a fare terra bruciata intorno a migranti e attivisti No Border, per nascondere una verità banale, che senza frontiere non ci sarebbero clandestini, campi, controlli. Senza frontiere Ventimiglia sarebbe solo uno dei tanti luoghi dove passa la gente in viaggio.\r\nSenza frontiere, stati, sfruttamento e guerre, tanti neppure partirebbero.\r\nÉ la disarmante banalità del bene.\r\n\r\n \r\n\r\nInternazionale di Federrazioni Anarchiche\r\nDal 4 al 7 agosto si è tenuto a Francoforte il decimo congresso dell'IFA – l'Internazionale di Federazioni Anarchiche.\r\nAl congresso hanno partecipato delegati e osservatori da Francia, Italia, Germania, Gran Bretagna, Olanda, Repubblica Ceca, Grecia, Portogallo, Bielorussia, Turchia, Azerbajan, Iraq, Nuova Zelanda, Argentina, Brasile, Messico, Cile, Repubblica Domenicana, Cuba, El Salvador...\r\nSono state giornate intense in cui alle assemblee plenarie si sono intervallati numerosi worshop. 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Oggi sul molo di Lampedusa uomini e donne delle istituzioni hanno messo in scena il cordoglio delle istituzioni, si sono vantati di \"Mare Nostrum\", hanno ancora una volta battuto cassa in Europa.\r\nLe spese della frontiera sud della fortezza lievitano e Alfano come Maroni continua a battere cassa.\r\nPer i parenti dei 360 morti di fronte cui si genuflesse il presidente del consiglio, nulla. Nemmeno la promessa del riconoscimento dei corpi, di una tomba sui cui piangere.\r\nLa differenza tra Berlusconi/Maroni e Renzi/Alfano è nello stile, nell'ipocrisia ostentata. Niente più.\r\nMare Nostrum, che, mentre ripesca qualche naufrago, intercetta e scheda tutti gli altri, costa nove milioni di euro al mese. Frontex plus costerà meno. Aprire le frontiere a migranti, profughi e richiedenti asilo non costerebbe nulla. Nè soldi né morti.\r\nBanale. Come banale è il male. Il male delle frontiere. Il male delle guerre che insanguinano il pianeta. Il male delle tante missioni di \"peacekeeping\" dall'Afganistan, all'Iraq alla Siria...\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto La Via, compagno di Trapani, dove tanti di quei profughi arrivano e non trovano nulla. O peggio. Rischiano di incontrare uno come Sergio Librizzi, direttore della Caritas di Trapani, accusato di violenza sessuale e concussione.\r\nQuesto prete pretendeva prestazioni sessuali in cambio del permesso di soggiorno dai rifugiati e dai richiedenti asilo che affollavano i tanti centri di accoglienza gestiti dalla Caritas (e da enti a essa collegati) in città e in provincia. Un prete che godeva di ampie coperture negli ambienti della prefettura e in quelli della questura, passando per tutta la filiera istituzionale che da anni si ingrassa sulla pelle degli sventurati che giungono in Europa alla ricerca di una vita migliore.\r\nL'immagine di un paese che lucra e sfrutta chi riesce a superare la frontiera, quella lunga linea di nulla nel blu del Mediterraneo.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 10 02 3 ottobre alberto","3 Ottobre 2014","2018-10-17 22:09:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/lampedusa-200x110.jpg","Strage di Lampedusa. 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Civati ed Alfano permettendo, of course.\r\n\r\nAl di là del pacchetto ben confezionato abbiamo provato a capirne di più dell’uomo che ha bloccato un provvedimento di amnistia già bello che pronto.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Claudio Strambi, un compagno dell’USI di Firenze, con il quale abbiamo percorso gli itinerari di Renzi nel capoluogo fiorentino.\r\nNe è emersa l’immagine di una gestione giustizialista e repressiva delle questioni sociali, tra sgomberi e violenze. L’amicizia con l’imprenditore di sinistra Oscar Farinetti, quello della multinazionale “EaTaly”, l’uomo che fa lavorare solo precari ad 800 euro al mese per 365 giorni l’anno, la dice lunga sulle politiche sociali di Renzi.\r\nDulcis in fundo il Job Act, per ora poco più di una suggestione, in cui accanto a provvedimenti di semplificazione, la prospettiva è quella di una relazione di lavoro eternamente precaria. Il modello alla tedesca in salsa toscana. Decisamente piccante.\r\n\r\nAscolta la chiacchierata con Claudio:\r\n\r\n2014 02 12 strambi bis","19 Febbraio 2014","2018-10-17 22:10:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/02/matteo-renzi-200x110.jpg","Il sindaco d'Italia",1392782583,[474,475,476,168],"http://radioblackout.org/tag/firenze/","http://radioblackout.org/tag/fonzie/","http://radioblackout.org/tag/job-act/",[478,347,349,21],"firenze",{"post_content":480},{"matched_tokens":481,"snippet":482,"value":483},[15],"sino al 2018. 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La Corte Costituzionale la ha abolita, con una nota in cui la Consulta afferma di aver \"dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge (.) rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti)\".\r\nTra i motivi che avevano spinto diversi tribunali (tra cui la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Torino e il Gup di Roma) a fare ricorso alla Consulta vi era la convinzione che quella legge fosse nata “in modo invalido”. Quella legge fu, infatti, approvata con una sorta di colpo di mano dell'allora governo Berlusconi. Mentre era all’esame del Parlamento il decreto legge del Governo sulla sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino (che includeva una sola piccola norma diretta a rendere meno difficoltoso l’accesso all’affidamento terapeutico ai servizi sociali per i tossicodipendenti recidivi, cancellato due mesi prima dalla famigerata legge Cirielli), il Governo durante la discussione parlamentare in sede di conversione presentò un emendamento composto da decine e decine di articoli che andarono a cambiare radicalmente la legge precedente sulle droghe. Un decreto legge per potere essere emanato dal Capo dello Stato richiede la verifica della sussistenza dei requisiti di urgenza e necessità. Entra immediatamente in vigore. Se nei sessanta giorni successivi il Parlamento dovesse introdurre norme che c’entrano poco con il testo originario compie un’opera illegittima in quanto produce un aggiramento dei vincoli costituzionali. Sulla base di questa unica motivazione procedurale, la Consulta ha deciso di abrogare la Fini-Giovanardi, mentre sembrerebbe che non siano state accolte le altre motivazioni dei ricorsi sulle cosiddette questioni “di merito”, a partire da quella della proporzionalità delle pene (per la semplice detenzione di sostanze proibite erano previste pene da 6 a 20 anni, più alte di quelle per stupro o tentato omicidio). \r\nCon la decisione della Corte, comunque, si torna alla normativa precedente, ovvero alla legge Iervolino-Vassalli, la 162/1990. In generale tornerebbe in vigore la Jervolino-Vassalli modificata dal referendum del 1993 che aveva depenalizzato la detenzione per uso personale. In pratica torneranno ad esserci pene più lievi per lo spaccio di droghe leggere come la cannabis, cioè da 2 a 6 anni di carcere (e da 6 mesi a due anni per “i fatti di lieve entità”), anziché da 6 a 20 anni (e da 1 a 6 anni per la”lieve entità”) come previsto dalla normativa abolita.\r\nLa legge precedente ora tornata in vigore, infatti, prevedeva una differenziazione di trattamento in base alle sostanze e per lo spaccio di droghe pesanti, come cocaina e eroina, anche pene più severe con un minimo di 8 anni di carcere, anziché i 6 della Fini-Giovanardi. In attesa che vengano rese note le motivazioni della sentenza e i dispositivi tecnici che la accompagnano, è difficile sapere quante saranno le persone che potranno beneficiare degli effetti dell'abolizione della Fini-Giovanardi. Prima che fosse resa nota la decisione della Consulta, la Società della Ragione aveva spiegato che la bocciatura della Fini-Giovanardi avrebbe avuto conseguenze pressoché immediate su circa 10mila detenuti, perché \"gli arrestati per droghe leggere sono il 40% degli arrestati per reati in materia di stupefacenti\". \r\nAbolendo la Fini-Giovanardi, la Consulta ha sicuramente tolto una bella castagna dal fuoco dello Stato italiano: l'effetto combinato con quello del cosiddetto decreto “svuotarceri” potrebbe far ridurre la popolazione carceraria di 15-20mila e l'Italia potrebbe forse evitare le sanzioni per il sovraffollamento carcerario stabilite dalle Corte di Strasburgo che vigila sull'applicazione della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo.\r\nL'abolizione della Fini-Giovanardi, però, è anche merito dei movimenti antiproibizionisti che, pur privi di sostegni istituzionali e oscurati dai media di regime, hanno continuato in questi lunghi otto anni a mobilitarsi contro le norme liberticide, fino ad arrivare al corteo-street parade di sabato 8 febbraio a Roma che ha visto sfilare alcune decine di migliaia di persone in una manifestazione totalmente autoorganizzata e autofinanziata, finita all'onore delle cronache perché al guru radicale Giacinto Pannnella detto Marco è stato detto, in modo peraltro relativamente gentile, di andare altrove a fare il suo lurido mestiere di sciacallo. \r\nCon l'abolizione della Fini-Giovanardi, la mobilitazione antiproibizionista non si ferma. Come ha scritto in un suo comunicato l'ASCIA (un'associazione di consumatori di cannabis autoorganizzati, molto attiva soprattutto sul web), “ritorniamo quindi alla Jervolino-Vassalli, la cannabis torna in tabella II come “droga leggera” e in virtù di questo molti ospiti delle Comunità di Recupero, trattenuti solo perché assuntori di cannabis, potrebbero lasciare il loro stato coatto e molti pazienti potrebbero trovare un facile accesso alle terapie a base di cannabinoidi nel sistema sanitario nazionale, scompare la “presunzione di reato” e quindi lo spaccio va provato e non solo ipotizzato e tutte le condanne e i processi relativi alla Fini-Giovanardi andranno rivisti e ridimensionati. Ma con la Jervolino-Vassalli è ancora vietata la coltivazione e sono ancora applicate sanzioni amministrative per gli assuntori, per questo, se possiamo festeggiare per aver vinto la prima e forse più importante battaglia, é pur vero che dobbiamo rimanere consapevoli che la guerra è ancora in corso”. A dimostrazione che la guerra è sempre in corso, proprio mentre veniva abolita la Legge Fini Giovanardi, la vicenda della canapa medica nella Toscana amministrata dal PD ha registrato un passo indietro. Nel maggio 2012, dopo una lunga concertazione con le associazioni dei pazienti, fu approvata la Legge toscana sulla Cannabis terapeutica che non faceva elenchi di patologie ammesse all'utilizzo del farmaco, né poneva limiti e paletti alla prescrizione della cannabis terapeutica per qualsiasi indicazione la scienza medica dovesse trovare applicazione. Qualche giorno fa è stato reso noto il regolamento attuativo che dovrebbe rendere finalmente utilizzabile questa legge, ma che in effetti restringe l'applicazione della legge a due soli sintomi di due sole patologie, spasmi nella sclerosi multipla e dolore oncologico.\r\nEd anche tra i media il fronte degli adepti dell'eterna crociata contro l'erba proibita si sta riorganizzando. Due pagine di pornografia parascientifica (con tanto di dati terrorizzanti presi da ricerche non citate e che non si trovano coi motori di ricerca per le pubblicazioni scientifiche) contro la cannabis sono addirittura apparsi sul primo inserto settimanale di Pagina99, il nuovo quotidiano fondato da alcuni ex giornalisti del Manifesto, che evidentemente si sono dimenticati di quando, sul giornale in cui lavoravano da giovani, scriveva Giancarlo Arnao, compianto maestro di antiproibizionismo ragionato, che faceva a pezzi le bufale della propaganda della War On Drugs.\r\nSe l'abolizione della Fini-Giovanardi è stata sicuramente una vittoria, nel movimento antiproibizionista c'è comunque la consapevolezza che la strada da fare è ancora molta e tutta in salita e in tutta la penisola si organizzano incontri e iniziative, in attesa delle prossime mobilitazioni di piazza, tra cui la Million Marijuana March (che si terrà a Roma all'inizio di maggio) e Canapisa (che si terrà a Pisa sabato 31 maggio).\r\n\r\nrobertino","2018-10-17 22:59:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/02/antiproibizionismo1-200x110.jpg","Droghe e castagne",1392779565,[499,500,501,502,503],"http://radioblackout.org/tag/carceri/","http://radioblackout.org/tag/droga/","http://radioblackout.org/tag/fini-giovanardi/","http://radioblackout.org/tag/proibizionismo/","http://radioblackout.org/tag/vassalli-jervolino/",[505,506,507,508,509],"carceri","droga","fini-giovanardi","proibizionismo","vassalli-jervolino",{"post_content":511},{"matched_tokens":512,"snippet":513,"value":514},[15],"il Nuovo Centro Destra di \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> e Giovanardi, ben poco disponibili","L’abolizione per un vizio nelle modalità di approvazione della legge sulle droghe in vigore da ormai otto anni, la dice lunga sul ruolo suppletivo del potere giudiziario rispetto a quello politico.\r\nQuesta decisione, come già quella sul porcellum elettorale, toglie le castagne dal fuoco sia al parlamento che all’esecutivo, incapaci di prendere decisioni su questioni di grande importanza come la legge che definisce le regole per la delega elettorale.\r\nSe la cancellazione della Fini Giovanardi dovesse avere l’effetto sperato di svuotare un poco le carceri, forse l’Italia scamperebbe le sanzioni imposte dalla corte europea di giustizia per trattamenti inumani e degradanti nelle sovraffollate carceri italiane.\r\nAl tempo stesso il governo di turno non dovrebbe fare i conti con il Nuovo Centro Destra di \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> e Giovanardi, ben poco disponibili a fare passi indietro nelle politiche proibizioniste.\r\nDue piccioni con una sola fava.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Robertino Barbieri, storico esponente del movimento antiproibizionista, tra gli animatori di CanaPisa.\r\n\r\nAscolta l’intervista:\r\n\r\n2014 02 14 robertino fini giovanardi\r\n\r\nDi seguito un articolo di Robertino uscito sul numero di questa settimana di Umanità Nova\r\n\r\nDal gennaio 2006 in Italia era in vigore sulle droghe la cosiddetta \"legge Fini-Giovanardi\" che aveva inserito nella stessa tabella droghe leggere e droghe pesanti (coll'unico risultato di affollare le carceri di consumatori e coltivatori di ganja, mentre le strade e le piazze sono state invase da eroina e cocaina ai prezzi più bassi di sempre in valori assoluti) e che aveva stabilito la presunzione di reato di spaccio anche per la semplice detenzione di sostanze proibite oltre certi quantitativi stabiliti dal Governo.\r\nDa mercoledì 12 febbraio, la Fini-Giovanardi non c'è più. La Corte Costituzionale la ha abolita, con una nota in cui la Consulta afferma di aver \"dichiarato l'illegittimità costituzionale - per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, che regola la procedura di conversione dei decreti-legge (.) rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico in materia di stupefacenti)\".\r\nTra i motivi che avevano spinto diversi tribunali (tra cui la Corte di Cassazione, la Corte d’Appello di Torino e il Gup di Roma) a fare ricorso alla Consulta vi era la convinzione che quella legge fosse nata “in modo invalido”. Quella legge fu, infatti, approvata con una sorta di colpo di mano dell'allora governo Berlusconi. Mentre era all’esame del Parlamento il decreto legge del Governo sulla sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino (che includeva una sola piccola norma diretta a rendere meno difficoltoso l’accesso all’affidamento terapeutico ai servizi sociali per i tossicodipendenti recidivi, cancellato due mesi prima dalla famigerata legge Cirielli), il Governo durante la discussione parlamentare in sede di conversione presentò un emendamento composto da decine e decine di articoli che andarono a cambiare radicalmente la legge precedente sulle droghe. Un decreto legge per potere essere emanato dal Capo dello Stato richiede la verifica della sussistenza dei requisiti di urgenza e necessità. Entra immediatamente in vigore. Se nei sessanta giorni successivi il Parlamento dovesse introdurre norme che c’entrano poco con il testo originario compie un’opera illegittima in quanto produce un aggiramento dei vincoli costituzionali. Sulla base di questa unica motivazione procedurale, la Consulta ha deciso di abrogare la Fini-Giovanardi, mentre sembrerebbe che non siano state accolte le altre motivazioni dei ricorsi sulle cosiddette questioni “di merito”, a partire da quella della proporzionalità delle pene (per la semplice detenzione di sostanze proibite erano previste pene da 6 a 20 anni, più alte di quelle per stupro o tentato omicidio). \r\nCon la decisione della Corte, comunque, si torna alla normativa precedente, ovvero alla legge Iervolino-Vassalli, la 162/1990. In generale tornerebbe in vigore la Jervolino-Vassalli modificata dal referendum del 1993 che aveva depenalizzato la detenzione per uso personale. In pratica torneranno ad esserci pene più lievi per lo spaccio di droghe leggere come la cannabis, cioè da 2 a 6 anni di carcere (e da 6 mesi a due anni per “i fatti di lieve entità”), anziché da 6 a 20 anni (e da 1 a 6 anni per la”lieve entità”) come previsto dalla normativa abolita.\r\nLa legge precedente ora tornata in vigore, infatti, prevedeva una differenziazione di trattamento in base alle sostanze e per lo spaccio di droghe pesanti, come cocaina e eroina, anche pene più severe con un minimo di 8 anni di carcere, anziché i 6 della Fini-Giovanardi. In attesa che vengano rese note le motivazioni della sentenza e i dispositivi tecnici che la accompagnano, è difficile sapere quante saranno le persone che potranno beneficiare degli effetti dell'abolizione della Fini-Giovanardi. Prima che fosse resa nota la decisione della Consulta, la Società della Ragione aveva spiegato che la bocciatura della Fini-Giovanardi avrebbe avuto conseguenze pressoché immediate su circa 10mila detenuti, perché \"gli arrestati per droghe leggere sono il 40% degli arrestati per reati in materia di stupefacenti\". \r\nAbolendo la Fini-Giovanardi, la Consulta ha sicuramente tolto una bella castagna dal fuoco dello Stato italiano: l'effetto combinato con quello del cosiddetto decreto “svuotarceri” potrebbe far ridurre la popolazione carceraria di 15-20mila e l'Italia potrebbe forse evitare le sanzioni per il sovraffollamento carcerario stabilite dalle Corte di Strasburgo che vigila sull'applicazione della Convenzione Europea sui Diritti dell'Uomo.\r\nL'abolizione della Fini-Giovanardi, però, è anche merito dei movimenti antiproibizionisti che, pur privi di sostegni istituzionali e oscurati dai media di regime, hanno continuato in questi lunghi otto anni a mobilitarsi contro le norme liberticide, fino ad arrivare al corteo-street parade di sabato 8 febbraio a Roma che ha visto sfilare alcune decine di migliaia di persone in una manifestazione totalmente autoorganizzata e autofinanziata, finita all'onore delle cronache perché al guru radicale Giacinto Pannnella detto Marco è stato detto, in modo peraltro relativamente gentile, di andare altrove a fare il suo lurido mestiere di sciacallo. \r\nCon l'abolizione della Fini-Giovanardi, la mobilitazione antiproibizionista non si ferma. Come ha scritto in un suo comunicato l'ASCIA (un'associazione di consumatori di cannabis autoorganizzati, molto attiva soprattutto sul web), “ritorniamo quindi alla Jervolino-Vassalli, la cannabis torna in tabella II come “droga leggera” e in virtù di questo molti ospiti delle Comunità di Recupero, trattenuti solo perché assuntori di cannabis, potrebbero lasciare il loro stato coatto e molti pazienti potrebbero trovare un facile accesso alle terapie a base di cannabinoidi nel sistema sanitario nazionale, scompare la “presunzione di reato” e quindi lo spaccio va provato e non solo ipotizzato e tutte le condanne e i processi relativi alla Fini-Giovanardi andranno rivisti e ridimensionati. Ma con la Jervolino-Vassalli è ancora vietata la coltivazione e sono ancora applicate sanzioni amministrative per gli assuntori, per questo, se possiamo festeggiare per aver vinto la prima e forse più importante battaglia, é pur vero che dobbiamo rimanere consapevoli che la guerra è ancora in corso”. A dimostrazione che la guerra è sempre in corso, proprio mentre veniva abolita la Legge Fini Giovanardi, la vicenda della canapa medica nella Toscana amministrata dal PD ha registrato un passo indietro. Nel maggio 2012, dopo una lunga concertazione con le associazioni dei pazienti, fu approvata la Legge toscana sulla Cannabis terapeutica che non faceva elenchi di patologie ammesse all'utilizzo del farmaco, né poneva limiti e paletti alla prescrizione della cannabis terapeutica per qualsiasi indicazione la scienza medica dovesse trovare applicazione. Qualche giorno fa è stato reso noto il regolamento attuativo che dovrebbe rendere finalmente utilizzabile questa legge, ma che in effetti restringe l'applicazione della legge a due soli sintomi di due sole patologie, spasmi nella sclerosi multipla e dolore oncologico.\r\nEd anche tra i media il fronte degli adepti dell'eterna crociata contro l'erba proibita si sta riorganizzando. Due pagine di pornografia parascientifica (con tanto di dati terrorizzanti presi da ricerche non citate e che non si trovano coi motori di ricerca per le pubblicazioni scientifiche) contro la cannabis sono addirittura apparsi sul primo inserto settimanale di Pagina99, il nuovo quotidiano fondato da alcuni ex giornalisti del Manifesto, che evidentemente si sono dimenticati di quando, sul giornale in cui lavoravano da giovani, scriveva Giancarlo Arnao, compianto maestro di antiproibizionismo ragionato, che faceva a pezzi le bufale della propaganda della War On Drugs.\r\nSe l'abolizione della Fini-Giovanardi è stata sicuramente una vittoria, nel movimento antiproibizionista c'è comunque la consapevolezza che la strada da fare è ancora molta e tutta in salita e in tutta la penisola si organizzano incontri e iniziative, in attesa delle prossime mobilitazioni di piazza, tra cui la Million Marijuana March (che si terrà a Roma all'inizio di maggio) e Canapisa (che si terrà a Pisa sabato 31 maggio).\r\n\r\nrobertino",[516],{"field":94,"matched_tokens":517,"snippet":513,"value":514},[15],{"best_field_score":321,"best_field_weight":387,"fields_matched":34,"num_tokens_dropped":50,"score":388,"tokens_matched":34,"typo_prefix_score":50},{"document":520,"highlight":538,"highlights":543,"text_match":319,"text_match_info":546},{"comment_count":50,"id":521,"is_sticky":50,"permalink":522,"podcastfilter":523,"post_author":333,"post_content":524,"post_date":525,"post_excerpt":56,"post_id":521,"post_modified":526,"post_thumbnail":527,"post_title":528,"post_type":372,"sort_by_date":529,"tag_links":530,"tags":534},"20099","http://radioblackout.org/podcast/forconi-a-torino-i-figli-del-deserto-2/",[333],"Decodificare quanto è accaduto a Torino nell’ultima settimana non è facile. 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L’Italia che si è affidata per vent’anni ad un partito capace di attuare politiche ultraliberiste, garantendo altresì la sopravvivenza di figure sociali che altrove la globalizzazione ha spazzato via: commercianti, artigiani, padroncini, agricoltori su scala familiare o con pochi dipendenti.\r\n\r\nLa settimana precedente quella del 9 dicembre, il governo, intuendo la miscela esplosiva che si stava preparando, ha concesso tutto quello che volevano alle organizzazioni degli autotrasportatori, mentre la moderatissima Coldiretti ha organizzato la manifestazione al Brennero, dove venivano bloccati e perquisiti i camion con la benedizione del ministro. Dopo i blocchi e le “perquisizioni” sulla A32 durante l’estate No Tav, Alfano ordinò cariche, arresti e l’invio di altri 250 militari in Clarea. Evidentemente questo governo, soprattutto nella sua componente di destra, mira a evitare lo strappo con alcuni dei propri settori sociali di riferimento, concedendo spazi di manovra negati ad altri.\r\nLa sinistra civilizzata, nei brevi periodi in cui è riuscita a saltare in sella al destriero governativo ha garantito la vita facile alla grande industria, facilitando la demolizione mattone su mattone di ogni forma di tutela per il lavoratori dipendenti e collaborando attivamente nella trasformazione di tanti di loro in lavoratori indipendenti ma di fatto subordinati. In tempi di crisi il popolo delle partite IVA si ritrova nella stessa condizione dei mercatari torinesi cui il comune chiede 500 euro al mese per la pulizia dei mercati. A tutti questi si aggiungono i tanti giovani – uno su quattro dicono le statistiche - che non hanno né un lavoro né un percorso formativo. Per non dire dei ragazzi degli istituti professionali che sanno di essere parcheggiati in attesa di disoccupazione.\r\n\r\nNelle piazze torinesi animate dal popolo delle periferie, quello cresciuto tra facebook e il bar sport, si sono ritrovati quelli dei banchi dei mercati, qualche disoccupato, i ragazzi degli istituti professionali.\r\n\r\n Nella sinistra intorno alle giornate di lotta indette dal “coordinamento 9 dicembre” si è sviluppato un dibattito molto ampio, spesso anche aspro.\r\n\r\nDi fronte all’ampiezza della partecipazione, alcuni hanno osservato che era difficile che il mestolo stesse in mano alla destra cittadina. A Torino sia la Destra istituzionale – Fratelli d’Italia – sia chi – come Forza Nuova e Casa Pound - vive nel limbo tra istituzioni e velleità rivoluzionarie – non avrebbero un peso ed una capacità organizzativa tali da poterlo fare.\r\n\r\nUn fatto è certo: nelle piazze di Torino e dintorni i rappresentanti di queste formazioni si sono fatti vedere più volte accolti dagli applausi della gente. Come è certo che buona parte delle tifoserie torinesi, ben presenti nei giorni più caldi, siano ormai da lunghi anni egemonizzate dall’estrema destra. In almeno un caso un esponente di “Alba Dorata” è stato cacciato dal blocco di piazza Derna grazie alla presenza di esponenti di sinistra, che avevano deciso di partecipare all’iniziativa. È tuttavia un caso isolato che non cambia il quadro. Anche la favola dei profughi africani, accolti con un applauso da quelli del “coordinamento 9 dicembre” è stata è stata ampiamente sfatata da resoconti circolati successivamente.\r\nLa questione è comunque mal posta. Qualunque sia stato il peso della destra, nelle sue varie componenti, la domanda vera è un’altra. Il movimento che si è espresso nelle piazze in un garrir di tricolori, inviti alla polizia a fraternizzare, richiami all’unità della nazione contro la casta corrotta e asservita ai diktat dell’Europa delle banche è un movimento di destra o no?\r\nNoi pensiamo di si.\r\n\r\nI resoconti fatti girare dalla sinistra radicale torinese hanno privilegiato l’immagine di piazze ambiguamente acefale: prive di capi, prive di organizzazione, prive di reale comprensione delle ragioni che li avevano condotti lì. Una sorta di creta che chiunque avrebbe potuto plasmare e dirigere. Una descrizione a mio avviso inconsapevolmente intrisa di orgoglio intellettuale e del mai sopito sogno di poter governare o alimentarsi delle jacquerie. Alcuni ne hanno assunto il mero contenuto antisistema, nella vecchia convinzione che il nemico del tuo nemico è un tuo amico. Una mostruosità ideologica che abbiamo visto annegare nel sangue tra Baghdad e Kabul ma sinora non ci aveva toccato da vicino.\r\n\r\nBisogna guardare in faccia la realtà. Una realtà che certo non ci piace, ma il mero desiderio di vederla diversa non si concreta, se non la si sa vedere per quello che è. I protagonisti di questi giorni di blocchi e serrate sono i figli del deserto sociale degli ultimi trent'anni. Gente che credeva di avere ancoraggi e certezze e oggi si trova sospesa sul nulla. \r\nL’analisi della composizione di classe di questo movimento, della sua natura popolare, periferica,perché avvertivamo forte la necessità di capire ed intervenire per poter fermare l’onda lunga di destra che ha messo a loro disposizione un lessico comune, una chiave di lettura ed un orizzonte progettuale.\r\n\r\nSiamo andati nelle piazze e nei bar ad ascoltare e capire il vento che stava cambiando, perché in periferia, tra i mercati e le strade attraversate dai cortei per l'ordine e la legalità, tra la gente che fatica a campare e non vede prospettive, ci siamo da anni. Da anni sappiamo che l'incapacità di parlare con gli italiani poveri, quelli che guardano con simpatia alla destra xenofoba e razzista, quelli che avevano qualcosa e ora hanno solo paura, avrebbe aperto la strada a chi predica il governo forte, la polizia ovunque, la nazione contro la globalizzazione, l'unione degli italiani, sfruttati e sfruttatori contro il grande complotto internazionale delle banche. Oggi lo chiamano signoraggio: non puntano il dito sugli ebrei ma la melodia della canzone è la stessa dagli anni Trenta del secolo scorso. Gli stranieri di seconda generazione che sventolavano il tricolore con i loro colleghi del mercato, sebbene in realtà pochini rispetto la realtà dei banchi, non ci stupiscono: li abbiamo visti inveire contro altri stranieri, ultimi arrivati che “delinquono”. Molti di loro assumono giovani connazionali poveri e li sfruttano senza pietà così come gli italiani doc. Il gioco del capitalismo piace ad ogni latitudine.\r\n\r\nI protagonisti di questi tre/quattro giorni di blocchi e iniziative sono ceti impoveriti e rancorosi: l’Italia delle clientele prima democristiane e socialiste, poi forza italiote, oggi piegata dalla crisi, dalla pressione fiscale, dall’indebolirsi della compagine berlusconiana e della Lega, partiti politici di riferimento per oltre vent’anni.\r\n\r\nIl loro programma – esplicitamente delineato nei volantini tricolori distribuiti in ogni dove – è chiaro: far cadere il governo, sostituirlo con un esecutivo forte e onesto, capace di traghettare l’Italia fuori dall’euro, fuori dall’Europa delle banche, garantendo significative misure protezioniste.\r\nIl tutto all’insegna di una deriva identitaria di segno nazionalista dove la nazione è descritta e vissuta come un corpo sano attaccato da agenti esterni che si ricompone intorno all’alleanza interclassista dei produttori.\r\nQuesto è un programma di destra. Di destra radicale.\r\n\r\nNon sappiamo se l’episodio dei caschi tolti davanti all’agenzia delle entrate di Torino, o l’abbraccio tra un manifestante e un poliziotto a Milano siano solo foto strappate alle realtà, ma resta il fatto che la volontà di fraternizzare con la polizia ha attraversato le varie piazze d’Italia. A Pistoia gli studenti gridavano “celerino, sei uno di noi!”. La retorica dei lavoratori della polizia, sfruttati e vittime di una classe politica corrotta e parassitaria, è tipica della destra di ogni tempo.\r\n\r\nÈ ingeneroso sostenere che la gente “comune” che ha partecipato alle serrate dei negozi ed ai blocchi del traffico non capisse la portata simbolica e reale di un movimento esplicitamente eversivo dell’ordine esistente. In ambito istituzionale chi ha cercato un’interlocuzione si è dovuto arrendere, perché non c’era spazio di mediazione. Oggi forse alcuni del “coordinamento 9 dicembre” pare siano disposti a sedersi ad un tavolo con il governo, ma nella settimana della serrata e dei blocchi non c'è stato, né avrebbe potuto esserci, spazio per il dialogo. Chi è sceso in piazza lo ha fatto perché convinto di fare la rivoluzione: lo dimostrano gli slogan, gli striscioni, i racconti che vengono diffusi.\r\n\r\nIn questo “tutti a casa” c'è chi ha sentito l'eco delle lotte argentine, chi vi ha letto una volontà di rottura dell'istituito che avrebbe potuto aprire delle possibilità.\r\n\r\nSappiamo bene quanta forza abbiano i momenti di rottura, la scelta di uscire di casa, di spezzare l’ordine che ci piega alla quotidianità scandita dai ritmi di una vita regolata altrove, tuttavia in quelle piazze questa forza si è alimentata di simboli che portano lontano da una prospettiva di emancipazione sociale e di libertà.\r\nL’interruzione della quotidianità agita da chi normalmente affida il proprio futuro all'eterna ripetizione del proprio presente è un evento raro, talora foriero di una rottura radicale. Tuttavia la rottura di un ordine non prefigura necessariamente che la strada intrapresa sia quella giusta. \r\n\r\nNell’estrema sinistra c’è chi ha tentato da cavalcare l’onda nella speranza di mutarla di segno. Purtroppo questo tentativo, limitandosi quasi sempre alla spinta per la radicalizzazione delle pratiche di piazza, che tuttavia non ha né saputo né voluto farsi anche critica dei contenuti di estrema destra della protesta, non ha prodotto risultati significativi.\r\n\r\nL’ipotesi che chi era in piazza esprimesse una ribellione generica senza reale adesione ai contenuti proposti dal Coordinamento 9 dicembre si è rivelata una favola consolatoria. Mercoledì 11 in piazza Castello è bastato che il piccolo caudillo di turno decretasse il “tutti a casa” in attesa di una prossima “marcia su Roma” perché il movimento si sciogliesse, lasciandosi solo una coda di studenti in libera uscita il giorno successivo.\r\n\r\nVedere quello che non c’è è frutto di pregiudizio ideologico, quel pregiudizio ideologico che consiste nel formulare una tesi e cercare – a costo di deformarla – la conferma nella realtà. Il prezzo da pagare è una descrizione che cancella la soggettività esplicita di chi parla e agisce, nell’inseguimento di un’oggettività materiale che si suppone possa, se adeguatamente spinta in avanti, modificare di segno la protesta.\r\n\r\nArticolare un discorso capace di creare legami di classe, al di là delle diverse condizioni normative, fiscali, di reddito è in se difficile. La materialità stessa della condizione dei lavoratori autonomi, nelle sue diverse e distanti articolazioni, lascia poco spazio alla costruzione di percorsi comuni di solidarietà e lotta con gli altri settori popolari.\r\n\r\n Se poi l'immaginario che sostiene una lotta si articola fuori – e contro – l'orizzonte di classe, non si può far finta che la narrazione di chi agisce una lotta sia irrilevante.\r\n\r\nA Torino, a blocchi finiti, abbiamo sentito un giovane protagonista delle piazze arringare gli esponenti di un presidio di sindacalisti di base ed esponenti della sinistra post istituzionale, perché si unissero nel segno del tricolore, buttando a mare falce e martello, per salvare la nazione.\r\n\r\n Quel ragazzo ci pareva la perfetta incarnazione dello slogan di fondo che ha attraversato piazze, mercati, bar e faccia libro, quell'andare oltre la destra e la sinistra tipico della Nuova Destra, quella meno brutale, più raffinata ma non per questo meno pericolosa.\r\nQuando la nozione di “popolo” sostituisce quella di “classe” non siamo di fronte ad una mera trasposizione politica del tifo da calcio ma all'eterna riproposizione del mito della purezza organica della nazione come corpo sano, dove tutti fanno gerarchicamente la loro parte.\r\nChi a sinistra sottovaluta l'importanza dei simboli, chi azzarda paragoni con le rivoluzioni della primavera araba, dimentica che tra bandiere nazionali e religione, quelle primavere sono presto declinate verso l'autunno ed il più gelido degli inverni.\r\nChi frequenta i bar di periferia sa che sesso, calcio, soldi, pioggia sono gli argomenti di sempre, conditi di frizzi, lazzi, scoregge verbali e l'idea che “così va il mondo”. Talora capita che qualcuno si lasci andare a dichiarazioni roboanti, all'insegna del fuoco e dello spaccar tutto. Poi il bar chiude e la rivoluzione dei rivoluzionari dell'aperitivo viene rimandata al giorno successivo.\r\n\r\nSe capita che quelli del bar sport escano davvero in strada è un segnale che sarebbe miope non vedere. Ma sarebbe ancora più miope leggere la realtà con gli occhi tristi degli orfani del soggetto sociale.\r\n\r\nQualcuno a Torino ha scritto che bisogna affondare le mani nella merda perché dai diamanti dell'ideologia non nasce nulla. Siamo d'accordo. Purché non ci si illuda che fare a mattonate contro la polizia tra chi sventola tricolori possa essere il grimaldello che apre il vaso di Pandora dei propri desideri.","17 Dicembre 2013","2018-10-17 22:59:36","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/12/torino-piazza-castello-9-dic-200x110.jpg","Forconi a Torino. 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L’Italia che si è affidata per vent’anni ad un partito capace di attuare politiche ultraliberiste, garantendo altresì la sopravvivenza di figure sociali che altrove la globalizzazione ha spazzato via: commercianti, artigiani, padroncini, agricoltori su scala familiare o con pochi dipendenti.\r\n\r\nLa settimana precedente quella del 9 dicembre, il governo, intuendo la miscela esplosiva che si stava preparando, ha concesso tutto quello che volevano alle organizzazioni degli autotrasportatori, mentre la moderatissima Coldiretti ha organizzato la manifestazione al Brennero, dove venivano bloccati e perquisiti i camion con la benedizione del ministro. Dopo i blocchi e le “perquisizioni” sulla A32 durante l’estate No Tav, \u003Cmark>Alfano\u003C/mark> ordinò cariche, arresti e l’invio di altri 250 militari in Clarea. Evidentemente questo governo, soprattutto nella sua componente di destra, mira a evitare lo strappo con alcuni dei propri settori sociali di riferimento, concedendo spazi di manovra negati ad altri.\r\nLa sinistra civilizzata, nei brevi periodi in cui è riuscita a saltare in sella al destriero governativo ha garantito la vita facile alla grande industria, facilitando la demolizione mattone su mattone di ogni forma di tutela per il lavoratori dipendenti e collaborando attivamente nella trasformazione di tanti di loro in lavoratori indipendenti ma di fatto subordinati. In tempi di crisi il popolo delle partite IVA si ritrova nella stessa condizione dei mercatari torinesi cui il comune chiede 500 euro al mese per la pulizia dei mercati. A tutti questi si aggiungono i tanti giovani – uno su quattro dicono le statistiche - che non hanno né un lavoro né un percorso formativo. Per non dire dei ragazzi degli istituti professionali che sanno di essere parcheggiati in attesa di disoccupazione.\r\n\r\nNelle piazze torinesi animate dal popolo delle periferie, quello cresciuto tra facebook e il bar sport, si sono ritrovati quelli dei banchi dei mercati, qualche disoccupato, i ragazzi degli istituti professionali.\r\n\r\n Nella sinistra intorno alle giornate di lotta indette dal “coordinamento 9 dicembre” si è sviluppato un dibattito molto ampio, spesso anche aspro.\r\n\r\nDi fronte all’ampiezza della partecipazione, alcuni hanno osservato che era difficile che il mestolo stesse in mano alla destra cittadina. A Torino sia la Destra istituzionale – Fratelli d’Italia – sia chi – come Forza Nuova e Casa Pound - vive nel limbo tra istituzioni e velleità rivoluzionarie – non avrebbero un peso ed una capacità organizzativa tali da poterlo fare.\r\n\r\nUn fatto è certo: nelle piazze di Torino e dintorni i rappresentanti di queste formazioni si sono fatti vedere più volte accolti dagli applausi della gente. Come è certo che buona parte delle tifoserie torinesi, ben presenti nei giorni più caldi, siano ormai da lunghi anni egemonizzate dall’estrema destra. In almeno un caso un esponente di “Alba Dorata” è stato cacciato dal blocco di piazza Derna grazie alla presenza di esponenti di sinistra, che avevano deciso di partecipare all’iniziativa. È tuttavia un caso isolato che non cambia il quadro. Anche la favola dei profughi africani, accolti con un applauso da quelli del “coordinamento 9 dicembre” è stata è stata ampiamente sfatata da resoconti circolati successivamente.\r\nLa questione è comunque mal posta. Qualunque sia stato il peso della destra, nelle sue varie componenti, la domanda vera è un’altra. Il movimento che si è espresso nelle piazze in un garrir di tricolori, inviti alla polizia a fraternizzare, richiami all’unità della nazione contro la casta corrotta e asservita ai diktat dell’Europa delle banche è un movimento di destra o no?\r\nNoi pensiamo di si.\r\n\r\nI resoconti fatti girare dalla sinistra radicale torinese hanno privilegiato l’immagine di piazze ambiguamente acefale: prive di capi, prive di organizzazione, prive di reale comprensione delle ragioni che li avevano condotti lì. Una sorta di creta che chiunque avrebbe potuto plasmare e dirigere. Una descrizione a mio avviso inconsapevolmente intrisa di orgoglio intellettuale e del mai sopito sogno di poter governare o alimentarsi delle jacquerie. Alcuni ne hanno assunto il mero contenuto antisistema, nella vecchia convinzione che il nemico del tuo nemico è un tuo amico. Una mostruosità ideologica che abbiamo visto annegare nel sangue tra Baghdad e Kabul ma sinora non ci aveva toccato da vicino.\r\n\r\nBisogna guardare in faccia la realtà. Una realtà che certo non ci piace, ma il mero desiderio di vederla diversa non si concreta, se non la si sa vedere per quello che è. I protagonisti di questi giorni di blocchi e serrate sono i figli del deserto sociale degli ultimi trent'anni. Gente che credeva di avere ancoraggi e certezze e oggi si trova sospesa sul nulla. \r\nL’analisi della composizione di classe di questo movimento, della sua natura popolare, periferica,perché avvertivamo forte la necessità di capire ed intervenire per poter fermare l’onda lunga di destra che ha messo a loro disposizione un lessico comune, una chiave di lettura ed un orizzonte progettuale.\r\n\r\nSiamo andati nelle piazze e nei bar ad ascoltare e capire il vento che stava cambiando, perché in periferia, tra i mercati e le strade attraversate dai cortei per l'ordine e la legalità, tra la gente che fatica a campare e non vede prospettive, ci siamo da anni. Da anni sappiamo che l'incapacità di parlare con gli italiani poveri, quelli che guardano con simpatia alla destra xenofoba e razzista, quelli che avevano qualcosa e ora hanno solo paura, avrebbe aperto la strada a chi predica il governo forte, la polizia ovunque, la nazione contro la globalizzazione, l'unione degli italiani, sfruttati e sfruttatori contro il grande complotto internazionale delle banche. Oggi lo chiamano signoraggio: non puntano il dito sugli ebrei ma la melodia della canzone è la stessa dagli anni Trenta del secolo scorso. Gli stranieri di seconda generazione che sventolavano il tricolore con i loro colleghi del mercato, sebbene in realtà pochini rispetto la realtà dei banchi, non ci stupiscono: li abbiamo visti inveire contro altri stranieri, ultimi arrivati che “delinquono”. Molti di loro assumono giovani connazionali poveri e li sfruttano senza pietà così come gli italiani doc. Il gioco del capitalismo piace ad ogni latitudine.\r\n\r\nI protagonisti di questi tre/quattro giorni di blocchi e iniziative sono ceti impoveriti e rancorosi: l’Italia delle clientele prima democristiane e socialiste, poi forza italiote, oggi piegata dalla crisi, dalla pressione fiscale, dall’indebolirsi della compagine berlusconiana e della Lega, partiti politici di riferimento per oltre vent’anni.\r\n\r\nIl loro programma – esplicitamente delineato nei volantini tricolori distribuiti in ogni dove – è chiaro: far cadere il governo, sostituirlo con un esecutivo forte e onesto, capace di traghettare l’Italia fuori dall’euro, fuori dall’Europa delle banche, garantendo significative misure protezioniste.\r\nIl tutto all’insegna di una deriva identitaria di segno nazionalista dove la nazione è descritta e vissuta come un corpo sano attaccato da agenti esterni che si ricompone intorno all’alleanza interclassista dei produttori.\r\nQuesto è un programma di destra. Di destra radicale.\r\n\r\nNon sappiamo se l’episodio dei caschi tolti davanti all’agenzia delle entrate di Torino, o l’abbraccio tra un manifestante e un poliziotto a Milano siano solo foto strappate alle realtà, ma resta il fatto che la volontà di fraternizzare con la polizia ha attraversato le varie piazze d’Italia. A Pistoia gli studenti gridavano “celerino, sei uno di noi!”. La retorica dei lavoratori della polizia, sfruttati e vittime di una classe politica corrotta e parassitaria, è tipica della destra di ogni tempo.\r\n\r\nÈ ingeneroso sostenere che la gente “comune” che ha partecipato alle serrate dei negozi ed ai blocchi del traffico non capisse la portata simbolica e reale di un movimento esplicitamente eversivo dell’ordine esistente. In ambito istituzionale chi ha cercato un’interlocuzione si è dovuto arrendere, perché non c’era spazio di mediazione. Oggi forse alcuni del “coordinamento 9 dicembre” pare siano disposti a sedersi ad un tavolo con il governo, ma nella settimana della serrata e dei blocchi non c'è stato, né avrebbe potuto esserci, spazio per il dialogo. Chi è sceso in piazza lo ha fatto perché convinto di fare la rivoluzione: lo dimostrano gli slogan, gli striscioni, i racconti che vengono diffusi.\r\n\r\nIn questo “tutti a casa” c'è chi ha sentito l'eco delle lotte argentine, chi vi ha letto una volontà di rottura dell'istituito che avrebbe potuto aprire delle possibilità.\r\n\r\nSappiamo bene quanta forza abbiano i momenti di rottura, la scelta di uscire di casa, di spezzare l’ordine che ci piega alla quotidianità scandita dai ritmi di una vita regolata altrove, tuttavia in quelle piazze questa forza si è alimentata di simboli che portano lontano da una prospettiva di emancipazione sociale e di libertà.\r\nL’interruzione della quotidianità agita da chi normalmente affida il proprio futuro all'eterna ripetizione del proprio presente è un evento raro, talora foriero di una rottura radicale. Tuttavia la rottura di un ordine non prefigura necessariamente che la strada intrapresa sia quella giusta. \r\n\r\nNell’estrema sinistra c’è chi ha tentato da cavalcare l’onda nella speranza di mutarla di segno. Purtroppo questo tentativo, limitandosi quasi sempre alla spinta per la radicalizzazione delle pratiche di piazza, che tuttavia non ha né saputo né voluto farsi anche critica dei contenuti di estrema destra della protesta, non ha prodotto risultati significativi.\r\n\r\nL’ipotesi che chi era in piazza esprimesse una ribellione generica senza reale adesione ai contenuti proposti dal Coordinamento 9 dicembre si è rivelata una favola consolatoria. Mercoledì 11 in piazza Castello è bastato che il piccolo caudillo di turno decretasse il “tutti a casa” in attesa di una prossima “marcia su Roma” perché il movimento si sciogliesse, lasciandosi solo una coda di studenti in libera uscita il giorno successivo.\r\n\r\nVedere quello che non c’è è frutto di pregiudizio ideologico, quel pregiudizio ideologico che consiste nel formulare una tesi e cercare – a costo di deformarla – la conferma nella realtà. Il prezzo da pagare è una descrizione che cancella la soggettività esplicita di chi parla e agisce, nell’inseguimento di un’oggettività materiale che si suppone possa, se adeguatamente spinta in avanti, modificare di segno la protesta.\r\n\r\nArticolare un discorso capace di creare legami di classe, al di là delle diverse condizioni normative, fiscali, di reddito è in se difficile. La materialità stessa della condizione dei lavoratori autonomi, nelle sue diverse e distanti articolazioni, lascia poco spazio alla costruzione di percorsi comuni di solidarietà e lotta con gli altri settori popolari.\r\n\r\n Se poi l'immaginario che sostiene una lotta si articola fuori – e contro – l'orizzonte di classe, non si può far finta che la narrazione di chi agisce una lotta sia irrilevante.\r\n\r\nA Torino, a blocchi finiti, abbiamo sentito un giovane protagonista delle piazze arringare gli esponenti di un presidio di sindacalisti di base ed esponenti della sinistra post istituzionale, perché si unissero nel segno del tricolore, buttando a mare falce e martello, per salvare la nazione.\r\n\r\n Quel ragazzo ci pareva la perfetta incarnazione dello slogan di fondo che ha attraversato piazze, mercati, bar e faccia libro, quell'andare oltre la destra e la sinistra tipico della Nuova Destra, quella meno brutale, più raffinata ma non per questo meno pericolosa.\r\nQuando la nozione di “popolo” sostituisce quella di “classe” non siamo di fronte ad una mera trasposizione politica del tifo da calcio ma all'eterna riproposizione del mito della purezza organica della nazione come corpo sano, dove tutti fanno gerarchicamente la loro parte.\r\nChi a sinistra sottovaluta l'importanza dei simboli, chi azzarda paragoni con le rivoluzioni della primavera araba, dimentica che tra bandiere nazionali e religione, quelle primavere sono presto declinate verso l'autunno ed il più gelido degli inverni.\r\nChi frequenta i bar di periferia sa che sesso, calcio, soldi, pioggia sono gli argomenti di sempre, conditi di frizzi, lazzi, scoregge verbali e l'idea che “così va il mondo”. Talora capita che qualcuno si lasci andare a dichiarazioni roboanti, all'insegna del fuoco e dello spaccar tutto. Poi il bar chiude e la rivoluzione dei rivoluzionari dell'aperitivo viene rimandata al giorno successivo.\r\n\r\nSe capita che quelli del bar sport escano davvero in strada è un segnale che sarebbe miope non vedere. Ma sarebbe ancora più miope leggere la realtà con gli occhi tristi degli orfani del soggetto sociale.\r\n\r\nQualcuno a Torino ha scritto che bisogna affondare le mani nella merda perché dai diamanti dell'ideologia non nasce nulla. Siamo d'accordo. 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