","Ucraina: l'Europa belligerante alimenta la guerra.","post",1715340691,[58,59,60],"http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/macron/","http://radioblackout.org/tag/ucraina/",[14,62,63],"macron","Ucraina",{"post_content":65},{"matched_tokens":66,"snippet":68,"value":69},[67],"Carmilla","a Sandro Moiso, redattore di \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark> e storico, analizziamo gli ultimi","Proprio ieri il segretario della NATO Jens Stoltenberg è stato ospite a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni per stemperare le tensioni riguardo un improbabile coinvolgimento dell'Alleanza Atlantica a fianco dell'Ucraina. A questa mossa si accompagna la decisione dell'UE di regalare gli extra profitti derivanti dal congelamento dei beni russi, per il totale di un miliardo, da spendere in armi per alimentare la guerra in Ucraina al fianco di Zelensky, ossia il 90% dei fondi andranno in aiuti militari.\r\n\r\nInsieme a Sandro Moiso, redattore di \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark> e storico, analizziamo gli ultimi aggiornamenti e in particolare il ruolo di alcuni governi europei come la Francia di Macron, nell'escalation bellica su terreno ucraino.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/Moiso-ucraina-2024_05_09_2024.05.09-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]",[71],{"field":72,"matched_tokens":73,"snippet":68,"value":69},"post_content",[67],578730123365187700,{"best_field_score":76,"best_field_weight":77,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":78,"tokens_matched":16,"typo_prefix_score":44},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":80,"highlight":104,"highlights":109,"text_match":74,"text_match_info":112},{"cat_link":81,"category":82,"comment_count":44,"id":83,"is_sticky":44,"permalink":84,"post_author":47,"post_content":85,"post_date":86,"post_excerpt":50,"post_id":83,"post_modified":87,"post_thumbnail":88,"post_thumbnail_html":89,"post_title":90,"post_type":55,"sort_by_date":91,"tag_links":92,"tags":98},[41],[43],"84961","http://radioblackout.org/2023/11/palestina-quali-implicazioni-per-il-governo-italiano-e-quali-possibilita-di-lotta/","Il governo italiano è già profondamente implicato nella guerra in Palestina, dal sostegno propagandistico che trasversalmente occupa le dimensioni politico istituzionali ai giornali, all'invio di armi, agli accordi e alleanze tra politici nostrani di dubbio gusto e Israele.Ciò che sta accadendo a Gaza, sotto il silenzio assenso della comunità internazionale, sta producendo reazioni in tutto il mondo nei termini di mobilitazioni e possibilità di lotta.\r\n\r\nSu questi due temi, da un lato il sostegno materiale del governo italiano a Israele e dall'altro, sull'importanza di interrogare gli scenari che si aprono anche alle nostre latitudini, abbiamo intervistato gli autori di due articoli rispettivamente sulle due questioni: Antonio Mazzeo a partire da Roma-Tel Aviv. Fratelli d'armi, alleati di guerra. e Jack Orlando a partire dal suo contributo apparso su Carmilla dal titolo Il nuovo disordine mondiale 24 / Appunti palestinesi. Di nuovo il fuoco. \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Mazzeo-armi-a-israele-2023_11_09_2023.11.09-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/Palestina-jack-orlando-2023_11_09_2023.11.09-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","10 Novembre 2023","2023-11-10 11:49:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"214\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-300x214.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-300x214.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-1024x729.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-768x547.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1-1536x1094.jpeg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/proxy-image-1.jpeg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Palestina: quali implicazioni per il governo italiano e quali possibilità di lotta ?",1699616962,[93,94,95,96,97],"http://radioblackout.org/tag/armi/","http://radioblackout.org/tag/governo-meloni/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/italia/","http://radioblackout.org/tag/palestina/",[99,100,101,102,103],"armi","governo meloni","Israele","italia","palestina",{"post_content":105},{"matched_tokens":106,"snippet":107,"value":108},[67],"dal suo contributo apparso su \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark> dal titolo Il nuovo disordine","Il governo italiano è già profondamente implicato nella guerra in Palestina, dal sostegno propagandistico che trasversalmente occupa le dimensioni politico istituzionali ai giornali, all'invio di armi, agli accordi e alleanze tra politici nostrani di dubbio gusto e Israele.Ciò che sta accadendo a Gaza, sotto il silenzio assenso della comunità internazionale, sta producendo reazioni in tutto il mondo nei termini di mobilitazioni e possibilità di lotta.\r\n\r\nSu questi due temi, da un lato il sostegno materiale del governo italiano a Israele e dall'altro, sull'importanza di interrogare gli scenari che si aprono anche alle nostre latitudini, abbiamo intervistato gli autori di due articoli rispettivamente sulle due questioni: Antonio Mazzeo a partire da Roma-Tel Aviv. 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L'America si scopre infine ecologista (mentre Obama inizia le trivellazioni in Alaska) .\r\nI più accorti han subito sospettato che sotto sotto ci fosse qualcosa di ben più consistente, visto che il target dello scandalo annunciato (scoperta dell'acqua calda per la magguiornaza degli addetti ai lavori) era una delle più grandi produttrici di auto al mondo. Parlare dello scandalo Volkswagen vuol allora dire parlare della guerra commerciale in atto (e forse qualcosa di più) in atto tra stati Uniti e l'Europa a guida tedesca.\r\nNe abbiamo parlato con Sandro Moiso autore di numerosi articoli (qui una raccolta) sul portale Carmilla online e che recentemente si è soffermato su questa vicenda (vedi infra)\r\n\r\nmoiso_wolkswagen\r\nVae Victis Germania / 2: Car Wars\r\ndi Sandro Moiso (http://www.carmillaonline.com)\r\n\r\nQuando l’unica nazione occidentale a non aver ratificato il protocollo di Kyoto sul riscaldamento ambientale denuncia con tanta veemenza i danni per la salute e l’ambiente derivanti dal mancato (e truffaldino) rispetto dei regolamenti USA sull’emissione di gas da parte dei veicoli circolanti c’è da porsi più di una domanda. Si sta parlando, evidentemente, dell’enorme tegola caduta sulla testa di una delle più importanti industrie automobilistiche mondiali, la Volkswagen, dopo la scoperta del raffinatissimo trucco messo in atto da quella azienda per beffare i controlli sugli scarichi delle auto diesel negli Stati Uniti e in Europa.\r\nLo scandalo si è rapidamente propagato nei paesi dell’Unione Europea e tocca, attualmente, la bellezza di 11 milioni di veicoli circolanti. La ditta tedesca ha reagito sostituendo l’AD e scaricando le colpe su un ristretto gruppo (“un piccolo gruppo” come è stato definito) di responsabili tecnici ed amministrativi, mentre Angela Merkel, per allontanare da sé e dal proprio governo qualsiasi ombra di sospetto o connivenza, ha promesso un’inchiesta rigorosa .\r\nFilm già visti ed ampiamente prevedibili, soprattutto da parte di chi sa che i motori che ci vengono presentati, quasi quotidianamente, come innovativi, non inquinanti e a basso consumo non sono altro che una continua riproduzione del vecchio motore a scoppio messo a punto, sul finire dell’Ottocento tra il 1876 e il 1892, da tre tecnici tedeschi (guarda caso la continuità): Otto, Benz e Diesel. Motori che sono cambiati da allora ben poco, mantenendo quasi intatte le loro caratteristiche di alto spreco energetico, elevati consumi, scarso rendimento ed elevate capacità di inquinamento.\r\nCiò che è cambiato fra gli anni ’80 del XIX secolo ed oggi, migliorando rendimento e prestazioni degli autoveicoli, sono le linee aerodinamiche, l’alleggerimento dei materiali e delle strutture portanti, freni, sospensioni e, conseguente, tenuta su strada. Il resto affonda le sue radici negli albori del mezzo di trasporto meno conveniente (e più diffuso) che sia mai stato messo a punto dalla tecnica umana. Si tratta di autentiche carrette, i cui attuali ed “evolutissimi” software non servono ad altro che a truccare i dati e a rendere schiavi dei concessionari gli acquirenti.\r\nQuesto ci può far immaginare che ciò che viene attualmente denunciato a carico della Volkswagen e di altre sue consociate (Audi e Skoda) potrebbe tranquillamente ricadere sulle spalle dell’intero comparto automobilistico mondiale (così come le paurose discese in borsa dei titoli automobilistici, anche non tedeschi, e il rifiuto inglese di varare nuovi tipi di controllo sui motori diesel farebbero pensare)1. Allora, perché tutto questo baccano? Tutte queste “pelose” denunce?\r\nForse il “green capitalism” ha deciso di puntare su un rinnovamento, su scala mondiale, del parco macchine destinato alle classi medio/alte? Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. Ma, nel 2014, le vendite sono state inferiori alla produzione: sia complessiva (88,16 milioni) sia delle sole auto (64,96 milioni, comunque sempre quasi due milioni in più rispetto all’anno precedente).\r\nLa Cina si è confermata come il primo produttore al mondo a quota 19,9 milioni, mentre l’Asia da sola vale oltre la metà della produzione con più di 39 milioni di auto. Il Giappone supera gli 8,27 milioni, la Corea del Sud i 4,12, l’India i 3,16, l’Indonesia il milione e l’Iran, con un balzo del 46,8%, arriva a 926.000.2 La Germania è il terzo produttore globale dopo Cina e Giappone e naturalmente di gran lunga il primo del Vecchio Continente con 5,6 milioni di autoveicoli.\r\nL’Italia, con 401.317 vetture, è ormai tra i piccoli produttori. Sfornano più auto non solo Regno Unito e Francia, ma anche nazioni come Repubblica Ceca (trascinata dalla crescita di Skoda, altra industria indagata poiché appartenente al gruppo Volkswagen), Slovacchia, Polonia e Belgio. Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro militare sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su Carmilla,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, Carmillaonline del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un continente o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su Carmillaonline)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, Carmillaonline del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. Non a caso dal 2010 a oggi il 55% delle circa 50 operazioni “Germania su Italia” ha riguardato il settore industriale.","14 Ottobre 2015","2015-10-16 12:03:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"256\" height=\"183\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Che cosa nasconde lo scandalo Volkswagen?",1444867113,[127,128,129,130,131],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/germania/","http://radioblackout.org/tag/guerra-commerciale/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/","http://radioblackout.org/tag/volkswagen/",[17,133,29,134,25],"germania","Stati Uniti",{"post_content":136},{"matched_tokens":137,"snippet":138,"value":139},[67],"qui una raccolta) sul portale \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark> online e che recentemente si","Qualche settimana fa i titoli dei Tg, i portali di informazione on-line e le prime pagine dei quotidiani aprivano con la grande notizia della scoperta statunitense dell truffa operata dalla Volkswagen ai danni di centinaia di migliaia (forse milioni) di clienti sul suolo statunitense cui sarebbe stato venduto un motore diesel molto più inquinante dell'annunciato e delle regole che ne permettono la vendita. 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Parlare dello scandalo Volkswagen vuol allora dire parlare della guerra commerciale in atto (e forse qualcosa di più) in atto tra stati Uniti e l'Europa a guida tedesca.\r\nNe abbiamo parlato con Sandro Moiso autore di numerosi articoli (qui una raccolta) sul portale \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark> online e che recentemente si è soffermato su questa vicenda (vedi infra)\r\n\r\nmoiso_wolkswagen\r\nVae Victis Germania / 2: Car Wars\r\ndi Sandro Moiso (http://www.carmillaonline.com)\r\n\r\nQuando l’unica nazione occidentale a non aver ratificato il protocollo di Kyoto sul riscaldamento ambientale denuncia con tanta veemenza i danni per la salute e l’ambiente derivanti dal mancato (e truffaldino) rispetto dei regolamenti USA sull’emissione di gas da parte dei veicoli circolanti c’è da porsi più di una domanda. 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La ditta tedesca ha reagito sostituendo l’AD e scaricando le colpe su un ristretto gruppo (“un piccolo gruppo” come è stato definito) di responsabili tecnici ed amministrativi, mentre Angela Merkel, per allontanare da sé e dal proprio governo qualsiasi ombra di sospetto o connivenza, ha promesso un’inchiesta rigorosa .\r\nFilm già visti ed ampiamente prevedibili, soprattutto da parte di chi sa che i motori che ci vengono presentati, quasi quotidianamente, come innovativi, non inquinanti e a basso consumo non sono altro che una continua riproduzione del vecchio motore a scoppio messo a punto, sul finire dell’Ottocento tra il 1876 e il 1892, da tre tecnici tedeschi (guarda caso la continuità): Otto, Benz e Diesel. Motori che sono cambiati da allora ben poco, mantenendo quasi intatte le loro caratteristiche di alto spreco energetico, elevati consumi, scarso rendimento ed elevate capacità di inquinamento.\r\nCiò che è cambiato fra gli anni ’80 del XIX secolo ed oggi, migliorando rendimento e prestazioni degli autoveicoli, sono le linee aerodinamiche, l’alleggerimento dei materiali e delle strutture portanti, freni, sospensioni e, conseguente, tenuta su strada. Il resto affonda le sue radici negli albori del mezzo di trasporto meno conveniente (e più diffuso) che sia mai stato messo a punto dalla tecnica umana. Si tratta di autentiche carrette, i cui attuali ed “evolutissimi” software non servono ad altro che a truccare i dati e a rendere schiavi dei concessionari gli acquirenti.\r\nQuesto ci può far immaginare che ciò che viene attualmente denunciato a carico della Volkswagen e di altre sue consociate (Audi e Skoda) potrebbe tranquillamente ricadere sulle spalle dell’intero comparto automobilistico mondiale (così come le paurose discese in borsa dei titoli automobilistici, anche non tedeschi, e il rifiuto inglese di varare nuovi tipi di controllo sui motori diesel farebbero pensare)1. Allora, perché tutto questo baccano? Tutte queste “pelose” denunce?\r\nForse il “green capitalism” ha deciso di puntare su un rinnovamento, su scala mondiale, del parco macchine destinato alle classi medio/alte? Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. Ma, nel 2014, le vendite sono state inferiori alla produzione: sia complessiva (88,16 milioni) sia delle sole auto (64,96 milioni, comunque sempre quasi due milioni in più rispetto all’anno precedente).\r\nLa Cina si è confermata come il primo produttore al mondo a quota 19,9 milioni, mentre l’Asia da sola vale oltre la metà della produzione con più di 39 milioni di auto. Il Giappone supera gli 8,27 milioni, la Corea del Sud i 4,12, l’India i 3,16, l’Indonesia il milione e l’Iran, con un balzo del 46,8%, arriva a 926.000.2 La Germania è il terzo produttore globale dopo Cina e Giappone e naturalmente di gran lunga il primo del Vecchio Continente con 5,6 milioni di autoveicoli.\r\nL’Italia, con 401.317 vetture, è ormai tra i piccoli produttori. Sfornano più auto non solo Regno Unito e Francia, ma anche nazioni come Repubblica Ceca (trascinata dalla crescita di Skoda, altra industria indagata poiché appartenente al gruppo Volkswagen), Slovacchia, Polonia e Belgio. Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro militare sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un continente o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. Non a caso dal 2010 a oggi il 55% delle circa 50 operazioni “Germania su Italia” ha riguardato il settore industriale.",[141],{"field":72,"matched_tokens":142,"snippet":138,"value":139},[67],{"best_field_score":76,"best_field_weight":77,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":78,"tokens_matched":16,"typo_prefix_score":44},{"document":145,"highlight":164,"highlights":170,"text_match":173,"text_match_info":174},{"cat_link":146,"category":147,"comment_count":44,"id":148,"is_sticky":44,"permalink":149,"post_author":47,"post_content":150,"post_date":151,"post_excerpt":50,"post_id":148,"post_modified":152,"post_thumbnail":153,"post_thumbnail_html":154,"post_title":155,"post_type":55,"sort_by_date":156,"tag_links":157,"tags":161},[41],[43],"82776","http://radioblackout.org/2023/06/guerra-in-ucraina-il-ruolo-degli-usa-nellescalation-bellica/","Per comprendere le cause della guerra in corso in Ucraina, al di là delle dinamiche geopolitiche, è importante partire dal presupposto di analizzare e tenere in conto la crisi interna agli Stati Uniti, una crisi sociale, economica e politica che negli ultimi anni recenti ha imposto una serie di scelte determinanti a livello globale.\r\n\r\nPassando in rassegna le notizie di questi ultimi giorni si evince un gioco al rialzo che implica un'accelerazione dell'escalation in corso, come dimostra l'intenzione di inviare armi e proiettili all'uranio impoverito in Ucraina da parte di USA e Gran Bretagna.\r\n\r\nA partire da un passaggio di un testo di Pierluigi Fagan, apparso sul suo blog dal titolo La caosificazione degli americani che cita una storica americana specializzata in conflitto civile che aveva sostenuto nel 2022 che \"in base alla letteratura di analisi storica generale, si potevano sintetizzare alcuni punti di crisi che potevano far prevedere l’imminente rischio di scoppio di una “stasis”. Secondo B.F. Walter, gli Stati Uniti sono oggi dei perfetti candidati a piombare nella guerra civile\", abbiamo approfondito questo punto di vista con Sandro Moiso, redattore di carmillaonline e autore del ciclo di articoli \"Il nuovo disordine mondiale\".\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/Moiso-fase-guerra-usa-2023_06_15_2023.06.15-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]","16 Giugno 2023","2023-06-16 14:22:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/proxy-image-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"226\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/proxy-image-300x226.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/proxy-image-300x226.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/proxy-image.png 544w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Guerra in Ucraina: il ruolo degli USA nell'escalation bellica.",1686925367,[158,159,160],"http://radioblackout.org/tag/escalation-bellica/","http://radioblackout.org/tag/guerra-in-ucraina/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[162,163,12],"escalation bellica","guerra in ucraina",{"post_content":165},{"matched_tokens":166,"snippet":168,"value":169},[167],"carmilla","con Sandro Moiso, redattore di \u003Cmark>carmilla\u003C/mark>online e autore del ciclo di","Per comprendere le cause della guerra in corso in Ucraina, al di là delle dinamiche geopolitiche, è importante partire dal presupposto di analizzare e tenere in conto la crisi interna agli Stati Uniti, una crisi sociale, economica e politica che negli ultimi anni recenti ha imposto una serie di scelte determinanti a livello globale.\r\n\r\nPassando in rassegna le notizie di questi ultimi giorni si evince un gioco al rialzo che implica un'accelerazione dell'escalation in corso, come dimostra l'intenzione di inviare armi e proiettili all'uranio impoverito in Ucraina da parte di USA e Gran Bretagna.\r\n\r\nA partire da un passaggio di un testo di Pierluigi Fagan, apparso sul suo blog dal titolo La caosificazione degli americani che cita una storica americana specializzata in conflitto civile che aveva sostenuto nel 2022 che \"in base alla letteratura di analisi storica generale, si potevano sintetizzare alcuni punti di crisi che potevano far prevedere l’imminente rischio di scoppio di una “stasis”. 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Proprio su questo punto abbiamo aperto un confronto, sicuramente non esaustivo, su quali siano le leve individuabili oggi come possibilità di costruzione di un fronte contro la guerra su un piano materiale della questione, provando a partire dalle manifestazioni di Napoli e Roma della scorsa settimana.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/Moiso-first-strike-2022_11_10_2022.11.10-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]","11 Novembre 2022","2022-11-11 12:19:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/211758513-46adb8d8-4502-4632-a51f-a5b791d5069e-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/211758513-46adb8d8-4502-4632-a51f-a5b791d5069e-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/211758513-46adb8d8-4502-4632-a51f-a5b791d5069e-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/211758513-46adb8d8-4502-4632-a51f-a5b791d5069e.jpg 710w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","First strike di Biden, tra opposizione e realtà di una guerra ancora lunga.",1668169156,[191,58,192,160],"http://radioblackout.org/tag/dottrina-biden/","http://radioblackout.org/tag/nucleare/",[27,14,194,12],"nucleare",{"post_content":196},{"matched_tokens":197,"snippet":198,"value":199},[67],"da un articolo apparso su \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online di Sandro Moiso commentiamo insieme","La cosiddetta dottrina Biden apre a una serie di considerazioni rispetto alla guerra russa-ucraina rispetto alla sua possibile escalation e minando il campo delle ipotesi di risoluzione del conflitto.\r\n\r\nA partire da un articolo apparso su \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online di Sandro Moiso commentiamo insieme questa fase della guerra, in particolare i fattori che hanno reso oggi la guerra un cambiamento di paradigma generale: dal rifiuto della questione militare, a una falsa illusione data dal superamento delle contraddizioni interimperialistiche e da un pacifismo sterile. 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capace di raccontare episodi dimenticati della storia e di spiegare l'affermazione del capitalismo come sistema che regola i rapporti sociali tramite metafore racchiuse nelle sue saghe.\r\n\r\nRiportiamo di seguito la poesia a lui dedicata dalla redazione di \u003Cmark>Carmilla\u003C/mark>online, con la speranza che i suoi spunti e la sua forza possano permeare la possibilità di leggere il presente in maniera lucida e giusta.\r\n\r\nForse il tempo del sangue ritornerà.\r\n\r\nUomini ci sono che debbono essere uccisi.\r\n\r\nPadri che debbono essere derisi.\r\n\r\nLuoghi da profanare bestemmie da proferire\r\n\r\nincendi da fissare delitti da benedire.\r\n\r\nMa più c’è da tornare ad un’altra pazienza\r\n\r\nalla feroce scienza degli oggetti alla coerenza\r\n\r\nnei dilemmi che abbiamo creduto oltrepassare.\r\n\r\nAl partito che bisogna prendere e fare.\r\n\r\nCercare i nostri eguali osare riconoscerli\r\n\r\nlasciare che ci giudichino guidarli essere guidati\r\n\r\ncon loro volere il 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Li puoi anche avere in prestito: prendi il libro che vuoi, lo paghi ma quando lo riporti ti restituiamo i soldi.\r\nDomenica 31 faremo due chiacchiere sulla giornata di informazione e lotta antimilitarista del 6 febbraio a Torino.\r\n\r\nSabato 30 febbraio \r\npunto info antimilitarista\r\nore 10,30 al mercato di piazza Madama Cristina\r\n#antimilitarista6F\r\n\r\nSabato 6 febbraio (se piovesse si sposta al sabato successivo)\r\ngiornata di informazione e lotta antimilitarista\r\nore 15,30 in piazza Castello\r\nintervento di Alessio Lega e Guido Baldoni su De André e canzoniere antimilitarista\r\n#antimilitarista6F \r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nriunioni ad orario variabile in queste settimane – prossima riunione venerdì 29 gennaio ore 14,30\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/ \r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem \r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[419],{"field":72,"matched_tokens":420,"snippet":416,"value":417},[67],{"best_field_score":76,"best_field_weight":77,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":78,"tokens_matched":16,"typo_prefix_score":44},{"document":423,"highlight":435,"highlights":440,"text_match":74,"text_match_info":443},{"comment_count":44,"id":424,"is_sticky":44,"permalink":425,"podcastfilter":426,"post_author":241,"post_content":427,"post_date":428,"post_excerpt":50,"post_id":424,"post_modified":429,"post_thumbnail":430,"post_title":431,"post_type":290,"sort_by_date":432,"tag_links":433,"tags":434},"50987","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-23-novembre-il-presente-continuo-e-il-mito-della-velocita-una-storia-di-pescatori-e-strani-pesci-il-grande-gioco-e-il-petrolio-femminicidio-e-la-sua-narrazione-desiree-violeta-e-le-ragazze/",[241],"Come ogni venerdì dalle 11 alle 13 siamo sbarcati sul pianeta delle utopie concrete. Sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-23-anarres-0.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nVerso l’8 dicembre. Il presente continuo e il mito della velocità e della giovinezza, il timore di perdere il treno del futuro.\r\nCon Stefano Boni, antropologo, autore di “Homo confort”, abbiamo parlato di tempo ciclico, tempo lineare, tempo accelerato.\r\n\r\nCiclo vitale. Un racconto dalla vertigine che ci avviluppa: una storia di pescatori e di strani pesci. Da Carmilla\r\n\r\nIl grande gioco mediorientale e il petrolio. Ne abbiamo parlato con Daniele Ratti dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nAppendino e gli sgomberi a ruspa veloce\r\n\r\nIl femminicidio e la sua narrazione. Da Roma a Sala Consilina, Desiree e Violeta. I numeri di una strage quotidiana\r\n\r\nPerformare il confine: genere, geocorpi e tecnologia a Ciudad Juarez\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nSabato 8 dicembre\r\nSpezzone anarchico al corteo No Tav a Torino\r\nore 14 da piazza Statuto\r\n\r\nVenerdì 21 dicembre \r\nCena antinatalizia\r\nalle 20 alla FAT in corso Palermo 46.\r\nMenù eretico veg vegan e ed esposizione spettacolare del Pres-Empio autogestito: ciascuno porti la sua statuetta, decorazione, disegno per arricchirlo.\r\nLa cena è benefit lotte sociali.\r\nChiediamo tanti soldi a chi li ha, meno a chi ne ha meno.\r\nPrenotazioni: mail: fai_torino@autistici.org\r\n\r\nVenerdì 18 gennaio\r\nIncontro con Francesco Codello, autore de “La condizione umana nel pensiero libertario”\r\nore 21 alla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","25 Novembre 2018","2018-11-25 16:52:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/ciudad-juarez-200x110.jpg","Anarres del 23 novembre. 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Dalle 10,45 alle 12,45. Anche in streaming\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2018 07 13 anarres\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nL’osceno spettacolo del bispensiero. I media di “sinistra” e il governo giallo verde. Ne parliamo con Lorenzo della redazione di Umanità Nova\r\n\r\nModello Base. Le leggi della robotica secondo Salvini. Un raccontino di Alessandra Daniele su Carmilla\r\n\r\nDa Minniti a Salvini su un cavallo a 5 stelle. Ne abbiamo parlato con Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’università di Palermo\r\n\r\nEtica della convinzione ed etica della responsabilità. Cambiamento sociale, cambiamento individuale, due prospettive strettamente intrecciate. Ne parliamo con Francesco Codello, autore di un articolo appena uscito su A rivista.\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46 (in agosto pausa – si riprende il 30)\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","30 Agosto 2018","2018-10-17 22:58:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/08/conoglione-rosa-200x110.jpg","Anarres del 13 luglio. I media di “sinistra” e il governo. Le leggi della robotica ai tempi della peste. Da Minniti a Salvini su un cavallo a 5 stelle. 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