","Boko Haram e Xenofobia: piaghe attorno ai poli africani del Ciad e del Karoo","post",1587819978,[63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/boko-haram/","http://radioblackout.org/tag/ciad/","http://radioblackout.org/tag/scontri/","http://radioblackout.org/tag/sudafrica/","http://radioblackout.org/tag/township/","http://radioblackout.org/tag/xenofobia/",[29,15,70,71,72,73],"scontri","Sudafrica","township","xenofobia",{"post_content":75,"post_title":79,"tags":82},{"matched_tokens":76,"snippet":77,"value":78},[15],"quello che rimane del lago \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> e la Nigeria; la xenofobia","Altre due piaghe del nostro viaggio africano in più tappe: dopo le locuste in Africa orientale e le epidemie, riportiamo le ultime notizie su due piaghe che non hanno origine da cataclismi naturali. L'endemica presenza di Boko Haram, sdoppiato e ancora più diffuso attorno a quello che rimane del lago \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> e la Nigeria; la xenofobia e i maltrattamenti, le uccisioni e gli scontri conseguenti in Sudafrica.\r\n\r\nAbbiamo chiesto a Cornelia Toelgyes di fornirci il quadro completo di questi fenomeni anche nella sua memoria storica di attenta analista di storie africane:\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/2020_04_23_Boko-e-Xenofobia.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":80,"snippet":81,"value":81},[15],"Boko Haram e Xenofobia: piaghe attorno ai poli africani del \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> e del Karoo",[83,85,88,90,92,94],{"matched_tokens":84,"snippet":29},[],{"matched_tokens":86,"snippet":87},[15],"\u003Cmark>Ciad\u003C/mark>",{"matched_tokens":89,"snippet":70},[],{"matched_tokens":91,"snippet":71},[],{"matched_tokens":93,"snippet":72},[],{"matched_tokens":95,"snippet":73},[],[97,103,106],{"field":37,"indices":98,"matched_tokens":100,"snippets":102},[99],1,[101],[15],[87],{"field":104,"matched_tokens":105,"snippet":81,"value":81},"post_title",[15],{"field":107,"matched_tokens":108,"snippet":77,"value":78},"post_content",[15],578730123365712000,{"best_field_score":111,"best_field_weight":112,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":49,"score":113,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":49},"1108091339008",13,"578730123365711979",{"document":115,"highlight":150,"highlights":182,"text_match":109,"text_match_info":190},{"cat_link":116,"category":117,"comment_count":49,"id":118,"is_sticky":49,"permalink":119,"post_author":52,"post_content":120,"post_date":121,"post_excerpt":55,"post_id":118,"post_modified":122,"post_thumbnail":123,"post_thumbnail_html":124,"post_title":125,"post_type":60,"sort_by_date":126,"tag_links":127,"tags":140},[46],[48],"57306","http://radioblackout.org/2020/02/2019-moltiplicati-gli-episodi-jihadisti-nel-sahel/","Eserciti di ogni tipo, civili armati per legge in Burkina (gruppi di autodifesa nati come tutela dell'ambiente e poi diventati sostituti di autorità poliziesca e militare, molto simili a quelli che operano in Mexico contro i cartelli), missione Barkhane francese (incapace di risolvere la questione perché l'approccio non può comprendere nemmeno i segnali provenienti dal territorio, se non con l'odierno invio di nuovi 600 militari), minore coinvolgimento americano (e conseguente accentuazione di traffico di armi leggere), sfollati a milioni, migliaia di episodi di violenza jihadista e condizioni che lo esasperano (comprese quelle truppe paramilitari burkinabé che accentuano dissapori tra nomadi e stanziali); tutto converge in un califfato nero in fieri, per ora diviso in molti gruppi, nessuno dei quali probabilmente può prendere il controllo, diventandone il fulcro, alimentato dalle condizioni in cui si vive; ma anche i comitati di autodifesa sono pericolosi gruppi etnici (peule?) che si propongono come stato nello stato, fucine di combattenti mercenari pronti a tutto per le condizioni in cui si vive in Burkina o sulle coste del lago Ciad. E i primi proclami di adesione al Califfato sono stati registrati.\r\nE tutti questi traffici (con l'esempio di Agadez, centro nevralgico di ogni merce) finiranno con l'adottare la nuova moneta Eco, collegata allo yuan, visti gli interessi cinesi nell'area, o alla valuta europea dei francesi, come sostituto del Franc Cfa? Si conierà mai? e con quali partecipanti e sponsor? e quali mercati saranno interessati?\r\n\r\nAbbiamo cercato di fotografare il momento, le fazioni, le organizzazioni, i loro finanziamenti e gli eserciti impegnati; i commerci, i cambiamenti climatici, gli spostamenti di massa e gli esodi forzati; le molte trasformazioni dell'area del Sahel con Marco Cochi, docente ed esperto africanista, curatore del sito AfroFocus:\r\n\r\nCochi Sahel","6 Febbraio 2020","2020-02-06 17:53:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-300x180.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa-300x180.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/02/sahel_autodifesa.jpeg 630w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","2019: moltiplicati gli episodi jihadisti nel Sahel",1581011596,[128,129,64,130,131,132,133,134,135,136,137,138,139],"http://radioblackout.org/tag/barkhane/","http://radioblackout.org/tag/burkina-faso/","http://radioblackout.org/tag/gruppi-jihadisti/","http://radioblackout.org/tag/mali/","http://radioblackout.org/tag/merci/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/milizie-burkinabe/","http://radioblackout.org/tag/moneta-africana-eco/","http://radioblackout.org/tag/niger/","http://radioblackout.org/tag/sahel/","http://radioblackout.org/tag/somalia/","http://radioblackout.org/tag/traffico-di-armi/",[141,142,15,143,23,144,145,146,147,148,25,27,149],"Barkhane","Burkina Faso","gruppi jihadisti","merci","migranti","milizie burkinabé","moneta africana Eco","niger","traffico di armi",{"post_content":151,"tags":155},{"matched_tokens":152,"snippet":153,"value":154},[15],"o sulle coste del lago \u003Cmark>Ciad\u003C/mark>. E i primi proclami di","Eserciti di ogni tipo, civili armati per legge in Burkina (gruppi di autodifesa nati come tutela dell'ambiente e poi diventati sostituti di autorità poliziesca e militare, molto simili a quelli che operano in Mexico contro i cartelli), missione Barkhane francese (incapace di risolvere la questione perché l'approccio non può comprendere nemmeno i segnali provenienti dal territorio, se non con l'odierno invio di nuovi 600 militari), minore coinvolgimento americano (e conseguente accentuazione di traffico di armi leggere), sfollati a milioni, migliaia di episodi di violenza jihadista e condizioni che lo esasperano (comprese quelle truppe paramilitari burkinabé che accentuano dissapori tra nomadi e stanziali); tutto converge in un califfato nero in fieri, per ora diviso in molti gruppi, nessuno dei quali probabilmente può prendere il controllo, diventandone il fulcro, alimentato dalle condizioni in cui si vive; ma anche i comitati di autodifesa sono pericolosi gruppi etnici (peule?) che si propongono come stato nello stato, fucine di combattenti mercenari pronti a tutto per le condizioni in cui si vive in Burkina o sulle coste del lago \u003Cmark>Ciad\u003C/mark>. E i primi proclami di adesione al Califfato sono stati registrati.\r\nE tutti questi traffici (con l'esempio di Agadez, centro nevralgico di ogni merce) finiranno con l'adottare la nuova moneta Eco, collegata allo yuan, visti gli interessi cinesi nell'area, o alla valuta europea dei francesi, come sostituto del Franc Cfa? 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Per trovarla assimilabile alle pulsioni di liberazione che caratterizzano le giornate della cacciata di al Bashir dopo 30 anni di potere.\r\n\r\n \r\n\r\nIn questa sorta di viaggio ricognitivo in giro per l'Africa abbiamo preso le mosse dalla situazione più incandescente: quella sudanese in evoluzione [successivamente a questa nostra chiacchierata con Cornelia Toelgyes si è dimesso da leader dei golpisti Ahmed Awad Ibn Auf, dopo sole 24 ore di potere, in seguito alle proteste della piazza] dove un despota islamista è al potere da quasi 30 anni, portatovi da Usa, sauditi e Francia e che la condizione economica a seguito della secessione del Sud Sudan ha portato alla deposizione da parte del suo sistema militare nel tentativo di perpetuarsi, nonostante le proteste quotidiane dei dimostranti che ininterrottamente da 4 mesi manifestano la loro volontà di cambiamento. Abbiamo fatto il punto a venerdì mattina con la redattrice di Africa ExPress, ma soprattuto abbiamo cercato di analizzare attraverso quale percorso si è arrivati fin qui (composizione delle masse di protesta, loro dislocazione territoriale, flussi migratori, condizionamenti dall'estero), cercando di capire le molteplici e oscure possibili evoluzioni di una situazione molto incerta. Per ora sarà difficile che al-Bashir possa venire estradato all'Aja, dove è già stato condannato per crimini di guerra, stupri e massacri\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/Sudan-Toelgyes.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nSiamo rimasti nella fascia del Sahel, rivolgendoci a Luca Raineri, ricercatore all'Università Sant'Anna di Pisa e analista dell'Ispi, per sviscerare che tipo di conflitti dal punto di vista tribale si scatenano soprattutto in quelle nazioni dove il controllo politico è debole (segnatamente il Mali ne è un esempio palese); questi conflitti si intersecano con la politica nazionale e internazionale, creando situazioni difficilmente solvibili anche per la eterogeneità dei sistemi di riferimento, per quanto duttili e adattabili essi siano: infatti il più delle volte la violenza si scatena per motivi esterni alle contrapposizioni claniche e solo in seguito vengono ascritte ai dissidi etnici, dandogli corpo. Poi ogni nazione ha meccanismi propri e quindi Luca Raineri ci ha accompagnato attraverso il Ciad (dove il regime si basa su un'etnia particolare), la Mauritania (dove la polarizzazione etnica non si capisce prescindendo dalla costruzione del regime, che ammette la schiavitù perché fondata su un modello coloniale), attraverso paesaggi saheliani dove gli stati appoggiano internamente su classi sociali aristocratiche, più che fondate su singole etnie, fino ad arrivare in Libia, in cui l'elemento tribale è stato soggetto a pressioni e modifiche lungo la storia del secolo scorso, destrutturato fino alla fine di Gheddafi, quando è emerso come protagonista, con le conseguenze illustrateci da Luca, arrivando a Haftar, che si fida solo dei suoi famigliari sirtini:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/Raineri-Tribalismi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nConcludiamo il nostro viggio nell'Africa settentrionale in Algeria con la guida di Karim Metref, che avevamo interpellato varie volte sul suo paese per i più svariati eventi e sempre rimaneva un qualche sospeso dovuto a questa ingombrante presenza di Bouteflika. Rimosso questo peso, rimane il suo sistema e di nuovo – come in Sudan– una popolazione insorta in tutto il paese che richiede un cambiamento reale e non è soddisfatta delle semplici elezioni fissate per il 4 luglio da un potere che si presenta in continuità e costituito dai soliti militari che hanno seguito, appoggiato e diretto il presidente da loro deposto per mantenere il controllo.\r\n\r\nQui son gli apparati e gli oligarchi, i due partiti al potere: i blocchi di cui la popolazione vuole il dégagez (come si legge sul cartello qui a fianco), la cacciata. Un sostegno quello del sistema che ha bisogno di lobbies, sempre le stesse, di clan e di militari. Karim ci ha riassunto precisamente e sinteticamente il percorso compiuto da Bouteflika e dalla sua famiglia: figure secondarie ma sempre presenti.\r\n\r\nE poi ci ha raccontato con precisione la composizione dei milioni di manifestanti pacifici e eterogenei. L'obiettivo comune dei 6-7 milioni di manifestanti è costituire un'assemblea che possa gestire le questioni reali del paese... e tutto il paese è sceso in piazza uniformemente. Anche l'economia (compreso il ruolo cinese) e l'industria del petrolio sono entrati nel raconto ad ampio raggio di Karim, toccando il rischio che lo stato si indebiti nuovamente, anche a seguito delle prebende che si devono distribuire per mantenere il controllo del potere, come le infrastrutture imposte per foraggiare lobbies, i progetti inutili da bloccare e riconvertire. Il discorso di Karim è stato a tuttotondo e ne è sortito un affresco dell'Algeria preciso e lucido:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/Algeria-Metref.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","13 Aprile 2019","2019-04-13 11:38:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-12_sudan-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"162\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-12_sudan-300x162.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-12_sudan-300x162.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-12_sudan-768x414.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/04/2019-04-12_sudan.jpg 800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Africa in ebollizione: dégage et dégagez",1555154287,[206,207,208,209,64,210,211,212,213,214,215,216],"http://radioblackout.org/tag/al-bashir/","http://radioblackout.org/tag/algeria/","http://radioblackout.org/tag/bashir/","http://radioblackout.org/tag/bouteflika/","http://radioblackout.org/tag/degage/","http://radioblackout.org/tag/haftar/","http://radioblackout.org/tag/insurrezioni/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/mauritania/","http://radioblackout.org/tag/sudan/","http://radioblackout.org/tag/tribalismo/",[218,36,219,220,15,221,222,223,20,224,17,225],"al-Bashir","Bashir","Bouteflika","degage","haftar","insurrezioni","mauritania","tribalismo",{"post_content":227,"tags":231},{"matched_tokens":228,"snippet":229,"value":230},[15],"ci ha accompagnato attraverso il \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> (dove il regime si basa"," \r\n\r\nIn queste giornate in cui l'Africa si trova al centro dell'attenzione internazionale e si prende persino degli spazi sulle prime pagine dei quotidiani abbiamo pensato che fosse doveroso ampliare lo sguardo che normalmente riserviamo al continente, producendo un ideale viaggio che prende le mosse dagli eventi della più stretta attualità del Sudan e quindi passando per il Sahel, seguendo l'itinerario di traffici di merci e umani giungere in Libia attraverso le lotte tribali, diversamente articolate e declinate secondo i localismi e le realtà socio-economiche di quella striscia di territorio che passa dal Sahel al Sahara, giungendo infine nell'Algeria del dopo Bouteflika. Per trovarla assimilabile alle pulsioni di liberazione che caratterizzano le giornate della cacciata di al Bashir dopo 30 anni di potere.\r\n\r\n \r\n\r\nIn questa sorta di viaggio ricognitivo in giro per l'Africa abbiamo preso le mosse dalla situazione più incandescente: quella sudanese in evoluzione [successivamente a questa nostra chiacchierata con Cornelia Toelgyes si è dimesso da leader dei golpisti Ahmed Awad Ibn Auf, dopo sole 24 ore di potere, in seguito alle proteste della piazza] dove un despota islamista è al potere da quasi 30 anni, portatovi da Usa, sauditi e Francia e che la condizione economica a seguito della secessione del Sud Sudan ha portato alla deposizione da parte del suo sistema militare nel tentativo di perpetuarsi, nonostante le proteste quotidiane dei dimostranti che ininterrottamente da 4 mesi manifestano la loro volontà di cambiamento. Abbiamo fatto il punto a venerdì mattina con la redattrice di Africa ExPress, ma soprattuto abbiamo cercato di analizzare attraverso quale percorso si è arrivati fin qui (composizione delle masse di protesta, loro dislocazione territoriale, flussi migratori, condizionamenti dall'estero), cercando di capire le molteplici e oscure possibili evoluzioni di una situazione molto incerta. 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Rimosso questo peso, rimane il suo sistema e di nuovo – come in Sudan– una popolazione insorta in tutto il paese che richiede un cambiamento reale e non è soddisfatta delle semplici elezioni fissate per il 4 luglio da un potere che si presenta in continuità e costituito dai soliti militari che hanno seguito, appoggiato e diretto il presidente da loro deposto per mantenere il controllo.\r\n\r\nQui son gli apparati e gli oligarchi, i due partiti al potere: i blocchi di cui la popolazione vuole il dégagez (come si legge sul cartello qui a fianco), la cacciata. Un sostegno quello del sistema che ha bisogno di lobbies, sempre le stesse, di clan e di militari. Karim ci ha riassunto precisamente e sinteticamente il percorso compiuto da Bouteflika e dalla sua famiglia: figure secondarie ma sempre presenti.\r\n\r\nE poi ci ha raccontato con precisione la composizione dei milioni di manifestanti pacifici e eterogenei. 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E infatti in coda si è affrontato pure un caso di colonialismo militare che prosegue indisturbato dal 1964 e che ora è stato stigmatizzato dal Tribunale dell'Onu all'Aja... va be', non smantelleranno le basi militari dell'arcipelago di Chagos, ma è già una soddisfazione il riconoscimento del sopruso, della cacciata dei civili per fare posto ai militari anglo-statunitensi... una speranza probabilmente fallace, perché in fondo ai francesi e agli inglesi, come dice Cornelia Toelgyes, stanno subentrando cinesi e milizie russe (del gruppo Wagner abbiamo parlato anche a proposito del Sudan, ma soprattutto nel caso degli stupri in Centrafrica, dove i russi sostengono Touadera, il presidente).\r\n\r\nAbbiamo cominciato con le ancora calde elezioni senegalesi improntate ad una apparente democrazia, laddove in realtà tutti gli oppositori avevano da interporre rilievi e alcuni erano stati pretestuosamente esclusi dalle elezioni... anche in Nigeria è stato riconfermato Buhari, nessun cambiamento da registrare, neanche negli scontri etnici (anche per colpa del cambiamento climatico) o sul fronte caldo di Boko Haram, che era stato uno dei motivi del primo mandato di Buhari. Dal presunto spirito elettorale, con presidenti apparentemente democratici allo scivolamento nella dittatura il passo è breve, soprattutto quando si tenta di iterare i mandati a vita, come nel caso di Al Bashir in Sudan, dal 1989 al potere (e quando abbiamo sentito Cornelia venerdì 1° marzo non aveva ancora lasciato il vertice del partito di governo... ma le proteste non accennano a diminuire); ora – nonostante legislazioni d'emergenza protratte per un anno, stato di polizia, tribunali speciali – la popolazione è in piazza da più di due mesi e non intende ritirarsi dalle barricate contro la pretesa di un nuovo mandato, benché siano attivi contro di loro i famigerati Janjaweed, le milizie a cavallo.\r\n\r\nFacile passare al neocolonialismo russo sul Centrafrica, incentrato su militari e giacimenti, ricordando come il trattato di pace relativo al Centrafrica si sia firmato proprio a Khartum: si sente quanto Cornelia abbia a cuore questa ingerenza russa e ricorda come tre giornalisti russi siano stati uccisi proprio in connessione con i fatti centrafricani, dove si assiste allo scontro tra Putin e Macron.\r\n\r\nA unire il discorso dei migranti dal Corno d'Africa, la Libia e il Ciad c'è proprio la tragedia dei migranti. Ma gustate la voce appassionata di Cornelia, fino alla buona notizia finale relativa alle Chagos.\r\n\r\nMoti in Sudan, elezioni isenegalesi e nigeriane, le basi nelle Chagos","3 Marzo 2019","2019-03-03 21:22:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"209\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash-300x209.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash-300x209.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash-768x536.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash-1024x714.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/2019-03-01-sudan_clash.jpg 1170w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","In Africa centrale tra repressione, dubbie elezioni e vecchio e nuovo colonialismo",1551648138,[279,63,280,281,64,282,283,137,284,215],"http://radioblackout.org/tag/basi-militari/","http://radioblackout.org/tag/centrafrica/","http://radioblackout.org/tag/chagos/","http://radioblackout.org/tag/colonialismo-e-neocolonialismo/","http://radioblackout.org/tag/nigeria/","http://radioblackout.org/tag/senegal/",[286,29,31,287,15,288,34,25,289,17],"basi militari","Chagos","colonialismo e neocolonialismo","Senegal",{"post_content":291,"tags":295},{"matched_tokens":292,"snippet":293,"value":294},[15],"d'Africa, la Libia e il \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> c'è proprio la tragedia dei","Durante queste amabili conversazioni con Cornelia si finisce sempre con inanellare serie di informazioni e passione per le genti africane; ci si accorge solo alla fine di un argomento che si è preso spunto da un evento per poi giungere a comprendere come si è arrivati a insurrezioni di etnie, cittadini, zone intere contro un potere corrotto dall'Occidente. 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Il nemico, insomma... e viste le conseguenze dell'aggressione occidentale all'Africa non si vede in quale altro modo si potrebbe definire.\r\n\r\nPer capire meglio cosa sta accadendo e cosa c'è dietro al'interventismo militare del Ciad, quali interessi si affacciano nel bacino del Golfo di Guinea, quale sostrato c'è dietro a Boko Haram, le contrapposizioni tra sud nigeriano cristiano e nord arabeggiante, abbiamo chiesto aiuto a Gian Paolo Calchi Novati il cui discorso punteggiato da puntuali riferimenti a secoli di storia dei luoghi e delle popolazioni dell'Africa Occidentale si è dipanato lungo tutto il territorio dell'Africa occidentale a nord del golfo di Guinea.\r\n\r\nNella attenzione a distinguere come si propongono i soggetti in campo verso l'interno e verso l'esterno, nella vertigine di popoli, suggestioni, vie di comunicazione, risorse, religioni, gestazioni di gruppi e storie che si accavallano in questo discorso quasi magicamente al fondo appare un quadro ben più delineato nei suoi contorni rispetto a quello somministratoci quotidianamente dalla informazione travisata e manipolata che filtra dalle cancellerie occidentali, davvero \"haram\" in questo senso.\r\n\r\nUnknown","12 Marzo 2015","2015-03-16 13:15:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/2015_03_12_ouestafrique-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"280\" height=\"280\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/2015_03_12_ouestafrique.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/2015_03_12_ouestafrique.jpg 280w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/2015_03_12_ouestafrique-150x150.jpg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/2015_03_12_ouestafrique-170x170.jpg 170w\" sizes=\"auto, (max-width: 280px) 100vw, 280px\" />","Nigeria: conflitti di matrice coloniale tra sud nero e nord arabeggiante",1426169989,[207,339,63,64,340,131,283],"http://radioblackout.org/tag/azawad/","http://radioblackout.org/tag/france-afrique/",[36,342,29,15,343,23,34],"Azawad","France-Afrique",{"post_content":345,"tags":349},{"matched_tokens":346,"snippet":347,"value":348},[15],"c'è dietro al'interventismo militare del \u003Cmark>Ciad\u003C/mark>, quali interessi si affacciano nel","In questi giorni nel Sahel e nell'Africa Occidentale subsahariana si registrano conflitti e tentativi di composizione di guerre civili e postcoloniali; a questo si aggiunge la presenza di un gruppo jihadista da poco affiliato al Daesh, ma operante da anni in Nigeria con il programma nel proprio nome: Boko Haram, ovvero l'Occidente connotato dai suoi libri è peccato e pertanto intollerabile, vietato. 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Beirut e ci racconta cosa vuol dire affrontare la vita quotidiana in Libano.\r\n\r\n ","24 Aprile 2021","2021-04-24 15:24:51","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/libano-2-200x110.jpg","Bastioni di Orione 22042021 Ciad e Libano","podcast",1619277891,[],[],{"post_content":491,"post_title":495},{"matched_tokens":492,"snippet":493,"value":494},[15],"giovedi' con due approfondimenti ,sul \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> dove la morte del presidente","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/bastioni-ciad-libano.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nBastioni di Orione la trasmissione itinerante di storie ed analisi d'oltreconfine ,rispunta questo giovedi' con due approfondimenti ,sul \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> dove la morte del presidente autocrate e fedele alleato della Francia Idriss Deby crea un vuoto di potere e accentua l'instabilità in un area ,quella del Sahel , estremamente sensibile dal punto vista strategico e ricca di risorse .\r\n\r\nNe parliamo con Luca Raineri uno dei massimi conoscitori di quelle zone .\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento è sul Libano ,stato in bancarotta ,una volta definito la Svizzera del Medio oriente dove la disuguaglianza ,l'architettura confessionale dello stato imposta dai francesi colonizzatori,la crisi economica ,la corruzione delle elite ,le ferite di una guerra civile sanguinosa ancora non rimarginate hanno scatenato le rivolte di piazza .\r\n\r\nNe parliamo con Camilla che vive a Beirut e ci racconta cosa vuol dire affrontare la vita quotidiana in Libano.\r\n\r\n ",{"matched_tokens":496,"snippet":497,"value":497},[15],"Bastioni di Orione 22042021 \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> e 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anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; 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La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. 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Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[530],{"field":107,"matched_tokens":531,"snippet":527,"value":528},[15],{"best_field_score":505,"best_field_weight":533,"fields_matched":99,"num_tokens_dropped":49,"score":534,"tokens_matched":99,"typo_prefix_score":49},14,"578730123365187697",{"document":536,"highlight":548,"highlights":553,"text_match":503,"text_match_info":556},{"comment_count":49,"id":537,"is_sticky":49,"permalink":538,"podcastfilter":539,"post_author":459,"post_content":540,"post_date":541,"post_excerpt":55,"post_id":537,"post_modified":542,"post_thumbnail":543,"post_title":544,"post_type":486,"sort_by_date":545,"tag_links":546,"tags":547},"85542","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-primo-dicembre-bloccati-i-mercanti-darmi-sudan-il-silenzio-sulla-strage-il-bavaglio-ad-haaretz-affari-di-morte-tra-italia-ed-egitto-analisi-e-prospettive-del-conflitto-in-me/",[459],"ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-01-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nTorino. Bloccati i mercanti d’armi!\r\nIl 28 novembre era la giornata di apertura dell’Aerospace and defence meetings, mostra-mercato dell’industria bellica aerospaziale.\r\nUn evento a porte chiuse, riservato ai maggiori produttori a livello mondiale, ai rappresentanti di governi, forze armate e compagnie di contractor.\r\nL’appuntamento per gli antimilitaristi era di fronte all’ingresso dell’Oval, dove, protetti da un ingente schieramento di polizia, dovevano entrare i partecipanti a questa convention, fiore all’occhiello della lobby armiera subalpina.\r\nGli antimilitaristi armati di striscioni e cartelli sin dalle 12 hanno occupato la strada davanti al cancello del centro congressi.\r\nDopo pochi minuti le auto dirette all’Oval hanno fatto retro marcia. I partecipanti sono stati obbligati ad entrare all’Oval a piedi, alla spicciolata, da un passaggio interno al Lingotto.\r\nPer la prima volta dopo 18 anni gli antimilitarist* hanno bloccato l’ingresso ai mercanti d’armi.\r\nIl blocco è stato tenuto per oltre due ore, in modo che nessuno passasse dalla porta principale.\r\n\r\nSudan. Il silenzio sulla strage\r\nLa guerra civile in Sudan è scomparsa dai media, nonostante continuino i massacri specie nel Darfur.\r\nSe a Khartoum e nelle zone limitrofe la situazione è molto grave, nel Darfur è catastrofica. Forte è il rischio di un genocidio simile a quello compiuto nella prima decade del Duemila dagli ex janjaweed (termine che più o meno significa “diavoli a cavallo”), che sono stati ribattezzati Rapid Support Forces. Hemetti ne era il leader: assaltavano i villaggi africani, bruciavano le capanne, ammazzavano senza pietà gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini costringendoli a arruolarsi.\r\nPersone in fuga verso il Ciad hanno riferito di una nuova ondata di omicidi a sfondo etnico nel Darfur occidentale, dopo che le RSF hanno preso il controllo della principale base dell’esercito a El Geneina, capoluogo della regione. Anche in questo caso testimoni oculari hanno riferito ai reporter di Reuters di aver visto le milizie arabe in azione mentre perseguitavano i masalit a Ardamata, vicino a El Geneina, dove si trova anche un campo per sfollati.\r\nIn quell’area l’obbiettivo sono proprio le persone di etnia masalit, popolazione musulmana, ma non araba, che vive a cavallo tra Sudan e Ciad.\r\nDa Africa ExPress\r\n\r\nAffari di morte tra Italia ed Egitto\r\nIl 22 novembre il gruppo a capitale statale Fincantieri Spa ha firmato con la Armament Authority del Ministero della Difesa della Repubblica araba d’Egitto un contratto della durata decennale per la fornitura di servizi di manutenzione e studi logistici a favore delle due fregate multi-missione Fremm “ENS Al-Galala” ed “ENS Bernees” della Marina Militare egiziana.\r\n\r\nIl contratto del valore di 260 milioni di euro comprende la quota che sarà destinata a Orizzonte Sistemi Navali (la joint venture partecipata da Fincantieri e dalla holding del complesso militare-industriale italiano Leonardo Spa con quote, rispettivamente, del 51% e del 49%) in qualità di sub-fornitore.\r\n\r\nIl governo israeliano vuole chiudere Haaretz\r\nHaaretz in ebraico significa “terra”. Fondato nel 1918 è diventato un punto di riferimento, uno strumento per i giornalisti esteri, dà voce a tutti (dai palestinesi ai movimenti pacifisti), ha fatto da megafono alle recenti proteste contro la riforma della Corte suprema e lo sconvolgimento dei meccanismi di potere. Pubblica che cosa succede nella West Bank e nella Striscia di Gaza (non solo ora che c’è la guerra), fa inchieste, intervista coloni e palestinesi e nomadi del Negev. Dà voce a minoranze e maggioranze.\r\nCon la guerra di Gaza ha lasciato un discreto spazio alle critiche al governo e all’esercito per la mancata difesa dei Kibbutz attaccati violentemente da Hamas per ore nel drammatico 7 ottobre scorso, ha intervistato quotidianamente i parenti dei duecento e passa rapiti da Hamas che hanno esercitato una pressione politica per ottenere il rilascio degli ostaggi.\r\nLa scorsa settimana ha pubblicato un approfondimento sull’elicottero da combattimento che avrebbe sparato sui partecipanti al rave party israeliani facendo un certo numero di vittime. È molto critico su Netanyahu e la sua fuga dalle inchieste che lo accusano di corruzione.\r\nTutto questo certo ha dato fastidio (e dà fastidio) a quello che in Israele ora chiamano il triumvirato/gabinetto di guerra, formato dal premier Bibi Netanyahu, il ministro della difesa Yov Gallant e il ministro senza portafoglio Benny Ganz.\r\nFonte Senza Bavaglio\r\n\r\nAnalisi e prospettive del conflitto in medio oriente\r\nIl governo di Netanyahu è in profonda difficoltà da un anno. Per ottenere una coalizione governativa stabile in un paese che storicamente è caratterizzato da una certa instabilità parlamentare, il Likud si è dovuto alleare con gli elementi più oltranzisti del panorama politico, nello specifico con il variegato mondo del sionismo religioso e con raggruppamenti politici ultra-ortodossi. Nella storia politica israeliana tali gruppi non hanno mai goduto di peso politico come ora. Il sionismo, sia nella sua componente socialista che in quella revisionista, ovvero liberale, nasce come progetto politico laico nelle sue parti maggioritarie, e, sopratutto, trainanti, e tale rimane per decenni anche dopo la nascita dello stato di Israele. Le componenti religiose di estrema destra cominciano a guadagnare trazione a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Elettoralmente avevano un peso relativo ma riescono a influenzare pesantemente lo scacchiere politico fornendo una base di voti per il Likud. Da quegli ambienti arriverà l’assassino di Rabin nel 1995. Facciamo un salto avanti di una decina di anni. A metà anni 2000 il governo – per ironia della sorte del Likud – nell’ambito del processo di pace decide il ritiro dalla striscia di Gaza e la demolizione degli insediamenti dei coloni sul territorio che viene restituito alle autorità palestinesi. Bisogna qua chiarire alcuni passaggi: quegli insediamenti erano roccaforti dell’estrema destra religiosa e nulla avevano a che fare con i Kibbuzim e Moshav dei pionieri e quel momento segna una frattura tra quei settori, dalla sinistra fino al centro-destra, della società israeliana che volevano un processo di pace con l’ANP e il movimento dei coloni che teorizza la necessità di stabilire l’autorità di uno stato con un’identità religiosa e politica – e non solo culturale – ebraica sull’intera area del così detto Grande Israele. Il processo di pace di quegli anni naufragò ma la frattura, logicamente, non venne mai sanata.\r\nNe abbiamo parlato con Gino\r\n\r\nIniziative:\r\n\r\nVenerdì 8 dicembre\r\nmarcia No Tav da Susa a Venaus\r\nore 12 dal piazzale dell’ex Assa\r\n\r\nVenerdì 15 dicembre\r\nCena antinatalizia \r\nbenefit lotte sociali\r\nore 20 alla FAT, in corso Palermo 46\r\nMenù eretico \r\nEsposizione spettacolare del Prese(m)pio autogestito: porta la tua statuetta per arricchirlo!\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini! \r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 17,30 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","5 Dicembre 2023","2023-12-05 23:47:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/blu-200x110.jpg","Anarres del primo dicembre. 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di attori come la Russia e la Turchia ,le ambiguità francesi e la loro politica che esercita due pesi e due misure rispetto alle giunte militari in \u003Cmark>Ciad\u003C/mark> o in Mali e Burkina Faso ,il ruolo delle élite locali nella spoliazione delle richezze di questi paesi\r\n\r\nIl brano inserito nel podcast é di un duo sudanese Rexus e Alila Doob ,musicisti che hanno sostenuto le rivolte contro Bashir e la giunta militare .\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/BASTIONI-03112022-BALDARO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nParliamo dell'esito delle elezioni in Brasile e della vittoria di Lula con Diego Battistessa e Alfredo Somoza profondi conoscitori dell'America Latina ,ci soffermiamo sulle aspettative che pesano sul nuovo presidente ,il quadro continentale che vede il prevalere di governi riformisti ,l'atteggiamento conciliante dei poteri mediatici ed economici verso Lula ,la permanenza del bolsonarismo nella società brasiliana e la vittoria della destra nelle grandi città ,gli equilibri parlamentari e la tradizione della transumanza di senatori e deputati ,la posizione dell'ingombrante vicino del nord .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/11/BASTIONI-03112022-BRASILE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n 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difficoltà a ottenere un visto per l'Iran o il Pakistan sempre piu' costosi , del desiderio di fuga dei giovani che hanno studiato ,dell'economia che si basa sulla coltivazione del papavero da oppio .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nRicordiamo il comandante Thomas Sankara uccisoil 15 ottobre del 1987 ,commentiamo la sua figura e il significato del processo che si è aperto in questi giorni a Ouagadougou che vede imputato fra gli altri Blaise Compaore ,fuggito in esilio in Costa D'avorio , ex presidente golpista defenestrato dalla rivolta popolare del 2015.\r\n\r\nNe parliamo con Yakouba cittadino burkinabè e attivista che ha vissuto in prima persona i momenti della rivoluzione sankarista nel 1983.\r\n\r\nApprofondiamo anche la questione della presenza russa nel Sahel e il ruolo dell'agenzia di mercenari Wagner e la loro strategia di infiltrazione in Centrafrica e Ciad .\r\n\r\n ","19 Ottobre 2021","2021-10-19 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