","Irruzione dei fasci in Comune a Milano: cordone di polizia per riscortarli dentro","post",1498822408,[60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/casa-pound/","http://radioblackout.org/tag/contestazione-fascista-a-sala/","http://radioblackout.org/tag/palazzo-marino/",[23,33,25],{"post_content":65,"post_title":70,"tags":73},{"matched_tokens":66,"snippet":68,"value":69},[67],"a","San Fedele in pieno centro \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano si sono verificati, verso","Scontri in piazza della Scala e in piazza San Fedele in pieno centro \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano si sono verificati, verso sera, tra 15 esponenti di Casa round e la delegazione del movimento Nessuna persona è illegale sotto il Comune per manifestare contro la xenofobia. Le tensioni erano cominciate nel tardo pomeriggio all'interno di Palazzo Marino, sede del Comune, dove i militanti di Casa Pound avevano distribuito volantini contro il sindaco \u003Cmark>Sala\u003C/mark>, per chiederne le dimissioni in relazione alle indagini su Expo e dove nello spazio dedicato al pubblico dell'aula consiliare un simpatizzante del movimento di estrema destra ha fatto il saluto romano, poi sono diventate fuori dall'edificio una vera e propria collutazione con i compagni che manifestavano \u003Cmark>a\u003C/mark> favore dell'accoglienza dei migranti.\r\n\r\nOvviamente le guardie hanno fatto un cordone per salvare il culo ai fasci e farli scappare inopinatamente prendendoli per la manina per accompagnarli dentro il Comune (e non era u incidente probabotorio questo ricondurli sul luogo del loro delitto), mentre pestavano il presidio antirazzista per disperderlo. Il risultato di anni di tolleranza, di omaggi (Pisapia era andato alla commemorazione di Ramelli), di tolleranza che il 25 aprile questi nazisti siano andati \u003Cmark>a\u003C/mark> rendere onore ai repubblichini al Cimitero maggiore, aperture di sedi in locali Aler... ma soprattutto, come sottolinea Abo nella sua corrispondenza, questa deriva della vigilanza antifascista può avvenire in una città dove il fascismo sociale non ha mai attecchito, perché sia quelli che ora si indignano per la squadraccia di fasci che è entrata senza controlli nel municipio (in un periodo in cui è impossibile persino bere una birra in un dehor senza essere perquiiti e battuti come tamburi dai celerini), sia i referenti di quelal stessa Casa Pound scrivono libri insieme\r\n\r\n \r\n\r\nneofascismo sociale \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano",{"matched_tokens":71,"snippet":72,"value":72},[67],"Irruzione dei fasci in Comune \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano: cordone di polizia per riscortarli dentro",[74,76,82],{"matched_tokens":75,"snippet":23},[],{"matched_tokens":77,"snippet":81},[78,79,67,80],"Contestazione","fascista","Sala","\u003Cmark>Contestazione\u003C/mark> \u003Cmark>fascista\u003C/mark> \u003Cmark>a\u003C/mark> \u003Cmark>Sala\u003C/mark>",{"matched_tokens":83,"snippet":25},[],[85,90,93],{"field":34,"indices":86,"matched_tokens":87,"snippets":89},[14],[88],[78,79,67,80],[81],{"field":91,"matched_tokens":92,"snippet":68,"value":69},"post_content",[67],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":72,"value":72},"post_title",[67],2314894167593451500,{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":38,"num_tokens_dropped":46,"score":100,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":46},"4419510927616",13,"2314894167593451627",4,{"document":103,"highlight":135,"highlights":141,"text_match":144,"text_match_info":145},{"cat_link":104,"category":105,"comment_count":46,"id":106,"is_sticky":46,"permalink":107,"post_author":49,"post_content":108,"post_date":109,"post_excerpt":52,"post_id":106,"post_modified":110,"post_thumbnail":111,"post_thumbnail_html":112,"post_title":113,"post_type":57,"sort_by_date":114,"tag_links":115,"tags":125},[43],[45],"85763","http://radioblackout.org/2023/12/piazza-fontana-il-tramonto-dellillusione-democratica/","Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, uccidendo 16 persone.\r\nLa polizia puntò subito gli anarchici, che vennero rastrellati e portati in questura. Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate \u003Cmark>a\u003C/mark> loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto \u003Cmark>a\u003C/mark> dismisura.\r\n\u003Cmark>A\u003C/mark> fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “\u003Cmark>contestazione\u003C/mark> globale”.\r\nUna \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale \u003Cmark>contestazione\u003C/mark>; \u003Cmark>a\u003C/mark> partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, \u003Cmark>a\u003C/mark> condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna \u003Cmark>a\u003C/mark> quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. \u003Cmark>A\u003C/mark> Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi \u003Cmark>a\u003C/mark> Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\n\u003Cmark>A\u003C/mark> Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata \u003Cmark>a\u003C/mark> ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli \u003Cmark>a\u003C/mark> fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano \u003Cmark>a\u003C/mark> sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto \u003Cmark>a\u003C/mark> 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia \u003Cmark>fascista\u003C/mark>; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata \u003Cmark>a\u003C/mark> soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati \u003Cmark>a\u003C/mark> logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta \u003Cmark>a\u003C/mark> maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti \u003Cmark>a\u003C/mark> scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul \u003Cmark>sala\u003C/mark>rio come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti \u003Cmark>sala\u003C/mark>riali, abolizione delle zone \u003Cmark>sala\u003C/mark>riali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro \u003Cmark>sala\u003C/mark>riato in un movimento di \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> dell'autorità e del capitalismo, mettendo \u003Cmark>a\u003C/mark> nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada \u003Cmark>a\u003C/mark> sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca \u003Cmark>fascista\u003C/mark>, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio \u003Cmark>fascista\u003C/mark> sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato \u003Cmark>a\u003C/mark> fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure \u003Cmark>a\u003C/mark> loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici \u003Cmark>a\u003C/mark> mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri \u003Cmark>a\u003C/mark> Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo \u003Cmark>a\u003C/mark> disposizione, ma \u003Cmark>a\u003C/mark> distanza di anni non si sa ancora se, \u003Cmark>a\u003C/mark> provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi \u003Cmark>sala\u003C/mark>ri e il fatto di essere carne \u003Cmark>a\u003C/mark> macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. \u003Cmark>A\u003C/mark> Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, \u003Cmark>a\u003C/mark> chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare \u003Cmark>a\u003C/mark> piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti \u003Cmark>a\u003C/mark> far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli \u003Cmark>a\u003C/mark> Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, \u003Cmark>a\u003C/mark> Brescia, \u003Cmark>a\u003C/mark> Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita \u003Cmark>a\u003C/mark> ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Quest'anno ci sono state diverse contestazioni sia alla fiaccolata del 25 aprile, sia alle scelte del Comune di Torino di inaugurare la pista ciclabile costruita dopo lo sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio, proprio il 25 aprile, di fronte alla lapide che ricorda i caduti della Barca.\r\nAnche la scelta della circoscrizione Centro-Crocetta di dedicare ai Marò Girone e La Torre è stata contestata attivamente.\r\n\r\nAbbiamo chiesto ad Emilio un resoconto del corteo a San Salvario e dell'iniziativa alla lapide del partigiano Baroni in Barriera di Milano.\r\nCon lui abbiamo anche commentato le scritte solidali con i rom sgomberati comparse alla Barca, quelle sui marò assassini e sulla sede di Fratelli d'Italia in Barriera.\r\n\r\nDi seguito una sintetica cronaca delle varie iniziative.\r\n\r\nCorteo antifascista a San Salvario\r\n23 aprile. Diverse centinaia di persone hanno dato vita ad una lunga giornata di lotta per le strade di San Salvario.\r\nNella parte alta del quartiere, non lontano dal BAE Systems, fabbrica d'armi, contestata dai partecipanti al corteo con slogan e interventi, c'è “L'asso di bastoni”, il locale dove si ritrovano i fascisti di Casa Pound. L'Asso di bastoni è una ferita aperta in un quartiere, dove tante lapidi grigie ricordano chi è morto combattendo i fascisti.\r\nCasa Pound, spesso travestita da comitato spontaneo, da mesi prova a scatenare la guerra ai poveri, dando vita ad iniziative contro lo spaccio e la criminalità il cui obiettivo reale sono gli immigrati.\r\nGli antifascisti del quartiere contrastano attivamente ronde e presidi razzisti.\r\nSan Salvario è stata attraversata da un corteo forte e comunicativo, che ha fatto il giro delle lapidi partigiane, dove ha sostato per un breve ricordo e i canti dell'Anonima Coristi della Val Pellice, quasi tutti della tradizione anarchica.\r\nIn piazza Carducci un imponente schieramento di carabinieri chiudeva l'ingresso di via Madama Cristina per impedire agli antifascisti di avvicinarsi troppo alla sede fascista, dove i camerati raccoglievano firme per presentarsi alle elezioni.\r\nIl corteo ha sostato a lungo di fronte alla blocco poliziesco, prima di proseguire il giro e terminare ai giardini Anglesio con musica e distribuzione di panini vegani.\r\nI fascisti sono rimasti intanati nel loro localino, mentre un corteo con uomini, donne e tanti bambini, cui si sono uniti anche alcuni abitanti della zona, si è ripreso le strade e le piazze del quartiere in un 25 aprile lontano dalla retorica patriottarda, un 25 aprile dove chi lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, la militarizzazione tutti i giorni, ha reso viva la memoria di chi in quel lontano aprile ha scelto di prendere le armi per conquistare una libertà, che certo non aveva confini.\r\n******\r\nMarò assassini. Scritte alla circoscrizione Centro-Crocetta\r\nQuest'anno a Torino, la circoscrizione Centro-Crocetta ha deciso di dedicare ai marò Girone e La Torre il 25 aprile. I due fucilieri della Marina Militare Italiana sono accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala, durante un’azione di pattugliamento antipirateria a bordo della petroliera italiana Erika Lexie.\r\n“Marò assassini! Partigiani sempre, militari mai”. Questa scritta è comparsa nella notte del 24 aprile sulla sede della prima circoscrizione.\r\nScrivono gli “anarchici contro il fascismo” in un comunicato diffuso su Indymedia\r\n“(…) Oggi di fronte all’ennesimo crimine di guerra, di fronte all’assassinio di due pescatori, colpevoli di aver incrociato la rotta di una petroliera italiana, il governo italiano pretende l’impunità per i due marò assassini.(…)\r\nFesteggiarli nell'anniversario dell'insurrezione contro il nazifascismo è una vergogna ed un insulto per chi, disertata la guerra, ha preso le armi contro il fascismo.\r\nPartigiani sempre, militari mai!”\r\n*****\r\n25 aprile in Barriera di Milano\r\nUn folto gruppo di anarchici ha partecipato alla commemorazione del partigiano anarchico Ilio Baroni, alla lapide posta nel luogo dove Ilio è morto combattendo il 26 aprile 1945.\r\nNel comunicato diffuso scrivono gli anarchici della FAT “Noi ogni 25 aprile ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E’ la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare il venticello che segnala il mutare dei tempi.\r\nAnnodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.\r\nLe lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro l’occupazione militare in Val Susa, chi si mette di mezzo contro sfratti e deportazioni, contro il razzismo e il fascismo.\r\nOggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da che parte stare.\r\nI partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.\r\nIl loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.”\r\nSempre in Barriera di Milano la notte precedente La scritta “Morte al fascio!” è stata fatta sulla serranda tricolore della sede di Fratelli d' Italia.\r\nSono “i fascisti che animano ronde contro gli immigrati, vogliono lo sgombero delle case occupate, soffiano sul fuoco dei pogrom contro i rom, fanno la guerra ai poveri.\r\nSono gli stessi del 1945. E' tempo che una nuova primavera di lotta li spazzi via.” Queste le parole del comunicato diffuso da Indymedia.\r\n****\r\nFassino come i nazisti. Scritte solidali con i rom sgomberati\r\nUna brutta sorpresa per il sindaco di Torino Piero Fassino, che ieri mattina inaugurava la nuova pista ciclabile ai giardini Milone.\r\nNella notte sono comparse alcune scritte “Solidali con i rom sgomberati”, “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom. Comune nazista. 25 aprile sempre!”\r\nFassino ha scelto il 25 aprile, l'anniversario dell'insurrezione contro il fascismo, per inaugurare la nuova pista ciclabile di lungo Stura Lazio. Fassino festeggia il 25 aprile, celebrando la liberazione dai rom, i poveri della città che l'hanno sfidato occupando una casa per viverci.\r\nFassino ha posticipato di tre settimane l'inaugurazione della pista ciclabile, per farla proprio il 25 aprile. Una scelta fatta per ottenere più visibilità mediatica. Il Comune di Torino lo scorso anno ha dovuto incassare una condanna per trattamenti \"inumani e degradanti\" dalla corte europea dei diritti dell'uomo, per le modalità dello sgombero di Lungo Stura Lazio.\r\nPoi ha dovuto subire cortei sotto il comune, occupazioni di uffici e ben due occupazioni.\r\nI social housing negli edifici di proprietà del ras delle soffitte e l'inchiesta che ne è scaturita certo non hanno migliorato l'appeal di Piero Fassino alla vigilia delle elezioni.\r\nDa mesi l'amministrazione comunale sfrutta ogni occasione per ridare una lucidata alla sua vetrina appannata. Inaugurare una pista costruita a fianco delle macerie del campo fa parte di questa strategia.\r\nUsare le commemorazioni del 25 aprile per celebrare lo sgombero della baraccopoli era un'operazione di dubbio gusto che gli anarchici non hanno lasciato passare nel silenzio.\r\n\r\nAscolta la diretta con Emilio:\r\n\r\n2016-04-26-25aprile-barriera-barca-marò\r\n\r\n25 aprile a Vanchiglia e spezzone sociale alla fiaccolata del Comune\r\nInizia intorno alle 16 nell'area pedonale di via balbo, dove sotto al murales dedicato a Dante di Nanni il corteo che fa il giro delle lapidi partigiane del quartiere Vanchiglia.\r\nDurante il percorso il corteo passa e si ferma sotto casa di Mattia e Diego, due antifascisti ai domiciliari a cui è impedita ogni visita e comunicazione con l'esterno. Dopo aver cambiato i fiori e ricordato le gesta dei vari partigiani vanchigliesi caduti per la libertà, il corteo si scioglie in largo montebello, rilanciando l'appuntamento serale alla fiaccolata dell'ANPI.\r\nLì la polizia ha provato senza successo ad impedire l’ingresso dello spezzone antagonista, che raggiunge piazza Castello aperto dalle mamme dei 28 attivisti no tav e antifascisti agli arresti domiciliari.\r\nIn in piazza castello nonostante le numerose richieste di far leggere dal palco una lettera delle mamme degli arrestati la risposta ottenuta è sempre negativa. Dopo gli interventi dei partigiani, inizia una dura contestazione al grido di \"vogliamo parlare\" e \"le mamme sul palco\", che porta il sindaco Fassino ed il presidente della regione Chiamparino a rinunciare ai loro interventi. A questo punto dallo spezzone parte il grido \"Vergogna, vergogna\" che disturba il concerto del Jazz festival.\r\nLa situazione si sblocca quando uno degli organizzatori, Max Casacci, leader dei subsonica, accoglie la richiesta di far salire una delle mamme, che finalmente riesce a leggere la lettera aperta. \r\nAscolta il resoconto di Mohicano:\r\n\r\n2016-04-26-spezzone sociale-mohicano\r\n\r\nBorgo San Paolo\r\n\"Ma sapevo anche che la lotta non sarebbe stato un unico sforzo, non avrebbe avuto più, come prima, un suo unico, immutabile volto; ma si sarebbe frantumata in mille forme, in mille aspetti diversi; e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti, perseguire la propria luce e la propria via.\"\r\nAda Prospero (Ada Gobetti) Diario partigiano\r\n\r\nUn corteo per le vie del quartiere e numerosi interventi dedicati alla memoria delle partigiane ha segnato il tradizionale appuntamento del Gabrio, che quest'anno ha avuto il suo fulcro nella memoria delle partigiane, una memoria che a lungo è rimasta nel cassetto di una lotta che è stata raccontata prevalentemente al maschile.\r\nHanno partecipato al corteo anche alcuni esponenti della comunità curda di Torino.\r\n\r\nLa giornata è terminata nell’area pedonale del mercato con banchetti, interventi e musica.\r\n\r\nAscolta la diretta con Franca:\r\n\r\n2016-04-26-borgosanpaolo-franca\r\n\r\nGiardini (ir)reali\r\n\r\nAnche quest'anno si è svolta la giornata antifascista ai giardini (ir)rreali. Cibo, muisca, performance.\r\nDi seguito alcuni stralci del volantino del Barocchio\r\n“(...) con questo 25 aprile non sentiamo d'avere molto a che fare, perché è con l'esistenza di uno stato che non vogliamo avere a che fare.\r\nQuesta data infatti è stata decisa a tavolino da chi nel '49 governava l'Italia. In realtà la liberazione non inizia né finisce quel giorno: chi vive nell'antifascismo concreto e quotidiano non se ne fa niente del simbolico \"25 aprile\", la lotta al fascismo e all'autoritarismo è una pratica attuale che non si dovrebbe relegare a una parola o ad un giorno soltanto. Non solo oggi, ma ogni giorno dovrebbe essere dedicato a tutti quei partigiani che con la lotta e le armi hanno liberato questo paese dall'oppressione fascista, inseguendo dei principi che già dalla creazione della repubblica sono stati traditi.\r\n(...)oggi le istituzioni non festeggiano altro che la morte del vero antifascismo, quello antiautoritario, che rivendicava l'azione diretta, l'autogestione e la coscienza, anche libertaria; quello che allacciava relazioni basate su solidarietà e mutuo appoggio, che usciva dagli schemi imposti dal potere. La loro ricorrenza non fa altro che renderci sempre più spettatori passivi, esattamente il contrario di quello che era lo spirito partigiano.”\r\n\r\nAscolta la diretta con Paolo:\r\n\r\n2016-04-26-irreali-paolo","26 Aprile 2016","2016-04-28 12:04:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-300x180.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-300x180.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-768x461.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/04/0-antifa-1024x614.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","25 aprile. 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Quest'anno ci sono state diverse contestazioni sia alla fiaccolata del 25 aprile, sia alle scelte del Comune di Torino di inaugurare la pista ciclabile costruita dopo lo sgombero della baraccopoli di lungo Stura Lazio, proprio il 25 aprile, di fronte alla lapide che ricorda i caduti della Barca.\r\nAnche la scelta della circoscrizione Centro-Crocetta di dedicare ai Marò Girone e La Torre è stata contestata attivamente.\r\n\r\nAbbiamo chiesto ad Emilio un resoconto del corteo \u003Cmark>a\u003C/mark> San Salvario e dell'iniziativa alla lapide del partigiano Baroni in Barriera di Milano.\r\nCon lui abbiamo anche commentato le scritte solidali con i rom sgomberati comparse alla Barca, quelle sui marò assassini e sulla sede di Fratelli d'Italia in Barriera.\r\n\r\nDi seguito una sintetica cronaca delle varie iniziative.\r\n\r\nCorteo antifascista \u003Cmark>a\u003C/mark> San Salvario\r\n23 aprile. Diverse centinaia di persone hanno dato vita ad una lunga giornata di lotta per le strade di San Salvario.\r\nNella parte alta del quartiere, non lontano dal BAE Systems, fabbrica d'armi, contestata dai partecipanti al corteo con slogan e interventi, c'è “L'asso di bastoni”, il locale dove si ritrovano i fascisti di Casa Pound. L'Asso di bastoni è una ferita aperta in un quartiere, dove tante lapidi grigie ricordano chi è morto combattendo i fascisti.\r\nCasa Pound, spesso travestita da comitato spontaneo, da mesi prova \u003Cmark>a\u003C/mark> scatenare la guerra ai poveri, dando vita ad iniziative contro lo spaccio e la criminalità il cui obiettivo reale sono gli immigrati.\r\nGli antifascisti del quartiere contrastano attivamente ronde e presidi razzisti.\r\nSan Salvario è stata attraversata da un corteo forte e comunicativo, che ha fatto il giro delle lapidi partigiane, dove ha sostato per un breve ricordo e i canti dell'Anonima Coristi della Val Pellice, quasi tutti della tradizione anarchica.\r\nIn piazza Carducci un imponente schieramento di carabinieri chiudeva l'ingresso di via Madama Cristina per impedire agli antifascisti di avvicinarsi troppo alla sede \u003Cmark>fascista\u003C/mark>, dove i camerati raccoglievano firme per presentarsi alle elezioni.\r\nIl corteo ha sostato \u003Cmark>a\u003C/mark> lungo di fronte alla blocco poliziesco, prima di proseguire il giro e terminare ai giardini Anglesio con musica e distribuzione di panini vegani.\r\nI fascisti sono rimasti intanati nel loro localino, mentre un corteo con uomini, donne e tanti bambini, cui si sono uniti anche alcuni abitanti della zona, si è ripreso le strade e le piazze del quartiere in un 25 aprile lontano dalla retorica patriottarda, un 25 aprile dove chi lotta contro il razzismo, lo sfruttamento, la militarizzazione tutti i giorni, ha reso viva la memoria di chi in quel lontano aprile ha scelto di prendere le armi per conquistare una libertà, che certo non aveva confini.\r\n******\r\nMarò assassini. Scritte alla circoscrizione Centro-Crocetta\r\nQuest'anno \u003Cmark>a\u003C/mark> Torino, la circoscrizione Centro-Crocetta ha deciso di dedicare ai marò Girone e La Torre il 25 aprile. I due fucilieri della Marina Militare Italiana sono accusati di aver ucciso due pescatori del Kerala, durante un’azione di pattugliamento antipirateria \u003Cmark>a\u003C/mark> bordo della petroliera italiana Erika Lexie.\r\n“Marò assassini! Partigiani sempre, militari mai”. Questa scritta è comparsa nella notte del 24 aprile sulla sede della prima circoscrizione.\r\nScrivono gli “anarchici contro il fascismo” in un comunicato diffuso su Indymedia\r\n“(…) Oggi di fronte all’ennesimo crimine di guerra, di fronte all’assassinio di due pescatori, colpevoli di aver incrociato la rotta di una petroliera italiana, il governo italiano pretende l’impunità per i due marò assassini.(…)\r\nFesteggiarli nell'anniversario dell'insurrezione contro il nazifascismo è una vergogna ed un insulto per chi, disertata la guerra, ha preso le armi contro il fascismo.\r\nPartigiani sempre, militari mai!”\r\n*****\r\n25 aprile in Barriera di Milano\r\nUn folto gruppo di anarchici ha partecipato alla commemorazione del partigiano anarchico Ilio Baroni, alla lapide posta nel luogo dove Ilio è morto combattendo il 26 aprile 1945.\r\nNel comunicato diffuso scrivono gli anarchici della FAT “Noi ogni 25 aprile ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E’ la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano \u003Cmark>a\u003C/mark> vivere, di alimentare il venticello che segnala il mutare dei tempi.\r\nAnnodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.\r\nLe lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro l’occupazione militare in Val Susa, chi si mette di mezzo contro sfratti e deportazioni, contro il razzismo e il fascismo.\r\nOggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da che parte stare.\r\nI partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù \u003Cmark>sala\u003C/mark>riata.\r\nIl loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.”\r\nSempre in Barriera di Milano la notte precedente La scritta “Morte al fascio!” è stata fatta sulla serranda tricolore della sede di Fratelli d' Italia.\r\nSono “i fascisti che animano ronde contro gli immigrati, vogliono lo sgombero delle case occupate, soffiano sul fuoco dei pogrom contro i rom, fanno la guerra ai poveri.\r\nSono gli stessi del 1945. E' tempo che una nuova primavera di lotta li spazzi via.” Queste le parole del comunicato diffuso da Indymedia.\r\n****\r\nFassino come i nazisti. Scritte solidali con i rom sgomberati\r\nUna brutta sorpresa per il sindaco di Torino Piero Fassino, che ieri mattina inaugurava la nuova pista ciclabile ai giardini Milone.\r\nNella notte sono comparse alcune scritte “Solidali con i rom sgomberati”, “Ieri ebrei e rom, oggi immigrati e rom. Comune nazista. 25 aprile sempre!”\r\nFassino ha scelto il 25 aprile, l'anniversario dell'insurrezione contro il fascismo, per inaugurare la nuova pista ciclabile di lungo Stura Lazio. Fassino festeggia il 25 aprile, celebrando la liberazione dai rom, i poveri della città che l'hanno sfidato occupando una casa per viverci.\r\nFassino ha posticipato di tre settimane l'inaugurazione della pista ciclabile, per farla proprio il 25 aprile. Una scelta fatta per ottenere più visibilità mediatica. Il Comune di Torino lo scorso anno ha dovuto incassare una condanna per trattamenti \"inumani e degradanti\" dalla corte europea dei diritti dell'uomo, per le modalità dello sgombero di Lungo Stura Lazio.\r\nPoi ha dovuto subire cortei sotto il comune, occupazioni di uffici e ben due occupazioni.\r\nI social housing negli edifici di proprietà del ras delle soffitte e l'inchiesta che ne è scaturita certo non hanno migliorato l'appeal di Piero Fassino alla vigilia delle elezioni.\r\nDa mesi l'amministrazione comunale sfrutta ogni occasione per ridare una lucidata alla sua vetrina appannata. Inaugurare una pista costruita \u003Cmark>a\u003C/mark> fianco delle macerie del campo fa parte di questa strategia.\r\nUsare le commemorazioni del 25 aprile per celebrare lo sgombero della baraccopoli era un'operazione di dubbio gusto che gli anarchici non hanno lasciato passare nel silenzio.\r\n\r\nAscolta la diretta con Emilio:\r\n\r\n2016-04-26-25aprile-barriera-barca-marò\r\n\r\n25 aprile \u003Cmark>a\u003C/mark> Vanchiglia e spezzone sociale alla fiaccolata del Comune\r\nInizia intorno alle 16 nell'area pedonale di via balbo, dove sotto al murales dedicato \u003Cmark>a\u003C/mark> Dante di Nanni il corteo che fa il giro delle lapidi partigiane del quartiere Vanchiglia.\r\nDurante il percorso il corteo passa e si ferma sotto casa di Mattia e Diego, due antifascisti ai domiciliari \u003Cmark>a\u003C/mark> cui è impedita ogni visita e comunicazione con l'esterno. Dopo aver cambiato i fiori e ricordato le gesta dei vari partigiani vanchigliesi caduti per la libertà, il corteo si scioglie in largo montebello, rilanciando l'appuntamento serale alla fiaccolata dell'ANPI.\r\nLì la polizia ha provato senza successo ad impedire l’ingresso dello spezzone antagonista, che raggiunge piazza Castello aperto dalle mamme dei 28 attivisti no tav e antifascisti agli arresti domiciliari.\r\nIn in piazza castello nonostante le numerose richieste di far leggere dal palco una lettera delle mamme degli arrestati la risposta ottenuta è sempre negativa. Dopo gli interventi dei partigiani, inizia una dura \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> al grido di \"vogliamo parlare\" e \"le mamme sul palco\", che porta il sindaco Fassino ed il presidente della regione Chiamparino \u003Cmark>a\u003C/mark> rinunciare ai loro interventi. \u003Cmark>A\u003C/mark> questo punto dallo spezzone parte il grido \"Vergogna, vergogna\" che disturba il concerto del Jazz festival.\r\nLa situazione si sblocca quando uno degli organizzatori, Max Casacci, leader dei subsonica, accoglie la richiesta di far salire una delle mamme, che finalmente riesce \u003Cmark>a\u003C/mark> leggere la lettera aperta. \r\nAscolta il resoconto di Mohicano:\r\n\r\n2016-04-26-spezzone sociale-mohicano\r\n\r\nBorgo San Paolo\r\n\"Ma sapevo anche che la lotta non sarebbe stato un unico sforzo, non avrebbe avuto più, come prima, un suo unico, immutabile volto; ma si sarebbe frantumata in mille forme, in mille aspetti diversi; e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti, perseguire la propria luce e la propria via.\"\r\nAda Prospero (Ada Gobetti) Diario partigiano\r\n\r\nUn corteo per le vie del quartiere e numerosi interventi dedicati alla memoria delle partigiane ha segnato il tradizionale appuntamento del Gabrio, che quest'anno ha avuto il suo fulcro nella memoria delle partigiane, una memoria che \u003Cmark>a\u003C/mark> lungo è rimasta nel cassetto di una lotta che è stata raccontata prevalentemente al maschile.\r\nHanno partecipato al corteo anche alcuni esponenti della comunità curda di Torino.\r\n\r\nLa giornata è terminata nell’area pedonale del mercato con banchetti, interventi e musica.\r\n\r\nAscolta la diretta con Franca:\r\n\r\n2016-04-26-borgosanpaolo-franca\r\n\r\nGiardini (ir)reali\r\n\r\nAnche quest'anno si è svolta la giornata antifascista ai giardini (ir)rreali. Cibo, muisca, performance.\r\nDi seguito alcuni stralci del volantino del Barocchio\r\n“(...) con questo 25 aprile non sentiamo d'avere molto \u003Cmark>a\u003C/mark> che fare, perché è con l'esistenza di uno stato che non vogliamo avere \u003Cmark>a\u003C/mark> che fare.\r\nQuesta data infatti è stata decisa \u003Cmark>a\u003C/mark> tavolino da chi nel '49 governava l'Italia. In realtà la liberazione non inizia né finisce quel giorno: chi vive nell'antifascismo concreto e quotidiano non se ne fa niente del simbolico \"25 aprile\", la lotta al fascismo e all'autoritarismo è una pratica attuale che non si dovrebbe relegare \u003Cmark>a\u003C/mark> una parola o ad un giorno soltanto. Non solo oggi, ma ogni giorno dovrebbe essere dedicato \u003Cmark>a\u003C/mark> tutti quei partigiani che con la lotta e le armi hanno liberato questo paese dall'oppressione \u003Cmark>fascista\u003C/mark>, inseguendo dei principi che già dalla creazione della repubblica sono stati traditi.\r\n(...)oggi le istituzioni non festeggiano altro che la morte del vero antifascismo, quello antiautoritario, che rivendicava l'azione diretta, l'autogestione e la coscienza, anche libertaria; quello che allacciava relazioni basate su solidarietà e mutuo appoggio, che usciva dagli schemi imposti dal potere. La loro ricorrenza non fa altro che renderci sempre più spettatori passivi, esattamente il contrario di quello che era lo spirito partigiano.”\r\n\r\nAscolta la diretta con Paolo:\r\n\r\n2016-04-26-irreali-paolo",[191],{"field":91,"matched_tokens":192,"snippet":188,"value":189},[67],2308138734194786300,{"best_field_score":195,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":196,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":14},"1120959463424","2308138734194786417",6646,{"collection_name":57,"first_q":33,"per_page":199,"q":33},6,23,{"facet_counts":202,"found":38,"hits":228,"out_of":341,"page":14,"request_params":342,"search_cutoff":35,"search_time_ms":343},[203,213],{"counts":204,"field_name":211,"sampled":35,"stats":212},[205,207,209],{"count":14,"highlighted":206,"value":206},"anarres",{"count":14,"highlighted":208,"value":208},"frittura mista",{"count":14,"highlighted":210,"value":210},"Bello come una prigione che brucia","podcastfilter",{"total_values":38},{"counts":214,"field_name":34,"sampled":35,"stats":227},[215,217,219,221,223,225],{"count":14,"highlighted":216,"value":216},"41 bis",{"count":14,"highlighted":218,"value":218},"salvini",{"count":14,"highlighted":220,"value":220},"livorno",{"count":14,"highlighted":222,"value":222},"Lega Nord",{"count":14,"highlighted":224,"value":224},"frittura mista radio fabbrica",{"count":14,"highlighted":226,"value":226},"contestazione a salvini a livorno",{"total_values":199},[229,281,314],{"document":230,"highlight":247,"highlights":266,"text_match":277,"text_match_info":278},{"comment_count":46,"id":231,"is_sticky":46,"permalink":232,"podcastfilter":233,"post_author":206,"post_content":234,"post_date":235,"post_excerpt":52,"post_id":231,"post_modified":236,"post_thumbnail":237,"post_title":238,"post_type":239,"sort_by_date":240,"tag_links":241,"tags":246},"29391","http://radioblackout.org/podcast/salvini-fascista-livorno-non-ti-vuole/",[206],"Matteo Salvini ha provato a fare un comizio in un mercato del centro di Livorno, ma la risposta degli antifascisti e degli abitanti del quartiere lo ha impedito.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario della Federazione Anarchica Livornese.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 04 24 dario salvini e livorno\r\n\r\nDi seguito il resoconto di un compagno che c'era in uscita sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\nDopo la provocatoria presenza del nazileghista Borghezio, a Livorno mercoledì 22 aprile è arrivato anche Salvini, per una tappa del suo tour elettorale in vista delle elezioni regionali.\r\nStando alle notizie date nei giorni precedenti dalla stampa locale, il leader leghista sarebbe dovuto arrivare alle 9 e mezza al gazebo della Lega Nord in Via Grande, vicino alla zona del mercato, per poi passeggiare tra le strade del centro, tra i negozi e i banchi degli ambulanti.\r\nLa mattina di mercoledì 22 però, tra i banchi del mercato la tensione è alta, nessuno vuole essere strumentalizzato dalla Lega e i commenti della gente sono tutti contro Salvini. Le camionette di polizia e carabinieri presidiano tutti gli accessi alle strade del mercato e gli agenti in borghese controllano in forze la zona.\r\n\r\nGià venti minuti prima dell’orario previsto per il suo arrivo, un centinaio persone si raccolgono dove la Lega avrebbe dovuto montare il proprio gazebo.\r\n\r\nCi sono donne e uomini, giovani e meno giovani, operai, facchini e muratori, ambulanti del mercato, pensionati, studenti e disoccupati, facce di ogni paese, tutti livornesi. Tutti là per impedire a Salvini di venire al mercato di piazza Cavallotti per il suo solito spot razzista.\r\n\r\nLa Lega non ha montato nessun gazebo, è riuscita solo ad aprire un banchino dall’altra parte della strada, protetta su ogni lato da cordoni di agenti in assetto antisommossa.\r\n\r\nQuando da dietro i caschi blu si alzano una bandiera leghista ed una bandiera del Granducato di toscana con i colori degli Asburgo-Lorena, parte la contestazione vera e propria, viene aperto uno striscione e tutti cantano Bella Ciao, da una finestra qualcuno sventola una bandiera rossa. La folla dei contestatori cresce, i passanti si uniscono alla manifestazione spontanea e partono i primi slogan: “Salvini, fascista! Livorno non ti vuole!”, “siamo tutti clandestini!”, “Se ci sono i disoccupati, la colpa è dei padroni e non degli immigrati!”.\r\n\r\nQuando, in ritardo, arriva Salvini passando da una strada laterale per evitare le contestazioni, i manifestanti sono ormai più di 200. Allora la protesta si fa più intensa e molti riescono, aggirando il primo cordone di polizia in borghese, ad arrivare di fronte agli scudi dell’antisommossa, a pochi metri dal gruppetto di leghisti che si fanno selfie con il proprio capo. Gli slogan e i cori coprono completamente le parole di Salvini, che quando sale in piedi su una panchina per parlare al microfono, da bravo collezionista di felpe, indossa una maglia con su scritto “Livorno” che accende ancora di più la contestazione. A quel punto una fitta pioggia di pomodori e uova lo costringe a scendere dalla panchina e a passare la parola ad un altro leghista. È ormai chiaro che Salvini non farà nessuna passeggiata per il mercato.\r\n\r\nDopo pochi minuti, i leghisti concludono il breve comizio, e Salvini per rispondere alle domande dei giornalisti senza essere sovrastato dagli slogan dei dimostranti deve allontanarsi di circa un centinaio di metri, in una via della Madonna deserta e blindata. La visita dello showman padano dura poco più di mezzora, un corteo di mezzi della polizia lo scorta verso la prossima tappa del suo tour elettorale.\r\n\r\nLo sparuto gruppo di leghisti, protetto dai cordoni delle forze del disordine, resta per una ventina di minuti circondato dai manifestanti, che continuano a scandire slogan e bruciano una bandiera della Lega che qualche timido padano aveva probabilmente abbandonato a terra allontanandosi. Quando alla fine i sostenitori di Salvini se ne vanno via in macchina scortati dalla polizia, la folla dei contestatori si dirada e la manifestazione si scioglie.\r\n\r\nIl fascista Salvini non è riuscito a fare un passo nel centro di Livorno e non ha neanche visto il mercato, di cui ha potuto però apprezzare “al volo” alcuni prodotti ortofrutticoli. La mattina del 22 aprile a Livorno è stato dimostrato che la propaganda della Lega può essere spezzata. La foto del giorno di Salvini non è quella di un “capitano” che dispensa strette di mano tra la gente, ma quella di un politico che mostra uno dei pomodori che la gente gli ha lanciato contro. Lo spot non è riuscito, il pubblico stavolta ha fatto irruzione sulla scena, senza preoccuparsi delle conseguenze mediatiche della contestazione. \r\n\r\nLa risposta della città, di chi a Livorno rifiuta il razzismo e il fascismo, di chi respinge la propaganda della Lega, è stata un segnale importante, che si intreccia con le contestazioni che ci sono state anche in altre città Toscane in questi giorni, con il grande corteo contro il comizio di Salvini a Roma il 28 febbraio scorso, con la contestazione a Torino di un mese fa, e con tutte le altre manifestazioni di protesta contro la propaganda della Lega. Ma la contestazione di Salvini a Livorno si salda anche con la manifestazione dei lavoratori di sabato 18 aprile, che ha portato in piazza anche la lotta contro le politiche del governo che cercano di spezzare la solidarietà tra gli sfruttati.\r\nSalvini ha promesso che tornerà a Livorno, speriamo che da bravo politico non mantenga le promesse, ma nel caso dovesse tornare speriamo che torni in estate, in modo che possa assaggiare gli ottimi cocomeri del mercato.\r\nuno che c'era","26 Aprile 2015","2018-11-01 22:24:04","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/04/salvini-e-il-pomodoro-200x110.jpg","Salvini, fascista! Livorno non ti vuole!","podcast",1430084625,[242,243,244,245],"http://radioblackout.org/tag/contestazione-a-salvini-a-livorno/","http://radioblackout.org/tag/lega-nord/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/salvini/",[226,222,220,218],{"post_content":248,"post_title":253,"tags":256},{"matched_tokens":249,"snippet":251,"value":252},[138,250],"A","accende ancora di più la \u003Cmark>contestazione\u003C/mark>. \u003Cmark>A\u003C/mark> quel punto una fitta pioggia","Matteo Salvini ha provato \u003Cmark>a\u003C/mark> fare un comizio in un mercato del centro di Livorno, ma la risposta degli antifascisti e degli abitanti del quartiere lo ha impedito.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario della Federazione Anarchica Livornese.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 04 24 dario salvini e livorno\r\n\r\nDi seguito il resoconto di un compagno che c'era in uscita sul prossimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\nDopo la provocatoria presenza del nazileghista Borghezio, \u003Cmark>a\u003C/mark> Livorno mercoledì 22 aprile è arrivato anche Salvini, per una tappa del suo tour elettorale in vista delle elezioni regionali.\r\nStando alle notizie date nei giorni precedenti dalla stampa locale, il leader leghista sarebbe dovuto arrivare alle 9 e mezza al gazebo della Lega Nord in Via Grande, vicino alla zona del mercato, per poi passeggiare tra le strade del centro, tra i negozi e i banchi degli ambulanti.\r\nLa mattina di mercoledì 22 però, tra i banchi del mercato la tensione è alta, nessuno vuole essere strumentalizzato dalla Lega e i commenti della gente sono tutti contro Salvini. Le camionette di polizia e carabinieri presidiano tutti gli accessi alle strade del mercato e gli agenti in borghese controllano in forze la zona.\r\n\r\nGià venti minuti prima dell’orario previsto per il suo arrivo, un centinaio persone si raccolgono dove la Lega avrebbe dovuto montare il proprio gazebo.\r\n\r\nCi sono donne e uomini, giovani e meno giovani, operai, facchini e muratori, ambulanti del mercato, pensionati, studenti e disoccupati, facce di ogni paese, tutti livornesi. Tutti là per impedire \u003Cmark>a\u003C/mark> Salvini di venire al mercato di piazza Cavallotti per il suo solito spot razzista.\r\n\r\nLa Lega non ha montato nessun gazebo, è riuscita solo ad aprire un banchino dall’altra parte della strada, protetta su ogni lato da cordoni di agenti in assetto antisommossa.\r\n\r\nQuando da dietro i caschi blu si alzano una bandiera leghista ed una bandiera del Granducato di toscana con i colori degli Asburgo-Lorena, parte la \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> vera e propria, viene aperto uno striscione e tutti cantano Bella Ciao, da una finestra qualcuno sventola una bandiera rossa. La folla dei contestatori cresce, i passanti si uniscono alla manifestazione spontanea e partono i primi slogan: “Salvini, \u003Cmark>fascista\u003C/mark>! Livorno non ti vuole!”, “siamo tutti clandestini!”, “Se ci sono i disoccupati, la colpa è dei padroni e non degli immigrati!”.\r\n\r\nQuando, in ritardo, arriva Salvini passando da una strada laterale per evitare le contestazioni, i manifestanti sono ormai più di 200. Allora la protesta si fa più intensa e molti riescono, aggirando il primo cordone di polizia in borghese, ad arrivare di fronte agli scudi dell’antisommossa, \u003Cmark>a\u003C/mark> pochi metri dal gruppetto di leghisti che si fanno selfie con il proprio capo. Gli slogan e i cori coprono completamente le parole di Salvini, che quando sale in piedi su una panchina per parlare al microfono, da bravo collezionista di felpe, indossa una maglia con su scritto “Livorno” che accende ancora di più la \u003Cmark>contestazione\u003C/mark>. \u003Cmark>A\u003C/mark> quel punto una fitta pioggia di pomodori e uova lo costringe \u003Cmark>a\u003C/mark> scendere dalla panchina e \u003Cmark>a\u003C/mark> passare la parola ad un altro leghista. È ormai chiaro che Salvini non farà nessuna passeggiata per il mercato.\r\n\r\nDopo pochi minuti, i leghisti concludono il breve comizio, e Salvini per rispondere alle domande dei giornalisti senza essere sovrastato dagli slogan dei dimostranti deve allontanarsi di circa un centinaio di metri, in una via della Madonna deserta e blindata. La visita dello showman padano dura poco più di mezzora, un corteo di mezzi della polizia lo scorta verso la prossima tappa del suo tour elettorale.\r\n\r\nLo sparuto gruppo di leghisti, protetto dai cordoni delle forze del disordine, resta per una ventina di minuti circondato dai manifestanti, che continuano \u003Cmark>a\u003C/mark> scandire slogan e bruciano una bandiera della Lega che qualche timido padano aveva probabilmente abbandonato \u003Cmark>a\u003C/mark> terra allontanandosi. Quando alla fine i sostenitori di Salvini se ne vanno via in macchina scortati dalla polizia, la folla dei contestatori si dirada e la manifestazione si scioglie.\r\n\r\nIl \u003Cmark>fascista\u003C/mark> Salvini non è riuscito \u003Cmark>a\u003C/mark> fare un passo nel centro di Livorno e non ha neanche visto il mercato, di cui ha potuto però apprezzare “al volo” alcuni prodotti ortofrutticoli. 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La dimensione storica della lotta innescata con lo sciopero della fame di Alfredo contro la brutalità dell’apparato punitivo italiano, si scontra con il fatto che questo compagno prigioniero non possa neanche fissare le proprie giornate in una testimonianza; addirittura Antonio Gramsci, incarcerato come oppositore sotto il regime fascista, poteva scrivere e leggere più di quanto non sia consentito ad Alfredo.\r\n\r\nCerchiamo di ripercorrere le ultime vicende: delle pressioni dell’apparato politico su quello giudiziario, fino a quelle che il ministro Nordio sta operando sulla Commissione Nazionale di Bioetica per ottenere l’alimentazione forzata di Alfredo e di conseguenza il suo mantenimento in ostaggio della non-vita.\r\n\r\nUno sguardo sulla tortura in Italia, sul ruolo dei medici e sul potere totalizzante dell’apparato muscolare nei confronti di quello sanitario in ambito detentivo: medici carcerari conniventi e medici ospedalieri– come quelli di Sassuolo – che scelgono di denunciare gli aguzzini in divisa.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/BCUPCB_tortura-bioetica.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nROMA – STERILIZZARE LE STRADE \r\n\r\nLe forze dell’ordine hanno aggredito compagne e compagni che stavano realizzando una scritta muraria contro il 41bis a Porta Maggiore, arrivando a rompere la mano di uno di loro.\r\n\r\nUn episodio che segnala la continuità repressiva tra il trattamento che sta subendo Alfredo e l’attacco verso che cerca di rompere il silenzio nelle strade, ma che incarna una compressione più estesa dell’agibilità politica del territorio.\r\n\r\nNe parliamo con una compagna dell’Assemblea Romana in Solidarietà con Alfredo e con Prigioniere/i Rivoluzionarie/i:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/BCUPCB_roma-compressione.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nTORINO – UNIVERSITA’ E 41BIS\r\n\r\nLa messa in discussione del carcere e del 41bis è entrata nei licei e negli atenei.\r\n\r\nScuole e università, dopo essere state in buona parte ridotte ad appendici dell’apparato governativo e industriale, stanno prendendo parola su un tema tra i più rimossi: l’apparato repressivo e la sua centralità nella costruzione di questo modello di società.\r\n\r\nNe parliamo con una studentessa dell’università di Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/BCUPCB_41bis-palazzonuovo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nBLUE BANNERS: INVISIBILIZZAZIONE DELLE PROTESTE IN CINA\r\n\r\nUn video recentemente diffuso mostra la polizia cinese impegnata in una coreografia marziale funzionale all’invisibilizzazione delle contestazioni: striscioni blu da piazzare velocemente attorno a chiunque agisca una contestazione.\r\n\r\nQuale significato incarna questa tecnica e quali analogie possiamo tessere con i processi di censura del dissenso e del conflitto in Italia e in Europa?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/BCUPCB_china-banners.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","27 Febbraio 2023","2023-02-27 16:47:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/bcupcb_opera41bis-200x110.jpg","41BIS: ALFREDO RITRASFERITO IN CARCERE - TORTURA E BIOETICA - REPRESSIONE A ROMA",1677516447,[294],"http://radioblackout.org/tag/41-bis/",[216],{"post_content":297,"post_title":301},{"matched_tokens":298,"snippet":299,"value":300},[67,138],"blu da piazzare velocemente attorno \u003Cmark>a\u003C/mark> chiunque agisca una \u003Cmark>contestazione\u003C/mark>.\r\n\r\nQuale significato incarna questa tecnica","Estratti dalla puntata del 27 febbraio 2023 di Bello Come Una Prigione Che Brucia\r\n\r\n \r\n\r\nALFREDO TRASFERITO NUOVAMENTE IN CARCERE\r\n\r\nNell’arco di questa mattinata apprendiamo del trasferimento di Alfredo Cospito dal reparto di 41bis dell’Ospedale San Paolo di Milano al centro clinico all’interno del carcere di Opera, un contesto dove i suoi parametri vitali – in particolar modo quelli cardiaci - non possono essere costantemente monitorati.\r\n\r\nNe parliamo \u003Cmark>a\u003C/mark> caldo con l’avvocato Flavio Rossi Albertini:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/02/BCUPCB_flavio-opera2.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n41BIS – TORTURA IN ITALIA – BIOETICA\r\n\r\nIn Italia si sta uccidendo un compagno - formalmente - per impedirgli di comunicare. 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Un montaggio di 40 minuti che ripercorre gli interventi, i suoni e gli umori della piazza.\r\nVentimila persone, secondo i sindacati, sono presenti alla manifestazione tra lavoratori e lavoratrici, solidali, studentesse e studenti. Il corteo parte da piazza XVIII Dicembre, e passando per via Cernaia raggiunge piazza Castello. Qui c’è il concentramento di chiusura della manifestazione dei sindacati confederali. Il palco allestito per l’occasione viene prontamente occupato dal comitato contro la precarietà in Università all'arrivo dello spezzone sociale, in protesta contro il governo e con la Ministra dell’Università Bernini.\r\nIl palco è grande, l’adesione generale alta ma non di massa: il fronte dei sindacati confederali raccoglie lavoratrici e lavoratori, ma la rivolta sociale, da quel fronte, al contrario degli annunci dei segretari nazionali, non c’è stata. La protesta non si ferma. Lo spezzone sociale del corteo prosegue con la contestazione verso la prefettura e il reparto celere a sua protezione. Si prosegue poi per un primo tratto di via Po e velocemente verso corso Vittorio Emanuele II. Non solo studentesse e studenti, giovani dell’Intifada studentesca, allo spezzone sociale si aggregano lavoratrici e lavoratori in sciopero generale.\r\nLa solidarietà per le strette vie del centro si fa sentire e il corteo prosegue determinato.\r\nDa corso Vittorio si accelera nel tentativo di entrare nella stazione di Porta Nuova.\r\nIl traffico dei treni oggi scorre regolarmente in Italia nonostante lo sciopero generale. Il Ministro dei Trasporti Salvini ha usato lo strumento repressivo della precettazione: i lavoratori e le lavoratrici del settore ferroviario rischiano pesanti sanzioni e il posto di lavoro se oggi incrociano le braccia. I ricorsi non sono serviti e il diritto allo sciopero non è stato garantito.\r\nLe barricate della polizia sono celeri e la tensione è alta. La stazione è blindata, sono chiuse tutte le entrate.\r\nI manifestanti e le manifestanti non si arrendono, la rabbia è troppo grande, impossibile da contenere nei diktat repressivi da parte delle istituzioni. Prendono fuoco fantocci con i volti di Meloni, Crosetto, Valditara, Salvini, Cingolani, Piantedosi, giudicati implicati nel sostegno alla guerra portata avanti da Israele, nella propaganda militarista, repressiva, fascista e antisindacale.\r\nLa lotta non si arresta, la carica è molta, la manifestazione prosegue.\r\nIl Gruppo Torinese Trasporti offre il passaggio, la metropolitana conduce centinaia di manifestanti alla stazione di Porta Susa. In pochi secondi i binari 1 e 2 vengono occupati. I reparti della celere sono presi alla sprovvista e passeranno decine di minuti prima del loro arrivo per chiudere la stazione, quando ormai lo spezzone occupante lascia vittorioso la stazione e si ricongiunge con il corteo che ha proseguito a piedi.\r\n\r\nBuon ascolto!\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/F_m_03_12_Registrazioni-da-sciopero-generale-del-29.11-a-Torino.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nNel secondo approfondimento della serata ci occupiamo della lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Fogliati Sas.\r\n\r\nA novembre Fogliati Sas comunica ai quaranta lavoratori e lavoratrici del magazzino ortofrutta di Orbassano che dal primo dicembre l'attività sarà spostata a Saluzzo, portando al loro licenziamento. L'azienda appaltante, Antares, tenta il colpo grosso con la richiesta alle lavoratrici e ai lavoratori di firmare un accordo che avrebbe portato alla riapertura di nuovi stabilimenti con condizioni altamente peggiorative - da contratto logistica a multiservizi - vincolando addirittura l'erogazione della Naspi.\r\nNella mattinata del 3 dicembre le lavoratori e le lavoratrici, iscritti al Si Cobas, si sono recati in presidio all'Inps, ricevendo conferma del loro diritto alla Naspi e rifiutando ogni accordo tombale.\r\nNelle scorse settimane i lavoratori hanno realizzato un presidio ai mercati generali di Grugliasco, dove Fogliati Sas opera con un'altra attività, e due picchetti al magazzino Edenfruit di Saluzzo, dove Fogliati ha trasferito parte della merce.\r\nI lavoratori e le lavoratrici annunciano nuove iniziative per le prossime settimane.\r\n\r\nBuon ascolto!\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/F_m_03_12_Mahmoud-SiCobas-Torino-su-lotta-lavottori-Fogliati.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n ","7 Dicembre 2024","2024-12-07 19:38:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/Locandina-sciopero-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 3/12/2024",1733600289,[327],"http://radioblackout.org/tag/frittura-mista-radio-fabbrica/",[224],{"post_content":330},{"matched_tokens":331,"snippet":332,"value":333},[138,67],"del corteo prosegue con la \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> verso la prefettura e il reparto celere \u003Cmark>a\u003C/mark> sua protezione. Si prosegue poi"," \r\n\r\nNel primo approfondimento della serata remisceliamo la giornata di sciopero generale di venerdì 29 novembre. Un montaggio di 40 minuti che ripercorre gli interventi, i suoni e gli umori della piazza.\r\nVentimila persone, secondo i sindacati, sono presenti alla manifestazione tra lavoratori e lavoratrici, solidali, studentesse e studenti. Il corteo parte da piazza XVIII Dicembre, e passando per via Cernaia raggiunge piazza Castello. Qui c’è il concentramento di chiusura della manifestazione dei sindacati confederali. Il palco allestito per l’occasione viene prontamente occupato dal comitato contro la precarietà in Università all'arrivo dello spezzone sociale, in protesta contro il governo e con la Ministra dell’Università Bernini.\r\nIl palco è grande, l’adesione generale alta ma non di massa: il fronte dei sindacati confederali raccoglie lavoratrici e lavoratori, ma la rivolta sociale, da quel fronte, al contrario degli annunci dei segretari nazionali, non c’è stata. La protesta non si ferma. Lo spezzone sociale del corteo prosegue con la \u003Cmark>contestazione\u003C/mark> verso la prefettura e il reparto celere \u003Cmark>a\u003C/mark> sua protezione. Si prosegue poi per un primo tratto di via Po e velocemente verso corso Vittorio Emanuele II. Non solo studentesse e studenti, giovani dell’Intifada studentesca, allo spezzone sociale si aggregano lavoratrici e lavoratori in sciopero generale.\r\nLa solidarietà per le strette vie del centro si fa sentire e il corteo prosegue determinato.\r\nDa corso Vittorio si accelera nel tentativo di entrare nella stazione di Porta Nuova.\r\nIl traffico dei treni oggi scorre regolarmente in Italia nonostante lo sciopero generale. Il Ministro dei Trasporti Salvini ha usato lo strumento repressivo della precettazione: i lavoratori e le lavoratrici del settore ferroviario rischiano pesanti sanzioni e il posto di lavoro se oggi incrociano le braccia. I ricorsi non sono serviti e il diritto allo sciopero non è stato garantito.\r\nLe barricate della polizia sono celeri e la tensione è alta. La stazione è blindata, sono chiuse tutte le entrate.\r\nI manifestanti e le manifestanti non si arrendono, la rabbia è troppo grande, impossibile da contenere nei diktat repressivi da parte delle istituzioni. Prendono fuoco fantocci con i volti di Meloni, Crosetto, Valditara, Salvini, Cingolani, Piantedosi, giudicati implicati nel sostegno alla guerra portata avanti da Israele, nella propaganda militarista, repressiva, \u003Cmark>fascista\u003C/mark> e antisindacale.\r\nLa lotta non si arresta, la carica è molta, la manifestazione prosegue.\r\nIl Gruppo Torinese Trasporti offre il passaggio, la metropolitana conduce centinaia di manifestanti alla stazione di Porta Susa. In pochi secondi i binari 1 e 2 vengono occupati. I reparti della celere sono presi alla sprovvista e passeranno decine di minuti prima del loro arrivo per chiudere la stazione, quando ormai lo spezzone occupante lascia vittorioso la stazione e si ricongiunge con il corteo che ha proseguito \u003Cmark>a\u003C/mark> piedi.\r\n\r\nBuon ascolto!\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/F_m_03_12_Registrazioni-da-sciopero-generale-del-29.11-a-Torino.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nNel secondo approfondimento della serata ci occupiamo della lotta dei lavoratori e delle lavoratrici di Fogliati Sas.\r\n\r\n\u003Cmark>A\u003C/mark> novembre Fogliati Sas comunica ai quaranta lavoratori e lavoratrici del magazzino ortofrutta di Orbassano che dal primo dicembre l'attività sarà spostata \u003Cmark>a\u003C/mark> Saluzzo, portando al loro licenziamento. L'azienda appaltante, Antares, tenta il colpo grosso con la richiesta alle lavoratrici e ai lavoratori di firmare un accordo che avrebbe portato alla riapertura di nuovi stabilimenti con condizioni altamente peggiorative - da contratto logistica \u003Cmark>a\u003C/mark> multiservizi - vincolando addirittura l'erogazione della Naspi.\r\nNella mattinata del 3 dicembre le lavoratori e le lavoratrici, iscritti al Si Cobas, si sono recati in presidio all'Inps, ricevendo conferma del loro diritto alla Naspi e rifiutando ogni accordo tombale.\r\nNelle scorse settimane i lavoratori hanno realizzato un presidio ai mercati generali di Grugliasco, dove Fogliati Sas opera con un'altra attività, e due picchetti al magazzino Edenfruit di Saluzzo, dove Fogliati ha trasferito parte della merce.\r\nI lavoratori e le lavoratrici annunciano nuove iniziative per le prossime settimane.\r\n\r\nBuon ascolto!\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/F_m_03_12_Mahmoud-SiCobas-Torino-su-lotta-lavottori-Fogliati.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n ",[335],{"field":91,"matched_tokens":336,"snippet":332,"value":333},[138,67],1733921018898022400,{"best_field_score":339,"best_field_weight":147,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":14,"score":340,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":46},"2216192376832","1733921018898022513",6637,{"collection_name":239,"first_q":33,"per_page":199,"q":33},29,["Reactive",345],{},["Set"],["ShallowReactive",348],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$ffYlUU_CEXXUrnA2Bhr9iOGMQw6rN5y32tM4DFnjuUEM":-1},true,"/search?query=Contestazione+fascista+a+Sala"]