","Da Gibuti alla Tunisia. 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È in questa piccola repubblica del Corno d’Africa, ex colonia francese indipendente dal giugno 1977, che le forze armate italiane hanno installato una base operativa avanzata interforze per il supporto logistico alle componenti militari impegnate in territorio somalo e nell’Oceano indiano nell’ambito della missione Ue “Atalanta” di contrasto alla pirateria in mare.\r\nLa base è stata intitolata ad Amedeo Guillet, un ufficiale del regio esercito protagonista di tutte le campagne coloniali fasciste in Etiopia e in Libia e che ha pure comandato una compagnia carri inviata da Benito Mussolini in Spagna a fianco delle truppe del generale Francisco Franco.\r\n\r\nEsercitazioni militari nel canale di Sicilia\r\nSi sono concluse il 28 maggio le esercitazioni Phoenix Express 2021. A guida dei war games U.S. Africom (il comando delle forze armate statunitensi per le operazioni nel continente africano) e del comando delle forze navali Usa in Europa e Africa di stanza a Napoli. Vi hanno preso parte unità aeronavali di Stati Uniti d’America, Tunisia, Algeria, Belgio, Egitto, Francia, Grecia, Libia, Malta, Mauritania, Marocco, Spagna e Italia.\r\nNegli stessi giorni, nella stessa area annegavano centinaia di migranti. Invisibili per i satelliti, i super radar di cui sono dotate le imbarcazioni militari.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/2021-06-01-gibuti-phoenix-mazzeo.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":78,"snippet":79,"value":79},[15],"Da \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark> alla Tunisia. 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Il luogo per la sua fuga non poteva essere scelto con più oculatezza e ancora oggi è un coacervo di storie: Aden, come tutta l'area del golfo, con i suoi pirati, pescatori somali costretti a \"prendere\" petroliere, perché gli accordi tra nazioni povere e la Nuova via della seta hanno dato alla Cina i diritti di pesca sul loro mare; con i suoi porti, come Gibuti, che raccoglie i profughi dello Yemen e i suoi contingenti militari, provenienti da ogni paese, dall'antica legione straniera ai 23000 uomini della nuova forza militare cinese, che affianca i soldati italiani, l'esercito statunitense, le truppe olandesi... Di nuovo l'imbocco del mar Rosso è tornato a essere l'incrocio geopolitico di rotte, merci, navi e pirati di un secolo fa, due secoli fa... la via per il canale di Suez, il collegamento con l'Asia, lo scalo della One Belt One Road di Xi Jing Ping e la terra dove un paio di giorni fa L'Etiopia ha riconosciuto i confini con l'Eritrea dopo quasi un ventennio dagli accordi, dove il Puntland è conteso tra somali per la scissione e somali per l'unificazione, non esiste come entità, ma ha strutture ed è l'unica vera struttura comunitaria somala...\r\n\r\nIl Corno d'Africa è un gorgo, una sorta di calamita per tutti i giochi che tutte le grandi potenze stanno mettendo in campo: vale la pena di scoperchiare la pentola ribollente per capire l'importanza strategica e in che direzione si svilupperanno i contrasti e conflitti, le occupazioni neocoloniali e le guerre di religione.\r\n\r\nPerciò abbiamo interpellato Marco Cochi, docente e curatore di un sito Afrofocus.com dove confluiscono i suoi contributi su varie testate come Eastwest.eu che ci ha sintetizzato gli aspetti più interessanti di quello che avviene in quei mari solcati nuovamente dai pirati.\r\n\r\n \r\n\r\nGolfo di Aden: Gibuti e i pirati somali\r\n\r\n ","8 Giugno 2018","2018-06-13 12:39:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/pirati_somali-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"218\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/pirati_somali-300x218.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/pirati_somali-300x218.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/06/pirati_somali.jpg 500w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Corno d'Africa: pirati, eserciti, merci, rotte... il crocevia geopolitico",1528487069,[126,127,64,128,129,130],"http://radioblackout.org/tag/aden/","http://radioblackout.org/tag/corno-dafrica/","http://radioblackout.org/tag/one-belt-one-road/","http://radioblackout.org/tag/pirati/","http://radioblackout.org/tag/somalia/",[132,133,15,24,20,22],"Aden","corno d'africa",{"post_content":135,"tags":139},{"matched_tokens":136,"snippet":137,"value":138},[15],"con i suoi porti, come \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark>, che raccoglie i profughi dello","Paul Nizan pubblicò nel 1931 Aden Arabie, racconto di viaggio, bildungsroman che fa del viaggio un'esperienza tutta intellettuale, interiore e simbolica. 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Perciò poi abbiamo pensato chi poteva trarre vantaggi da \"quel treno\" fortemente simbolico e quali modelli proponeva. Questo aspetto nuovamente può coinvolgere molti attori sparpagliati sul pianeta, a cominciare da quella stazione di partenza, proiettata a trovare nuovi partner dopo aver abbandonato l'Europa, proprio per avere maggior autonomia innanzitutto commerciale. Inoltre la creazione di sovra o infrastrutture così sofisticate ha un ritorno pubblicitario e di sviluppo innovativo per i partner industriali che vi partecipano, intessendo una nuova rete di alleanze che rimodulerà i rapporti tra paesi e gruppi produttivi.\r\n\r\nPer mettere a fuoco meglio questa sensazione c'era bisogno di confrontarsi con qualcuno avvezzo a districarsi con la mentalità e la costante evoluzione della società cinese.\r\n\r\n \r\n\r\nE infatti Andrea Pira (Chiana Files) ci ha accompagnati su questo treno, arrivando alla fine a scovare anche un forte interesse interno al potere cinese, che da questo progetto ricava vantaggi anche dentro la Rpc, e non solo in termini di colonizzazione definitiva delle zone periferiche uygure, ma ecco qual è stato il percorso che abbiamo battuto con Andrea per cominciare a intessere i molti discorsi che si faranno ancora nel prossimo futuro su questa nuova via della seta, per rendere spiegabili molti fenomeni, apparentemente assurdi come un treno costoso adibito a trasporto merci viaggia per tutta l'Asia centrale.\r\n\r\none belt, one road","6 Maggio 2017","2017-05-10 12:02:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/belt_road-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"156\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/belt_road-300x156.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/belt_road-300x156.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/belt_road-690x360.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/belt_road.jpg 692w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","One belt, one road: la via della seta condiziona lo scacchiere geopolitico",1494063975,[176,177,64,128,178,179,180],"http://radioblackout.org/tag/asia-centrale/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/orient-express/","http://radioblackout.org/tag/singapore/","http://radioblackout.org/tag/via-della-seta/",[31,18,15,24,33,27,182],"via della seta",{"post_content":184,"tags":188},{"matched_tokens":185,"snippet":186,"value":187},[15],"spostando gli equilibri incentrati su \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark>, piuttosto che Singapore; e da","Dapprima ci ha incuriosito un articolo di giornale (http://www.scmp.com/week-asia/business/article/2089507/puffing-across-one-belt-one-road-rail-route-nowhere) che raccontava di un merci (più costoso di qualunque altro sistema di scambio) che alla fine di aprile era ancora in viaggio tra Londra e Pechino a rinnovare la leggenda dell'Orient Express per portare lustro al progeto della nuova via della seta fortemente voluta da Xi Jinping, la One belt, one road, costituita da una cintura marittima di rotte che agevolano l'espansione cinese, magari spostando gli equilibri incentrati su \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark>, piuttosto che Singapore; e da una via che si dipana attravrso molteplici nazioni e interess – etnici, religiosi, culturali; ma soprattutto gasdotti, aree di scambio, infrastrutture, che ritagliano il mondo in base a citeri spartitivi, dove le grandi potenze – attraverso il percorso dela quale si finisce con il gettare una luce particolare su zone di guerra, luoghi di intervento massiccio da parte del potere centrale (Xinjiang, per esempio).\r\n\r\nE abbiamo fatto un percorso mentale geopolitico che si allargava sempre più, inglobando aree geograficamente distantissime, di cui avevamo bisogno di verificare la correttezza.\r\n\r\n \r\n\r\nQuel treno è privo di senso sia da un punto di vista ambientale, sia da un punto di vista economico: l'attuale vera domanda (come per il tav) sarebbe: che richiesta c'è per un nuovo servizio verso est o verso ovest? la risposta è: pochissima e quindi Xi ha bisogno di indurre questo bisogno per realizzare questa attrazione sul nuovo percorso dei beni. 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I fatti dimostrano il contrario. Sia la cooperazione militare sia le operazioni di addestramento della polizia egiziana da parte di quella italiana vanno a gonfie vele. L’Italia è arrivata a caldeggiare la candidatura dell’Egitto come accademia di polizia per gli altri stati africani.\r\n\r\nNel settembre 2018, infatti, i militari italiani sono stati impegnati in una lunga e complessa esercitazione aeronavale e terrestre nell’Egitto nord-occidentale, accanto ai reparti d’élite delle forze armate egiziane e USA e di quelle di altri due imbarazzanti partner mediorientali, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, contestualmente impegnati a bombardare la popolazione civile in Yemen anche con velivoli e bombe made in Italy. Peccato però che della partecipazione italiana alla maxi-esercitazione multinazionale in Egitto non c’è traccia nei report dello Stato Maggiore della difesa, di norma prodigo a fornire particolari sugli uomini e i sistemi d’arma impiegati nei giochi di guerra d’oltremare.\r\nBright Star, cioè stella luminosa, è il nome in codice dell’esercitazione tenutasi dal 10 al 20 settembre 2018 ad ovest di Alessandria d’Egitto, con quartier generale e comando operativo nella base militare “Mohamed Naguib” del governatorato di Marsa Matruh, al confine con la Libia. Secondo il portavoce delle forze armate egiziane, Tamer El-Refaei, a Bright Star 2018 hanno partecipato unità di Egitto, Stati Uniti d’America, Grecia, Giordania, Italia, Francia, Arabia Saudita, Regno Unito ed Emirati Arabi, più “osservatori” provenienti da 13 nazioni: Libano, Rwanda, Iraq, Pakistan, India, Kenya, Tanzania, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, Sud Africa, Senegal e Canada.\r\nI precedenti war games all’ombra delle piramidi erano stati accompagnati da comunicati stampa delle forze armate tricolori. Nel 2018, dopo il caso Regeni, il governo italiano, ha deciso di lanciare il sasso, nascondendo la mano: si è guardato bene dal sospendere la partecipazione italiana a Bright Star, ma vi ha fatto calare un imbarazzato silenzio stampa.\r\nTre mesi più tardi di Bright Star, le forze aeronavali di Egitto, Regno Unito ed Italia si sono ritrovate fianco a fianco in un’esercitazione nelle acque nazionali egiziane nel Mediterraneo.\r\nOsservatori militari italiani hanno presenziato all’esercitazione aero-navale “Medusa 10” che si è tenuta nelle acque del Mediterraneo nel dicembre 2020, presenti le unità di Egitto, Grecia, Francia e Cipro. Ad assistere ai war games anche gli osservatori di Germania, USA, Giordania, Sudan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.\r\n\r\nIl primo dicembre 2019 il Ministero dell’Interno dell’Egitto annunciava la firma a Roma di un protocollo che prorogava sino alla fine del 2021 le attività di formazione e addestramento congiunte tra la polizia egiziana e quella italiana.\r\nSull’indigesta partnership con le forze dell’ordine egiziane, responsabili di torture omicidi, il Viminale ha preferito sino ad oggi mantenere il silenzio. Nonostante dalla scomparsa del giovane ricercatore, a capo del Viminale si siano alternate quattro persone (Alfano, Minniti, Salvini e Lamorgese), il modus operandi è stato lo stesso: finanziare, addestrare e armare nell’ombra i partner egiziani.\r\n\r\nIl 13 settembre 2017 il salto qualitativo nella collaborazione inter-ministeriale: a Roma veniva siglato un protocollo tecnico tra il Capo dell’Accademia di Polizia Ahmed Adel Elamry e il prefetto Bontempi per promuovere un Centro internazionale di formazione specialistica nel settore del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori. Il Centro sarà poi istituito al Cairo proprio nell’Accademia che da tempi remoti forma le sanguinarie forze dell’ordine egiziane. “Si tratta di un’istituzione tristemente nota per detenzioni arbitrarie, torture e uccisioni extragiudiziali.\r\nIl programma di formazione al Cairo è stato interamente finanziato dal Ministero dell’Interno italiano (grazie al Fondo Interno per la Sicurezza con contributo Ue di 1.073.521 euro) ed è stato co-gestito da funzionari italiani ed egiziani. Denominato Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy) ha preso il via il 19 marzo 2018 con tre corsi annuali per 360 operatori di polizia di 22 Paesi africani: oltre all’Egitto, Algeria, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Gibuti, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Tunisia. Quasi una riedizione, in salsa africana, della Escuela de las Americas che il Pentagono e la CIA istituirono a Panama negli anni ’80 del secolo scorso per addestrare i militari delle dittature latinoamericane.\r\nIl Viminale ha seguito ogni tappa di ITEPA. All’inaugurazione era presente l’allora Capo della Polizia Franco Gabrielli, già direttore dei servizi segreti SISDE e AISE e odierno sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega alla sicurezza della Repubblica. Roma si è fatta carico perfino delle spese per acquisire i gadget dell’evento, un’esoterica piramide in cristallo ottico con incisione laser, importo 2.500 euro più IVA, contribuendo altresì con più di 40.000 euro per pagare l’alloggio e la ristorazione a 82 partecipanti presso il lussuoso Four Seasons Hotel Cairo at Nile Plaza. Inviato d’onore al workshop di formazione del luglio 2018, l’allora direttore del Servizio immigrazione della Polizia di Stato, Vittorio Pisani, ex capo della squadra mobile di Napoli, dal 22 gennaio scorso vicedirettore dei servizi segreti Aisi (nomina del premier Conte).\r\nIl progetto Itepa si è concluso a Roma il 27 novembre 2019 con una conferenza presso la scuola Superiore di Polizia, alla presenza ancora una volta del prefetto Franco Gabrielli, del direttore centrale dell’Immigrazione Massimo Bontempi e del generale Ahemed Ibrahim. “Considerato il successo riscosso dal progetto, Italia ed Egitto, firmeranno un memorandum d’intesa per estendere la validità del protocollo del 13 settembre 2017, avviando così un’ulteriore edizione che si chiamerà Itepa 2, anch’essa finanziata dall’Unione europea e di durata biennale”, riportava una nota emessa dalla Polizia di Stato. Secondo quanto riferito qualche settimana fa da Ylva Johansson, commissaria Ue per gli Affari Interni, le autorità italiane intenderebbero finanziare il nuovo progetto tramite l’Internal Security Fund Borders and Visa, previsto dal nuovo piano finanziario 2021-2027. L’approvazione definitiva avverrà non prima del settembre di quest’anno.\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021-03-30-mazzeo-egitto.mp3\"][/audio]","30 Marzo 2021","2021-03-30 17:37:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"214\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-300x214.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-300x214.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-768x548.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1.png 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Italia-Egitto. 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Sia la cooperazione militare sia le operazioni di addestramento della polizia egiziana da parte di quella italiana vanno a gonfie vele. L’Italia è arrivata a caldeggiare la candidatura dell’Egitto come accademia di polizia per gli altri stati africani.\r\n\r\nNel settembre 2018, infatti, i militari italiani sono stati impegnati in una lunga e complessa esercitazione aeronavale e terrestre nell’Egitto nord-occidentale, accanto ai reparti d’élite delle forze armate egiziane e USA e di quelle di altri due imbarazzanti partner mediorientali, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, contestualmente impegnati a bombardare la popolazione civile in Yemen anche con velivoli e bombe made in Italy. Peccato però che della partecipazione italiana alla maxi-esercitazione multinazionale in Egitto non c’è traccia nei report dello Stato Maggiore della difesa, di norma prodigo a fornire particolari sugli uomini e i sistemi d’arma impiegati nei giochi di guerra d’oltremare.\r\nBright Star, cioè stella luminosa, è il nome in codice dell’esercitazione tenutasi dal 10 al 20 settembre 2018 ad ovest di Alessandria d’Egitto, con quartier generale e comando operativo nella base militare “Mohamed Naguib” del governatorato di Marsa Matruh, al confine con la Libia. Secondo il portavoce delle forze armate egiziane, Tamer El-Refaei, a Bright Star 2018 hanno partecipato unità di Egitto, Stati Uniti d’America, Grecia, Giordania, Italia, Francia, Arabia Saudita, Regno Unito ed Emirati Arabi, più “osservatori” provenienti da 13 nazioni: Libano, Rwanda, Iraq, Pakistan, India, Kenya, Tanzania, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, Sud Africa, Senegal e Canada.\r\nI precedenti war games all’ombra delle piramidi erano stati accompagnati da comunicati stampa delle forze armate tricolori. Nel 2018, dopo il caso Regeni, il governo italiano, ha deciso di lanciare il sasso, nascondendo la mano: si è guardato bene dal sospendere la partecipazione italiana a Bright Star, ma vi ha fatto calare un imbarazzato silenzio stampa.\r\nTre mesi più tardi di Bright Star, le forze aeronavali di Egitto, Regno Unito ed Italia si sono ritrovate fianco a fianco in un’esercitazione nelle acque nazionali egiziane nel Mediterraneo.\r\nOsservatori militari italiani hanno presenziato all’esercitazione aero-navale “Medusa 10” che si è tenuta nelle acque del Mediterraneo nel dicembre 2020, presenti le unità di Egitto, Grecia, Francia e Cipro. Ad assistere ai war games anche gli osservatori di Germania, USA, Giordania, Sudan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.\r\n\r\nIl primo dicembre 2019 il Ministero dell’Interno dell’Egitto annunciava la firma a Roma di un protocollo che prorogava sino alla fine del 2021 le attività di formazione e addestramento congiunte tra la polizia egiziana e quella italiana.\r\nSull’indigesta partnership con le forze dell’ordine egiziane, responsabili di torture omicidi, il Viminale ha preferito sino ad oggi mantenere il silenzio. Nonostante dalla scomparsa del giovane ricercatore, a capo del Viminale si siano alternate quattro persone (Alfano, Minniti, Salvini e Lamorgese), il modus operandi è stato lo stesso: finanziare, addestrare e armare nell’ombra i partner egiziani.\r\n\r\nIl 13 settembre 2017 il salto qualitativo nella collaborazione inter-ministeriale: a Roma veniva siglato un protocollo tecnico tra il Capo dell’Accademia di Polizia Ahmed Adel Elamry e il prefetto Bontempi per promuovere un Centro internazionale di formazione specialistica nel settore del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori. Il Centro sarà poi istituito al Cairo proprio nell’Accademia che da tempi remoti forma le sanguinarie forze dell’ordine egiziane. “Si tratta di un’istituzione tristemente nota per detenzioni arbitrarie, torture e uccisioni extragiudiziali.\r\nIl programma di formazione al Cairo è stato interamente finanziato dal Ministero dell’Interno italiano (grazie al Fondo Interno per la Sicurezza con contributo Ue di 1.073.521 euro) ed è stato co-gestito da funzionari italiani ed egiziani. Denominato Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy) ha preso il via il 19 marzo 2018 con tre corsi annuali per 360 operatori di polizia di 22 Paesi africani: oltre all’Egitto, Algeria, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark>, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Tunisia. Quasi una riedizione, in salsa africana, della Escuela de las Americas che il Pentagono e la CIA istituirono a Panama negli anni ’80 del secolo scorso per addestrare i militari delle dittature latinoamericane.\r\nIl Viminale ha seguito ogni tappa di ITEPA. All’inaugurazione era presente l’allora Capo della Polizia Franco Gabrielli, già direttore dei servizi segreti SISDE e AISE e odierno sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega alla sicurezza della Repubblica. Roma si è fatta carico perfino delle spese per acquisire i gadget dell’evento, un’esoterica piramide in cristallo ottico con incisione laser, importo 2.500 euro più IVA, contribuendo altresì con più di 40.000 euro per pagare l’alloggio e la ristorazione a 82 partecipanti presso il lussuoso Four Seasons Hotel Cairo at Nile Plaza. Inviato d’onore al workshop di formazione del luglio 2018, l’allora direttore del Servizio immigrazione della Polizia di Stato, Vittorio Pisani, ex capo della squadra mobile di Napoli, dal 22 gennaio scorso vicedirettore dei servizi segreti Aisi (nomina del premier Conte).\r\nIl progetto Itepa si è concluso a Roma il 27 novembre 2019 con una conferenza presso la scuola Superiore di Polizia, alla presenza ancora una volta del prefetto Franco Gabrielli, del direttore centrale dell’Immigrazione Massimo Bontempi e del generale Ahemed Ibrahim. “Considerato il successo riscosso dal progetto, Italia ed Egitto, firmeranno un memorandum d’intesa per estendere la validità del protocollo del 13 settembre 2017, avviando così un’ulteriore edizione che si chiamerà Itepa 2, anch’essa finanziata dall’Unione europea e di durata biennale”, riportava una nota emessa dalla Polizia di Stato. Secondo quanto riferito qualche settimana fa da Ylva Johansson, commissaria Ue per gli Affari Interni, le autorità italiane intenderebbero finanziare il nuovo progetto tramite l’Internal Security Fund Borders and Visa, previsto dal nuovo piano finanziario 2021-2027. 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L'evento più eclatante è quanto è accaduto in Mali, ma forse tutto quello che sta capitando nel Sahel da 10 anni è essenziale per gli equilibri del continente. E per il lento processo di reale decolonizzazione: 60 anni fa il 22 settembre 1960 il Mali divenne indipendente, ma il 22 settembre 2020 la giunta golpista nata sulla spinta insurrezionale popolare e che nei primi proclami chiedeva l'allontanamento delle truppe francesi anche stavolta non riesce a fare a meno di sottostare ai ricatti della presenza militare estera e propone riforme costituzionali che non solo prevedono, ma invitano truppe straniere, con lo spauracchio del jihad (intorno al lago Ciad), dei pirati lungo le coste tra il Kenia e il Mozambico, o negli stretti davanti al Somaliland e a Gibuti, dove sono presenti compound militari di ogni nazionalità. I porti in quell'area sono in mano a sauditi ed emirati, ma il porto commerciale di Gibuti è in mano ai cinesi, che davanti all'attivismo di russi e turchi, ha accelerato il suo impegno di \"peace-keeping\" a scapito dell'Africa e appropriandosi di cobalto, terre rare e altre materie prime strategiche. Collegando i porti di cui prende possesso e li collega con l'interno a estensione della Belt Road Initiative (Gibuti, ma anche Mombasa).\r\n\r\n\r\n\r\nAbbiamo chiesto di ricostruirci il quadro generale ad Angelo Ferrari, con la promessa che approfondiamo ancora molto presto (confrontando il colonialismo classico con quello attuale):\r\n\r\nNeocolonialismo in terra africana","25 Settembre 2020","2023-04-19 15:05:20","La calda estate dell'Africa",1601077990,[264,265,266,267,268,129,130],"http://radioblackout.org/tag/africa/","http://radioblackout.org/tag/jihad/","http://radioblackout.org/tag/libia/","http://radioblackout.org/tag/mali/","http://radioblackout.org/tag/neocolonialismo/",[270,271,272,273,274,20,22],"Africa","jihad","libia","Mali","neocolonialismo",{"post_content":276},{"matched_tokens":277,"snippet":278,"value":279},[15],"davanti al Somaliland e a \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark>, dove sono presenti compound militari"," \r\n\r\nUn'estate calda... e nel caso del continente nero sarebbe normale, anche se nella vulgata occidentale non si colgono accenni, né trapelano notizie su gruppi armati (Wagner russi o jihadisti trasportati da Erdoğan), passaggi di armi, loro vendita, scambi tra potenze e fazioni in conflitto, guerre per procura, incursioni, attribuzioni di infrastrutture, appalti vinti per l'impegno militare a fianco di un contendente o di un altro (Libia), imam antijihad uccisi (Burkina); la voracità di tutti i paesi dell'Occidente (e dei loro enti nazionali di idrocarburi, oppure di vendite di armi di stato, o di umani schiavizzati nelle strade del Sahel) si moltiplica nelle rapine e nelle appropriazioni di Sauditi, Emirati (si sono presi Socotra, un'intera isola che controlla il Mar Rosso); persino i cinesi mettono in campo i militari – per difendere le \"loro\" infrastrutture nell'Africa orientale. 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Il tutto sotto l'occhio attento degli Stati Uniti pronto a colpire chiunque si mostri troppo ospitale con Xi Jinping e il suo entourage.\r\n\r\nInsieme a Simone Pieranni, fondatore del blog ChinaFiles e collaboratore de Il Manifesto, analizziamo le tappe che caratterizzano l'avanzamento della Repubblica Cinese nei vari paesi interessati nella Via della Seta.\r\n\r\nInstaurazione di zone a statuto speciale, concessioni esclusive e trappola del debito, nuove alleanze e rinegoziati. Da Trieste a Gibuti, dall'Algeria al Venezuela gli investimenti del Dragone non sembrano avere limiti di sorta, dalla sicurezza informatica alle telecomunicazioni, e vanno difesi sia economicamente che militarmente, in mare come a terra, con formazioni di agenzie di sicurezza cinesi (vere e proprie formazioni paramilitari) esportate nei paesi più instabili come in Africa o con l'apertura di nuove basi militari e navali.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/cina-pieranni.mp3\"][/audio]","17 Marzo 2019","2019-03-17 18:30:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/Cina1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/Cina1-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/Cina1-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/03/Cina1.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Via della Seta made in Italy - un excursus prima del memorandum",1552847446,[],[],{"post_content":300},{"matched_tokens":301,"snippet":302,"value":303},[15],"e rinegoziati. 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da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO","podcast",1758374559,[350,351],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[328,330],{"post_content":354},{"matched_tokens":355,"snippet":356,"value":357},[15],"approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark> di energia elettrica, ma coprirebbe","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark> di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. 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Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[359],{"field":105,"matched_tokens":360,"snippet":356,"value":357},[15],{"best_field_score":249,"best_field_weight":250,"fields_matched":26,"num_tokens_dropped":48,"score":251,"tokens_matched":26,"typo_prefix_score":48},{"document":363,"highlight":377,"highlights":382,"text_match":247,"text_match_info":385},{"comment_count":48,"id":364,"is_sticky":48,"permalink":365,"podcastfilter":366,"post_author":367,"post_content":368,"post_date":369,"post_excerpt":54,"post_id":364,"post_modified":370,"post_thumbnail":371,"post_title":372,"post_type":347,"sort_by_date":373,"tag_links":374,"tags":376},"85589","http://radioblackout.org/podcast/radio-kalakuta-04-12-2023/",[321],"radiokalakuta"," \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/RADIO-KALAKUTA-4122023.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nRadio Kalakuta in questa puntata esplora i suoni della Mogadiscio degli anni 80 quando i locali erano pieni e si ballava fino all'alba con i Dur Dur band e gli Iftin che mescolavano il funk con il dhaanto somalo e il jazz. Gruppi che scuotevano le notti della perla dell'Oceano Indiano come veniva chiamata Mogadiscio prima del 1991 quando in seguito alla caduta di Siad Barre esplose la guerra civile ed esploriamo anche il tesoro degli archivi della radio televisione di Gibuti che raccoglieva il sound del corno d'Africa sopravvissuto alle vicissitudini della guerra e riproposto dall'etichetta Ostinato record.\r\n\r\n ","5 Dicembre 2023","2023-12-05 18:43:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/DUR-DUR-200x110.jpg","RADIO KALAKUTA 04/12/2023",1701801833,[375],"http://radioblackout.org/tag/radiokalakuta/",[332],{"post_content":378},{"matched_tokens":379,"snippet":380,"value":381},[15],"archivi della radio televisione di \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark> che raccoglieva il sound del"," \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/RADIO-KALAKUTA-4122023.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nRadio Kalakuta in questa puntata esplora i suoni della Mogadiscio degli anni 80 quando i locali erano pieni e si ballava fino all'alba con i Dur Dur band e gli Iftin che mescolavano il funk con il dhaanto somalo e il jazz. 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Queste dischiarazioni s'inseriscono in un contesto bellico non ancora sopito con la presenza di milizie e soldati eritrei ,una guerra quella contro il Tigray che si è spostata verso le regioni ahmara e che ha provocato finora quasi 500.000 morti ,milioni di profughi ,l'uso degli stupri come arma di guerra , carenza alimentare e distruzione delle già scarse infrastrutture .\r\n\r\nParliamo anche del Sudan,altra guerra dimenticata, dove l'opposizione civile sta cercando di sviluppare un processo di unificazione con incontri che si sono tenuti ad Addis Abeba mentre la guerra fra le forze armate sudanesi e le RSF di Hemmeti si è estesa anche nelle regioni meridionali e coinvolge drammaticamente la popolazione civile .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-26102023-ETOPIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nCon Sabrina Moles di China Files parliamo del decennale della \" Belt and road initiative \",che cade in un momento complesso per La Cina a causa dei sommovimenti all'interno del PCC come dimostrano le repentine e misteriose defenestrazioni di importanti ministri come quello della difesa e degli esteri e l'acuirsi della crisi finanziaria del settore immobiliare.La situazione economica appare più critica, perché l’economia cinese non si presenta più come dieci anni fa, quando il suo mercato interno era saturo e aveva bisogno di nuovi sbocchi, alcuni settori hanno sofferto molto a causa di scelte unilaterali da parte di Xi che ha dovuto affrontare anche dei malumori tra i veterani del partito.\r\n\r\nAffrontiamo anche le questione relative al posizionamento internazionale della Cina e le tensioni nell'area dell'Indo Pacifico.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/BASTIONI-261023-CINA.mp3\"][/audio]","29 Ottobre 2023","2023-10-29 11:06:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 26/10/2023- ETIOPIA DAL NILO AL MAR ROSSO ABIY AHMED RIVENDICA LO SBOCCO AL MARE-CINA 10 ANNI DELLA BELT AND ROAD INITIATIVE TRA CAMBI DI MINISTRI E CRISI FINANZIARIE.",1698577604,[350],[328],{"post_content":400},{"matched_tokens":401,"snippet":402,"value":403},[15],"i commerci dell'Etiopia passano per \u003Cmark>Gibuti\u003C/mark> a cui paga l'affitto dei","Bastioni di Orione torna a parlare dell'Etiopia e del corno d'Africa con Matteo Palamidesse,dopo le dichiarazioni del primo ministro etiope Abiy Ahmed che ha rivendicato il diritto allo sbocco al mare dell'Etiopia ,rinverdendo vecchie aspirazioni espansioniste . 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rapporti fra nucleare civile e militari con l'aiuto di Piergiorgio Pescali ricercatore scientifico e giornalista che ha visitato vari siti nucleari come ispettore ,parliamo delle interazioni fra nucleare civile e militare , la proliferazione delle armi atomiche attraverso l'arrichimento dell'uranio,delle conseguenze dell'incidente di Fukushima ,il problema delle scorie ,un punto di vista interessante dall'interno dei meccanismi di controllo dei siti nucleari .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/BASTIONI-290922-PESCALI-NUCLEARE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAndiamo in Svezia per approfondire con Monica Quirico l'esito delle elezioni svedesi che hanno visto la crescita esponenziale del partito xenofobo dei Democratici svedesi ,approfondiamo le dinamiche della crescita del partito di Akesson , la campgna elettorale distorta e concentrata solo sui temi dell'estrema destra ,sicurezza ed immigrazione ,la responsabilità dei partiti tradizionali nella deriva securitaria,il mito del Folkhemmet e del paese etnicamente puro ,un anticipazione ,quella svedese ,del nefasto esito elettorale italico.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/BASTIONI-290922-SVEZIA-MONICA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Matteo Palamidesse ritorniamo sulla guerra in Tigray perchè sono ripresi i combattimenti dopo una tregua illusoria ,l'esercito eritreo ha sconfinato e ad Asmara è stata proclamata la mobilitazione generale,bombardamenti sui centri abitati ,crisi alimentare devastante ,difficoltà di accedere ai servizi di base per la popolazione civile ,testimonianze di stupri diffusi come arma di guerra ,il ruolo di Gibuti nell'area in ebollizione ,lo scandaloso silenzio dei mass media su questo indicibile massacro che si perpetua dal novembre 2020,con conseguenze destabilizzanti per tutta l'area del corno d'Africa.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio 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Le manovre ai confini, le armi sempre più potenti messe in campo potrebbero portare ad accelerazioni sempre più violente.\r\nSullo sfondo la crisi alimentare che rischia di innescare nuovi violentissimi conflitti, soprattutto in Africa, dove le truppe tricolori sono sempre più impegnate.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nIl 2 giugno un lungo serpentone si è dipanato tra la Pineta e i campi coltivati a Coltano, piccolo borgo alle porte di Pisa, dove il governo ha deciso di costruire una nuova caserma per i carabinieri, che accoglierà i parà del Tuscania, il Gis e le unità cinofile, il tutto in una cornice green, e ampi finanziamenti pubblici.\r\nIl rifiuto della popolazione di trasformare il proprio paesino in un hub militare, l’ennesimo nell’area tra Pisa e Livorno, ha innescato un percorso che ha portato alla ampia convergenza che ha dato vita al corteo del 2 giugno. 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Una mega-cittadella militare nel parco di sar Rossore a Pisa-Coltano, a due passi dalla base USA di Camp Darby e dallo scalo aereo militare di Pisa san Giusto, devastando uno straordinario territorio, depauperando le fonti idriche e condannando la Toscana a fare da terzo grande polo nazionale per le operazioni belliche in mezzo mondo.\r\n\r\nDal 2 al 5 giugno si è svolto ad Empoli il XXXI congresso della FAI, l’assemblea generale dei compagni e delle compagne che aderiscono a questo percorso federalista e anarchico.\r\nÉ stata un’occasione importante per fare un ampio confronto sui diversi terreni di lotta su cui siamo impegnati, fare un bilancio dell’attività svolta, definire gli impegni per il futuro.\r\nNe abbiamo parlato con Federico.\r\n\r\nUranio impoverito. La NATO invoca l’immunità retroattiva per la strage provocata dai bombardamenti dell’alleanza in Bosnia al processo intentato dalle vittime civili che sta entrando nel vivo in questi giorni. \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 18 giugno\r\nDa Rimini a Saint-Imier.La nascita dell’anarchismo in Italia (1872-2022)\r\nGiornata di studi – Massenzatico, Cucine del Popolo, via Beethoven 78\r\n\r\nDomenica 19 giugno\r\nAviano contro la guerra e le sue basi\r\nCorteo antimilitarista promosso dal Coordinamento regionale libertario da Roveredo in Piano alla base USAF di Aviano, una delle principali basi aree statunitensi in Italia.\r\n\r\nLunedì 20 giugno\r\nVerso la giornata di informazione e lotta antimilitarista del 2 luglio a Torino\r\npunto info al mercato di piazza Foroni dalle ore 10,30\r\n\r\nSabato 25 giugno\r\nAssemblea antimilitarista a Livorno\r\nc/o ex caserma, via Adriana 16 ore 10,30\r\n\r\nGiovedì 30 giugno\r\nVerso la giornata di informazione e lotta antimilitarista del 2 luglio a Torino\r\npunto info al mercato di corso Racconigi dalle ore 10,30\r\n\r\nSabato due luglio\r\nNo alla guerra e a chi la arma\r\nNo alla Città dell’aerospazio! No alla Nato a Torino\r\ngiornata di informazione e lotta in via Roma di fronte alla galleria San Federico, sede del distretto aerospaziale del Piemonte\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nriunioni aperiodiche @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[449],{"field":105,"matched_tokens":450,"snippet":446,"value":447},[15],{"best_field_score":249,"best_field_weight":250,"fields_matched":26,"num_tokens_dropped":48,"score":251,"tokens_matched":26,"typo_prefix_score":48},{"document":453,"highlight":465,"highlights":470,"text_match":247,"text_match_info":473},{"comment_count":48,"id":454,"is_sticky":48,"permalink":455,"podcastfilter":456,"post_author":367,"post_content":457,"post_date":458,"post_excerpt":54,"post_id":454,"post_modified":459,"post_thumbnail":460,"post_title":461,"post_type":347,"sort_by_date":462,"tag_links":463,"tags":464},"72856","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-13-01-2022/",[317],"Bastioni di Orione in questa prima puntata del 2022 ci occuppiamo della rivolta 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