","Trump e la sua \"mission impossible\"","post",1486657124,[51,52,53,54,55,56],"http://radioblackout.org/tag/finanziarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/globalizzazione/","http://radioblackout.org/tag/kissinger/","http://radioblackout.org/tag/populismo/","http://radioblackout.org/tag/trum/","http://radioblackout.org/tag/trumpismo/",[25,23,21,19,15,17],{"tags":59},[60,62,64,67,69,71],{"matched_tokens":61,"snippet":25},[],{"matched_tokens":63,"snippet":23},[],{"matched_tokens":65,"snippet":66},[21],"\u003Cmark>Kissinger\u003C/mark>",{"matched_tokens":68,"snippet":19},[],{"matched_tokens":70,"snippet":15},[],{"matched_tokens":72,"snippet":17},[],[74],{"field":26,"indices":75,"matched_tokens":77,"snippets":79},[76],2,[78],[21],[66],578730123365712000,{"best_field_score":82,"best_field_weight":83,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":37,"score":84,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":37},"1108091339008",13,"578730123365711977",6645,{"collection_name":48,"first_q":21,"per_page":29,"q":21},{"facet_counts":88,"found":76,"hits":100,"out_of":153,"page":14,"request_params":154,"search_cutoff":27,"search_time_ms":155},[89,97],{"counts":90,"field_name":95,"sampled":27,"stats":96},[91,93],{"count":14,"highlighted":92,"value":92},"Macerie su macerie",{"count":14,"highlighted":94,"value":94},"La fine della Fine della storia","podcastfilter",{"total_values":76},{"counts":98,"field_name":26,"sampled":27,"stats":99},[],{"total_values":37},[101,130],{"document":102,"highlight":116,"highlights":121,"text_match":125,"text_match_info":126},{"comment_count":37,"id":103,"is_sticky":37,"permalink":104,"podcastfilter":105,"post_author":106,"post_content":107,"post_date":108,"post_excerpt":43,"post_id":103,"post_modified":109,"post_thumbnail":110,"post_title":111,"post_type":112,"sort_by_date":113,"tag_links":114,"tags":115},"82566","http://radioblackout.org/podcast/la-fine-della-fine-della-storia-21-quale-controffensiva/",[94],"cattivipensieri","Sembrerebbe partita la controffensiva ucraina quando ormai la primavera volge al termine. Tocca essere cauti perché se da un lato sembra fuori discussione che l'Ucraina possa costringere la Russia a rientrare dentro i confini precedenti al 2014 non pare nemmeno possibile che l'Ucraina possa al momento riprendersi il Donbass per poi mantenerlo, perché si tratterebbe poi di difenderlo. Se anche il supporto occidentale si rivelasse tanto rilevante da costringere i russi a rinculare, è abbastanza certo che questo innescherebbe solo una mobilitazione di massa tra i giovani russi che potrebbero triplicare i propri effettivi. Insomma, ancora una volta non si tratta di ribaltare le sorti militari sul campo ma di dissanguare la Russia di Putin, dal punto di vista dei costi umani ed economici, per rendere il futuro di Putin più incerto e costringerlo a mitigare le sue posizioni. A che prezzo, ammesso che accada, l'Ucraina e la Nato potrebbero conseguire obiettivi di questo tipo? Si prospetta una carneficina anche peggiore di quella vista finora, mentre già molti analisti del campo occidentale rimasticano il solito adagio sentito nei mesi scorsi sugli Himars e poi sugli Abrahms e i Leopard, ovvero: “Eh, però, senza l'aviazione...”. Di linea rossa in linea rossa si vuole forse prender tempo mentre i piloti ucraini completano l'addestramento per dispiegare la forza aerea? In ogni caso ci aspettano tempi lunghi e il pericolo escalation (nel senso del livello distruttivo e dell'allargamento) è sempre dietro l'angolo.\r\n\r\nNe parliamo con Francesco Dall'Aglio, ricercatore presso l'Accademia delle Scienze di Sofia.\r\n\r\nNella seconda parte di trasmissione alcuni spunti e riflessioni critiche dalla recente, lunga ed approfondita intervista rilasciata dal centenario Henry Kissinger alla rivista The Economist, nella quale l'ex Segretario di Stato Americano, una delle figure drammaticamente più influenti della politica estera americana del secolo scorso, si esprime a tutto campo sugli scenari e le sfide del presente: dal rischio di una Terza Guerra Mondiale alla sfida fra Stati Uniti e Cina, dall'impatto dirompente delle nuove tecnologie al declino dell'egemonia americana. Lo sguardo di parte del consigliere del Principe per antonomasia, certo, ma ahinoi, a tratti ben più lucido e ficcante di tante analisi di segno opposto.\r\n\r\nIn chiusura di puntata un nuovo episodio de Il Perno Originario\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/fine-della-storia-06-06.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMATERIALI\r\nThe Economist - A conversation with Henry Kissinger\r\nWolfgang Streeck - A Bipolar Order?\r\n\r\nAppello di un gruppo di ex diplomatici e funzionari militari americani associati all’Eisenhower Media Network - Gli Stati Uniti dovrebbero essere una forza di pace nel mondo\r\n\r\nDomenico Quirico - Nella guerra senza limiti né deterrenza si vince solo rovesciando i fronti","7 Giugno 2023","2023-06-07 12:30:57","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/1686126022089-200x110.png","LA FINE DELLA FINE DELLA STORIA #21 - QUALE CONTROFFENSIVA?","podcast",1686141057,[],[],{"post_content":117},{"matched_tokens":118,"snippet":119,"value":120},[21],"intervista rilasciata dal centenario Henry \u003Cmark>Kissinger\u003C/mark> alla rivista The Economist, nella","Sembrerebbe partita la controffensiva ucraina quando ormai la primavera volge al termine. 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Per\r\nviaggiare, per divertirsi, per incontrarsi bisogna essere in grado di dimostrare la propria\r\ninnocuità virale utilizzando un insieme di quadratini bianchi e neri leggibili da una macchina\r\ndotata di sensore fotografico e connessione internet, insieme che è stato chiamato Quick\r\nresponse code e soprannominato, per tendere a diventare veloci quanto la macchina, un QR\r\ncode. Questo sistema di smistamento e controllo mira ufficialmente a incoraggiare il maggior\r\nnumero possibile di persone a farsi vaccinare: al posto di una politica nazionale di vaccinazione\r\nobbligatoria, lo Stato ha scelto il ricatto attraverso la minaccia rivolta a ciascun individuo della\r\nprivazione del proprio diritto alla socialità e al movimento nello spazio pubblico. L'esito di questa\r\npolitica della minaccia sarà la cessazione dei rimborsi per i test, se non prescritti da un medico,\r\na partire dal mese di ottobre, di modo che solo le persone vaccinate o infettate da meno di sei\r\nmesi possano accedere a questi luoghi e servizi. Le persone non vaccinate dovranno pagare il\r\nprezzo di un test per ottenere una tregua di tre giorni, in caso contrario, come ai tempi dei\r\nlockdown, saranno escluse dai cosiddetti luoghi non essenziali. Anche se tutti gli altri potranno\r\ngoderne.\r\nInnanzitutto, contrariamente a quanto suggerisce il nome, il lasciapassare sanitario non è un\r\ndispositivo sanitario: esso priva i non vaccinati dell'accesso ad alcuni dei luoghi più spaziosi e\r\naperti, come dehors e musei, per costringere i loro momenti di convivialità all’angustia degli\r\nspazi domestici, benchè sia da tempo dimostrato che il covid-19 è stata una malattia che si è\r\ncontratta attraverso concentrazione di aerosol in ambienti piccoli e chiusi. Il lasciapassare\r\nsanitario è innanzitutto un dispositivo securitario, carcerario e strategico: è il nome della nostra\r\npiù grande sconfitta politica di questo inizio secolo. La sua attuazione avviene dopo\r\nl'introduzione del braccialetto elettronico come provvedimento giudiziario nel 1997 e l'emissione\r\ndei passaporti biometrici dal 2009. Sulla scia di questi due oggetti nuovi eppure ormai\r\nbanalizzati, nel senso che nessuno nel dibattito pubblico ne propone più l’abolizione, esso\r\ncontribuisce ad associare l'individuo ad un codice digitale; a legare la sua libertà di movimento a\r\nquanto registrato in questo codice; a slegare questa costrizione da un provvedimento\r\ngiudiziario, in modo che tutti siano trattati come criminali o potenziali pericoli - una bomba\r\nbatteriologica, attualmente. La grande perversità neoliberale del lasciapassare sanitario è che\r\nincoraggia ciascun cittadino a reclamare il proprio codice, con un atto volontario, molto spesso\r\nprendendo un appuntamento su internet, mentre nessuno ha mai chiesto di farsi mettere un\r\nbraccialetto alla caviglia. La grande violenza autoritaria del lasciapassare è quella di trasformare\r\nun buon milione di individui, bigliettai di cinema, camerieri di ristoranti, proprietari di bar,\r\nsorveglianti di musei, cassieri di piscine, organizzatori di feste di paese, in rilevatori di codici a\r\nbarre, in controllori di identità digitali - in uno straordinario contingente di polizia 2.0.\r\nUn anno fa, al termine del primo sequestro, l'istituzione di un tale sistema di smistamento,\r\ncontrollo e sorveglianza digitalmente assistito era una delle ipotesi di ciò che la stampa liberale\r\nchiamava la teoria del complotto del \"Grand Reset\", della Grande Reinizializzazione. Sei mesi\r\nfa, il Presidente della Repubblica e i suoi portavoce assicuravano con la mano sul cuore che\r\nnon avrebbero mai fatto ricorso a un dispositivo che avrebbe creato due categorie di cittadini:\r\nnon si divide la Repubblica, dicevano. Il complotto annunciato è avvenuto, mentre la promessa\r\ndel governo è stata tradita. Indovinate chi viene accusato dalla stampa liberale di un rapporto\r\nalterato con la realtà. \"In un mondo che è davvero capovolto, il vero è un momento del falso.\"\r\n2.\r\nQuest'estate ho letto Post-Histoire di Vilém Flusser, uscito due anni fa nell’indifferenza. Nessuno\r\naveva mai tradotto questo libricino pubblicato in portoghese nel 1983, ma si è scoperto di\r\nrecente che Flusser ne aveva scritta lui stesso una versione francese, quindi una piccola casa\r\neditrice si è incaricata di pubblicarlo. Vilém Flusser è un pensatore ceco esiliato in Brasile e poi\r\nin Francia, ha scritto in portoghese, tedesco, inglese e francese. Si dice di lui che sia un\r\nfenomenologo e un teorico dei media, senza comprendere appieno cosa lo abbia portato da un\r\ncampo all'altro. È perché in effetti non esistono due campi distinti - si potrebbe dire che Flusser\r\nè il fenomenologo di un mondo dove l'esperienza si è largamente ridotta ad essere una lettura\r\ndi interfacce, oppure, è la stessa cosa, che è l'ostinato commentatore, il continuatore e il critico\r\ndi un importante testo di Martin Heidegger: \"La questione della tecnica\".\r\nÈ in questo saggio che il filosofo tedesco ha proposto la sua celebre tesi dell’incorniciamento\r\ndel mondo tramite la tecnica moderna. Ciò che Heidegger postula è che dall’utensile alla\r\nmacchina, dalla tecnica artigianale alla tecnica motorizzata, c'è una rivoluzione ontologica: il\r\ncampo di cui si occupa un contadino che lo circonda di siepi non è lo stesso campo da cui un\r\nimprenditore agricolo estrae le risorse naturali; il fiume attraversato da un ponte non è lo stesso\r\nfiume del fiume da cui la cui centrale idroelettrica trae dell’elettricità. Dall'una all'altra ciò che\r\ncambia è che la tecnica moderna si interessa alla natura - aria, acqua, legno, terra, roccia - in\r\nquanto riserva di energia da estrarre e da immagazzinare - il vento scompare come fenomeno,\r\nil campo scompare come luogo, il fiume cessa di essere questo oggetto davanti a noi che\r\nattraversa il paesaggio, per rivelarsi ogni volta come \"fondo\", una massa interamente disponibile\r\nper il calcolo, l'estrazione e l'accumulo. La tecnica non è solo l'indice della ragione strumentale\r\ndell'uomo: essa è un certo modo di svelare il mondo, ottenuto da quella che Heidegger chiama\r\nun’interpellanza o una provocazione fatta alla natura perchè si riveli come fondo. Questo\r\ndisvelamento «accade nel fatto che l’energia nascosta nella natura viene messa allo scoperto, ciò\r\nche così è messo allo scoperto viene trasformato, il trasformato immagazzinato, e ciò che è\r\nimmagazzinato viene a sua volta ripartito e il ripartito diviene oggetto di nuove trasformazioni».\r\nHeidegger risponde quindi a un'obiezione immaginaria: la centrale idraulica che si alimenta dal\r\nReno impedisce che esso continui ad essere un fiume, lo stesso che cantava Hölderlin, e che si\r\npossa ancora ammirarlo? \"Può darsi, ma come? Solo come oggetto “impiegabile” per le\r\nescursioni organizzate da una società di viaggi, che vi ha messo su (bestellt) una industria delle\r\nvacanze\". Allora il testo è attraversato dall'ombra di un'intuizione subito respinta: e se con la\r\ntecnica moderna fosse l'uomo a rivelarsi come fondo, ossia come energia liberata, ottenuta,\r\ntrasformata, accumulata e oggetto di nuove trasformazioni? \"Il parlare comune di “materiale\r\numano” [e ancor più oggi di risorse umane], di “contingente di malati” di una clinica, lo fa\r\npensare\". Segue un sentiero contorto e tortuoso, di quelli che non portano da nessuna parte: la\r\nguardia forestale che crede di seguire l'esempio del nonno è infatti, suo malgrado, impiegato\r\ndall’industria del legno smaniosa di cellulosa; essa stessa è a sua volta provocata dalla\r\ndomanda di carta da parte dell'industria della stampa, per i giornali o le riviste illustrate; \"Questi\r\na loro volta dispongono il pubblico ad assorbire le cose stampate, in modo da divenire\r\nimpiegabile per la costruzione di una pubblica opinione costruita su commissione\". L’Essere\r\nresta misterioso, indeterminato, allorchè sembrerebbe portare un carico politico davanti al quale\r\nHeidegger indietreggia, e il percorso si biforca immediatamente: perché nella tecnica il mondo si\r\nrivela in un certo modo all'uomo, si disvela come un fondo, l'uomo resta il soggetto di questo\r\nritiro dall'oggetto, e quindi non è mai \"un fondo puro\".\r\nIl libro di Flusser cerca di riprendere il pensiero di Heidegger ai tempi della cibernetica. E di\r\ncapire come il dispositivo, che oggi prende il posto della macchina, sia proprio la tecnica che\r\ntrasforma l’umano in un fondo. Heidegger aveva intuito che la salute fosse il primo posto in cui\r\nsi sarebbe presentato questo rischio. Flusser conferma l'intuizione: \"la medicina è il grande\r\nscandalo del presente\". Questo perché non è mai stata una scienza dura: essa ha a che fare\r\ncon un soggetto, il malato, che non è materia inanimata disponibile a tutti i calcoli. Ma come\r\ntutte le scienze molli, come l'economia statistica o la politologia, essa è in preda al proprio\r\nindurimento tramite la quantificazione computerizzata. È quando il malato diventa un oggetto, e\r\nil contingente dei malati un fondo, che la vita cessa di essere pensabile e che si verifica una\r\nsvolta epocale.\r\nNell'era delle microschede, del lancio del Minitel e dei moduli da compilare in maiuscolo in\r\ncaselle quadrate, Flusser è come il primo spettatore dell'emergere di un mondo che sembra\r\nvedere meglio di noi, troppo accecati come siamo dala luce dei nostri schermi - egli profetizza la\r\ndigitalizzazione del mondo futuro come se fosse già avvenuta davanti ai suoi occhi. Il mondo\r\npreindustriale aveva inventato l’utensile, il mondo industriale ha inventato la macchina, il mondo\r\npostindustriale avrà inventato il dispositivo o l’aggeggio, cioè il programma. Ad ognuna di\r\nqueste tecniche la propria ontologia, la propria etica, la propria politica. L’utensiole era al centro\r\ndi un mondo contadino e artigiano dove la natura era un cosmo animato di cui prendersi cura,\r\ndove le persone erano un gregge da guidare, dove il tempo era fatto di cicli per i quali si\r\nattendeva pazientemente il ritorno, dove la vita era tracciata dal destino, dove l'azione valeva\r\nper la finalità che le si dava. La macchina aveva segnato l'ingresso in un mondo inanimato e\r\ncausale, il mondo esteso della materia e della produzione, del lavoro in catena di montaggio,\r\ndella libertà politica e della possibilità della rivoluzione. L'ontologia programmatica che il\r\ndispositivo inventa, come si può intuire nelle arti, nella scienza, nella politica, è l'ingresso in un\r\nmondo formale, molteplice e piatto nel quale causa e fine sono sospesi: esiste solo una\r\nsuperficie di virtualità troppo numerose per essere calcolabili, e che quindi si realizzano\r\nsecondo una necessità che non può che assumere l'aspetto del caso, come mostrato dal\r\ncollage dadaista, dalla teoria del big bang o dalla governance attraverso la statistica. “Una tale\r\nontologia programmatica ha generato l'invenzione di computer e strumenti intelligenti. Essa\r\nconduce alla trasformazione della società in un sistema cibernetico fatto di dispositivi e di\r\nfunzionari. Gli uomini sono programmati per funzionare come pezzi di un gioco simbolico. Sono\r\ncriptati e numerati. Diventano calcolabili in statistiche e cartoncini traforati. Sono programmati in\r\nmodo tale da accettare volontariamente la loro programmazione. Il funzionario è un uomo\r\nprogrammato non solo per funzionare, ma anche per accettare il proprio funzionamento.\r\nNaturalmente, una tale società postindustriale non ha ancora raggiunto il suo stadio di perfetta\r\nrealizzazione. Ma abbiamo già i suoi modelli: Eichmann come modello del funzionario, Kissinger\r\ncome modello di programmatore”.\r\nQuanto a pessimismo, Flusser non ha nulla da invidiare ai suoi contemporanei della teoria\r\ncritica post-marxista, Adorno, Debord o Cesarano. Il passo ulteriore di Flusser deriva dal fatto\r\nche egli non crede più nemmeno all'utilità della critica: si accontenta di descrivere e di giocare.\r\nIn questo è forse più vicino a Borges, alla sua invenzione di labirinti di cui si è persa la chiave, di\r\nsistemi le cui istruzioni per l'uso non sono ancora state inventate, di copie che hanno\r\nrimpiazzato i propri modelli. Flusser descrive la società cibernetica governata dai dispositivi\r\ncome l'avanzare del caso nel vuoto: un programmatore programma un dispositivo, poi un altro\r\ndispositivo per aiutarlo a programmare quel dispositivo e molto rapidamente i dispositivi iniziano\r\nautomaticamente a programmarne altri, si servono dell’umano come fondo che alimenta il\r\nfeedback di cui hanno bisogno per funzionare, ed ecco che nessuno ha più la presa. Una\r\nburocrazia comincia ad operare in isolamento, per alimentare i dispositivi e cibare le statistiche.\r\nNello stesso periodo, Duras aveva intuizioni molto simili: \"La robotica, la telematica,\r\nl’informatica, questi sono progressi che, ad ogni livello, si fanno una volta per tutte. Per effetto di\r\nciò che avrà fatto un solo uomo, tutti gli altri uomini saranno privati dal poter inventare».\r\nL'intellettuale critico non è mai altro che un funzionario come un altro, previsto dal programma:\r\negli è questo margine che si crede resistente al sistema ma viene da esso incluso suo\r\nmalgrado, perché produce un feedback più qualitativo che porta il sistema ad affinarsi, i\r\ndispositivi ad essere meno grossolani, meno leggibili, più sottili. \"Se per eresia si contesta il\r\nprogramma del dispositivo, subito cresce, all'interno del dispositivo, un ministero della\r\ncontestazione. In fin dei conti, è sempre il dispositivo che soddisfa i capricci di qualsiasi eresia\r\nattraverso l'uniforme che gli dispensa. Il totalitarismo della standardizzazione multiforme opera\r\nautomaticamente ovunque. Democrazia liberale.” Per Flusser, la società cibernetica è per\r\nessenza apolitica: la funzione ha sostituito l'azione, una serie di input e output individuali e\r\naccoppiati ha preso il posto delle persone, la politica è stata ridotta a un programma che\r\nmanipola l'opinione sondandola costantemente. L'unico atto politico che Flusser contempla\r\nancora - con l'ironia del catastrofista - è la diserzione. All’epoca non si parlava ancora di bug.\r\n3.\r\nDi fronte al movimento di protesta contro il lasciapassare sanitario, la stampa liberale e più in\r\ngenerale il campo progressista fingono di non capire l'oggetto della protesta. Dietro i no-pass si\r\nnasconderebbero solo dei no-vax un po’ fuori di testa. Il movimento sarebbe viziato dalla\r\ncospirazione, dalle fake news, da un odio per la scienza e da un conservatorismo proto-fascista.\r\nE’ che è molto facile non vedere che dietro la trama c'è il programma. Che dietro le derive e gli\r\neccessi, c'è una giusta intuizione. Cos'è questa intuizione? Che una tecnocrazia\r\ngovernamentale al servizio esclusivo della tecno-scienza-economia applichi un programma\r\ndigitale di controllo come fanno tutte le democrazie liberali, decennio dopo decennio, senza\r\ntregua; che tecnologia, polizia e profitto avanzino di pari passo, senza che alcun potere cambi il\r\ngioco, nè ambisca a farlo; che il lasciapassare sanitario segua la stessa logica della\r\ngeneralizzazione della videosorveglianza, dell'introduzione del passaporto biometrico e del\r\nbraccialetto elettronico, quella di una digitalizzazione dello spazio pubblico volta ad aumentare\r\nla sorveglianza delle persone e l'amministrazione della vita; che esso segni l’iscrizione a lungo\r\ntermine di tutte le misure eccezionali adottate nell'ultimo anno e mezzo, l'entrata dello stato di\r\nemergenza sanitaria nella legge.\r\nLa genialità di Heidegger è stata quella di dimostrare che tecnica e ontologia sono indiscernibili:\r\nche non c'è prima la scienza della natura che comincia a trasformare gli oggetti in superficie di\r\ncalcolo, poi la tecnica che sfrutta questi progressi scientifici applicandoli, infine un mondo che si\r\ntrova cambiato. No, c’è prima l’incorniciamento del mondo come nuovo modo di rapportarsi\r\nall'essere, e questo incorniciamento irriga la scienza e la tecnica nello stesso movimento.\r\nBisogna prima cominciare ad avere l’intuizione dello spazio esteso, della natura come risorsa\r\nillimitata, per avere l'idea di misurare delle quantità o di sfruttare delle superfici. La genialità di\r\nFlusser è stata quella di spingere questa intuizione fino alla nuova svolta ontologica del secolo\r\nscorso: fino all’incornciamento dell'umano. Entrambi dicono quanto gli anti-tecnologie si\r\nsbaglino tanto quanto i tecnofili più zelanti: non c'è tecnica da negare come un dominio di cui\r\npotremmo fare a meno, che potremmo respingere, e tutto sarebbe risolto. Qualsiasi critica alla\r\ntecnologia non può prescindere dal regime di razionalità che ha dato vita a queste tecnologie: è\r\nqui che nasce la difficoltà. L’incorniciamento dell’umano mediante quantificazione\r\ncomputerizzata è mostruoso, ma non è delirante: è anzi l'unico regime di razionalità che\r\nconosciamo, che abbiamo mai conosciuto, noi che siamo nati nel secolo scorso. Il processo\r\nsull'irrazionalismo condotto dai media contro i manifestanti è superficiale: si ferma a raccogliere\r\nle parole di pochi imbecilli per alimentare la propaganda liberale. Eppure è qui che il terreno ci\r\nscivola sotto i piedi: quando diciamo che la strumentalizzazione della tecnologia a fini politici ci\r\nspaventa, diciamo una verità che è anche un impensabile. Non sapremmo dire cosa\r\nesisterebbe al posto di questa tecnologia, né cosa ne potremmo pensare se non esistessimo in\r\nquesta ontologia programmatica. Questo impensabile è vertiginoso quanto questo pensiero\r\ndell'esistenza di programmi automatizzati - un altro impensabile che mette a rischio il pensiero e\r\nche inevitabilmente conduce alcuni a cercare chi c'è dietro i programmi. In questa vertigine, in\r\nquesta mancanza della ragione, il movimento sarà sempre colto in difetto: è così che il\r\nprogramma, che è pura razionalità, si difenderà a tutti i costi. È così che il sistema\r\ncontrattaccherà, attraverso i suoi funzionari più zelanti, i verificatori di fatti per i quali la verità è\r\nuna somma di verità verificabili presso i ministeri che rilasciano le informazioni vere.\r\nIl Grand Reset non è, però, una fantasia o un complotto: è il nome di una proposta di\r\naggiornamento del programma emanata dal Forum Economico Mondiale, uno dei più importanti\r\npoli di programmazione planetaria al mondo, con il pretesto della pandemia e della crisi politica,\r\neconomica e sociale che ne è seguita. L'andamento del programma non è lineare: procede\r\ntramite crisi e balzi. La crisi del covid è un'incredibile opportunità per la tecnocrazia liberale di\r\naccelerare il programma - aggiornarlo. Ma è anche un'incredibile occasione, per noi, di portarlo\r\nalla luce. Quando la folla sfila per dire che è necessario rallentare l'accelerazione dell’attuazione\r\ndel programma, bisogna essere molto testardi per pensare che non sia qui che ciò si gioca,\r\nmolto faziosi per sentire solo le falsità. Perché una verità mai detta, difficilmente dicibile, eppure\r\nin agguato nell'ombra di ogni corpo, di ogni cervello ancora un po' umano, trova finalmente\r\nmodo di esprimersi. I Gilet Gialli erano stati l'occasione, rischiosa, come ogni occasione, di\r\nvedere la politica diventare affare di tutti, lontano da partiti, sindacati, avanguardie del\r\nproletariato, l'occasione data a ciascuno che non ci si ritrovasse, che non ci si ritrovasse più, di\r\nsperimentare l'occupazione e la difesa di un territorio, non fosse altro che una rotonda, una\r\nstrada borghese dietro una barricata, un parcheggio di un supermercato. Non dobbiamo\r\nperdere questa nuova occasione, quella di giletjaunizzare il movimento no-pass, e di fare\r\ndell'opposizione alla digitalizzazione del controllo della vita la possibilità di un bug, per quanto\r\npiccolo, nel programma.","28 Settembre 2021","2021-09-28 23:15:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/a7e3d41101cd03b6c689ea853221b36d-1-200x110.jpg","Macerie su Macerie - 27/09/21 - L'immunità, l'eccezione, la morte",1632864006,[],[],{"post_content":145},{"matched_tokens":146,"snippet":147,"value":148},[21],"Eichmann come modello del funzionario, \u003Cmark>Kissinger\u003C/mark>\r\ncome modello di programmatore”.\r\nQuanto","A Macerie su Macerie la traduzione e la lettura di un articolo francese di Olivier Cheval sul pass sanitario.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/maceriecompleto27sett.mp3\"][/audio]\r\n\r\nL’immunità, l’eccezione, la morte\r\nPensare ciò che ci accade con Vilém Flusser\r\ndi Olivier Cheval\r\n\r\n1.\r\nUn lasciapassare sanitario digitale è dunque ormai richiesto all'ingresso di bar e ristoranti,\r\ncinema e teatri, musei e palazzetti dello sport, discoteche e centri commerciali, TGV e aerei. Per\r\nviaggiare, per divertirsi, per incontrarsi bisogna essere in grado di dimostrare la propria\r\ninnocuità virale utilizzando un insieme di quadratini bianchi e neri leggibili da una macchina\r\ndotata di sensore fotografico e connessione internet, insieme che è stato chiamato Quick\r\nresponse code e soprannominato, per tendere a diventare veloci quanto la macchina, un QR\r\ncode. Questo sistema di smistamento e controllo mira ufficialmente a incoraggiare il maggior\r\nnumero possibile di persone a farsi vaccinare: al posto di una politica nazionale di vaccinazione\r\nobbligatoria, lo Stato ha scelto il ricatto attraverso la minaccia rivolta a ciascun individuo della\r\nprivazione del proprio diritto alla socialità e al movimento nello spazio pubblico. L'esito di questa\r\npolitica della minaccia sarà la cessazione dei rimborsi per i test, se non prescritti da un medico,\r\na partire dal mese di ottobre, di modo che solo le persone vaccinate o infettate da meno di sei\r\nmesi possano accedere a questi luoghi e servizi. Le persone non vaccinate dovranno pagare il\r\nprezzo di un test per ottenere una tregua di tre giorni, in caso contrario, come ai tempi dei\r\nlockdown, saranno escluse dai cosiddetti luoghi non essenziali. Anche se tutti gli altri potranno\r\ngoderne.\r\nInnanzitutto, contrariamente a quanto suggerisce il nome, il lasciapassare sanitario non è un\r\ndispositivo sanitario: esso priva i non vaccinati dell'accesso ad alcuni dei luoghi più spaziosi e\r\naperti, come dehors e musei, per costringere i loro momenti di convivialità all’angustia degli\r\nspazi domestici, benchè sia da tempo dimostrato che il covid-19 è stata una malattia che si è\r\ncontratta attraverso concentrazione di aerosol in ambienti piccoli e chiusi. Il lasciapassare\r\nsanitario è innanzitutto un dispositivo securitario, carcerario e strategico: è il nome della nostra\r\npiù grande sconfitta politica di questo inizio secolo. La sua attuazione avviene dopo\r\nl'introduzione del braccialetto elettronico come provvedimento giudiziario nel 1997 e l'emissione\r\ndei passaporti biometrici dal 2009. Sulla scia di questi due oggetti nuovi eppure ormai\r\nbanalizzati, nel senso che nessuno nel dibattito pubblico ne propone più l’abolizione, esso\r\ncontribuisce ad associare l'individuo ad un codice digitale; a legare la sua libertà di movimento a\r\nquanto registrato in questo codice; a slegare questa costrizione da un provvedimento\r\ngiudiziario, in modo che tutti siano trattati come criminali o potenziali pericoli - una bomba\r\nbatteriologica, attualmente. La grande perversità neoliberale del lasciapassare sanitario è che\r\nincoraggia ciascun cittadino a reclamare il proprio codice, con un atto volontario, molto spesso\r\nprendendo un appuntamento su internet, mentre nessuno ha mai chiesto di farsi mettere un\r\nbraccialetto alla caviglia. La grande violenza autoritaria del lasciapassare è quella di trasformare\r\nun buon milione di individui, bigliettai di cinema, camerieri di ristoranti, proprietari di bar,\r\nsorveglianti di musei, cassieri di piscine, organizzatori di feste di paese, in rilevatori di codici a\r\nbarre, in controllori di identità digitali - in uno straordinario contingente di polizia 2.0.\r\nUn anno fa, al termine del primo sequestro, l'istituzione di un tale sistema di smistamento,\r\ncontrollo e sorveglianza digitalmente assistito era una delle ipotesi di ciò che la stampa liberale\r\nchiamava la teoria del complotto del \"Grand Reset\", della Grande Reinizializzazione. Sei mesi\r\nfa, il Presidente della Repubblica e i suoi portavoce assicuravano con la mano sul cuore che\r\nnon avrebbero mai fatto ricorso a un dispositivo che avrebbe creato due categorie di cittadini:\r\nnon si divide la Repubblica, dicevano. Il complotto annunciato è avvenuto, mentre la promessa\r\ndel governo è stata tradita. Indovinate chi viene accusato dalla stampa liberale di un rapporto\r\nalterato con la realtà. \"In un mondo che è davvero capovolto, il vero è un momento del falso.\"\r\n2.\r\nQuest'estate ho letto Post-Histoire di Vilém Flusser, uscito due anni fa nell’indifferenza. Nessuno\r\naveva mai tradotto questo libricino pubblicato in portoghese nel 1983, ma si è scoperto di\r\nrecente che Flusser ne aveva scritta lui stesso una versione francese, quindi una piccola casa\r\neditrice si è incaricata di pubblicarlo. Vilém Flusser è un pensatore ceco esiliato in Brasile e poi\r\nin Francia, ha scritto in portoghese, tedesco, inglese e francese. Si dice di lui che sia un\r\nfenomenologo e un teorico dei media, senza comprendere appieno cosa lo abbia portato da un\r\ncampo all'altro. È perché in effetti non esistono due campi distinti - si potrebbe dire che Flusser\r\nè il fenomenologo di un mondo dove l'esperienza si è largamente ridotta ad essere una lettura\r\ndi interfacce, oppure, è la stessa cosa, che è l'ostinato commentatore, il continuatore e il critico\r\ndi un importante testo di Martin Heidegger: \"La questione della tecnica\".\r\nÈ in questo saggio che il filosofo tedesco ha proposto la sua celebre tesi dell’incorniciamento\r\ndel mondo tramite la tecnica moderna. Ciò che Heidegger postula è che dall’utensile alla\r\nmacchina, dalla tecnica artigianale alla tecnica motorizzata, c'è una rivoluzione ontologica: il\r\ncampo di cui si occupa un contadino che lo circonda di siepi non è lo stesso campo da cui un\r\nimprenditore agricolo estrae le risorse naturali; il fiume attraversato da un ponte non è lo stesso\r\nfiume del fiume da cui la cui centrale idroelettrica trae dell’elettricità. Dall'una all'altra ciò che\r\ncambia è che la tecnica moderna si interessa alla natura - aria, acqua, legno, terra, roccia - in\r\nquanto riserva di energia da estrarre e da immagazzinare - il vento scompare come fenomeno,\r\nil campo scompare come luogo, il fiume cessa di essere questo oggetto davanti a noi che\r\nattraversa il paesaggio, per rivelarsi ogni volta come \"fondo\", una massa interamente disponibile\r\nper il calcolo, l'estrazione e l'accumulo. La tecnica non è solo l'indice della ragione strumentale\r\ndell'uomo: essa è un certo modo di svelare il mondo, ottenuto da quella che Heidegger chiama\r\nun’interpellanza o una provocazione fatta alla natura perchè si riveli come fondo. Questo\r\ndisvelamento «accade nel fatto che l’energia nascosta nella natura viene messa allo scoperto, ciò\r\nche così è messo allo scoperto viene trasformato, il trasformato immagazzinato, e ciò che è\r\nimmagazzinato viene a sua volta ripartito e il ripartito diviene oggetto di nuove trasformazioni».\r\nHeidegger risponde quindi a un'obiezione immaginaria: la centrale idraulica che si alimenta dal\r\nReno impedisce che esso continui ad essere un fiume, lo stesso che cantava Hölderlin, e che si\r\npossa ancora ammirarlo? \"Può darsi, ma come? Solo come oggetto “impiegabile” per le\r\nescursioni organizzate da una società di viaggi, che vi ha messo su (bestellt) una industria delle\r\nvacanze\". Allora il testo è attraversato dall'ombra di un'intuizione subito respinta: e se con la\r\ntecnica moderna fosse l'uomo a rivelarsi come fondo, ossia come energia liberata, ottenuta,\r\ntrasformata, accumulata e oggetto di nuove trasformazioni? \"Il parlare comune di “materiale\r\numano” [e ancor più oggi di risorse umane], di “contingente di malati” di una clinica, lo fa\r\npensare\". Segue un sentiero contorto e tortuoso, di quelli che non portano da nessuna parte: la\r\nguardia forestale che crede di seguire l'esempio del nonno è infatti, suo malgrado, impiegato\r\ndall’industria del legno smaniosa di cellulosa; essa stessa è a sua volta provocata dalla\r\ndomanda di carta da parte dell'industria della stampa, per i giornali o le riviste illustrate; \"Questi\r\na loro volta dispongono il pubblico ad assorbire le cose stampate, in modo da divenire\r\nimpiegabile per la costruzione di una pubblica opinione costruita su commissione\". L’Essere\r\nresta misterioso, indeterminato, allorchè sembrerebbe portare un carico politico davanti al quale\r\nHeidegger indietreggia, e il percorso si biforca immediatamente: perché nella tecnica il mondo si\r\nrivela in un certo modo all'uomo, si disvela come un fondo, l'uomo resta il soggetto di questo\r\nritiro dall'oggetto, e quindi non è mai \"un fondo puro\".\r\nIl libro di Flusser cerca di riprendere il pensiero di Heidegger ai tempi della cibernetica. E di\r\ncapire come il dispositivo, che oggi prende il posto della macchina, sia proprio la tecnica che\r\ntrasforma l’umano in un fondo. Heidegger aveva intuito che la salute fosse il primo posto in cui\r\nsi sarebbe presentato questo rischio. Flusser conferma l'intuizione: \"la medicina è il grande\r\nscandalo del presente\". Questo perché non è mai stata una scienza dura: essa ha a che fare\r\ncon un soggetto, il malato, che non è materia inanimata disponibile a tutti i calcoli. Ma come\r\ntutte le scienze molli, come l'economia statistica o la politologia, essa è in preda al proprio\r\nindurimento tramite la quantificazione computerizzata. È quando il malato diventa un oggetto, e\r\nil contingente dei malati un fondo, che la vita cessa di essere pensabile e che si verifica una\r\nsvolta epocale.\r\nNell'era delle microschede, del lancio del Minitel e dei moduli da compilare in maiuscolo in\r\ncaselle quadrate, Flusser è come il primo spettatore dell'emergere di un mondo che sembra\r\nvedere meglio di noi, troppo accecati come siamo dala luce dei nostri schermi - egli profetizza la\r\ndigitalizzazione del mondo futuro come se fosse già avvenuta davanti ai suoi occhi. Il mondo\r\npreindustriale aveva inventato l’utensile, il mondo industriale ha inventato la macchina, il mondo\r\npostindustriale avrà inventato il dispositivo o l’aggeggio, cioè il programma. Ad ognuna di\r\nqueste tecniche la propria ontologia, la propria etica, la propria politica. L’utensiole era al centro\r\ndi un mondo contadino e artigiano dove la natura era un cosmo animato di cui prendersi cura,\r\ndove le persone erano un gregge da guidare, dove il tempo era fatto di cicli per i quali si\r\nattendeva pazientemente il ritorno, dove la vita era tracciata dal destino, dove l'azione valeva\r\nper la finalità che le si dava. La macchina aveva segnato l'ingresso in un mondo inanimato e\r\ncausale, il mondo esteso della materia e della produzione, del lavoro in catena di montaggio,\r\ndella libertà politica e della possibilità della rivoluzione. L'ontologia programmatica che il\r\ndispositivo inventa, come si può intuire nelle arti, nella scienza, nella politica, è l'ingresso in un\r\nmondo formale, molteplice e piatto nel quale causa e fine sono sospesi: esiste solo una\r\nsuperficie di virtualità troppo numerose per essere calcolabili, e che quindi si realizzano\r\nsecondo una necessità che non può che assumere l'aspetto del caso, come mostrato dal\r\ncollage dadaista, dalla teoria del big bang o dalla governance attraverso la statistica. “Una tale\r\nontologia programmatica ha generato l'invenzione di computer e strumenti intelligenti. Essa\r\nconduce alla trasformazione della società in un sistema cibernetico fatto di dispositivi e di\r\nfunzionari. Gli uomini sono programmati per funzionare come pezzi di un gioco simbolico. Sono\r\ncriptati e numerati. Diventano calcolabili in statistiche e cartoncini traforati. Sono programmati in\r\nmodo tale da accettare volontariamente la loro programmazione. Il funzionario è un uomo\r\nprogrammato non solo per funzionare, ma anche per accettare il proprio funzionamento.\r\nNaturalmente, una tale società postindustriale non ha ancora raggiunto il suo stadio di perfetta\r\nrealizzazione. Ma abbiamo già i suoi modelli: Eichmann come modello del funzionario, \u003Cmark>Kissinger\u003C/mark>\r\ncome modello di programmatore”.\r\nQuanto a pessimismo, Flusser non ha nulla da invidiare ai suoi contemporanei della teoria\r\ncritica post-marxista, Adorno, Debord o Cesarano. Il passo ulteriore di Flusser deriva dal fatto\r\nche egli non crede più nemmeno all'utilità della critica: si accontenta di descrivere e di giocare.\r\nIn questo è forse più vicino a Borges, alla sua invenzione di labirinti di cui si è persa la chiave, di\r\nsistemi le cui istruzioni per l'uso non sono ancora state inventate, di copie che hanno\r\nrimpiazzato i propri modelli. Flusser descrive la società cibernetica governata dai dispositivi\r\ncome l'avanzare del caso nel vuoto: un programmatore programma un dispositivo, poi un altro\r\ndispositivo per aiutarlo a programmare quel dispositivo e molto rapidamente i dispositivi iniziano\r\nautomaticamente a programmarne altri, si servono dell’umano come fondo che alimenta il\r\nfeedback di cui hanno bisogno per funzionare, ed ecco che nessuno ha più la presa. Una\r\nburocrazia comincia ad operare in isolamento, per alimentare i dispositivi e cibare le statistiche.\r\nNello stesso periodo, Duras aveva intuizioni molto simili: \"La robotica, la telematica,\r\nl’informatica, questi sono progressi che, ad ogni livello, si fanno una volta per tutte. Per effetto di\r\nciò che avrà fatto un solo uomo, tutti gli altri uomini saranno privati dal poter inventare».\r\nL'intellettuale critico non è mai altro che un funzionario come un altro, previsto dal programma:\r\negli è questo margine che si crede resistente al sistema ma viene da esso incluso suo\r\nmalgrado, perché produce un feedback più qualitativo che porta il sistema ad affinarsi, i\r\ndispositivi ad essere meno grossolani, meno leggibili, più sottili. \"Se per eresia si contesta il\r\nprogramma del dispositivo, subito cresce, all'interno del dispositivo, un ministero della\r\ncontestazione. In fin dei conti, è sempre il dispositivo che soddisfa i capricci di qualsiasi eresia\r\nattraverso l'uniforme che gli dispensa. Il totalitarismo della standardizzazione multiforme opera\r\nautomaticamente ovunque. Democrazia liberale.” Per Flusser, la società cibernetica è per\r\nessenza apolitica: la funzione ha sostituito l'azione, una serie di input e output individuali e\r\naccoppiati ha preso il posto delle persone, la politica è stata ridotta a un programma che\r\nmanipola l'opinione sondandola costantemente. L'unico atto politico che Flusser contempla\r\nancora - con l'ironia del catastrofista - è la diserzione. All’epoca non si parlava ancora di bug.\r\n3.\r\nDi fronte al movimento di protesta contro il lasciapassare sanitario, la stampa liberale e più in\r\ngenerale il campo progressista fingono di non capire l'oggetto della protesta. Dietro i no-pass si\r\nnasconderebbero solo dei no-vax un po’ fuori di testa. Il movimento sarebbe viziato dalla\r\ncospirazione, dalle fake news, da un odio per la scienza e da un conservatorismo proto-fascista.\r\nE’ che è molto facile non vedere che dietro la trama c'è il programma. Che dietro le derive e gli\r\neccessi, c'è una giusta intuizione. Cos'è questa intuizione? Che una tecnocrazia\r\ngovernamentale al servizio esclusivo della tecno-scienza-economia applichi un programma\r\ndigitale di controllo come fanno tutte le democrazie liberali, decennio dopo decennio, senza\r\ntregua; che tecnologia, polizia e profitto avanzino di pari passo, senza che alcun potere cambi il\r\ngioco, nè ambisca a farlo; che il lasciapassare sanitario segua la stessa logica della\r\ngeneralizzazione della videosorveglianza, dell'introduzione del passaporto biometrico e del\r\nbraccialetto elettronico, quella di una digitalizzazione dello spazio pubblico volta ad aumentare\r\nla sorveglianza delle persone e l'amministrazione della vita; che esso segni l’iscrizione a lungo\r\ntermine di tutte le misure eccezionali adottate nell'ultimo anno e mezzo, l'entrata dello stato di\r\nemergenza sanitaria nella legge.\r\nLa genialità di Heidegger è stata quella di dimostrare che tecnica e ontologia sono indiscernibili:\r\nche non c'è prima la scienza della natura che comincia a trasformare gli oggetti in superficie di\r\ncalcolo, poi la tecnica che sfrutta questi progressi scientifici applicandoli, infine un mondo che si\r\ntrova cambiato. No, c’è prima l’incorniciamento del mondo come nuovo modo di rapportarsi\r\nall'essere, e questo incorniciamento irriga la scienza e la tecnica nello stesso movimento.\r\nBisogna prima cominciare ad avere l’intuizione dello spazio esteso, della natura come risorsa\r\nillimitata, per avere l'idea di misurare delle quantità o di sfruttare delle superfici. La genialità di\r\nFlusser è stata quella di spingere questa intuizione fino alla nuova svolta ontologica del secolo\r\nscorso: fino all’incornciamento dell'umano. Entrambi dicono quanto gli anti-tecnologie si\r\nsbaglino tanto quanto i tecnofili più zelanti: non c'è tecnica da negare come un dominio di cui\r\npotremmo fare a meno, che potremmo respingere, e tutto sarebbe risolto. Qualsiasi critica alla\r\ntecnologia non può prescindere dal regime di razionalità che ha dato vita a queste tecnologie: è\r\nqui che nasce la difficoltà. L’incorniciamento dell’umano mediante quantificazione\r\ncomputerizzata è mostruoso, ma non è delirante: è anzi l'unico regime di razionalità che\r\nconosciamo, che abbiamo mai conosciuto, noi che siamo nati nel secolo scorso. Il processo\r\nsull'irrazionalismo condotto dai media contro i manifestanti è superficiale: si ferma a raccogliere\r\nle parole di pochi imbecilli per alimentare la propaganda liberale. Eppure è qui che il terreno ci\r\nscivola sotto i piedi: quando diciamo che la strumentalizzazione della tecnologia a fini politici ci\r\nspaventa, diciamo una verità che è anche un impensabile. Non sapremmo dire cosa\r\nesisterebbe al posto di questa tecnologia, né cosa ne potremmo pensare se non esistessimo in\r\nquesta ontologia programmatica. Questo impensabile è vertiginoso quanto questo pensiero\r\ndell'esistenza di programmi automatizzati - un altro impensabile che mette a rischio il pensiero e\r\nche inevitabilmente conduce alcuni a cercare chi c'è dietro i programmi. In questa vertigine, in\r\nquesta mancanza della ragione, il movimento sarà sempre colto in difetto: è così che il\r\nprogramma, che è pura razionalità, si difenderà a tutti i costi. È così che il sistema\r\ncontrattaccherà, attraverso i suoi funzionari più zelanti, i verificatori di fatti per i quali la verità è\r\nuna somma di verità verificabili presso i ministeri che rilasciano le informazioni vere.\r\nIl Grand Reset non è, però, una fantasia o un complotto: è il nome di una proposta di\r\naggiornamento del programma emanata dal Forum Economico Mondiale, uno dei più importanti\r\npoli di programmazione planetaria al mondo, con il pretesto della pandemia e della crisi politica,\r\neconomica e sociale che ne è seguita. L'andamento del programma non è lineare: procede\r\ntramite crisi e balzi. La crisi del covid è un'incredibile opportunità per la tecnocrazia liberale di\r\naccelerare il programma - aggiornarlo. Ma è anche un'incredibile occasione, per noi, di portarlo\r\nalla luce. Quando la folla sfila per dire che è necessario rallentare l'accelerazione dell’attuazione\r\ndel programma, bisogna essere molto testardi per pensare che non sia qui che ciò si gioca,\r\nmolto faziosi per sentire solo le falsità. Perché una verità mai detta, difficilmente dicibile, eppure\r\nin agguato nell'ombra di ogni corpo, di ogni cervello ancora un po' umano, trova finalmente\r\nmodo di esprimersi. I Gilet Gialli erano stati l'occasione, rischiosa, come ogni occasione, di\r\nvedere la politica diventare affare di tutti, lontano da partiti, sindacati, avanguardie del\r\nproletariato, l'occasione data a ciascuno che non ci si ritrovasse, che non ci si ritrovasse più, di\r\nsperimentare l'occupazione e la difesa di un territorio, non fosse altro che una rotonda, una\r\nstrada borghese dietro una barricata, un parcheggio di un supermercato. 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