","IL RISIKO BANCARIO ACCELERA. MPS PUNTA MEDIOBANCA, MA IL BERSAGLIO SONO LE GENERALI","post",1737995038,[54,55,56,57],"http://radioblackout.org/tag/fusioni-bancarie/","http://radioblackout.org/tag/mediobanca/","http://radioblackout.org/tag/monopoli/","http://radioblackout.org/tag/mps/",[25,23,21,17],{"post_content":60,"post_title":65,"tags":68},{"matched_tokens":61,"snippet":63,"value":64},[62],"Mediobanca","di scambio nei confronti di \u003Cmark>Mediobanca\u003C/mark> per raggiungere una forza destinata","Forti dei profitti straordinari accumulati durante la stagione dei tassi negativi e grazie all'immissione forsennata di liquidità da parte delle banche centrali, le banche italiane puntano alle aggregazioni di istituti sostenendo la tendenza alla creazione di pochi soggetti che controllino gran parte del mercato. Si tratta di profitti però che si sono polarizzati nei bilanci dei pochissimi istituti più grandi, solerti a tradurli in lauti dividendi per gli azionisti, a cominciare naturalmente dai maggiori. Dopo il caso Unicredit, questa volta è il Monte dei Paschi di Siena - salvato dal fallimento grazie all'intervento statale nel 2012 attraverso i Monti bond - a lanciare l’offerta pubblica di scambio nei confronti di \u003Cmark>Mediobanca\u003C/mark> per raggiungere una forza destinata a contrastare Unicredit e, soprattutto, a distogliere Generali dalla fusione con i francesi di Natixis. L’offerta pubblica di scambio lanciata da Unicredit, insieme al tentativo di scalata di Commerzbank, e l’avvicinamento tra Generali e Natixis, hanno rappresentato l’evidente tentativo di internazionalizzare il credito italiano, accentuando ancor di più il ruolo dei grandi fondi statunitensi, a partire da BlackRock, ed europei, in particolare francesi. A questo tentativo si oppongono un nocciolo di azionisti relativamente ristretto quali Delfin dei Del Vecchio e Caltagirone, che hanno il 15% in Mps e il 26% in \u003Cmark>Mediobanca\u003C/mark>, che a sua volta possiede il 13% di Generali e settori governativi che perseguono una visione \" sovranista \" ma che sostengono in realtà gli interessi degli \"stakehokders\"che hanno beneficiato degli enormi dividendi.\r\n\r\n\r\nNe parliamo con Renato Strumia del Sallca Cub\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/INFO-STRUMIA-27012025.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":66,"snippet":67,"value":67},[23],"IL RISIKO BANCARIO ACCELERA. 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L’esposizione verso le banche è di un miliardo. A fine giugno è stata portata a termine una ricapitalizzazione di 400 milioni di euro, appena sufficienti a tappare qualche buco. RCS è retta da un patto di sindacato: con questa espressione si designa l’alleanza di più azionisti che, insieme, raggiungono il tetto necessario a governare la barca. Nel patto di sindacato di RCS il principale azionista era, con circa il 16%, Rotelli l’imprenditore che oggi controlla il San Raffaele, che è tuttavia orientato a gettare la spugna. Inizialmente era previsto che Fiat facesse la sua parte e poco più, per un investimento totale, tra mantenimento della posizione e incremento della quota, di una cinquantina di milioni di euro. Sarebbe dovuta salire dal 10,49 al 13,4 per cento dell’editrice, arrivando a tallonare Mediobanca (14,6%) e l’eventuale successore della famiglia Rotelli.\r\nIl 28 giugno c’è stato il colpo di scena: Elkann ha deciso di alzare la posta e di tirare dritto oltre il 20% dell’editrice. Fiat ha acquistato altri 10.700.000 diritti di opzione che le daranno diritto alla sottoscrizione di 32.100.000 azioni Rcs.\r\nL’editoria, nonostante le, sia pur ridotte, sovvenzioni pubbliche, non è un affare. Il quotidiano di famiglia, La Stampa è sotto di 27 milioni di euro.\r\nNon vi sono però dubbi sulla rilevanza rivestita dalla partita sull’informazione, uno degli snodi di potere cruciali nella nostra epoca.\r\nFiat, la cui presenza nel settore auto del nostro paese è da tempo appesa ad un filo, ha deciso una strategia di allargamento della propria influenza. Inutile dire che l’azionista di maggioranza ha l’ultima parola nella nomina del direttore del Corsera.\r\nAscolta la diretta con Francesco che ci ha aiutato a capirne di più sui meccanismi finanziari, ma non solo, della scalata che, sulle orme di suo nonno, John Elkann ha intrapreso al quotidiano milanese:\r\n2013 07 03 francesco scalata del corsera","4 Luglio 2013","","2013-07-08 00:07:23","La scalata di Fiat al Corsera",1372951481,[109,110,111],"http://radioblackout.org/tag/corriere-della-sera/","http://radioblackout.org/tag/fiat/","http://radioblackout.org/tag/rcs/",[27,19,15],{"post_content":114},{"matched_tokens":115,"snippet":116,"value":117},[62],"cento dell’editrice, arrivando a tallonare \u003Cmark>Mediobanca\u003C/mark> (14,6%) e l’eventuale successore della","RCS, l’editrice del Corriere della Sera, è in crisi gravissima. L’esposizione verso le banche è di un miliardo. 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Il controllo di Telco che a sua volta controlla Telecom è passato alla spagnola telefonica. E' l'ultimo esito delle privatizzazioni all'italiana, che prevedono lo spolpamento e poi la dismissione dei gioielli di famiglia.\r\nTelecom venne privatizzata ai tempi di Prodi, ricomprata ai tempi di D'Alema, da quelli che l'allora presidente del consiglio definì \"capitani coraggiosi\", tanto coraggiosi che la acquisirono con i suoi stessi soldi. Le ovvie conseguenze furono che Telecom si caricò di un debito miliardario dal quale non è mai riuscita a liberarsi.\r\nTelecom, a differenza delle altre public company privatizzate, non è stata sottoposta allo scorporo delle reti, consentendo di mantenere in mani pubbliche la parte \"strategica\", pur privatizzando i servizi. E' il caso del gas, dove la rete è gestita da Snam, dell'elettricità dove è gestita da Terna, delle ferrovie, dove RFI controlla le linee.\r\nIl rapporto tra la politica e la gestione di Telecom è sempre stato molto stretto, perché le telecomunicazioni sono un settore nevralgico sul quale gli occhi e le mani dei governi di turno sono sempre stati saldamente piantati. Va da se che sia Letta sia l'AD di Telecom Bernabé hanno mentito affermando di non aver saputo niente dell'operazione che ha portato al controllo di Telco da parte di Telefonica. Telco è la società che venne costituita quando a Pirelli mancarono i fondi per mantenere Telecom. Nelle public company, ossia le società ad azionariato diffuso non è necessario avere la maggioranza assoluta per governare la società. A Telco basta il 23% per essere socio di maggioranza. In Telco avevano quote Generali, Mediobanca e Banca Intesa. Queste società erano in crisi di liquidità ed hanno venduto le loro quote a Telefonica, la società spagnola leader della telefonia iberica. E' probabile che l'interesse di Telefonica per Telecom non sia tanto per le reti e gli utenti italiani quanto per le consociate di Telecom in America latina, Telecom Brasile e Telecom Argentina che sono leader in quei paesi, dove la società spagnola ha grandi interessi che vorrebbe rafforzare.\r\nUna possibile conseguenza di questa acquisizione potrebbe essere un minore investimento in campo tecnologico e quindi un peggioramento del servizio in Italia, dove difficilmente verrà dato impulso alla fibra ottica e alla banda larga.\r\nNon solo. In questo tipico inghippo all'italiana si sono già levate le proteste dei servizi segreti che considerano il controllo delle reti di telefonia fissa una questione di sicurezza nazionale. Non è difficile prevedere che prima del prossimo anno, quando Telefonica potrà assumere realmente il comando, qualcuno proporrà di ricomperare da Telefonica le reti fisse, pagandole a carissimo prezzo. Con soldi pubblici, ovviamente. In questo modo le spie di Stato potranno continuare a intercettare chi vogliono.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, un economista che ci ha aiutato a districarci tra le maglie dei tecnicismi, per andare alla polpèa della questione.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2013 09 27 fricche telecom","2 Ottobre 2013","2018-10-17 22:10:37","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/10/2347774-telecom3-200x110.jpg","Telecom. 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