","Mercosur-EU: 20 anni per truffare 600 milioni di europei","post",1562440623,[60,61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/accordi-internazionali/","http://radioblackout.org/tag/dazi/","http://radioblackout.org/tag/meat-for-car/","http://radioblackout.org/tag/mercosur/","http://radioblackout.org/tag/trattati-di-commercio/",[33,15,21,19,31],{"post_content":67,"post_title":71,"tags":74},{"matched_tokens":68,"snippet":69,"value":70},[19],"zero – sono principalmente due: il \u003Cmark>Mercosur\u003C/mark> punta a incrementare le esportazioni","Ma il danno è innanzitutto ambientale: infatti l'impresentabile Bolsonaro ha persino accettato di sottoscrivere gli Accordi di Parigi pur di spianare l'Amazzonia e scaricare in Europa prodotti agricoli ogm e coltivati con pesticidi vietati in Europa che sostituiranno quelli europei (e francesi innanzitutto) in cambio di merci automotive essenzialmente tedesche. Meat for car... e concorrenza sleale sulla pelle dei cittadini: in pratica si agevola e sostiene la produzione di automobili inquinanti e agricoltura intensiva senza alcun controllo sulle merci importate che sostituiranno quelle prodotte all'interno dell'Unione, meno concorrenziali perché di maggiore qualità.\r\n\r\nI governi di Lula, Kirchner, Mojica... frenarono parecchio in questi anni proprio in previsione del disastro ambientale nei loro paesi, ma con i nuovi dirigismi ultraliberisti piovuti sul Sudamerica le remore sono state bandite; anche se in realtà chi ci rimette maggiormente è la salute degli europei, che hanno dovuto infilare la testa nel cappio senza poter esprimere il proprio disappunto, e in più con le perdite prevedibili in settori di mercato proprio per quei piccoli imprenditori che la vulgata vorrebbe agevolati dalla diminuzione dei dazi previsti biunivocamente dagli accordi fortemente voluti da Macrì (ovvero da Fmi).\r\n\r\nGli obiettivi di questo sistema che privilegia le filiere lunghe – l'opposto del chilometro zero – sono principalmente due: il \u003Cmark>Mercosur\u003C/mark> punta a incrementare le esportazioni di carne bovina di circa il 30% – previsto un contingente agevolato di 99 mila tonnellate annue – e altri prodotti agricoli verso l'Unione europea, alimentando un settore che si colloca al primo posto fra le cause della distruzione dell'Amazzonia. L'Europa, dall'altra parte, sotto la spinta decisiva della Germania (con il supporto di Spagna e Portogallo), avrà in cambio un'apertura dei mercati alle auto di grossa cilindrata, specialmente grandi fuoristrada (Suv), che ora subiscono una tariffazione del 35%. Altri beni che viaggeranno più speditamente verso l'America latina sono i macchinari (oggi tassati del 20%) e i prodotti chimici (che attualmente affrontano un sovrapprezzo del 18%) . In tutto l'Ue promette di risparmiare 4 miliardi annui di dazi sulle esportazioni e di aprire ai suoi investitori un mercato di 260 milioni di persone. Le esportazioni dal \u003Cmark>Mercosur\u003C/mark> riguardano per 3/4 prodotti primari, di cui oltre la metà sono prodotti agricoli – soprattutto semi di soia (12,8%) e farina di soia (11,5%), usata come cibo ultraproteico per animali \"pompati\". Tra le esportazioni anche paste chimiche di legno di conifere (alla soda o al solfato) usate per produrre carta bianca (14%) e dissolvere buona parte delle foreste amazzoniche, caffè (12,5%), carne bovina, pollame e succhi di frutta.\r\n\r\nAbbiamo sentito un'indignata Monica Di Sisto, responsabile di Fairwatch, con la quale abbiamo esteso l'analisi delle conseguenze di questo disastro ecologico anche gli squilibri geopolitici a livello europeo e globale:\r\n\r\nAccordi capestro",{"matched_tokens":72,"snippet":73,"value":73},[19],"\u003Cmark>Mercosur\u003C/mark>-EU: 20 anni per truffare 600 milioni di europei",[75,77,79,81,84],{"matched_tokens":76,"snippet":33},[],{"matched_tokens":78,"snippet":15},[],{"matched_tokens":80,"snippet":21},[],{"matched_tokens":82,"snippet":83},[19],"\u003Cmark>Mercosur\u003C/mark>",{"matched_tokens":85,"snippet":31},[],[87,93,96],{"field":34,"indices":88,"matched_tokens":90,"snippets":92},[89],3,[91],[19],[83],{"field":94,"matched_tokens":95,"snippet":73,"value":73},"post_title",[19],{"field":97,"matched_tokens":98,"snippet":69,"value":70},"post_content",[19],578730123365712000,{"best_field_score":101,"best_field_weight":102,"fields_matched":103,"num_tokens_dropped":46,"score":104,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},"1108091339008",13,2,"578730123365711978",{"document":106,"highlight":125,"highlights":130,"text_match":133,"text_match_info":134},{"cat_link":107,"category":108,"comment_count":46,"id":109,"is_sticky":46,"permalink":110,"post_author":49,"post_content":111,"post_date":112,"post_excerpt":52,"post_id":109,"post_modified":113,"post_thumbnail":114,"post_thumbnail_html":115,"post_title":116,"post_type":57,"sort_by_date":117,"tag_links":118,"tags":122},[43],[45],"94261","http://radioblackout.org/2024/12/aggiornamenti-sulle-mobilitazioni-degli-agricoltori/","In questi giorni si parla nuovamente della situazione delle imprese agricole in Europa. Gli agricoltori francesi e belga sono tornati a farsi sentire. Il 5 dicembre hanno bloccato l’autostrada che collega Lille a Bruxelles per esprimere la loro opposizione ai nuovi accordi di libero scambio tra UE e Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia). Lunedì 9 si è tenuta un’altra manifestazione a Bruxelles, nel quartiere delle istituzioni europee, per cercare di farsi sentire in occasione della riunione del consiglio AGRI FISH che riunisce tutti i ministri di agricoltura e pesca dei paesi membri. Il rinnovo di visibilità di questi agricoltori ci ha portate a chiederci cosa succede nelle realtà agricole piemontesi che hanno preso parte alle proteste dei trattori, ormai quasi un anno fa. Abbiamo chiesto aggiornamenti all’Associazione Agricoltori Autonomi Italiani, nata in Piemonte a seguito delle proteste. Ascoltiamo le voci di Revelli, Pittavino e Massano, produttori nell’area di Cuneo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/AUDIO-2024-12-11-12-12-03.mp3\"][/audio]","13 Dicembre 2024","2024-12-13 18:09:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/images-1-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"284\" height=\"177\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/images-1.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Aggiornamenti sulle mobilitazioni degli agricoltori",1734113360,[119,120,121],"http://radioblackout.org/tag/agricoltura/","http://radioblackout.org/tag/piemonte/","http://radioblackout.org/tag/proteste-agricoltori/",[123,124,29],"agricoltura","piemonte",{"post_content":126},{"matched_tokens":127,"snippet":128,"value":129},[19],"libero scambio tra UE e \u003Cmark>Mercosur\u003C/mark> (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e","In questi giorni si parla nuovamente della situazione delle imprese agricole in Europa. 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Con un occhio al caso Huawei.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Fricche, economista, autore di un artciolo uscito sull’ultimo numero di Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/2019-05-21-guerra-dazi-fricche.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDi seguito l’articolo:\r\n\r\nDall'inizio del 2019 va di moda, sui giornali economici, una nuova parola: \"slowbalization\". E' una crasi (per le persone che non mangiano pane e vocabolario, vuol dire unione tra due parole) tra i termini inglesi \"slow\", che significa \"lento\" e \"globalization\" che significa \"globalizzazione\". Si può tradurre con \"rallentamento della globalizzazione\".\r\nLa parola è stata inventata da un olandese, Adjiedj Bakas, ma è diventata famosa con una mossa (a Roma diremmo \"paracula\") dell'Economist, che ha dedicato all'argomento la copertina del giornale pochi giorni prima del \"World Economic Forum\" di Davos del gennaio scorso dove tutti i presenti, per darsi il tono di chi sta sul pezzo e conosce le ultime notizie, hanno dissertato sul neologismo. Da allora i giornalisti economici hanno cominciato ad usarla quando parlano di come sta andando l'economia nel mondo.\r\nIn realtà la parola descrive un fenomeno, il rallentamento della globalizzazione, che non si riesce ancora a capire se indichi il suo crepuscolo o un assestamento.\r\nSono diminuiti, dopo la crisi economica del 2007, i flussi finanziari nel mondo: si tratta dei soldi che vengono investiti (per diversi motivi: prestiti, acquisto di azioni e obbligazioni, investimenti, acquisto di titoli di stato, ecc.) da un paese all'altro. In una decina d'anni si sono ridotti a un terzo: nel 2007 erano 12,4 trilioni di dollari, nel 2016 erano 4,3 trilioni (per chi fosse troppo povero per saperlo: i trilioni sono miliardi di miliardi). Calcolati come percentuale del PIL mondiale, danno un valore che c'era negli anni '90, prima dell'esplosione della globalizzazione. All'interno di questo dato ci sono però tendenze diverse. Il peso degli investimenti diretti esteri (si tratta degli investimenti \"durevoli\" come l'acquisizione del controllo di una società estera o la creazione di una filiale in un altro paese) è aumentato rispetto al 2007, mentre tutte le altre componenti finanziarie sono diminuite moltissimo.\r\nIl commercio estero complessivo dal 2007 è rimasto costante (anche se, nel 2017, ha avuto un incremento inatteso e non ci sono ancora i dati del 2018), ma è aumentato molto quello all'interno di aree omogenee di scambio (come l'Unione Europea o il Mercosur), il che significa che è diminuito quello tra aree diverse. E' anche cambiato il modo di produzione. La maggior parte delle esportazioni è costituita da semilavorati, non più da prodotti finiti. La componente dei \"servizi\", soprattutto quelli legati al digitale, è invece aumentata.\r\nLa globalizzazione ha comportato un problema sociale gigantesco, di cui la maggior parte delle persone si sta rendendo conto sulla propria pelle: alcuni si sono arricchiti tantissimo e la maggior parte delle persone si è impoverita. Cinque anni fa 62 persone possedevano quanto la metà degli abitanti del pianeta (3.7 miliardi di persone), oggi solo 26 persone possiedono quanto la metà degli abitanti della terra (3,8 miliardi di persone). La risposta politica apparentemente prevalente all'interno dei vari paesi è il populismo con venature nazionaliste, sessiste, razziste, discriminatorie, omologatrici.\r\nE' un problema non soltanto europeo: Trump, Putin, Xi Jinping (ma anche Erdogan, Balsonaro, Duterte, Narendra Modi e tutti gli altri aspiranti dittatoruncoli) usano la concezione dell'uomo forte, dello stato nazione e della prevalenza degli abitanti purosangue (wasp, russi, han, turchi, brasiliani, filippini, hindù che siano) naturalmente \"superiori\" agli altri per giustificare la repressione del \"diverso\" (comunque si manifesti e qualsiasi cosa significhi).\r\nNella sua declinazione statunitense questo significa riaffermare il primato, militare ed economico, degli USA sul resto del mondo. Gli USA sono ancora il primo paese al mondo per il Prodotto Interno Lordo: il valore dei beni e servizi prodotti in un anno negli USA è superiore a quello di qualsiasi altro stato. Gli USA producono per 20.500 miliardi di dollari l'anno, la Cina per 13.100 miliardi. Il terzo, il Giappone per poco più di 5.000 miliardi. L'Italia è ottava con poco più di 2.000 miliardi.\r\nC’è però un problema. Il Prodotto Interno Lordo viene calcolato in base al valore di mercato dei beni. Per cui, se un chilo di riso costa 1 dollaro negli USA e 5 centesimi in Cina, questo contribuirà al PIL per 1 dollaro negli USA e per 5 centesimi in Cina. Se invece, visto che sempre un chilo di riso è, gli si dà lo stesso valore, cioè si calcola il PIL a parità di potere d'acquisto, la Cina ha sorpassato gli USA. Il PIL cinese varrebbe 17.600 miliardi, quello degli USA solo 17.400 miliardi. L'India sarebbe terza con 7.350 miliardi e l'Italia decima con 2.121 miliardi.\r\nGli USA hanno un deficit commerciale strutturale con la Cina: importano dalla Cina molti più beni di quanti ne esportino. La Cina con i dollari che guadagna ci compra i \"bond\", i titoli del tesoro USA (e mantiene in questo modo sottovalutato lo yuan) e, fino ad adesso, questa modalità andava bene a tutti e due gli stati. Sennonché la Cina, che comunque sta sorpassando gli USA anche nel PIL nominale, si sta proponendo come paese imperialista, esportando capitali oltre che merci e sta ampliando la propria sfera d’azione anche al campo militare.\r\nAll’inizio del 2018, il 22 gennaio, Trump ha deciso, per questo motivo, di aprire una guerra commerciale con la Cina. Ha deciso di utilizzare un’arma che, in tempi di globalizzazione, è stata fortemente combattuta proprio dagli USA: ha messo dei dazi. Si tratta di imposte che devono essere pagate, in percentuale, sul valore sulle merci importate. All’inizio ha colpito solo i pannelli solari e lavatrici cinesi per un valore di totale di 10 miliardi di importazioni.\r\nA marzo 2018 Trump ha rilanciato, ricorrendo a una legge utilizzata in tempo di guerra (fredda o calda che fosse) per salvaguardare la produzione bellica nazionale, e si è appellato alla “sicurezza nazionale” per imporre dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio. Che fosse una scusa è stato chiaro da subito: uno può anche dire \"io devo salvaguardare la produzione di acciaio USA perché, se devo produrre i carri armati, non posso doverlo comprare dalla Cina a cui magari devo fare guerra\", ma quando poi la maggior parte dell'acciaio lo compri dal Canada e dall'Europa, è evidente la pretestuosità della scelta.\r\nA settembre 2018 ha imposto nuovi dazi ai prodotti cinesi (per un valore di 200 miliardi di dollari) prima al 10% e, da qualche settimana, al 25%.\r\nAdesso ci sono dazi al 25% su 250 miliardi di merci cinesi importate negli Stati Uniti (su 500 miliardi di importazioni totali). La Cina ha tassato, per ritorsione, 50 miliardi di merci americane al 25% ed altri 60 miliardi all’8% (su 130 miliardi di merci statunitensi importate in Cina nel 2017).\r\nNonostante i dazi, la bilancia commerciale degli USA ha continuato a peggiorare. Il saldo negativo è aumentato del 12% rispetto al 2017. Sono aumentate le esportazioni, anche se in molti casi si tratta di acquisti fatti per aumentare le scorte in previsione dei dazi che gli altri paesi avrebbero messo per ritorsione sulle merci americane. Sono aumentate però di più le importazioni. Si è arrivati al record assoluto di importazioni di beni (gli USA hanno da sempre un saldo attivo nel commercio dei servizi).\r\nIl deficit commerciale con la Cina è arrivato nel 2018 al massimo storico di 323 miliardi di dollari, il 17% in più dell’anno prima.\r\nTutto questo nonostante gli USA avessero già messo i dazi sulle importazioni (non solo cinesi ma anche di altri paesi) e gli altri paesi, Cina compresa, li avessero solo annunciati. Che era successo? Una delle regole base in economia è che i dazi hanno successo se tu sei in grado di produrti da solo, allo stesso prezzo, quello che importi. Altrimenti, se quello che importi ti serve per fabbricare qualcosa, poi, quello che hai realizzato, lo devi vendere a un prezzo più alto. Bisogna anche sapere che la FED (la banca centrale statunitense) ha aumentato i tassi di interesse, con una conseguente rivalutazione del dollaro. Recentemente ha annunciato che non li avrebbe aumentati più, ma questo non ha fermato la corsa del dollaro su tutte le altre monete.\r\nInsomma gli USA si sono trovati a vendere al resto del mondo cose che costavano di più, sia per l'aumento dei costi di produzione sia per la rivalutazione del dollaro. La cosa strana è perciò che siano aumentate le esportazioni, non che sia aumentato il disavanzo commerciale.\r\nNell’ultimo anno, lo Yuan cinese si è svalutato del 7% rispetto al dollaro. Questo ha comportato che i cinesi potessero quasi annullare la differenza di prezzo con dazi USA al 10%: gli Yuan che guadagnavano con le vendite negli USA erano poco meno di prima dei dazi.\r\nC’è poi un altro aspetto di cui tenere conto quando si ragiona di dazi su specifiche tipologie di merci. Siccome le categorie merceologiche negli USA sono 18.927 diventa difficile distinguere due categorie simili tra loro quando una è colpita da dazi e l’altra no. Siccome, anche se sono parecchi, non tutti i furbi del mondo guidano la macchina in mezzo al traffico di Roma e qualcuno c’è anche in Cina, ecco che le lastre d’alluminio, colpite da dazi, sono magicamente diventate “componenti per turbine” con il risultato che l’importazione negli USA di lastre di alluminio è diminuita dell’11% e l’importazione di componenti per turbine è aumentata del 121%. Il “compensato di legno duro” è stato colpito da sanzioni e l’importazione è diminuita del 20%, nello stesso periodo il “compensato di legno tenero” ha visto aumentare le importazioni del 549%. Quando gli USA hanno aumentato ulteriormente il dazio sul compensato di legno duro, l’importazione di quello di legno tenero è aumentata ancora al 983%.\r\nBisogna infine considerare che alcuni paesi sono stati esentati dai dazi ed hanno operato importando merci dai paesi soggetti a restrizioni, facendo lavorazioni di facciata e rivendendo le merci come se fossero prodotte da loro.\r\nNonostante lo scompenso della bilancia commerciale il PIL USA nel 2018 è cresciuto molto: in termini reali del 2.9%, la percentuale più alta degli ultimi 13 anni. La crescita è stata finanziata dall’aumento del deficit di bilancio (-17% nel 2018). I soldi sono stati usati per la riduzione delle tasse (con un aumento dei consumi della classe media) e per l’incremento delle spese militari (aumentate del 3.4%, il massimo da 9 anni).\r\nLa disoccupazione USA, per questo motivo, è ai minimi storici e seguita a scendere: adesso è al 3.6%. Negli USA si fatica a trovare un disoccupato: le aziende stanno assumendo anche ex detenuti e persone fuori dal mercato del lavoro da più di due anni, categorie che prima avevano molte poche possibilità di trovare un lavoro.\r\nLa Cina ha reagito anche in un altro modo: ha disertato le aste dei titoli di stato statunitensi ed ha rivenduto una parte di quelli in suo possesso. La Cina è infatti il maggior detentore mondiale di titoli di stato USA: a marzo 2019 ne possedeva 1.120 miliardi pur non avendo partecipato a nessuna delle ultime aste. Va tenuto presente però che alla Cina non conviene che i Bond USA divengano carta straccia, perché altrimenti perderebbero valore anche quelli in suo possesso. Per questo motivo alcune di queste manovre sono di facciata. Spesso si tratta di vendite che vengono compensate dagli acquisti fatti da fondi sovrani cinesi localizzati all’estero. Tra il 2013 e il 2015 il debito americano controllato dal Belgio è aumentato del 300% a fronte della vendita, nello stesso periodo, da parte dei cinesi, di titoli per pari ammontare di quelli acquistati in Belgio. Anche nel 2018 il Belgio ha acquistato 60 miliardi di Bond a fronte della vendita cinese di 67 miliardi. Nei bar del Prenestino dicono che c’è un fondo cinese che opera dal Belgio e mi sa che hanno ragione.\r\nCon questa strategia di politica economica e commerciale Trump sta riscuotendo consenso ed è difficile che modifichi la propria strategia prima delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Probabilmente metterà dei dazi anche sui prodotti cinesi che non sono stati ancora colpiti, ma non si può dire se sia una strategia solo elettorale o sia cambiato il modello di commercio che gli USA vogliono imporre al mondo.\r\nInsomma, ancora non si sa come andrà a finire e se si passerà dal mondo unipolare controllato dagli USA ad un mondo bipolare con gli USA e la Cina a combattere per il primato.\r\nProprio perché non è possibile fare previsioni certe si usa la parola “slowbalization”: dire “nonlosobalization” era troppo lungo.","21 Maggio 2019","2019-05-21 16:13:15","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/o.468298.jpg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La guerra dei dazi. 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La componente dei \"servizi\", soprattutto quelli legati al digitale, è invece aumentata.\r\nLa globalizzazione ha comportato un problema sociale gigantesco, di cui la maggior parte delle persone si sta rendendo conto sulla propria pelle: alcuni si sono arricchiti tantissimo e la maggior parte delle persone si è impoverita. Cinque anni fa 62 persone possedevano quanto la metà degli abitanti del pianeta (3.7 miliardi di persone), oggi solo 26 persone possiedono quanto la metà degli abitanti della terra (3,8 miliardi di persone). La risposta politica apparentemente prevalente all'interno dei vari paesi è il populismo con venature nazionaliste, sessiste, razziste, discriminatorie, omologatrici.\r\nE' un problema non soltanto europeo: Trump, Putin, Xi Jinping (ma anche Erdogan, Balsonaro, Duterte, Narendra Modi e tutti gli altri aspiranti dittatoruncoli) usano la concezione dell'uomo forte, dello stato nazione e della prevalenza degli abitanti purosangue (wasp, russi, han, turchi, brasiliani, filippini, hindù che siano) naturalmente \"superiori\" agli altri per giustificare la repressione del \"diverso\" (comunque si manifesti e qualsiasi cosa significhi).\r\nNella sua declinazione statunitense questo significa riaffermare il primato, militare ed economico, degli USA sul resto del mondo. Gli USA sono ancora il primo paese al mondo per il Prodotto Interno Lordo: il valore dei beni e servizi prodotti in un anno negli USA è superiore a quello di qualsiasi altro stato. Gli USA producono per 20.500 miliardi di dollari l'anno, la Cina per 13.100 miliardi. Il terzo, il Giappone per poco più di 5.000 miliardi. L'Italia è ottava con poco più di 2.000 miliardi.\r\nC’è però un problema. Il Prodotto Interno Lordo viene calcolato in base al valore di mercato dei beni. Per cui, se un chilo di riso costa 1 dollaro negli USA e 5 centesimi in Cina, questo contribuirà al PIL per 1 dollaro negli USA e per 5 centesimi in Cina. Se invece, visto che sempre un chilo di riso è, gli si dà lo stesso valore, cioè si calcola il PIL a parità di potere d'acquisto, la Cina ha sorpassato gli USA. Il PIL cinese varrebbe 17.600 miliardi, quello degli USA solo 17.400 miliardi. L'India sarebbe terza con 7.350 miliardi e l'Italia decima con 2.121 miliardi.\r\nGli USA hanno un deficit commerciale strutturale con la Cina: importano dalla Cina molti più beni di quanti ne esportino. La Cina con i dollari che guadagna ci compra i \"bond\", i titoli del tesoro USA (e mantiene in questo modo sottovalutato lo yuan) e, fino ad adesso, questa modalità andava bene a tutti e due gli stati. Sennonché la Cina, che comunque sta sorpassando gli USA anche nel PIL nominale, si sta proponendo come paese imperialista, esportando capitali oltre che merci e sta ampliando la propria sfera d’azione anche al campo militare.\r\nAll’inizio del 2018, il 22 gennaio, Trump ha deciso, per questo motivo, di aprire una guerra commerciale con la Cina. Ha deciso di utilizzare un’arma che, in tempi di globalizzazione, è stata fortemente combattuta proprio dagli USA: ha messo dei dazi. Si tratta di imposte che devono essere pagate, in percentuale, sul valore sulle merci importate. All’inizio ha colpito solo i pannelli solari e lavatrici cinesi per un valore di totale di 10 miliardi di importazioni.\r\nA marzo 2018 Trump ha rilanciato, ricorrendo a una legge utilizzata in tempo di guerra (fredda o calda che fosse) per salvaguardare la produzione bellica nazionale, e si è appellato alla “sicurezza nazionale” per imporre dei dazi alle importazioni di acciaio e alluminio. Che fosse una scusa è stato chiaro da subito: uno può anche dire \"io devo salvaguardare la produzione di acciaio USA perché, se devo produrre i carri armati, non posso doverlo comprare dalla Cina a cui magari devo fare guerra\", ma quando poi la maggior parte dell'acciaio lo compri dal Canada e dall'Europa, è evidente la pretestuosità della scelta.\r\nA settembre 2018 ha imposto nuovi dazi ai prodotti cinesi (per un valore di 200 miliardi di dollari) prima al 10% e, da qualche settimana, al 25%.\r\nAdesso ci sono dazi al 25% su 250 miliardi di merci cinesi importate negli Stati Uniti (su 500 miliardi di importazioni totali). La Cina ha tassato, per ritorsione, 50 miliardi di merci americane al 25% ed altri 60 miliardi all’8% (su 130 miliardi di merci statunitensi importate in Cina nel 2017).\r\nNonostante i dazi, la bilancia commerciale degli USA ha continuato a peggiorare. Il saldo negativo è aumentato del 12% rispetto al 2017. Sono aumentate le esportazioni, anche se in molti casi si tratta di acquisti fatti per aumentare le scorte in previsione dei dazi che gli altri paesi avrebbero messo per ritorsione sulle merci americane. Sono aumentate però di più le importazioni. Si è arrivati al record assoluto di importazioni di beni (gli USA hanno da sempre un saldo attivo nel commercio dei servizi).\r\nIl deficit commerciale con la Cina è arrivato nel 2018 al massimo storico di 323 miliardi di dollari, il 17% in più dell’anno prima.\r\nTutto questo nonostante gli USA avessero già messo i dazi sulle importazioni (non solo cinesi ma anche di altri paesi) e gli altri paesi, Cina compresa, li avessero solo annunciati. Che era successo? Una delle regole base in economia è che i dazi hanno successo se tu sei in grado di produrti da solo, allo stesso prezzo, quello che importi. Altrimenti, se quello che importi ti serve per fabbricare qualcosa, poi, quello che hai realizzato, lo devi vendere a un prezzo più alto. Bisogna anche sapere che la FED (la banca centrale statunitense) ha aumentato i tassi di interesse, con una conseguente rivalutazione del dollaro. Recentemente ha annunciato che non li avrebbe aumentati più, ma questo non ha fermato la corsa del dollaro su tutte le altre monete.\r\nInsomma gli USA si sono trovati a vendere al resto del mondo cose che costavano di più, sia per l'aumento dei costi di produzione sia per la rivalutazione del dollaro. La cosa strana è perciò che siano aumentate le esportazioni, non che sia aumentato il disavanzo commerciale.\r\nNell’ultimo anno, lo Yuan cinese si è svalutato del 7% rispetto al dollaro. Questo ha comportato che i cinesi potessero quasi annullare la differenza di prezzo con dazi USA al 10%: gli Yuan che guadagnavano con le vendite negli USA erano poco meno di prima dei dazi.\r\nC’è poi un altro aspetto di cui tenere conto quando si ragiona di dazi su specifiche tipologie di merci. Siccome le categorie merceologiche negli USA sono 18.927 diventa difficile distinguere due categorie simili tra loro quando una è colpita da dazi e l’altra no. Siccome, anche se sono parecchi, non tutti i furbi del mondo guidano la macchina in mezzo al traffico di Roma e qualcuno c’è anche in Cina, ecco che le lastre d’alluminio, colpite da dazi, sono magicamente diventate “componenti per turbine” con il risultato che l’importazione negli USA di lastre di alluminio è diminuita dell’11% e l’importazione di componenti per turbine è aumentata del 121%. Il “compensato di legno duro” è stato colpito da sanzioni e l’importazione è diminuita del 20%, nello stesso periodo il “compensato di legno tenero” ha visto aumentare le importazioni del 549%. Quando gli USA hanno aumentato ulteriormente il dazio sul compensato di legno duro, l’importazione di quello di legno tenero è aumentata ancora al 983%.\r\nBisogna infine considerare che alcuni paesi sono stati esentati dai dazi ed hanno operato importando merci dai paesi soggetti a restrizioni, facendo lavorazioni di facciata e rivendendo le merci come se fossero prodotte da loro.\r\nNonostante lo scompenso della bilancia commerciale il PIL USA nel 2018 è cresciuto molto: in termini reali del 2.9%, la percentuale più alta degli ultimi 13 anni. La crescita è stata finanziata dall’aumento del deficit di bilancio (-17% nel 2018). I soldi sono stati usati per la riduzione delle tasse (con un aumento dei consumi della classe media) e per l’incremento delle spese militari (aumentate del 3.4%, il massimo da 9 anni).\r\nLa disoccupazione USA, per questo motivo, è ai minimi storici e seguita a scendere: adesso è al 3.6%. Negli USA si fatica a trovare un disoccupato: le aziende stanno assumendo anche ex detenuti e persone fuori dal mercato del lavoro da più di due anni, categorie che prima avevano molte poche possibilità di trovare un lavoro.\r\nLa Cina ha reagito anche in un altro modo: ha disertato le aste dei titoli di stato statunitensi ed ha rivenduto una parte di quelli in suo possesso. La Cina è infatti il maggior detentore mondiale di titoli di stato USA: a marzo 2019 ne possedeva 1.120 miliardi pur non avendo partecipato a nessuna delle ultime aste. Va tenuto presente però che alla Cina non conviene che i Bond USA divengano carta straccia, perché altrimenti perderebbero valore anche quelli in suo possesso. Per questo motivo alcune di queste manovre sono di facciata. Spesso si tratta di vendite che vengono compensate dagli acquisti fatti da fondi sovrani cinesi localizzati all’estero. Tra il 2013 e il 2015 il debito americano controllato dal Belgio è aumentato del 300% a fronte della vendita, nello stesso periodo, da parte dei cinesi, di titoli per pari ammontare di quelli acquistati in Belgio. Anche nel 2018 il Belgio ha acquistato 60 miliardi di Bond a fronte della vendita cinese di 67 miliardi. Nei bar del Prenestino dicono che c’è un fondo cinese che opera dal Belgio e mi sa che hanno ragione.\r\nCon questa strategia di politica economica e commerciale Trump sta riscuotendo consenso ed è difficile che modifichi la propria strategia prima delle elezioni presidenziali del prossimo anno. Probabilmente metterà dei dazi anche sui prodotti cinesi che non sono stati ancora colpiti, ma non si può dire se sia una strategia solo elettorale o sia cambiato il modello di commercio che gli USA vogliono imporre al mondo.\r\nInsomma, ancora non si sa come andrà a finire e se si passerà dal mondo unipolare controllato dagli USA ad un mondo bipolare con gli USA e la Cina a combattere per il primato.\r\nProprio perché non è possibile fare previsioni certe si usa la parola “slowbalization”: dire “nonlosobalization” era troppo lungo.",[167],{"field":97,"matched_tokens":168,"snippet":164,"value":165},[19],{"best_field_score":135,"best_field_weight":37,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":136,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":46},{"document":171,"highlight":185,"highlights":190,"text_match":133,"text_match_info":193},{"cat_link":172,"category":173,"comment_count":46,"id":174,"is_sticky":46,"permalink":175,"post_author":49,"post_content":176,"post_date":177,"post_excerpt":52,"post_id":174,"post_modified":178,"post_thumbnail":179,"post_thumbnail_html":180,"post_title":181,"post_type":57,"sort_by_date":182,"tag_links":183,"tags":184},[43],[45],"12262","http://radioblackout.org/2013/01/colombia-il-processo-di-pace-va-avanti/","Continua il \"dialogo di pace\" tra il presidente colombiano Juan Manuel Santos e le FARC (Forze armate rivoluzionarie colombiane). I colloqui iniziati a Oslo, stanno contuinuando all’Avana.\r\n\r\nI colloqui trattano cinque problemi: la fine del conflitto armato; la riforma agraria; le garanzie per l’esercizio dell’opposizione politica e per la partecipazione dei cittadini; il traffico della droga; i diritti delle vittime del conflitto.\r\n\r\nLe FARC hanno subito terribili perdite in campo militare negli ultimi 5 anni. I loro comandanti- Raul Reyes, Jorge Briceno, Alfonso Cano, sono stati uccisi, mentre altri capi,tra i quali Simon Trinidad sono stati catturati. Hanno però ancora una grande capacità di organizzare degli attacchi e lo hanno dimostrato realmente attaccando e uccidendo 5 soldati (2) dopo che erano iniziati i dialoghi, ma la loro portata è stata molto ridotta.\r\n\r\nSe un certo ottimismo si è fatto strada dopo il primo ciclo di colloqui di pace a Cuba, terminato con un’intesa sui meccanismi di partecipazione della società civile, già sulla questione della terra e dello sviluppo agrario, primo punto nell’agenda del negoziato e vero nodo nevralgico del conflitto, le trattative non si annunciano per nulla facili. Se la guerra, come ricorda ancora Raúl Zibechi, è servita ai latifondisti, in stretto collegamento con il narcotraffico e il paramilitarismo, per accrescere a dismisura il proprio controllo sulla terra (dal 32,6% della superficie agraria nel 1984 al 60,8% nel 2010), oggi, ad ostacolare la realizzazione di una riforma agraria assolutamente imprescindibile per una reale democratizzazione dell’accesso alla terra, si incontrano in prima linea anche le multinazionali minerarie e petrolifere, come pure le imprese dell’agrobusiness impegnate nelle monocolture per l’esportazione.\r\n\r\nI risultati sono per ora ravvedibili nella continuazione del processo stesso, reso possibile dall'azione \"esterna\" del governo venezuelano che s'incarica del difficile ruolo di mediatore tra le parti. Chavez e il suo governo sono infatti molto interessati ad avere un accesso alla costa pacifico a scopi commerciali (di qui la necessità di relazioni più \"normali\") e Santos sa di doversi confrontare col successo economico della strategia del Mercosur, che vede muoversi, da oltre un decennio, l'America Latina verso una maggiore autonomia economica e geo-strategica dall'ingombrante vicino nord-americano.\r\n\r\nLa strada è ancora lunga ma proprio i punti di partenza deboli della trattativa sono motivo di ottimismo riguardo al risultato.\r\n\r\nAscolta l'intervista con Cristina Vargas, antropologa colombiana, su processo di pace in Colombia:\r\n\r\nscarica file","8 Gennaio 2013","2013-01-28 21:35:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/01/dialogo-de-paz-en-cuba-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/01/dialogo-de-paz-en-cuba-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Colombia: il processo di pace va avanti",1357651400,[],[],{"post_content":186},{"matched_tokens":187,"snippet":188,"value":189},[19],"successo economico della strategia del \u003Cmark>Mercosur\u003C/mark>, che vede muoversi, da oltre","Continua il \"dialogo di pace\" tra il presidente colombiano Juan Manuel Santos e le FARC (Forze armate rivoluzionarie colombiane). 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