","Brigate Rosse: un libro di storia","post",1488486146,[61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/brigate-rosse/","http://radioblackout.org/tag/derive-e-approdi/","http://radioblackout.org/tag/dietrologia/","http://radioblackout.org/tag/pci/","http://radioblackout.org/tag/persichetti/",[15,67,68,69,70],"Derive e Approdi","Dietrologia","PCI","Persichetti",{"tags":72},[73,75,77,79,82],{"matched_tokens":74,"snippet":15},[],{"matched_tokens":76,"snippet":67},[],{"matched_tokens":78,"snippet":68},[],{"matched_tokens":80,"snippet":81},[69],"\u003Cmark>PCI\u003C/mark>",{"matched_tokens":83,"snippet":70},[],[85],{"field":35,"indices":86,"matched_tokens":88,"snippets":90},[87],3,[89],[69],[81],578730123365712000,{"best_field_score":93,"best_field_weight":94,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":95,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,"578730123365711977",{"document":97,"highlight":129,"highlights":134,"text_match":138,"text_match_info":139},{"cat_link":98,"category":99,"comment_count":47,"id":100,"is_sticky":47,"permalink":101,"post_author":50,"post_content":102,"post_date":103,"post_excerpt":53,"post_id":100,"post_modified":104,"post_thumbnail":105,"post_thumbnail_html":106,"post_title":107,"post_type":58,"sort_by_date":108,"tag_links":109,"tags":119},[44],[46],"85763","http://radioblackout.org/2023/12/piazza-fontana-il-tramonto-dellillusione-democratica/","Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana a Milano, uccidendo 16 persone.\r\nLa polizia puntò subito gli anarchici, che vennero rastrellati e portati in questura. Uno di loro, Giuseppe Pinelli, non ne uscirà vivo, perché scaraventato dalla finestra dall’ufficio del commissario Luigi Calabresi.\r\nLe versioni ufficiali parlarono di suicidio: anni dopo un magistrato di sinistra, D’Ambrosio, emesse una sentenza salomonica: “malore attivo”. Né omicidio, né suicidio.\r\nPietro Valpreda venne accusato di essere l’autore della strage. Trascorrerà, con altri compagn* tre anni in carcere in attesa di giudizio, finché non venne modificata la legge che fissava i limiti della carcerazione preventiva. Quella legge, emanata su pressione dei movimenti sociali, venne a lungo chiamata “legge Valpreda”.\r\nDopo 54anni dalla strage, sebbene ormai si sappia tutto, sia sui fascisti che la eseguirono, gli ordinovisti veneti, sia sui mandanti politici, tutti interni al sistema di potere democristiano di stretta osservanza statunitense, non ci sono state verità giudiziarie.\r\nNel 1969 a capo della Questura milanese era Guida, già direttore del confino di Ventotene, un funzionario fascista, passato indenne all’Italia repubblicana. Dietro le quinte, ma presenti negli uffici di via Fatebenefratelli c’erano i capi dei servizi segreti Russomando e D’Amato.\r\nIl Sessantanove fu l’anno dell’autunno caldo e della contestazione studentesca, movimenti radicali e radicati si battevano contro il sistema economico e sociale.\r\nLa strage, che immediatamente, gli anarchici definirono “strage di Stato” rappresentò il tentativo di criminalizzare le lotte, e scatenare la repressione.\r\nIn breve i movimenti sociali reagirono alle fandonie della polizia, smontando dal basso la montatura poliziesca che era stata costruita sugli anarchici.\r\nCosa resta nella memoria dei movimenti di quella strage, che per molti compagni e compagne dell’epoca rappresentò una rottura definitiva di ogni illusione democratica?\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, testimone e protagonista di quella stagione cruciale\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/2023-12-12-varengo-piazza-fontana.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito un articolo di Varengo uscito su Umanità Nova:\r\n\r\n“Non si capiscono le bombe del 12 dicembre del 1969, se non si analizza il contesto. Al di là delle parole contano i fatti; e vediamoli questi fatti, sia pure succintamente.\r\nGli anni dell'immediato dopoguerra sono caratterizzati da grandi processi di ricostruzione, in primis nei paesi devastati dalla durezza e dalla crudeltà del conflitto, sostenuti dagli effetti dello sviluppo della scienza e della tecnologia, accelerate a loro volta dai risultati della ricerca nel periodo bellico per armi sempre più letali. Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. Ma il rifiuto della guerra era anche rifiuto di un mondo diviso in blocchi, ove una cortina di ferro condizionava la vita e i movimenti di una generazione affamata di conoscenza. Era rifiuto della sofferenza inflitta dai dominatori ai popoli colonizzati, rifiuto del razzismo, rifiuto del vecchio mondo fatto di discriminazioni e autoritarismi. Era soprattutto rifiuto di uno sfruttamento e di un'oppressione di classe che, sull'altare del profitto, condannava milioni di esseri umani alla catena, a condizioni di vita infami, ad una nocività crescente. E per la metà del genere umano era rifiuto di un mondo costruito sul patriarcato, che relegava la donna nel solo ruolo di riproduttrice, custode di un focolare domestico sempre più precario e conflittuale.\r\nPer questo non si può dire che sia esistito un solo '68. Sono esistiti una pluralità di '68 intrecciati tra loro, con durata ed intensità diversa, radicalità e prospettive diverse, ma uniti da una critica puntuale dell'autorità.\r\nLe risposte dei governi non si fecero attendere, con caratteristiche diverse secondo i contesti, ma rispettando sempre le rispettive aree di influenza dei blocchi contrapposti. Così in Bolivia nel '67 viene assassinato Che Guevara, il cui tentativo insurrezionale viene vanificato dall'ostilità di Mosca e dei suoi epigoni in zona.\r\nNegli USA la dura repressione dei movimenti studenteschi si accompagna a quella del movimento afro-americano in lotta contro una società razzista e segregazionista. Malcom X e Martin Luther King vengono assassinati, come viene assassinato Robert Kennedy fautore di moderate riforme sociali invise agli oligopoli. A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il PCI – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del PCI, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Tali processi hanno comportato, insieme ad un impetuoso sviluppo delle risorse umane, un aumento della ricchezza complessiva, ovviamente ripartita in modo assolutamente diseguale, con la conseguenza che il divario tra i vari paesi e, in essi, tra le classi sociali è cresciuto a dismisura.\r\nA fronte delle grandi possibilità di trasformazione sociale che il nuovo clima pare prefigurare, sempre più è evidente che la gran parte della popolazione lavoratrice, il proletariato, rimane oggetto e non soggetto della propria storia, alimentando la contraddizione tra sviluppo delle forze produttive e sociali da una parte e l'insieme dei rapporti di proprietà, di controllo e di dominio dall'altra.\r\nIn questo quadro si può capire come sia stato possibile che praticamente in ogni parte del mondo – dagli Stati Uniti al Sud America, dalla Francia all'Italia, dalla Cina al Giappone, dall'Europa del patto di Varsavia alla Germania, dal Messico all'Inghilterra – in un mondo tra l'altro le cui comunicazioni passavano per stampa e televisione, controllate dai governi, sia esplosa quasi contemporaneamente quella che fu definita “contestazione globale”.\r\nUna contestazione alimentata dalla convergenza di differenti culture, dal pacifismo dei figli dei fiori al terzomondismo solidale con le lotte di liberazione nazionale, dal marxismo all'anarchismo, dal cattolicesimo all'ateismo, capace di esprimere caratteristiche comuni, nonostante le profonde differenze esistenti: geografiche, economiche, culturali, sociali, politiche.\r\nUna contestazione che ha abbracciato le varie forme di espressione umana: artistica, musicale, scientifica, tecnica, letteraria, e che ha visto come protagonista principale la generazione del cosiddetto baby boom, dei nati dopo la guerra e che di quella guerra avevano comunque vissuto i cascami.\r\nIl rifiuto della guerra fu un elemento scatenante di tale contestazione; a partire dai campus universitari statunitensi che con manifestazioni, occupazioni e scontri denunciavano il sempre più crescente impegno USA nello sporco conflitto del Vietnam, le proteste si espansero in tutto il mondo. 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A Città del Messico nell'ottobre del '68 l'esercito con blindati circonda la Piazza delle Tre culture sparando ad alzo zero per distruggere il movimento studentesco che da tempo sta manifestando contro il governo e le spese faraoniche per organizzare i Giochi olimpici: sono più di 300 i morti portati via con i camion della spazzatura.\r\nIn Cina la “rivoluzione culturale” raggiunge il suo apice, per trasformarsi in poco tempo in uno strumento al servizio della ristrutturazione del potere funzionale al disegno politico di Mao Zedong.\r\nIn Francia alle occupazioni studentesche e ai giganteschi scioperi generali succedutisi per tutto il maggio '68, risponde il generale De Gaulle che recatosi a Baden-baden, base francese in territorio tedesco, minaccia l'intervento militare.\r\nA Praga, nell'agosto, ci vogliono i carri armati sovietici e delle truppe del patto di Varsavia per arrestare il processo riformatore in corso: la burocrazia al Cremlino teme il contagio negli altri paesi di sua competenza, come la Polonia, attraversata da forti mobilitazioni studentesche. In Germania dell'ovest, l'esponente più significativo Rudi Dutschke, viene gravemente ferito da colpi di pistola l'11 aprile.\r\nMa questi sono solo alcuni esempi; come disse la filosofa Hannah Arendt “Nei piccoli paesi, la repressione è dosata e selettiva”. È il caso della Yugoslavia con le proteste studentesche fatte sbollire, per poi colpirne gli esponenti. L'importante è che non vengano messi in discussione i trattati che alla fine della guerra avevano definito le aree di influenza e di potere.\r\nE in Italia? Collocata a ridosso della cortina di ferro, l'Italia è considerata un paese di frontiera per gli USA, un avamposto nella lotta al “comunismo”, aeroporto naturale nel Mediterraneo, proiettato verso le risorse petrolifere del Medio oriente. Un paese che ha però l'enorme difetto di avere il Partito Comunista più grande dell'Occidente, al quale è precluso dal dopoguerra l'ingresso nell'area di governo. Per cautelarsi il governo USA mette in opera i suoi servizi segreti, costruisce reti clandestine armate pronte ad intervenire in caso di bisogno, condiziona le politiche, controlla i sistemi di difesa, stringe alleanze con gruppi nazifascisti. Già in Grecia – altro paese di frontiera - l'anno prima hanno foraggiato il colpo di Stato dei colonnelli a fronte di una possibile vittoria elettorale della sinistra, mentre continuano a sostenere la dittatura di Franco in Spagna e quella di Salazar in Portogallo.\r\nL'Italia ha vissuto nei decenni precedenti una profonda trasformazione sociale ed economica e una grande emigrazione interna dalle campagne venete e del meridione, richiamata al nord-ovest da una industrializzazione crescente. L'accresciuto livello di reddito ha consentito una scolarizzazione significativa e l'ingresso nelle università di ceti finora esclusi (nel '68 sono 500mila gli iscritti, il doppio rispetto a 15 anni prima). Ma le strutture dello Stato sono sempre le stesse: su 369 prefetti e viceprefetti, agli inizi degli anni '60, solo 2 non hanno fatto parte della burocrazia fascista; su 274 questori e vicequestori solo 5 vicequestori hanno avuto rapporti con la resistenza; su 1642 commissari e vicecommissari solo 34 provengono dalle file dell'antifascismo. Inoltre la polizia politica rimane nelle mani di ex-agenti dell'OVRA, la famigerata istituzione al servizio di Mussolini. Per non parlare della magistratura e della burocrazia ministeriale.\r\nLe strutture rimangono autoritarie, nella scuola e nell'università sono incapaci di accogliere la massa di studenti e studentesse che vi si affacciano provocando frustrazione e malcontento.\r\nNelle grandi città del nord la politica abitativa è assolutamente deficitaria, spingendo la popolazione immigrata a soluzioni provvisorie e degradanti. In fabbrica l'organizzazione del lavoro si basa sui reparti confino per i “sovversivi” e l'arbitrio dei capi reparto. Nelle campagne, permane la logica del padronato latifondista. I partiti di sinistra, tutti concentrati sul confronto elettorale, e i sindacati, abituati a logiche rivendicative di basso profilo, sono incapaci di comprendere quanto sta succedendo: lo sviluppo di un movimento che porta a maturazione la conflittualità latente. Sul fronte delle università e delle scuole superiori partono occupazioni e proteste, nelle campagne si intensificano le lotte del bracciantato agricolo, nelle fabbriche, in un contesto di rinnovo di moltissimi contratti di lavoro giunti a scadenza, iniziano i primi scioperi autonomi che impongono al padronato la trattativa diretta accantonando le burocrazie sindacali e le vecchie commissioni interne, in un quadro di conflittualità tra i vari segmenti padronali che si riverbera su uno scenario politico sempre più instabile, caratterizzato da frequenti cambi di governo.\r\nSe nell'università viene attaccata e messa in crisi la cultura autoritaria e di classe, nelle fabbriche si sviluppa un protagonismo operaio che nella riscoperta dei Consigli di Fabbrica, nelle assemblee all'interno delle aziende, nella costituzione dei Comitati unitari di base, mette in discussione l'organizzazione del lavoro, sanzionando i capi reparto e le dirigenze, e aprendo la discussione sul salario come variabile “indipendente” dalla produttività. Le conquiste sono notevoli: riduzione d'orario, forti aumenti salariali, abolizione delle zone salariali nord-sud, parificazione normativa tra operai e impiegati, scala mobile per i pensionati e altre ancora. E la lotta non si ferma, si profila il vecchio obiettivo anarcosindacalista imperniato sul controllo della produzione in vista dell'esproprio proletario.\r\nIntanto la gioventù esce dalle università, dopo aver ottenuto importanti modifiche sui piani di studio, la libertà di assemblea anche per le scuole medie superiori, l'abolizione dello sbarramento che impedisce ai diplomati degli istituti di accedere alla formazione universitaria. Esce per unirsi al mondo del lavoro salariato in un movimento di contestazione dell'autorità e del capitalismo, mettendo a nudo quella che è la sostanza del potere e delle sue istituzioni e rendendo evidente come lo sfruttamento e l'oppressione siano le sole espressioni dei governi di qualunque colore. Il conflitto si indurisce tra scontri di piazza, scioperi, picchetti, manifestazioni. Cresce il pericolo che il paese vada a sinistra, che il \u003Cmark>PCI\u003C/mark> – anche se lontano da propositi rivoluzionari - tramite una vittoria elettorale possa andare al governo.\r\nLe risposte non si fanno attendere. L'apparato politico di sinistra con lo Statuto dei lavoratori cerca di ridare forza al ruolo di intermediazione sindacale, salvando le burocrazie, recuperando e affossando l'azione diretta operaia. Il fronte padronale si ricompatta, ridando fiato alla destra più estrema. Il governo sceglie la strada della repressione aperta: ben 13.903 sono le denunce per fatti connessi con l'autunno caldo del '69. In testa alla graduatoria, lavoratori agricoli, metalmeccanici, ospedalieri. Ma non basta. Ci vuole qualcosa di più forte che consenta la ripresa dello sfruttamento intensivo e quindi del profitto. I servizi segreti, italiani e americani, in combutta con i nazifascisti si mettono all'opera.\r\nScoppiano le prime bombe, prima dimostrative, praticamente inoffensive, poi, via via, più “cattive” che provocano feriti alla Fiera di Milano il 25 aprile e in agosto sui treni. Alla fine dell'anno si conteranno in tutto 145 esplosioni, prevalentemente di marca fascista, ma non mancano quelle di sinistra, comprese alcune anarchiche nei confronti di sedi di rappresentanza della dittatura franchista per solidarietà con le vittime del regime o della Dow Chemical, produttrice del napalm con il quale venivano letteralmente arrostiti i vietnamiti.\r\nEd è proprio sugli anarchici che si appunta l'attenzione degli organismi repressivi, primo su tutti l'Ufficio affari riservati, diretta emanazione del Ministro degli Interni.\r\nConvinti che il ricordo della strage del Teatro Diana nel 1921 e la continua martellante propaganda durante il ventennio fascista sul pericolo del “terrorismo” anarchico abbia definitivamente marchiato a fuoco l'immagine del movimento anarchico pensano di potersi permettere qualsiasi operazione, qualsiasi violenza. Per le bombe del 25 aprile e dell'agosto sui treni incolpano un gruppo variegato di compagni, mettendo insieme anarchici e due iscritti del \u003Cmark>PCI\u003C/mark>, L'obiettivo è ambizioso: arrivare tramite loro all'editore Giangiacomo Feltrinelli, aperto sostenitore della pratica castrista del “fuoco guerrigliero”. Non riuscendoci concentreranno le loro attenzioni sugli anarchici, costruendo teoremi falsi, inventandosi testimoni inattendibili, usando le procedure a loro piacimento. Intanto l'idea che siano esclusivamente gli anarchici a mettere le bombe si fa strada nei media e quindi nella pubblica opinione. Una spinta agli avvenimenti la da la morte di un agente di polizia di 22 anni, Annarumma originario dell'Irpinia, una delle zone più povere del paese, avvenuta nel corso di scontri a Milano il 19 novembre, vittima di un trauma cranico provocato da un tubo di ferro.\r\nIn quel frangente, la polizia caricò come faceva allora con camionette e gipponi un corteo studentesco che si stava dirigendo verso la Statale e che aveva intercettato i lavoratori in sciopero generale che stavano uscendo dal teatro Lirico, luogo di una manifestazione. Studenti e lavoratori si difesero dalle cariche delle camionette che salivano sui marciapiedi, con ogni mezzo a disposizione, ma a distanza di anni non si sa ancora se, a provocarne la morte, sia stato un manifestante o lo scontro di due mezzi della polizia (come parrebbe confermare un video). Fatto sta che questo fatto ebbe una risonanza enorme; nella serata ci fu la rivolta dei poliziotti in due caserme di Milano, per protestare contro le condizioni nelle quali erano tenuti, i turni massacranti, i bassi salari e il fatto di essere carne a macello per “lor signori”. La rivolta fu sedata dai carabinieri; successivamente intervenne la repressione con punizioni, spostamenti, congedi forzati. Il presidente della Repubblica, il socialdemocratico filoamericano Saragat, pronuncia parole di fuoco contro i manifestanti gettando benzina sul clima già arroventato. A Saragat risponderà un operaio che alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici del 29 novembre innalzerà un cartello con su scritto “Saragat: Operai 171, Poliziotti 1” per ricordare tutte le vittime proletarie della violenza poliziesca.\r\nDue giorni dopo ai funerali dell'agente si presentano in massa i fascisti, che danno vita alla caccia ai rossi, a chiunque avesse un aspetto di sinistra. Tra gli altri chi ne fece le spese fu anche Mario Capanna, leader del Movimento Studentesco della Statale che venne aggredito, rischiando il linciaggio al quale fu sottratto da agenti della squadra politica. In questo clima il ministro del lavoro Donat-Cattin. della sinistra democristiana, convoca immediatamente i segretari dei sindacati metalmeccanici FIM,FIOM, UILM dicendo loro, per sollecitarli alla chiusura del contratto: “Siamo alla vigilia dell'ora X. Il golpe è alle porte. Bisogna mettere un coperchio sulla pentola che bolle”.\r\nSiamo alla vigilia di Piazza Fontana. Il copione è già scritto. La lista dei colpevoli è già pronta.\r\nCon tutta l'arroganza del potere pensano di manovrare a piacimento gli avvenimenti. Aspettano la risposta della piazza per scatenare disordini, tali da sollecitare misure straordinarie del governo e l'intervento dell'esercito.\r\nMussolini, nell'affiancare Hitler nell'aggressione alla Francia pensava che bastasse un pugno di morti per sedere da vincitore al tavolo delle trattative post-belliche; gli uomini del governo, i loro servizi segreti, gli alleati nazifascisti, pensano che un pugno di morti in una banca basti a far rientrare il movimento di lotta e instaurare un regime autoritario. Non ci riusciranno, anche se il prezzo da pagare sarà alto: l'assassinio di Pinelli, Valpreda, Gargamelli, Borghese, Bagnoli e Mander in carcere per anni, Di Cola in esilio, e i tanti caduti nelle piazze per affermare la libertà di manifestazione e di espressione da Saverio Saltarelli a Carlo Giuliani. E bombe, tante bombe, ancora sui treni, a Brescia, a Bologna, e altri tentativi di colpo di Stato.\r\nCi vorranno anni di lotte, controinformazione, impegno militante per smascherare l'infame provocazione, inchiodare nazifascisti, servizi segreti e politici alle loro responsabilità stragiste, liberare i compagni, ma non sufficienti per ribaltare ciò che ha consentito tutto questo: un sistema democratico rappresentativo solo degli interessi padronali, dei ceti dominanti, delle multinazionali, un sistema di potere basato sull'abuso di potere. Un sistema che non esita a ricorrere al fascismo per ristabilire l'ordine gerarchico.\r\nAnni di piombo? 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Da allora presenza attiva sul territorio genovese, militante anarchica, animatrice della Biblioteca libertaria Francisco Ferrer, alla fine degli anni ’90 prenderà parte al ciclo di lotte contro le nocività (OGM, TAV, nanotecnologie) e in parallelo animerà l’esperienza, tuttora in corso, di Ca’ Favale nell’entroterra di Chiavari.\r\n\r\nUn ricordo lungo il filo delle letture (tratte dalla sua autobiografia, “Sarà un filo di seta nero”; dal libro di interviste di Rosella Simone, “Donne oltre le armi”; da un’intervista tratta dal n°42 di Nunatak), e con l’intervento telefonico di Vania e di Francois.\r\nDurata 1h54m\r\nhttps://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/08/ricordo-di-enza-siccardi.ogg","25 Agosto 2020","2020-08-25 15:14:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/08/libertà-per-Enza-SIccardi-e1598361124365-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"200\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/08/libertà-per-Enza-SIccardi-e1598361124365-200x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/08/libertà-per-Enza-SIccardi-e1598361124365-200x300.jpg 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/08/libertà-per-Enza-SIccardi-e1598361124365.jpg 315w\" sizes=\"auto, (max-width: 200px) 100vw, 200px\" />","UN FILO DI SETA NERO - In ricordo di Enza Siccardi",1598355551,[],[],{"post_content":161},{"matched_tokens":162,"snippet":163,"value":164},[69],"a Genova dove aderisce al \u003Cmark>PCI\u003C/mark>; dopo una breve parentesi con","Compagna ligure (Imperia, 6 giugno 1943 / Genova, 7 agosto 2020) figlia del comandante partigiano Nino Siccardi (“U Curtu”), da giovane si trasferisce con la famiglia a Genova dove aderisce al \u003Cmark>PCI\u003C/mark>; dopo una breve parentesi con le femministe, nel ’68 la restituzione della tessera, gli anni della contestazione giovanile prima dell’incontro folgorante e decisivo con i “luddisti” di Balbiquattro, dove conosce tra gli altri Gianfranco Faina (figura chiave del movimento genovese, tra i fondatori delle BR e poi dalle stesse espulso, prima di contribuire a dar vita ad Azione Rivoluzionaria) che sarà anche padre del suo unico figlio, Vania Siccardi.\r\n\r\nNel 1976 inizia la sua storia carceraria, che si protrarrà fino all’ultimo arresto del 1984, in seguito alle false dichiarazioni di un pentito. 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Questo ci si auspicava. Invece con rapida e progressiva codardia si è andati verso l'annullamento del convegno sulla vicenda Moro previsto per oggi, 12 maggio, a Palazzo san Macuto. Le spiegazioni ufficiose ma autorevoli di Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera non hanno convinto gli organizzatori. Nel senso che il giornalista ha finito col riportare tutto nel comodo solco dell'annoso problema della sensibilità delle vittime (ma diremmo meglio delle associazioni rappresentanti) che in via generale non sopportano che a parlare siano anche coloro che all'epoca dei fatti scelsero di stare dalla parte degli sparatori senza divisa. Di fatti il primo pezzo dell'evento a saltare è proprio la tavola rotonda in cui, tra gli altri, le vittime o i loro rappresentanti avrebbero dovuto prendere parola. In realtà come è stato ben rilevato da Paolo Persichetti, che non a caso avrebbe dovuto intervenire in maniera non innocua su \"Il PCI durante il caso Moro. Origini e movente del discorso dietrologico\", il problema è politico e storico. Il PD semplicemente non tollera di essere accostato alle proprie responsabilità. Il PCI, ieri, e il PD, oggi, si sono tranquillamente rifugiati nelle ricostruzioni storiche discutibili (con dire eufemistico) di un Flamigni e apprezzano evidentemente i quintali di dietrologia che vengono scaricati ancora oggi su questa vicenda perché dopo quarant'anni non sono ancora in grado di fare i conti con la realtà di migliaia di giovani armati o meno che vollero rompere con una generazione di parolai ma molto meno con le generazioni che li precedettero che rimasero come una sorta di inconfessabile matrice comune.\r\n\r\nProprio con Paolo Persichetti abbiamo deciso di tentare un'interpretazione dei fatti che hanno portato alla cancellazione del convegno.\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ","12 Maggio 2016","2016-05-14 02:44:39","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/persichetti-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"270\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/persichetti.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Voltare pagina? 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Apparterrà sempre alla corrente di destra (i cosiddetti “miglioristi”).\r\n\r\n- Nel 1956 sostiene la repressione dei moti di Ungheria da parte dell’URSS. Nel 1979 invece condanna l’invasione sovietica dell’Afghanistan, avvenuta per sostenere il governo comunista del partito del popolo dalla ribellione di mujaheddin e integralisti islamici (tra i quali è annoverato il giovane Osama Bin Laden).\r\n\r\n- Nel 1978 è il primo dirigente del PCI a ottenere il visto per gli Stati Uniti. 10 anni dopo su interessamento di Andreotti sarà il primo politico PCI ad andare in visita ufficiale negli USA.\r\n\r\n- Nel 1991, nel pieno dell’aggressione americana all’Iraq, va un viaggio di apertura politica in Israele.\r\n\r\n- Il 2 febbraio 1993 in piena Tangentopoli nega ai finanzieri incaricati dal giudice Colombo l’autorizzazione ad accedere a Montecitorio per indagare sui bilanci dei partiti.\r\n\r\n- Nel 1998, da primo ex comunista ministro dell’interno, vara con Livia Turco la legge che introduce in Italia i CPT, poi CIE.\r\n\r\n- Il 28 aprile 1998 mentre Napolitano è ministro dell’Interno la Cassazione condanna Licio Gelli per depistaggio e strage e il giorno stesso questi fugge indisturbato all’estero.\r\n\r\n- Nel 2007 equipara o quasi antisemitismo e antisionismo, affermando che lo stato di Israele ha diritto di vivere in pace e sicurezza in quanto stato ebraico. 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Apparterrà sempre alla corrente di","A proposito delle dimissioni di Giorgio Napolitano dalla carica di presidente della Repubblica, abbiamo sentito Alfredo Tradardi di ISM-Italia che con ricchezza di aneddoti ha tratteggiato la carriera di un uomo da sempre al servizio dei poteri forti e della garanzia dello status quo, con particolare riferimento al suo recente, aperto parteggiamento per Israele, con tutte le tragiche conseguenze che l'esistenza dello stato ebraico comporta per la pace in Medioriente.\r\n\r\nPer tanto servigio ora lo stato italiano gli assegna una pensione di 15000 euro al mese con maggiordomo e autista.\r\n\r\n2015.01.15-tradardi\r\n\r\nDi seguito alcune tappe della vita da opportunista di Napolitano:\r\n\r\n- Nel 1942 all’università è membro dei GUF (Gruppi Universitari Fascisti).\r\n\r\n- A guerra finita, nel 1945, aderisce al \u003Cmark>PCI\u003C/mark>. Apparterrà sempre alla corrente di destra (i cosiddetti “miglioristi”).\r\n\r\n- Nel 1956 sostiene la repressione dei moti di Ungheria da parte dell’URSS. Nel 1979 invece condanna l’invasione sovietica dell’Afghanistan, avvenuta per sostenere il governo comunista del partito del popolo dalla ribellione di mujaheddin e integralisti islamici (tra i quali è annoverato il giovane Osama Bin Laden).\r\n\r\n- Nel 1978 è il primo dirigente del \u003Cmark>PCI\u003C/mark> a ottenere il visto per gli Stati Uniti. 10 anni dopo su interessamento di Andreotti sarà il primo politico \u003Cmark>PCI\u003C/mark> ad andare in visita ufficiale negli USA.\r\n\r\n- Nel 1991, nel pieno dell’aggressione americana all’Iraq, va un viaggio di apertura politica in Israele.\r\n\r\n- Il 2 febbraio 1993 in piena Tangentopoli nega ai finanzieri incaricati dal giudice Colombo l’autorizzazione ad accedere a Montecitorio per indagare sui bilanci dei partiti.\r\n\r\n- Nel 1998, da primo ex comunista ministro dell’interno, vara con Livia Turco la legge che introduce in Italia i CPT, poi CIE.\r\n\r\n- Il 28 aprile 1998 mentre Napolitano è ministro dell’Interno la Cassazione condanna Licio Gelli per depistaggio e strage e il giorno stesso questi fugge indisturbato all’estero.\r\n\r\n- Nel 2007 equipara o quasi antisemitismo e antisionismo, affermando che lo stato di Israele ha diritto di vivere in pace e sicurezza in quanto stato ebraico. 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La mappa del voto conferma il trend nazionale di forte consenso al Partito Democratico, evidenziando soprattutto la scomparsa del centro-destra nel nord (in particolare il nord-ovest) del paese.\r\nCi sono però alcune significative eccezioni, che possono forse indicare quanto il voto bulgaro pro-Renzi sia debole e in fondo molto rovesciabile nei contesti locali.\r\nA Livorno, roccaforte della sinistra (e del centro-sinistra), a fianco di un'astensione del 50 %, la maggioranza degli elettori ha votato per il Cinque Stelle Nocerini, rovesciando i pronostici attestati sul risultatid el primo turno dove lo stacco, a favore del candifato del Pd raspanti, era notevole.\r\nSull'argomento abbiamo sentito Silvano Cacciari, redattore di Senza Soste, sito sul quale è uscito un editoriale favorevole all'esito delle urne domenicali:\r\n\"chi vive qui sa benissimo che la sinistra organizzata elettoralmente (eccetto Rifondazione), quella organizzata dal basso e quella diffusa nel sostegno a tante lotte sul territorio, hanno votato in massa per i 5 Stelle, o meglio contro il Pd. Molti tappandosi il naso ma per il bene della città, altri in modo naturale visto che nella sede del Movimento 5 Stelle di Livorno sono appese le bandiere \"No Tav\", \"No Rigassificatore\" e \"Referendum Acqua Pubblica\", le stesse che molti hanno in casa. Col Pd invece cosa c'era da condividere? Nulla, se non la vuota retorica di chi spesso parla facendo credere ai propri elettori che esiste sempre il Pci. Anzi, probabilmente molti possono condividerci le decine di denunce e i processi dei prossimi mesi per molte battaglie recenti e passate\".\r\nsilvano_cacciari_voto_livorno\r\nA Padova, dopo oltre un decennio di incontrastato dominio del centro-sinistra, le preferenze degli elettori (di quel 50 % che ha votato) hanno premiato il leghista Bitonci, capace di insistere sulle contraddizioni e i vuoti lasciati dall'ex partito di maggiornaza con la nomina dall'alto di Ivo Rossi, delfino dell'ex-sindaco ed ex-minsitro del governo Letta Zanonato: politiche che imbalsamao un centro-vetrina penalizzando gli stessi commercianti, la speculazione legata al nuovo polo ospedaliero e l'abbandono del controllo e e della riqualificazione di pezzi del tessuto urbano, abbandonati al degrado. Soprattutto nei quartieri popolari e proletari, maggioritaria è stata l'astensione o la preferenza per una Lega che ha giocato un'intelligente campagna \"dal basso\". Le conseguenze si vedranno probabilmente a partire dalle prossime settimane, soprattutto contro le realtà di occupanti di case e i migranti che ne sono una delle componenti di forza.\r\nAbbiamo commentato il voto padovano con Mattia, dell'infospazio Chinatown\r\nmattia_voto_Padova","10 Giugno 2014","2014-06-16 11:32:56","Voto amministrative: qualche crepa nel consenso Pd",1402404488,[242,243,244,245,246,247,248],"http://radioblackout.org/tag/amministrative/","http://radioblackout.org/tag/cinque-stelle/","http://radioblackout.org/tag/elezioni/","http://radioblackout.org/tag/lega-nord/","http://radioblackout.org/tag/livorno/","http://radioblackout.org/tag/padova/","http://radioblackout.org/tag/pd/",[28,26,250,251,252,253,254],"elezioni","Lega Nord","livorno","padova","pd",{"post_content":256},{"matched_tokens":257,"snippet":259,"value":260},[258],"Pci","elettori che esiste sempre il \u003Cmark>Pci\u003C/mark>. 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L'attenzione si è concentrata soprattutto su Torino e sulle mobilitazioni che si sono date nella nostra città rispetto alla questione dell'aborto, della violenza sessuale, degli anticoncezionali e non solo.Il Coordinamento dei consultori autogestiti e dei collettivi femministi è stato sicuramente tra i protagonisti principali della lotta e ha tenuto insieme una rete molto capillare sui territori, in particolare nei quartieri operai e popolari. Attivo dal 1974 al 1978, successivamente il coordinamento ha dato al vita al Movimento per la salute della Donna e si è fuso con la cosiddetta \"Intercategoriale Donne\", composta dalle attiviste e/o delegate di Cgil-Cisl-Uil, organizzando corsi per le 150 ore.\r\n\r\nMolto attive anche le donne dei gruppi del movimento e della sinistra extraparlamentare, da Lotta Continua ad Autonomia Operaia, gruppi che non avevano però colto la portata rivoluzionaria della parola d’ordine dell’autogestione nel dibattito intorno alla legge sull’aborto, limitandosi a sostenerla e non cogliendone i limiti rispetto alle aspirazioni di autodeterminazione delle donne. La rivendicazione di libertà di scelta e di critica nel partito/gruppo, d’altronde, era un tutt’uno con quella che le femministe come movimento collettivo portavano avanti nella lotta sia contro lo stato e le istituzioni che volevano arrogarsi il diritto di scegliere per conto delle donne, sia contro le condizioni in cui veniva praticato l’aborto clandestino.\r\nPer loro, la battaglia per la libera interruzione di gravidanza era una parte, molto importante, ma solo una parte, della rivendicazione di essere soggetto sociale e politico in quanto donne e dell’autogestione dei propri corpi. Ma per essere soggetti in questa società non si poteva scollegare queste rivendicazioni dalla lotta contro quel modello di società , attraverso spazi e strumenti politici “pubblici” collettivi delle donne stesse.\r\nCaricata di contenuti, valori ed obiettivi che per certi versi trascendevano la specificità del suo oggetto, la battaglia sulla legge sull’aborto, per il diritto di “proprietà” delle donne sulla propria vita e contro quello patriarcale sui figli e sulla moglie, diventava la battaglia contro tutti i partiti parlamentari, esclusi per certi versi Democrazia Proletaria e forse il Partito Radicale. I progetti di legge erano otto: comunista, socialista, radicale, repubblicano, liberale, socialdemocratico, della sinistra indipendente ed infine quello firmato da DP, ma formulato da alcuni collettivi femministi e sostenuto anche dalle redattrici di Lotta Continua.\r\nSul banco degli accusati, quindi, anche il PCI. Se il movimento femminista e la nuova sinistra puntavano quasi esclusivamente alla depenalizzazione dell’aborto e alla legalizzazione degli anticoncezionali, quella che diventò poi la legge 194/78 sull’interruzione di gravidanza era figlia del compromesso storico DC-PCI, fortemente voluto da Berlinguer, preoccupato, come in occasione della legge sul divorzio, di non andare allo scontro col partito cattolico.\r\nCompromesso storico che lavorò anche per introdurre l’obiezione di coscienza e ad eliminare il “pericolo” dei consultori autogestiti con il pretesto che essi non avrebbero dato alcuna “garanzia” sul terreno sanitario. Nei discorsi di Berlinguer non c'è traccia della parola aborto, si parla soltanto di maggior protagonismo della giovane madre...per il PCI le masse non sono ancora mature per affrontare simili questioni...Meglio stare in attesa e costruire un terreno d‘intesa con la Dc su altri temi, in modo da favorire l‘accordo anche sull‘aborto ma solo quando sarà il momento. Un attendismo e un'ambiguità che traspare chiaramente nelle posizioni di tutta la sinistra.\r\n\r\nConcluso l'approfondimento, abbiamo intervistato Federica Ruggiero, l'autrice del libro che presenteremo venerdì 23 maggio in radio, intitolato \"Modificazioni genitali femminili: una questione postcoloniale, il nostro sguardo sulla nostra alterità\". Testo che riflette su alcuni concetti chiave che coinvolgono tutte le donne: integrità del corpo, autodeterminazione, salute, controllo della sessualità e del piacere femminile. Le MGF, e soprattutto le ragioni che le sottendono, ci riguardano direttamente come donne più di quanto immaginiamo. Da donne occidentali ci illudiamo di essere libere ed emancipate, arrogandoci il diritto di relazionarci a donne di altre culture come sorelle maggiori, dimenticando di appartenere invece ad un mondo che, come gli altri, controlla i nostri corpi e ci discrimina come donne.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata, qui la prima parte\r\n\r\nil colpo della strega_19maggio2014_primaparte\r\n\r\ne qui la seconda\r\n\r\nil colpo della strega_19maggio2014_secondaparte","21 Maggio 2014","2018-10-24 17:36:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/medea-strega-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: decima puntata (19maggio2014)","podcast",1400668577,[325,326,327,328,329,330,331,332,333,64,334],"http://radioblackout.org/tag/aborto/","http://radioblackout.org/tag/aborto-clandestino/","http://radioblackout.org/tag/anticoncezionali/","http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/corpo-delle-donne/","http://radioblackout.org/tag/ivg/","http://radioblackout.org/tag/mgf/","http://radioblackout.org/tag/modificazioni-genitali-femminili/","http://radioblackout.org/tag/mutilazioni-genitali-femminili/","http://radioblackout.org/tag/salute-delle-donne/",[336,303,301,337,338,339,295,307,305,69,340],"aborto","autodeterminazione","corpo delle donne","ivg","salute delle donne",{"post_content":342,"tags":346},{"matched_tokens":343,"snippet":344,"value":345},[69],"degli accusati, quindi, anche il \u003Cmark>PCI\u003C/mark>. 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Da donne occidentali ci illudiamo di essere libere ed emancipate, arrogandoci il diritto di relazionarci a donne di altre culture come sorelle maggiori, dimenticando di appartenere invece ad un mondo che, come gli altri, controlla i nostri corpi e ci discrimina come donne.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata, qui la prima parte\r\n\r\nil colpo della strega_19maggio2014_primaparte\r\n\r\ne qui la seconda\r\n\r\nil colpo della strega_19maggio2014_secondaparte",[347,349,351,353,355,357,359,361,363,365,367],{"matched_tokens":348,"snippet":336,"value":336},[],{"matched_tokens":350,"snippet":303,"value":303},[],{"matched_tokens":352,"snippet":301,"value":301},[],{"matched_tokens":354,"snippet":337,"value":337},[],{"matched_tokens":356,"snippet":338,"value":338},[],{"matched_tokens":358,"snippet":339,"value":339},[],{"matched_tokens":360,"snippet":295,"value":295},[],{"matched_tokens":362,"snippet":307,"value":307},[],{"matched_tokens":364,"snippet":305,"value":305},[],{"matched_tokens":366,"snippet":81,"value":81},[69],{"matched_tokens":368,"snippet":340,"value":340},[],[370,377],{"field":35,"indices":371,"matched_tokens":373,"snippets":375,"values":376},[372],9,[374],[69],[81],[81],{"field":136,"matched_tokens":378,"snippet":344,"value":345},[69],{"best_field_score":93,"best_field_weight":94,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":380,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":47},"578730123365711978",{"document":382,"highlight":404,"highlights":418,"text_match":91,"text_match_info":425},{"comment_count":47,"id":383,"is_sticky":47,"permalink":384,"podcastfilter":385,"post_author":386,"post_content":387,"post_date":388,"post_excerpt":53,"post_id":383,"post_modified":389,"post_thumbnail":390,"post_title":391,"post_type":322,"sort_by_date":392,"tag_links":393,"tags":399},"45529","http://radioblackout.org/podcast/la-perla-di-labuan-29-novembre-la-vita-agra/",[274],"eraunanotte...","Lotta di classe nel \"boom\". 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Una rivolta dispiegata: dalle strade ai balconi dei palazzi, da corso Traiano a Nichelino, gli scontri si moltiplicano e le forze dell'ordine sono costrette a riparare in difesa, rispetto a quella che sarà la forza del conflitto operaio e sociale. In compagnia di Dino Antonioni, ex operaio FIAT della Meccaniche di Mirafiori, che in quell'epoca è stato parte attiva delle assemblee nelle officine, abbiamo raccontato la giornata del 3 luglio 1969 e come ci si è arrivati. La narrazione della lotta è stata scandita anche da alcune letture tratte da \"La rivolta di Corso Traiano. Torino, 3 luglio 1969\" di Diego Giachetti e alcuni audio inediti registrati fino al 1999 e racchiusi in una pubblicazione (2 audio CD) indipendente \"Voci e suoni intorno a un giorno di rivolta\" (curato da CRAC autoproduzioni sotterranee) che potete scaricare integralmente qui: CD1 CD2\r\n\r\nOspite speciale della puntata Giacomo in prestito dalla trasmissione radio kalakuta (https://radioblackout.org/shows/radio-kalakuta/)\r\n\r\nLe altre due puntate sulla memoria le trovate:\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-17-11-20/\r\n\r\nhttps://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-19-07-2022/\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Speciale-rivolta-corso-Traiano-Torino-1969.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n ","6 Settembre 2023","2023-09-06 17:49:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Speciale-200x110.jpg","Speciale sul 3 Luglio 1969 a Torino: Giornata di lotta in Corso Traiano",1694022578,[],[],{"post_content":441},{"matched_tokens":442,"snippet":443,"value":444},[69],"torinese dell'operaio specializzato, di cultura \u003Cmark>PCI\u003C/mark>, fortemente inquadrato nel sindacato, con","Eccoci alla nostra terza trasmissione dedicata alla memoria: correva l’anno 1969 nei giorni 3 e 4 luglio, cinquantaquattro anni fa, e a Torino andava in scena la rivolta di corso Traiano.\r\n\r\nIl 3 luglio 1969 arriva dopo più di 50 gg di lotta, la primavera di Mirafiori inizia l'11 aprile '69 con il primo sciopero interno da 20 anni per protestare contro l'uccisione di due lavoratori da parte della polizia a Battipaglia... poi il 13 maggio i lavoratori prolungano lo sciopero indetto dal sindacato di una ora in maniera autonoma e ne allargano la piattaforma rivendicativa. durante i seguenti mesi la lotta coinvolge tutta Mirafiori ed inizia ad allargarsi agli altri stabilimenti. 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La resistenza è cominciata.\" Il golpe in Cile dell'11 settembre 1973 ha avuto un'enorme risonanza nella sinistra italiana (sia riformista che rivoluzionaria) che é interessante ricostruire. Nel 1970 la coalizione di Unidad Popular conquista la maggioranza e il governo, ne fanno parte socialisti e comunisti ed è appoggiata dalla CUT (Central Unica de Trabajadores), il suo progamma comprende la riforma agraria e la nazionalizzazione delle materie prime. Diventa presidente il socialista Salvador Allende che all'università di Concepciòn elogia la lealtà delle esercito, che in realtà dagli anni 50 non ha mai smesso di sparare contro i lavoratori. L'unica opposizione è costituita dal Mir (Movimiento de Izquierda Revolucionaria). I lavoratori (compresi quelli socialisti e comunisti) si organizzano autonomamente nei \"cordones\" a cui UP non dà alcun riconoscimento né appoggio, anzi accusa le lotte di \"economicismo\" e \"avventurismo\" perchè rischierebbero di incrinare il delicato rapporto tra il governo e l'esercito. Il 27 agosto 1973 Allende nomina comandante dell'esercito il generale Augusto Pinochet e l'11 settembre scatta il golpe di cui c'erano state molte avvisaglie. \"I militari sparavano anche contro gli studenti che uscivano dall'università con le mani alzate. Centinaia di cadaveri galleggiavano nel Rio Mapocho.\" In Italia Lotta Continua utilizza la \"lezione cilena\" per perfezionare il suo programma del governo delle sinistre a guida PCI, adotta la prima parte del programma di Unidad Popular evitando l'errore fatale della fiducia cieca all'esercito. Il governo delle sinistre dovrebbe invece essere accompagnato dall'armamento delle masse per prevenire l'inevitabile reazione. Il PCI d'altro canto celebra la morte eroica del \"compagno presidente\" Allende occultando le sue responsabilità nella sconfitta dei lavoratori cileni, e comincia a elaborare la strategia del \"compromesso storico\". Lotta Continua si differenzia dal resto della sinistra che preferisce il più neutro \"Aiuto alla resistenza cilena\" e lancia la campagna \"Armi al Mir\" che ha grande successo, in 3 mesi si raccolgono 80 milioni di lire. La sinistra rivoluzionaria organizza unitariamente a Torino una grande manifestazione che vede la partecipazione di 50.000 persone arrivate da tutt'Italia, lo slogan più gridato è \"Dopo il Cile mai più senza fucile!\" Ma la vera solidarietà è quella dei tanti che ospitano compagni e compagne cileni in fuga dal massacro. Buon ascolto.\r\n\r\nArticoli (tra i tanti dell'epoca):\r\n\r\nHelios Prieto \"Cile: i gorilla erano tra noi\" in \"Primo Maggio - Saggi e documenti per una storia di classe\" n. 2 ottobre 1973;\r\n\"Cile - La repressione e la resistenza - La questione del potere - Il golpe nella stampa fascista\" in \"ControInformazione n. 1-2 febbraio-marzo 1974.\r\n ","18 Settembre 2021","2021-09-18 11:22:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/CILE2-197x110.jpg","L'ALTRO 11 SETTEMBRE: DOPO IL CILE MAI PIU' SENZA FUCILE - LA PERLA DI LABUAN 17/9/2021",1631963431,[],[],{"post_content":464},{"matched_tokens":465,"snippet":466,"value":467},[69],"governo delle sinistre a guida \u003Cmark>PCI\u003C/mark>, adotta la prima parte del","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/09/2021.09.17-14.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"All'alba una colonna di 10 veicoli lascia la città d Talca con 50 militanti che vogliono installare una radio clandestina sulle Ande. 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La colonna Walter Alasia\" e \"Il lavoro della talpa\"\r\na cura di Radio Blackout, Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, Centro di Documentazione Porfido, Cassa di Resistenza Territoriale, Proletari Torinesi per il Soccorso Rosso Internazionale\r\n\r\n\r\nLibri scritti da prigionieri politici attualmente rinchiusi nelle galere di Stato e da militanti partecipi alla lotta di classe.\r\nQuesti testi ricostruiscono la nascita e il ruolo centrale della guerriglia nella lotta di liberazione contro il regime borghese capitalista in Europa, Asia e Sud America, in contesti territoriali, sociali e temporali differenti, fino ad arrivare in Italia con la ricostruzione documentale di un pezzo importante di storia della lotta di classe, lotta questa, largamente rappresentata in contenuti e partecipazione dall'esperienza delle formazioni armate, e da una mai del tutto annientata pratica del conflitto che attraversa comunismo rivoluzionario e anarchismo di azione fino ai giorni nostri.\r\nLo facciamo per dare voce a quei compagni che hanno scontato decenni di carcere o tutt'ora rinchiusi, hanno rifiutato, coerentemente con le loro posizioni politiche, ogni logica di premialità, o di scambio nei confronti dello Stato.\r\nSi è parlato e si continua a parlare molto di carcere. 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Avere dedicato l'impegno di un intera vita al conflitto rivoluzionario, mantenendo una totale inimicizia con lo Stato, sostanzia una posizione che già parla da sola.\r\nSe in Italia, nel pieno della resistenza partigiana, fu la direzione revisionista del PCI a fare deporre le armi, a depotenziare le formazioni partigiane, a scarcerare i fascisti, a permettere alla sedicente democrazia borghese e sancire il compromesso di classe, in tempi più recenti sono stati la dissociazione, il pentitismo ideologico e la criminalizzazione della lotta rivoluzionaria a tentare di mettere al bando la pratica armata dal patrimonio delle ostilità nei confronti dell'ordine costituito.\r\nPerciò, oggi come allora, si tratta di rifiutare la resa e la sottomissione, si tratta di continuare la lotta contro lo Stato e il Capitale\r\n\r\n\r\nMARTEDI 18, presentazione di \"Guerriglia e Rivoluzione\". A seguire djset con A.C.A.B\r\n\r\n\r\nMARTEDI 1, presentazione di \"Le BR a Milano. La colonna Walter Alasia\" e \"Il lavoro della talpa\". A seguire djs all'Italiana\r\n ","10 Maggio 2021","2021-05-10 19:02:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/Locandina-per-web-200x110.jpg","GUERRIGLIA E RIVOLUZIONE",1620673354,[],[],{"post_content":487},{"matched_tokens":488,"snippet":489,"value":490},[69],"fu la direzione revisionista del \u003Cmark>PCI\u003C/mark> a fare deporre le armi,","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/pres-guerriglia-e-rivoluzione.mp3\"][/audio]\r\nProponiamo un ciclo di presentazioni in due appuntamenti di alcuni testi di recente uscita: \"Guerriglia e Rivoluzione\", \"Le brigate rosse a Milano. La colonna Walter Alasia\" e \"Il lavoro della talpa\"\r\na cura di Radio Blackout, Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, Centro di Documentazione Porfido, Cassa di Resistenza Territoriale, Proletari Torinesi per il Soccorso Rosso Internazionale\r\n\r\n\r\nLibri scritti da prigionieri politici attualmente rinchiusi nelle galere di Stato e da militanti partecipi alla lotta di classe.\r\nQuesti testi ricostruiscono la nascita e il ruolo centrale della guerriglia nella lotta di liberazione contro il regime borghese capitalista in Europa, Asia e Sud America, in contesti territoriali, sociali e temporali differenti, fino ad arrivare in Italia con la ricostruzione documentale di un pezzo importante di storia della lotta di classe, lotta questa, largamente rappresentata in contenuti e partecipazione dall'esperienza delle formazioni armate, e da una mai del tutto annientata pratica del conflitto che attraversa comunismo rivoluzionario e anarchismo di azione fino ai giorni nostri.\r\nLo facciamo per dare voce a quei compagni che hanno scontato decenni di carcere o tutt'ora rinchiusi, hanno rifiutato, coerentemente con le loro posizioni politiche, ogni logica di premialità, o di scambio nei confronti dello Stato.\r\nSi è parlato e si continua a parlare molto di carcere. Spesso a sproposito, appellandosi allo Stato nemico per chiedere improbabili amnistie. Anche per questo, al di là di condividere o meno il percorso organizzativo e le prospettive progettuali delle esperienze di cui parlano i libri che presentiamo, dare voce a questi compagni è il minimo che dobbiamo fare.\r\nLa coerenza di questi compagni è di esempio per quanti si riconoscono nella lotta rivoluzionaria. Avere dedicato l'impegno di un intera vita al conflitto rivoluzionario, mantenendo una totale inimicizia con lo Stato, sostanzia una posizione che già parla da sola.\r\nSe in Italia, nel pieno della resistenza partigiana, fu la direzione revisionista del \u003Cmark>PCI\u003C/mark> a fare deporre le armi, a depotenziare le formazioni partigiane, a scarcerare i fascisti, a permettere alla sedicente democrazia borghese e sancire il compromesso di classe, in tempi più recenti sono stati la dissociazione, il pentitismo ideologico e la criminalizzazione della lotta rivoluzionaria a tentare di mettere al bando la pratica armata dal patrimonio delle ostilità nei confronti dell'ordine costituito.\r\nPerciò, oggi come allora, si tratta di rifiutare la resa e la sottomissione, si tratta di continuare la lotta contro lo Stato e il Capitale\r\n\r\n\r\nMARTEDI 18, presentazione di \"Guerriglia e Rivoluzione\". A seguire djset con A.C.A.B\r\n\r\n\r\nMARTEDI 1, presentazione di \"Le BR a Milano. 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Lo presero mentre in piena notte faceva delle scritte inneggianti alle Brigate Rosse.\" Con un lavoro di 15 anni Manolo Morlacchi ricostruisce la storia della sua famiglia cominciando dal bisnonno Carlo Morlacchi e la bisnonna Carolina Gibboni, e il risultato è il libro \"La fuga in avanti - La rivoluzione è un fiore che non muore.\" E' la storia di una famiglia dell'hinterland operaio milanese che si intreccia con la storia d'Italia e del movimento operaio. \"Nel 1929 nonno Remo faceva lo smerigliatore e guadagnava bene. Aveva però due vizi che minavano la stabilità della famiglia: le scommesse sui cavalli e le donne.\" Poi ci sono il fascismo, la guerra, i bombardamenti, la lotta partigiana e la militanza nel Pci. \"Leggevo di tutto, avevo esigenza di capire, e quello che non c'era nei libri lo si apprendeva in fabbrica.\" Negli anni 50 molti militanti contestano la linea del partito e prendono un'altra strada. \"Alcuni restituirono la tessera, altri dovettero essere espulsi. Più di cento iscritti lasciarono il partito.\" Poi l'autunno caldo, il movimento studentesco e la lotta armata. La storia di Giacomo Cattaneo che partecipa al sequestro di Idalgo Macchiarini, il primo delle Brigate Rosse. La storia di Heidi Peusch, che nasce in una famiglia tedesca benestante ma sceglie la rivoluzione e viaggia tra Olanda, Inghilterra, Svezia e Italia, dove diventa la madre di Manolo, l'autore di \"La fuga in avanti.\" Le dure regole della clandestinità. Il carcere speciale. Infine arrivano i funerali, prima di Pierino Morlacchi, poi di Heidi. \"Quando passammo davanti alla sede dell'Anpi, i vecchi uscirono, abbassarono la serranda e salutarono alla maniera dei comunisti.\" Completa il libro una ricca appendice di foto d'epoca, articoli di giornale e vecchi volantini. Buon ascolto.","17 Gennaio 2021","2021-01-31 11:11:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/FUGA1-184x110.jpg","LA FUGA IN AVANTI - LA PERLA DI LABUAN 15/1/2021",1610875045,[],[],{"post_content":509},{"matched_tokens":510,"snippet":511,"value":512},[258],"partigiana e la militanza nel \u003Cmark>Pci\u003C/mark>. \"Leggevo di tutto, avevo esigenza","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021.01.15-15.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\"L'ultima volta che arrestarono mio padre avevo dieci anni. 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