","Sudan: la repressione militare foraggiata dai sauditi","post",1560078057,[64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/bashir/","http://radioblackout.org/tag/consiglio-militare-di-transizione/","http://radioblackout.org/tag/nilo/","http://radioblackout.org/tag/sauditi/","http://radioblackout.org/tag/sudan/",[70,71,72,28,73],"Bashir","Consiglio militare di transizione","Nilo","Sudan",{"post_content":75,"post_title":79,"tags":83},{"matched_tokens":76,"snippet":77,"value":78},[28],"e sono foraggiati da Emirati, \u003Cmark>Sauditi\u003C/mark> e Al Sisi, il peggio","L'orrore dei cadaveri gettati nel Nilo è l'immagine che sancisce la svolta repressiva dei militari, che erano puntello del regime di Bashir e sono foraggiati da Emirati, \u003Cmark>Sauditi\u003C/mark> e Al Sisi, il peggio dei reazionari dell'area. Il computo dei morti della strage di lunedì 3 giugno 2019 si ferma a 108; i militari hanno chiuso tutti i varchi e cominciato a sparare sul sit-in dei dimostranti che da due mesi chiedono il passaggio del potere ai civili per organizzare elezioni che mancano da 30 anni nel paese schiacciato tra Egitto (e l'evoluzione degli ultimi eventi somigliano alla presa del potere di Al-Sisi), Sahel (e le pulsioni che da lì derivano) e il corno d'Africa (e il leader etiope si è proposto come mediatore senza ancora riuscire a portare le parti al negoziato). La strage è stata rubricata dalle parole del premier, dicendo che «le operazioni per ripulire l'area ci sono sfuggite di mano». Un momento molto delicato per l'imponente movimento che è riuscito a cacciare Al-Bashir e due delle figure più eminenti dell'opposizione alla giunta militare sono stati arrestati subito dopo aver incontrato il premier. L'ennesima prova di forza dell'esercito sudanese è giunta dopo che i colloqui fra il Consiglio militare di transizione (Tmc) e le sigle dell’opposizione racchiuse nel cartello delle Forze per la libertà ed il cambiamento (Ffc) si sono interrotti, provocando il deragliamento del difficile processo di transizione del potere avviato dopo la deposizione del presidente Omar al Bashir e la salita al potere dei militari del Tmc: il consiglio ha cancellato tutti gli accordi a cui si era pervenuti da quando è stato deposto Bashir.\r\n\r\nRussia e Cina per i loro interessi nella regione hanno bloccato una risoluzione dell'Onu per intervenire nel paese africano. Invece il Consiglio per la pace e la sicurezza dell'Unione africana ha sospeso la partecipazione del Sudan a tutte le sue attività. Il provvedimento è stato preso “con effetto immediato fino all'effettiva istituzione di un'autorità di transizione guidata da civili, che rappresenta l'unico modo per consentire al Sudan di uscire dall'attuale crisi”. I giovani sono pronti a proseguire la lotta per conseguire quel cambiamento avviato ormai con la fine del regime e che rischia di essere soffocato dalla potenza delle armi e dei capitali investiti dall'estero per assicurare la conferma del controllo coloniale del paese nella collocazione geostrategica voluta da Bashir.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Raffaele Masto, africanista e redattore di \"AfricaRivista\":\r\n\r\nCongiuntura nevralgica per l'evoluzione sudanese",{"matched_tokens":80,"snippet":82,"value":82},[81],"sauditi","Sudan: la repressione militare foraggiata dai \u003Cmark>sauditi\u003C/mark>",[84,86,88,90,93],{"matched_tokens":85,"snippet":70},[],{"matched_tokens":87,"snippet":71},[],{"matched_tokens":89,"snippet":72},[],{"matched_tokens":91,"snippet":92},[28],"\u003Cmark>Sauditi\u003C/mark>",{"matched_tokens":94,"snippet":73},[],[96,101,104],{"field":38,"indices":97,"matched_tokens":98,"snippets":100},[32],[99],[28],[92],{"field":102,"matched_tokens":103,"snippet":82,"value":82},"post_title",[81],{"field":105,"matched_tokens":106,"snippet":77,"value":78},"post_content",[28],578730123365712000,{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":32,"num_tokens_dropped":50,"score":111,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},"1108091339008",13,"578730123365711979",1,{"document":114,"highlight":142,"highlights":164,"text_match":107,"text_match_info":172},{"cat_link":115,"category":116,"comment_count":50,"id":117,"is_sticky":50,"permalink":118,"post_author":53,"post_content":119,"post_date":120,"post_excerpt":56,"post_id":117,"post_modified":121,"post_thumbnail":122,"post_thumbnail_html":123,"post_title":124,"post_type":61,"sort_by_date":125,"tag_links":126,"tags":134},[47],[49],"58073","http://radioblackout.org/2020/03/la-bancarotta-dei-cedri-chi-si-comprera-il-libano-allasta-dei-bond/"," \r\n\r\nLunedì 9 marzo il Libano non ha potuto restituire 1,2 miliardi di eurobond in scadenza, con un debito pubblico al 170 per cento e rivolte popolari solo sospese per covid19 – alla ricerca di un modo di esprimersi alternativo tutti insieme. Ha praticamente dichiarato la bancarotta. Hassan Diab, nuovo leader libanese, chiamato a trovare una soluzione alla insolvenza bancaria, non ce l'ha fatta: è rimasto sotterrato dal debito. Le banche libanesi si sono dissanguate per mantenere la parità con il dollaro e a sovvenzionare la corruzione e la finanziarizzazione di un'economia fino a 10 anni fa solidissima e pronta a lucrare sulla crisi del 2008, ma gradualmente il risparmio fu eroso dal debito e nel 2019 cominciarono le restrizioni sui prelievi, perché le banche non riuscivano più a reggere e avevano attinto pericolosamente alle riserve di valuta preziosa, dando così spazio alla finanza di imporre bond in cambio di prestiti, mentre il paese non riusciva a importare prodotti da pagare in valuta. Poiché la crisi libanese ha seguito la flessione del mercato petrolifero. Quando nel 2018 il prezzo del petrolio ha iniziato a calare e l'Arabia Saudita ha ritirato il suo sostegno alle istituzioni libanesi, queste hanno dovuto umentare le tasse. L’economia libanese è caratterizzata da un doppio legame tra il settore bancario – diviso tra istituti vicini ai vari potentati politici – e i settori dell’immobiliare e dei servizi, anch’essi strettamente legati ai partiti tradizionali. Di qui discende quella crescita di una struttura economica sempre più sbilanciata verso settori non-produttivi, compensata fino a pochi anni fa dagli ingenti investimenti stranieri resi attraenti dagli alti tassi di interesse garantiti dalle banche libanesi e dal tasso di cambio della valuta nazionale rispetto al dollaro. Dall’altra parte, in mancanza di un settore industriale sviluppato, il sistema politico ha garantito l’occupazione tramite la creazione e distribuzione di posti di lavoro su base settaria, che via via hanno gravato sul bilancio dello stato\r\n\r\nOra il buco è contabilizzato in 30 miliardi di dollari e due terzi dei bond sono in mano a speculatori perlopiù britannici, l'alternativa a essere mangiato dai detentori dei titoli in eurobond (la banca inglese Ashmore) per il Libano è la richiesta di aiuto al Fmi (già intervenuto alla fine della Guerra civile, come si vince dall'intervento di Rosita Di Peri), con quello che consegue normalmente in termini di cancellazione di diritti, welfare, produttività e imposizione di austerità, licenziamenti, ulteriori privatizzazioni, che nel paese dei cedri è alla base della dissoluzione del sistema, poiché la spartizione tra i potentati delle varie comunità, i cui vari apparati si sono spartiti la ricchezza, affidando servizi malerogti a privati. Il problema è che Hezbollah non vuole assolutamente affidarsi al Fmi per il controllo americano sulla istituzione monetaria; ma la fine del sistema di equilibri tra comunità, a cui ha contribuito non poco a dare una spallata il movimento ancora molto vivace, che è attraversato da componenti di ognuna delle 18 comunità e protesta anche e soprattutto contro i trent'anni di neoliberismo in cui lo stato si è ritirato dall'erogazione di servizi primari, dapprima collegato alla ricostruzione del dopoguerra. Questo ingranaggio, di cui le grandi famiglie (una per tutte gli Hariri sostenuti dai sauditi) sono l'emblema patente, ha permesso al paese di lasciarsi alle spalle la guerra civile che ha dissanguato il paese dal 1975 al 1990, ma ha anche arricchito le clientele a discapito delle casse statali e della popolazione e le rivendicazioni dei giovani protestano contro questo sistema di ripartizione, senza leader con rivendicazioni precise e condivise.\r\n\r\nLa permeabilità dei confini libanesi, la quantità di rifugiati, possono aver prodotto situazioni di crisi già con la presenza della diaspora palestinese, ma l'accoglienza libanese ha sempre assorbito l'immigrazione (impegnati nelle ditte di costruzioni) per cui si possono archiviare gli effetti della vicina crisi siriana come diversamente influenti sui problemi di Beirut.\r\n\r\nDalla bancarotta e dall'affastellarsi di questi e di molti altri aspetti della storia socio-politica libanese siamo partiti per capire con Rosita Di Peri in che modo si sia potuto arrivare a questo punto e verso dove si possa indirizzare, ora che non è più così scontato che il Libano venga aiutato comunque, soprattutto perché gli interessi della finanza e le sue strategie sono mutate, come il gioco di alleanze e il rischio di sopravvivenza per gruppi di potere, come i filoiraniani di hezbollah.\r\n\r\nLa bancarotta libanese era nella natura del sistema?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_12_rosita01.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUn sistema fortemente maschilista, come abbiamo potuto rilevare quando Rosita ci ha illustrato la condizione femminile a partire dal sistema kafala per immigrate e collaboratrici famigliari in condizioni di schiavitù e dalla mancanza di un codice civile unificato, di diritti, e dalla presenza lgbtqia all'interno del movimento. Intrecciato al consociativismo tra comunità religiose il patriarcato è ancora molto potente e pervasivo, eppure in questo frangente – o forse proprio per quello – le donne sono state molto presenti in piazza durante la sollevazione di questi mesi; e non è certo l'inserimento di parecchie donne nel nuovo governo di Diab a essere sufficiente per contenere le rivendicazioni egualitarie.\r\n\r\nLa contingenza di crisi aiuta l'emergere delal rivolta femminile contro il patriarcato\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_12_rosita02.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","14 Marzo 2020","2020-03-14 11:04:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/libano-proteste-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"228\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/libano-proteste-300x228.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/libano-proteste-300x228.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/libano-proteste-768x585.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/libano-proteste.jpg 854w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La bancarotta dei cedri: chi si comprerà il Libano all'asta dei bond?",1584149905,[127,128,129,130,131,132,133,67],"http://radioblackout.org/tag/bancarotta/","http://radioblackout.org/tag/hariri/","http://radioblackout.org/tag/hezbollah/","http://radioblackout.org/tag/kafala/","http://radioblackout.org/tag/libano/","http://radioblackout.org/tag/patriarcato/","http://radioblackout.org/tag/rifugiati-siriani/",[135,136,137,138,139,140,141,28],"bancarotta","Hariri","hezbollah","kafala","libano","patriarcato","rifugiati siriani",{"post_content":143,"tags":147},{"matched_tokens":144,"snippet":145,"value":146},[81],"tutte gli Hariri sostenuti dai \u003Cmark>sauditi\u003C/mark>) sono l'emblema patente, ha permesso"," \r\n\r\nLunedì 9 marzo il Libano non ha potuto restituire 1,2 miliardi di eurobond in scadenza, con un debito pubblico al 170 per cento e rivolte popolari solo sospese per covid19 – alla ricerca di un modo di esprimersi alternativo tutti insieme. 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Parlando con la radio dell’esercito israeliano, Ya’alon ha affermato che gli ufficiali hanno mentito sui tunnel per anni prima di decidere di eseguire un’operazione per distruggerli, all’inizio di questa settimana.\r\n\r\nUna notizia che ci aveva fatto pensare che la tanto temuta nuova guerra israelo-libanese stava per esplodere. “L’abbiamo fatto per ingannare l’altro lato”, ha aggiunto Ya’alon, insistendo sul fatto che“nessuno dei tunnel ha raggiunto le comunità in cui la gente ha affermato di aver sentito di scavare”.\r\n\r\nIsraele ha lanciato la sua operazione nelle prime ore di martedì, dichiarando la città di Metulla – situata sul confine israelo-libanese, non lontano dalle Alture del Golan – una zona militare chiusa. Si pensa che l’operazione potrebbe durare per diverse settimane, e Israele sostiene che il tunnel sotto Metulla è uno dei molti.\r\n\r\nQuando abbiamo inteso la notizia della distruzione di un tunnel sul confine abbiamo pensato che Francesca Borri fosse l'interlocutrice giusta per analizzare la situazione e gli eventuali sviluppi, informata per la sua professione di reporter di guerra, freelance che scrive anche per \"Yedihot Ahronoth\" convinta che il prossimo scontro tra Iran, per interposto Hezbollah, e Israele si consumerà intorno a Qunetra, nel Golan, che vide Hezbollah respingere gli israeliani nel 2006, ci ha offerto un punto di vista che in genere è dalla nostra emittente preso in considerazione in misura minore. Facendolo con la lucidità di Francesca il panorama mediorientale si presenta in una luce fosca e realistica, per quanto oltre il limite di folle delirio per ogni attore in tragedia, dove le popolazioni sono ostaggio delle classi dirigenti, da un lato e dall'altro, arrivando alla conclusione che chi si avvantaggerà maggiormente di un ingaggio bellico israeliano in Libano sarà... al-Qaeda in Siria.\r\n\r\nQui potete ascoltare la chiacchierata fatta nel pomeriggio di giovedì 6 dicembre con Francesca Borri sui molti angoli percorsi o a rischio di guerra in Medio Oriente:\r\n\r\nUno sguardo attraverso i tunnel del Medio Oriente","7 Dicembre 2018","2018-12-07 17:36:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/12/2018-12-06_Metula-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"189\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/12/2018-12-06_Metula-300x189.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/12/2018-12-06_Metula-300x189.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/12/2018-12-06_Metula.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Un tunnel dal Golan a Gaza pieno di venti di guerra",1544204060,[189,190,129,191,192,131,67,193],"http://radioblackout.org/tag/gaza/","http://radioblackout.org/tag/hamas/","http://radioblackout.org/tag/iran/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/siria/",[195,196,137,15,197,139,28,26],"Gaza","hamas","Israele",{"tags":199},[200,202,204,206,208,210,212,214],{"matched_tokens":201,"snippet":195},[],{"matched_tokens":203,"snippet":196},[],{"matched_tokens":205,"snippet":137},[],{"matched_tokens":207,"snippet":15},[],{"matched_tokens":209,"snippet":197},[],{"matched_tokens":211,"snippet":139},[],{"matched_tokens":213,"snippet":92},[28],{"matched_tokens":215,"snippet":26},[],[217],{"field":38,"indices":218,"matched_tokens":220,"snippets":222},[219],6,[221],[28],[92],{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":224,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},"578730123365711977",{"document":226,"highlight":254,"highlights":278,"text_match":107,"text_match_info":284},{"cat_link":227,"category":228,"comment_count":50,"id":229,"is_sticky":50,"permalink":230,"post_author":53,"post_content":231,"post_date":232,"post_excerpt":56,"post_id":229,"post_modified":233,"post_thumbnail":234,"post_thumbnail_html":235,"post_title":236,"post_type":61,"sort_by_date":237,"tag_links":238,"tags":247},[47],[49],"39585","http://radioblackout.org/2016/12/alleanze-variabili-svolte-epocali-doppi-binari-e-la-guerra-al-daesh/","Da un lato Palmira, Raqqa, Mossul, per metà ancora controllata dal califfato, dall'altra Idlib, Aleppo, Kobani: città con destini attualmente diversi. E poi alleanze variabili tra potenze locali e superpotenze, con la Russia molto attiva e Usa defilati, dopo che le potenze occidentali hanno scatenato guerre laceranti, hanno bombardato e distrutto senza ottenere nulla e sembrano marginalizzati, come le monarchie del Golfo; alleanze anodine, come quella che si potrebbe costruire tra sunniti turchi e sciiti iraniani sotto l'egida russa; doppi binari per cui l'appartenenza a un fronte che vale in un ambito dello scacchiere internazionale non è più vero in altre zone calde come la guerra dimenticata (ma non dalle migliaia di morti) in Yemen, oppure attentati e uccisioni che sembrano avvertimenti o segnali oscuri e sulfurei... E poi, la politica americana ai tempi di Trump continuerà a esportare guerre in Medio Oriente e importare terrorismo in Occidente? Ci saranno ripercussioni per l'astensione inusitata di Obama sulla risoluzione egiziana contro gli insediamenti illegali di coloni israeliani? che cosa si nasconde dietro a onnipotenti imam turchi rifugiati in Usa?\r\n\r\nMa cosa rimane degli equilibri antecedenti lo scatenamento di questi massacri? e cosa c'è da aspettarsi da questa situazione aleatoria di etnie, sette, religioni; prove di forza e interessi diversi in cui s'insinua dirompente la svolta epocale realizzata dall'interventismo russo che già gli è valso due sbocchi sul Mediterraneo?\r\n\r\nLa situazione è così intricata che risulta molto difficile orientarsi senza guida, dunque chi meglio di Alberto Negri per farsi accompagnare nel Medio Oriente di questa fine 2016, evitando di fermarsi alle ricostruzioni superficiali ed embedded dei media ufficiali?\r\n\r\nNegrisuSiria","23 Dicembre 2016","2017-01-10 13:27:46","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/guerre_siriane-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"198\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/guerre_siriane-300x198.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/guerre_siriane-300x198.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/guerre_siriane-768x508.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/guerre_siriane.jpg 820w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Alleanze variabili, svolte epocali, doppi binari e... la guerra al Daesh",1482524889,[239,240,191,241,242,67,193,243,244,245,246],"http://radioblackout.org/tag/daesh/","http://radioblackout.org/tag/geopolitica/","http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/russia/","http://radioblackout.org/tag/trump/","http://radioblackout.org/tag/turchia/","http://radioblackout.org/tag/ue/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[33,248,15,249,250,28,26,24,251,252,253],"geopolitica","iraq","russia","Turchia","UE","USA",{"tags":255},[256,258,260,262,264,266,268,270,272,274,276],{"matched_tokens":257,"snippet":33},[],{"matched_tokens":259,"snippet":248},[],{"matched_tokens":261,"snippet":15},[],{"matched_tokens":263,"snippet":249},[],{"matched_tokens":265,"snippet":250},[],{"matched_tokens":267,"snippet":92},[28],{"matched_tokens":269,"snippet":26},[],{"matched_tokens":271,"snippet":24},[],{"matched_tokens":273,"snippet":251},[],{"matched_tokens":275,"snippet":252},[],{"matched_tokens":277,"snippet":253},[],[279],{"field":38,"indices":280,"matched_tokens":281,"snippets":283},[20],[282],[28],[92],{"best_field_score":109,"best_field_weight":110,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":224,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},{"document":286,"highlight":312,"highlights":317,"text_match":320,"text_match_info":321},{"cat_link":287,"category":288,"comment_count":50,"id":289,"is_sticky":50,"permalink":290,"post_author":53,"post_content":291,"post_date":292,"post_excerpt":56,"post_id":289,"post_modified":293,"post_thumbnail":294,"post_thumbnail_html":295,"post_title":296,"post_type":61,"sort_by_date":297,"tag_links":298,"tags":305},[47],[49],"68677","http://radioblackout.org/2021/04/turbolenze-e-alleanze-contrapposte-tra-mediterraneo-e-golfo/","Abbiamo chiesto a Michele Giorgio di farci un quadro della condizione politica e geopolitica dell'area mediorientale regolata dagli interessi israeliani e per la vita dei palestinesi, che si vedono aggrediti e feriti da raid squadristi di giovani fascisti ebrei, di cui nessuno parla a livello di media mainstream, pur esistendo filmati diffusi in twitter.\r\nA cominciare dall'Iran e dagli irrevocabili segnali di distensione dell'amministrazione Biden che annovera tra i suoi uomini di spicco quegli stessi che avevano curato per Obama la trattativa con gli ayatollah; Israele non può certo stare a guardare la trattativa e infatti interviene in ogni modo possibile, non solo attraverso il Mossad, pur avendo ormai chiaro che l'era trumpiana è conclusa e il ritorno al tavolo del Jcpoa è scontato, quindi l'obiettivo è almeno tirare sul prezzo. Anche se l'opzione militare per Netanyahu rimane sempre sul tavolo e al termine del mandato di Trump ci si era andati molto vicino; e ancora adesso Israele spera nell'incidente bellico, proseguendo con le provocazioni, nonostante anche gli interessi delle altre potenze spingano per mettere fine alle tensioni nel Golfo; Michele in questo intervento aveva accennato a postazioni iraniane in Siria e da lì nella notte successiva a questa registrazione sono partiti razzi diretti al nucleare israeliano di Dimona, caduti a una trentina di chilometri dal reattore israeliano; un messaggio dall'Iran.\r\nNonostante Biden e i suoi uomini siano indubbiamente filoisraeliani hanno dovuto far capire al governo di Tel Aviv di darsi una calmata per evitare che la strategia possa subire battute d'arresto. Come già rilevava Marina Forti Tehran è riuscita a riconvertire la propria economia aggirando in larga parte le sanzioni e ha stretto accordi con la Cina, avvicinandosi alla sua sfera di influenza e Michele Giorgio ci conferma l'esistenza di accordi sino-iraniani a lunga scadenza, sancendo l'inefficacia della politica sanzionatoria statunitense. Infatti è previsto per i primi mesi del 2022 un accordo definitivo sul nucleare iraniano, ma già a maggio dovrebbe venire siglato un primo accordo secondo le previsioni di Washington.\r\nAltro argomento affrontato è l'enorme business delle armi tra paesi del Mediterraneo orientale, che coinvolgono Grecia, Cipro, Emirati (e Sauditi, a gettare nuova luce sui criteri che informano realmente gli Abraham Accords), una sorta di rimodulazione di alleanze, scambi, traffici, occupazione di tratti di mare e contratti petroliferi... dove Israele si propone come garante, forte della sua potenza militare, per la sicurezza di chi vorrà essere suo alleato. Una fazione che si contrappone agli interessi dell'inedito ticket Egitto-Turchia: non è una sorpresa l'offerta greca di batterie di missili in questo coinvolgimento strategico di monarchie sunnite del Golfo con paesi del Mediterraneo orientale.\r\nPassando alle questioni interne, oltre agli episodi di aggressioni da parte di giovani israeliani ai danni di lavoratori palestinesi che lavorano nella parte ebraica di Gerusalemme, è in corso anche una quotidiana rivendicazione con arresti e scontri dall'inizio del ramadan per ottenere l'accesso alla spianata di al-Aqsa: importante è che questa situazione dimostra come la città rimanga una città divisa, nonostante i riconoscimenti americani della giurisdizione israeliana. Gerusalemme è divisa, un conflitto che non è concluso e archiviato dalla Storia, ma che al contrario va di nuovo affrontato e aggiornato... e su questa divisione va a incidere anche la negazione da parte delle autorità israeliane di consentire la partecipazione alle elezioni palestinesi (e contrastate) dei palestinesi di Gerusalemme Est. Un'elezione contrastata pure dall'Autorità stessa che le ha indette dopo 15 anni, perché Marwan Barghouti, il più popolare degli ergastolani palestinesi, sarebbe il quasi sicuro vincitore delle presidenziali e le legislative, con sondaggi contrastanti tra Hamas e Fatah.\r\nEcco come si è dipanato il discorso di Michele Giorgio nelal mattinata di giovedì 22 aprile dalle frequenze di Radio Blackout:\r\n\r\n\"Turbolenze e alleanze contrapposte tra Mediterraneo e Golfo\".","23 Aprile 2021","2021-04-23 11:58:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-300x200.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-300x200.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-1024x683.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-768x512.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-1536x1024.jpeg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/aerei-israelo-ellenici-2048x1365.jpeg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Turbolenze e alleanze contrapposte tra Mediterraneo e Golfo",1619179136,[299,300,301,302,191,192,303,304],"http://radioblackout.org/tag/abraham-accords/","http://radioblackout.org/tag/cipro/","http://radioblackout.org/tag/gerusalemme/","http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/jcpoa/","http://radioblackout.org/tag/tehran/",[306,307,308,309,15,197,310,311],"Abraham Accords","cipro","gerusalemme","grecia","Jcpoa","Tehran",{"post_content":313},{"matched_tokens":314,"snippet":315,"value":316},[28],"coinvolgono Grecia, Cipro, Emirati (e \u003Cmark>Sauditi\u003C/mark>, a gettare nuova luce sui","Abbiamo chiesto a Michele Giorgio di farci un quadro della condizione politica e geopolitica dell'area mediorientale regolata dagli interessi israeliani e per la vita dei palestinesi, che si vedono aggrediti e feriti da raid squadristi di giovani fascisti ebrei, di cui nessuno parla a livello di media mainstream, pur esistendo filmati diffusi in twitter.\r\nA cominciare dall'Iran e dagli irrevocabili segnali di distensione dell'amministrazione Biden che annovera tra i suoi uomini di spicco quegli stessi che avevano curato per Obama la trattativa con gli ayatollah; Israele non può certo stare a guardare la trattativa e infatti interviene in ogni modo possibile, non solo attraverso il Mossad, pur avendo ormai chiaro che l'era trumpiana è conclusa e il ritorno al tavolo del Jcpoa è scontato, quindi l'obiettivo è almeno tirare sul prezzo. 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Ma comunque sta scontando una condanna anche lui, perché a esplicita richiesta dalla piazza, se non volesse dimettersi, la risposta è stata che non ha questa facoltà perché solo il Presidente può licenziarlo. Prigioniero di un autocrate, come tutto il paese.\r\n\r\nSi è scatenato lo stesso sistema di controinformazione, i consueti insulti del Presidente che ha come sempre dato dei terroristi ai ragazzi, ma soprattutto un fantasma si aggira per Istanbul: la paura di Erdogan è che ritorni la stagione di Taksim.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021-01-07_Bogazici.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGli armeni hanno sospeso ogni import/express con la Turchia: un embargo di sei mesi sarà rinnovato su più di duemila prodotti. Ma quello che è più interessante di questa situazione è il riavvicinamento con Tehran, che già si era cominciato a vedere durante il periodo di guerra guerreggiata, laddove l’Iran si era ritrovato con i suoi peggiori nemici schierati con Baku e si era innervosito quando le truppe azere si avvicinarono troppo al fiume che segna i confini. E questo si collega con “l’amore nel golfo” sbocciato tra sauditi e qatarioti in funzione antiraniana, ma che può costringere Erdogan a cambiare tattica per poter contare sul bancomat di al Thani.\r\n\r\nMa tutto si tiene e anche la situazione in Siria è di nuovo in subbuglio, perché a seguito di serie di attentati e rovesci del potente esercito turco, che ha costretto il Presidente ad andare da Putin a concordare una nuova linea per Idlib e ne è scaturita una nuova grande idea: cacciare i curdi da quell’ultimo avamposto in Rojava del confederalismo democratico, in cambio di Idlib, ormai semisvuotata da mercenari spediti un po’ in Libia e un po’ in Nagorno. Tutto composto da bombardamenti, spostamenti di truppe, ma soprattutto l’ennesimo accordo triangolare tra Ankara, Mosca, Damasco per consentire all’esercito turco della Nato di entrare in Ayn Issa, che consente il controllo della autostrada M4, che è la porta per Kobane.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021-01-07_Ayn-Issa-Erevan-con-Tehran.mp3\"][/audio]","9 Gennaio 2021","2021-01-09 22:11:30","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/bogazici-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"278\" height=\"182\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/bogazici.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Il caffè di Murat: un magnifico rettore... di merda",1610152935,[339,340,341,342,343,344],"http://radioblackout.org/tag/armenia/","http://radioblackout.org/tag/bogazici/","http://radioblackout.org/tag/melih-bulu/","http://radioblackout.org/tag/murat-cinar/","http://radioblackout.org/tag/recep-tayyip-erdogan/","http://radioblackout.org/tag/rojava/",[346,347,348,349,350,35],"armenia","Bogaziçi","Melih Bulu","murat cinar","Recep Tayyip Erdoğan",{"post_content":352},{"matched_tokens":353,"snippet":354,"value":355},[81],"l’amore nel golfo” sbocciato tra \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e qatarioti in funzione antiraniana,","Comincia bene, con un omaggio a Federico Garcia Lorca in turco, perché questa è la scelta del pezzo musicale introduttivo di Murat Cinar\r\n\r\nhttps://youtu.be/wJE4KgGOroM\r\n\r\ne prosegue ancora meglio, poiché pare che la rivolta di piazza Taksim sia rinata dalle sue ceneri, evidentemente ancora accese, visto che la voglia di celiare, ironizzare... le battute e l’atmosfera, lo spirito di Gezi emerge a ogni battuta che mette alla berlina lo sgrammaticato, intrallazzato nuovo rettore della prestigiosa università di Bogaziçi, progressista e costretta a subire la nomina di un rettore tra i fondatori dell’Akp e scelto per quei meriti scientifici lì. 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Tutto composto da bombardamenti, spostamenti di truppe, ma soprattutto l’ennesimo accordo triangolare tra Ankara, Mosca, Damasco per consentire all’esercito turco della Nato di entrare in Ayn Issa, che consente il controllo della autostrada M4, che è la porta per Kobane.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/01/2021-01-07_Ayn-Issa-Erevan-con-Tehran.mp3\"][/audio]",[357],{"field":105,"matched_tokens":358,"snippet":354,"value":355},[81],{"best_field_score":322,"best_field_weight":323,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":324,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},6646,{"collection_name":61,"first_q":28,"per_page":219,"q":28},{"facet_counts":363,"found":392,"hits":393,"out_of":532,"page":112,"request_params":533,"search_cutoff":39,"search_time_ms":110},[364,372],{"counts":365,"field_name":370,"sampled":39,"stats":371},[366,368],{"count":20,"highlighted":367,"value":367},"I Bastioni di Orione",{"count":173,"highlighted":369,"value":369},"anarres","podcastfilter",{"total_values":173},{"counts":373,"field_name":38,"sampled":39,"stats":390},[374,376,377,378,379,380,382,384,386,388],{"count":23,"highlighted":375,"value":375},"Bastioni di Orione",{"count":173,"highlighted":249,"value":249},{"count":173,"highlighted":26,"value":26},{"count":173,"highlighted":139,"value":139},{"count":173,"highlighted":18,"value":18},{"count":173,"highlighted":381,"value":381},"BastioniOrione",{"count":112,"highlighted":383,"value":383},"IS",{"count":112,"highlighted":385,"value":385},"YPG",{"count":112,"highlighted":387,"value":387},"cobane. cabilia",{"count":112,"highlighted":389,"value":389},"guerra dell'informazione",{"total_values":391},18,9,[394,421,445,467,488,510],{"document":395,"highlight":410,"highlights":415,"text_match":320,"text_match_info":418},{"comment_count":50,"id":396,"is_sticky":50,"permalink":397,"podcastfilter":398,"post_author":399,"post_content":400,"post_date":401,"post_excerpt":56,"post_id":396,"post_modified":402,"post_thumbnail":403,"post_title":404,"post_type":405,"sort_by_date":406,"tag_links":407,"tags":409},"88478","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-28-03-2024-gli-houti-nel-contesto-della-crisi-medio-orientale-lalleanza-scita-e-la-contesa-mai-sopita-con-i-sauditi-giustizia-internazionale-genocidio-e-impotenza/",[367],"radiokalakuta","Bastioni di Orione ha avuto l'occasione di rivolgere alcune questioni a Laura Silvia Battaglia, giornalista e documentarista esperta dello Yemen. 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La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. 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Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. 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In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; 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Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[442],{"field":105,"matched_tokens":443,"snippet":439,"value":440},[81],{"best_field_score":322,"best_field_weight":323,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":324,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},{"document":446,"highlight":458,"highlights":463,"text_match":320,"text_match_info":466},{"comment_count":50,"id":447,"is_sticky":50,"permalink":448,"podcastfilter":449,"post_author":53,"post_content":450,"post_date":451,"post_excerpt":56,"post_id":447,"post_modified":452,"post_thumbnail":453,"post_title":454,"post_type":405,"sort_by_date":455,"tag_links":456,"tags":457},"98810","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-26-06-2025-cosa-centra-il-corridoio-di-lobito-con-la-tregua-in-kivu-firmata-a-washington-e-cosa-centra-il-corridoio-di-abramo-con-il-nucleare-iraniano/",[367],"Può apparire strano, ma la risposta alla domanda del titolo è Qatar. Può apparire forzata o arzigogolata e viene contestualizzato più facilmente l'apporto della petromonarchia nel discorso sviluppato da Laura Silvia Battaglia, perché il territorio che ospitava la base americana bombardata per scherzo telefonato dai pasdaran era ospitata nel sultanato di Al-Thani, e non solo perché l'argomento era adiacente alla analisi della messinscena tra grandi potenze per far accettare al resto del mondo il nuovo assetto del Sudovest asiatico voluto dagli Accordi di Abramo, escludendo l'Iran e i suoi proxy e la Turchia per creare una supply chain alternativa alla Belt Road Initiative; però anche in ambito centrafricano – come ci racconta Massimo Zaurrini – Doha ha ospitato i negoziati tra Repubblica democratica del Congo (Rdc) e Alleanza del fiume Congo (Afc-M23), ed è il terminale delle transazioni finanziarie derivanti dallo sfruttamento delle risorse dei Grandi Laghi, che ora vedranno gli Usa di Trump ergersi a gestori diretti delle miniere di cobalto e terre rare, che prima erano rubate alla lontana Kinshasa solo da Kagame, alleato delle potenze occidentali, attraverso le sue milizie antihutu. Peraltro anche Tsishekedi è un fiancheggiatore e grande amico di Israele, i cui imprenditori più spregiudicati hanno già operato in Rdc. Insomma affari tra autocrati, piazzisti, teocrati e fascisti in genere che pagano le popolazioni malauguratamente abitanti territori contesi tra potenti.\r\nQuindi ci troviamo di fronte a due Corridoi di merci, il cui progetto faraonico intende variare l'asse commerciale impostato da decenni, spostando i flussi che tagliano l'Africa a metà, congiungendo il porto angolano di Lobito con Beira in Mozambico o Dar es Salaam in Tanzania, Oceano Atlantico con Oceano Indiano; ma anche spostando le direttrici commerciali tra Oriente e Mediterraneo all'interno della Penisola arabica aggirando i flussi impostati un po' più a nord da Pechino e inserendo i territori controllati da Israele. A tanto ci ha portato aprire il vaso di Pandora della Guerra dei 12 giorni da un lato e la sbandierata tregua (supposta) tra Congo e Ruanda...\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nA Laura Silvia Battaglia, voce di \"Radio3Mondo\" e raffinata esperta della cultura dei paesi del Sudovest asiatico, abbiamo chiesto di inquadrare nell’ottica dei Paesi del Golfo il giudizio sulla strategia che ispira il rivolgimento dell’equilibrio nell’area: l’escalation sionista mette in scena un superamento del Diritto internazionale e del concetto di democrazia per imporre una configurazione del Vicino Oriente e dei suoi corridoi commerciali alternativi alla Bri cinese come illustrato tempo fa dallo stesso Netanyahu: annientamento dei proxy iraniani e ridimensionamento della Repubblica islamica stessa a favore della penisola arabica, alleata e complice con gli accordi di Abramo, con regimi autoritari e in funzione anticinese. La causa scatenante – il nucleare iraniano – sembra poco o nulla interessante persino nei suoi risultati (basta la narrazione presidenziale attraverso Truth, che non può essere messa in discussione), perché forse l’obiettivo vero è probabilmente un altro (magari Teheran uscirà dalla non proliferazione nucleare e non ci saranno più controlli).\r\nIl primo elemento che salta agli occhi è la centralità del Qatar, per la sua vicinanza all’Iran, per il suo coinvolgimento in ogni trattativa mondiale (Afghanistan, Palestina… Kivu), Al-Thani sempre attivo diplomaticamente e con la potenza mediatica sul mondo arabo, eppure è stato emblematicamente il primo a essere colpito dalla rappresaglia teatrale dei Turbanti. Il Qatar dipende integralmente da acquisti dall’estero, non produce nulla e la chiusura dello Stretto di Ormuz lo avrebbe soffocato.\r\nIl regime change a Tehran è nei piani israeliani (non in quelli trumpiani), ma il piano di riportare la dinastia Pahlavi al potere non potrebbe essere accettata dalla nazione civile iraniana che vive in un mondo parallelo a quello del potere detenuto che fa giochi internazionali, il potere è detenuto dai pasdaran e le città centrali sono omogenee etnicamente, ma la nazione è estesa enormemente, con un’orografia che non permette di certo un’invasione di stampo iracheno, difficile anche la frammentazione su base etnico-religiosa. La sostituzione dell’attuale regime non si riesce a immaginare da chi possa essere incarnato, perciò è difficile creare un’entità artificiale che sostituisca l’attuale sistema persiano. Benché esista una fronda interna, che però forse non è controllabile dall’esterno, o non ha ancora i mezzi e la mentalità per mettere in atto una rivolta. Solo se le forze di sicurezza solidarizzano con i rivoltosi si potrà avere un successo per il cambiamento. La stretta repressiva svilupperà nuove proteste?\r\nForse in questa tabula rasa dei paesi nemici di Israele e antagonisti dei sauditi la Turchia si può affrancare perché è un paese Nato e per l’abilità a fungere da cerniera tra mondi, appartenendo sia al mondo Brics che alla Nato, proponendosi come mediatore e mantenendo relazioni con tutti i protagonisti.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/4PFSoUBf2ZZ8hb79FwbPk0?si=4fbc4626a1f247f9\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/06/TrumpShowStayTuneOnMiddleEast.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPrecedenti trasmissioni attinenti a questo argomento si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nCon Massimo Zaurrini, direttore di “Africa&Affari”, affrontiamo lo spostamento dell’asse commerciale dell’Africa centrale in seguito al nuovo interesse statunitense per le risorse africane in funzione anticinese.\r\nIn questo quadro si inserisce l’ennesima sceneggiata dell’amministrazione Trump che pretende di imporre una pace nel Nordest del Congo su basi e impegni uguali a quelli che da 20 anni sono divenuti carta straccia nel breve volgere di tempo, l’unica differenza è che Tshisekedi – molto legato alla finanza israeliana – ha “svenduto” il controllo delle risorse del territorio dei Grandi Laghi agli Usa in cambio della risoluzione della guerra con l’M23 e l’Alleanza del Fiume Congo, emanazione del Ruanda, alleato e partner degli anglo-americani. Quindi agli americani interessa in particolare poter sfruttare le miniere in qualche modo e dunque hanno scelto di mettere in sicurezza… i loro investimenti nella regione. Il Qatar è l'hub di arrivo delle merci e degli investimenti e per questo è coinvolto in questo quadro di tregua, essendo ormai Doha la capitale di qualunque accordo internazionale da quello siglato dal Trump.01 con i talebani.\r\nAttorno alla Repubblica democratica del Congo e alle sue ricchezze si sviluppano nuove infrastrutture utili alle nazioni africane che stano tentando di innescare uno sviluppo pieno di promesse e anche pericoli innanzitutto ambientali, ma quanto è l’interesse per gli affari occidentali? Salta all’occhio quel corridoio che, adoperando come terminal il porto angolano di Lobito, ambisce a tracciare supply chain che uniscono Oceano Indiano e Atlantico, fulcro della disputa Cina/Usa sulle merci africane, che il 26 giugno ha appena ricevuto 250 milioni ulteriori per la sua creazione da parte della UE, dopo il mezzo miliardo stanziato da Biden nel suo ultimo viaggio da presidente. Il corridoio di Lobito è bloccato dalla disputa nel Kivu migliaia di chilometri a nord del confine congoloese con lo Zambia, per cui si è operata una variante al progetto iniziale che coinvolgeva il Katanga.\r\nDella strategia fa parte anche il taglio agli USAid, alla Banca africana di sviluppo… il tutto per incentivare gli accordi bilaterali in cui Trump, il mercante, può ricattare, strappare il miglior prezzo, taglieggiare, smaramaldeggiare… gettare fumo negli occhi con la promessa di sviluppo attraverso la Dfc (U.S. Development Finance Corporation); e se si dovesse finalmente spuntare la possibilità di lavorare in loco i materiali grezzi, la devastazione ambientale sarebbe inevitabile.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/business-summit-il-mercato-africano-apprezza-le-trattative-senza-condizioni-etico-politiche-di-trump--66772324\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/06/Lobito-Katanga_corridoi-infrastrutturali-spostano-assi-regionali.mp3\"][/audio]\r\n\r\nI precedenti appuntamenti con la geopolitica africana si trovano qui","28 Giugno 2025","2025-06-28 17:52:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 26/06/2025 - COSA C’ENTRA IL CORRIDOIO DI LOBITO CON LA TREGUA IN KIVU FIRMATA A WASHINGTON E COSA C’ENTRA IL CORRIDOIO DI ABRAMO CON IL NUCLEARE IRANIANO?",1751129989,[408],[375],{"post_content":459},{"matched_tokens":460,"snippet":461,"value":462},[81],"di Israele e antagonisti dei \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> la Turchia si può affrancare","Può apparire strano, ma la risposta alla domanda del titolo è Qatar. 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Peraltro anche Tsishekedi è un fiancheggiatore e grande amico di Israele, i cui imprenditori più spregiudicati hanno già operato in Rdc. Insomma affari tra autocrati, piazzisti, teocrati e fascisti in genere che pagano le popolazioni malauguratamente abitanti territori contesi tra potenti.\r\nQuindi ci troviamo di fronte a due Corridoi di merci, il cui progetto faraonico intende variare l'asse commerciale impostato da decenni, spostando i flussi che tagliano l'Africa a metà, congiungendo il porto angolano di Lobito con Beira in Mozambico o Dar es Salaam in Tanzania, Oceano Atlantico con Oceano Indiano; ma anche spostando le direttrici commerciali tra Oriente e Mediterraneo all'interno della Penisola arabica aggirando i flussi impostati un po' più a nord da Pechino e inserendo i territori controllati da Israele. 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La causa scatenante – il nucleare iraniano – sembra poco o nulla interessante persino nei suoi risultati (basta la narrazione presidenziale attraverso Truth, che non può essere messa in discussione), perché forse l’obiettivo vero è probabilmente un altro (magari Teheran uscirà dalla non proliferazione nucleare e non ci saranno più controlli).\r\nIl primo elemento che salta agli occhi è la centralità del Qatar, per la sua vicinanza all’Iran, per il suo coinvolgimento in ogni trattativa mondiale (Afghanistan, Palestina… Kivu), Al-Thani sempre attivo diplomaticamente e con la potenza mediatica sul mondo arabo, eppure è stato emblematicamente il primo a essere colpito dalla rappresaglia teatrale dei Turbanti. Il Qatar dipende integralmente da acquisti dall’estero, non produce nulla e la chiusura dello Stretto di Ormuz lo avrebbe soffocato.\r\nIl regime change a Tehran è nei piani israeliani (non in quelli trumpiani), ma il piano di riportare la dinastia Pahlavi al potere non potrebbe essere accettata dalla nazione civile iraniana che vive in un mondo parallelo a quello del potere detenuto che fa giochi internazionali, il potere è detenuto dai pasdaran e le città centrali sono omogenee etnicamente, ma la nazione è estesa enormemente, con un’orografia che non permette di certo un’invasione di stampo iracheno, difficile anche la frammentazione su base etnico-religiosa. La sostituzione dell’attuale regime non si riesce a immaginare da chi possa essere incarnato, perciò è difficile creare un’entità artificiale che sostituisca l’attuale sistema persiano. 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Quindi agli americani interessa in particolare poter sfruttare le miniere in qualche modo e dunque hanno scelto di mettere in sicurezza… i loro investimenti nella regione. Il Qatar è l'hub di arrivo delle merci e degli investimenti e per questo è coinvolto in questo quadro di tregua, essendo ormai Doha la capitale di qualunque accordo internazionale da quello siglato dal Trump.01 con i talebani.\r\nAttorno alla Repubblica democratica del Congo e alle sue ricchezze si sviluppano nuove infrastrutture utili alle nazioni africane che stano tentando di innescare uno sviluppo pieno di promesse e anche pericoli innanzitutto ambientali, ma quanto è l’interesse per gli affari occidentali? Salta all’occhio quel corridoio che, adoperando come terminal il porto angolano di Lobito, ambisce a tracciare supply chain che uniscono Oceano Indiano e Atlantico, fulcro della disputa Cina/Usa sulle merci africane, che il 26 giugno ha appena ricevuto 250 milioni ulteriori per la sua creazione da parte della UE, dopo il mezzo miliardo stanziato da Biden nel suo ultimo viaggio da presidente. 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La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i sauditi e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","3 Giugno 2025","2025-06-03 00:36:14","BASTIONI DI ORIONE 15/05/2025 - FINE DELLA LOTTA ARMATA DEL PKK IN TURCHIA E SUBBUGLIO MEDIORIENTALE; LA CINA DELL'ECONOMIA TRA DAZI E GUERRE ALTRUI",1748910974,[408],[375],{"post_content":480},{"matched_tokens":481,"snippet":482,"value":483},[81],"in equilibrio anche con i \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e avendo imposto il vincitore","<em>Questa settimana la fine della lotta armata iniziata dal Pkk nel 1978 è la notizia che ci è sembrata epocale, per quanto sia passata senza troppi approfondimenti dai commentatori mainstream (e forse proprio per questo e per la loro incapacità di identificarla come centrale nel momento di rivolgimenti di un Sudovest asiatico in subbuglio). La Turchia si propone come protagonista nel costante scontro tra potenze locali mediorientali e dunque la trasformazione della lotta armata in richiesta di confederalismo democratico laico e socialista ci ha spinto a chiedere a <strong>Murat Cinar</strong> un'analisi molto problematica e ne è scaturita una sorta di autocoscienza sulle potenzialità di questa scelta, che per Murat era inevitabile e giunge nel momento migliore. Una idea che <strong>Alberto Negri</strong> nega nella sua visione del quadro della regione che compone arrivando alla centralità del dinamismo di Erdoğan a partire dal nuovo abisso di contrasti che attraversano la Tripolitania.\r\nLa puntata trova compimento con uno sguardo gettato insieme a <strong>Sabrina Moles</strong> sulle sfide che aspettano l'economia cinese di fronte ai dazi del nemico americano e alle guerre dell'amico russo.</em>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n<em>La lotta armata del Pkk ha \"esaurito\" i suoi compiti e consegna le armi</em>, da non sconfitto, proponendosi come forza politica con l’intento di aggiornare il concetto di confederalismo democratico in salsa turca. <strong>Murat Cinar</strong> ci guida nella fluida situazione geopolitica del Sudovest asiatico che vede grandi differenze tra i quattro stati che amministrano il territorio abitato da popolazioni di lingua curda; così, semmai sia esistito, il nazionalismo curdo viene superato e nelle indicazioni di Ocalan dall’isolamento di Imrali leggono il momento come propizio per riproporre unilateralmente a un regime autoritario di cessare il fuoco che in 45 anni ha registrato decine di migliaia di morti, ulteriore motivo per resistenze da parte dei parenti delle vittime, potenziale bacino di consensi per i partiti di ultradestra non alleati dell’Akp.\r\nQuindi la critica alla obsolescenza del modello della lotta armata otto-novecentesca, che punta sullo stato-nazione, è una scommessa ma, ci dice Murat, forse non ci sono alternative alla svolta disarmata per avanzare nuove richieste a una repubblica ora retta da una cricca di oligarchi autocratici senza contrappesi democratici riconducibili a una nuova lotta per una Turchia laica, indipendente e socialista: ora il Pkk si rivolge all’intera società turca in un momento di forti tensioni interne, puntando alla trasformazione culturale della Turchia.\r\nMurat adduce motivi di vario genere per dimostrare che recedere dalla lotta armata in questo momento può produrre risultati maggiori di quanto si sia conseguito finora, sia cercando modelli di guerriglie andate al negoziato negli ultimi decenni ai quattro angoli del pianeta, sia sviluppando l’analisi sincronica su un presente attraversato da alleanze variabili e guerre di ogni tipo. Erdogan è indebolito in patria ma ha un attivismo in politica internazionale che sta ripagando nella considerazione dei risultati geopolitici in un momento di riposizionamento e di grande caos.\r\nOvviamente questo panorama vede un percorso diverso per i curdi siriani: in Rojava le dinamiche sono diverse e ci sono protagonisti internazionali diretti (americani, Idf nel Golan, l’influenza dei curdi di Barzani…) che dipingono un quadro diverso per cui le organizzazioni sorelle tra curdi operano strategie diverse. E lo stesso avviene in Iran dove l’organizzazione curda ha rinunciato da tempo alla creazione di uno stato indipendente.\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/51Su0lG6XrzCMs80p3Oaof?si=hpkV_FFCRIKFWmosuaTX1g\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/pkk-rondò-à-la-turk.mp3\"][/audio]\r\n\r\nPer ascoltare i podcast precedenti relativi al neottomanesimo si trovano <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/le-guerre-ottomane-del-nuovo-millennio--4610767\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a>\r\n\r\n<hr />\r\n\r\n \r\n\r\n«Regolamenti di conti mortali e scontri tra le fazioni in Tripolitania, avanzata delle truppe del generale Khalifa Haftar da Bengasi alla Sirte: la Libia sfugge a ogni controllo e soprattutto a quello del governo di Giorgia Meloni», così scriveva il 15 maggio <strong>Alberto Negri</strong> per “il manifesto” e da qui comincia il lungo excursus che illustra la situazione della regione Mena, a partire dalla Libia, dove le milizie tornano a scontrarsi in Tripolitania, vedendo soccombere i tagliagole sostenuti dalla Fortress Europe, a cominciare dal governo Meloni che ha coccolato al-Masri, il massacratore ricercato internazionalmente. Ora Haftar, il rais su cui punta dall’inizio la Russia in Cirenaica, è alleato anche della Turchia, dunque si assiste a un nuovo tentativo di rivolgimento del potere tripolino ormai al lumicino.\r\nMa questa situazione regolata dalla Turchia nell’Occidente libico nell’analisi di Alberto Negri si può anche vedere come uno dei 50 fronti dell’attivismo internazionale turco, fluido e adattabile alla condizione geopolitica, che vede Dbeibah – l’interlocutore dell’Europa per contenere e torturare le persone in movimento – sostenuto solo dalle milizie di Misurata nella girandola di alleanze e rivalità tripoline. La Turchia rimane al centro delle strategie che passano dal Mediterraneo in equilibrio anche con i \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e avendo imposto il vincitore di Assad in Siria, quell’Al-Jolani a cui Trump ha stretto la mano nonostante i 10 milioni di taglia; intanto all’interno si assiste alla svolta di Ocalan che – inopinatamente secondo Alberto Negri in un momento in cui l’area sta esplodendo e sono in corso mutamenti epocali – cede le armi e propone un percorso pacifico alla trasformazione della repubblica. In attesa di assistere e posizionarsi nella trattativa iraniana, con Teheran indebolita dalla escalation israeliana.\r\nE qui si giunge al centro del discorso mediorientale, perché da qualunque punto lo si rigiri <em>l’intento di Netanyahu di annettersi la Cisgiordania a cominciare dal genocidio gazawi sarà il punto di ricompattamento con l’amministrazione Trump</em>, in questi giorni invece impegnata a contenere il famelico criminale di Cesarea.\r\nSullo sfondo di tutto ciò Alberto si inalbera per il ruolo inesistente dell’Europa, se non per l’istinto neocoloniale di Macron, che non riesce comunque a conferire uno spessore da soggetti politici agli europei, in particolare per quanto riguarda il bacino del Mediterraneo, mai preso in considerazione dalla nomenklatura germano-balcanica che regola la politica comunitaria, totalmente disinteressata alle coste meridionali, se non per il contenimento dei migranti.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/ogni-rais-persegue-una-sua-visione-del-medioriente-tranne-gli-europei--66134433\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/Il-garbuglio-mediorientale-incomprensibile-per-gli-europei.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNella collezione di podcast di \"Bastioni di Orione\" relativi alla questione mediorientale <a href=\"https://www.spreaker.com/podcast/israele-compra-a-saldo-paesi-arabi--4645793\" target=\"_blank\" rel=\"noopener noreferrer\">qui</a> potete trovare quelli che riconducono all'espansionismo sionista i conflitti in corso\r\n\r\n \r\n\r\n<hr />\r\n\r\nDopo una prima maratona negoziale durata due giorni ,Stati Uniti e Cina hanno raggiunto un accordo sulla sospensione per 90 giorni dei dazi reciproci che in pochi giorni avevano difatto bloccato gli scambi fra i due paesi. Nel dettaglio, gli Stati Uniti hanno annullato il 91% delle tariffe aggiuntive imposte alla Cina, sospeso il 24% dei “dazi reciproci” e mantenuto il restante 10%. Rimangono ancora in atto le misure su veicoli elettrici, acciaio e alluminio ,è un primo passo verso la creazione di un meccanismo di consultazione che regoli le relazioni commerciali e di fatto uno stop al processo di \"decoupling\" ,disaccopiamento ,fra le due economie che la nuova amministrazione americana non sembra gradire. Secondo varie fonti, negli ultimi giorni sono riprese le forniture di Boeing, che Pechino aveva interrotto in risposta ai dazi. Ma le restrizioni sui materiali critici ufficialmente sono ancora lì. Anche se sono state emesse le prime licenze per l’export di alcune terre rare, di cui potrebbero beneficiare anche le 28 aziende americane rimosse dalla lista delle entità interdette dalla Cina alle importazioni e altre attività economiche.\r\nNe parliamo con <b>Sabrina Moles</b> di China files.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/accordo-stati-uniti-cina-sui-dazi--66192697\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/05/sabrinomia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[485],{"field":105,"matched_tokens":486,"snippet":482,"value":483},[81],{"best_field_score":322,"best_field_weight":323,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":324,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},{"document":489,"highlight":501,"highlights":506,"text_match":320,"text_match_info":509},{"comment_count":50,"id":490,"is_sticky":50,"permalink":491,"podcastfilter":492,"post_author":399,"post_content":493,"post_date":494,"post_excerpt":56,"post_id":490,"post_modified":495,"post_thumbnail":496,"post_title":497,"post_type":405,"sort_by_date":498,"tag_links":499,"tags":500},"72990","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-20-01-2022/",[367],"Bastioni di Orione ,trasmissione del giovedi' sera che racconta delle convulsioni di una crisi globale permanente che è divenuta il presente distopico in cui siamo immersi ,oggi parliamo di Afganistan con l'incontro in radio con due ragazze Saliha di 24 anni e Abila di 19 che sono fuggite da Kabul e ci raccontano la loro esperienza ,la fuga ,la vita che conducevano prima ,le condizioni difficili di chi è rimasto ,le loro speranze.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/RAGAZZE-AFGANE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAndiamo in Gran Bretagna per parlare di una legge liberticida la\"Police, Crime, Sentencing and Courts Bill\", proposta dalla ministra dell'interno ultra conservatrice e che se sarà approvata rischia di rendere impossibile il libero manifestare del dissenso . Ne parliamo con Claudio Gallo collaboratore di varie testate internazionali che ci racconta delle proteste del movimento \" Kill the bill \" contro questa legge e il contesto in cui nasce .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/KILL-THE-BILL-GALLO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine raccontiamo dell'infinita e sanguinosa guerra in Yemen con Michele Giorgio ,collaboratore del Manifesto che ci racconta dei risvolti geopolitici di una guerra dimenticata che coinvolge gli interessi dell'occidente in un confronto con l'Iran di cui sta facendo le spese la popolazione civile ,vittima dei bombardamenti sauditi e di una crisi alimentare senza precedenti.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/YEMEN-MICHELE-GIORGIO.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","22 Gennaio 2022","2022-01-22 16:15:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/blade-1-1-200x110.jpg","Bastioni di Orione 20/01/2022",1642868149,[434],[381],{"post_content":502},{"matched_tokens":503,"snippet":504,"value":505},[81],"popolazione civile ,vittima dei bombardamenti \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e di una crisi alimentare","Bastioni di Orione ,trasmissione del giovedi' sera che racconta delle convulsioni di una crisi globale permanente che è divenuta il presente distopico in cui siamo immersi ,oggi parliamo di Afganistan con l'incontro in radio con due ragazze Saliha di 24 anni e Abila di 19 che sono fuggite da Kabul e ci raccontano la loro esperienza ,la fuga ,la vita che conducevano prima ,le condizioni difficili di chi è rimasto ,le loro speranze.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/01/RAGAZZE-AFGANE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAndiamo in Gran Bretagna per parlare di una legge liberticida la\"Police, Crime, Sentencing and Courts Bill\", proposta dalla ministra dell'interno ultra conservatrice e che se sarà approvata rischia di rendere impossibile il libero manifestare del dissenso . 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Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-22-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nRagion di Stato. Una riflessione a margine dell’immunità concessa a Matteo Salvini per il sequestro dei naufraghi sulla nave Diciotti. Con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nAntimilitaristi guerrafondai. La parabola dei 5Stelle tra armi ai sauditi e intervento in Niger\r\n\r\nBergoglio. Il volto e la maschera del papa che deve cambiare tutto, perché tutto resti come prima. Ne abbiamo parlato con Daniele Ratti, che questa sera sarà con noi per una serata sul gesuita approdato in Vaticano.\r\n\r\nCibo di plastica e marocchine ribelli. Un reportage sulle immigrate che lavorano nelle serre in Spagna e in Italia, tra sfruttamento bestiale e ricatti sessuali\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nVenerdì 22 febbraio\r\nBergoglio. 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Collettivo Anarcofemminista Torinese\r\n\r\nVenerdì 8 marzo\r\nsciopero femminista\r\nalle ore 10 Wild C.A.T. sarà presidio all’Ipercoop di via Livorno 51 indetto dalla CUB – luogo dove il lavoro riproduttivo e quello produttivo delle donne emerge in tutta la sua materialità – con \"Ruoli in gioco, rappresentazione de genere\"\r\nOre 16 Wild C.A.T. parteciperà al corteo da piazza XVIII dicembre\r\n\r\nVenerdì 15 marzo\r\nIntelligenza artificiale\r\nLe nuove frontiere del controllo\r\nIncontro con Lorenzo Coniglione della redazione di Umanità Nova\r\nore 21 alla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","22 Febbraio 2019","2019-02-26 13:10:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/preti-200x110.jpg","Anarres del 22 febbraio. Antimilitaristi guerrafondai. Ragion di Stato e guerra ai migranti. Bergoglio, il volto e la maschera. Cibo di plastica e marocchine ribelli…",1550858232,[],[],{"post_content":524},{"matched_tokens":525,"snippet":526,"value":527},[81],"dei 5Stelle tra armi ai \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e intervento in Niger\r\n\r\nBergoglio.","Come ogni venerdì abbiamo fatto fatto il nostro viaggio settimanale sul pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/02/2019-02-22-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nRagion di Stato. Una riflessione a margine dell’immunità concessa a Matteo Salvini per il sequestro dei naufraghi sulla nave Diciotti. Con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nAntimilitaristi guerrafondai. La parabola dei 5Stelle tra armi ai \u003Cmark>sauditi\u003C/mark> e intervento in Niger\r\n\r\nBergoglio. Il volto e la maschera del papa che deve cambiare tutto, perché tutto resti come prima. Ne abbiamo parlato con Daniele Ratti, che questa sera sarà con noi per una serata sul gesuita approdato in Vaticano.\r\n\r\nCibo di plastica e marocchine ribelli. Un reportage sulle immigrate che lavorano nelle serre in Spagna e in Italia, tra sfruttamento bestiale e ricatti sessuali\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nVenerdì 22 febbraio\r\nBergoglio. Il volto e la maschera\r\nIncontro con Daniele Ratti dell'Ateneo Libertario di Milano\r\nintervendo di WILD C.A.T collettivo anarcofemminista torinese\r\nore 21 alla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nSabato 23 febbraio\r\nore 11 al Balon\r\npunto info antimilitarista\r\nLe guerre dell’Italia, la missione in Niger\r\n\r\nGiovedì 28 febbraio\r\nore 11/13\r\npunto info\r\nsu pacchetto sicurezza, leggi di guerra e truffa di quota 100 e reddito di schiavitù\r\nal mercato di piazza Foroni\r\n\r\nSabato 2 marzo\r\nore 11/13\r\npunto info\r\nsu pacchetto sicurezza, leggi di guerra e truffa di quota 100 e reddito di schiavitù\r\nal Balon\r\n\r\nLunedì 4 marzo\r\nore 10/12\r\npunto info\r\nsu pacchetto sicurezza, leggi di guerra e truffa di quota 100 e reddito di schiavitù\r\nal mercato di piazza Madama Cristina\r\n\r\nMercoledì 6 marzo\r\nore 16 in piazza Castello\r\nNé di dio, né stato, né patriarcato\r\npresidio femminista e \"Ruoli in gioco, rappresentazione de genere\"\r\nOrganizza WILD C.A.T. Collettivo Anarcofemminista Torinese\r\n\r\nVenerdì 8 marzo\r\nsciopero femminista\r\nalle ore 10 Wild C.A.T. sarà presidio all’Ipercoop di via Livorno 51 indetto dalla CUB – luogo dove il lavoro riproduttivo e quello produttivo delle donne emerge in tutta la sua materialità – con \"Ruoli in gioco, rappresentazione de genere\"\r\nOre 16 Wild C.A.T. parteciperà al corteo da piazza XVIII dicembre\r\n\r\nVenerdì 15 marzo\r\nIntelligenza artificiale\r\nLe nuove frontiere del controllo\r\nIncontro con Lorenzo Coniglione della redazione di Umanità Nova\r\nore 21 alla Fat, in corso Palermo 46\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[529],{"field":105,"matched_tokens":530,"snippet":526,"value":527},[81],{"best_field_score":322,"best_field_weight":323,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":50,"score":324,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":50},6637,{"collection_name":405,"first_q":28,"per_page":219,"q":28},["Reactive",535],{},["Set"],["ShallowReactive",538],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fVnCVI6KjGhYAJ1XZ1Z1w8mDgoA70BaEXuiTYH4qY33s":-1},true,"/search?query=Sauditi"]