","Egitto: tra repressione e sequestri di beni di prima necessità","post",1477680870,[47,48,49,50],"http://radioblackout.org/tag/crisi-economica-egiziana/","http://radioblackout.org/tag/regime-militare-al-sisi/","http://radioblackout.org/tag/sequestro-di-zucchero/","http://radioblackout.org/tag/tahrir-in-tuk-tuk/",[21,19,17,15],{"post_content":53,"tags":58},{"matched_tokens":54,"snippet":56,"value":57},[55],"in","diffondendo, per il momento solo \u003Cmark>in\u003C/mark> maniera spontanea anche a causa","La crisi egiziana continua ad acuirsi e a farne le spese è come sempre la popolazione. Dopo il video diventato subito virale dell'autista di tuk-tuk Mustafà, che accusava il governo di al Sisi di star rovinando il Paese, nuove, timide proteste si stanno diffondendo, per il momento solo \u003Cmark>in\u003C/mark> maniera spontanea anche a causa dei controlli capillari dei servizi segreti che inibiscono le persone nel scendere \u003Cmark>in\u003C/mark> strada.\r\n\r\nLa verità è che a 3 anni dal golpe, il generale Sisi è stato efficace soltanto nella repressione poliziesca, mentre l'economia sta precipitando \u003Cmark>in\u003C/mark> condizioni disastrose. 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Difatti il 9 dicembre, dopo il colpo di stato dell’Hayat Tahrir al-Sham (HTS) e la caduta del regime di Bashiar al-Assad in Siria, la Germania apre le danze decidendo di sospendere l’esaminazione delle domande di protezione internazionale presentate da persone siriane. In meno di 48 ore, in una corsa ai respingimenti, 11 stati europei la seguono.\r\n\r\nLa postura e la decisione dell’UE l’indomani del colpo di stato in Siria è assolutamente coerente alla sua ossessione per l’immigrazione. Attraverso la mediazione e la garanzia del governo turco la vecchia fortezza già da tempo aveva elaborato una strategia di gestione delle vite delle persone siriane emigrate alle porte o in Europa. Una strategia molto precisa e adeguata al contesto sfaccettato e mimetico di quel territorio, in cui non solo la Turchia, ma anche la definizione del concetto di paese sicuro hanno un ruolo fondamentale (“Sul concetto di Paese Sicuro”). Sembra che ora la strategia volta ad appiattire il possibile sguardo sulla situazione e legittimare quindi l’espulsione forzata delle persone con documenti siriani dall’Europa, oscilli fra l’osannare l’HTS per aver liberato la Siria da un tiranno e il preparare il terreno, seppur in maniera tiepida, per gridare ai siriani terroristi jihadisti fronte ai quali le frontiere devono essere serrate e protette.\r\n\r\nAscolta qui il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/AsiloSiria27.12.24.mp3\"][/audio]","28 Dicembre 2024","2024-12-28 20:32:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/12/MIGRANTS-master675-515642051-200x110.jpg","Un terreno da tempo battuto: sull’espulsioni all’orizzonte delle persone siriane",1735417943,[240,241,242],"http://radioblackout.org/tag/deportazioni/","http://radioblackout.org/tag/razzismo/","http://radioblackout.org/tag/war-on-migrants/",[118,112,244],"war on migrants",{"post_content":246},{"matched_tokens":247,"snippet":248,"value":249},[67],"il colpo di stato dell’Hayat \u003Cmark>Tahrir\u003C/mark> al-Sham (HTS) e la caduta","Sulle libere frequenze di Radio Blackout, ai microfoni di Harraga, Yasha Maccanico di Statewatch ci ha aiutato a ragionare attorno alla sospensione, da parte di molti Stati dell’Unione Europea, delle procedure di asilo e di protezione internazionale riguardanti le persone con documenti siriani. 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Questi grandi sommovimenti, a latitudini e in contesti molto differenti, ci offrono l’occasione per una riflessione a tutto campo sulle possibilità che questi movimenti offrono e, nel contempo, sulla difficoltà di articolare una narrazione che, sia pure per frammenti, sappia rappresentare sia le istanze di partecipazione non delegata all’agire politico, imprimendo anche una forte radicalità di prospettive alla questione sociale. Nascosta, quasi clandestina in un agone politico che la raffigura come una sorta di obsolescenza, la divaricazione di classe è il convitato di pietra delle rivolte che hanno scosso Turchia, Egitto, Brasile.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo, la cui analisi, pur rilevando la grande distanza tra i movimenti turchi, egiziani, brasiliani, individua nei meccanismi della governance globale gli elementi che accomunano i vari movimenti. Significativo che in ogni dove il simbolo prevalente tra chi scende in piazza siano le bandiere nazionali, una sorta di coperta identitaria che mette insieme, in modo trasversale, un po’ tutti. Paradossalmente in Turchia e, in parte, anche in Egitto, la nazione si contrappone all’universalismo della religione.\r\nL’utilizzo di simboli e termini che ci rimandano alle origini della modernità non ci deve tuttavia trarre in inganno sulle dinamiche nuove che rappresentano. Le religioni oggi sono il collante identitario potente di movimenti di reazione alla modernità e al colonialismo, che la tradizione la reinventano in opposizione ad una laicità che talora ha indossato i panni del nazionalismo. Il kemalismo, che crea la Turchia sulle ceneri dell’impero ottomano, transnazionale e religioso, si da una cornice laica e pesantemente nazionalista. Ne sanno qualcosa i curdi, gli armeni, i greci di Turchia.\r\nD’altra parte la dissoluzione dell’altra grande entità transnazionale dell’epoca, quella austroungarica, ha dato fiato ad istanze e contrapposizioni nazionaliste, che hanno celebrato i loro ultimi fasti tra Croazia, Serbia e Bosnia negli anni Novanta del secolo scorso.\r\nOggi quelle bandiere diventano anche il simbolo di entità popolari che non sanno più coniugare l’internazionalismo dei movimenti di classe e dei movimenti libertari antistatali. D’altro canto le assemblee di Gezi e Taksim, la fucina di Tahrir sono divenuti i luoghi di un agire politico che si emancipa delle delega e sperimenta pratiche di partecipazione diretta.\r\nInevitabile un confronto con la situazione nel nostro paese, dove la resistenza alla crisi e, soprattutto, alle ricette anti crisi che hanno consegnato le vite di chi lavora ad una condizione precaria ormai stabile, sinora non sono state in grado di far da argine alla lunga normalizzazione che ha ridefinito a favore dei padroni gli equilibri di classe nella nostra penisola.\r\n\r\nAscolta la diretta con Massimo\r\n2013 07 05 massimo rivolte\r\n\r\nIl discorso è proseguito con Salvo Vaccaro dell’Università di Palermo. In particolare abbiamo parlato del modificarsi del ruolo degli stati nazionali e delle forme della governance globale, che trova sempre più refrattari ampi strati di popolazione ai quattro angoli del globo. La tenuta dell’ordine pubblico viene meno di fronte alle rivolte popolari, anche se è dubbio che i grandi movimenti di piazza che caratterizzano i grandi agglomerati urbani, si radichino anche nelle periferie e nelle campagne. L’esito paradossale delle primavere arabe che nelle urne hanno consegnato Tunisia ed Egitto in mano agli islamisti forse è l’indice di una divaricazione tra città e campagne, che crea un’opposizione reale tra centri laicizzati ed aree contadine dove l’influenza confessionale è più forte. Significativo che in due paesi dove il ruolo dell’esercito è sempre stato fortissimo, al punto da condizionarne pesantemente la storia, in Egitto, dove i militari sono la prima e più importante risorsa pubblica, sia scattato il golpe nei confronti di un regime che non ne garantiva la posizione. Al contrario in Turchia, nonostante il forte legame tra esercito e formazioni kemaliste, il governo Erdogan è sinora riuscito a garantirne la posizione assicurandosi la neutralità degli uomini in divisa.\r\nDal punto di vista delle istanze che si raggrumano nei diversi movimenti che hanno attraversato le piazze di Egitto, Turchia, Brasile, al di là delle tante differenze, un elemento unificante è la pratica concreta di relazioni politiche costruite nella lotta e attraverso la lotta che esprimono una spinta partecipativa che parte dal social network ma approda alla fisicità di piazze agite con gran forza da corpi e intelligenze. Lì si gioca la possibilità che la rottura dell’ordine materiale acceleri quella dell’ordine simbolico, offrendo una chance alla costruzione di relazioni sociali fuori dall’orizzonte capitalista.\r\n\r\nAscolta la diretta con Salvo\r\n2013 07 05 salvo rivolte","9 Luglio 2013","2018-10-17 22:10:41","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/Conflitto-200x110.jpg","Rivolte popolari e immaginario sociale",1373388969,[268,140,269,270],"http://radioblackout.org/tag/brasile/","http://radioblackout.org/tag/rivolte/","http://radioblackout.org/tag/turchia/",[108,102,272,273],"rivolte","Turchia",{"post_content":275},{"matched_tokens":276,"snippet":277,"value":278},[55],"stato segnato dalle rivolte popolari \u003Cmark>in\u003C/mark> Turchia, Brasile, Egitto. Questi grandi","L’ultimo mese e mezzo è stato segnato dalle rivolte popolari \u003Cmark>in\u003C/mark> Turchia, Brasile, Egitto. 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