","Pinelli sgomberato: vatti a fidare di Accorinti","post",1458316491,[61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/accorinti/","http://radioblackout.org/tag/ex-scuola-foscolo/","http://radioblackout.org/tag/messina/","http://radioblackout.org/tag/pinellioccupato/",[18,33,15,20],{"post_content":67,"post_title":72,"tags":75},{"matched_tokens":68,"snippet":70,"value":71},[69],"Accorinti","personaggio famoso della chiave è \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, il sindaco che tante speranze","La condizione del Collettivo Pinelli di Messina è diventata particolare: trattandosi di un gruppo nato su un'esperienza di impegno teatrale sembra un racconto a chiave, dove il personaggio famoso della chiave è \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, il sindaco che tante speranze aveva acceso alla sua elezione e con cui già in occasioni precedenti si sono dovuti registrare comportamenti ambigui. In questo caso ha usato l'esigenza abitativa per scindere l'esperienza che si era creata con il Centro Popolare Occupato, dove convivevano e si compenetravano gli spazi abitativi con quelli sociali e culturali, convivendo e creando cortocircuiti virtuosi. Il sindaco, sedicente emanazione dei movimenti ed eletto per portare nell'istituzione le istanze che sono proprie del Colletivo Pinelli, ha adoperato la fame di alloggio per risolverla mettendo alla porta lo spazio culturale, che andrà comunque a bonificare altri edifici ancora, perché, come dicono le anime del collettivo, il Pinelli non è legato a un luogo e può interpretare il suo ruolo occupando qualunque palcoscenico, come ci racconta Massimo con dovizia di particolari, amarezza e partecipazione; seppur trovando una nota positiva in tutto ciò: da questa loro sincretica esperienza, la cui sperimentazione è stata gradevole finché è durata, almeno alcune famiglie hanno temporaneamente risolto il problema della casa... il Colettivo Pinelli vorrà dire che andrà a spargere il virus in altre zone della città. Ma fatevi accompagnare nel racconto degli eventi da MAssimo:\r\n\r\n \r\n\r\nMessina",{"matched_tokens":73,"snippet":74,"value":74},[69],"Pinelli sgomberato: vatti a fidare di \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>",[76,79,81,83],{"matched_tokens":77,"snippet":78},[18],"\u003Cmark>accorinti\u003C/mark>",{"matched_tokens":80,"snippet":33},[],{"matched_tokens":82,"snippet":15},[],{"matched_tokens":84,"snippet":20},[],[86,91,94],{"field":36,"indices":87,"matched_tokens":88,"snippets":90},[47],[89],[18],[78],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":74,"value":74},"post_title",[69],{"field":95,"matched_tokens":96,"snippet":70,"value":71},"post_content",[69],578730123365712000,{"best_field_score":99,"best_field_weight":100,"fields_matched":101,"num_tokens_dropped":47,"score":102,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,3,"578730123365711979",{"document":104,"highlight":120,"highlights":132,"text_match":97,"text_match_info":140},{"cat_link":105,"category":106,"comment_count":47,"id":107,"is_sticky":47,"permalink":108,"post_author":50,"post_content":109,"post_date":110,"post_excerpt":53,"post_id":107,"post_modified":111,"post_thumbnail":112,"post_thumbnail_html":113,"post_title":114,"post_type":58,"sort_by_date":115,"tag_links":116,"tags":118},[44],[46],"19300","http://radioblackout.org/2013/11/i-poteri-forti-si-sgretolano-dal-basso/","Un personaggio venuto alla ribalta in questi giorni per una partecipazione alle ricorrenti parate militari per nulla sopra le righe, semplicemente volta a rimarcare pacifismo e solidarietà ai migranti (in contrapposizione all'uso militare per contenere i flussi migratori), per esempio, un personaggio che viene dalle lotte antimilitariste degli anni settanta e ottanta (pensiamo solo a Comiso), ha partecipato e animato le lotte contro il Ponte sullo stretto (e a questo proposito ci ha annunciato iniziative per eliminare il balzello terribile che esiste sul trasporto tra le due rive), un libertario può diventare istituzione? In che modo può dirottare spese militari verso quelle civili e umane e culturali uno come Renato Accorinti, che non aveva mai accettato candidature a sgabelli e poltrone, perché erano inviti che provenivano dai vertici o da organizzazioni aliene e invece ha accettato di mettersi in gioco quando l'esigenza è venuta dal basso, da chi aveva bisogno di ottenere servizi e lotta a maie reali, come può vivere questo ruolo schizofrenico di ultimo cittadino pur incarnando l'istituzione e da quella psizione far infuriare generali dei carabinieri, indignati da chi ha voluto interpretare la costituzione e le parole di Pertini sugli arsenali e i granai al di fuori della retorica?\r\n\r\nSentiamo dalla sua viva voce come è possibile questo strano connubio di istanze provenienti dal basso e tentativo di realizzarle da una posizione isituzionale, un esperimento anche per la nostra radio che rifugge dal dare voce a chi già ce l'ha, ma in questo caso ci sembrava fosse possibile confrontarsi, avendo sostrato e formazione simili e avendo condiviso la più parte delle lotte, compreso quella al Muos, proprio in virtù di quell'antimilitarismo che connota l'impegno del sindaco di Messina.\r\n\r\n2013.11.07-accorinti","7 Novembre 2013","2013-11-12 19:46:34","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/accorinti-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/accorinti-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/accorinti-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/accorinti.jpg 480w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","I poteri forti si sgretolano dal basso",1383833535,[61,117,63],"http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/",[18,119,15],"antimilitarismo",{"post_content":121,"tags":125},{"matched_tokens":122,"snippet":123,"value":124},[69],"e culturali uno come Renato \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, che non aveva mai accettato","Un personaggio venuto alla ribalta in questi giorni per una partecipazione alle ricorrenti parate militari per nulla sopra le righe, semplicemente volta a rimarcare pacifismo e solidarietà ai migranti (in contrapposizione all'uso militare per contenere i flussi migratori), per esempio, un personaggio che viene dalle lotte antimilitariste degli anni settanta e ottanta (pensiamo solo a Comiso), ha partecipato e animato le lotte contro il Ponte sullo stretto (e a questo proposito ci ha annunciato iniziative per eliminare il balzello terribile che esiste sul trasporto tra le due rive), un libertario può diventare istituzione? 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Il copione, come già si è visto per l’ex Teatro in Fiera e per la Casa del Portuale, si ripete: sacchi a pelo e cartelloni inneggianti l’occupazione.\r\n\r\nResta da vedere come reagirà adesso l’amministrazione Accorinti, direttamente coinvolta nella gestione dell’Ente Teatro di Messina tramite il presidente (scelto dal sindaco) e i tre componenti il Consiglio di amministrazione, che sono in attesa della ratifica delle nomine da parte del presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta. Intanto questa mattina la conferenza stampa si è trasformata in un'assemblea.\r\n\r\nIl resoconto e le riflessioni di uno degli occupanti\r\n\r\npinelli","20 Gennaio 2014","2014-01-22 13:05:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/01/pinelli-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"273\" height=\"185\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/01/pinelli.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Messina: allo sgombero segue una nuova occupazione",1390241145,[63,64],[15,20],{"post_content":158},{"matched_tokens":159,"snippet":160,"value":161},[69],"vedere come reagirà adesso l’amministrazione \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, direttamente coinvolta nella gestione dell’Ente"," Dopo lo sgombero di ieri mattina dalla Casa del Portuale di via Alessio Valore gli occupanti del Teatro Pinelli Occupato lo avevano annunciato: “Andremo a occupare altrove”.\r\n\r\nIl tempo di organizzarsi dopo l’assemblea del pomeriggio e l’obiettivo successivo è stato il teatro Vittorio Emanuele. 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Messina è stata terreno di scontro sia su questioni inerenti all'emergenza migranti, sia sul fronte del diritto all'abitare. Enrtambe le lotte sono condotte con determinazione e piglio risoluto: per quel che riguarda il palanebiolo dove erano mal ospitati i migranti (oggetto di una diretta di qualche settimana fa) Giuliana ci ha scritto che la tendopoli è stata chiusa, anche se c'è ancora qualcuno dentro in attesa di trasferimento, ma la chiusura non è merito di Accorinti, che non sa nemmeno di quali poteri è investito e ha acconsentito che venissero trasferiti nei lager di Pozzallo e di Siracusa, che non sono per richiedenti asilo (solo l'intervento del coordinamento ha evitato per alcuni il trasferimento).\r\n\r\nInvece per la questione sfratti abbiamo sentito Giulia, che ci ha spiegato come il 22 dicembre ci sia stata una nuova occupazione della scuola di Paradiso, la \"Pietro Donato\", dove già l'amministrazione aveva immaginato di inserire le famiglie sfrattate, ma non era in grado di superare le pastoie burocratiche (in buona parte inventate dal fascistissimo prefetto). Sull’onda della manifestazione del 19 ottobre a Roma, anche a Messina, partiti, movimenti, associazioni e singoli cittadini si sono riuniti con l’intento di ribadire con forza il diritto alla casa, sfociando in questa prima occupazione: si tratta di tre famiglie numerose e sfrattate che hanno deciso di non passare il periodo festivo senza casa e se la sono presa, in questo hanno avuto appoggio e solidarietà da alcune realtà territoriali come la Cub locale, ma anche da parte del Teatro Pinelli Occupato, ormai da un anno un punto di riferimento nel territorio messinese... e soprattutto da questa iniziativa ha preso origine il Movimento per il Diritto alla Casa. Le critiche che questo porta alla amministrazione sono pesanti e documentate: infatti dicono gli occupanti «non possiamo esitare e attendere soluzioni dall'alto che troppo spesso sono inghiottite da pastoie burocratiche, mala gestione e incompetenza gestionale», per cui «questa prima occupazione è un passo fondamentale per intraprendere un percorso di mobilitazioni cittadine da cui scaturiscano nuove politiche abitative che mettano al centro il bisogno primario della casa come diritto inalienabile e non più considerato come un “servizio sociale” o peggio come oggetto di scambio».\r\n\r\nMa sentiamo come Giulia ci ha raccontato la situazione messinese\r\n\r\n2014.01.02-giulia_occupazioneParadiso","2 Gennaio 2014","2014-01-09 11:34:40","Paradiso occupato a Messina",1388687752,[181,63,182,183,184],"http://radioblackout.org/tag/abitativa/","http://radioblackout.org/tag/occupazione/","http://radioblackout.org/tag/sfratti/","http://radioblackout.org/tag/teatro-pinelli-occupato/",[29,15,186,27,35],"occupazione",{"post_content":188},{"matched_tokens":189,"snippet":190,"value":191},[69],"chiusura non è merito di \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, che non sa nemmeno di","Il 2013 siciliano è stato ricco di iniziative e resistenze, di lotte e successi... 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I ragazzi arrivavano dal Palanebbiolo di Messina che ci viene descritto poi da Giuliana nelle sue assenze di igiene e nel trattamento che arriva al punto di rifiutare per mancanza di copertura sanitaria le cure a giovani arrivati dalla Libia in condizini precarie, con ferite mal curate, segni di tortura e cicatrici.\r\n\r\nStupisce che anche la presenza della Croce Rossa per una volta non sia nociva, ma abbia fatto da supporto perché i ragazzi del collettivo abbiano potuto intervenire: si era cercato di agire esclusivamnte come realtà antagoniste, però si opera in condizioni tali che è benvenuto qualunque aiuto atto a migliorare le condizioni di una tendopoli terificante (a Campobello c'erano 600 migranti in periodo estivo e ora i 40 rimasti hanno preso una bella iniziativa di occupare uno stabile per superare l'inverno con un tetto sulla testa). Non è facile coltivare gli spiragli di solidarietà che cominciano a scaturire in un territorio del genere.\r\n\r\nE sempre di tendopoli si parla con Giuliana che rivela qualche pecca della amministrazione di Accorinti, il sindaco di Messina che non si è mai occupato di migranti e quindi non sa in che modo operare, nonostante si sia impegnato in un braccio di ferro con il prefetto particolarmente reazionario, requisendo una palazzina abusiva con l'intento di adibirla a accoglienza di migranti, ma il delirio securitario del prefetto Stefano Trotta cerca in tutti i modi di mantenere il controllo sugli ospiti facenodli marcire tutti insieme in strutture fatiscenti e inadatte come la palestra del Palanebbiolo, un non-luogo descritto da Giuliana, che ci informa del fatto che non solo la palestra ospita ancora una trentina di migranti in condizioni precarie, ma che si sta allestendo una tendopoli, inadatta al periodo dell'anno e che non rappresenta una soluzione sicuramente, ma che c'è il rischio venga attivata presto in alternativa alla palazzina, dove non è stata ancora concessa l'agibilità.\r\n\r\nAncora un episodio riguarda alcuni minori non accompagnati che sono stati indotti a dichiararsi maggiorenni per evitare il percorso di tutela che deve applicarsi ai minori. Comunque, come già ci aveva riferito tempo fa GErmana, non si tratta di numeri imponenti come vorrebebro far credere per creare l'emergenza e gestirla come tale: sia per motivi di business, sia per poter mettere in atto repressioni e controlli sul canale di Sicilia.\r\n\r\nQuesto è l'intervento di Lorenzo da Campobello di Mazara...\r\n\r\n2013.11.28-lorenzo_libertarea\r\n\r\n... e questo è il reportage della situazione a Messina nelle parole di Giuliana\r\n\r\n2013.11.28-giuliana_san-kara\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","28 Novembre 2013","2014-06-12 08:41:13","Non luoghi d'accoglienza in Sicilia",1385646361,[208,209,63,210,211,212],"http://radioblackout.org/tag/belice/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/migranti/","http://radioblackout.org/tag/palanebbiolo/","http://radioblackout.org/tag/sicilia/",[25,23,15,214,31,215],"migranti","sicilia",{"post_content":217},{"matched_tokens":218,"snippet":219,"value":220},[69],"qualche pecca della amministrazione di \u003Cmark>Accorinti\u003C/mark>, il sindaco di Messina che"," \r\n\r\nLa Sicilia è diventata negli ultimi tempi un laboratorio in ebollizione di resistenze e solidarietà, di accoglienza e iniziative a fronte dei molti migranti bisognosi di prima accoglienza.\r\n\r\nAbbiamo sentito due compagni di realtà contigue e che collaborano tra loro affrontando la presenza dei migranti a Messina (Giuliana del circolo Sankara) e nel Belice, in particolare a Campobello di Mazara, terra come si sente dall'audio di Lorenzo (collettivo libeertario Libertarea) non solo di mafia ma anche di diffidenza xenofoba, dove però capita di riuscire a organizzare in 24 ore l'accoglienza di tre nigieriani espulsi in modo poco chiaro e con pretesti da una struttura di quelle ben conosciute preposte a risucchiare tutte le risorse stanziate in cambio di nulla. I ragazzi arrivavano dal Palanebbiolo di Messina che ci viene descritto poi da Giuliana nelle sue assenze di igiene e nel trattamento che arriva al punto di rifiutare per mancanza di copertura sanitaria le cure a giovani arrivati dalla Libia in condizini precarie, con ferite mal curate, segni di tortura e cicatrici.\r\n\r\nStupisce che anche la presenza della Croce Rossa per una volta non sia nociva, ma abbia fatto da supporto perché i ragazzi del collettivo abbiano potuto intervenire: si era cercato di agire esclusivamnte come realtà antagoniste, però si opera in condizioni tali che è benvenuto qualunque aiuto atto a migliorare le condizioni di una tendopoli terificante (a Campobello c'erano 600 migranti in periodo estivo e ora i 40 rimasti hanno preso una bella iniziativa di occupare uno stabile per superare l'inverno con un tetto sulla testa). 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Comunque, come già ci aveva riferito tempo fa GErmana, non si tratta di numeri imponenti come vorrebebro far credere per creare l'emergenza e gestirla come tale: sia per motivi di business, sia per poter mettere in atto repressioni e controlli sul canale di Sicilia.\r\n\r\nQuesto è l'intervento di Lorenzo da Campobello di Mazara...\r\n\r\n2013.11.28-lorenzo_libertarea\r\n\r\n... e questo è il reportage della situazione a Messina nelle parole di Giuliana\r\n\r\n2013.11.28-giuliana_san-kara\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[222],{"field":95,"matched_tokens":223,"snippet":219,"value":220},[69],{"best_field_score":167,"best_field_weight":39,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":47,"score":168,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":47},6646,{"collection_name":58,"first_q":18,"per_page":227,"q":18},6,{"facet_counts":229,"found":227,"hits":260,"out_of":424,"page":22,"request_params":425,"search_cutoff":37,"search_time_ms":39},[230,236],{"counts":231,"field_name":234,"sampled":37,"stats":235},[232],{"count":101,"highlighted":233,"value":233},"anarres","podcastfilter",{"total_values":22},{"counts":237,"field_name":36,"sampled":37,"stats":258},[238,240,242,244,246,248,250,252,254,256],{"count":17,"highlighted":239,"value":239},"elezioni",{"count":22,"highlighted":241,"value":241},"cuba",{"count":22,"highlighted":243,"value":243},"castro",{"count":22,"highlighted":245,"value":245},"Grillo",{"count":22,"highlighted":247,"value":247},"trapani",{"count":22,"highlighted":249,"value":249},"ingroia",{"count":22,"highlighted":251,"value":251},"autogoverno",{"count":22,"highlighted":253,"value":253},"cie di trapani",{"count":22,"highlighted":255,"value":255},"commercio d'armi",{"count":22,"highlighted":257,"value":257},"serraino vulpitta",{"total_values":259},18,[261,299,323,345,374,401],{"document":262,"highlight":285,"highlights":291,"text_match":294,"text_match_info":295},{"comment_count":47,"id":263,"is_sticky":47,"permalink":264,"podcastfilter":265,"post_author":233,"post_content":266,"post_date":267,"post_excerpt":53,"post_id":263,"post_modified":268,"post_thumbnail":269,"post_title":270,"post_type":271,"sort_by_date":272,"tag_links":273,"tags":282},"39835","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-6-gennaio-cuba-commercio-dami-pacchi-e-deportati-i-nuovi-cie-di-minniti-a-17-anni-dalla-strage-di-trapani/",[233],"Come ogni venerdì, il 6 gennaio siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2017 01 06 anarres1\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres2\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres3\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba, un articolo di di Marcelo “Liberato” Salinas dell’Avana sugli scenari dopo la morte di Fidel Castro\r\n\r\n \r\n\r\nL’export italiano di armi, un business che non conosce crisi. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. 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Lo trovate qui.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 21 gennaio ore 10,30\r\nManda una cartolina a Poste Italiane\r\npresidio contro le deportazioni in corso Giulio Cesare 7 – nei pressi dell’ufficio postale\r\nMistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.\r\nTutti si trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti fissi:\r\nLe riunioni della federazione anarchica torinese, aperte a tutti gli interessati, sono in corso Palermo 46 ogni giovedì alle 21\r\n\r\n \r\n\r\nDocumenti:\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba\r\n\r\nCuba senza Fidel Castro. Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di \u003Cmark>accoliti\u003C/mark> non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.",[292],{"field":95,"matched_tokens":293,"snippet":289,"value":290},[288],578729985926234200,{"best_field_score":296,"best_field_weight":39,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":47,"score":297,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":298},"1108024229888","578729985926234225",4,{"document":300,"highlight":313,"highlights":319,"text_match":294,"text_match_info":322},{"comment_count":47,"id":301,"is_sticky":47,"permalink":302,"podcastfilter":303,"post_author":304,"post_content":305,"post_date":306,"post_excerpt":53,"post_id":301,"post_modified":307,"post_thumbnail":308,"post_title":309,"post_type":271,"sort_by_date":310,"tag_links":311,"tags":312},"25237","http://radioblackout.org/podcast/entendre-linaudible-part-2/",[],"outsidermusic","Intendre l'inaudible part.2\r\n\r\nUn'altra selezioni di altro. Quella cosa che sembra ma non è. La strada laterale, l'accesso secondario, il retro. Non necessariamente alternativa, spesso dimenticata, la musica si è salvata - anche - grazie a loro. Non conformati, precursori, pseudorivoluzionari.\r\nAscoltarli è ancora oggi una strana sensazione, un'incomprensione inconsapevole, un dejà vù, un ricordo sfocato di un sogno pomeridiano.\r\n\r\nGeneral Strike - Danger in Paradise (2000)\r\nSteve Beresford e David Toop sono due tipi in acido perenne. Nel tempo libero registrano questo \"nè quì nè ora\" dai colori malinconici e tropicali. Musica lenta e assonnata, suona come uno studio dub di giocattoli affidato a due punti dalla mosca ze ze. Geniale e ironico lascia un senso di stordimento pari ad una cartolina triste da luoghi contaminati. Appena lo afferri sfugge, come musica jazz trasmessa da un traghetto che si allontana mentre siete a riva. Inconsapevoli, ovviamente, influenzeranno tutti i fighetti di pitchfork più o meno hauntologici. Non si inventa mai niente.\r\n\r\nJack Kerouac with Al Cohn and Zoot Sims: Blues And Haikus (1959)\r\nUn interno americano visto dalla finestra di uno studio di registrazione. Moveless minds see motion, direbbe lui. Questo disco diversamente dai suoi libri, non sarà rappresentativo di nulla, pone semplicemente quello che sarà un visionario beat spalla a spalla con la passione per qualcosa che è solo e tremendamente \"americano\".\r\nPotrebbe darsi che si tratti di un elogio alla pigrizia votato al blues.\r\nKerouack per la cronaca non sapeva cantare ma, come si dice, it don't mean a thing if it ain't got that swing.\r\n\r\nWild Classical Music Ensemble - st (sub rosa 2007)\r\nKim, Lihn, Rudy, Johan e Sebastien sono quattro ragazzi con una grave disabilità mentale. Autistici, down, ritardati, così dice la gente. Nel 2007 si mettono insieme a Damien e danno vita ad un gruppo punk avantgarde non per andare ad un fottuto reality e diventare ricchi (non potendo tornare \"sani\") ma per tirare fuori il mostro da dentro e prenderlo a calci in culo. Il progetto lo chiamano classical music ensemble e dall'ascolto del disco direi che l'obiettivo è centrato. La musica? Immaginate i Naked City regrediti all'infanzia che scoprono lo stupore di poter saturare la banda dell'equalizer.\r\nE' il suono di chi scopre il luna park dopo anni di (auto)reclusione e sofferenza. Sono le sensazioni di schiacciare, premere, grattare, soffiare, gridare, cantare, salmodiare, il tutto senza il filtro della cosiddetta \"ragione\" a farci capire che normale non ci è nessuno. La gioia che esonda come una cascata, la malattia cacciata via ad urlacci. Una band straordinaria ma soprattutto un'altra idea di cosa possa davvero fare la musica per salvare il mondo.\r\nAh dimenticavo, uscì nella categoria \"music in the margin\" sul catalogo sub rosa, specializzato in avantgarde ed altri suoni. Loro sì che si sono accorti di quanto sia labile il confine e che, per dirla sempre con lo zio bill, \"nulla è vero/tutto è permesso\".","1 Ottobre 2014","2018-10-17 22:09:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/10/index-200x110.jpeg","Entendre l’inaudible – part.2",1412180796,[],[],{"post_content":314},{"matched_tokens":315,"snippet":317,"value":318},[316],"accorti","Loro sì che si sono \u003Cmark>accorti\u003C/mark> di quanto sia labile il","Intendre l'inaudible part.2\r\n\r\nUn'altra selezioni di altro. Quella cosa che sembra ma non è. La strada laterale, l'accesso secondario, il retro. Non necessariamente alternativa, spesso dimenticata, la musica si è salvata - anche - grazie a loro. 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Anche solo distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo. Al funerale dell'etica, corrisponde una frammentazione sempre più massiccia della musica ad un euro. Il futuro è cheap, pieno di sangue e miseria. In un certo senso se ne sono accorti in molti, nelle schiere dei metrappansè del web. Che senso abbia sommergere tutto di produzioni scadenti resta un mistero. Tra le migliaia e migliaia però, alcune elevano lo zeitgeist a materia sonora e ci raccontano il disturbato e il disturbante, come si diceva, \"in un presente che capire non sai\". Ho ascoltato questi dischi e ve li propongo oggi, ditemi se non ho ragione.\r\n\r\nThe Bug - Angels & Devils (ninja tune 2014) Io ho un debole per Kevin Martin. Ho un debole in generale per i bianchi che fanno melange con i neri (sherwood, su tutti). Beh questa è la firma di un artista assoluto sulla \"contingenza\". Incontinente è Martin, che ci mette tanti ospiti (alcuni inutili, seppur mai fuori luogo) ma porta soprattutto una geografia sonora che impiega figli e nipoti del dub elettronico sul teatro di guerra, usando il pennello e non la matita per ritinteggiare i generi (nei quali peraltro sguazza senza fermarsi), con una produzione esagerata che si prende tutto in un vortice che ingloba aerei, bombe, mitragliate, rap oscuro, post industrialismi nucleari, schegge impazzite. Per ora il disco \"elettronico\" dll'anno ma la parola è fuorviante. Lo paragonerei per violenza e concisione ad un action painting a tema conflitti globali: MASSIMO DEI VOTI!\r\n\r\nJanek Schaffer - Lay by Lullaby (2014) Catch me if you can. Intercettato Ballard su una veloce preferenziale del centro di londra, schaffer usa field recordings del traffico sulla suddetta insieme a disturbi radiofonici e protrusioni noise per descrivere un viaggio al termine della notte, proprio a pochi isolati dalla casa del maestro della distopia. Il risultato è Celiniano nell'accezione più descrittiva, come se un bagliore di ricordi illuminasse per pochi secondi la carreggiata fino a sparire dietro l'orizzonte. Era il fanale di un'auto o la scia di un pensiero. Lynchiano e ostico, ce ne fossero, di artisti così.\r\n\r\nChristian Vialard - Grautag (GT 2014). Un'altra bomba custom. Questa volta preparata in un grigio garage delle periferie est, blocco di cemento di qualche zona germanica. Un suono analogico marcito che va ad inalberarsi su progressioni motoriche (ma con un'auto scassata) prima di collassare nelle bave dei delays. Retrofuturista, junkpunk, o elettronica a vapore, che mi piace di più; altro che locomotiva tedesca...sembra di sentire i kraftwerk senza il sussidio di disoccupazione che jammano con la strumentazione dimenticata da Rodelius, sotto la direzione degli Einsturzende Neubaten in un momento non troppo rumoristico. Quando premono sulla composizione, spaccano e questa etichetta è la new thing se amate la vecchia malata Deutsche Welle. Uber Alles.\r\n\r\nThe Exaltics - Das Heise Experiment (Abstract Acid 2013) si va. Una colonna sonora per notti di terrore. Perfettamente sincronizzata alle nostre più ataviche paure, sbrodola dove è necessario e innesta come pochi gradazioni a vortice. Potresti anche ballare, se solo riuscissi a smettere di pensare che quell'uomo è un armato del mixer e che una o più di quelle lamate potrebbero colpirti alle spalle. Se la paura è un sentimento stimolante, questo disco è la mia prossima tazza di ginseng. L'ho fruito di notte, guidando piano in una campagna abbandonata, tra ruderi di capannoni industriali e fuochi di fanali in direzione contraria. Un gran produttore che cerca Mario Bava nello studio dimenticato da Kristof Komeda. Certo che è techno, che cazzo di domande.\r\n\r\nElectric Wurms - Musik, die Schwer zu Twerk (2014). solo gli stronzi non cambiano idea. Che Wayne Coyne fosse un genio non avevo dubbi. Che si fosse bruciato il cervello pure. Ma mi sono sempre detto pronto a cambiare idea. I flaming lips degli ultimi anni mi sembravano solo una macchinetta tritasoldi piena di pessime idee consumistiche per la testa (l'usb con 24ore di musica in vendita a 5000 euro, tanto per dire). Devono essersi stufati pure loro. Coyne e Drodz soli lasciano il nome di piuma ai fans e mettono insieme un cartellone psichedelico con le unghie affilatissime, malato il giusto, dove il nostro ritorna a cantare, dove le tastiere vanno in larsen e finalmente, lasciatemelo dire, si sentono parti di chitarra degne di questo nome. Il disco è un viaggione malato e coyne e tornato. Resta con noi, nun ce lassà... (ps ma twerk quello li?)","4 Settembre 2014","2018-10-17 22:10:00","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/09/index-200x110.jpeg","Musiche per la quarta guerra mondiale",1409829037,[],[],{"post_content":337},{"matched_tokens":338,"snippet":339,"value":340},[316],"passeggiata e ce ne siamo \u003Cmark>accorti\u003C/mark>. Anche solo distinguere il vero","Quarta guerra mondiale in corso, spiaccicata in teatri roventi ai quattro angoli del globo, non sarà una passeggiata e ce ne siamo \u003Cmark>accorti\u003C/mark>. Anche solo distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo. Al funerale dell'etica, corrisponde una frammentazione sempre più massiccia della musica ad un euro. Il futuro è cheap, pieno di sangue e miseria. In un certo senso se ne sono \u003Cmark>accorti\u003C/mark> in molti, nelle schiere dei metrappansè del web. Che senso abbia sommergere tutto di produzioni scadenti resta un mistero. Tra le migliaia e migliaia però, alcune elevano lo zeitgeist a materia sonora e ci raccontano il disturbato e il disturbante, come si diceva, \"in un presente che capire non sai\". Ho ascoltato questi dischi e ve li propongo oggi, ditemi se non ho ragione.\r\n\r\nThe Bug - Angels & Devils (ninja tune 2014) Io ho un debole per Kevin Martin. Ho un debole in generale per i bianchi che fanno melange con i neri (sherwood, su tutti). Beh questa è la firma di un artista assoluto sulla \"contingenza\". Incontinente è Martin, che ci mette tanti ospiti (alcuni inutili, seppur mai fuori luogo) ma porta soprattutto una geografia sonora che impiega figli e nipoti del dub elettronico sul teatro di guerra, usando il pennello e non la matita per ritinteggiare i generi (nei quali peraltro sguazza senza fermarsi), con una produzione esagerata che si prende tutto in un vortice che ingloba aerei, bombe, mitragliate, rap oscuro, post industrialismi nucleari, schegge impazzite. Per ora il disco \"elettronico\" dll'anno ma la parola è fuorviante. Lo paragonerei per violenza e concisione ad un action painting a tema conflitti globali: MASSIMO DEI VOTI!\r\n\r\nJanek Schaffer - Lay by Lullaby (2014) Catch me if you can. Intercettato Ballard su una veloce preferenziale del centro di londra, schaffer usa field recordings del traffico sulla suddetta insieme a disturbi radiofonici e protrusioni noise per descrivere un viaggio al termine della notte, proprio a pochi isolati dalla casa del maestro della distopia. Il risultato è Celiniano nell'accezione più descrittiva, come se un bagliore di ricordi illuminasse per pochi secondi la carreggiata fino a sparire dietro l'orizzonte. Era il fanale di un'auto o la scia di un pensiero. Lynchiano e ostico, ce ne fossero, di artisti così.\r\n\r\nChristian Vialard - Grautag (GT 2014). Un'altra bomba custom. Questa volta preparata in un grigio garage delle periferie est, blocco di cemento di qualche zona germanica. Un suono analogico marcito che va ad inalberarsi su progressioni motoriche (ma con un'auto scassata) prima di collassare nelle bave dei delays. Retrofuturista, junkpunk, o elettronica a vapore, che mi piace di più; altro che locomotiva tedesca...sembra di sentire i kraftwerk senza il sussidio di disoccupazione che jammano con la strumentazione dimenticata da Rodelius, sotto la direzione degli Einsturzende Neubaten in un momento non troppo rumoristico. Quando premono sulla composizione, spaccano e questa etichetta è la new thing se amate la vecchia malata Deutsche Welle. Uber Alles.\r\n\r\nThe Exaltics - Das Heise Experiment (Abstract Acid 2013) si va. Una colonna sonora per notti di terrore. Perfettamente sincronizzata alle nostre più ataviche paure, sbrodola dove è necessario e innesta come pochi gradazioni a vortice. Potresti anche ballare, se solo riuscissi a smettere di pensare che quell'uomo è un armato del mixer e che una o più di quelle lamate potrebbero colpirti alle spalle. Se la paura è un sentimento stimolante, questo disco è la mia prossima tazza di ginseng. L'ho fruito di notte, guidando piano in una campagna abbandonata, tra ruderi di capannoni industriali e fuochi di fanali in direzione contraria. Un gran produttore che cerca Mario Bava nello studio dimenticato da Kristof Komeda. Certo che è techno, che cazzo di domande.\r\n\r\nElectric Wurms - Musik, die Schwer zu Twerk (2014). solo gli stronzi non cambiano idea. Che Wayne Coyne fosse un genio non avevo dubbi. Che si fosse bruciato il cervello pure. Ma mi sono sempre detto pronto a cambiare idea. I flaming lips degli ultimi anni mi sembravano solo una macchinetta tritasoldi piena di pessime idee consumistiche per la testa (l'usb con 24ore di musica in vendita a 5000 euro, tanto per dire). Devono essersi stufati pure loro. Coyne e Drodz soli lasciano il nome di piuma ai fans e mettono insieme un cartellone psichedelico con le unghie affilatissime, malato il giusto, dove il nostro ritorna a cantare, dove le tastiere vanno in larsen e finalmente, lasciatemelo dire, si sentono parti di chitarra degne di questo nome. Il disco è un viaggione malato e coyne e tornato. Resta con noi, nun ce lassà... 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Ne è scaturita una discussione ampia, che vi proponiamo, auspicando sia di stimolo al dibattito. Chi volesse ci può scrivere a anarres@inventati.org\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nAscolta la chiacchierata: 2013 03 07 elezioni post stara def\r\nTentare una sorta di genealogia dello tsunami è un esercizio necessario a comprendere cosa stia avvenendo nel nostro paese, al di là della declinazione assunta dal partito a cinque stelle nell’arena della politica istituzionale.\r\nProviamo a scomporre il quadro.\r\nCominciamo dalla sconfitta di Ingroia. Secca, senza appello, rovinosa. La compagine affidata alla guida di un ex giudice per meglio solleticare i pruriti giustizialisti della sinistra, è rimasta invischiata nell’ennesima tentazione al “realismo” che affligge la diaspora post comunista e ne ha decretato la fine come formazione parlamentare sin dal 2008. Nata con l’ambizione sin troppo evidente di contendere a Grillo le simpatie dei movimenti, costruendo un “soggetto politico nuovo”, Rivoluzione civile non ha saputo sviluppare un’ispirazione cittadinista in fondo estranea ai propri azionisti di maggioranza, riducendosi al cartello degli sfigati che si mettono insieme per fare il quorum.\r\nIngroia non ha recuperato i crediti persi da Rifonda, PdCI e Verdi (più l’impresentabile Di Pietro) dopo l’avventura di governo.\r\nLeggere la sconfitta di Ingroia nella mera chiave del “tradimento” sarebbe però riduttivo. Ingroia perde perché lo spazio simbolico e reale che tenta di occupare è ormai vuoto da tempo.\r\nLa materialità delle relazioni sociali è profondamente mutata. La violenza della divaricazione di classe si è fatta più netta, senza tuttavia innescare una stagione di scontro sociale. I partiti conservatori hanno messo in campo negli ultimi trent’anni un complesso meccanismo di scomposizione sociale i cui effetti sono stati forti sia nella concretezza della condizione lavorativa che nella sua rappresentazione simbolica.\r\nOggi il popolo delle partite IVA, dei precari, di chi lavora senza tutele né garanzie è sempre più vasto.\r\nLa solitudine è il segno distintivo dello sfruttamento nel secondo decennio del secolo.\r\nL’operaio Fiat, lo scaricatore di porto, il bracciante agricolo erano inscritti in un percorso collettivo, determinato dal comune spazio di lavoro - e lotta - e da un identico quadro normativo. Tutto questo oggi si declina in buona parte al passato.\r\nTra partite IVA e precari a vita si è modificata la costituzione materiale delle classi subalterne, demolendone al contempo i processi identitari.\r\nUn padroncino che fa trasporti per conto della Fiat, non pensa a se stesso allo stesso modo dell’addetto della logistica alle dipendenze dall’azienda. 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Sebbene Grillo abbia celebrato la propria apoteosi nel luogo simbolo dei grandi raduni della sinistra romana, le piazze grilline sono nel grande magma del web, dove ti colleghi dall’ufficio, dal bar dove fai pausa, dai giardinetti dove bivacchi in attesa di domani, dal letto prima di crollare addormentato. Se non hai tempo per un post fai un tweet ed esisti. Ci sei anche tu.\r\nTi riconosci nel faccione debordante, nell’urlo del comico, nel suo ghigno moralista, forcaiolo. Sei tu, quello è il tuo volto.\r\nForse la vittoria di Grillo è tutta qui, nella capacità di intercettare il malessere di soggetti sociali che debordano dal quadro novecentesco. L’affermazione/boutade sui sindacati non gli allontana simpatie, perché questi costosi patronati sono avvertiti, non a torto, come parte dell’odiatissima casta, dei privilegiati, dei politici e sindacalisti di professione.\r\nLa memoria della lotta di classe non è il tuo presente e nemmeno il futuro dei tuoi figli, già ipotecato da una classe politica che modella se stessa ai ritmi della transazioni finanziarie. Oggi, subito, domani non importa.\r\nLo spettacolo della politica e la politica spettacolo\r\nIl vincitore morale di questa partita elettorale non è tuttavia Grillo, ma Berlusconi.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo il Cavaliere dei mille frizzi, lazzi, gag è risorto dalle sue ceneri, si è tenuto la Lombardia dei mille scandali, ha ingoiato la Puglia, rimasticato la Sicilia. L’Italia del cavaliere è più viva che mai.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di tette/culi, della vita quotidiana sparata in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò un nuovo stile politico.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nLa socialdemocrazia ha un costo che i padroni, se possono, evitano di pagare passando all’attacco.\r\nBerlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il Partito Democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nCosì si gioca una vittoria elettorale sicura.\r\nMario Monti ha provato a scavarsi un proprio ambito di potere per fungere da ago della bilancia, ma non c’è riuscito. In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come la minestra della nonna, sapore di autentico nel tempo dove la distanza tra il vero e il falso è nel marchio che ne decreta il prezzo.\r\nGuida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amorevole che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono sberle, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo è l’apoteosi della politica post ideologica: mette insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nIn campagna elettorale le piazze si sono riempite di spettatori, che andavano via appena prendevano la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nOggi questi fantocci sono in parlamento, regalando a tanti l’illusione di esserci anche loro.","15 Marzo 2013","2019-01-31 12:44:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/03/elezioni_470x305-200x110.jpg","Il Grillo, il satiro e l’uomo in grigio",1363389931,[357,358,359,360,361],"http://radioblackout.org/tag/autonomia/","http://radioblackout.org/tag/elezioni/","http://radioblackout.org/tag/grillo/","http://radioblackout.org/tag/ingroia/","http://radioblackout.org/tag/m5s/",[363,239,245,249,364],"autonomia","M5S",{"post_content":366},{"matched_tokens":367,"snippet":368,"value":369},[316],"i più non si siano \u003Cmark>accorti\u003C/mark> della differenza, al di là dei","Il risultato emerso dalle urne è stato un vero terremoto elettorale, il primo dal lontano 1994, quando la discesa in campo di Berlusconi, sotto l’insegna politico-calcistica di Forza Italia, decretò la nascita della seconda Repubblica.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Pietro Stara. Ne è scaturita una discussione ampia, che vi proponiamo, auspicando sia di stimolo al dibattito. Chi volesse ci può scrivere a anarres@inventati.org\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nAscolta la chiacchierata: 2013 03 07 elezioni post stara def\r\nTentare una sorta di genealogia dello tsunami è un esercizio necessario a comprendere cosa stia avvenendo nel nostro paese, al di là della declinazione assunta dal partito a cinque stelle nell’arena della politica istituzionale.\r\nProviamo a scomporre il quadro.\r\nCominciamo dalla sconfitta di Ingroia. Secca, senza appello, rovinosa. La compagine affidata alla guida di un ex giudice per meglio solleticare i pruriti giustizialisti della sinistra, è rimasta invischiata nell’ennesima tentazione al “realismo” che affligge la diaspora post comunista e ne ha decretato la fine come formazione parlamentare sin dal 2008. Nata con l’ambizione sin troppo evidente di contendere a Grillo le simpatie dei movimenti, costruendo un “soggetto politico nuovo”, Rivoluzione civile non ha saputo sviluppare un’ispirazione cittadinista in fondo estranea ai propri azionisti di maggioranza, riducendosi al cartello degli sfigati che si mettono insieme per fare il quorum.\r\nIngroia non ha recuperato i crediti persi da Rifonda, PdCI e Verdi (più l’impresentabile Di Pietro) dopo l’avventura di governo.\r\nLeggere la sconfitta di Ingroia nella mera chiave del “tradimento” sarebbe però riduttivo. Ingroia perde perché lo spazio simbolico e reale che tenta di occupare è ormai vuoto da tempo.\r\nLa materialità delle relazioni sociali è profondamente mutata. La violenza della divaricazione di classe si è fatta più netta, senza tuttavia innescare una stagione di scontro sociale. I partiti conservatori hanno messo in campo negli ultimi trent’anni un complesso meccanismo di scomposizione sociale i cui effetti sono stati forti sia nella concretezza della condizione lavorativa che nella sua rappresentazione simbolica.\r\nOggi il popolo delle partite IVA, dei precari, di chi lavora senza tutele né garanzie è sempre più vasto.\r\nLa solitudine è il segno distintivo dello sfruttamento nel secondo decennio del secolo.\r\nL’operaio Fiat, lo scaricatore di porto, il bracciante agricolo erano inscritti in un percorso collettivo, determinato dal comune spazio di lavoro - e lotta - e da un identico quadro normativo. Tutto questo oggi si declina in buona parte al passato.\r\nTra partite IVA e precari a vita si è modificata la costituzione materiale delle classi subalterne, demolendone al contempo i processi identitari.\r\nUn padroncino che fa trasporti per conto della Fiat, non pensa a se stesso allo stesso modo dell’addetto della logistica alle dipendenze dall’azienda. La sua condizione di vita è peggiore ma diversa.\r\nNon ha nessuna delle tutele dei dipendenti, ma nemmeno i vantaggi del piccolo imprenditore. Né carne né pesce si trova in un limbo dove la riproposizione della prospettiva welfarista classica gli appare di assoluta inattualità. Inattingibile e nel contempo estranea alla sua vita. Oberato dalle tasse, spesso senza né lavoro né reddito, vuole meno tasse e qualche copertura quando resta a terra.\r\nQuesti soggetti dispersi sono davvero al di là della destra e della sinistra, in un altrove che il populismo grillino è riuscito a catturare, mescolando istanze ultraliberiste con l’ultrastatalismo del reddito di cittadinanza.\r\nEstranei alle piazze fisiche si sono esercitati alla partecipazione nella piazza virtuale di internet. Sebbene Grillo abbia celebrato la propria apoteosi nel luogo simbolo dei grandi raduni della sinistra romana, le piazze grilline sono nel grande magma del web, dove ti colleghi dall’ufficio, dal bar dove fai pausa, dai giardinetti dove bivacchi in attesa di domani, dal letto prima di crollare addormentato. Se non hai tempo per un post fai un tweet ed esisti. Ci sei anche tu.\r\nTi riconosci nel faccione debordante, nell’urlo del comico, nel suo ghigno moralista, forcaiolo. Sei tu, quello è il tuo volto.\r\nForse la vittoria di Grillo è tutta qui, nella capacità di intercettare il malessere di soggetti sociali che debordano dal quadro novecentesco. L’affermazione/boutade sui sindacati non gli allontana simpatie, perché questi costosi patronati sono avvertiti, non a torto, come parte dell’odiatissima casta, dei privilegiati, dei politici e sindacalisti di professione.\r\nLa memoria della lotta di classe non è il tuo presente e nemmeno il futuro dei tuoi figli, già ipotecato da una classe politica che modella se stessa ai ritmi della transazioni finanziarie. Oggi, subito, domani non importa.\r\nLo spettacolo della politica e la politica spettacolo\r\nIl vincitore morale di questa partita elettorale non è tuttavia Grillo, ma Berlusconi.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo il Cavaliere dei mille frizzi, lazzi, gag è risorto dalle sue ceneri, si è tenuto la Lombardia dei mille scandali, ha ingoiato la Puglia, rimasticato la Sicilia. L’Italia del cavaliere è più viva che mai.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di tette/culi, della vita quotidiana sparata in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò un nuovo stile politico.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nLa socialdemocrazia ha un costo che i padroni, se possono, evitano di pagare passando all’attacco.\r\nBerlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. 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In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come la minestra della nonna, sapore di autentico nel tempo dove la distanza tra il vero e il falso è nel marchio che ne decreta il prezzo.\r\nGuida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amorevole che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono sberle, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo è l’apoteosi della politica post ideologica: mette insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nIn campagna elettorale le piazze si sono riempite di spettatori, che andavano via appena prendevano la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nOggi questi fantocci sono in parlamento, regalando a tanti l’illusione di esserci anche loro.",[371],{"field":95,"matched_tokens":372,"snippet":368,"value":369},[316],{"best_field_score":296,"best_field_weight":39,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":47,"score":297,"tokens_matched":22,"typo_prefix_score":298},{"document":375,"highlight":392,"highlights":397,"text_match":294,"text_match_info":400},{"comment_count":47,"id":376,"is_sticky":47,"permalink":377,"podcastfilter":378,"post_author":233,"post_content":379,"post_date":380,"post_excerpt":53,"post_id":376,"post_modified":381,"post_thumbnail":382,"post_title":383,"post_type":271,"sort_by_date":384,"tag_links":385,"tags":389},"13419","http://radioblackout.org/podcast/grillo-pinocchio-e-gli-altri/",[233],"Tra lo spettacolo della politica e la politica spettacolo si sta consumando l'ultima campagna elettorale.\r\nAnarres l'ha seguita con tre lunghe chiacchierate realizzate in altrettante puntate della trasmissione.\r\nVe le proponiamo assieme ad un articolo di prossima uscita sul settimanale Umanità Nova.\r\nAscolta l'intervento di Pietro: 2013 01 13 stara elezioni\r\n\r\nQuello di Stefano: 2013 02 08 capello grillo \r\n\r\ne di Francesco: 2013 02 15 elezioni\r\n\r\nMonti ha chiamato l’esperto di immagine di Barack Obama per una consulenza sulla propria campagna elettorale. Da allora lo stile del professore è cambiato: messe da parte le vesti del tecnico autorevole e pacato, ha indossato i panni del leader responsabile ma deciso, che ha un percorso proprio e nessuna alleanza precostituita.\r\nCon buona pace del PD che ha finito con il recitare la parte del fidanzato cornuto e geloso che non può fare a meno dell’amata. Un stile che non attira certo i voti. L’esperto di comunicazione di Bersani non è certo all’altezza di quelli di Monti. I manifesti elettorali in stile vecchio apparatnik su sfondo grigio topo portano sfiga solo a vederli.\r\nMeglio, decisamente meglio, Berlusconi, che tira fuori tutto il proprio repertorio di gag, frizzi e lazzi, sparandole sempre più grosse ma toccando in una frase il cuore di tanti. La restituzione dell’IMU è come la lotteria: tutti sanno che vincere è improbabile, ma la sola possibilità fa vendere milioni di biglietti.\r\nMaroni e i suoi arrancano ma non sono da meno. Hanno riaperto i cassetti e sparato tutte le vecchie cartucce. Promettono di tagliare le tasse e di aumentare le pensioni, rispolverano il federalismo fiscale hard. Fanno una campagna vecchio stile. I consiglieri comunali bolognesi fanno pulizia (etnica) all’ospedale di Bologna, Maroni fa finta di non essere stato al governo sino a ieri.\r\nUn miraggio è meglio del conto dal droghiere, delle bollette da pagare, del lavoro che non c’è, della precarietà che è meglio del nulla.\r\nPer gli ammalati di nuovismo, forse la più grave delle malattie novecentesche, l’offerta varia tra giustizialisti populisti e giustizialisti d’antan.\r\nIl Grillo urlante sogna un Berlusconi/Pinocchio trascinato via dai carabinieri, a Ingroia i panni del giudice stanno sin troppo bene: non deve certo far fatica a entrare nel personaggio.\r\nSin qui il marketing. 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Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di casalinghe che si calavano le mutande in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò uno stile politico che si confondeva, a volte persino anticipava l’Italia gridata e scorreggiona che esplose in televisione.\r\nI politici della prima repubblica parlavano e vestivano come mummie in grigio, solo ai sindacalisti era concesso togliere la giacca, gridare, mostrare l’ascella pezzata.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno. Persino il papa si adegua, inaugurando l’anno santo del 2000 con una mantellina da arlecchino con gli strass.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine il regolamento di conti intrapreso da Bettino Craxi, l’unico leader della Prima Repubblica che si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nGli ammortizzatori servono quando il conflitto sociale è tanto forte da mettere in gioco l’esistenza stessa di un sistema politico e sociale basato sul diritto alla proprietà privata. In un mondo diviso in blocchi, con un partito comunista forte come il PCI, la socialdemocrazia era la miglior garanzia di mantenimento del capitalismo. Ma. La socialdemocrazia costa e ai padroni non piace spendere per\r\ntenere buoni i lavoratori: appena possibile passano all’attacco.\r\n\r\nCome tutti sanno Berlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. 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Mario Monti si butta e prova a scavarsi un proprio ambito di potere, muovendosi con accortezza, per fungere da ago della bilancia.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende. Oggi sarebbe impossibile immaginare un manifesto con il simbolo del partito e uno slogan, come ai tempi della prima repubblica.\r\nOggi serve una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Negli Stati Uniti negli anni ottanta ne scelsero uno serioso e di second’ordine come Ronald Reagan.\r\nIn Italia il ruolo tocca ad un comico. L’unico capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. 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Poi sono schiaffoni, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo, una sorta di Juan Peron post moderno, rappresenta l’apoteosi della politica post ideologica, mettendo insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nQuando parla le piazze si riempiono di spettatori, che vanno via appena prendono la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nLa sinistra che ama la democrazia partecipativa, il commercio equo, che guevara sulle magliette, la fiom e la mamma ha provato a giocare la carta della costruzione dal basso di un “soggetto politico nuovo” sin dalla scorsa primavera, quando nacque il cartello di A.L.B.A. Lo scopo era contrastare il M5S sul terreno della giustizia e della democrazia dal basso. L’operazione ha mostrato la sua povertà quando dalle chiacchiere si è passati alle liste. L’accozzaglia dei vari Ferrero, Diliberto, Di Pietro ha riproposto sotto altra veste gli stessi partiti che avevano sostenuto le scelte più antipopolari del governo Prodi. Le anime più sensibili di Alba si sono sfilate dall’operazione “Rivoluzione civile”, il gioco delle poltrone è andato avanti.\r\n\r\nPresto la campagna elettorale finirà. Non ci vuole una sfera di cristallo per indovinare che il nuovo governo, chiunque vinca e persino se non vincesse nessuno, metterà in campo altri tagli ai servizi ed un ulteriore affondo sul fronte del lavoro, riaprendo l’agenda nel medesimo punto dove l’ha chiusa Monti.\r\nOggi più che mai la partita vera o si gioca altrove o non si gioca. La scommessa della partecipazione diretta, dell’apertura di spazi politici non statali, si pratica nella materialità delle lotte. Quando il dominio si palesa in tutta la propria crudezza o si fugge o si resiste. 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Nelle prime ore della mattina, diverse abitazioni sono state perquisite annunciando a 13 compagni e compagne l'iscrizione tra gli indagati dell'operazione denominata \"Thor\" in quanto una delle azioni prese in considerazione riguarderebbe un bancomat preso a martellate.\r\n\r\nTanto che durante le perquisizioni è stato sequestrato almeno un martello (e pure dei chiodi).\r\n\r\nI vari strumenti giuridici accordati per l'occasione comprendono gli articoli 110, 112 e 270 bis del codice penale; l'associazione sovversiva, secondo gli inquisitori, sarebbe costituita attorno al gruppo \"Ravenna AUT\", mentre le azioni specifiche riguarderebbero attacchi contro un bancomat e una filiale Unicredit, contro auto aziendali di ENI e CMC, contro veicoli di lusso come SUV e limousine, il tutto con finalità di eversione dell'ordine democratico.\r\n\r\nascolta la diretta con Sara, una delle perquisite:\r\n\r\nRavenna3.9","3 Settembre 2012","2018-10-17 22:11:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/09/1459956-06-07-20-200x110.jpg","operazione Thor - perquisizioni a Ravenna",1346680365,[],[],{"post_content":415},{"matched_tokens":416,"snippet":418,"value":419},[417],"accordati","chiodi).\r\n\r\nI vari strumenti giuridici \u003Cmark>accordati\u003C/mark> per l'occasione comprendono gli articoli","1 settembre 2012: la procura di Bologna prosegue con il proprio contributo alle manovre repressive che in questi mesi estivi hanno colpito il \"movimento\" anarchico in Italia. 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