","USA: sciopero all'azienda Boeing","post",1726833866,[61,62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/azienda-militare/","http://radioblackout.org/tag/biden/","http://radioblackout.org/tag/boeing/","http://radioblackout.org/tag/elezioni/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/sciopero-lavoratori/","http://radioblackout.org/tag/sindacati/","http://radioblackout.org/tag/usa/",[28,70,22,71,15,32,72,73],"biden","elezioni","sindacati","USA",{"post_content":75,"tags":80},{"matched_tokens":76,"snippet":78,"value":79},[77],"azienda","Lo sciopero alla Boeing, grande \u003Cmark>azienda\u003C/mark> statunitense che produce aerei civili","Lo sciopero alla Boeing, grande \u003Cmark>azienda\u003C/mark> statunitense che produce aerei civili e militari, ha coinvolto moltissimi lavoratori nell’area di Seattle che hanno aderito allo sciopero a seguito di una negoziazione sindacale che ha disatteso diversi obiettivi. Le questioni contestate all'azienda riguardano la mancanza di un miglioramento delle condizioni contrattuali in materia di aumenti salariali (non viene firmato un contratto da sedici anni), il passaggio a un sistema pensionistico connesso ai mercati finanziari secondo cui per vedersi garantito un fondo pensione accettabile si è costretti a pagare, il mantenimento dello straordinario obbligatorio. Il nuovo contratto, sul quale il sindacato è andato al voto senza adeguata informazione tra i lavoratori, è stato così bocciato dal 95% dei lavoratori, in particolare dai nuovi assunti perlopiù giovani, permettendo così l'avvio della mobilitazione.\r\n\r\nCiò che è interessante sono gli effetti che uno sciopero in questa \u003Cmark>azienda\u003C/mark>, per il suo importante ruolo strategico, possono avverarsi. Questo sciopero è il primo dopo quello del 2008, quando vennero bloccate le aziende per 57 giorni, con il supporto di un sindacato che, grazie alla lotta, è stato obbligato a invertire radicalmente la sua posizione, andando incontro alle istanze dei lavoratori. All'oggi sono stati individuati dei mediatori direttamente dal governo per aprire i tavoli contrattuali, mentre il sindacato ha iniziato a sondare i bisogni dei lavoratori. Al momento la questione centrale è capire come avere una tenuta dello sciopero a causa della mancanza di reddito e l’avviso di licenziamenti temporanei da parte dell’azienda, in questo frangente quindi c’è una grande disponibilità a lottare ma è necessario l'allargamento ad altre aziende solidali. Un’azienda come la Boeing rappresenta il fulcro degli interessi finanziari statunitensi oggi, vista la produzione di aerei militari e di intelligence \u003Cmark>militare\u003C/mark>, dunque in questi mesi di guerra in Ucraina e genocidio in Palestina l'azienda rappresenta la punta di diamante dell’economia americana.\r\n\r\nLa questione ora è capire le possibilità reali di estensione dello sciopero e delle lotte sul lavoro. Gli Stati del MidWest, dove i sindacati hanno più iscritti sono cruciali, così come i risultati delle elezioni. In questo senso Biden è stato descritto fino ad oggi come il presidente più vicino ai sindacati, nonostante questo non sia effettivo basti pensare alla repressione della lotta dei ferrovieri, ma le sue apparizioni mediatiche hanno avuto il ruolo di farlo diventare il presidente più vicino ai sindacati. Negli ultimi anni vediamo alcuni elementi interessanti, in particolare la genesi del risveglio sindacale avvenuto tra il 2018 e il 2020 con la lotta degli insegnanti e poi gli scioperi spontanei sulla sicurezza dei lavoratori in piena pandemia, oltre alle mobilitazioni per George Floyd. Questi cicli hanno favorito la diffusione sindacale. Più recentemente le mobilitazioni in sostegno alla Palestina hanno allargato il movimento. Spesso le lotte i questi settori rimangono isolate ed è dovuto al tipo di struttura dei sindacati americani che non brillano né di democrazia né di conflittualità.\r\n\r\nIeri si è riaperto il tavolo negoziale e l’amministrazione Biden vi partecipa in maniera ufficiale per evitare che lo sciopero si prolunghi in prossimità delle prossime elezioni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Felice Mometti ricercatore indipendente e attento osservatore delle vicende statunitensi, su metropoli, trasformazioni urbane, lavoro.\r\n\r\n[audio m4a=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/09/WhatsApp-Audio-2024-09-18-at-17.42.04.m4a\"][/audio]",[81,85,87,89,91,93,95,97],{"matched_tokens":82,"snippet":84},[77,83],"militare","\u003Cmark>azienda\u003C/mark> \u003Cmark>militare\u003C/mark>",{"matched_tokens":86,"snippet":70},[],{"matched_tokens":88,"snippet":22},[],{"matched_tokens":90,"snippet":71},[],{"matched_tokens":92,"snippet":15},[],{"matched_tokens":94,"snippet":32},[],{"matched_tokens":96,"snippet":72},[],{"matched_tokens":98,"snippet":73},[],[100,105],{"field":35,"indices":101,"matched_tokens":102,"snippets":104},[47],[103],[77,83],[84],{"field":106,"matched_tokens":107,"snippet":78,"value":79},"post_content",[77],1157451471441625000,{"best_field_score":110,"best_field_weight":111,"fields_matched":112,"num_tokens_dropped":47,"score":113,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,2,"1157451471441625194",{"document":115,"highlight":133,"highlights":138,"text_match":141,"text_match_info":142},{"cat_link":116,"category":117,"comment_count":47,"id":118,"is_sticky":47,"permalink":119,"post_author":50,"post_content":120,"post_date":121,"post_excerpt":53,"post_id":118,"post_modified":122,"post_thumbnail":123,"post_thumbnail_html":124,"post_title":125,"post_type":58,"sort_by_date":126,"tag_links":127,"tags":130},[44],[46],"89012","http://radioblackout.org/2024/04/industriarsi-per-la-morte-per-il-sabotaggio-delle-piccole-aziende-al-servizio-della-guerra/","Borracce, gavette, panni di lana e carne in scatola, munizioni, automezzi, vanghe e piccozze. La prima guerra mondiale ha visto impegnate officine, manifatture, grandi e piccole aziende in una mobilitazione industriale senza precedenti. Non solo grandi commesse per armi e munizioni, industrie metallurgiche e grande cantieristica, ma l’intero tessuto economico, capillarmente votato alla produzione di morte, tra maglifici, calzaturifici, stabilimenti chimici, zuccherifici, cartiere, aziende agricole, produttori di carne in scatola, stabilimenti meccanici impegnati nella produzione di vanghe, piccozze, filo spinato, caffettiere, viti, bulloni.\r\n\r\nOggi in Italia l'industria della guerra, come abbiamo più volte ripetuto, è pienamente integrata nella filiera produttiva statunitense. Accanto ai grandi players, Leonardo e Fincantieri, Avio Aero, Thales Alenia, MBDA, Iveco Defence, ELT, Rheinmetall, Beretta, Fiocchi, esiste un inestricabile tessuto produttivo fatto di piccole e medie imprese, alcune delle quali solo recentemente, grazie a finanziamenti pubblici ed europei, si sono riconvertite alla produzione bellica. Notizia della scorsa settimana è che la BEI (Banca Europea per gli Investimenti) è pronta a rivedere il suo raggio d’azione, come richiesto dai leader dell’Ue, attraverso l’aggiornamento della definizione di tecnologia a duplice uso civile e militare, così da erogare più prestiti a sostegno delle piccole e medie imprese del settore.\r\n\r\nNonostante sia difficile immaginare una crescita significativa ed autonoma della piccola industria italiana nelle tecnologie belliche, perchè le principali acquisizioni di armamenti e nuovi sistemi d’arma da parte delle Forze Armate italiane continueranno a essere caratterizzate da importazioni di prodotti dagli Usa e dai principali Stati europei, la presenza di impianti produttivi di piccola taglia, spesso a conduzione familiare, si rivela un elemento interessante per chi desidera inceppare la macchina della guerra partendo da qui. Ad esempio nel 2016 il produttore americano Pratt & Whitney ha scelto quattro aziende italiane, di cui due torinesi, per una fornitura di componenti per i motori dei caccia F35. Tra queste la Mepit, piccola azienda di Settimo Torinese con meno di 50 dipendenti, che tutt'oggi esporta materiali d'armamento. Un invito a studiare approfonditamente i contesti produttivi locali.\r\n\r\nIn questo quadro di mobilitazione bellica totale - macchine, carne da macello, propaganda - è però evidente uno scarto tra proclami ed intenzioni ed la realtà. Basti pensare all’esaurimento delle scorte di munizioni della Nato. Il generale Claudio Graziano, presidente di Fincantieri ha dichiarato: \"Quello che è successo ha dimostrato che l'Europa è nuda. Non abbiamo munizioni\". Nello stesso linguaggio di lorsignori, che pur perseverano nelle loro chiacchiere belliciste, emerge chiaramente l'inadeguatezza militare e che la guerra non può essere un’opzione per l’Europa. Tuttavia, lo Stato è pronto a distruggere la società.\r\n\r\nNe parliamo con Antonio Mazzeo, antimilitarista, con cui torniamo anche sulla questione della logistica e mobilità militare, dato il recente accordo tra Leonardo e Rete Ferroviaria Italiana, oltre al finanziamento UE di tre progetti strategici per la Schengen militare: Binasco, Genova e La Spezia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/mazzeo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE' l'occasione anche per una diretta da Genova, dove, in occasione della chiamata internazionale per il blocco della logistica ed economia di guerra del 15 aprile, alcuni compagnx hanno fatto visita ai supermercati Carrefour, multinazionale complice del genocidio in Palestina. La guerra inizia dai luoghi in cui viviamo e da qui è possibile sabotarla.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/genova.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","22 Aprile 2024","2024-04-22 17:36:36","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/1914-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"222\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/1914-300x222.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/1914-300x222.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/1914-768x568.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/1914.jpg 800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Industriarsi per la morte: per il sabotaggio delle piccole aziende al servizio della guerra",1713806612,[65,128,129],"http://radioblackout.org/tag/piccole-imprese/","http://radioblackout.org/tag/sabotaggio/",[15,131,132],"piccole imprese","sabotaggio",{"post_content":134},{"matched_tokens":135,"snippet":136,"value":137},[83],"a duplice uso civile e \u003Cmark>militare\u003C/mark>, così da erogare più prestiti","Borracce, gavette, panni di lana e carne in scatola, munizioni, automezzi, vanghe e piccozze. 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Durante l'attacco, a base di bombe incendiarie, è stata coinvolta e sconfitta anche una nave militare peruviana.\r\n\r\nL'episodio non è isolato: da diversi anni la comunità indigena, nonostante le divisioni interne, combatte lo sfruttamento della foresta amazzonica chiedendo maggiori diritti e tutele, sia alla Petro Tal che al governo peruviano. In questo caso a scatenare l'attacco è stata la rabbia accumulata contro l'azienda petrolifera che, per contratto, risarcisce con un misero 2,5% dei guadagni le popolazioni del luogo, cifra spesso simbolica visto che non si hanno dati a riguardo.\r\n\r\nPer far sentire la propria voce le comunità locali ricorrono ad azioni eclatanti, come quella avvenuta il 7 giugno, anche se spesso le trattative si concludono in un nulla di fatto. Le navi e il relativo equipaggio sono stati comunque rilasciati dopo quattro giorni in seguito a un accordo con la Petro Tal, putroppo subito infranto da quest'ultima.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Umberto Mazzantini di Lega Ambiente Arcipelago:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/Perù.petrotal.160623.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDue articoli di Reuters sulla vicenda:\r\nTwo oil tankers attacked by indigenous protesters in Peru's Amazon, PetroTal says\r\n \r\nIndigenous protesters in Peru's Amazon release captured oil tankers","17 Giugno 2023","2023-06-19 12:47:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"240\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-240x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-240x300.jpg 240w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-819x1024.jpg 819w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-768x960.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-1229x1536.jpg 1229w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-1638x2048.jpg 1638w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/renting-c-oZsX-15NHeA-unsplash-scaled.jpg 2048w\" sizes=\"auto, (max-width: 240px) 100vw, 240px\" />","In Perù le comunità indigene sequestrano due petroliere per far sentire la propria voce",1687004572,[160,161,162],"http://radioblackout.org/tag/comunita-indigene-petro-tal/","http://radioblackout.org/tag/peru/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/",[34,20,164],"petrolio",{"post_content":166},{"matched_tokens":167,"snippet":168,"value":169},[77],"appartenenti alla Petro Tal, nota \u003Cmark>azienda\u003C/mark> petrolifera attiva in Amazzonia. 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Questo mercoledì, poi, in 100mila sono scesi in strada a Brasilia, assaltando una mezza dozzina di ministeri, mentre la polizia attaccava sparando proiettili tradizionali, granate stordenti, spray urticante e gas lacrimogeni. A presidio degli edifici pubblici, Temer aveva disposto l’impiego di 1500 truppe dell’esercito, più 200 marine. Poco dopo la diffusione di questa notizia i manifestanti si erano diretti all’assalto dell'Esplanada dos Ministérios, coprendo sbirri e militari con una fitta sassaiola e riuscendo a penetrare all’interno degli edifici armati di bastoni, scudi di plexiglass e molotov. Una protesta popolare contro le riforme di Temer, ma anche contro Temer stesso e in favore di #DiretasJá, cioè nuove elezioni immediate per il Presidente della Repubblica. Il bilancio della repressione scatenata da Temer contro i manifestanti è di una cinquantina di feriti ed almeno otto arresti.\r\n\r\n \r\n\r\nTemer non ha mai goduto di grande popolarità dopo l’approvazione di diverse misure di austerità. Adesso è anche spuntata fuori una registrazione giudiziaria fornita dal magnate Joesley Batista, proprietario della JBS (azienda leader mondiale nell'esportazione di carni bovine), nella quale Temer acconsentirebbe al pagamento di cospicue tangenti volte a comprare il silenzio dell’ex vice Edoardo Cunha, detenuto da mesi per corruzione, per evitare eventuali delazioni contro la presidenza nell'ambito dell'inchiesta Lava Jato. Si moltiplicano le richieste di impeachement per il Presidente, mentre dilaga lo scompiglio nella maggioranza di governo. I due processi nei quali Temer e coinvolto, il primo di fronte al Tribunale Superiore Elettorale, il secondo di fronte al Tribunale Federale Superiore, accentuano lo scontro tra gruppi politici per la nomina di un eventuale presidente ad interim ed in vista delle elezioni per il mandato 2019/22. Nel frattempo aumenta la protesta sociale tanto nel contesto urbano che in quello rurale, mentre la repressione si fa sempre più dura. Almeno dieci contadini occupanti di terra sono stati uccisi dalla Polizia militare nello stato di Parà.\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta mattina abbiamo parlato della crisi sociale e politica in Brasile con Luciano, militante:\r\naaa","26 Maggio 2017","2017-05-30 16:15:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"170\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters-300x170.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters-300x170.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters-768x434.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters-1024x579.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/05/manifestacao_ueslei_marcelino_reuters.jpg 1150w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","#ForaTemer #DiretasJá: sciopero generale, scontri di piazza e crisi sociopolitica in Brasile.",1495801991,[],[],{"post_content":190},{"matched_tokens":191,"snippet":192,"value":193},[77],"Joesley Batista, proprietario della JBS (\u003Cmark>azienda\u003C/mark> leader mondiale nell'esportazione di carni","Il 28 aprile 38 milioni di lavoratori e lavoratrici avevano paralizzato il Brasile attraverso un importante sciopero generale chiamato contro le riforme neoliberali pronate del governo di Michel Temer, in particolare la riforma del lavoro (Novas Leis Laborais) e quella sulle pensioni (Reforma da Previdencia). Questo mercoledì, poi, in 100mila sono scesi in strada a Brasilia, assaltando una mezza dozzina di ministeri, mentre la polizia attaccava sparando proiettili tradizionali, granate stordenti, spray urticante e gas lacrimogeni. A presidio degli edifici pubblici, Temer aveva disposto l’impiego di 1500 truppe dell’esercito, più 200 marine. Poco dopo la diffusione di questa notizia i manifestanti si erano diretti all’assalto dell'Esplanada dos Ministérios, coprendo sbirri e militari con una fitta sassaiola e riuscendo a penetrare all’interno degli edifici armati di bastoni, scudi di plexiglass e molotov. Una protesta popolare contro le riforme di Temer, ma anche contro Temer stesso e in favore di #DiretasJá, cioè nuove elezioni immediate per il Presidente della Repubblica. Il bilancio della repressione scatenata da Temer contro i manifestanti è di una cinquantina di feriti ed almeno otto arresti.\r\n\r\n \r\n\r\nTemer non ha mai goduto di grande popolarità dopo l’approvazione di diverse misure di austerità. Adesso è anche spuntata fuori una registrazione giudiziaria fornita dal magnate Joesley Batista, proprietario della JBS (\u003Cmark>azienda\u003C/mark> leader mondiale nell'esportazione di carni bovine), nella quale Temer acconsentirebbe al pagamento di cospicue tangenti volte a comprare il silenzio dell’ex vice Edoardo Cunha, detenuto da mesi per corruzione, per evitare eventuali delazioni contro la presidenza nell'ambito dell'inchiesta Lava Jato. Si moltiplicano le richieste di impeachement per il Presidente, mentre dilaga lo scompiglio nella maggioranza di governo. I due processi nei quali Temer e coinvolto, il primo di fronte al Tribunale Superiore Elettorale, il secondo di fronte al Tribunale Federale Superiore, accentuano lo scontro tra gruppi politici per la nomina di un eventuale presidente ad interim ed in vista delle elezioni per il mandato 2019/22. Nel frattempo aumenta la protesta sociale tanto nel contesto urbano che in quello rurale, mentre la repressione si fa sempre più dura. Almeno dieci contadini occupanti di terra sono stati uccisi dalla Polizia \u003Cmark>militare\u003C/mark> nello stato di Parà.\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta mattina abbiamo parlato della crisi sociale e politica in Brasile con Luciano, militante:\r\naaa",[195],{"field":106,"matched_tokens":196,"snippet":192,"value":193},[77],{"best_field_score":143,"best_field_weight":144,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":145,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":47},{"document":199,"highlight":220,"highlights":225,"text_match":141,"text_match_info":228},{"cat_link":200,"category":201,"comment_count":47,"id":202,"is_sticky":47,"permalink":203,"post_author":50,"post_content":204,"post_date":205,"post_excerpt":53,"post_id":202,"post_modified":206,"post_thumbnail":207,"post_thumbnail_html":208,"post_title":209,"post_type":58,"sort_by_date":210,"tag_links":211,"tags":217},[44],[46],"31887","http://radioblackout.org/2015/10/che-cosa-nasconde-lo-scandalo-volkswagen/","Qualche settimana fa i titoli dei Tg, i portali di informazione on-line e le prime pagine dei quotidiani aprivano con la grande notizia della scoperta statunitense dell truffa operata dalla Volkswagen ai danni di centinaia di migliaia (forse milioni) di clienti sul suolo statunitense cui sarebbe stato venduto un motore diesel molto più inquinante dell'annunciato e delle regole che ne permettono la vendita. L'America si scopre infine ecologista (mentre Obama inizia le trivellazioni in Alaska) .\r\nI più accorti han subito sospettato che sotto sotto ci fosse qualcosa di ben più consistente, visto che il target dello scandalo annunciato (scoperta dell'acqua calda per la magguiornaza degli addetti ai lavori) era una delle più grandi produttrici di auto al mondo. Parlare dello scandalo Volkswagen vuol allora dire parlare della guerra commerciale in atto (e forse qualcosa di più) in atto tra stati Uniti e l'Europa a guida tedesca.\r\nNe abbiamo parlato con Sandro Moiso autore di numerosi articoli (qui una raccolta) sul portale Carmilla online e che recentemente si è soffermato su questa vicenda (vedi infra)\r\n\r\nmoiso_wolkswagen\r\nVae Victis Germania / 2: Car Wars\r\ndi Sandro Moiso (http://www.carmillaonline.com)\r\n\r\nQuando l’unica nazione occidentale a non aver ratificato il protocollo di Kyoto sul riscaldamento ambientale denuncia con tanta veemenza i danni per la salute e l’ambiente derivanti dal mancato (e truffaldino) rispetto dei regolamenti USA sull’emissione di gas da parte dei veicoli circolanti c’è da porsi più di una domanda. Si sta parlando, evidentemente, dell’enorme tegola caduta sulla testa di una delle più importanti industrie automobilistiche mondiali, la Volkswagen, dopo la scoperta del raffinatissimo trucco messo in atto da quella azienda per beffare i controlli sugli scarichi delle auto diesel negli Stati Uniti e in Europa.\r\nLo scandalo si è rapidamente propagato nei paesi dell’Unione Europea e tocca, attualmente, la bellezza di 11 milioni di veicoli circolanti. La ditta tedesca ha reagito sostituendo l’AD e scaricando le colpe su un ristretto gruppo (“un piccolo gruppo” come è stato definito) di responsabili tecnici ed amministrativi, mentre Angela Merkel, per allontanare da sé e dal proprio governo qualsiasi ombra di sospetto o connivenza, ha promesso un’inchiesta rigorosa .\r\nFilm già visti ed ampiamente prevedibili, soprattutto da parte di chi sa che i motori che ci vengono presentati, quasi quotidianamente, come innovativi, non inquinanti e a basso consumo non sono altro che una continua riproduzione del vecchio motore a scoppio messo a punto, sul finire dell’Ottocento tra il 1876 e il 1892, da tre tecnici tedeschi (guarda caso la continuità): Otto, Benz e Diesel. Motori che sono cambiati da allora ben poco, mantenendo quasi intatte le loro caratteristiche di alto spreco energetico, elevati consumi, scarso rendimento ed elevate capacità di inquinamento.\r\nCiò che è cambiato fra gli anni ’80 del XIX secolo ed oggi, migliorando rendimento e prestazioni degli autoveicoli, sono le linee aerodinamiche, l’alleggerimento dei materiali e delle strutture portanti, freni, sospensioni e, conseguente, tenuta su strada. Il resto affonda le sue radici negli albori del mezzo di trasporto meno conveniente (e più diffuso) che sia mai stato messo a punto dalla tecnica umana. Si tratta di autentiche carrette, i cui attuali ed “evolutissimi” software non servono ad altro che a truccare i dati e a rendere schiavi dei concessionari gli acquirenti.\r\nQuesto ci può far immaginare che ciò che viene attualmente denunciato a carico della Volkswagen e di altre sue consociate (Audi e Skoda) potrebbe tranquillamente ricadere sulle spalle dell’intero comparto automobilistico mondiale (così come le paurose discese in borsa dei titoli automobilistici, anche non tedeschi, e il rifiuto inglese di varare nuovi tipi di controllo sui motori diesel farebbero pensare)1. Allora, perché tutto questo baccano? Tutte queste “pelose” denunce?\r\nForse il “green capitalism” ha deciso di puntare su un rinnovamento, su scala mondiale, del parco macchine destinato alle classi medio/alte? Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. Ma, nel 2014, le vendite sono state inferiori alla produzione: sia complessiva (88,16 milioni) sia delle sole auto (64,96 milioni, comunque sempre quasi due milioni in più rispetto all’anno precedente).\r\nLa Cina si è confermata come il primo produttore al mondo a quota 19,9 milioni, mentre l’Asia da sola vale oltre la metà della produzione con più di 39 milioni di auto. Il Giappone supera gli 8,27 milioni, la Corea del Sud i 4,12, l’India i 3,16, l’Indonesia il milione e l’Iran, con un balzo del 46,8%, arriva a 926.000.2 La Germania è il terzo produttore globale dopo Cina e Giappone e naturalmente di gran lunga il primo del Vecchio Continente con 5,6 milioni di autoveicoli.\r\nL’Italia, con 401.317 vetture, è ormai tra i piccoli produttori. Sfornano più auto non solo Regno Unito e Francia, ma anche nazioni come Repubblica Ceca (trascinata dalla crescita di Skoda, altra industria indagata poiché appartenente al gruppo Volkswagen), Slovacchia, Polonia e Belgio. Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro militare sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su Carmilla,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, Carmillaonline del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un continente o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su Carmillaonline)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, Carmillaonline del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. Non a caso dal 2010 a oggi il 55% delle circa 50 operazioni “Germania su Italia” ha riguardato il settore industriale.","14 Ottobre 2015","2015-10-16 12:03:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"256\" height=\"183\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Che cosa nasconde lo scandalo Volkswagen?",1444867113,[212,213,214,215,216],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/germania/","http://radioblackout.org/tag/guerra-commerciale/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/","http://radioblackout.org/tag/volkswagen/",[18,218,30,219,26],"germania","Stati Uniti",{"post_content":221},{"matched_tokens":222,"snippet":223,"value":224},[77],"messo in atto da quella \u003Cmark>azienda\u003C/mark> per beffare i controlli sugli","Qualche settimana fa i titoli dei Tg, i portali di informazione on-line e le prime pagine dei quotidiani aprivano con la grande notizia della scoperta statunitense dell truffa operata dalla Volkswagen ai danni di centinaia di migliaia (forse milioni) di clienti sul suolo statunitense cui sarebbe stato venduto un motore diesel molto più inquinante dell'annunciato e delle regole che ne permettono la vendita. 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Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. 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Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro \u003Cmark>militare\u003C/mark> sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su Carmilla,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, Carmillaonline del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un continente o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su Carmillaonline)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, Carmillaonline del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. Non a caso dal 2010 a oggi il 55% delle circa 50 operazioni “Germania su Italia” ha riguardato il settore industriale.",[226],{"field":106,"matched_tokens":227,"snippet":223,"value":224},[77],{"best_field_score":143,"best_field_weight":144,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":145,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":47},{"document":230,"highlight":252,"highlights":257,"text_match":260,"text_match_info":261},{"cat_link":231,"category":232,"comment_count":47,"id":233,"is_sticky":47,"permalink":234,"post_author":50,"post_content":235,"post_date":236,"post_excerpt":237,"post_id":233,"post_modified":238,"post_thumbnail":239,"post_thumbnail_html":240,"post_title":241,"post_type":58,"sort_by_date":242,"tag_links":243,"tags":248},[44],[46],"97752","http://radioblackout.org/2025/05/la-guerra-in-casa-presidio-contro-la-collins-e-zone-rosse/"," \r\n\r\nLa guerra nasce da casa nostra. A Torino, ha sede la Collins, ex Microtecnica, che costruisce componentistica per aerei da combattimento che si trova sul Tornado, Leonardo (M-346, AW169, EH101), Bombardier (Learjet 45, Global 7000/8000), Eurofighter, Airbus (A320Neo, A330).\r\n\r\nSistemi sofisticati per guidare missili su obiettivi militari e civili che nascono in aziende come questa che si trovano nel territorio cittadino ed estendono la loro competenza tecnica anche alla sorveglianza urbana.\r\n\r\nFondata nel 1929 dall'ingegner De Rossi in piazza Graf 147, nel rione San Salvario, Microtecnica nasce come azienda specializzata nella meccanica di precisione. Durante la seconda guerra mondiale la produzione era orientata soprattutto verso commesse militari (bussole, piloti automatici per aerei, apparati guida per siluri, micrometri), oltre che componentistica per la Fiat, che a sua volta produceva gran parte degli automezzi per l'Esercito italiano. La fabbrica al contempo garantiva la disciplina interna attraverso la militarizzazione e la repressione di operai e operaie, che ciònonostante hanno dato vita a una tenace opposizione alla guerra, come durante gli scioperi del '43.\r\n\r\nConvertitasi al settore aerospaziale dagli anni 70, oggi Microtecnica è parte di Collins Aerospace, controllata del colosso militare-industriale statunitense RTX. L'azienda è di interesse strategico nazionale per lo Stato italiano, vassallo degli USA, tanto che nel 2023 il governo Meloni ha posto il \"golden power\" contro la sua potenziale acquisizione da parte della multinazionale francese Safran. Con tre siti produttivi - oltre a quello di Torino, uno a Luserna San Giovanni (TO) e uno a Brugherio (MB) - l'azienda produce sistemi di controllo di volo, controllo motore e valvole, per aerei, elicotteri e droni da combattimento che sganciano bombe in mezzo mondo. E mentre a Gaza è in corso il primo genocidio automatizzato della storia e nelle trincee russe e ucraine i droni rimpiazzano i disertori, con la recente apertura di due centri di ricerca e tecnologia applicata, a Roma e a Trento, Collins (che già vanta una lunga collaborazione con il Politecnico di Torino) si propone come avanguardia nell'innovazione tecnica e scientifica per sistemi di guida autonoma e intelligenza artificiale, le cui applicazioni spaziano dal bombardamento aereo alla sorveglianza urbana.\r\n\r\nNon è un caso che in Piazza Graf fervano i lavori di \"riqualificazione\" approvati dalla Giunta comunale PD e finanziati dalla Collins: quattro aiuole e un parcheggio per \"stimolare comportamenti sostenibili e rispettosi degli spazi pubblici\". Comportamenti certamente disciplinati e filtrati dalle decine di telecamere a 360° poste lungo il perimetro della fabbrica in espansione, a pochi passi da una delle tante Zone Rosse interne al perimetro urbano, dove una parte di umanità viene controllata militarmente o eliminata dagli stenti o dalle retate.\r\n\r\nGiovedi 15 maggio ci sarà un presidio contro la Collins e le zone rosse, stessa faccia della guerra interna ed esterna agita al fine di dispiegare gli strumenti della sorveglianza e militarizzazione per la pacificazione sociale. 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(...)\r\nNe abbiamo parlato con Federico, il compagno “avvisato”\r\n\r\nSatnam Singh. Ucciso da stato e padroni\r\nLavorava in nero in un’azienda agricola di Borgo Santa Maria, frazione di Latina. É morto all’ospedale San Camillo di Roma dopo che un macchinario per stendere e riavvolgere il nylon sulle serre gli aveva staccato un braccio.\r\nLasciato ad agonizzare per oltre due ore è stato caricato con la moglie, anche lei operaia della stessa azienda, su un un furgone che lo ha lasciato davanti alla sua casa, il braccio mozzato in una cassetta della frutta. Solo allora i suoi familiari hanno potuto chiamare i soccorsi. Ma era ormai troppo tardi per salvargli la vita.\r\nUna storia tragicamente normale nei campi del Belpaese, dove i braccianti senza documenti sono merce a poco prezzo e di nessun valore, perché costantemente ricambiabile.\r\nI responsabili diretti della sua morte sono il padrone e il caporale, ma i mandanti siedono in parlamento.\r\nNe abbiamo parlato con Simone Bisacca, avvocato del lavoro\r\n\r\nMilitari in città. La trovata del sindaco\r\nDa gennaio alcune aree della nostra città sono sottoposte a controllo militare quotidiano. In un primo tempo i soldati dell’operazione “Strade Sicure” sono stati inviati solo in Barriera di Milano: da aprile le pattuglie interforze sono anche a San Salvario e Aurora.\r\nSono presidi molto scenografici con esibizione di soldati in mimetica, mitra spianati, e blindati Lince con il supporto di polizia e carabinieri.\r\nTutte le suppellettili necessarie ad alimentare un clima di guerra sono state messe in campo.\r\nIn questi giorni il sindaco di Torino ha dichiarato che chiederà al prefetto che i presidi fissi siano sostituiti da un controllo diffuso sul territorio, meno visibile ma, a suo avviso, più “efficace”. Lo Russo vuole cambiare la cartolina delle periferie torinesi.\r\nIn questi mesi gli antimilitaristi hanno contestato in più occasioni i presidi di “Strade Sicure”, ed ogni volta i militari se ne sono andati: la governance metropolitana teme che l’opposizione all’occupazione militare si allarghi.\r\nIl sindaco prova a correre ai ripari rendendo meno visibile, sul piano simbolico e materiale, la presenza dei militari nel quartiere.\r\nNella sostanza cambierebbe ben poco.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nSabato 6 luglio\r\nCPR, stragi in mare, campi di concentramento\r\nore 11\r\npunto info contro frontiere e CPR\r\nal Balon\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","25 Giugno 2024","2024-06-25 14:59:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/06/graffiti-200x110.png","Anarres del 21 giugno. 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Inoltre, il provvedimento può comportare prescrizioni o divieti, quali ad esempio il ritiro della patente o l’interdizione a frequentare determinati luoghi o persone.\r\nLa storia delle misure preventive, comminate cioè non a seguito di una specifica condanna, inizia nell’Ottocento con la repressione “degli oziosi e dei vagabondi”. È evidente quindi fin da subito come non si tratti tanto di punire un’azione quanto di sanzionare una condotta o una scelta di vita.\r\nTali misure hanno ovviamente larga diffusione negli anni del fascismo storico, quando ne viene accentuato il carattere di strumento volto a colpire gli oppositori politici.\r\n\r\nCon la nascita della Repubblica italiana poco cambia, le leggi si susseguono e i provvedimenti preventivi restano, fino a venir di fatto inglobati nel cosiddetto Codice Antimafia nel 2011; ivi si indicano, molto genericamente, i destinatari dell’avviso orale come “coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi; coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via obbligatorio di cui all’ articolo 2, nonché dei divieti di frequentazione di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l’integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica”.\r\n(…)\r\nIn ambito politico, sempre più il diritto amministrativo va a sommarsi – quando non a sostituirsi – al diritto penale come strumento repressivo.\r\nFra tutte, l’avviso orale forse è la misura più “semplice” ed “economica”, volta palesemente e unicamente a minacciare e intimidire i/le compagn* più attiv*.\r\nInoltre, essendo un atto amministrativo, ribalta l’onere della prova sulla persona colpita e le possibilità di difendersi sono molto minori rispetto ai procedimenti penali. 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In un primo tempo i soldati dell’operazione “Strade Sicure” sono stati inviati solo in Barriera di Milano: da aprile le pattuglie interforze sono anche a San Salvario e Aurora.\r\nSono presidi molto scenografici con esibizione di soldati in mimetica, mitra spianati, e blindati Lince con il supporto di polizia e carabinieri.\r\nTutte le suppellettili necessarie ad alimentare un clima di guerra sono state messe in campo.\r\nIn questi giorni il sindaco di Torino ha dichiarato che chiederà al prefetto che i presidi fissi siano sostituiti da un controllo diffuso sul territorio, meno visibile ma, a suo avviso, più “efficace”. Lo Russo vuole cambiare la cartolina delle periferie torinesi.\r\nIn questi mesi gli antimilitaristi hanno contestato in più occasioni i presidi di “Strade Sicure”, ed ogni volta i militari se ne sono andati: la governance metropolitana teme che l’opposizione all’occupazione \u003Cmark>militare\u003C/mark> si allarghi.\r\nIl sindaco prova a correre ai ripari rendendo meno visibile, sul piano simbolico e materiale, la presenza dei militari nel quartiere.\r\nNella sostanza cambierebbe ben poco.\r\n\r\nAppuntamenti: \r\n\r\nSabato 6 luglio\r\nCPR, stragi in mare, campi di concentramento\r\nore 11\r\npunto info contro frontiere e CPR\r\nal Balon\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[412],{"field":106,"matched_tokens":413,"snippet":409,"value":410},[83],{"best_field_score":143,"best_field_weight":144,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":145,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":47},{"document":416,"highlight":436,"highlights":441,"text_match":141,"text_match_info":444},{"comment_count":47,"id":417,"is_sticky":47,"permalink":418,"podcastfilter":419,"post_author":420,"post_content":421,"post_date":422,"post_excerpt":53,"post_id":417,"post_modified":423,"post_thumbnail":424,"post_title":425,"post_type":321,"sort_by_date":426,"tag_links":427,"tags":434},"90155","http://radioblackout.org/podcast/stakkastakka-29-maggio-2024-dal-politecnico-occupato-israele-potenza-della-sorveglianza-e-cambiare-rotta-con-un-ransomware/",[276],"sowdust","Giornata sfortunata per la ciurma di stakkastakka questo 29 maggio 2024 che si ritrova un podcast dimidiato dai problemi tecnici e scopre che la parte seria della puntata non è stata trasmessa in onda per un celebre \"salto della connessione\" e trasmessa solo tramite le casse nel Politecnico occupato. Ma non tutto il male vien per nuovere, i nostri eroi riscoprono il dono della sintesi nel riassumere alcuni dei temi trattati: l'importanza della ricerca e sviluppo tecnologico in Israele e i suoi legami con l'apparato militare; come la posizione di primo esportatore di tecnologie di sorveglianza, spionaggio e controllo fornisca al Paese un forte potere politico e diplomatico; come siano portate avanti le operazioni di \"cyber security\" all'interno dei vari corpi militari e di polizia; la storia di NSO, azienda leader nel settore degli spyware e travolta nel tempo da diversi scandali. 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Un altro stabilimento Fiat di prima importanza, le Ferriere, vera roccaforte anarchica tra le industrie cittadine, viene preso nello stesso momento, insieme a decine di impianti della stessa azienda e di altri proprietari. In pochi giorni vengono occupate ed autogestite tutte le fabbriche torinesi. All’interno si lavora, per dimostrare con i fatti che tutto funziona senza padroni, si fanno turni di guardia armati per impedire l’ingresso della polizia, i cui attacchi vengono respinti. \r\nPiero Gobetti la definirà “la prova del fuoco della maturità degli operai torinesi», “il primo atto pratico della rivoluzione sociale”, scriveva Malatesta.\r\nPietro Ferrero, l’anarchico segretario della Fiom, in comizio di quello stesso giorno sostiene l’occupazione degli stabilimenti e l’autogestione operaia dei Consigli contro l’orientamento della Fiom nazionale e della Cgl rette dai socialisti riformisti. \r\nDieci giorni dopo il movimento si era esteso ad altre città e ad altri settori produttivi ed aveva organizzato l’autodifesa.\r\nMa a Milano la dirigenza Cgl e del PSI decretano la fine dell’occupazione. \r\nQuando gli operai in armi uscirono dalle fabbriche riconsegnandole ai padroni, Errico Malatesta, parlandone con Pietro Ferrero, disse che i padroni l’avrebbero fatta pagare cara a chi li aveva fatti tremare.\r\nNel dicembre del 1922, non erano passati nemmeno due mesi dalla marcia su Roma, i fascisti erano pronti a presentare il conto alla classe operaia di Torino.\r\n\r\nMini Naja. La militarizzazione delle nostre vite fa un ulteriore passo in avanti con l’annuncio di 40 giorni di servizio militare, per ora, volontario. Chi la farà ovviamente sarà pagato con numerosi privilegi: punti per la maturità, per la laurea, e un punteggio aggiuntivo per tutti i concorsi pubblici”. Evidentemente la banda La Russa non è così convinto che basti far leva sull’amor patrio.\r\n\r\nLa strage di piazza Fontana. Una memoria resistente dopo 53 anni\r\nTante le iniziative di quest’anno nell’anniversario della strage di piazza Fontana, della caccia agli anarchici, dell’arresto di Valpreda e dell’assassinio di Giuseppe Pinelli nei locali della questura di Milano e, più precisamente, nell’ufficio del commissario Luigi Calabresi. La bomba esplosa nella Banca dell’agricoltura nel pomeriggio del 12 dicembre fece 16 morti e numerosi feriti.\r\nAgli anarchici fu immediatamente chiaro che si trattava di una strage di Stato, ordita con lo scopo di spezzare le gambe, dividendolo, al potente movimento sociale che aveva appena infiammato l’autunno di quell’anno. Non è certo un caso che Umberto D’Amato, capo dell’ufficio affari riservati del Viminale, si trovasse nella questura di Milano sin dal 12 dicembre.\r\nLa macchinazione fallì, perché i movimenti scesero in piazza rigettando al mittente le accuse rivolte agli anarchici, finché il teorema si sgretolò.\r\nLa memoria è tuttavia un meccanismo cui si scaricano le pile se non vengono alimentate continuamente. In questi ultimi anni si sono moltiplicati i tentativi di una lettura revisionista di una vicenda che rappresentò uno spartiacque per un’intera generazione di compagne e compagni. La strage di Stato mostrava senza alcun possibile dubbio che quando gli oppressi e gli sfruttati alzano la testa, la democrazia mostra a pieno il suo volto criminale\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo della federazione anarchica milanese\r\n\r\nLivorno. Stop Cheddite per fermare la produzione e il traffico di armi\r\nIeri si è svolta a Livorno una manifestazione organizzata dal “Coordinamento per il ritiro delle missioni militari” per esprimere solidarietà a chi si rivolta in Iran e per pretendere lo stop immediato delle esportazioni della Cheddite verso la Turchia e l’Iran. Un’inchiesta di France 24 ha reso noto che la polizia iraniana utilizza proiettili Cheddite per sparare fucilate sui manifestanti. Proprio a Livorno l’azienda produce questo tipo di munizioni da caccia e secondo inchieste indipendenti le munizioni arriverebbero in Iran attraverso la Turchia per aggirare l’embargo a cui è sottoposto il paese. Per questo abbiamo manifestato di fronte ai cancelli della fabbrica insieme alla Comunità Iraniana di Pisa. Sono stati affissi alcuni striscioni “Le dittature sparano Cheddite”, “Stop all’invio di armi in Iran”, “Non siamo complici della repressione in Iran”\r\nNe abbiamo parlato con Dario del Coordinamento per il ritiro delle missioni militari\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","21 Dicembre 2022","2022-12-21 17:26:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/12/maxresdefault-200x110.jpeg","Anarres del 16 dicembre. La strage di Torino. Piazza Fontana una memoria viva nelle lotte. Mini naja. 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Era un simbolo del biennio rosso, dell’occupazione delle fabbriche, quando la classe operaia torinese, reduce dalla guerra, dalla fame, dalla militarizzazione della vita quotidiana, aveva deciso di fare la rivoluzione.\r\nDue anni prima, il 1° settembre 1920, alle prime luci dell’alba tredicimila operai occupano la Fiat Centro. Un altro stabilimento Fiat di prima importanza, le Ferriere, vera roccaforte anarchica tra le industrie cittadine, viene preso nello stesso momento, insieme a decine di impianti della stessa \u003Cmark>azienda\u003C/mark> e di altri proprietari. In pochi giorni vengono occupate ed autogestite tutte le fabbriche torinesi. All’interno si lavora, per dimostrare con i fatti che tutto funziona senza padroni, si fanno turni di guardia armati per impedire l’ingresso della polizia, i cui attacchi vengono respinti. \r\nPiero Gobetti la definirà “la prova del fuoco della maturità degli operai torinesi», “il primo atto pratico della rivoluzione sociale”, scriveva Malatesta.\r\nPietro Ferrero, l’anarchico segretario della Fiom, in comizio di quello stesso giorno sostiene l’occupazione degli stabilimenti e l’autogestione operaia dei Consigli contro l’orientamento della Fiom nazionale e della Cgl rette dai socialisti riformisti. \r\nDieci giorni dopo il movimento si era esteso ad altre città e ad altri settori produttivi ed aveva organizzato l’autodifesa.\r\nMa a Milano la dirigenza Cgl e del PSI decretano la fine dell’occupazione. \r\nQuando gli operai in armi uscirono dalle fabbriche riconsegnandole ai padroni, Errico Malatesta, parlandone con Pietro Ferrero, disse che i padroni l’avrebbero fatta pagare cara a chi li aveva fatti tremare.\r\nNel dicembre del 1922, non erano passati nemmeno due mesi dalla marcia su Roma, i fascisti erano pronti a presentare il conto alla classe operaia di Torino.\r\n\r\nMini Naja. La militarizzazione delle nostre vite fa un ulteriore passo in avanti con l’annuncio di 40 giorni di servizio \u003Cmark>militare\u003C/mark>, per ora, volontario. Chi la farà ovviamente sarà pagato con numerosi privilegi: punti per la maturità, per la laurea, e un punteggio aggiuntivo per tutti i concorsi pubblici”. Evidentemente la banda La Russa non è così convinto che basti far leva sull’amor patrio.\r\n\r\nLa strage di piazza Fontana. Una memoria resistente dopo 53 anni\r\nTante le iniziative di quest’anno nell’anniversario della strage di piazza Fontana, della caccia agli anarchici, dell’arresto di Valpreda e dell’assassinio di Giuseppe Pinelli nei locali della questura di Milano e, più precisamente, nell’ufficio del commissario Luigi Calabresi. La bomba esplosa nella Banca dell’agricoltura nel pomeriggio del 12 dicembre fece 16 morti e numerosi feriti.\r\nAgli anarchici fu immediatamente chiaro che si trattava di una strage di Stato, ordita con lo scopo di spezzare le gambe, dividendolo, al potente movimento sociale che aveva appena infiammato l’autunno di quell’anno. Non è certo un caso che Umberto D’Amato, capo dell’ufficio affari riservati del Viminale, si trovasse nella questura di Milano sin dal 12 dicembre.\r\nLa macchinazione fallì, perché i movimenti scesero in piazza rigettando al mittente le accuse rivolte agli anarchici, finché il teorema si sgretolò.\r\nLa memoria è tuttavia un meccanismo cui si scaricano le pile se non vengono alimentate continuamente. In questi ultimi anni si sono moltiplicati i tentativi di una lettura revisionista di una vicenda che rappresentò uno spartiacque per un’intera generazione di compagne e compagni. La strage di Stato mostrava senza alcun possibile dubbio che quando gli oppressi e gli sfruttati alzano la testa, la democrazia mostra a pieno il suo volto criminale\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Varengo della federazione anarchica milanese\r\n\r\nLivorno. Stop Cheddite per fermare la produzione e il traffico di armi\r\nIeri si è svolta a Livorno una manifestazione organizzata dal “Coordinamento per il ritiro delle missioni militari” per esprimere solidarietà a chi si rivolta in Iran e per pretendere lo stop immediato delle esportazioni della Cheddite verso la Turchia e l’Iran. Un’inchiesta di France 24 ha reso noto che la polizia iraniana utilizza proiettili Cheddite per sparare fucilate sui manifestanti. Proprio a Livorno l’azienda produce questo tipo di munizioni da caccia e secondo inchieste indipendenti le munizioni arriverebbero in Iran attraverso la Turchia per aggirare l’embargo a cui è sottoposto il paese. Per questo abbiamo manifestato di fronte ai cancelli della fabbrica insieme alla Comunità Iraniana di Pisa. Sono stati affissi alcuni striscioni “Le dittature sparano Cheddite”, “Stop all’invio di armi in Iran”, “Non siamo complici della repressione in Iran”\r\nNe abbiamo parlato con Dario del Coordinamento per il ritiro delle missioni militari\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[487],{"field":106,"matched_tokens":488,"snippet":484,"value":485},[77],{"best_field_score":143,"best_field_weight":144,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":145,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":47},6636,{"collection_name":321,"first_q":28,"per_page":39,"q":28},["Reactive",493],{},["Set"],["ShallowReactive",496],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f0RbfgzoQeJhlBAisPOBti8wAiEA2sC7wX040gy6LOF0":-1},true,"/search?query=azienda+militare"]