","Armi. Verso un export sempre più opaco","post",1740500464,[60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/banche-armate/","http://radioblackout.org/tag/export-di-armi/","http://radioblackout.org/tag/legge-185-90/",[64,65,23],"banche armate","export di armi",{"post_content":67,"tags":72},{"matched_tokens":68,"snippet":70,"value":71},[69],"banche","trasparenza sulle transazioni e sulle \u003Cmark>banche\u003C/mark>, rischia di scomparire definitivamente. Dopo","La legge 185/90 che pone alcuni limiti all’esportazione di armi ai paesi in guerra ed impone una certa trasparenza sulle transazioni e sulle \u003Cmark>banche\u003C/mark>, rischia di scomparire definitivamente. Dopo dieci mesi di pausa, che avevano fatto pensare ad un insabbiamento, l’iter parlamentare della nuova legge voluta da Draghi e volentieri ereditata da Meloni, è ripreso in febbraio e continuerà a marzo.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Carlo Tombola dell’OPAL Osservatorio Permanente Armi Leggere e Politiche di Sicurezza e Difesa\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/2025-02-25-legge-185-90-tombola.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[73,77,79],{"matched_tokens":74,"snippet":76},[69,75],"armate","\u003Cmark>banche\u003C/mark> \u003Cmark>armate\u003C/mark>",{"matched_tokens":78,"snippet":65},[],{"matched_tokens":80,"snippet":23},[],[82,87],{"field":34,"indices":83,"matched_tokens":84,"snippets":86},[46],[85],[69,75],[76],{"field":88,"matched_tokens":89,"snippet":70,"value":71},"post_content",[69],1157451471441625000,{"best_field_score":92,"best_field_weight":93,"fields_matched":94,"num_tokens_dropped":46,"score":95,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":46},"2211897868544",13,2,"1157451471441625194",{"document":97,"highlight":117,"highlights":122,"text_match":125,"text_match_info":126},{"cat_link":98,"category":99,"comment_count":46,"id":100,"is_sticky":46,"permalink":101,"post_author":49,"post_content":102,"post_date":103,"post_excerpt":52,"post_id":100,"post_modified":104,"post_thumbnail":105,"post_thumbnail_html":106,"post_title":107,"post_type":57,"sort_by_date":108,"tag_links":109,"tags":114},[43],[45],"14811","http://radioblackout.org/2013/04/14811/"," \r\n\r\n Annunciata un mese fa da rumors, tweet, post in rete ed anticipata dall'azione ai danni del Mossad messa in atto dalle crew RedHack e Sector404, la seconda fase di #OpIsrael ha preso il via alle 16 di oggi, diverse ore prima che scoccasse l'ora X del count down (inizialmente prevista per la mezzanotte del 7 aprile). Un volume di fuoco intensissimo che fino a questo momento ha investito una quantità imprecisata di obiettivi: alcune fonti in rete parlano di 1300 siti defacciati. Altre, più caute, riportano numeri più bassi ma ugualmente significativi: sono almeno un centinaio, tra agenzie governative, banche e forze armate, i server finiti nel mirino. La lista degli obbiettivi è lunga: fra questi la Knesset, l'home page del primo ministro, quella della polizia e del ministero delle infrastrutture nazionali. Ma il vero piatto forte è un altro ovvero i 19000 account Facebook israeliani di cui le crew di hacker, almeno una ventina quelle coinvolte, hanno preso possesso: una ritorsione messa in atto come risposta alla recente chiusura di diversi profili di attivisti filo-palestinesi. Sono stati inoltre divulgati diversi leaks ottenuti in seguito a delle azioni di hacking: una di queste è quella del Latin Hack Team che ha violato i database del sito israelmilitary.com, il sito ufficiale di forniture militari dell'Israel Defence Force. Come risultato sono finiti on-line centinaia di numeri di carte di credito appartenenti a membri dell'esercito israeliano ed alcuni documenti secretati (la cui attendibilità non è però al momento dimostrata). Questa prima fase di #OpIsrael 2.0, forse perché annunciata con largo anticipo, non ha però colto del tutto impreparati gli amministratori dei network governativi e militari israeliani i quali, pur limitandosi ad un atteggiamento di difesa passiva, sono riusciti a contenere i danni. In alcuni casi infatti i siti istituzionali colpiti sono stati ripristinati in pochi minuti. È ancora presto dunque per dire quale sarà il risultato di questa partita.\r\n\r\nAscolta la diretta con Daniele del collettivo Info Free Flow Daniele","9 Aprile 2013","2013-04-12 14:47:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/8990f2bfb95e21bdbb79fc7277564510_immagine_oleft-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/8990f2bfb95e21bdbb79fc7277564510_immagine_oleft-300x168.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/8990f2bfb95e21bdbb79fc7277564510_immagine_oleft-300x168.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/8990f2bfb95e21bdbb79fc7277564510_immagine_oleft.jpg 416w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Anonymous vs. Israele",1365510334,[110,111,112,113],"http://radioblackout.org/tag/anonymous/","http://radioblackout.org/tag/israele/","http://radioblackout.org/tag/mediactivism/","http://radioblackout.org/tag/palestina/",[17,115,21,116],"Israele","palestina",{"post_content":118},{"matched_tokens":119,"snippet":120,"value":121},[69,75],"un centinaio, tra agenzie governative, \u003Cmark>banche\u003C/mark> e forze \u003Cmark>armate\u003C/mark>, i server finiti nel mirino."," \r\n\r\n Annunciata un mese fa da rumors, tweet, post in rete ed anticipata dall'azione ai danni del Mossad messa in atto dalle crew RedHack e Sector404, la seconda fase di #OpIsrael ha preso il via alle 16 di oggi, diverse ore prima che scoccasse l'ora X del count down (inizialmente prevista per la mezzanotte del 7 aprile). 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Il lancio di due mini-petardi contro le autoblindo schierate a “difesa” della “Zona Rossa” (all’incrocio tra viale Boccetta e Via Concezione) è stato sufficiente per scatenare manganellate a destra e manca, soprattutto da parte di un paio di esagitati e “inselvaggiti” agenti di PS. E poi corse e inseguimenti al nulla, schieramenti bellici e antisommossa a presidio di palazzi, banche e vetrine che nessun@, dico nessun@ ha mai tentato di avvicinare.\r\nCiò che più mi ha amaramente colpito è stata però la cinica strategia di rappresentare in maniera teatrale – più per intimidire i passanti e i residenti che i manifestanti – azioni repressive e di “controllo della folla” mutuate dalle pluridecennali pratiche delle forze armate italiane e NATO in Kosovo, Libano, Iraq, Afganistan. Urban Warfare viene definita nei manuali di guerra. E Messina ne è stata teatro per la prima volta. Si è trattato cioè della “necessaria” sperimentazione dei processi di militarizzazione e repressione di ogni forma di dissenso che saranno implementati con l’inizio dei cantieri del Ponte sullo Stretto di Messina.”\r\nCi siamo collegati con Antonio Mazzeo, già autore, con Antonello Mangano, de “Il Mostro sullo Stretto”, per una cronaca della giornata e per un approfondimento delle ragioni dei No Ponte.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/2025-03-04-mazzeo-no-ponte.mp3\"][/audio]","4 Marzo 2025","2025-03-04 15:51:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/corteo-no-ponte-a-messina-per-carnevale-1024x771-1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"226\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/corteo-no-ponte-a-messina-per-carnevale-1024x771-1-300x226.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/corteo-no-ponte-a-messina-per-carnevale-1024x771-1-300x226.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/corteo-no-ponte-a-messina-per-carnevale-1024x771-1-768x578.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/03/corteo-no-ponte-a-messina-per-carnevale-1024x771-1.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Messina. 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Sono lì per fare la guerra ai migranti diretti in Europa e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari. Le multinazionali energetiche come l’ENI e le banche producono guerre e saccheggio ambientale. La guerra viene progettata, organizzata, condotta da generali senza divisa e stellette, quelli che in giacca e cravatta siedono nei consigli d’amministrazione delle multinazionali.\r\nAppuntamento in piazza degli affari alle 14,30\r\nNe abbiamo parlato con Massimo dell’assemblea antimilitarista\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-29-massimo-2-aprile.mp3\"][/audio]\r\n\r\ndi seguito il testo di indizione completo:\r\n\r\n2 Aprile Milano\r\n\r\n\r\nMANIFESTAZIONE\r\n\r\nContro tutte le guerre e chi le arma\r\n\r\nContro le politiche guerrafondaie dell'ENI\r\n\r\nL’Italia è in guerra. I governi che si sono succeduti hanno coperto le operazioni belliche tricolori sotto un manto di ipocrisia. Missioni umanitarie, operazioni di polizia internazionali hanno travestito l’invio di truppe sui fronti di guerra in Somalia, Libano, Serbia, Iraq, Afganistan, Libia. Quest’estate, per la prima volta in quarant’anni un ministro della Difesa, in occasione del rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha rivendicato spudoratamente le avventure neocoloniali delle forze armate come strumento di tutela degli interessi dell’Italia. Ben 18 delle 40 missioni militari all’estero sono in Africa nel triangolo che va dalla Libia al Sahel sino al golfo di Guinea. Sono lì per fare la guerra ai migranti diretti in Europa e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari. Le multinazionali energetiche come l’ENI e le banche producono guerre e saccheggio ambientale. La guerra viene progettata, organizzata, condotta da generali senza divisa e stellette, quelli che in giacca e cravatta siedono nei consigli d’amministrazione delle multinazionali insieme ai loro strapagati consulenti. Sono loro che lasciano ad altri il “lavoro sporco” mentre pianificano una guerra invisibile, che apparentemente non distrugge, non sparge sangue. Il fronte non è solo sui campi di battaglia ma passa attraverso le nostre città e le nostre vite. Un fronte invisibile, solo apparentemente silenzioso, ma che ogni giorno presenta il bollettino di caduti che hanno tanti volti. Il volto della classe lavoratrice, con il carovita e il progressivo prelievo dai salari per finanziare le spese militari ormai senza limite. Il volto delle giovani generazioni ripagate con la precarietà, con salari che bastano solo a sopravvivere. Il volto dell’ambiente devastato per alimentare la macchina della produzione. Essere in piazza significa denunciare tutto questo e lottare per una trasformazione sociale radicale che investa tutte e tutti, umani e non umani, per costruire un presente ed un futuro senza sfruttamento, oppressione, guerre e saccheggio dell’ambiente. Contro informare, organizzarci e lottare sono le nostre armi. Le armi della dignità delle persone e della coscienza antiautoritaria di classe. Il conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad est cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha causato un grande balzo in avanti della propaganda militarista. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte est della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica e nazionalista, diretta emanazione della logica patriarcale, come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.\r\n\r\nL’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove. Opporsi allo Stato di emergenza bellico, all’aumento della spesa militare, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere a tutti i profughi, ai migranti e ai disertori è un concreto ed urgente fronte di lotta.\r\n\r\nIl 2 aprile saremo quindi in piazza a denunciare le guerre scaturite dagli interessi delle multinazionali energetiche, dal mantenimento di apparati militari sempre più costosi e dalla devastazione dell’ambiente schiacciato dalla logica feroce del profitto. Per indicare in modo chiaro i responsabili manifesteremo nelle piazze del potere finanziario da Piazza Affari a Piazza della Scala.\r\n\r\nContro le banche, i veri padroni del sistema energetico, i responsabili della rapina ambientale e del finanziamento dell’apparato industriale militare. Per fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dalle nostre città.\r\n\r\nSciopero generale\r\n\r\nboicottaggio e blocco delle basi militari e delle fabbriche di morte!\r\n\r\nAppuntamento h.14.30 in piazza Affari a Milano\r\n\r\nASSEMBLEA ANTIMILITARISTA\r\n\r\n\r\n ","29 Marzo 2022","2022-03-29 14:56:09","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"111\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-300x111.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-300x111.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi-768x284.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/03/2022-03-28-banner-2-aprile-mi.jpg 851w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Milano 2 aprile. 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Missioni umanitarie, operazioni di polizia internazionali hanno travestito l’invio di truppe sui fronti di guerra in Somalia, Libano, Serbia, Iraq, Afganistan, Libia. Quest’estate, per la prima volta in quarant’anni un ministro della Difesa, in occasione del rifinanziamento delle missioni militari italiane all’estero, ha rivendicato spudoratamente le avventure neocoloniali delle forze \u003Cmark>armate\u003C/mark> come strumento di tutela degli interessi dell’Italia. Ben 18 delle 40 missioni militari all’estero sono in Africa nel triangolo che va dalla Libia al Sahel sino al golfo di Guinea. Sono lì per fare la guerra ai migranti diretti in Europa e per sostenere l’ENI. La bandiera gialla con il cane a sei zampe dell’ENI accompagna il tricolore issato sui mezzi militari. Le multinazionali energetiche come l’ENI e le \u003Cmark>banche\u003C/mark> producono guerre e saccheggio ambientale. La guerra viene progettata, organizzata, condotta da generali senza divisa e stellette, quelli che in giacca e cravatta siedono nei consigli d’amministrazione delle multinazionali insieme ai loro strapagati consulenti. Sono loro che lasciano ad altri il “lavoro sporco” mentre pianificano una guerra invisibile, che apparentemente non distrugge, non sparge sangue. Il fronte non è solo sui campi di battaglia ma passa attraverso le nostre città e le nostre vite. Un fronte invisibile, solo apparentemente silenzioso, ma che ogni giorno presenta il bollettino di caduti che hanno tanti volti. Il volto della classe lavoratrice, con il carovita e il progressivo prelievo dai salari per finanziare le spese militari ormai senza limite. Il volto delle giovani generazioni ripagate con la precarietà, con salari che bastano solo a sopravvivere. Il volto dell’ambiente devastato per alimentare la macchina della produzione. Essere in piazza significa denunciare tutto questo e lottare per una trasformazione sociale radicale che investa tutte e tutti, umani e non umani, per costruire un presente ed un futuro senza sfruttamento, oppressione, guerre e saccheggio dell’ambiente. Contro informare, organizzarci e lottare sono le nostre armi. Le armi della dignità delle persone e della coscienza antiautoritaria di classe. Il conflitto imperialista tra la NATO, che mira a continuare l’espansione ad est cominciata dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, e la Russia, che, dopo decenni di arretramento, ha deciso di passare al contrattacco occupando l’Ucraina, ha causato un grande balzo in avanti della propaganda militarista. Draghi ha deciso un ulteriore aumento della spesa militare e l’invio di truppe sul fronte est della NATO. 500 militari, scelti tra gli incursori della Marina, Col Moschin, Forze speciali dell'Aeronautica e Task Force 45, si vanno ad aggiungere ai 240 alpini in Lettonia e i 138 uomini dell'Aeronautica in Romania. Nel Mar Nero ci sono la fregata FREMM “Margottini” e il cacciamine “Viareggio”, oltre alla portaerei “Cavour” con i cacciabombardieri F-35. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica e nazionalista, diretta emanazione della logica patriarcale, come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.\r\n\r\nL’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove. Opporsi allo Stato di emergenza bellico, all’aumento della spesa militare, lottare per il ritiro di tutte le missioni militari all’estero, per la chiusura e riconversione dell’industria bellica, per aprire le frontiere a tutti i profughi, ai migranti e ai disertori è un concreto ed urgente fronte di lotta.\r\n\r\nIl 2 aprile saremo quindi in piazza a denunciare le guerre scaturite dagli interessi delle multinazionali energetiche, dal mantenimento di apparati militari sempre più costosi e dalla devastazione dell’ambiente schiacciato dalla logica feroce del profitto. Per indicare in modo chiaro i responsabili manifesteremo nelle piazze del potere finanziario da Piazza Affari a Piazza della Scala.\r\n\r\nContro le \u003Cmark>banche\u003C/mark>, i veri padroni del sistema energetico, i responsabili della rapina ambientale e del finanziamento dell’apparato industriale militare. Per fermare le guerre non basta un no. Bisogna mettersi di mezzo. A partire dalle nostre città.\r\n\r\nSciopero generale\r\n\r\nboicottaggio e blocco delle basi militari e delle fabbriche di morte!\r\n\r\nAppuntamento h.14.30 in piazza Affari a Milano\r\n\r\nASSEMBLEA ANTIMILITARISTA\r\n\r\n\r\n ",[195],{"field":88,"matched_tokens":196,"snippet":192,"value":193},[69],{"best_field_score":162,"best_field_weight":128,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":163,"tokens_matched":94,"typo_prefix_score":46},{"document":199,"highlight":225,"highlights":230,"text_match":160,"text_match_info":233},{"cat_link":200,"category":201,"comment_count":46,"id":202,"is_sticky":46,"permalink":203,"post_author":49,"post_content":204,"post_date":205,"post_excerpt":52,"post_id":202,"post_modified":206,"post_thumbnail":207,"post_thumbnail_html":208,"post_title":209,"post_type":57,"sort_by_date":210,"tag_links":211,"tags":219},[43],[45],"55923","http://radioblackout.org/2019/10/ll-trofeo-di-trump-nel-grande-gioco-mediorientale/","Il grande gioco per il controllo dei territori e delle risorse tra Russia, Turchia e Stati Uniti a cavallo tra Siria e Iraq in queste settimane ha avuto un’accelerazione dopo l’attacco turco all’area del confederalismo democratico nel nord della Siria.\r\nLa morte di Baghdadi, celebrata con grande enfasi e plastica inventiva da “The Donald”, mette in mano al presidente statunitense una carta importante in vista delle elezioni negli States.\r\nSia il New York Times sia il Guardian hanno dato messo in dubbio la versione del Paperone della Casa Bianca.\r\nCome già Osama bin Laden, anche Al Baghdadi, non è stato catturato vivo. Baghdadi si è probabilmente fatto esplodere, ma certamente non era nei programmi delle truppe speciali statunitensi di farlo prigioniero. Baghdadi era già stato nelle mani delle forze armate statunitensi ed era stato liberato.\r\nIl rapporto costitutivamente ambiguo degli States con le tante anime della Jihad è il parte importante delle scelte politiche delle amministrazioni statunitensi degli ultimi decenni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto Negri, che sul tema ha scritto sul Manifesto di lunedì e martedì.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/10/2019.10.29.alberto-negri-al-baghdadi.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il suo articolo:\r\n\r\n“Al Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\nE così anche The Donald, come Barack Obama con Osama bin Laden, esibisce, grazie a Putin, il suo scalpo jihadista, quello di Al Baghdadi e può dare nuovo impulso alla campagna per le presidenziali oscurata dal tradimento dei curdi e dalle trame del Russiagate.\r\n\r\nIl suo nascondiglio, secondo lo stesso presidente americano, sarebbe stato individuato, guarda caso, più o meno o in coincidenza con il ritiro Usa da Rojava.\r\n\r\n“E’ morto nel Nord della Siria – ha raccontato Trump – urlando e piangendo come un codardo inseguito in un tunnel dalle nostre forze speciali e dai nostri cani: si è fatto esplodere uccidendo i suo figli. E’ morto come un cane, come un codardo”.\r\n\r\nE ha ringraziato tutti: la Russia, la Turchia, l’Iraq, la Siria e i curdi siriani, specificando che gli americani, che provenivano dal Kurdistan iracheno, hanno usato le basi russe in Siria e la sorveglianza russa dei cieli siriani.\r\n\r\nInsomma lo zar è sempre pronto a dargli una mano pur di farlo rieleggere: e quando mai gli capita più un presidente Usa così, che gli consegna sul piatto mezzo Medio Oriente?\r\n\r\nLa fine di Al Baghdadi rafforza Trump, Erdogan, Putin e Assad. E’ il “nuovo ordine” regionale che ha portato alla fine il capo dell’Isis. Trump aveva bisogno di un successo per risollevare la sua immagine precipitata per il tradimento ai curdi ed Erdogan lo ha ricompensato con la pelle di Al Baghadi che si era rifugiato nell’area di Idlib, ai confini con la Turchia, dove agiscono i jihadisti e le milizie filo-turche.\r\n\r\nMa gli scambi di “favori” tra Washington e Ankara potrebbero non finire qui in vista della missione di Erdogan alla Casa Bianca del 13 novembre. Il leader turco ha chiesto agli Usa anche la testa del leader curdo Mazloum Kobane, il quale afferma di avere partecipato con gli americani all’azione di intelligence contro Al Baghadi.\r\n\r\nE senza dimenticare che Ankara vuole anche l’estradizione dagli Stati Uniti di Fethullah Gulen, ritenuto l’ispiratore del fallito colpo di stato in Turchia del 15 luglio 2016.\r\n\r\nFatto fuori Al Baghadi, è Erdogan, insieme a russi e siriani lealisti, che decide il destino immediato dei jihadisti, e non soltanto di quelli dell’IAl Baghdadi: la sua pelle in cambio dei curdi\r\n\r\nsis in fuga dalle carceri dei curdi siriani, perché dispone di una presenza militare diretta e indiretta nella provincia di Idlib, molto vicino al confine con la Turchia dove si sarebbe svolto il raid americano.\r\n\r\nI miliziani filo-turchi – con cui sta riempiendo anche la nuova “fascia di sicurezza” strappata al Rojava curdo – sono i migliori informatori su un terreno dove gli americani erano assenti e adesso hanno realizzato il clamoroso “strike” contro Baghdadi. Qui non avviene niente per caso e probabilmente le altre versioni servono soltanto a gettare fumo negli occhi.\r\n\r\nEliminato il capo dello Stato Islamico – che non significa la fine dell’Isis come la fine di Bin Laden non fu quella di Al Qaida – si può anche completare il “riciclaggio” dei jihadisti che verranno assorbiti, come in parte già avvenuto, nelle varie milizie arabe e turcomanne: si tratta di un’operazione essenziale, che coinvolge migliaia di combattenti e le loro famiglie, per svuotare l’area della guerriglia e del terrorismo voluta nel 2011 da Erdogan per abbattere Assad con il consenso degli Usa, degli europei e delle monarchie del Golfo.\r\n\r\nQui si era creato un’Afghanistan alle porte dell’Europa dove sono stati ispirati attentati devastanti nelle capitali europee e si è svolta una parte della guerra sporca di un conflitto per procura che doveva eliminare il regime siriano alleato di Teheran e di Mosca.\r\n\r\nDa questa operazione Trump-Erdogan guadagnano anche Putin e Assad che ora con la Turchia sorvegliano la fascia di sicurezza dove i curdi sono stati costretti ad andarsene.\r\n\r\nL’area di Idlib, dove è prevalente il gruppo qaidista Hayat Tahrir al Sham (ex Al Nusra), ostile e in concorrenza con l’Isis, è sotto assedio di Assad, di Putin e degli iraniani che secondo gli accordi di Astana hanno chiesto da tempo a Erdogan di liberarla dai jihadisti e riconsegnare il controllo della provincia a Damasco.\r\n\r\nL’aviazione siriana qualche settimana fa aveva compiuto raid contro l’esercito turco entrato a dare manforte ai jihadisti e alle milizie filo-turche assediate in alcune roccaforti. Assad, tra l’altro, ha appena fatto visita alle truppe governative sul fronte di Idlib: è la sua prima visita nella provincia siriana nord-occidentale dall’inizio del conflitto. Un segnale significativo.\r\n\r\nIdlib è strategica in quanto si trova sull’asse di collegamento siriano Nord-Sud (Idlib-Aleppo-Hama Homs-Damasco), la vera spina dorsale della Siria. Ecco perché dopo la fine di Al Baghadi probabilmente siriani e russi guadagneranno ancora terreno.\r\n\r\nIn realtà, a parte ovviamente la latitanza, non c’è mai stato un mistero Al Baghadi, anzi si potrebbe dire che il vero mistero lo hanno creato proprio gli Stati Uniti. Il capo del Califfato, nato a Samarra nel 1971 come Ibrahim Awad Ibrahim Alì al-Badri, era già nelle mani degli americani in quanto affiliato di gruppi estremisti, venne liberato per diventare in seguito uno dei capi di Al Qaida e poi, dal 2014, il leader dello Stato Islamico quando fu proclamato il Califfato a Mosul: il 5 luglio si mostra in pubblico per la prima volta e rivolge un’allocuzione dall’interno della Grande moschea Al Nuri di Mosul.\r\n\r\nUn percorso singolare per un personaggio che era un capo riconosciuto con il crisma dell’imam e dell’esperto di diritto islamico.\r\n\r\nAl Baghdadi fu arrestato nei pressi di Falluja il 2 febbraio 2004 dalle forze irachene e, secondo i dati del Pentagono, venne incarcerato presso il centro di detenzione statunitense di Camp Bucca e Camp Adder fino al dicembre 2004, con il nome di Ibrahim Awad Ibrahim al Badri e sotto l’etichetta di “internato civile”.\r\n\r\nMa fu rilasciato nel dicembre dello stesso anno in seguito all’indicazione di una commissione americana che ne raccomandò il “rilascio incondizionato”, qualificandolo come un “prigioniero di basso livello”.\r\n\r\nProprio per questo non possono esistere dubbi sulla sua identità: i suoi dati biometrici e il Dna vennero prelevati allora dagli americani a Camp Bucca, così come vennero presi anche a chi scrive e a tutti coloro che dovevano entrare nella Green Zone di Baghdad, racchiusi in un tesserino con un chip indispensabile per passare i ceck point.\r\n\r\nEssenziale poi per l’identificazione nel caso di ritrovamento anche di un corpo a brandelli come accadeva allora di frequente. Migliaia di questi dati sono custoditi nelle banche dati di Pentagono e dipartimento di Stato.\r\n\r\nLa scelta della liberazione di Al Baghadi ha sollevato negli anni molte ipotesi dando adito ad alcune teorie del complotto, oltre a suscitare lo stupore del colonnello Kenneth King, tra gli ufficiali di comando a Camp Bucca nel periodo di detenzione di Al Baghdadi. Secondo il colonnello King era uno dei capi dei carcerati più in vista e la sua liberazione gli apparve immotivata.\r\n\r\nAnche il luogo dove secondo le fonti americane è stato ucciso Al Baghdadi non ci può stupire: si tratta della zona della città siriana di Idlib, a Barisha, assai vicino ai confini con la Turchia. Mentre i gruppi jihadisti e l’Isis venivano sconfitti, gran parte di loro si sono trasferiti in questa zona dove sono molto attive le milizie filo-turche.\r\n\r\nNon stupisce neppure che possa essere coinvolto Erdogan: è stato lui ad aprire l’”autostrada del Jihad” dalla Turchia alla Siria che portò migliaia di jihadisti ad affluire nel Levante arabo con gli effetti devastanti che conosciamo.\r\n\r\nTutto questo lo hanno scritto i giornalisti turchi, lo hanno visto i cronisti che hanno seguito sul campo le battaglie siriane e lo racconta anche in un’intervista in carcere a “Homeland Security” l’”ambasciatore” del Califfato Abu Mansour al Maghrabi, un ingegnere marocchino che arrivò in Siria del 2013.\r\n\r\n“Il mio lavoro era ricevere i foreign fighters in Turchia e tenere d’occhio il confine turco-siriano. C’erano degli accordi tra l’intelligence della Turchia e l’Isis. Mi incontravo direttamente con il Mit, i servizi di sicurezza turchi e anche con rappresentanti delle forze armate. La maggior parte delle riunioni si svolgevano in posti di frontiera, altre volte a Gaziantep o ad Ankara. Ma i loro agenti stavano anche con noi, dentro al Califfato”.\r\n\r\nL’Isis, racconta Mansour, era nel Nord della Siria e Ankara puntava a controllare la frontiera con Siria e Iraq, da Kessab a Mosul: era funzionale ai piani anti-curdi di Erdogan e alla sua ambizione di inglobare Aleppo. Oggi, al posto dell’Isis, Erdogan ha le “sue” brigate jihadiste anti-curde ma allora era diverso.\r\nQuando il Califfato, dopo la caduta di Mosul, ha negoziato nel 2014 con Erdogan il rilascio dei diplomatici turchi di stanza nella città irachena ottenne in cambio la scarcerazione di 500 jihadisti per combattere nel Siraq.\r\n\r\n“La Turchia proteggeva la nostra retrovia per 300 chilometri: avevamo una strada sempre aperta per far curare i feriti e avere rifornimenti di ogni tipo, mentre noi vendevamo la maggior parte del nostro petrolio in Turchia e in misura minore anche ad Assad”. Mansour per il suo ruolo era asceso al titolo di emiro nelle gerarchie del Califfato e riceveva i finanziamenti dal Qatar.\r\n\r\nEcco perché Baghdadi, dopo essere servito per tanti anni a destabilizzare la Siria e l’Iraq, adesso è caduto nella rete americana: perché era già, più o meno indirettamente, nella rete di Erdogan che ora ha fatto un bel regalo elettorale a Trump, il presidente americano che gli ha tolto di mezzo i curdi siriani dal confine. 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Mansour per il suo ruolo era asceso al titolo di emiro nelle gerarchie del Califfato e riceveva i finanziamenti dal Qatar.\r\n\r\nEcco perché Baghdadi, dopo essere servito per tanti anni a destabilizzare la Siria e l’Iraq, adesso è caduto nella rete americana: perché era già, più o meno indirettamente, nella rete di Erdogan che ora ha fatto un bel regalo elettorale a Trump, il presidente americano che gli ha tolto di mezzo i curdi siriani dal confine. 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Più soldi, lo spostamento di Frontex da Varsavia a Roma, un pizzico di retorica umanitaria e l'eterna emergenza sbarchi sono gli ingredienti.\r\n\r\nSul Manifesto di questa mattina Alessandro Dal Lago smonta quest'operazione dal sapore eminentemente elettorale.\r\n\r\nPrendendo spunto dal suo articolo abbiamo fatto una lunga chiacchierata sulle frontiere della fortezza Europa, le regole di un gioco truccato all'origine, l'impossibile distinzione tra profughi di guerra e migranti economici, il gioco sporco del governo. Un governo che persevera nel tentativo di outsourcing della repressione dell'immigrazione clandestina alla Libia, percorsa da una strisciante guerra civile.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\ndal_lago.migranti\r\n\r\nDi seguito l'articolo di Dal Lago sul Manifesto.\r\n\r\nNella finta polemica tra Italia e Ue sulle strage di stranieri nel canale di Sicilia (centinaia di annegati che si aggiungono ai 400 dell’ottobre 2013 e alle migliaia degli ultimi anni), Angelino Alfano ha un sicuro vantaggio su Renzi. Diversamente dal pirotecnico Presidente del Consiglio, il ministro degli Interni non ha bisogno di fingersi di sinistra, ma può gioiosamente mettere a nudo la sua anima di destra. Quindi, se Renzi se la prende a parole con l’Europa che pensa alle banche ma non ai bambini, Alfano bada al sodo.\r\nQuando si tratta di stranieri, clandestini, invasioni e simili spauracchi dell’opinione pubblica Angelino non lo batte nessuno (a parte la Lega, naturalmente).\r\n\r\nTempo fa giurava che 600.000 clandestini sarebbero pronti a sbarcare sulle coste italiane, quindici volte quelli arrivati nel 2013. Come si spiega questa cifra sensazionale? Angelino non ce l’ha spiegato. In cambio, ecco le misure che l’Europa dovrebbe adottare, secondo lui, per fermare l’ecatombe di stranieri: assisterli a casa loro, convocare le marine europee nel Mediterraneo, spostare la sede di Frontex da Varsavia in Italia, accogliere i sopravvissuti sbarcati in Italia. Insomma, bloccare in ogni modo i migranti, con le buone e con le cattive e, se proprio quelli riescono a passare, disperderli un po’ dappertutto nel vasto continente.\r\n\r\nLa storia dell’assistenza in loco ricorda una singolare iniziativa di qualche amministratore leghista di un villaggio della Bergamasca, e cioè la raccolta differenziata per migranti. «Aiutiamoli, ma a casa loro» c’era scritto su alcuni cassonetti per vestiti usati da spedire, immaginiamo, in Africa. L’idea di Alfano, sembra di capire, è destinare un po’ di soldi a «quelli là» o magari allestire delle tendopoli nel deserto libico, schivando le incursioni delle bande armate a cui il geniale occidente, dopo la fine di Gheddafi, ha affidato le sorti della democrazia a Tripoli e Bengasi. Ecco una strategia lungimirante, oltre che umanitaria\r\n\r\nQuanto alle marine europee, si sa che solcano già le acque azzurre verso est, visto che tra Siria, Ucraina e altre zone calde, una guerra prima o poi potrebbe scoppiare. Ma forse bisognerebbe ricordare ad Alfano che durante la guerra di Libia, le marine della Nato si guardarono bene dal soccorrere la gente in fuga. E poi, con la crisi che c’è, riuscite a immaginare finlandesi, danesi, inglesi, tedeschi ecc. che spediscono le flotte per cavare le castagne dal fuoco a Renzi e Alfano?\r\nMa il nostro ministro degli interni sa che cos’è Frontex? È precisamente l’agenzia europea che si incarica di proteggere le frontiere dai migranti. Se si va sul suo sito si possono vedere belle immagini di poliziotti a cavallo sullo sfondo di verdi colline, immagini di motoscafi veloci e inviti alle aziende (sorveglianza elettronica alle frontiere ecc.) a collaborare. Insomma, Frontex è la risposta dell’Europa alle ansie di Alfano e un bel business. Dunque, che vuole l’Italia? Altri soldi? Oppure gestire Frontex a Roma per creare un po’ di posti di lavoro? Quanto all’accoglienza dei rifugiati, tutto il mondo sa che l’Italia ne accetta ben pochi (16.000 circa all’anno) rispetto alle centinaia di migliaia che trovano asilo nei paesi dell’Europa del nord. Quindi, anche questa volta, dopo il cordoglio di rito, l’Ue risponderà picche – soprattutto in un momento in cui tutti i governi europei sono terrorizzati dal voto di maggio.\r\n\r\nE questo è veramente il punto. Dietro le frasi a effetto di Renzi e le proposte irricevibili di Alfano c’è la paura che Grillo e la Lega usino la minaccia degli immigrati per togliere voti a sinistra e a destra. 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I soldi ci sono: li hanno i ricchi che vivono sulle spalle dei poveri, i padroni che sfruttano il nostro lavoro.\r\nRiprendiamoci la città, costruiamo esperienze di autogestione, cacciamo padroni e governanti, creiamo assemblee in ogni quartiere. \r\nCon la lotta, il mutuo appoggio e la solidarietà rendiamo gratuiti sin da ora i trasporti pubblici. \r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nRiunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","24 Novembre 2019","2019-11-24 13:18:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/11/signal-2019-11-16-220235-3-e1574597150724-200x110.jpg","Anarres del 15 novembre. Spesa bellica e produzione di armi. La guerra degli italiani in Niger. Contro i mercanti di morte. 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Ne abbiamo parlato con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nDal 16 al 27 novembre \r\n10 giorni di informazione e lotta contro l’Aerospace and Defence meeting – Mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra in programma il 26 e 27 novembre all’Oval Lingotto\r\n\r\nSabato 16 novembre\r\nNo ai mercanti di morte!\r\ncorteo antimilitarista \r\nore 15 da piazza Castello\r\n\r\nVenerdì 22 novembre ore 21 \r\nMercanti di morte\r\n\"L’aerospace meeting, guerra e controllo militare delle insorgenze interne\". \r\n\"Un business mortale. Produzione e commercio d’armi in Italia\"\r\nInterverranno Daniele Ratti e Maria Matteo tra gli autori de “Per un futuro senza eserciti” edizioni “Zero in Condotta”\r\nall’Edera Squat di via Pianezza 115\r\n\r\nMartedì 26 novembre\r\npresidio alla camera di commercio sponsor della mostra delle armi\r\n\r\nMercoledì 27 novembre\r\npresidio di fronte alla sede di Intesa-San Paolo di via Garibaldi 45\r\nNo alle banche armate! No all’aerospace and defence meeting\r\n\r\nOgni giorno in giro per la città…\r\nSalta il Tornello!\r\nAppendino fa la guerra ai poveri. Il biglietto di tram, bus e metro aumenta, diminuiscono le corse, aumentano i controlli.\r\nI nuovi tornelli che stanno montando sui mezzi lasciano a piedi tanta gente che non ce la fa a campare la vita tra disoccupazione, pensioni da fame, precarietà e lavoro nero.\r\nÈ la città a 5Stelle, che attua riqualificazioni escludenti, caccia i senza casa, i senza reddito, i senza documenti ai margini della metropoli.\r\nBus e tram devono essere gratuiti per tutti. I soldi ci sono: li hanno i ricchi che vivono sulle spalle dei poveri, i padroni che sfruttano il nostro lavoro.\r\nRiprendiamoci la città, costruiamo esperienze di autogestione, cacciamo padroni e governanti, creiamo assemblee in ogni quartiere.\r\nCon la lotta, il mutuo appoggio e la solidarietà rendiamo gratuiti sin da ora i trasporti pubblici.\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nRiunioni ogni giovedì alle 18 presso la FAT in corso Palermo 46\r\nFB https://www.facebook.com/Wild.C.A.T.anarcofem/\r\n\r\nLe riunioni della Federazione Anarchica Torinese, aperte a tutti gli interessati, sono ogni giovedì dalle 21 in corso Palermo 46\r\n\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","12 Novembre 2019","2019-11-12 12:48:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/11/2019-11-08-manif-antimili-16-nov-col-gia-200x110.jpg","Anarres dell’8 novembre. Corteo antimilitarista del 16 novembre. Libro bianco della Difesa. Dal Cile all’Iraq, dall’Ecuador al Libano la rivolta sociale riempie le piazze...",1573561765,[319],"http://radioblackout.org/tag/anarres-corteo-16-nov/",[273],{"post_content":322},{"matched_tokens":323,"snippet":298,"value":324},[69,75],"Come ogni venerdì abbiamo fatto fatto il nostro viaggio settimanale su Anarres, il pianeta delle utopie concrete. Dalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/11/2019-11-08-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, appuntamenti:\r\n\r\nIl libro bianco della Difesa. Ne parliamo con Daniele Ratti, autore, tra gli altri, di “Per un mondo senza eserciti”\r\n\r\n4 novembre festa degli assassini\r\n\r\nAerospace and defence meeting. Verso la manifestazione del 16 novembre contro i mercanti d’armi.\r\nCe ne ha parlato Stefano dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\nLager in Libia. Cambiano i governi, tutto resta come prima. Il governo Pd-M5S non ha disdetto il Memorandum siglato con la Libia nel 2017 sulla pelle dei migranti. Si limita a chiedere un restyling\r\n\r\nDal Cile all’Iraq, dall’Ecuador al Libano la rivolta sociale riempie le piazze. La repressione, spesso durissima, non ferma le insorgenze sociali. Anzi! Ne abbiamo parlato con Massimo Varengo dell’Ateneo Libertario di Milano\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nDal 16 al 27 novembre \r\n10 giorni di informazione e lotta contro l’Aerospace and Defence meeting – Mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra in programma il 26 e 27 novembre all’Oval Lingotto\r\n\r\nSabato 16 novembre\r\nNo ai mercanti di morte!\r\ncorteo antimilitarista \r\nore 15 da piazza Castello\r\n\r\nVenerdì 22 novembre ore 21 \r\nMercanti di morte\r\n\"L’aerospace meeting, guerra e controllo militare delle insorgenze interne\". \r\n\"Un business mortale. Produzione e commercio d’armi in Italia\"\r\nInterverranno Daniele Ratti e Maria Matteo tra gli autori de “Per un futuro senza eserciti” edizioni “Zero in Condotta”\r\nall’Edera Squat di via Pianezza 115\r\n\r\nMartedì 26 novembre\r\npresidio alla camera di commercio sponsor della mostra delle armi\r\n\r\nMercoledì 27 novembre\r\npresidio di fronte alla sede di Intesa-San Paolo di via Garibaldi 45\r\nNo alle \u003Cmark>banche\u003C/mark> \u003Cmark>armate\u003C/mark>! No all’aerospace and defence meeting\r\n\r\nOgni giorno in giro per la città…\r\nSalta il Tornello!\r\nAppendino fa la guerra ai poveri. Il biglietto di tram, bus e metro aumenta, diminuiscono le corse, aumentano i controlli.\r\nI nuovi tornelli che stanno montando sui mezzi lasciano a piedi tanta gente che non ce la fa a campare la vita tra disoccupazione, pensioni da fame, precarietà e lavoro nero.\r\nÈ la città a 5Stelle, che attua riqualificazioni escludenti, caccia i senza casa, i senza reddito, i senza documenti ai margini della metropoli.\r\nBus e tram devono essere gratuiti per tutti. I soldi ci sono: li hanno i ricchi che vivono sulle spalle dei poveri, i padroni che sfruttano il nostro lavoro.\r\nRiprendiamoci la città, costruiamo esperienze di autogestione, cacciamo padroni e governanti, creiamo assemblee in ogni quartiere.\r\nCon la lotta, il mutuo appoggio e la solidarietà rendiamo gratuiti sin da ora i trasporti pubblici.\r\n\r\nWild C.A.T. 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