","12 banditi puntano i piedi!","post",1465906530,[61,62,63],"http://radioblackout.org/tag/banditi/","http://radioblackout.org/tag/divieto-di-dimora/","http://radioblackout.org/tag/riesame/",[65,66,17],"banditi","divieto di dimora",{"post_content":68,"post_title":72,"tags":75},{"matched_tokens":69,"snippet":70,"value":71},[65],"piedi. La scelta dei dodici \u003Cmark>banditi\u003C/mark> è chiara e temeraria: da","Il 25 maggio la polizia ha notificato dodici divieti di dimora dalla città di Torino per un'iniziativa di contestazione alla Ladisa - ditta che si occupava di servire i pasti ai reclusi nei Cie – durante una giornata promozionale. Di fronte all'utilizzo, ormai dilagante, di una misura repressiva \"minore\" per togliere di mezzo compagn* impegnati quotidianamente nelle lotte, si è scelto di puntare i piedi. La scelta dei dodici \u003Cmark>banditi\u003C/mark> è chiara e temeraria: da Torino non ce ne andiamo!\r\nA sostegno di chi ha scelto di non subire, l'otto giugno è iniziato un percorso di iniziative contro i divieti di dimora, che proseguirà oggi pomeriggio alle 16 con un presidio presso i giardini ex gft, davanti alla circoscrizione 7 in corso Vercelli.\r\nSabato 11 giugno sono previsti: banchetto informativo e musica al Balon a partire dalle 10, murales in quartiere dalle 14 ed apericena presso la casa occupata di corso Giulio Cesare 45 alle 21.\r\nDomenica 12 giugno alle 16 appuntamento fuori dalle mura del Cie di corso Brunelleschi per un presidio.\r\nNel frattempo, è stata fissata la data dell'udienza del Riesame: si tratta del 14 giugno. Quel giorno alle 9 è previsto un presidio davanti al tribunale, in solidarietà ai dodici \u003Cmark>banditi\u003C/mark> recalcitranti.\r\nAbbiamo parlato di queste ed altre iniziative con Francesco:\r\nfrancesco\r\n\r\nAggiornamento al 14 giugno.Il 14 giugno, in occasione dell'udienza del riesame, una sessantina di solidali hanno dato vita ad un presidio davanti al tribunale. Nel corso dell'udienza, che si è svolta a porte chiuse, i 12 antirazzisti hanno letto la loro dichiarazione di disobbedienza alle imposizioni del tribunale e poi sono usciti intonando slogan.\r\nLa decisione del tribunale verrà resa nota entro 10 giorni.\r\n\r\nAscolta la diretta con Francesca, una dei dodici \u003Cmark>banditi\u003C/mark>:\r\n\r\n2016-06-14-francesca-riesame",{"matched_tokens":73,"snippet":74,"value":74},[65],"12 \u003Cmark>banditi\u003C/mark> puntano i piedi!",[76,79,81],{"matched_tokens":77,"snippet":78},[65],"\u003Cmark>banditi\u003C/mark>",{"matched_tokens":80,"snippet":66},[],{"matched_tokens":82,"snippet":17},[],[84,89,92],{"field":35,"indices":85,"matched_tokens":86,"snippets":88},[47],[87],[65],[78],{"field":90,"matched_tokens":91,"snippet":74,"value":74},"post_title",[65],{"field":93,"matched_tokens":94,"snippet":70,"value":71},"post_content",[65],578730123365712000,{"best_field_score":97,"best_field_weight":98,"fields_matched":99,"num_tokens_dropped":47,"score":100,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,3,"578730123365711979",{"document":102,"highlight":127,"highlights":135,"text_match":140,"text_match_info":141},{"cat_link":103,"category":104,"comment_count":47,"id":105,"is_sticky":47,"permalink":106,"post_author":50,"post_content":107,"post_date":108,"post_excerpt":53,"post_id":105,"post_modified":109,"post_thumbnail":110,"post_thumbnail_html":111,"post_title":112,"post_type":58,"sort_by_date":113,"tag_links":114,"tags":121},[44],[46],"39394","http://radioblackout.org/2016/12/torino-arrestati-i-banditi-della-lotta-contro-gli-sfratti/","La polizia nelle prime ore dell'alba ha fatto irruzione all'Asilo Occupato di via Alessandria, alla casa di corso Giulio Cesare e in varie abitazioni private, per arrestare nove attivisti della lotta contro gli sfratti, che due settimane fa erano stati banditi dalla città con la notifica della misura cautelare del divieto di dimora. Altri quattro compagni erano stati arrestati e condotti in carcere. Due di loro nel frattempo erano stati trasferiti ai domiciliari. Nel mirino della magistratura la partecipazione ad un picchetto anti-sfratto dello scorso 2 maggio in via Baltea.\r\n\r\nI compagni e le compagne, che sono accusat* di violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale, hanno deciso di violare le misure imposte dal tribunale di Torino, rimarcando la propria decisione con un corteo che si è svolto lo scorso venerdì. Questa mattina alle 6 all'Asilo la polizia è intervenuta in forze bloccando le strade e buttando giù le porte. Alcuni occupanti sono saliti sul tetto e ci sono rimasti sino alla conclusione dell'operazione repressiva. Sei compagni sono stati condotti in questura. Due di loro sono stati portati ai domiciliari mentre gli altri quattro sono attualmente in carcere. A firmare il provvedimento è stato il PM Andrea Padalino e la GIP Loretta Bianco, entrambi già protagonisti di numerose operazioni repressive contro gli anarchici.\r\n\r\nGiovedì 15 dicembre alle 9,30 al tribunale di Torino è stata fissata l'udienza del riesame per tutti e 13 i compagni. L'udienza sarà a porte chiuse. Di fronte al tribunale è stato indetto un presidio di solidarietà.\r\n\r\nAbbiamo effettuato un collegamento a caldo con Carla, compagna dell'Asilo Occupato.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-12-13-carla-arrestisfrattiasilo\r\n\r\nSuccessivamente abbiamo ascoltato la voce di Francesca di Macerie, appena trasferita ai domiciliari.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2016-12-13-francesca-arrestisfrattiasilo","13 Dicembre 2016","2016-12-14 13:31:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/15241156_727457267404074_3369774182274912282_n-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"226\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/15241156_727457267404074_3369774182274912282_n-300x226.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/15241156_727457267404074_3369774182274912282_n-300x226.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/15241156_727457267404074_3369774182274912282_n.jpg 442w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino. 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Questo è accaduto a 12 compagni per l'accanimento della procura torinese contro l'Asilo, un atteggiamento persecutorio che evidenzia una ossessione che non può più essere tollerata e richiede una risposta, come sentiamo dalle parole della nostra compagna e redattrice di radio blackout, compresa nell'elenco dei banditi da Torino per aver visitato in ottobre la sede della Ladisa a fronte di una denuncia proveniente dai reclusi nel Cie torinese di cibo immangiabile, in cui pullulavano vermi... nei locali della ditta di pasti furono restituite le forniture verminose, liquami e altre materie prime, utili per i loro pranzi, ma il gesto non fu apprezzato e ora la procura ha cacciato dalla città i compagni, mentre la Ladisa sta per sbarcare nel bar della procura.\r\n\r\nEcco l'intervento di Silvia ai nostri e suoi microfoni\r\n\r\nsilvia","27 Maggio 2016","2016-05-31 17:04:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/vermi_in_procura-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"239\" height=\"180\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/vermi_in_procura.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Gip e vermi alla mensa del Cie: 12 banditi da Torino",1464357454,[159,116,160,161],"http://radioblackout.org/tag/12-divieti-di-dimora/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/ladisa/",[163,21,164,165],"12 divieti di dimora","cie","Ladisa",{"post_content":167,"post_title":171},{"matched_tokens":168,"snippet":169,"value":170},[65],"radio blackout, compresa nell'elenco dei \u003Cmark>banditi\u003C/mark> da Torino per aver visitato","Pretestuosa la motivazione che allontana 12 compagni dalla cinta daziaria di Torino e retaggio di un diritto arcaico le modalità del provvedimento previsto dal loro codice penale secondo cui senza dibattimento un pm con la connivenza di un giudice può cacciare, mettere all'indice un cittadino, scombinargli la vita. 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Data la odierna difficoltà di avere notizie sicure da dentro, quello che è certo è che almeno una guardia è rimasta ferita ed un detenuto è salito sul tetto in segno di protesta mentre per sedare la rivolta sono dovuti intervenire reparti di sommossa esterni alla struttura. Gli accadimenti sono in un qualche modo anche indice di una tensione interna agli apparati di gestione del carcere, tra potere amministrativo-civile e il corpo di custodia.\r\n\r\nTristemente famoso per essere nato come carcere speciale all'interno del famigerato \"circuito dei camosci\" concepito dal Generalissimo Dalla Chiesa per stroncare l'ingestibilità delle carceri degli anni '70, dove si incrociavano banditi e guerriglieri, la casa circondariale di Cuneo è stata sempre più utilizzata negli ultimi anni anche come luogo di passaggio, spesso anche come valvola di sfogo per parcheggiare la popolazione detenuta \"sballata\" punitivamente dopo episodi di rivolta avvenuti in altre carceri.\r\n\r\nLa versione data dalle autorità penitenziarie è quella di una rissa scoppiata improvvisamente tra gruppi di detenuti di due distinte sezioni. Altro non ci è dato di sapere se non che sono sempre più frequenti le tensioni che scoppiano anche per problemi legati al consumo di sostanze stupefacenti di sintesi, sempre più diffusi nei luoghi di reclusione. Altra questione da segnalare, la forte ricorrenza di episodi di pestaggi utilizzati dal corpo di guardia come normale variante di \"gestione\" della popolazione detenuta.\r\n\r\nDi tutto questo ne abbiamo parlato con un compagno della Cassa anti-repressione delle Alpi Occidentali\r\n\r\ncontattabile a questo indirizzo:\r\n\r\nc/o Biblioteca Popolare Rebeldies\r\n\r\nvia Savona, 10 - 12100 Cuneo\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Cuneo_rivolta_carcere_13_11_24.mp3\"][/audio]","13 Novembre 2024","2024-11-13 17:31:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Schermata-del-2024-11-13-16-45-02-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"167\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Schermata-del-2024-11-13-16-45-02-300x167.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Schermata-del-2024-11-13-16-45-02-300x167.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Schermata-del-2024-11-13-16-45-02-200x110.png 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/Schermata-del-2024-11-13-16-45-02.png 441w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Rivolta nel carcere di Cuneo",1731518994,[194,195,196],"http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/cuneo/","http://radioblackout.org/tag/repressione/",[198,199,19],"carcere","cuneo",{"post_content":201},{"matched_tokens":202,"snippet":203,"value":204},[65],"anni '70, dove si incrociavano \u003Cmark>banditi\u003C/mark> e guerriglieri, la casa circondariale","Nel pomeriggio di lunedì 11 novembre la quiete penitenziaria della Casa Circondariale Cerialdo di Cuneo è stata scossa da una rivolta improvvisa messa in atto, a quanto ci è dato sapere, dagli \"ospiti\" della sezione Nuovi Giunti del carcere del capoluogo. 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Questo lunedì vi parliamo di Lunadora, un progetto pensato da Isole, un piccolissimo spazio espositivo per foto e libri fotografici posto lungo la Dora. Quel tratto di lungofiume è al centro di molteplici interessi: dall'attenzione mediatica (quanti articoli sul \"bivacco selvaggio\"!), a quella della Polizia municipale (attivissima nel multare con ogni pretesto i market che vi si affacciano e, il sabato, chi ancora prova a far rivivere il Balon fuori dalle logiche dell'Associazione Commercianti), passando per i protocolli di intesa tra esercizi commerciali e Circoscrizione 7, alle iniziative da parte di privati di fotografare i frequentatori dell'area per segnalare eventuali irregolarità alla Polizia, fino, appunto a Tonite.\r\n\r\nAscoltate l'approfondimento con Francesco. 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Quel tratto di lungofiume è al centro di molteplici interessi: dall'attenzione mediatica (quanti articoli sul \"bivacco selvaggio\"!), a quella della Polizia municipale (attivissima nel multare con ogni pretesto i market che vi si affacciano e, il sabato, chi ancora prova a far rivivere il Balon fuori dalle logiche dell'Associazione Commercianti), passando per i protocolli di intesa tra esercizi commerciali e Circoscrizione 7, alle iniziative da parte di privati di fotografare i frequentatori dell'area per segnalare eventuali irregolarità alla Polizia, fino, appunto a Tonite.\r\n\r\nAscoltate l'approfondimento con Francesco. Qui l'articolo citato durante la chiacchierata.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/lunadora.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[232],{"field":93,"matched_tokens":233,"snippet":229,"value":230},[65],{"best_field_score":142,"best_field_weight":209,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":210,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},{"document":236,"highlight":262,"highlights":267,"text_match":140,"text_match_info":270},{"cat_link":237,"category":238,"comment_count":47,"id":239,"is_sticky":47,"permalink":240,"post_author":50,"post_content":241,"post_date":242,"post_excerpt":53,"post_id":239,"post_modified":243,"post_thumbnail":244,"post_thumbnail_html":245,"post_title":246,"post_type":58,"sort_by_date":247,"tag_links":248,"tags":255},[44],[46],"72621","http://radioblackout.org/2021/12/progetto-tonite-3-innovazione-sociale-san-paolo-e-michele-denegri/","Continuiamo gli approfondimenti dedicati a TOnite e ai progetti che hanno vinto i soldi da esso banditi per migliorare la \"percezione di sicurezza sulle sponde della Dora\".\r\n\r\nQuesto lunedì vi abbiamo parlato della \"Festa della luce\", un evento organizzato da Scandagli per il progetto Tonite esattamente una settimana prima, il 13 dicembre. Hanno partecipato le scuole di via Cecchi, la scuola primaria Aurora e la scuola secondaria Morelli.\r\n\r\nScandagli esiste da prima di TOnite, esattamente dal giugno 2018, quando si parlava di revisione al piano regolatore. Allora, dialogava con SocialFare, che si presenta così nel suo sito internet:\"Siamo Innovatori Sociali: designer, analisti, esperti di business, esperti di prodotto, servizi e modelli. Applichiamo il design sistemico e il design thinking come metodologie di sviluppo e lavoriamo con le comunità per accelerare conoscenza e imprenditorialità a impatto sociale\".\r\n\r\nOra che i piani di revisione del piano regolatore sono naufragati, Scandagli va nelle scuole di Aurora a distribuire foglietti col logo di TOnite, chiedendo quali sono i desideri dei bambini sul quartiere. E chi figura tra i partner di TOnite, insieme ad altra bella gente come Fondazione Wireless, Experientia, Engineering, Foro Europeo per la Sicurezza Urbana(EFUS)? Social Fare! Che nel frattempo, per l'esattezza nel 2019, è stata acquisita da Compagnia di San Paolo e dalla Fondazione Denegri Social Venture. Se tutti conosciamo la Compagnia di San Paolo, Fondazione bancaria del gruppo Intesa San Paolo, forse non tutti conoscono la Fondazione Denegri. Ebbene, Denegri è il patron di Combo Hostel, l'ostello di lusso sbarcato in città a gennaio 2020, proprio a Porta Palazzo, che occupa il grande edificio di Corso Regina, ex caserma dei Vigili del Fuoco e l'abitazione a fianco, che prima dell'arrivo di Denegri era abitato dal primo piano in su, e al piano terra ospitava piccole attività commerciali.\r\n\r\nNei giorni precedenti gli allievi hanno scritto su foglietti con il logo del progetto i desideri sul quartiere. \"Per il mio quartiere vorrei...\", affermava la scritta già stampata. Ne abbiamo raccolto qualcuno, che riportiamo in ordine sparso e senza pretese di esaustività: \"Che tutte le case vuote venissero riempite e non sfollate\", \"Più natura\", \"Più parcheggio\", \"che ci fosse più luce di notte. Vorrei che non ci fossero mascherine per terra, che ci fosse più felicità\", \"aperto a tutti\", \"Niente\", \"Noi vogliamo tutto\", \"Più tranquillità, meno delinquenza, più sicurezza e deve ritornare il balon, niente traffico\", \"Più polizia, più ordine\", \"Meno moschee\", \"Più fiori\", spesso i biglietti chiedono più parchi e una piscina, \"è già bello così\", \"più fontane\", \"il parcheggio decoro urbano\", \"Vogliamo che torna il Balon sabato\", \"più doposcuola per i bimbi\", \"meno spaccio\", \"Piscina grande la tunisia\", \"giochi\", \"che ci fosse una gelateria, un giardino, un campo di calcio, e vorrei anche che il mio amico venisse in questa scuola\", \"più polizia e pulizia\", \"più pulizia, più mezzi pubblici\", \"vorrei più verde e meno inquinamento\". Vogliamo affidare questi desideri a degli autoproclamatisi \"designer, analisti, esperti di business, esperti di prodotto\" al servizio di Denegri e di San Paolo?\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/progetto_tonite_3.mp3\"][/audio]","26 Dicembre 2021","2021-12-26 20:36:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/index-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/12/index.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Progetto Tonite/3. \"Innovazione sociale\", San Paolo e Michele Denegri",1640544612,[249,250,251,252,253,254],"http://radioblackout.org/tag/combo-hostel/","http://radioblackout.org/tag/compagnia-di-san-paolo/","http://radioblackout.org/tag/gentrification/","http://radioblackout.org/tag/innovazione-sociale/","http://radioblackout.org/tag/rigenerazione-urbana/","http://radioblackout.org/tag/tonite/",[256,257,258,259,260,261],"combo hostel","compagnia di san paolo","gentrification","innovazione sociale","rigenerazione urbana","toNite",{"post_content":263},{"matched_tokens":264,"snippet":265,"value":266},[65],"vinto i soldi da esso \u003Cmark>banditi\u003C/mark> per migliorare la \"percezione di","Continuiamo gli approfondimenti dedicati a TOnite e ai progetti che hanno vinto i soldi da esso \u003Cmark>banditi\u003C/mark> per migliorare la \"percezione di sicurezza sulle sponde della Dora\".\r\n\r\nQuesto lunedì vi abbiamo parlato della \"Festa della luce\", un evento organizzato da Scandagli per il progetto Tonite esattamente una settimana prima, il 13 dicembre. 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Esegesi di un massacro\r\nNe parliamo con Stefano Capello\r\n\r\nLa Francia. Tra la primavera di lotta e l'inverno elettorale. Ne abbiamo parlato con Gianni Carrozza, corrispondente parigino di Collegamenti e redattore di radio Frequence plurielle, dove ogni giovedì va in onda “Vive la sociale!”\r\n\r\nTrieste. Sabato 17 contro fascismo, sessismo, xenofobia. Le strade sicure le fanno le donne che le attraversano.\r\nL'attacco leghista e fascista ad un centro di accoglienza per immigrati, dopo la molestia denunciata da una ragazza, è il segno dei tempi che viviamo. 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Libro autoprodotto nel 2020 per l’edizione Il Picconiere (pseudonimo che usava Bartolomeo Vanzetti per i suoi scritti dal carcere pubblicati su L’Adunata dei Refrattari) e nato da una collaborazione da parte dell’Istituto Storico della Resistenza e la biblioteca popolare Rebeldies, entrambi di Cuneo.\r\n\r\n\r\n\r\nL'intervista parte con le premesse al libro: una ricerca sulle prime bande in provincia di Cuneo pubblicata in 2 puntate sulla rivista Nunatak, da cui prenderà le mosse il libro:\r\n\r\n \tUn film ritrovato: Le Prime Bande (1984) di Paolo Gobetti, prodotto dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza;\r\n \tUn libro perduto: Ribelle (1991) di Italo Cordero, partigiano autonomo di Mondovì\r\n\r\nNel contenuto si parla de “I Prodromi”: fuga in massa dal carcere di Fossano dell’11 settembre e primo eccidio di Boves del 19 settembre, per poi passare alla ricerca che si è concentrata sul periodo settembre 1943/aprile 1944, la fase cosiddetta \"spontaneista\", \"ribellistica\" della Resistenza e in particolare su 2 tipi di azioni: l'eliminazione di fascisti, una sequenza impressionante di attentati, alcuni rivendicati altri no, e storie di sabotaggi, tralicci, ponti, un silurificio, etc…\r\n\r\nIn merito a queste due azioni, Lele ci regala la lettura di due brani, entrambi pubblicati sulla rivista di storie, culture, lotte di montagna Nunatak (del quale è redattore e collaboratore). Il primo, che si trova in nota nel libro, parla dell'uccisione della spia DalPra, un racconto appassionato in prima persona che sembra la scena di un film western e un secondo, sempre in prima persona, che parla dell’attacco all’aeroporto di Murello e sembra la scena di un film di James Bond, il tutto accompagnato dalla selezione musicale di Ruz piratak, anche lui in studio.\r\n\r\nPassiamo poi alla conclusione del libro con lo sciopero generale del marzo 1944. Episodio che ci riporta ad una dimensione più collettiva e all’interno del quale convivono ancora dinamiche di tipo spontaneista e altre invece che portano alla seconda fase della resistenza, quella più organizzata e militarista (le divisioni, le brigate, i distaccamenti, i commissari politici).\r\n\r\nE per finire, due parole dei “banditi” nella resistenza, che ci porta a parlare di Menelik, personaggio di cui parla nel libro che poi è diventato oggetto di una ricerca specifica che ha appena concluso e che diventerà un fumetto per il quale ha scritto la sceneggiatura e che Marqula disegnerà.\r\n\r\n \r\n\r\nNel corso della trasmissione, alcuni aggiornamenti in merito alle condizioni di Alfredo Cospito, in detenzione con il regime del 41bis e in sciopero della fame da ormai 70 giorni, e sul decreto anti-rave appena approvato.\r\n\r\n \r\n\r\nSelezione musicale a cura di Ruz piratak, Kang e Fra\r\n\r\n \r\n\r\nTutto Squat, il giornale malandrino - 30/12/2022\r\n\r\n \r\n\r\n ","30 Dicembre 2022","2024-11-22 00:47:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/Lele_Manelik-200x110.jpg","A son bale ad Menelik! - TuttoSquat 30.12.2022",1672442010,[396],"http://radioblackout.org/tag/tutto-squat-il-giornale-malandrino/",[398],"Tutto squat - Il giornale malandrino",{"post_content":400},{"matched_tokens":401,"snippet":402,"value":403},[344],"per finire, due parole dei “\u003Cmark>banditi”\u003C/mark> nella resistenza, che ci porta"," \r\n\r\nDalla Val Varaita ci raggiunge in studio Lele Odiardo, educatore per disabili, appassionato di storia e autore del libro \"Sempre primi nelle imprese più arrischiate\" - Sabotaggi e colpi di mano delle prime bande partigiane in provincia di Cuneo. Libro autoprodotto nel 2020 per l’edizione Il Picconiere (pseudonimo che usava Bartolomeo Vanzetti per i suoi scritti dal carcere pubblicati su L’Adunata dei Refrattari) e nato da una collaborazione da parte dell’Istituto Storico della Resistenza e la biblioteca popolare Rebeldies, entrambi di Cuneo.\r\n\r\n\r\n\r\nL'intervista parte con le premesse al libro: una ricerca sulle prime bande in provincia di Cuneo pubblicata in 2 puntate sulla rivista Nunatak, da cui prenderà le mosse il libro:\r\n\r\n \tUn film ritrovato: Le Prime Bande (1984) di Paolo Gobetti, prodotto dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza;\r\n \tUn libro perduto: Ribelle (1991) di Italo Cordero, partigiano autonomo di Mondovì\r\n\r\nNel contenuto si parla de “I Prodromi”: fuga in massa dal carcere di Fossano dell’11 settembre e primo eccidio di Boves del 19 settembre, per poi passare alla ricerca che si è concentrata sul periodo settembre 1943/aprile 1944, la fase cosiddetta \"spontaneista\", \"ribellistica\" della Resistenza e in particolare su 2 tipi di azioni: l'eliminazione di fascisti, una sequenza impressionante di attentati, alcuni rivendicati altri no, e storie di sabotaggi, tralicci, ponti, un silurificio, etc…\r\n\r\nIn merito a queste due azioni, Lele ci regala la lettura di due brani, entrambi pubblicati sulla rivista di storie, culture, lotte di montagna Nunatak (del quale è redattore e collaboratore). Il primo, che si trova in nota nel libro, parla dell'uccisione della spia DalPra, un racconto appassionato in prima persona che sembra la scena di un film western e un secondo, sempre in prima persona, che parla dell’attacco all’aeroporto di Murello e sembra la scena di un film di James Bond, il tutto accompagnato dalla selezione musicale di Ruz piratak, anche lui in studio.\r\n\r\nPassiamo poi alla conclusione del libro con lo sciopero generale del marzo 1944. 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Storie d'amore, di guerra e d'Anarchia\". Una raccolta di 17 racconti che si susseguono ad alta tensione in un viaggio che spazia dal western al conflitto arabo-israeliano, dai tram della periferia ai meccanismi dispotici di un futuro non troppo lontano. Un libro che parla di esclusi, reietti, banditi, ribelli e di tutta quell'umanità invisibilizzata e relegata ai margini. L'amore come filo conduttore, con le sue sfaccettature e la sua capacità di crescere anche nei cuori più duri e aridi, laddove tutto attorno la vita è fatica e sofferenza.\r\n\r\nIn questa puntata prendiamo in esame 4 racconti alternati ad altrettante canzoni insieme a Dario, autore del libro\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/hurryya.mp3\"][/audio]","14 Aprile 2021","2021-04-14 18:22:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/04/al-hurryya-418x385-1-200x110.jpg","Al-Hurryya. 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. Lo trovate qui.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 21 gennaio ore 10,30\r\nManda una cartolina a Poste Italiane\r\npresidio contro le deportazioni in corso Giulio Cesare 7 – nei pressi dell’ufficio postale\r\nMistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.\r\nTutti si trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti fissi:\r\nLe riunioni della federazione anarchica torinese, aperte a tutti gli interessati, sono in corso Palermo 46 ogni giovedì alle 21\r\n\r\n \r\n\r\nDocumenti:\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba\r\n\r\nCuba senza Fidel Castro. Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e \u003Cmark>banditi\u003C/mark> dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. 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Una calzatura che ormai usano in pochi. A cavallo tra l’Otto e il Novecento era molto diffusa tra contadini ed operai.\r\nGettare il proprio sabot in una macchina era un buon modo per incepparla, per “sabotarla”, per interrompere la produzione, per mettere i bastoni tra le ruote al padrone che sfruttava la tua vita per farsi ricco.\r\nIn tutta la storia delle lotte operaie c’è stato sabotaggio. A volte era pratica individuale o di un piccolo gruppo di lavoratori, che magari volevano solo guadagnarsi una pausa, altre volte era mezzo di lotta esplicito nei confronti del padrone.\r\nIn una società che difende la proprietà privata come fosse un bene comune, il sabotaggio è un gesto illegale.\r\nQuando la diseguaglianza è sancita dalla legge, chi lotta per l’uguaglianza è considerato un fuorilegge.\r\nIn una società dove alle comunità locali è sottratta la facoltà di decidere di decidere sulla propria vita, chi si batte per la libertà è considerato un sovversivo.\r\n\r\nDurante l’occupazione nazifascista il sabotaggio era pratica usuale delle formazioni partigiane. Per le truppe di occupazione i partigiani, i ribelli, erano considerati banditi, dopo la guerra divennero eroi di un’epopea di liberazione, che venne subito imbalsamata, perché i poveri e gli oppressi ne perdessero la memoria viva.\r\n\r\nDa tre anni in Val Susa ci sono le truppe di occupazione. I governi hanno militarizzato la Valle per imporre con la forza un’opera inutile, costosa, dannosa per la salute e per l’ambiente.\r\nDecine di migliaia di persone, della valle e solidali, si sono messe di mezzo per inceppare la macchina, per cacciare gli occupanti.\r\n\r\nCentinaia di No Tav sono stati pestati, gasati, feriti. Sono quasi mille i procedimenti penali contro chi ha lottato contro il Tav.\r\n\r\nQuattro No Tav sono in carcere accusati di “attentato con finalità di terrorismo”. Nel mirino della Procura un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte dello scorso maggio. Quella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assunse come propria.\r\nLa Procura si avvale di un articolo del codice che stabilisce che chi si oppone attivamente ad una decisione del governo è un terrorista.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon la logica della Procura gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi.\r\n\r\nBanditi, ribelli, partigiani della libertà","21 Marzo 2014","2018-10-17 22:59:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/2014-03-21-manif-fat-sabotaggio-copy-200x110.jpg","Sabotaggio. Dalle lotte operaie alla Val Susa",1395417419,[476,477,478,479,480,481],"http://radioblackout.org/tag/lotte-operaie/","http://radioblackout.org/tag/partigiani/","http://radioblackout.org/tag/sabot/","http://radioblackout.org/tag/sabotaggio/","http://radioblackout.org/tag/terrorismo/","http://radioblackout.org/tag/val-susa/",[483,484,291,485,486,487],"lotte operaie","partigiani","sabotaggio","terrorismo","val susa",{"post_content":489},{"matched_tokens":490,"snippet":491,"value":492},[65],"partigiani, i ribelli, erano considerati \u003Cmark>banditi\u003C/mark>, dopo la guerra divennero eroi","Giovedì 27 marzo ore 21\r\nIntroducono il dibattito Cosimo Scarinzi della Cub e Maria Matteo del comitato No Tav Autogestione.\r\n\r\nSul tema ascolta la chiacchierata con Cosimo di qualche puntata fa di anarres:\r\n\r\n2013-09-13-sabotaggio-cosimo\r\n\r\nSabot, in francese, significa “zoccolo”. Una calzatura che ormai usano in pochi. A cavallo tra l’Otto e il Novecento era molto diffusa tra contadini ed operai.\r\nGettare il proprio sabot in una macchina era un buon modo per incepparla, per “sabotarla”, per interrompere la produzione, per mettere i bastoni tra le ruote al padrone che sfruttava la tua vita per farsi ricco.\r\nIn tutta la storia delle lotte operaie c’è stato sabotaggio. A volte era pratica individuale o di un piccolo gruppo di lavoratori, che magari volevano solo guadagnarsi una pausa, altre volte era mezzo di lotta esplicito nei confronti del padrone.\r\nIn una società che difende la proprietà privata come fosse un bene comune, il sabotaggio è un gesto illegale.\r\nQuando la diseguaglianza è sancita dalla legge, chi lotta per l’uguaglianza è considerato un fuorilegge.\r\nIn una società dove alle comunità locali è sottratta la facoltà di decidere di decidere sulla propria vita, chi si batte per la libertà è considerato un sovversivo.\r\n\r\nDurante l’occupazione nazifascista il sabotaggio era pratica usuale delle formazioni partigiane. Per le truppe di occupazione i partigiani, i ribelli, erano considerati \u003Cmark>banditi\u003C/mark>, dopo la guerra divennero eroi di un’epopea di liberazione, che venne subito imbalsamata, perché i poveri e gli oppressi ne perdessero la memoria viva.\r\n\r\nDa tre anni in Val Susa ci sono le truppe di occupazione. I governi hanno militarizzato la Valle per imporre con la forza un’opera inutile, costosa, dannosa per la salute e per l’ambiente.\r\nDecine di migliaia di persone, della valle e solidali, si sono messe di mezzo per inceppare la macchina, per cacciare gli occupanti.\r\n\r\nCentinaia di No Tav sono stati pestati, gasati, feriti. Sono quasi mille i procedimenti penali contro chi ha lottato contro il Tav.\r\n\r\nQuattro No Tav sono in carcere accusati di “attentato con finalità di terrorismo”. Nel mirino della Procura un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte dello scorso maggio. Quella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assunse come propria.\r\nLa Procura si avvale di un articolo del codice che stabilisce che chi si oppone attivamente ad una decisione del governo è un terrorista.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon la logica della Procura gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi.\r\n\r\n\u003Cmark>Banditi\u003C/mark>, ribelli, partigiani della libertà",[494],{"field":93,"matched_tokens":495,"snippet":491,"value":492},[65],{"best_field_score":142,"best_field_weight":209,"fields_matched":23,"num_tokens_dropped":47,"score":210,"tokens_matched":23,"typo_prefix_score":47},{"document":498,"highlight":511,"highlights":516,"text_match":140,"text_match_info":519},{"comment_count":47,"id":499,"is_sticky":47,"permalink":500,"podcastfilter":501,"post_author":502,"post_content":503,"post_date":504,"post_excerpt":53,"post_id":499,"post_modified":505,"post_thumbnail":506,"post_title":507,"post_type":321,"sort_by_date":508,"tag_links":509,"tags":510},"18244","http://radioblackout.org/podcast/%d0%b7%d0%b0%d0%bf%d1%80%d0%b5%d1%89%d0%b5%d0%bd%d0%bd%d1%8b%d0%b5-%d0%b4%d0%b6%d0%b0%d0%b7-%d0%b8%d0%b7-%d1%80%d0%be%d1%81%d1%81%d0%b8%d0%b8-%d1%80%d0%be%d1%81%d1%81%d0%b8%d0%b8-%d0%bc%d0%b5%d1%82/",[],"outsidermusic","Leo feigin vive ancora semisepoloto nel suo piccolo appartamento di shoreditch, london e continua a pubblicare dischi che non ascolta quasi nessuno, come se la storia \"pericolosa\" che sto per raccontarvi fosse oramai evaporata e che una specie di \"benedizione\" sia arrivata a esorcizzare qui dischi che nessuno voleva, che molti avevano persino paura a tenere in casa.\r\nCosa c'era di tanto spaventoso nel free jazz russo? Era forse solo censura? La storia è scritta nelle rughe di Feigin, vero e proprio monumento alla vita vissuta pericolosamente. Dice di fughe sotto il filo spinato, di concerti banditi e musicisti seguiti. Di sicuro oggi non è più così e mr. Feigin ha accumulato abastanza esperienza da sapere che quella musica, così sovversiva e promiscua, oggi non è che un sassolino per i collezionisti. Leo Records è il resoconto di una battaglia culturale condotta nel bel mezzo del collasso sovietico, quando berlino si sbriciolava e da ovest impazzava la caccia al russo. Il regime stesso e poi il babau \"comunista\" costutito dal blocco occidentale hanno contribuito a far sparire buona parte delle testimonianze (e dei musicisti...) di quella musica incendiaria. Non tutte però.\r\nIl tesoro nascosto a Shoreditch non è che una nano-particella di quell'immenso continente che si apriva da berlino guardando verso est. Russia e repubbliche baltiche hanno conquistato nel jazz quello che è stata l'emancipazione dall'imperpo comunista di Mosca. Il mediatore culturale di questa operazione epocale è sicuramente mr.Feigin. Nella sua borsa, per non parlare del suo passato - si dice - di spia per il kgb, c'è più di un mistero.\r\n\r\nOvviamente i meriti dell'operazione non sono soltanto i suoi. Pigmalione e Cicerone allo stesso tempo, Feigin non sarebbe nulla senza i suoi musicisti,. Uomini e donne da tutte le latitudini che hanno sfidato la censura dell'ex URSSS prima e poi il massacro ideologico anticomunista.\r\n\r\nSovversivo in musica è stato certamente il Ganelin Trio. Arrivato a suonare per la prima volta a Berlino (ovest) proprio nei giorni in cui il muro cadeva, era letteralmente scortato da un quarto musicista che li seguiva ovunque, senza suonare. Registrava il gradimento del pubblico, annotava informazioni, teneva i contatti, decideva chi fosse o meno degno di attenzioni. Feigin arrivò nel momento giusto, proprio a quella performance. Giurò persiono per iscritto che se avesse avuto le registrazioni non le avrebbe mai pubblicate mai suoi occhi tremolavano nel vedere quello che succedeva sul palco. Il disco \"...old bottles\" è stato pubblicato e poi ritirato due volte in vinile. Sparendo nei meandri rugginosi di collezionisti spie cecoslovacchi e, finalmente in cd dalla Leo Records che coraggiosamente propose all'epoca tutto il set intitolato \"non troppo\". Ascoltandolo si capisce che il regime non gradiva l'ironia, per dirla facile. Musica che ha letteralmente zittito il pubblico berlinese. Feigin lo nascose, e poi, collassato del tutto l'urrss, pubblicò. E fu l'inizio di un diluvio di uscite da Est e Nord Est da brividi. La musica raccontava quelle terre immense e le loro spaventose contraddizioni, utilizzando il medium di un jazz raffinatissimo e provocatorio che dimostra di aver abbondamente digerito e tritato la tradizione e pur avendo masticato l'avanguardia ne ha sputato fuori le spine.\r\n\r\nI frutti di questo mestiere rivoluzionario saranno raccolti, comunque, per sempre nelle registrazioni memorabili che giacciono in questo catalogo: Sainkho Namchylak, Vladimir Tarasov, Alexey Lapin, Alexey Kruglov. Segnatevi questi nomi. Prima che un nuovo regime si porti via in vostri archivi.","19 Settembre 2013","2018-10-17 22:10:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/09/4039532-200x110.jpg","Запрещенные Джаз из России, России метафора",1379584474,[],[],{"post_content":512},{"matched_tokens":513,"snippet":514,"value":515},[65],"il filo spinato, di concerti \u003Cmark>banditi\u003C/mark> e musicisti seguiti. 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