","#ForaTemer #DiretasJá: sciopero generale, scontri di piazza e crisi sociopolitica in Brasile.","post",1495801991,[],[],{"post_content":49},{"matched_tokens":50,"snippet":52,"value":53},[51],"Batista","giudiziaria fornita dal magnate Joesley \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, proprietario della JBS (azienda leader","Il 28 aprile 38 milioni di lavoratori e lavoratrici avevano paralizzato il Brasile attraverso un importante sciopero generale chiamato contro le riforme neoliberali pronate del governo di Michel Temer, in particolare la riforma del lavoro (Novas Leis Laborais) e quella sulle pensioni (Reforma da Previdencia). Questo mercoledì, poi, in 100mila sono scesi in strada a Brasilia, assaltando una mezza dozzina di ministeri, mentre la polizia attaccava sparando proiettili tradizionali, granate stordenti, spray urticante e gas lacrimogeni. A presidio degli edifici pubblici, Temer aveva disposto l’impiego di 1500 truppe dell’esercito, più 200 marine. Poco dopo la diffusione di questa notizia i manifestanti si erano diretti all’assalto dell'Esplanada dos Ministérios, coprendo sbirri e militari con una fitta sassaiola e riuscendo a penetrare all’interno degli edifici armati di bastoni, scudi di plexiglass e molotov. Una protesta popolare contro le riforme di Temer, ma anche contro Temer stesso e in favore di #DiretasJá, cioè nuove elezioni immediate per il Presidente della Repubblica. Il bilancio della repressione scatenata da Temer contro i manifestanti è di una cinquantina di feriti ed almeno otto arresti.\r\n\r\n \r\n\r\nTemer non ha mai goduto di grande popolarità dopo l’approvazione di diverse misure di austerità. Adesso è anche spuntata fuori una registrazione giudiziaria fornita dal magnate Joesley \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, proprietario della JBS (azienda leader mondiale nell'esportazione di carni bovine), nella quale Temer acconsentirebbe al pagamento di cospicue tangenti volte a comprare il silenzio dell’ex vice Edoardo Cunha, detenuto da mesi per corruzione, per evitare eventuali delazioni contro la presidenza nell'ambito dell'inchiesta Lava Jato. Si moltiplicano le richieste di impeachement per il Presidente, mentre dilaga lo scompiglio nella maggioranza di governo. I due processi nei quali Temer e coinvolto, il primo di fronte al Tribunale Superiore Elettorale, il secondo di fronte al Tribunale Federale Superiore, accentuano lo scontro tra gruppi politici per la nomina di un eventuale presidente ad interim ed in vista delle elezioni per il mandato 2019/22. Nel frattempo aumenta la protesta sociale tanto nel contesto urbano che in quello rurale, mentre la repressione si fa sempre più dura. Almeno dieci contadini occupanti di terra sono stati uccisi dalla Polizia militare nello stato di Parà.\r\n\r\n \r\n\r\nQuesta mattina abbiamo parlato della crisi sociale e politica in Brasile con Luciano, militante:\r\naaa",[55],{"field":56,"matched_tokens":57,"snippet":52,"value":53},"post_content",[51],578730123365187700,{"best_field_score":60,"best_field_weight":61,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":33,"score":62,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":33},"1108091338752",14,"578730123365187697",{"document":64,"highlight":83,"highlights":88,"text_match":58,"text_match_info":91},{"cat_link":65,"category":66,"comment_count":33,"id":67,"is_sticky":33,"permalink":68,"post_author":36,"post_content":69,"post_date":70,"post_excerpt":39,"post_id":67,"post_modified":71,"post_thumbnail":72,"post_thumbnail_html":73,"post_title":74,"post_type":44,"sort_by_date":75,"tag_links":76,"tags":82},[30],[32],"27266","http://radioblackout.org/2015/01/charlie-lunion-sacree-le-latitudini-della-liberta/","La strage nella redazione di Charlie Hebdo ha suscitato un ampio confronto che continua e si estende viralmente tra la rete, i giornali, i bar.\r\nQuesta mattina ne abbiamo parlato con Cosimo Scarinzi e Karim Metref, due torinesi che in questi giorni hanno partecipato al dibattito.\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo sulle varie teorie del complotto, la difficoltà obiettiva nel costruire una percorso che riesca a districarsi dalla prospettiva di una guerra civile permanente e planetaria.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cosimo:\r\n\r\ncosimo_charlie\r\n\r\ne con Karim:\r\nkarim_charlie\r\n\r\nDi seguito uno scritto di Cosimo “Il nemico del nostro nemico è nostro amico?”e uno di Karim “Io non mi dissocio”\r\n\r\nIn un famoso romanzo di Graham Greene, Il nostro agente all'Avana, ambientato nella Cuba precastrista alla fine degli anni '50, in un colloquio fra il Capitano Segura, capo della polizia politica del dittatore Batista e Mr Wormold, il personaggio principale, lo stesso Segura afferma:\r\n\"Una delle ragioni per cui l'Occidente odia i grandi Stati comunisti sta nel fatto che essi non riconoscono le distinzioni di classe. A volte torturano persone che non dovrebbero essere torturate.\r\nAltrettanto fece Hitler, naturalmente, e scandalizzò il mondo. Nessuno si preoccupa di ciò che accade nelle nostre carceri, o nelle carceri di Lisbona o di Caracas, ma Hitler era troppo promiscuo. Era un poco come se, nel suo Paese, un autista avesse dormito con una nobildonna.»\r\n«Cose del genere non ci scandalizzano più»\r\n«Corrono tutti gravi pericoli quando mutano le cose che scandalizzano»\"\r\n\r\nA mio avviso la distinzione fra \"torturabili\" e \"non torturabili\" proposta da Segura può essere tranquillamente estesa a quella fra assassinabili e non assassinabili.\r\n\r\nMentre stendo queste note i media continuano a discutere, analizzare, enfatizzare i fatti di Parigi.\r\n\r\nCredo si debba fare uno sforzo per lasciare da parte la repulsione per una strage non perché non meriti repulsione ma perché l'assassinio di innocenti, realizzato in forme diverse, non è l'eccezione ma la regola nell'universo nel quale viviamo e non è accettabile che vi siano crimini che meritano la condanna e crimini che si possono tacere.\r\nAlle porte stesse dell'Occidente laico, democratico, civile ogni giorno muoiono migranti costretti, per entrare in Europa, ad affrontare situazioni di gravissimo rischio, ogni giorno le guerre che si svolgono nelle periferie del mondo, guerre alle quali le grandi democrazie occidentali non sono certe estranee, producono, direttamente ed indirettamente, la morte, ferite e mutilazioni, malattie, sofferenze per migliaia di persone.\r\n\r\nCon la strage di Parigi la guerra, quella guerra che, quando si svolge in Africa o nel Vicino Oriente, non impressiona più che tanto le popolazioni dell'occidente sviluppato, viene portata, con la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo, sul territorio metropolitano, cosa peraltro già avvenuta negli USA, come l'attacco alle due torri, in Gran Bretagna, in Spagna ecc..,\r\n\r\nLeggo, a questo proposito, diverse raffinate analisi di carattere dietrologico sulla strage di Parigi.\r\nSembra che a molti, negli ambienti della sinistra vintage, paia impossibile accettare il fatto che è perfettamente plausibile che un gruppo di giovanotti possa aver fatto tutto da sé e che esista, alle loro spalle e come loro riferimento, una corrente politico/religiosa non \"occidentale\" che è seriamente intenzionata ad occupare uno spazio nell'attuale equilibrio dei poteri.\r\n\r\nSemplicemente c'è chi non vuole capire che siamo, ed è assolutamente normale che sia così, in un mondo multipolare dove, per dirla in parole semplici, operano diversi attori politici, economici e sociali in concorrenza fra di loro e che non tutto può essere spiegato con manovre del Grande Satana statunitense o, è una variante diffusa, con la congiura ebraica.\r\nPer di più, ai terzomondisti d'envergure ripugna l'attribuire la parte del vilain a qualcuno che non sia la CIA o il Mossad.\r\nSembra impossibile che molti, troppi, che si vogliono nemici dell'attuale ordine del mondo non ritengano evidente che una società superiore, una società di liberi e di eguali, non può affermarsi riducendo le libertà attuali e assumendo modelli oscenamente regressivi e che, anzi, abbia come suo obiettivo proprio l'estensione delle libertà e il conseguente passaggio dall'eguaglianza politico/formale a quella sociale/reale ma, con ogni evidenza, è così.\r\nSi tratta, a mio avviso e in primo luogo, di prendere atto che un ordine del mondo unipolare, quello che sembrava in procinto di affermarsi dopo il crollo del blocco sovietico, semplicemente non esiste e non può esistere.\r\nA petto dell'innegabile egemonia militare statunitense, si sono sviluppate importanti potenze regionali, Cina, Russia, Brasile, India ecc. alcune delle quali, in particolare la Cina, hanno sviluppato una concorrenza sul piano economico con l'imperialismo statunitense assolutamente efficace.\r\nLo stesso rapporto tra USA ed Europa, in particolare ma non solo, con la Germania è tutt'altro che armonico visto che scontri di interesse sono presenti e rilevanti.\r\nE' in questo scenario che la stessa idea di un'onnipotenza statunitense nel complicato scenario del vicino oriente non ha alcun serio fondamento.\r\nCertamente, infatti, gli USA hanno usato l'islamismo in funzione antisovietica in occasione della guerra in Afghanistan e non solo ma è bene ricordare che prima la caduta dello Scia in Iran, poi la vittoria di un partito islamico in Turchia e la conseguente fine di due importanti alleati in quell'area, dimostrano che quanto avviene non è riconducibile a schemi semplici e rassicuranti con gli USA, e magari la lobby ebraica, nella parte dei cattivi.\r\nEsistono soggetti politici importanti, veri, radicati che non sono riconducibili all'egemonia statunitense. Esistono, soprattutto, culture, modelli sociali, potenze economiche, in primo luogo l'Islam, diversi, radicalmente diversi, da quello egemone nelle metropoli capitalistiche occidentali.\r\nCiò pone problemi nuovi e importanti alla teoria politica, la religione che molti di noi avevano considerato come un fattore politico tendenzialmente residuale riprende un peso inimmaginabile sino a qualche decennio addietro.\r\nMorte le due principali religioni laiche della modernità, il nazionalismo/fascismo europeo classico e il comunismo, le grandi religioni tradizionali, in particolare islam, cattolicesimo, cristianesimo ortodosso e induismo ma anche, in funzione anticattolica e in questo caso sul serio con finanziamenti statunitensi, un protestantesimo ateologico che si diffonde massicciamente in particolare nell'America latina, riprendono un ruolo importante come fattori di tenuta della società contro l'impatto distruttivo del mercato e del nichilismo individualista dell'occidente.\r\nE’ fra l’altro interessante rilevare che proprio il fascismo, che sembrava destinato alle fogne della storia, riprende un ruolo nelle diverse forme che assume dall’islamofascismo al razzismo dei difensori della Fortezza Europa passando per tutte le varianti del caso, peraltro i fascismi, proprio per il loro carattere nazionale, razziale e religioso, sono per loro stessa natura plurali e spesso in conflitto fra dio loro. Senza andare al troppo citato Roman Bandera che, da coerente leader nazionafascista ucraino di batté, nel corso della seconda guerra mondiale, contemporaneamente contro sovietici, tedeschi e partigiani polacchi, basta guardare a ciò che avviene in Ucraina oggi dove gruppi di volontari fascisti si battono l’uno contro l’altro alcuni a sostegno degli ucraini e altri a sostegno dei filorussi.\r\nE', ad esempio, evidente che l'iniziativa politica e culturale della chiesa cattolica oggi è straordinariamente superiore a quella di qualche decennio addietro e che soprattutto si pone come alternativa al modello occidentale così come si è determinato.\r\nDa ciò derivano due conseguenze:\r\n- in primo luogo la necessità di tenere ritta la barra, di evitare di schierarsi in un ruolo subalterno nei due partiti che oggi si disegnano in Europa, quello maggioritario che chiama all'unità contro i barbari nelle sue versioni di destra, fascista/leghista, e di sinistra progressista e quello, minoritario, terzomondista, antiamericano fascistoide se non fascista.\r\n\r\n- nello stesso tempo ripensare la nostra teoria e la nostra pratica in una prospettiva meno eurocentrica, provinciale, occidentale misurandoci con le trasformazioni in atto e con le correnti politiche che si vanno affermando in questa fase.\r\n\r\n°°°°°\r\n\r\nIl pezzo di Karim è la risposta ad un articolo di Igiaba Scego uscito sull’Internazionale:\r\n\r\nCara Igiaba, \r\nin questi giorni saremo messi sotto torchio e le prossime campagne elettorali saranno fatte sulla nostra schiena. Gli xenofobi di tutta Europa vanno in brodo di giuggiole per la gioia e anche gli establishment europei che non hanno risposte da dare per la crisi saranno contenti di resuscitare il vecchio spauracchio per far rientrare le pecore spaventate nel recinto. \r\nDa ogni parte ci viene chiesto di dissociarci, di scrivere che noi stiamo con Charlie, di condannare, di provare che siamo bravi immigrati, ben integrati, degni di vivere su questa terra di pace e di libertà. \r\nEbbene, anche se ovviamente condanno questo atto come condanno ogni violenza, non mi dissocio da niente. Non sono integrato e non chiedo scusa a nessuno. Io non ho ucciso nessuno e non c’entro niente con questa gente. Altrettanto non possono dire quelli che domani dichiareranno guerra a qualcuno in nome di questo crimine. \r\nTu dici: “Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto”. \r\nIo con questa gente sono in guerra da trent’anni. Li affrontavo con i pugni all’epoca dell’università e con le parole e con le azioni da allora e fino a oggi. Sono trent’anni che li combatto e sono trent’anni che il sistema della Nato e i suoi alleati li sostengono regolarmente ogni dieci anni per fomentare una guerra di qua o di là. \r\nAnche io sono afroeuropeo, sono originario di un paese a maggioranza musulmana ma non mi considero un musulmano: non sono praticante, non sono credente. Ma anche io non ci sto. Non ci sto con questi folli, non ci sto quando lo fanno a Parigi ma non ci sto nemmeno quando lo fanno a Tripoli, Malula o a Qaraqush. \r\nNon sto con loro e non sto con chi li arma un giorno e poi li bombarda il giorno dopo. Non ci sto in questa storia nel suo insieme e non solo quando colpisce il cuore di questa Europa costruita su “valori di convivenza e pace”. Perché dico che questa Europa deve essere costruita su valori di pace e convivenza anche altrove, non solo internamente (ammesso che internamente lo sia). \r\nTu dici che questo non è islam. Io dico che anche questo è islam. L’islam è di tutti. Buoni o cattivi che siano. E come succede con ogni religione ognuno ne fa un po’ quello che vuole. La adatta alle proprie convinzioni, paure, speranze e interessi. Nelle prossime ore, i comunicati di moschee e centri islamici arriveranno in massa, non ti preoccupare. Tutti (o quasi) giustamente si dissoceranno da questo atto criminale. Qualche altro Abu Omar sparirà dalla circolazione per non creare imbarazzo a nessuno. La Lega e altri avvoltoi si ciberanno di questa storia per mesi, forse per anni. E noi ci faremo di nuovo piccoli piccoli, in attesa della fine della tempesta. Come stiamo facendo dopo questi attentati (forse) commessi da quella stessa rete che la Nato aveva creato per combattere una sua sporca guerra. \r\nLoro creano mostri e poi, quando gli si rivoltano contro, noi dobbiamo chiedere scusa, dissociarci e farci piccoli. A me questo giochino non interessa più. Non chiedo scusa a nessuno e non mi dissocio da niente. Io devo pretendere delle scuse. Io devo chiedere a questi signori di dissociarsi, definitivamente, non ad alternanza, da questa gente: amici in Afghanistan e poi nemici, amici in Algeria e poi nemici, amici in Libia e poi… non ancora nemici lì ma nemici nel vicino Mali, amici in Siria poi ora metà amici e metà nemici… Io non ho più pazienza per questi macabri giochini. Mando allo stesso inferno sia questi mostri sia gli stregoni della Nato e dei paesi del Golfo che li hanno creati e li tengono in vita da decenni. 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Gli xenofobi di tutta Europa vanno in brodo di giuggiole per la gioia e anche gli establishment europei che non hanno risposte da dare per la crisi saranno contenti di resuscitare il vecchio spauracchio per far rientrare le pecore spaventate nel recinto. \r\nDa ogni parte ci viene chiesto di dissociarci, di scrivere che noi stiamo con Charlie, di condannare, di provare che siamo bravi immigrati, ben integrati, degni di vivere su questa terra di pace e di libertà. \r\nEbbene, anche se ovviamente condanno questo atto come condanno ogni violenza, non mi dissocio da niente. Non sono integrato e non chiedo scusa a nessuno. Io non ho ucciso nessuno e non c’entro niente con questa gente. Altrettanto non possono dire quelli che domani dichiareranno guerra a qualcuno in nome di questo crimine. \r\nTu dici: “Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. 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Non ci sto in questa storia nel suo insieme e non solo quando colpisce il cuore di questa Europa costruita su “valori di convivenza e pace”. Perché dico che questa Europa deve essere costruita su valori di pace e convivenza anche altrove, non solo internamente (ammesso che internamente lo sia). \r\nTu dici che questo non è islam. Io dico che anche questo è islam. L’islam è di tutti. Buoni o cattivi che siano. E come succede con ogni religione ognuno ne fa un po’ quello che vuole. La adatta alle proprie convinzioni, paure, speranze e interessi. Nelle prossime ore, i comunicati di moschee e centri islamici arriveranno in massa, non ti preoccupare. Tutti (o quasi) giustamente si dissoceranno da questo atto criminale. Qualche altro Abu Omar sparirà dalla circolazione per non creare imbarazzo a nessuno. La Lega e altri avvoltoi si ciberanno di questa storia per mesi, forse per anni. E noi ci faremo di nuovo piccoli piccoli, in attesa della fine della tempesta. Come stiamo facendo dopo questi attentati (forse) commessi da quella stessa rete che la Nato aveva creato per combattere una sua sporca guerra. \r\nLoro creano mostri e poi, quando gli si rivoltano contro, noi dobbiamo chiedere scusa, dissociarci e farci piccoli. A me questo giochino non interessa più. Non chiedo scusa a nessuno e non mi dissocio da niente. Io devo pretendere delle scuse. Io devo chiedere a questi signori di dissociarsi, definitivamente, non ad alternanza, da questa gente: amici in Afghanistan e poi nemici, amici in Algeria e poi nemici, amici in Libia e poi… non ancora nemici lì ma nemici nel vicino Mali, amici in Siria poi ora metà amici e metà nemici… Io non ho più pazienza per questi macabri giochini. Mando allo stesso inferno sia questi mostri sia gli stregoni della Nato e dei paesi del Golfo che li hanno creati e li tengono in vita da decenni. Mando tutti all’inferno e vado a farmi una passeggiata in questa notte invernale che sa di primavera… Speriamo non araba.",[89],{"field":56,"matched_tokens":90,"snippet":86,"value":87},[51],{"best_field_score":60,"best_field_weight":61,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":33,"score":62,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":33},6678,{"collection_name":44,"first_q":94,"per_page":95,"q":94},"batista",6,{"facet_counts":97,"found":25,"hits":127,"out_of":225,"page":11,"request_params":226,"search_cutoff":22,"search_time_ms":227},[98,104],{"counts":99,"field_name":102,"sampled":22,"stats":103},[100],{"count":25,"highlighted":101,"value":101},"anarres","podcastfilter",{"total_values":11},{"counts":105,"field_name":21,"sampled":22,"stats":125},[106,108,110,112,113,115,117,119,121,123],{"count":25,"highlighted":107,"value":107},"cuba",{"count":11,"highlighted":109,"value":109},"castro",{"count":11,"highlighted":111,"value":111},"trapani",{"count":11,"highlighted":94,"value":94},{"count":11,"highlighted":114,"value":114},"slovenia",{"count":11,"highlighted":116,"value":116},"cie di trapani",{"count":11,"highlighted":118,"value":118},"cuba libertaria",{"count":11,"highlighted":120,"value":120},"commercio d'armi",{"count":11,"highlighted":122,"value":122},"serraino vulpitta",{"count":11,"highlighted":124,"value":124},"referendum. tanto rumore per nulla",{"total_values":126},15,[128,196],{"document":129,"highlight":155,"highlights":182,"text_match":191,"text_match_info":192},{"comment_count":33,"id":130,"is_sticky":33,"permalink":131,"podcastfilter":132,"post_author":101,"post_content":133,"post_date":134,"post_excerpt":39,"post_id":130,"post_modified":135,"post_thumbnail":136,"post_title":137,"post_type":138,"sort_by_date":139,"tag_links":140,"tags":151},"39835","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-6-gennaio-cuba-commercio-dami-pacchi-e-deportati-i-nuovi-cie-di-minniti-a-17-anni-dalla-strage-di-trapani/",[101],"Come ogni venerdì, il 6 gennaio siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2017 01 06 anarres1\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres2\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres3\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba, un articolo di di Marcelo “Liberato” Salinas dell’Avana sugli scenari dopo la morte di Fidel Castro\r\n\r\n \r\n\r\nL’export italiano di armi, un business che non conosce crisi. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. 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Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. 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Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark> ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di \u003Cmark>Batista\u003C/mark> e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark> non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di \u003Cmark>Batista\u003C/mark>: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark>.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di \u003Cmark>Batista\u003C/mark> e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da \u003Cmark>Batista\u003C/mark> per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente \u003Cmark>Batista\u003C/mark> è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di \u003Cmark>Batista\u003C/mark> può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di \u003Cmark>Batista\u003C/mark>. Il giogo di \u003Cmark>Batista\u003C/mark> era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di \u003Cmark>Batista\u003C/mark>, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio \u003Cmark>Batista\u003C/mark> . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.",[161,163,166,168,170,172,174,176,178,180],{"matched_tokens":162,"snippet":152,"value":152},[],{"matched_tokens":164,"snippet":165,"value":165},[94],"\u003Cmark>batista\u003C/mark>",{"matched_tokens":167,"snippet":109,"value":109},[],{"matched_tokens":169,"snippet":153,"value":153},[],{"matched_tokens":171,"snippet":116,"value":116},[],{"matched_tokens":173,"snippet":120,"value":120},[],{"matched_tokens":175,"snippet":107,"value":107},[],{"matched_tokens":177,"snippet":154,"value":154},[],{"matched_tokens":179,"snippet":122,"value":122},[],{"matched_tokens":181,"snippet":111,"value":111},[],[183,189],{"field":21,"indices":184,"matched_tokens":185,"snippets":187,"values":188},[11],[186],[94],[165],[165],{"field":56,"matched_tokens":190,"snippet":158,"value":159},[51],578730123365712000,{"best_field_score":193,"best_field_weight":194,"fields_matched":25,"num_tokens_dropped":33,"score":195,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":33},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":197,"highlight":216,"highlights":221,"text_match":58,"text_match_info":224},{"comment_count":33,"id":198,"is_sticky":33,"permalink":199,"podcastfilter":200,"post_author":101,"post_content":201,"post_date":202,"post_excerpt":39,"post_id":198,"post_modified":203,"post_thumbnail":204,"post_title":205,"post_type":138,"sort_by_date":206,"tag_links":207,"tags":213},"39260","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-2-dicembre-big-data-cuba-libertaria-disertare-le-urne-posta-aerea-e-deportazioni/",[101],"Anarres del 2 dicembre. 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