","Torino: Askatasuna \"bene comune\"","post",1706813106,[63,64,65,66],"http://radioblackout.org/tag/askatasuna/","http://radioblackout.org/tag/bene-comune/","http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[68,69,70,15],"Askatasuna","bene comune","repressione",{"post_content":72,"post_title":78,"tags":81},{"matched_tokens":73,"snippet":76,"value":77},[74,75],"bene","comune","avviato il percorso per rendere \"\u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune\u003C/mark>\" il centro sociale Askatasuna, spazio","E' di due giorni fa la delibera passata al \u003Cmark>Comune\u003C/mark> di Torino che ha avviato il percorso per rendere \"\u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune\u003C/mark>\" il centro sociale Askatasuna, spazio sociale che esiste da 27 anni sul territorio cittadino. La notizia ha scatenato sin da subito una bufera mediatica che ha occupato le prime pagine dei quotidiani della cronaca locale e nazionale, creando reazioni immediate in particolare nella galassia delle destre, sfociate nella proposta di referendum abrogativo della delibera e nell'interrogazione parlamentare al Ministro degli Interni Matteo Piantedosi.\r\n\r\nIl centro sociale Askatasuna ha preso parola tramite un comunicato in cui evidenzia le ragioni che hanno portato ad accogliere questa proposta in questa precisa fase storica, caratterizzata da un attacco repressivo su differenti fronti nei confronti dell'esperienza del centro sociale, dall'accusa di associazione a delinquere all'effettiva minaccia di sgombero dello spazio.\r\n\r\n\"Apriamo spazi al quartiere per i bisogni collettivi! così 27 anni fa scrivevamo su uno striscione il giorno in cui in tante e tanti occupavamo il Centro Sociale Askatasuna\" è l'incipit del comunicato apparso sulle pagine social e sui giornali che ha specificato la consequenzialità di questa scelta con le prerogative portate avanti negli anni di intervento politico in città.\r\n\r\n\r\nMolti sono gli interrogativi che riguardano il futuro del centro sociale a partire da ora in avanti, rispetto a cosa implica questa scelta, cosa cambierà, le conseguenze sulla città e le ragioni politiche che hanno spinto a praticare questo percorso.\r\n\r\nGianluca, compagno del centro sociale Askatasuna, prende parola ai nostri microfoni per esplicitare i ragionamenti alla base di questo passaggio e rispondendo alle domande di ascoltatori e ascoltatrici.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Askatasuna-2024_02_01_2024.02.01-10.00.00-escopost.mp3\"][/audio]",{"matched_tokens":79,"snippet":80,"value":80},[74,75],"Torino: Askatasuna \"\u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune\u003C/mark>\"",[82,84,87,89],{"matched_tokens":83,"snippet":68},[],{"matched_tokens":85,"snippet":86},[74,75],"\u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune\u003C/mark>",{"matched_tokens":88,"snippet":70},[],{"matched_tokens":90,"snippet":15},[],[92,98,101],{"field":37,"indices":93,"matched_tokens":95,"snippets":97},[94],1,[96],[74,75],[86],{"field":99,"matched_tokens":100,"snippet":80,"value":80},"post_title",[74,75],{"field":102,"matched_tokens":103,"snippet":76,"value":77},"post_content",[74,75],1157451471441625000,{"best_field_score":106,"best_field_weight":107,"fields_matched":22,"num_tokens_dropped":49,"score":108,"tokens_matched":33,"typo_prefix_score":49},"2211897868544",13,"1157451471441625195",{"document":110,"highlight":130,"highlights":138,"text_match":143,"text_match_info":144},{"cat_link":111,"category":112,"comment_count":49,"id":113,"is_sticky":49,"permalink":114,"post_author":52,"post_content":115,"post_date":116,"post_excerpt":55,"post_id":113,"post_modified":117,"post_thumbnail":118,"post_thumbnail_html":119,"post_title":120,"post_type":60,"sort_by_date":121,"tag_links":122,"tags":127},[46],[48],"89333","http://radioblackout.org/2024/05/corso-giulio-cesare-34-bene-comune-il-diavolo-si-e-installato-in-un-nuovo-domicilio/","\"Quello che mettiamo in campo é indirizzato al bene comune e non a un processo speculativo. L'obiettivo è di vendere gli appartamenti alle famiglie che non riescono ad accedere economicamente a una casa. Però questa vendita avrà delle caratteristiche particolari, il terreno diventerà un bene comune governato collettivamente\". Karl Krämer, vice-presidente Fondazione di Comunità di Porta Palazzo\r\n\r\n\"Il diavolo si è installato in un nuovo domicilio. E anche se fossimo incapaci di farlo uscire dal suo rifugio da un giorno all'altro, dobbiamo per lo meno sapere dove si nasconde e dove possiamo stanarlo, per non combatterlo in un angolo in cui non trova più rifugio da molto tempo — e affinché non si prenda gioco di noi nella stanza accanto.\" Günther Anders\r\n\r\nCorso Giulio Cesare 34, un indirizzo da tenere a mente. Il benecomunismo come nuova frontiera del capitalismo ha preso domicilio qui, dove la Fondazione di Comunità di Porta Palazzo (nella nuova veste di Fondazione Community Land Trust Terreno comune), grazie ai finanziamenti di Compagnia San Paolo e all'appoggio del Comune, sta acquistando la proprietà di un immobile con la promessa di vendere ai meritevoli di Aurora il sogno della proprietà privata \"contro la speculazione e la gentrificazione\" tramite l'apertura di mutui. Si chiama Community Land Trust, un dispositivo di diritto privato votato alla governance dell'esclusione e della messa a valore: si dissocia la proprietà del suolo dal diritto di superficie, si vende a prezzi (forse) \"controllati\" quest'ultimo a famiglie selezionate in quanto meritevoli in cambio di un canone, con la garanzia di un ritorno annuale, si reinveste il plusvalore acquisito per riqualificare il quartiere insieme agli abitanti collaborativi, si scommette su e si contribuisce alla valorizzazione di suolo e mattone, si legittimano meccanismi di finanziarizzazione, speculazione e cacciata degli indesiderabili. Parlano di \"abitare bene comune\": è il capitalismo dolce che si riproduce tingendosi di filantropica bontà.\r\n\r\nDopo il primo approfondimento sulle nuove recinzioni urbane come guerra a ciò che è illegale, informale, gratuito, autonomo, parliamo con Francesco Migliaccio di questo diabolico progetto immobiliare che lorsignori intendono sperimentare a Torino nord. 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Secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno, nel 2022 sono state richieste 5.223 esecuzioni di sfratto in tutto il Torinese, delle quali 2.761 eseguite, pari al 233% in più rispetto al 2021. La principale causa degli sfratti rimane l’inadempimento del pagamento dell’affitto. Ma l’incremento si deve anche agli sfratti per finita locazione, il dato il più alto degli ultimi dieci anni. Evidentemente molte persone e famiglie non riescono più a fare fronte agli aumentati costi dell’abitazione, mentre normalizzato è l'utilizzo degli sfratti “a sorpresa” (art. 610).\r\n\r\nIn questo contesto, su 502mila alloggi di civile abitazione, oltre 78mila, il 15%, sono sfitti, secondo Istat. Mentre le ultime richieste di case popolari nel torinese sono state 14.000, troveranno risposta in poche centinaia.\r\n\r\nQuesti freddi dati da statistica di governo non possono rendere la materialità della guerra contro chi non può permettersi una casa in questa città.\r\nSolo per citare alcuni casi recenti, in Corso Vigevano, a Nord-Est della città, decine di persone vivevano in un edificio che ha preso fuoco a fine febbraio. Alcune sono rientrate non avendo un posto dove andare ed è in corso uno sgombero portato avanti dalle solerti istituzioni proprio in queste settimane, nell'indifferenza e nel silenzio generale. A poche centinaia di metri di distanza da quell’immobile, nella notte di Capodanno, un altro stabile ha preso fuoco per la presenza di bombole di gas negli appartamenti. “Sono costretta a usarle perché senza termosifoni non so come scaldarmi”, ha raccontato una delle inquiline che pagava un canone di 630 euro al mese per l’affitto di due stanze.\r\n\r\nVa ricordato che il Comune guidato dal PD, con “Il piano va veloce”, sta promuovendo un nuovo piano regolatore fatto di destinazioni d’uso flessibili, di svendita di aree verdi, di nuovi supermercati, di social housing o di appartamenti sociali a tempo determinato al posto dell’edilizia pubblica. Nel frattempo l'Assessore Rosatelli con Sinistra Ecologista cerca un'operazione di marketing elettorale promuovendo la raccolta firme per “Vuoti a rendere”, una delibera che chiederebbe all’amministrazione comunale di requisire lo sfitto privato per metterlo a disposizione degli abitanti a un prezzo calmierato. Grottesco, perchè è la stessa amministrazione di cui Rosatelli fa parte e che non si fa remore a plaudire e incentivare sgomberi e sfratti.\r\n\r\nMa si sa, viviamo in un'epoca in cui il falso è un momento del falso, per cui gli stessi partiti che promuovono politiche dell'esclusione possono permettersi di fare i paladini del \"diritto all'abitare\", le stesse realtà che creano nuovi recinti messi a valore, come nel caso dei beni comuni urbani e del nuovo progetto di speculazione abitativa sulla pelle dei poveri promosso dalla Fondazione di Comunità Porta Palazzo, in Corso Giulio Cesare, denominato Community Land Trust, possono dichiarare di farlo per sottrarre gli immobili al mercato speculativo e per fare dell'abitare un bene comune...ma su questo ritorneremo con un futuro approfondimento.\r\n\r\nIn Via Muriaglio 11 una palazzina abbandonata per quasi trent'anni nel 2011 è stata occupata da decine di individui e famiglie che, in maniera autonoma e non sovraderminata da istituzioni e terzo settore, si sono ripresi un tetto e una stabilità. Una delle ultime occupazioni abitative storiche in città. Finchè la scorsa settimana, 13 anni dopo, le istituzioni sono arrivate a sbattere tutti in mezzo alla strada chiamandolo, come usa fare dalle parti di Torino, sgombero \"dolce\": 10 camionette, 6 pattuglie di vigili e altrettante volanti della polizia, che sono rimaste per tre giorni a blindare completamente la strada.\r\n\r\nNe parliamo con alcune ex occupanti di Via Muriaglio 11, rilanciando lo spezzone per la casa al corteo antifascista del 25 aprile in zona San Paolo. \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/viamuriaglio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","22 Aprile 2024","2024-04-22 23:39:36","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z-300x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z-300x300.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z-150x150.jpg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z-170x170.jpg 170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/8330886547_4d26f1728e_z.jpg 640w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino: abitare bene comune? 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Non si trattò di un tentativo di pacificazione dato da intenzioni solidali ma una trovata per aggiudicarsi i fondi del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il progetto prevede la ristrutturazione di tutti gli immobili di Mondeggi, la cui gestione dovrebbe rimanere agli attuali occupanti e all'associazione che è stata fondata per l'occasione.\r\n\r\n\"Questo improvviso cambiamento di prospettiva fece crollare il muro di incomunicabilità che ha contraddistinto il nostro rapporto con le istituzioni: dopo essere stati bollati come “nemici” per otto anni, siamo stati cercati per un confronto. Da un giorno all’altro, ci siamo ritrovati a fare i conti con tecnici e accademici incaricati di elaborare un progetto di fattibilità, così che Città Metropolitana (CM) potesse accedere ai finanziamenti, cosa effettivamente avvenuta.\" Così leggiamo nel comunicato della Fattoria senza padroni uscito a febbraio di quest'anno, che continua: \"Siamo così arrivati nel recente passato alla decisione di costituirci in Associazione di Promozione Sociale (APS Mondeggi Bene Comune) per poter avere uno strumento formale che ci consenta di sederci ai tavoli di co-progettazione, per dire la nostra e rivendicare i nostri principi e obiettivi anche in quella sede, forti del supporto di tante persone che in tutti questi anni hanno attraversato e custodito questo luogo. Questa si è dotata di uno statuto che riprende per intero i principi fondativi della nostra comunità già contenuti nei documenti che stanno alla base del nostro vivere collettivo: l’autogestione di Mondeggi come bene comune e la cura del territorio secondo i principi dell’agro-ecologia.\"\r\n\r\nCon l'aiuto di Federica Rossi, autrice di un articolo per Altraeconomia su Mondeggi, abbiamo chiesto a uno degli abitanti di Mondeggi Bene Comune quali sono stati i passaggi che hanno portato all'accettazione dei fondi del PNRR, quali cambiamenti sono avvenuti da allora e quale futuro potrà esserci per la Fattoria senza padroni:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/mondeggi.230623.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nQui l'articolo di Federica Rossi per Altraeconomia:\r\nMondeggi bene comune difende la sua identità in vista del Pnrr\r\nIl comunicato di febbraio 2023 di Mondeggi Bene Comune:\r\nComunicato Mondeggi Bene Comune 26/02/2023\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n ","23 Giugno 2023","2023-06-23 17:28:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"148\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-300x148.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-300x148.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-1024x506.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-768x379.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175-1536x759.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2019b_-2509877175.jpg 2000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Mondeggi Bene Comune nel vortice del PNRR",1687541332,[197,198,199],"http://radioblackout.org/tag/firenze/","http://radioblackout.org/tag/mondeggi/","http://radioblackout.org/tag/pnrr/",[201,202,203],"firenze","Mondeggi","pnrr",{"post_content":205,"post_title":211},{"matched_tokens":206,"snippet":209,"value":210},[207,208],"Bene","Comune","anni dall'inizio dell'esperienza di Mondeggi \u003Cmark>Bene\u003C/mark> \u003Cmark>Comune\u003C/mark> - Fattoria senza padroni molte cose","A nove anni dall'inizio dell'esperienza di Mondeggi \u003Cmark>Bene\u003C/mark> \u003Cmark>Comune\u003C/mark> - Fattoria senza padroni molte cose sono cambiate per la comunità sorta sulle colline di Bagno a Ripoli con l'occupazione di un'azienda agricola da 170 ettari e vari casolari, il tutto di proprietà della Provincia di Firenze.\r\n\r\nDopo anni di scontri con la Città Metropolitana di Firenze, determinata a cacciare gli occupanti che avevano ridato vita ad un territorio altrimenti lasciato a se stesso, quest'ultima, nelle vesti del sindaco Nardella, nel 2021 decise improvvisamente di non voler più sgomberare Mondeggi. Non si trattò di un tentativo di pacificazione dato da intenzioni solidali ma una trovata per aggiudicarsi i fondi del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il progetto prevede la ristrutturazione di tutti gli immobili di Mondeggi, la cui gestione dovrebbe rimanere agli attuali occupanti e all'associazione che è stata fondata per l'occasione.\r\n\r\n\"Questo improvviso cambiamento di prospettiva fece crollare il muro di incomunicabilità che ha contraddistinto il nostro rapporto con le istituzioni: dopo essere stati bollati come “nemici” per otto anni, siamo stati cercati per un confronto. Da un giorno all’altro, ci siamo ritrovati a fare i conti con tecnici e accademici incaricati di elaborare un progetto di fattibilità, così che Città Metropolitana (CM) potesse accedere ai finanziamenti, cosa effettivamente avvenuta.\" Così leggiamo nel comunicato della Fattoria senza padroni uscito a febbraio di quest'anno, che continua: \"Siamo così arrivati nel recente passato alla decisione di costituirci in Associazione di Promozione Sociale (APS Mondeggi \u003Cmark>Bene\u003C/mark> \u003Cmark>Comune\u003C/mark>) per poter avere uno strumento formale che ci consenta di sederci ai tavoli di co-progettazione, per dire la nostra e rivendicare i nostri principi e obiettivi anche in quella sede, forti del supporto di tante persone che in tutti questi anni hanno attraversato e custodito questo luogo. 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Ci sono possibilità di fare altrettanto con la Cavallerizza, se il Comune di Torino avrà lo stesso atteggiamento della giunta De Magistris.\r\n\r\nUna domanda sorge tra i compagn*: si tratta di una legalizzazione, in cui l'amministrazione comunale porta le occupazioni sul suo terreno, quello della legalità, o viceversa di una legittimazione, ovvero sono gli spazi occupati che costringono l'amministrazione a riconoscere per iscritto un dato di fatto, e a porsi in discontinuità rispetto alle politiche speculative sugli spazi pubblici?\r\n\r\nPer intanto abbiamo anche chiesto a Giulia e Paolo come funziona l'assemblea della Cavallerizza, i gruppi di lavoro e gli eventi che vi vengono organizzati:\r\n\r\nUnknown","12 Dicembre 2016","2016-12-13 17:48:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/12/cavallerizza-reale.jpg 1280w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le occupazioni come \"Bene comune\": incontro in Cavallerizza",1481542635,[],[],{"post_content":236,"post_title":240},{"matched_tokens":237,"snippet":238,"value":239},[75],"aggiunto un accordo con il \u003Cmark>comune\u003C/mark> per riconoscere l'occupazione e l'attività","Stamattina abbiamo intervistato due attivisti dell'assemblea della Cavallerizza occupata di Torino perchè ieri in via Verdi si è tenuta una giornata con la presenza di compagni napoletani dell'ex asilo Filangieri, che hanno spiegato come a Napoli è stato aggiunto un accordo con il \u003Cmark>comune\u003C/mark> per riconoscere l'occupazione e l'attività di otto spazi autogestiti in città. 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Una contemporanea non casuale, nel segno di una contestazione radicale alla normalizzazione arcobaleno, alla brandizzazione commerciale, alla militarizzazione degli spazi rappresentata dai Pride istituzionali.\r\nLe lotte e le vite delle soggettività lgbtq+ si sono espresse con forza durante i tanti interventi che si sono susseguiti durante il corteo.\r\nMolt* hanno messo in luce l’approccio intersezionale con le lotte per gli spazi, la casa, contro i CPR, lo specismo, l’ageismo, il colonialismo, la gentrification, l’abilismo, le frontiere... \r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 4 novembre\r\nGiornata dei disertori\r\nore 17 piazza Castello angolo via Garibaldi\r\ncontro la cerimonia militarista per la “festa” della guerra\r\nDalle trincee della grande guerra sino alla Russia e all’Ucraina c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, c’è chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per spostare il confine di uno Stato.\r\nDurante la prima guerra mondiale, su tutti i fronti tanti finirono la loro vita di fronte ad un plotone di esecuzione. Ogni anno il 4 novembre, nell’anniversario della “vittoria”, in Italia si festeggiano le forze armate, si festeggia un immane massacro. Sul solo fronte nord est della penisola ci furono 600.000 morti. \r\nIn memoria dei disertori e dei senzapatria di allora, in solidarietà a chi oggi rifiuta l’arruolamento in Russia come in Ucraina una giornata di lotta per la cancellazione di tutte le frontiere, per l’accoglienza di chi fugge l’arruolamento forzato, per il ritiro delle missioni militari all’estero.\r\n\r\nVenerdì 11 novembre\r\nore 21 corso Palermo 46\r\nL’urgenza dell’autogestione\r\nL’attualità di Landauer per i movimenti post novecenteschi\r\nNe parleremo con Gianfranco Ragona dell’Università di Torino, autore, tra gli altri, di “Gustav Landauer. Anarchico, ebreo, tedesco”, curatore dell’antologia “La comunità anarchica. Scritti politici”\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","22 Ottobre 2022","2022-10-22 12:31:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/250577708_946947149226377_4202562590240302020_n-840x480-1-e1666434638459-200x110.jpg","Anarres del 14 ottobre. Con l’acqua alla gola. Diritto penale del nemico e gli anarchici. 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In prima battuta è ridicolo investigare le intenzioni che dettano una parte di popolazione la cui bandiera del bene comune è indistinguibile nei fatti dalle esigenze di consumo estivo benedette da un lasciapassare di Stato; secondariamente, come si scriveva sopra, è impossibile che una società basata interamente nelle sue strutture portanti sull'interesse individuale, arrivato all'apogeo con la devastazione apportata dal capitalismo digitalizzato e dall'isolamento che porta seco, possa sviluppare come una pentecoste uno spirito di coesione ed altruismo. Un tempo sarebbe stata questa una constatazione facile non solo per ogni marxista attento al rapporto tra strutture e sovrastrutture, ma anche per ogni anarchico conscio del fatto che non c'è nessuna consapevolezza collettiva reale senza un atto di rottura compartecipato.\r\n\r\nMalizie e sofisticherie politiche a parte, una delle poche cose degne di nota che stanno accadendo è la crescita un movimento di opposizione all'inaccettabile misura del Green Pass che sta riempiendo anche le piazze italiane, che sembra essere solo all'inizio e che potrebbe caratterizzarsi ulteriormente in chiave anti-istituzionale. Un movimento con capacità e furbizie organizzative che hanno persino portato a un corteo non autorizzato di diecimila persone che ha bloccato il centro di Torino, presentato fantasiosamente dai giornalisti come un presidio di neppure mille \"no-vax\".\r\n\r\nPer chi sabato vi ha partecipato è stato lampante che fossero persone dalle provenzienze sociali, culturali e motivazionali più disparate, non più scrutabili attraverso le consolatorie eredità categoriali della società industriale (proletari o sottoproletari, borghesi, di destra o di sinistra), ma neppure con le lenti della nuova scuola sociologica delle intersezioni plurime. Ciò che si può dire con certezza invece è che uno dei fil rouge della protesta è quello della 'libertà di scelta'. Che piaccia o no, che si condivida o meno un approccio individualistico a una problematica generale, vi è qualcosa che si può leggere in filigrana e che è coerentemente conseguente alla disgregazione sociale che si diceva: chi scende in piazza contro l'obbligo al vaccino del Covid-19 e al suo pass, non è tanto chi non ha strumenti conoscitivi sufficienti a prendere decisioni in proposito per sé e per gli altri, ma chi non ha fiducia nelle informazioni che gli vengono date e non ha altro da opporre (per ora) che il proprio diniego personale.\r\n\r\nChe questo possa rappresentare un problema negli obiettivi di salute e di una possibile lotta, non c'è dubbio, ma che lo sia sul piano etico non solo è fazioso e grossolano da sostenere, ma irricevibile. Più che parlarci di spinte etiche o di afflati sociali espletati o disattesi da una parte o dall'altra, sarebbe necessario porsi qualche vecchia questione di origine epistemologica, interrogativo quanto meno doveroso se si parla di sanità e capitalismo.\r\n\r\nCosa accade quando neppure nelle élites del sapere si ha contezza della complessità dell'apparato tecno-scientifico attuale? Perché si deve accettare il precipitato politico sulla vita di tutti che decisori insondabili prendono? La fantomatica democrazia non era basata sull'idea illuministica che ognuno avrebbe potuto capire le dinamiche della gestione della cosa pubblica? 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(Qui il report dell'assemblea). Tra i numerosi appuntamenti scaturiti, la proposta di una Carovana Ambientale per la Salute dei Territori, sdoppiata su 2 direttrici, una lungo la traiettoria padana, l'altra nel Sud Italia (con destinazione Napoli).\r\n\r\nVincenzo, del Comitato di Lotta Popolare NoTav, ci ha raccontato dell'assemblea e della proposta di Carovana.\r\n\r\nIl 25-26-27 giugno la fattoria collettiva di Mondeggi compirà 7 anni. Mentre siprepara un fine settimana fitto di appuntamenti e workshop, si ripresenta però puntuale come le maledizioni. Un nuovo tentativo di privatizzare e distruggere di un'esperienza collettiva, aperta e totalmente demercificata di agricoltura.\r\n\r\nCome scrivono i compagni nel loro comunicato (qui intero) \"l'ennesima proposta di bando, che metterà all'asta la totalità della tenuta di Mondeggi, eccetto una porzione comprendente una casa colonica e un annesso agricolo, da affidare ad un soggetto giuridico terzo. Se la proposta venisse approvata, la fattoria sarebbe di nuovo a rischio alienazione e il percorso Mondeggi Bene Comune vedrebbe in pericolo la propria esistenza\".\r\n\r\nCon Antonio ripercorriamo la storia di questa esperienza unica nel suo genere\r\n\r\nIn apertura e chiusura di trasmissione alcuni interventi per ricordare Adil, il compagno dei siCobas ammazzato venerdì scorso perché difendeva i diritti dei lavoratori.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/voci_40a.mp3\"][/audio]","22 Giugno 2021","2021-06-22 18:35:50","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/Mondeggi-200x110.jpeg","TERRITORI IN RESISTENZA (NOTAV - MONDEGGI) – VOCI DALL’ANTROPOCENE (ANNO II #22) – 21/06/21",1624386950,[444],"http://radioblackout.org/tag/voci-antropocene/",[446],"voci antropocene",{"post_content":448},{"matched_tokens":449,"snippet":450,"value":451},[207,208],"alienazione e il percorso Mondeggi \u003Cmark>Bene\u003C/mark> \u003Cmark>Comune\u003C/mark> vedrebbe in pericolo la propria","Domenica 13 giugno, all'ondomani della grande marcia popolare che ha rimesso in circolo i numeri dei momenti alti del movimento No Tav si è tenuta presso il presidio di Venaus, un 'assemblea partecipata da più di 100 compagn* provenienti da ogni parte d'Italia, per discutere del \"collegamento diretto tra sfruttamento della terra, crisi climatica e ambientale, patologie cardiorespiratorie e impoverimento economico e sociale\". (Qui il report dell'assemblea). Tra i numerosi appuntamenti scaturiti, la proposta di una Carovana Ambientale per la Salute dei Territori, sdoppiata su 2 direttrici, una lungo la traiettoria padana, l'altra nel Sud Italia (con destinazione Napoli).\r\n\r\nVincenzo, del Comitato di Lotta Popolare NoTav, ci ha raccontato dell'assemblea e della proposta di Carovana.\r\n\r\nIl 25-26-27 giugno la fattoria collettiva di Mondeggi compirà 7 anni. Mentre siprepara un fine settimana fitto di appuntamenti e workshop, si ripresenta però puntuale come le maledizioni. Un nuovo tentativo di privatizzare e distruggere di un'esperienza collettiva, aperta e totalmente demercificata di agricoltura.\r\n\r\nCome scrivono i compagni nel loro comunicato (qui intero) \"l'ennesima proposta di bando, che metterà all'asta la totalità della tenuta di Mondeggi, eccetto una porzione comprendente una casa colonica e un annesso agricolo, da affidare ad un soggetto giuridico terzo. Se la proposta venisse approvata, la fattoria sarebbe di nuovo a rischio alienazione e il percorso Mondeggi \u003Cmark>Bene\u003C/mark> \u003Cmark>Comune\u003C/mark> vedrebbe in pericolo la propria esistenza\".\r\n\r\nCon Antonio ripercorriamo la storia di questa esperienza unica nel suo genere\r\n\r\nIn apertura e chiusura di trasmissione alcuni interventi per ricordare Adil, il compagno dei siCobas ammazzato venerdì scorso perché difendeva i diritti dei lavoratori.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/06/voci_40a.mp3\"][/audio]",[453],{"field":102,"matched_tokens":454,"snippet":450,"value":451},[207,208],{"best_field_score":145,"best_field_weight":405,"fields_matched":94,"num_tokens_dropped":49,"score":406,"tokens_matched":33,"typo_prefix_score":49},{"document":457,"highlight":469,"highlights":475,"text_match":143,"text_match_info":478},{"comment_count":49,"id":458,"is_sticky":49,"permalink":459,"podcastfilter":460,"post_author":52,"post_content":461,"post_date":462,"post_excerpt":55,"post_id":458,"post_modified":463,"post_thumbnail":464,"post_title":465,"post_type":342,"sort_by_date":466,"tag_links":467,"tags":468},"64873","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-20-novembre-e-commerce-e-pandemia-lo-spot-di-natale-di-amazon-le-nostre-vite-non-si-delegano-braccianti-in-trappola/",[283],"Il nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi l’escopost:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020-11-20-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 11 20 anarres\r\n\r\n\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLa crisi pandemica accelera processi già in atto da tempo, moltiplicando le tensioni sociali. Il declino della piccola borghesia dei commerci e dell’artigianato, la proletarizzazione di insegnanti e colletti bianchi, la precarietà come normale orizzonte di vita sono alcuni degli ingredienti di un cocktail che potrebbe diventare esplosivo.\r\nLa gestione governativa della pandemia, criminale sul piano sanitario, ha messo il turbo alle trasformazioni in atto. Agli enormi guadagni delle aziende dell’e-commerce fanno da contraltare i fallimenti di tanti negozi di prossimità.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Fricche\r\n\r\nLa politica delle emozioni di Amazon – lo spot di Natale del colosso dell’e-commerce\r\n\r\nSe alla crisi pandemica si aggiungono le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico e della crisi ecologica tanti nodi vengono al pettine.\r\nSabato in varie città ci saranno iniziative promosse dai promotori dell’appello per una società della cura. Un tentativo della sinistra moderata di riproporre un patto tra stato e classi subalterne che non ha la né la forza sociale per imporsi, né la capacità di ri-costruire un immaginario sociale forte.\r\nDelegare allo Stato l’educazione, la salute, i trasporti, la gestione dei conflitti, la scelta sul “bene comune” ha portato su una china scivolosa, che la crisi pandemica non ha fatto che accelerare.\r\nLe vite dei poveri sono vuoti a perdere, vite senza valore, sacrificabili. Vite che non valgono fuori dalla gabbia del produci, consuma, crepa.\r\nCe ne ha parlato Salvo Vaccaro, docente di filosofia politica all’università di Palermo\r\n\r\nCarte e frutta. Gli africani incastrati in Italia\r\n\r\nProssimi appuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 20 novembre ore 16,30 saremo in piazza Castello per il Tdor, - Trans day of remembrance\r\n\r\nMercoledì 25 novembre\r\nSenza dio, senza stato, senza famiglia. Liber*\r\nPresidio informativo contro la violenza patriarcale\r\nore 10,30 Porta Palazzo – zona orologio\r\nLe donne sfidano il patriarcato. In ogni dove.\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\nSabato 28 novembre – punto info su pandemia e crisi sociale\r\nDalle 10,30 al mercato di piazza Foroni \r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 – riunioni ogni martedì alle 21 – durante il lockdown gli orari e i giorni variano: scrivici per info\r\n\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\ncorso Palermo 46 – @Wild.C.A.T.anarcofem \r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nScrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","26 Novembre 2020","2020-11-26 15:08:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/monna-lisa-pandemica-200x110.jpg","Anarres del 20 novembre. E-commerce e pandemia. Lo spot di Natale di Amazon. Le nostre vite non si delegano. 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Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il bene comune’ alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in comune. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro comune hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38","23 Settembre 2016","2018-10-17 23:05:54","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/09/barriera-antifa-07-200x110.jpg","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto",1474643948,[491],"http://radioblackout.org/tag/macerie-su-macerie/",[493],"macerie-su-macerie",{"post_content":495},{"matched_tokens":496,"snippet":498,"value":499},[74,497],"comune’","Taking Care, progettare per il \u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune’\u003C/mark> alle presenze individuali, ai collettivi","Anarres del 23 settembre: megalopoli, gentrification, resistenza popolare e architettura; Rojava; retate al campo rom; casa Pound non sbarca in Barriera, Bayer assorbe Monsanto\r\n\r\nAscolta il podcast della puntata:\r\n\r\n2016-09-23-anarres1\r\n\r\n2016-09-23-anarres2\r\n\r\nNel nostro viaggio su Anarres – il pianeta delle utopie concrete questa settimana siamo approdati a...\r\n\r\nAbbiamo preso spunto dall'ultima, anomala, Biennale di architettura di Venezia per parlare di gentrification, megaprogetti, resistenza popolare e architettura.\r\nCi ha guidato in questo viaggio tra Europa, Sud America e Africa, Franco Buncuga, anarchico, architetto, collaboratore della rivista ApArte per la quale ha realizzato un articolo sulla Biennale.\r\n\r\nRojava – il corteo del 24 settembre a Roma: il comunicato della cdc della fai, l’appello di un combattente italiano.\r\n\r\nAppendino come Fassino: retate, arresti e fogli di via al campo rom di via Germagnano\r\n\r\nCasa Pound non sbarca in Barriera. Venerdì 23 un lungo assedio alle poche decine di fascisti radunatisi in via Baltea, la solidarietà degli abitanti, l'assenza di sostegno nel quartiere, che invece hanno riempito il giardinetto di corso Palermo angolo via Sesia, hanno decretato il flop dell'iniziativa fascista. \r\nBayer compra Monsanto: nasce il nuovo megamostro della chimica.\r\nNe abbiamo discusso con Marco Tafel\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nVenerdì 30 settembre\r\nore 21 – corso Palermo 46\r\npresentazione del libro di Alessio Lega “BAKUNIN, IL DEMONE DELLA RIVOLTA\r\nTra insurrezioni, complotti e galere i tumulti, le contraddizioni e l'incontenibile passione rivoluzionaria dell'anarchico russo” \r\nMichail Bakunin (1814-1876), nato nobile e morto in miseria, attraversa impetuosamente il suo secolo in nome di un'idea esagerata di libertà che sconvolge l'immaginario politico europeo. Pensatore rivoluzionario che tempra le sue idee nel fuoco dell'azione, accorre in difesa delle barricate di mezza Europa, collezionando condanne a morte in vari imperi e sopravvivendo a carcerazioni durissime. Deportato in Siberia, scappa – su slitte, cavalli, treni e velieri – per tornare lì dove la rivoluzione lo chiama: in un'Europa in ebollizione in cui lo aspettano altre barricate e altre insurrezioni. Vinto ma non domato, muore usurato da una vita segnata da mille sfide mentre – irresistibilmente – sta progettando nuove rivoluzioni e nuovi mondi.\r\nSabato 1 ottobre \r\nal Balon – via Andreis angolo via Borgodora (se piove in piazza della Repubblica sotto la tettoia dei casalinghi)\r\nore 10,30 – 13,30\r\nPresidio contro tutte le frontiere \r\nGiovedì 6 ottobre \r\nore 17,30\r\nai giardinetti di corso Palermo angolo via Sesia – punto info su guerra sociale e lotte nelle periferie, apericena benefit lotte sociali\r\nDocumenti\r\nComunicato-appello da parte di uno degli italiani unitosi allo YPG, scritto in occasione del corteo nazionale del 24 settembre a Roma. \r\nCiao a tutti e tutte, sono uno degli italiani che si sono uniti allo YPG, unità di difesa del popolo del Rojava. Non sono il primo e non sarò l'ultimo, in Rojava la solidarietà internazionale é molto forte e sono centinaia le persone che arrivano da ogni parte del mondo per far parte di questa rivoluzione. Siamo a conoscenza del corteo nazionale del 24 Settembre che si terrà a Roma e ciò non può che farci felici e darci sostegno e forza nel continuare a lottare.\r\nNelle ultime settimane sui giornali siamo stati chiamati terroristi, è stato detto che comunisti e anarchici vanno ad addestrarsi in Siria, vorrei dire ai giornalisti ed ai politici che si riempiono la bocca di belle parole, che questa rivoluzione non è fatta solo da comunisti o anarchici, ma anzi da curdi, arabi, assiri, ezidi, armeni, turcommanni e da tutte quelle persone che si identificano nel confederalismo democratico. La realtà è completamente diversa da quella che viene raccontata dai giornali e dal governo, i veri terroristi sono seduti nei palazzi del potere e spostano sulla scacchiera le loro pedine, un giorno amiche, un giorno nemiche, ma quando i nodi vengono al pettine e la verità viene a galla i nemici si scoprono. l'Italia è complice di questa guerra, l'Alenia fornisce elicotteri da combattimento alla Turchia per bombardare il Bakur, l'Italia è inoltre il maggior produttore di mine al mondo ed è anche grazie all'Italia se centinaia di persone sono morte o sono rimaste gravemente ferite per colpa delle migliaia di mine disseminate dall'Isis. Grazie all'accordo di 6 miliardi di euro tra unione europea e Turchia, migliaia di persone vivono in campi profughi che sono delle vere e proprie prigioni a cielo aperto. Grazie a questi soldi ricevuti dall'unione europea la Turchia sta completando la costruzione di un muro di separazione con il Rojava, con il quale si proteggono i militari che sparano senza scrupoli su chi cerca di scappare da questa guerra; sono già decine le persone uccise lungo questo confine.\r\n\r\nL'operazione di invasione del Rojava da parte della Turchia è partita già a metà agosto con la finta invasione di Jarablus, in pratica operazione di sostegno all'Isis, che per la prima volta è retrocesso senza combattere. Successivamente la Turchia ha utilizzato questa nuova postazione per far partire l'invasione di alcuni villaggi del cantone di Efrin; e in queste settimane sono state molte le provocazioni.\r\n\r\nIl rischio di una guerra aperta tra Turchia e Rojava è sempre più alto; ora più che mai è importante sostenere il confederalismo democratico a livello internazionale facendo pressioni sui governi e sugli Stati, complici e autori di questa guerra, perchè interrompano le relazioni politiche, economiche e militari con Ankara; ora più che mai è importante chiedere l'apertura delle frontiere per far entrare aiuti alimentari e medicine, beni di prima necessità che qui mancano.\r\n\r\nE' questa la vera realtà della guerra; la lotta al terrorismo è una menzogna ed è soltanto una facciata per nascondere gli interessi di governi e industrie belliche.\r\n\r\nIl mio pensiero qui in Rojava non può che andare alle migliaia di compagni e compagne caduti o rimasti gravemente feriti per far si che questa rivoluzione sia ancora in vita e prosegua il percorso verso la libertà.\r\n\r\nSperando sempre che dai semi rivoluzionari gettati qui in Rojava un giorno possano nascere fiori in tutto il mondo.\r\nBiji Rojava biji Kurdistan. \r\nSerkeftin\r\n000000\r\nLa Commissione di Corrispondenza dellaFederazione Anarchica Italiana fa propriol’appello del Gruppo Anarchico “Carlo Cafiero” – FAI di Roma, ed invita tutte le realtà federate ad attivarsi per la più ampia partecipazione allo spezzone rosso e nero alla manifestazione del 24 settembre a Roma.\r\nIl colpo di stato in Turchia ha permesso al governo turco di imporre lo stato di emergenza, e di accrescere la repressione nei confronti dei gruppi attivi nelle lotte e dei movimenti sociali. Anche i/le nostre compagni/e anarchici/che della DAF (Devrimci Anarsist Faaliyet / Azione Rivoluzionaria Anarchica) oltra a socialisti, gruppi curdi democratici sono stati colpiti dalla stretta liberticida del governo. Il giornale Meydan è stato chiuso e tre nuove indagini sono state avviate, con la scusa di essere un’organizzazione terroristica. \r\n Nelle regioni a maggioranza curda la repressione ha assunto la forma di una guerra aperta contro la popolazione, mentre gli attivisti in carcere, fra cui Abdullah Öcalan, sono costretti in condizioni inumane.\r\n La Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana, sicura di interpretare i sentimenti delle anarchiche e degli anarchici di lingua italiana, esprime la solidarietà internazionalista al popolo curdo e a tutti i popoli che vivono nelle regioni del Kurdistan, vittime dell’aggressione della Turchia, della Siria e dello Stato Islamico; esprime altresì il sostegno alla resistenza, all’autogestione dal basso ed al comunalismo, alla rivoluzione in Rojava, per il suo ulteriore sviluppo in una prospettiva libertaria; invita a mobilitarsi contro il governo italiano e le altre potenze imperialiste, grandi e piccole, dell’est e dell’ovest, che appoggiano la guerra e il progetto di annientamento del popolo curdo.\r\n000000\r\nUna Biennale d’eccezione \r\n\r\nLanciando pietre\r\n\r\nThrowing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperityi di Douglas Rushkoff se non fosse un interessante libro sugli esiti della economia digitale potrebbe essere un ottimo libro di architettura. Le pietre di cui fa cenno il titolo sono quelle che hanno gettato i residenti di alcuni quartieri di San Francisco contro i Google bus che vengono a raccogliere i dipendenti dell’omonima ditta. Attorno alle fermate dei bus dei privilegiati dell’azienda informatica gli affitti sono cresciuti in maniera talmente elevata che molti abitanti sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Una nuova forma raffinata di gentrificazioneii.\r\n\r\nRushkoff, scrittore e saggista cyberpunk e collaboratore di Timothy Leary ci descrive un mondo in cui le differenze aumentano e nel quale le promesse di maggiori opportunità e di democrazia dell’economia digitale si sono rivelate un abbaglio fatale. “Il problema è che siamo ostaggi della trappola della crescita e le tecnologie digitali, che all’inizio sembravano promettere modelli più distribuiti e partecipati per l’economia, si sono trasformate in meri acceleratori di una crescita sempre più frenetica e sorda ai bisogni della società”iii. Nel suo libro Rushkoff cerca di spiegare dove abbiamo sbagliato e per quale motivo e come sia possibile riprogrammare l’economia digitale e le nostre attività ripartendo dal basso per promuovere un’economia sostenibile per raggiungere un benessere il più diffuso possibile.\r\n\r\nNella costruzione del nostro ambiente urbano ci siamo lasciati affascinare dallo stesso meccanismo: la crescita impetuosa delle città e delle conurbazioni a causa di un mix di demografia e spinte speculative ha prodotto i modelli illusori di ‘smart city’, di città cablate super tecnologiche e la rincorsa al gigantismo ed alle emergenze dei grandi edifici simbolo, incarnazione della ‘hubris’ degli archi-star. Ora ci rendiamo conto che questa corsa alla cementificazione del pianeta produce solo macerie nel tessuto abitativo e nei legami comunitari, indispensabili per una vita in armonia con l’ambiente e il territorio.\r\n\r\nL’edizione 2016 della Biennale di Architettura di Venezia, curata dal cileno Alejandro Aravena ha come titolo Reporting from the front ed ha l’ambizione di fotografare lo stato dei lavori in quelle aree del mondo di frontiera in cui si sta preparando il futuro del nostro spazio abitativo.\r\n\r\nQuesta Biennale nelle intenzioni di Aravena si “propone dunque di condividere con un pubblico più ampio, il lavoro delle persone che scrutano l’orizzonte alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le perifereie, l’accesso a strutture igienico-sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, l’informalità, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento e la partecipazione delle comunità.”\r\n\r\nE Paolo Baratta, Presidente della Biennale aggiunge: “Ci interessa l’architettura come strumento di self-government, come strumento di una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini”.\r\n\r\nUna edizione con un programma sideralmente opposto a quello della precedente, affidata all’archistar Rem Koolhas, che mette sul tappeto molti temi che come libertari ci sono cari: l’autocostruzione, la partecipazione, la progettazione comunitaria e i processi ecologici di recupero dell’esistente insieme allo sviluppo di tecnologie appropriate condivisibili.\r\n\r\nBaratta ci ricorda che l’immaginario architettonico del secolo scorso preconizzava la costruzione di grandi centri urbani inseriti in un territorio che offriva ancora grandi spazi vergini. È stato il periodo della ‘ville radieuse’ di Le Corbusier, della realizzazione in nuovi insediamenti di grandi capitali, come Chandigar o Brasilia. Oggi gli spazi su cui gli architetti sono chiamati ad operare sono spesso enormi aree urbane abbandonate e degradate ed in ogni caso, a causa della crescita urbana e delle nuove forme di produzione post-industriale, gli spazi naturali tendono a divenire sempre più spazi interni ad una pianificazione planetaria.\r\n\r\nSpazi che le autorità non riescono più a controllare o dirigere, per mancanza di risorse economiche ma anche di nuovi strumenti operativi efficaci. Ottima situazione per chi è impegnato in prima linea, sul‘fronte’ e sperimenta nuovi modelli abitativi solidali.\r\n\r\n“una volta i villaggi ci proteggevano dalla natura oggi la natura è il nostro rifugio dalle tensioni urbane” ci ricorda nella sua installazione di video il cileno Elton Leniz invitato da Aravena.\r\n\r\nLa situazione attuale dello sviluppo del fenomeno urbano è ben fotografata nel padiglione della Sala d’armi all’Arsenale dove è esposto il Progetto Speciale ‘Conflitti dell’era urbana’ curato da Riky Burdett. Burdett descrive le due grandi spinte che tendono a definire il nostro ambiente costruito: quelle che lui definisce le Soluzioni dall’alto -quelle istituzionali e dei grandi agenti della pianificazione- su una parete del padiglione e le Soluzioni dal basso –autocostruzione, partecipazione e processi spontanei- sulla parete opposta. Tra i due estremi sono rappresentate le mappe di alcune conurbazioni rappresentative che tendono a diventare in ogni luogo del pianeta ‘il territorio’ non solo una parte dell’ambiente antropizzato: il ‘tutto costruito’ con spazi di ‘natura’ addomesticata tra i suoi interstizi, l’opposto del rapporto urbano agricolo naturale artificiale che esiste da quando esiste l’uomo civile, il prodotto della ‘civitas’, la comunità stanziale di un gruppo di uomini in un territorio definito dalla sua architettura.\r\n\r\nSi aprono spazi vuoti all’interno di queste inquietanti conurbazioni neo-plastiche e come dice Baratta, è in questi spazi, che sono il fronte in cui si combatte per definire l’assetto del nostro ambiente futuro, che dobbiamo cercare esperienze e buone pratiche da analizzare. Reporting from the Front. Con l’intento di ingenerare progetti e processi che diano risposte complesse e condivisibili e che possano divenire nuovi standard e modelli. Architetture anche di piccole dimensioni ma che presentino un’alta qualità professionale e un forte legame con le comunità che le generano.\r\n\r\nRushkoff nel suo saggio parla anche di gig economy, l’economia dei piccoli lavori on-demand, modello Uber, in poche parole il modello che vuole trasportarci dal‘diritto al lavoro’ al nessun diritto dei ‘lavoretti’. In vista di un’uberizzazione della società dobbiamo adattarci anche a una gig-architecture? A un’architettura dei progettini? Che se poi piacciono e funzionano possano essere rilanciati da qualche bella multinazionale e ri-proposti come ready made architettonici. Servono a questo i tanti collettivi, più o meno marginali o antagonisti che vediamo rappresentati in questa bella biennale? Mettere in moto qualche interessante Processo che possa poi da altri essere rivenduto come Progetto?\r\n\r\nProgetti e Processi\r\n\r\nUn discrimine da avere ben presente tra le proposte interessanti viste in questa Biennale è proprio quello di saper distinguere da chi propone progetti confezionati da rivendere alla comunità e tra chi sceglie di ingenerare processi di crescita dal basso proponendo soluzioni che diano risposte a bisogni locali che diventino poi patrimonio collettivo. È ad esempio la scelta del gruppo Ctrl+z: costruire processi in forma partecipativa che non siano isolabili dal contesto che li ha prodotti, che valgano qui e ora, con questo materiale. Un bel esempio le “atrapaniebla” le torri dell’acqua che trasformano la condensa della nebbia in acqua potabile che Ctrl+z ha presentato ai magazzini del Sale nella mostra Spazi d’Eccezione, ‘torri low-tech basate sui materiali che si possono trovare a livello locale. Grazie alla leggerezza e alla modularità. La nostra proposta si può montare in due giorni senza la necessità di gru, ponteggi o altri ausili.’ Un modello della torre è stato montato all’interno dell’Esposizione nel giardino dell’Arsenale.\r\n\r\nA poca distanza la Norman Foster Foundation, insieme alla Future Africa EPFL e ad altre fondazioni, propone una rete di drone-port, aereoporti per droni per collegare in Africa villaggi isolati in ampi territori senza altre possibilità di comunicazione efficienti. I drone-port di Foster sono l’estto opposto della proposta di Ctrl+z, si riducono ad una scatola ed un progetto realizzabile in loco grazie ad un know how centralizzato, drone-porti per ricevere attraverso velivoli teleguidati ad alta tecnologie merci da un distributore lontano, un ragno nella rete da qualche parte. La realizzazione tecnologica dell’antico ‘culto del Cargo’ caro agli antropologi.\r\n\r\nSpazi d’Eccezione\r\n\r\nI fronti da esplorare oggi non sono quello spazio piano senza limiti che sembra indicare il logo di questa edizione: una foto scattata da Bruce Chatwin che ritrae un’archeologa tedesca, Maria Reiche, sopra una scala di alluminio che osserva i tracciati di pietre del deserto peruviano di Nazca, sono fronti interni allo sviluppo planetario del capitale, luoghi di rovine, di cicatrici, di macerie, quasi sempre ‘spazi d’eccezione’ in cui le normali regole del vivere sono sospese da un potere non normato. E in quei fronti, da tempo, c’è chi lotta e costruisce alternative. Di questi lotte dà testimonianza con uno sguardo libertario l’esposizione ‘Spazi d’Eccezione’ ai Magazzini del Sale, ‘un libro, un meeting e una mostra’ organizzati dai collettivi di Escuela Moderna e S.a.L.E. Docks.\r\n\r\nCtrl+z, Recets Urbanas che abbiamo già citato e altri espositori al Sale partecipano in varie forme anche all’esposizione ufficiale e Spazi d’Eccezione ha organizzato anche un meeting interno alla Biennale nell’ambito delle Biennale Sessions, per portare argomenti misteriosamente scomparsi dal dibattito sul territorio quali il No Mose, il No Tav il No Muos e tanti alti piccoli tentativi di autogestione del territorio e delle lotte urbane. Un tentativo di intrusione riuscito all’interno della Biennale ufficiale è stato quello del colletivo ‘Detroit Resist’ presente nella mostra al Sale che si occupa in modo militante di riqualificazione urbana a Detroit, un gruppo composto da attivisti, artisti, architetti e membri della comunità. Detroit Resist ha organizzato una occupazione digitale del padiglione degli Usa che quest’anno ha come tema “The Architectural immagination” e come oggetto proprio la riqualificazione della città di Detroit con giganteschi progetti con fini speculativi.\r\n\r\nTante sono le presenze libertarie di cui varrebbe la pena dare conto, dall’allestimento del padiglione Italia affidato alla TAM associati dal titolo ‘Taking Care, progettare per il \u003Cmark>bene\u003C/mark> \u003Cmark>comune’\u003C/mark> alle presenze individuali, ai collettivi ad alcuni interessanti padiglioni nazionali. Iniziamo presentando il progetto ‘Spazi d’eccezione’ con un articolo di Paolo Martore e Massimo Mazzone. Altri seguiranno.\r\n\r\n“‘Spazi d’eccezione’ NON è un Padiglione Nazionale né un pezzo della Mostra Internazionale né un evento collaterale. ‘Spazi d’eccezione’ è quel lato in ombra a cui tutti fanno riferimento, quel Germinal, quell’humus dal quale tutti ambiguamente attingono, ma di cui nessuno parla mai con chiarezza.”iv Così Massimo Mazzone portavoce di Escuela Moderna nella sua introduzione al catalogo dell’esposizione.\r\n\r\nIn uno dei tanti padiglioni che trattavano di autocostruzione tra le varie indicazioni operative figurava anche la dicitura: ‘quando e in quali luoghi è opportuno accettare situazioni diffuse di illegalità marginale per favorire la costituzione di comunità…’\r\n\r\nNell’installazione di Recetas Urbanas nel padiglione all’Arsenale, all’interno della Biennale, si rivendicava il ‘diritto’ all’illegalità in situazioni di necessità: ecco la differenza che conta con la mostra istituzionale e che appare filo conduttore dell’esposizione al Sale.\r\n\r\nTolleranza dall’alto rivendicazione dal basso. Le varie gradazioni di questo rapporto segnano il sottile confine tra una social democrazia eterodiretta ed una comunità viva con fermenti libertari. Di ciò soprattutto dà testimonianza Spazi d’eccezione.\r\n\r\nViene a proposito il post di Marco Baravalle, animatore di ‘S.a.L.E. Docks’ e curatore di ‘Spazi d’eccezione’ insieme a Massimo Mazzone, a commento della cancellazione della performance Rebootati al padiglione Uruguaiano da parte della direzione della Biennale: “L'arte e l'architettura amano l'informalità quando si lascia rappresentare. Questo è l'essenza del pauperismo: fare dei poveri un soggetto immobile, procedere al saccheggio culturale oltre che a quello materiale. Ad essi è consentito solo di partecipare (solitamente a ciò che è già stato scelto), ad essi è consentito di attivarsi in quanto comunità (che parola è?) su sollecitazione dell'artista o dall'architetto di turno. Che l'illegalità sia individuale, di massa, dettata dalla fame o orientata politicamente, essa è una necessità legata alla sopravvivenza, al miglioramento delle proprie condizioni sociali o ad un nuovo modo di vivere in \u003Cmark>comune\u003C/mark>. Secondo qualcuno queste sono anche le priorità dell'architettura.”\r\n\r\n“Spazi d’eccezione credo sia un’ottima risposta e contemporaneamente una vetrina –anche se parziale- di tante praticabili ipotesi di lavoro. Spazi di Eccezione serve a mostrare alcune delle tante iniziative di libertà che combattono sul fronte del costruito che con difficoltà e determinazione stanno cercando di mettersi in rete e acquistare forma visibile.\r\n\r\nÈ in questa ottica che le esperienze contenute in questo lavoro \u003Cmark>comune\u003C/mark> hanno un senso, sono alfabeti, sillabe di linguaggi base per ricreare mondi con parole, azioni, fantasie di pratiche condivise. L’espressione di volontà che già esistono e balbettano futuri di libertà e testimonianza necessaria di un filone regressivo nelle pratiche progettuali e nella pianificazione urbana e territoriale che ritorna dominante nel panorama contemporaneo. Pratiche attive da sempre ma che ritornano visibili.\r\n\r\nRebuilding from the front, non Reporting. Un’azione attiva, non una passiva. Non un centro che va a vedere una periferia ma una periferia –anche interna- che ritrova/reinventa la propria forma. Non riportare dal fronte ma ricostruire dal fronte, partendo da ciò che già esiste nel presente, secondo l’insegnamento di Peter Kropotkin, senza ideologie, attraverso sperimentazioni continue.\r\n\r\nCominciamo dunque a ricostruire il mondo partendo dal fronte, da dove si combatte ogni giorno per dare forma a spazi di libertà, spazi che esistono in luoghi marginali, su fratture tettoniche, in Rojava e nelle nostre metropoli, che si parlano in rete e si reinventano quotidianamente, TAZ, zone temporaneamente autonome che anche clonate o colonizzate restano vive altrove, affreschi che occupano spazi e pareti e spariscono coperti da una mano di Blu, seppellendo con una risata gli affanni del mercato.”v\r\n\r\n\r\ni Throwing Rocks at the Google Bus: How Growth Became the Enemy of Prosperity (Tirare pietre al bus di Google: come la crescita è diventata la nemica della prosperità) Douglas Rushkoff, Portfolio, 2016.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nii Per gentrificazione si intende la trasformazione di un quartiere popolare o degradato in zona abitativa di pregio, con conseguente cambiamento della composizione sociale e dei prezzi delle abitazioni.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niii ‘Il Digitale era un’utopia. Ora è un incubo Monopolista’, di Giuliano Aluffi in il Venerdì della Repubblica, 26 maggio 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\niv Spazi d’eccezione, a cura di Escuela Moderna – S.a.L.E. Docks; Milieu,pag.9 edizioni, Milano 2016\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nv idem pag.38",[501],{"field":102,"matched_tokens":502,"snippet":498,"value":499},[74,497],{"best_field_score":145,"best_field_weight":405,"fields_matched":94,"num_tokens_dropped":49,"score":406,"tokens_matched":33,"typo_prefix_score":49},6637,{"collection_name":342,"first_q":69,"per_page":275,"q":69},10,["Reactive",508],{},["Set"],["ShallowReactive",511],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f2rqj-coNAvGYNUHUnRWAPzUHCll__UD6un6CYiZweKw":-1},true,"/search?query=bene+comune"]