","Il gioco delle poltrone, il walzer delle alleanze","post",1355319046,[58,59,60,61],"http://radioblackout.org/tag/berlusconi/","http://radioblackout.org/tag/governo/","http://radioblackout.org/tag/monti/","http://radioblackout.org/tag/populismo/",[63,64,17,12],"berlusconi","governo",{"post_content":66,"tags":71},{"matched_tokens":67,"snippet":69,"value":70},[68],"Berlusconi","discesa in campo di Silvio \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> ha catalizzato i commenti politici","La sesta discesa in campo di Silvio \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> ha catalizzato i commenti politici di questi giorni.\r\n\u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark>, forse sotto la spinta delle proprie disavventure giudiziarie, ha deciso di giocare il tutto per tutto. Dopo aver votato ogni provvedimento del governo Monti, il cavaliere torna e si vende come l'anti Monti, l'interprete del sentimento popolare nei confronti della crisi, quello che non si piega ai dicktat dell'UE o degli odiati \"tedeschi\".\r\nUn bel minestrone populista con il quale \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> prova a restare a galla, riprendendosi un po' dei voti incamerati dal Movimento 5S.\r\nLa mossa di \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> potrebbe portare ad una candidatura Monti, che rischia di riaprire un gioco delle poltrone, già dato per concluso nelle scorse settimane.\r\nSullo sfondo una crisi che continua a mordere la vite dei più, l'allontanarsi dalla politica istituzionale di sempre più persone, l'affacciarsi timido di percorsi politici extraistituzionali.\r\nNe abbiamo parlato con Marco Revelli, sociologo ed attento \u003Cmark>oss\u003C/mark>ervatore delle dinamiche sociali.\r\nAscolta la diretta:[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/12/revelli-politica2.mp3\"]Scarica l'audio",[72,75,77,79],{"matched_tokens":73,"snippet":74},[63],"\u003Cmark>berlusconi\u003C/mark>",{"matched_tokens":76,"snippet":64},[],{"matched_tokens":78,"snippet":17},[],{"matched_tokens":80,"snippet":12},[],[82,85],{"field":83,"matched_tokens":84,"snippet":69,"value":70},"post_content",[68],{"field":32,"indices":86,"matched_tokens":87,"snippets":89},[44],[88],[63],[74],1155199637401895000,{"best_field_score":92,"best_field_weight":93,"fields_matched":11,"num_tokens_dropped":44,"score":94,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},"1112369528832",14,"1155199637401895026",{"document":96,"highlight":118,"highlights":124,"text_match":90,"text_match_info":127},{"cat_link":97,"category":98,"comment_count":44,"id":99,"is_sticky":44,"permalink":100,"post_author":47,"post_content":101,"post_date":102,"post_excerpt":50,"post_id":99,"post_modified":103,"post_thumbnail":104,"post_thumbnail_html":105,"post_title":106,"post_type":55,"sort_by_date":107,"tag_links":108,"tags":116},[41],[43],"36134","http://radioblackout.org/2016/05/pannella-uno-show-man-liberale-ai-tempi-della-prima-repubblica/","“Il confuso scarmazzo che accompagna la dipartita di Giacinto, detto Marco, Pannella è il prodotto della mancata propensione alle valutazioni chiare e distinte che, se praticate, risparmierebbero al buon popolo molti patimenti spirituali.\r\n L'uomo era, è non è un segreto, l'erede, non sto qui a valutare quanto legittimo, di una una corrente politica non spregevole, anzi, quella sinistra liberale che annovera fra i suoi numi tutelari Piero Gobetti, i fratelli Rosselli et alios.\r\n Solo che rispetto a quella corrente si caratterizza per la sua - e non è un complimento, è solo una presa d'atto - modernità. Pur essendo nato prima della guerra è un liberale sessantottino, un ossimoro politico forse ma un ossimoro che ha funzionato.\r\n Anticonformismo, gusto dell'eccesso, esibito narcisismo, mancanza di cultura e progetto politico, una punta di cialtroneria concorrono a farne l'antesignano di leader politici venuti dopo come espressione della personalizzazione della politica.\r\n Era dunque, senza sé e senza ma, un occidentalista? Assolutamente si né pretendeva di essere altro. Era, per certi versi, insopportabile? Sicuramente ma era figlio di un paese che prevedeva, sino al 1976, si fino al 1976, il delitto d'onore, che, se si pensa alla violenza contro le donne, si caratterizzava per una legislazione che poco ci mancava che le condannasse nel caso di violenza, un paese influenzato da un moralismo veterocattolico, che aveva al governo un partito clericale e all'opposizione, a destra, un partito fascista e, a sinistra, un partito stalinista, un paese che grazie alle sue profonde distorsioni interne si è \"modernizzato\" anche grazie al partito radicale.\r\n Modernizzato, non rivoluzionato, basta ricordarlo per ridimensionare i toni.”\r\n\r\nAbbiamo tratto spunto da questo “coccodrillo” di Cosimo Scarinzi girato sui social media per fare una riflessione a tutto tondo sugli anni Settanta, sul declino inesorabile della corrente liberal socialista di “Giustizia e Libertà”, sull'emergere di elementi populisti e di leadership carismatica, che segneranno il trapasso dalla prima alla seconda repubblica. Un passaggio il cui nume tutelare sarà Bettino Craxi, l'uomo che ha trasformato e cambiato pelle al partito che fu di Nenni, per passare il testimone al suo sponsor, Silvio Berlusconi.\r\n Pannella introdurrà elementi di trasformismo veloce, in un partito leggero, nel tempo sempre più liberale e liberista che non libertario, che anticipano di decenni alcuni elementi chiave della politica del nuovo millennio tra le Alpi e i Nebrodi.\r\n Inutile dire che le leggi, tutte le leggi, sono la rappresentazione ritualizzata dei rapporti di forza all'interno della società.\r\n Il cambiamento di cui Pannella si fece corifeo, stava incidendo nel profondo la società italiana, ed era agito da migliaia di uomini e donne, che si erano liberati dal giogo clericale e premevano perché la sudditanza al Vaticano sancita da tante leggi dell'ordinamento repubblicano venissero cancellate.\r\n\r\nGiacinto, detto Marco, concluderà da par suo la propria avventura politica ed essenziale con un ultimo colpo di teatro: la lettera a Bergoglio e il rientro tra le braccia di madre chiesa.\r\n Indimenticabile e forse di maggior impatto della conversione in pista di volo, la sua sortita in divisa Croata a sostegno dell'intervento dell'Italia in ex Jugoslavia.\r\n\r\nAscolta la diretta con Cosimo:\r\n\r\n2016-05-24-scarinzi-pannella","24 Maggio 2016","2016-05-25 23:29:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/pannella-scalfari-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"197\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/pannella-scalfari-300x197.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/pannella-scalfari-300x197.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/pannella-scalfari-768x503.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/05/pannella-scalfari.jpeg 990w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Pannella. 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Sicuramente ma era figlio di un paese che prevedeva, sino al 1976, si fino al 1976, il delitto d'onore, che, se si pensa alla violenza contro le donne, si caratterizzava per una legislazione che poco ci mancava che le condannasse nel caso di violenza, un paese influenzato da un moralismo veterocattolico, che aveva al governo un partito clericale e all'opposizione, a destra, un partito fascista e, a sinistra, un partito stalinista, un paese che grazie alle sue profonde distorsioni interne si è \"modernizzato\" anche grazie al partito radicale.\r\n Modernizzato, non rivoluzionato, basta ricordarlo per ridimensionare i toni.”\r\n\r\nAbbiamo tratto spunto da questo “coccodrillo” di Cosimo Scarinzi girato sui social media per fare una riflessione a tutto tondo sugli anni Settanta, sul declino inesorabile della corrente liberal socialista di “Giustizia e Libertà”, sull'emergere di elementi populisti e di leadership carismatica, che segneranno il trapasso dalla prima alla seconda repubblica. 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Grazie alla mobilitazione sviluppatesi in queste settimane nel Paese è stato fatto solo un primo, piccolo passo avanti rispetto alla drastica modifica proposta in un primo tempo dalla Ministra Fornero, e la soluzione trovata per i licenziamenti economici individuali è suscettibile ancora di ulteriori miglioramenti in Parlamento per quanto concerne alcune parti del testo, dato che rappresenta un complicato percorso che difficilmente potrà portare al reintegro per il lavoratore illegittimamente licenziato per motivi economici, come ha ammesso perfino lo stesso presidente del Consiglio Monti, che ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”.\r\n\r\nLICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI PLURIMI (non più di 4 nell’arco di 120 giorni)\r\nNel disegno di legge, per i licenziamenti economici che non siano “manifestamente insussistenti” è previsto solo l'indennizzo, da 12 a 24 mensilità. In pratica l'azienda licenzierebbe il lavoratore “per motivi economici”; entro 7 giorni la Direzione Territoriale del Lavoro convoca azienda e lavoratore per la “conciliazione obbligatoria”, che ha per obiettivo la determinazione di un indennizzo condiviso da entrambe le parti; se non c'è l'accordo il lavoratore può ricorrere al Giudice il quale, con rito abbreviato, dovrà valutare se la motivazione economica sia valida e non nasconda in realtà intenzioni “discriminatorie”. Il Giudice però non può entrare nel merito delle valutazioni tecniche, organizzative e produttive del datore di lavoro che licenzia, e la riforma aggiunge che se lo fa, la sua sentenza può essere impugnata. Se il Giudice non troverà motivi per contestare la causale scelta dall'azienda, darà il via libera al licenziamento e il lavoratore perderà anche l'indennizzo.\r\nL’aspetto davvero singolare di questo disegno di legge è che se il datore di lavoro non riesce a giustificare l’esistenza del motivo economico, e il licenziamento è “illegittimo”, mentre prima la regola era ordinare il reintegro, adesso il Giudice condanna al pagamento di una indennità, da 12 a 24 mesi di stipendio e non può ordinare il reintegro, anche se la ragione economica non è giustificata. È palesemente una norma che ne premia l’uso disinvolto da parte di imprenditori con pochi scrupoli: se il datore di lavoro non riesce a provare un motivo per licenziare e il Giudice stabilisce che il licenziamento è infondato, perché mai non si dovrebbe essere automaticamente reintegrati sul posto di lavoro? Sembra un assurdità, una bestemmia, ma in effetti è così. Il legislatore ha previsto dunque un modo confuso e scorretto di regolarsi di fronte a un atto giudicato illegittimo, il cui riconoscimento dovrebbe ripristinare come logica conseguenza lo stato antecedente. Sarebbe dunque lecito aspettarsi che il testo del disegno di legge subisca una riscrittura in ambito parlamentare.\r\nNel caso invece di “illegittimità del licenziamento per manifesta insussistenza”, l’onere della prova si sposta sul lavoratore, che, in un nuovo processo, dovrà farsi carico di assumere una pletora di psicologi, investigatori, ricercatori, per dimostrare la «manifesta insussistenza», cioè un motivo chiaro ed evidente: in pratica deve dimostrare che si ricada nella discriminazione, o che l’antipatia da parte del datore di lavoro sia stata mascherata da una ragione economica. Inoltre, secondo il testo, il Giudice anche nel caso di accertata e riconosciuta la «manifesta insussistenza» non è obbligato, ma «può» ordinare il reintegro, cioè esso non scatta automaticamente. \r\n\r\nAlcune considerazioni:\r\na) l’articolo 18 non è la causa della precarietà esistente\r\n1) è dimostrato dal fatto che nelle aziende fino a 10 dipendenti, dove non vige l’art. 18 e non c’è il sindacato, nel 2010 su 332.620 assunzioni solo 112.910 (il 33%) erano a tempo indeterminato, mentre le altre erano tutte tempi determinati e stagionali.\r\n2) Il tasso degli assunti a tempo indeterminato, esclusi gli stagionali, nelle aziende sotto i 10 dipendenti, è poi quasi identico a quello delle imprese con oltre 500 dipendenti (il 47% nelle microimprese contro il 46,6% nelle grandi). Se aggiungiamo gli stagionali, la precarietà nelle imprese dove non vige lo statuto dei lavoratori con il suo art. 18 sale addirittura a livelli nettamente superiori a quello delle grandi imprese! (v. Patta)\r\nLa realtà quindi è che l’occupazione cresce o diminuisce, non a causa dell’articolo 18, ma secondo l’andamento del ciclo economico e secondo le leggi sul mercato del lavoro approvate nel frattempo (pacchetto Treu e legge 30 Biagi)..\r\nb) Come farà il Giudice a dimostrare l’insussistenza senza indagare nell’economia dell’azienda? Il disegno di legge rischia di essere fortemente lesivo dell’autonomia del Giudice nella decisione relativa al possibile reintegro. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento oggi è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza alcuna ingerenza da parte del Giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, in quanto questi sono considerati espressione della libertà di iniziativa economica dell' imprenditore. \r\nc) Il disegno di legge dice poi che l'indennità di 12-24 mesi si applica in “tutti gli altri casi di illegittimità che non siano manifesti”. Qui il problema più importante è quello di sapere quali sarebbero questi ulteriori casi, e soprattutto se essi comprendono le ipotesi di cosiddetto licenziamento “speculativo”, non connesso ad una difficoltà aziendale di tipo economico o organizzativo, ma solo alla ricerca di un maggior profitto a scapito del lavoratore.\r\n\r\nd) L'articolo 18 è anche un'arma preziosissima per il precario che nei fatti svolge un lavoro da dipendente: Senza l'articolo 18 il lavoratore non può denunciare il datore di lavoro che usa in maniera truffaldina il lavoro precario come lavoro subordinato e quindi non può farsi assumere a tempo indeterminato \r\n \r\ne) la possibilità di licenziare esiste già ampiamente in Italia\r\na) In base alle leggi esistenti (art. 30 della legge 183 del 2010, legge 604 del 1966 e 223 del 1991) e ai Contatti Collettivi Nazionali, i datori di lavoro possono licenziare, riducendo il personale e mettendo in mobilità i lavoratori. La legge legge 604 del 1966 prevede che il licenziamento individuale può essere liberamente intimato sia per motivi oggettivi di carattere economico (ragioni tecniche organizzative e produttive, nelle quali sono normalmente richiamati motivi economici, crisi, calo di domanda, diminuzione dei costi, riorganizzazione, ecc.) sia per motivi soggettivi dovuti al notevole inadempimento agli obblighi contrattuali del lavoratore o ad una colpa grave costituente “giusta causa” (le mancanze disciplinari del lavoratore). Vi è poi la possibilità, ampia ed incondizionata, di riduzione del personale con i licenziamenti collettivi (legge 223/91): tale normativa richiede solamente il rispetto di una procedura e di una verifica giudiziaria per eliminare tutti i lavoratori che l’azienda ritiene in esubero.\r\nb) i licenziamenti per riduzione di personale avvengono quotidianamente da parte di aziende con meno di 16 dipendenti, che non hanno altro onere che quello di pagare un'indennità di preavviso molto più bassa di quella prevista in altri Paesi europei: solo ove un Giudice accerti che le motivazioni addotte non sono vere, dovrà pagare un'ulteriore indennità, comunque non superiore a sei mensilità\r\nc) nel 2010, sono stati estromessi in forma lecita dal mercato del lavoro (parzialmente o in maniera definitiva tramite cassa integrazione, disoccupazione, mobilità) circa 4 milioni di lavoratori, un terzo del totale iscritto all’istituto previdenziale: il totale è consultabile nel Bilancio 2010 dell’Inps\r\nd) Se guardiamo le imprese sopra i 500 dipendenti che, secondo alcuni, sarebbero il santuario del posto fisso, apprendiamo dall’Istat che il turn over è stato, nel 2010, mediamente di 113 assunti a fronte di 122 in uscita.\r\ne) L'Italia (con il Belgio) è l'unico paese nel quale la legge non garantisce un periodo minimo di preavviso, in molti ordinamenti superiore al mese. L'Italia è uno dei pochi paesi europei che non riconosce alcuna forma di indennizzo economico per chi è licenziato legittimamente\r\nf) La giurisprudenza italiana degli ultimi anni ha progressivamente \"liberalizzato\" il licenziamento per giustificato motivo oggettivo; un orientamento che il governo Berlusconi ha inteso rafforzare con la norma del “Collegato lavoro” che preclude al Giudice di estendere il proprio controllo \"al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro\" (art. 30, co. 1,l. n. 183/2010).\r\ng) In Italia c’è un vero “discount\" delle braccia l’80% dei pochi nuovi assunti ha un contratto a termine di quale altra flessibilità in uscita hanno bisogno le imprese?\r\n\r\nf) più libertà di licenziare non porta le imprese ad assumere\r\na) Su tredici ricerche realizzate, nove di esse danno risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr. T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets, Princeton University Press 2008).\r\nb) Perfino O. Blanchard, del Fondo Montario Internazionale, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O. Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”, Economic policy 2006). v. Emiliano. Brancaccio.\r\nc) È la domanda aggregata di merci e servizi che manca, arrivano poche commesse, i dipendenti che già ci sono bastano e avanzano, c'è la crisi dei consumi: ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni.\r\nd) dopo la riforma del 2003, che ha aumentato la cosiddetta flessibilità (licenziabilità) in Italia e che l’ha resa superiore ad altri paesi come Francia, Germania e Inghilterra, i nostri indici occupazionali sono peggiorati. Anche la legge 30 “Biagi” è stata approvata col fine di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti\r\ne) Non esiste un solo precedente, nella storia dell’industria italiana, in cui la flessibilità nel mercato del lavoro abbia portato a un più alto senso di responsabilità delle imprese. Non c’è alcuna ragione logica per pensare che le imprese, una volta libere di licenziare, acconsentiranno poi volentieri ad assumere\r\ng) con la crisi il problema è fermare i licenziamenti, non facilitarli I dati ISTAT segnalano, nello scorso anno, una riduzione di un milione di giovani occupati rispetto al 2008: se a questo dato aggiungiamo l'aumento della cassa integrazione del 21% nel marzo 2012 e il blocco delle pensioni, che ha impedito a 800 mila giovani di entrare nel mondo del lavoro nei prossimi tre anni, si comprende a quale ecatombe sociale siamo di fronte. Il tema principale dovrebbe essere la crescita, ma su questo il governo Monti non c'è.\r\nh) l’indice di protezione contro i licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, elaborato dall’Ocse è in Italia inferiore a quello dei nostri principali concorrenti Francia e Germania (rispettivamente 1,69 contro 2,60 e 2,85 nel 2008). La scarsa dinamica della produttività non è dunque imputabile a lavoratori perché protetti dall’art. 18, come dimostrano i dati, ma semmai alla scarsa innovazione tecnologica e organizzativa e al mancato adeguamento della specializzazione produttiva.\r\n\r\nLICENZIAMENTO DISCIPLINARE\r\nCon il sistema vigente, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, il Giudice dispone il reintegro del lavoratore stesso e condanna il datore di lavoro al pagamento di tutti gli stipendi dalla data di estromissione dal servizio e sino a quella della reintegra. Con la riforma recentissimamente cambiata, invece, il giudice, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, può decidere il reintegro o la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo. Decide il reintegro per insussistenza dei fatti contestati ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base «delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Il giudice avrà la facoltà di decidere in base al criterio della proporzionalità dell'infrazione disciplinare commessa rispetto alla sanzione che deve essere applicata, come prevede l'articolo 2106 del Codice Civile. Ciò gli consente una valutazione discrezionale della proporzionalità della sanzione applicata (cioè il licenziamento) rispetto all'infrazione commessa..\r\nAlcune considerazioni:\r\na) Che il legislatore abbia previsto la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo, appare un’aberrazione giuridica a tutti gli effetti, oltre che una palese ingiustizia nei confronti del lavoratore.\r\nb) Se dovesse passare la nuova normativa, sarebbe il Giudice a decidere tutto e dovrebbe essere il lavoratore a dimostrare che il licenziamento è così particolarmente ingiusto, da richiedere la sanzione della reintegra. Insomma, si avrebbe una sorta di inversione dell’onere della prova. Oggi è il datore di lavoro che deve dimostrare che ha licenziato giustamente, domani sarebbe il lavoratore a dover dimostrare che è stato ingiustamente licenziato. Siamo allo stravolgimento definitivo del sistema di tutele garantito dallo Statuto dei lavoratori.\r\nc) Sino ad oggi un lavoratore licenziato illegittimamente e reintegrato per ordine del Giudice percepiva tutte le mensilità dalla data dell’illegittimo licenziamento sino a quella della reintegra. Questo, ovviamente, costituiva un grosso deterrente per le imprese che, prima di procedere ad un licenziamento, ponderavano attentamente le eventuali conseguenze. Da domani non sarà più così, quindi diventa meno rischioso e più economico il licenziamento disciplinare rispetto a prima. Ben più ragionevole sarebbe una norma che prevedesse l'obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per l'intero periodo, a prescindere dalla copertura offerta dalla indennità di disoccupazione.\r\n\r\nLICENZIAMENTI DISCRIMINATORI\r\n\r\nViene mantenuto il reintegro nel posto di lavoro.\r\na) I licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione, italiana, o internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento il divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti, perché c’è sempre stato, grazie alla legge 108 del 1990, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età.\r\n\r\n b) i casi in cui un Giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L'onere di dimostrare l'intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive.\r\nLICENZIAMENTI COLLETTIVI\r\n\r\nL’art. 15 del disegno di legge tratta i licenziamenti collettivi, introducendo un gravissimo peggioramento della disciplina. Attualmente per le violazioni procedurali la sanzione per l’Azienda sarebbe unicamente quella economica, mentre la sanzione di reintegra sarebbe limitata alla violazione dei soli criteri di scelta dei licenziati. Cosa accade ora? Per questo tipo di licenziamenti ci devono essere due comunicazioni da parte del datore di lavoro: quella in cui annuncia la decisione generale, con il numero dei licenziati, e poi quella finale, grazie alla quale il singolo conosce i criteri per i quali è finito tra i licenziati. Ebbene, la prima comunicazione, anche se scorretta, non sarà più impugnabile per errori procedurali, perché si intende «sanata dall'accordo sindacale» eventualmente raggiunto. La seconda è impugnabile dal singolo lavoratore, ma l'errore procedurale non darà più luogo al reintegro, ma solo a un indennizzo da 12 a 24 mensilità. Il reintegro c'è solo nella rara eventualità che il lavoratore riesca a indicare un collega che avrebbe dovuto essere licenziato al posto suo: un’assurda guerra tra poveri! Il rendiconto dell’utilizzo dei criteri di scelta dei licenziati è un documento delicatissimo, sulla cui regolarità si è molto spesso giocata la sorte delle procedure di esubero.\r\nSe non venisse modificato questo disegno di legge, il datore di lavoro avrebbe convenienza a fare 5 o più licenziamenti invece di 4, ossia un licenziamento collettivo al posto di 4 licenziamenti individuali, perché così facendo si sottrarrebbe al rischio della reintegra nel posto di lavoro, rientrando nella più permissiva disciplina dei licenziamenti collettivi.\r\n\r\n IL PUBBLICO IMPIEGO\r\nL'articolo 2 del Disegno di legge chiarisce: \"Le disposizioni della presente legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni\". Le nuove norme, dunque, si estendono anche ai dipendenti di Ministeri, Enti locali ecc. Il secondo comma specifica tuttavia che sarà il Parlamento a conferire apposita delega al ministro per la P. a., Patroni Griffi, sentiti i sindacati, per individuare e definire \"gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione\" tra la nuova normativa e le leggi speciali che sinora hanno \"tutelato\" il comparto pubblico.\r\nAttualmente tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori, quindi se l’art. 18 viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato infatti recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) anche se le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato.\r\nCONCLUSIONE ARTICOLO 18 \r\nIl punto centrale della questione è l’illegittimità del licenziamento: se il licenziamento e' illegittimo la sanzione deve essere il reintegro, e non ci possono essere sanzioni differenti. A uguale reato uguale sanzione, perché questo prevedono la Costituzione e la stessa Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che esige (art. 30 Carta di Nizza) la tutela dei lavoratori contro ogni licenziamento ingiustificato. Al di fuori della giusta causa o del giustificato motivo, il licenziamento è nullo: lo prevede il Codice civile, la legge n. 604 del 15 luglio 1966 ma anche il diritto internazionale (Convenzione OIL n. 158/82). Il lavoro non è una concessione dell’imprenditore, ma il fondamento della Repubblica Italiana, che non può essere semplicemente lasciato all’onestà del datore di lavoro.\r\n\r\n\r\n(contributo di Franco di Pinerolo ricevuto su blackoutinfo@autistici.org)","19 Aprile 2012","2012-04-19 14:50:45","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"152\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-300x152.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18-300x152.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/04/art-18.jpg 316w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","ARTICOLO 18: MOLTA FLEX POCA SECURITY",1334846992,[143],"http://radioblackout.org/tag/art-18/",[19],{"post_content":146},{"matched_tokens":147,"snippet":148,"value":149},[68],"un orientamento che il governo \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> ha inteso rafforzare con la","Il significato dell’art. 18 consisteva nel diritto della lavoratrice e del lavoratore di essere reintegrati nel posto di lavoro da parte del Giudice quando veniva accertata l’illegittimità del licenziamento ordinato dal datore di lavoro. Grazie alla mobilitazione sviluppatesi in queste settimane nel Paese è stato fatto solo un primo, piccolo passo avanti rispetto alla drastica modifica proposta in un primo tempo dalla Ministra Fornero, e la soluzione trovata per i licenziamenti economici individuali è suscettibile ancora di ulteriori miglioramenti in Parlamento per quanto concerne alcune parti del testo, dato che rappresenta un complicato percorso che difficilmente potrà portare al reintegro per il lavoratore illegittimamente licenziato per motivi economici, come ha ammesso perfino lo stesso presidente del Consiglio Monti, che ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”.\r\n\r\nLICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI PLURIMI (non più di 4 nell’arco di 120 giorni)\r\nNel disegno di legge, per i licenziamenti economici che non siano “manifestamente insussistenti” è previsto solo l'indennizzo, da 12 a 24 mensilità. In pratica l'azienda licenzierebbe il lavoratore “per motivi economici”; entro 7 giorni la Direzione Territoriale del Lavoro convoca azienda e lavoratore per la “conciliazione obbligatoria”, che ha per obiettivo la determinazione di un indennizzo condiviso da entrambe le parti; se non c'è l'accordo il lavoratore può ricorrere al Giudice il quale, con rito abbreviato, dovrà valutare se la motivazione economica sia valida e non nasconda in realtà intenzioni “discriminatorie”. Il Giudice però non può entrare nel merito delle valutazioni tecniche, organizzative e produttive del datore di lavoro che licenzia, e la riforma aggiunge che se lo fa, la sua sentenza può essere impugnata. Se il Giudice non troverà motivi per contestare la causale scelta dall'azienda, darà il via libera al licenziamento e il lavoratore perderà anche l'indennizzo.\r\nL’aspetto davvero singolare di questo disegno di legge è che se il datore di lavoro non riesce a giustificare l’esistenza del motivo economico, e il licenziamento è “illegittimo”, mentre prima la regola era ordinare il reintegro, adesso il Giudice condanna al pagamento di una indennità, da 12 a 24 mesi di stipendio e non può ordinare il reintegro, anche se la ragione economica non è giustificata. È palesemente una norma che ne premia l’uso disinvolto da parte di imprenditori con pochi scrupoli: se il datore di lavoro non riesce a provare un motivo per licenziare e il Giudice stabilisce che il licenziamento è infondato, perché mai non si dovrebbe essere automaticamente reintegrati sul posto di lavoro? Sembra un assurdità, una bestemmia, ma in effetti è così. Il legislatore ha previsto dunque un modo confuso e scorretto di regolarsi di fronte a un atto giudicato illegittimo, il cui riconoscimento dovrebbe ripristinare come logica conseguenza lo stato antecedente. Sarebbe dunque lecito aspettarsi che il testo del disegno di legge subisca una riscrittura in ambito parlamentare.\r\nNel caso invece di “illegittimità del licenziamento per manifesta insussistenza”, l’onere della prova si sposta sul lavoratore, che, in un nuovo processo, dovrà farsi carico di assumere una pletora di psicologi, investigatori, ricercatori, per dimostrare la «manifesta insussistenza», cioè un motivo chiaro ed evidente: in pratica deve dimostrare che si ricada nella discriminazione, o che l’antipatia da parte del datore di lavoro sia stata mascherata da una ragione economica. Inoltre, secondo il testo, il Giudice anche nel caso di accertata e riconosciuta la «manifesta insussistenza» non è obbligato, ma «può» ordinare il reintegro, cioè esso non scatta automaticamente. \r\n\r\nAlcune considerazioni:\r\na) l’articolo 18 non è la causa della precarietà esistente\r\n1) è dimostrato dal fatto che nelle aziende fino a 10 dipendenti, dove non vige l’art. 18 e non c’è il sindacato, nel 2010 su 332.620 assunzioni solo 112.910 (il 33%) erano a tempo indeterminato, mentre le altre erano tutte tempi determinati e stagionali.\r\n2) Il tasso degli assunti a tempo indeterminato, esclusi gli stagionali, nelle aziende sotto i 10 dipendenti, è poi quasi identico a quello delle imprese con oltre 500 dipendenti (il 47% nelle microimprese contro il 46,6% nelle grandi). Se aggiungiamo gli stagionali, la precarietà nelle imprese dove non vige lo statuto dei lavoratori con il suo art. 18 sale addirittura a livelli nettamente superiori a quello delle grandi imprese! (v. Patta)\r\nLa realtà quindi è che l’occupazione cresce o diminuisce, non a causa dell’articolo 18, ma secondo l’andamento del ciclo economico e secondo le leggi sul mercato del lavoro approvate nel frattempo (pacchetto Treu e legge 30 Biagi)..\r\nb) Come farà il Giudice a dimostrare l’insussistenza senza indagare nell’economia dell’azienda? Il disegno di legge rischia di essere fortemente lesivo dell’autonomia del Giudice nella decisione relativa al possibile reintegro. Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento oggi è rimesso alla valutazione del datore di lavoro, senza alcuna ingerenza da parte del Giudice circa la scelta dei criteri di gestione dell'impresa, in quanto questi sono considerati espressione della libertà di iniziativa economica dell' imprenditore. \r\nc) Il disegno di legge dice poi che l'indennità di 12-24 mesi si applica in “tutti gli altri casi di illegittimità che non siano manifesti”. Qui il problema più importante è quello di sapere quali sarebbero questi ulteriori casi, e soprattutto se essi comprendono le ipotesi di cosiddetto licenziamento “speculativo”, non connesso ad una difficoltà aziendale di tipo economico o organizzativo, ma solo alla ricerca di un maggior profitto a scapito del lavoratore.\r\n\r\nd) L'articolo 18 è anche un'arma preziosissima per il precario che nei fatti svolge un lavoro da dipendente: Senza l'articolo 18 il lavoratore non può denunciare il datore di lavoro che usa in maniera truffaldina il lavoro precario come lavoro subordinato e quindi non può farsi assumere a tempo indeterminato \r\n \r\ne) la possibilità di licenziare esiste già ampiamente in Italia\r\na) In base alle leggi esistenti (art. 30 della legge 183 del 2010, legge 604 del 1966 e 223 del 1991) e ai Contatti Collettivi Nazionali, i datori di lavoro possono licenziare, riducendo il personale e mettendo in mobilità i lavoratori. La legge legge 604 del 1966 prevede che il licenziamento individuale può essere liberamente intimato sia per motivi oggettivi di carattere economico (ragioni tecniche organizzative e produttive, nelle quali sono normalmente richiamati motivi economici, crisi, calo di domanda, diminuzione dei costi, riorganizzazione, ecc.) sia per motivi soggettivi dovuti al notevole inadempimento agli obblighi contrattuali del lavoratore o ad una colpa grave costituente “giusta causa” (le mancanze disciplinari del lavoratore). Vi è poi la possibilità, ampia ed incondizionata, di riduzione del personale con i licenziamenti collettivi (legge 223/91): tale normativa richiede solamente il rispetto di una procedura e di una verifica giudiziaria per eliminare tutti i lavoratori che l’azienda ritiene in esubero.\r\nb) i licenziamenti per riduzione di personale avvengono quotidianamente da parte di aziende con meno di 16 dipendenti, che non hanno altro onere che quello di pagare un'indennità di preavviso molto più bassa di quella prevista in altri Paesi europei: solo ove un Giudice accerti che le motivazioni addotte non sono vere, dovrà pagare un'ulteriore indennità, comunque non superiore a sei mensilità\r\nc) nel 2010, sono stati estromessi in forma lecita dal mercato del lavoro (parzialmente o in maniera definitiva tramite cassa integrazione, disoccupazione, mobilità) circa 4 milioni di lavoratori, un terzo del totale iscritto all’istituto previdenziale: il totale è consultabile nel Bilancio 2010 dell’Inps\r\nd) Se guardiamo le imprese sopra i 500 dipendenti che, secondo alcuni, sarebbero il santuario del posto fisso, apprendiamo dall’Istat che il turn over è stato, nel 2010, mediamente di 113 assunti a fronte di 122 in uscita.\r\ne) L'Italia (con il Belgio) è l'unico paese nel quale la legge non garantisce un periodo minimo di preavviso, in molti ordinamenti superiore al mese. L'Italia è uno dei pochi paesi europei che non riconosce alcuna forma di indennizzo economico per chi è licenziato legittimamente\r\nf) La giurisprudenza italiana degli ultimi anni ha progressivamente \"liberalizzato\" il licenziamento per giustificato motivo oggettivo; un orientamento che il governo \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> ha inteso rafforzare con la norma del “Collegato lavoro” che preclude al Giudice di estendere il proprio controllo \"al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro\" (art. 30, co. 1,l. n. 183/2010).\r\ng) In Italia c’è un vero “discount\" delle braccia l’80% dei pochi nuovi assunti ha un contratto a termine di quale altra flessibilità in uscita hanno bisogno le imprese?\r\n\r\nf) più libertà di licenziare non porta le imprese ad assumere\r\na) Su tredici ricerche realizzate, nove di esse danno risultati indeterminati, tre segnalano che la maggior flessibilità del lavoro riduce l’occupazione e aumenta la disoccupazione, e una soltanto segnala che la flessibilità riduce la disoccupazione (cfr. T. Boeri and J. van Ours, The economics of imperfect labor markets, Princeton University Press 2008).\r\nb) Perfino O. Blanchard, del Fondo Montario Internazionale, dopo un’accurata disamina dei principali lavori empirici sul tema, giunge a una conclusione secca: «le differenze nei regimi di protezione dell’impiego appaiono largamente incorrelate alle differenze tra i tassi di disoccupazione dei vari paesi» (O. Blanchard, “European unemployment: the evolution of facts and ideas”, Economic policy 2006). v. Emiliano. Brancaccio.\r\nc) È la domanda aggregata di merci e servizi che manca, arrivano poche commesse, i dipendenti che già ci sono bastano e avanzano, c'è la crisi dei consumi: ecco perché non ci si lancia in nuove assunzioni.\r\nd) dopo la riforma del 2003, che ha aumentato la cosiddetta flessibilità (licenziabilità) in Italia e che l’ha resa superiore ad altri paesi come Francia, Germania e Inghilterra, i nostri indici occupazionali sono peggiorati. Anche la legge 30 “Biagi” è stata approvata col fine di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti\r\ne) Non esiste un solo precedente, nella storia dell’industria italiana, in cui la flessibilità nel mercato del lavoro abbia portato a un più alto senso di responsabilità delle imprese. Non c’è alcuna ragione logica per pensare che le imprese, una volta libere di licenziare, acconsentiranno poi volentieri ad assumere\r\ng) con la crisi il problema è fermare i licenziamenti, non facilitarli I dati ISTAT segnalano, nello scorso anno, una riduzione di un milione di giovani occupati rispetto al 2008: se a questo dato aggiungiamo l'aumento della cassa integrazione del 21% nel marzo 2012 e il blocco delle pensioni, che ha impedito a 800 mila giovani di entrare nel mondo del lavoro nei prossimi tre anni, si comprende a quale ecatombe sociale siamo di fronte. Il tema principale dovrebbe essere la crescita, ma su questo il governo Monti non c'è.\r\nh) l’indice di protezione contro i licenziamenti dei lavoratori a tempo indeterminato, elaborato dall’Ocse è in Italia inferiore a quello dei nostri principali concorrenti Francia e Germania (rispettivamente 1,69 contro 2,60 e 2,85 nel 2008). La scarsa dinamica della produttività non è dunque imputabile a lavoratori perché protetti dall’art. 18, come dimostrano i dati, ma semmai alla scarsa innovazione tecnologica e organizzativa e al mancato adeguamento della specializzazione produttiva.\r\n\r\nLICENZIAMENTO DISCIPLINARE\r\nCon il sistema vigente, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, il Giudice dispone il reintegro del lavoratore stesso e condanna il datore di lavoro al pagamento di tutti gli stipendi dalla data di estromissione dal servizio e sino a quella della reintegra. Con la riforma recentissimamente cambiata, invece, il giudice, una volta accertata l’illegittimità dell’allontanamento del lavoratore, può decidere il reintegro o la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo. Decide il reintegro per insussistenza dei fatti contestati ovvero perchè il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base «delle previsioni della legge, dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili». Il giudice avrà la facoltà di decidere in base al criterio della proporzionalità dell'infrazione disciplinare commessa rispetto alla sanzione che deve essere applicata, come prevede l'articolo 2106 del Codice Civile. Ciò gli consente una valutazione discrezionale della proporzionalità della sanzione applicata (cioè il licenziamento) rispetto all'infrazione commessa..\r\nAlcune considerazioni:\r\na) Che il legislatore abbia previsto la sanzione economica all’Azienda senza reintegro, nonostante l’ingiustificato motivo, appare un’aberrazione giuridica a tutti gli effetti, oltre che una palese ingiustizia nei confronti del lavoratore.\r\nb) Se dovesse passare la nuova normativa, sarebbe il Giudice a decidere tutto e dovrebbe essere il lavoratore a dimostrare che il licenziamento è così particolarmente ingiusto, da richiedere la sanzione della reintegra. Insomma, si avrebbe una sorta di inversione dell’onere della prova. Oggi è il datore di lavoro che deve dimostrare che ha licenziato giustamente, domani sarebbe il lavoratore a dover dimostrare che è stato ingiustamente licenziato. Siamo allo stravolgimento definitivo del sistema di tutele garantito dallo Statuto dei lavoratori.\r\nc) Sino ad oggi un lavoratore licenziato illegittimamente e reintegrato per ordine del Giudice percepiva tutte le mensilità dalla data dell’illegittimo licenziamento sino a quella della reintegra. Questo, ovviamente, costituiva un grosso deterrente per le imprese che, prima di procedere ad un licenziamento, ponderavano attentamente le eventuali conseguenze. Da domani non sarà più così, quindi diventa meno rischioso e più economico il licenziamento disciplinare rispetto a prima. Ben più ragionevole sarebbe una norma che prevedesse l'obbligo per il datore di lavoro di versare i contributi per l'intero periodo, a prescindere dalla copertura offerta dalla indennità di disoccupazione.\r\n\r\nLICENZIAMENTI DISCRIMINATORI\r\n\r\nViene mantenuto il reintegro nel posto di lavoro.\r\na) I licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione, italiana, o internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento il divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti, perché c’è sempre stato, grazie alla legge 108 del 1990, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età.\r\n\r\n b) i casi in cui un Giudice abbia potuto accertare la natura discriminatoria del recesso sono rarissimi. L'onere di dimostrare l'intento discriminatorio incombe infatti sul lavoratore, che in un atto individuale non può neppure fare ricorso ai dati statistici, utilizzabili invece nelle sole discriminazioni collettive.\r\nLICENZIAMENTI COLLETTIVI\r\n\r\nL’art. 15 del disegno di legge tratta i licenziamenti collettivi, introducendo un gravissimo peggioramento della disciplina. Attualmente per le violazioni procedurali la sanzione per l’Azienda sarebbe unicamente quella economica, mentre la sanzione di reintegra sarebbe limitata alla violazione dei soli criteri di scelta dei licenziati. Cosa accade ora? Per questo tipo di licenziamenti ci devono essere due comunicazioni da parte del datore di lavoro: quella in cui annuncia la decisione generale, con il numero dei licenziati, e poi quella finale, grazie alla quale il singolo conosce i criteri per i quali è finito tra i licenziati. Ebbene, la prima comunicazione, anche se scorretta, non sarà più impugnabile per errori procedurali, perché si intende «sanata dall'accordo sindacale» eventualmente raggiunto. La seconda è impugnabile dal singolo lavoratore, ma l'errore procedurale non darà più luogo al reintegro, ma solo a un indennizzo da 12 a 24 mensilità. Il reintegro c'è solo nella rara eventualità che il lavoratore riesca a indicare un collega che avrebbe dovuto essere licenziato al posto suo: un’assurda guerra tra poveri! Il rendiconto dell’utilizzo dei criteri di scelta dei licenziati è un documento delicatissimo, sulla cui regolarità si è molto spesso giocata la sorte delle procedure di esubero.\r\nSe non venisse modificato questo disegno di legge, il datore di lavoro avrebbe convenienza a fare 5 o più licenziamenti invece di 4, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia un licenziamento collettivo al posto di 4 licenziamenti individuali, perché così facendo si sottrarrebbe al rischio della reintegra nel posto di lavoro, rientrando nella più permissiva disciplina dei licenziamenti collettivi.\r\n\r\n IL PUBBLICO IMPIEGO\r\nL'articolo 2 del Disegno di legge chiarisce: \"Le disposizioni della presente legge costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni\". Le nuove norme, dunque, si estendono anche ai dipendenti di Ministeri, Enti locali ecc. Il secondo comma specifica tuttavia che sarà il Parlamento a conferire apposita delega al ministro per la P. a., Patroni Griffi, sentiti i sindacati, per individuare e definire \"gli ambiti, le modalità e i tempi di armonizzazione\" tra la nuova normativa e le leggi speciali che sinora hanno \"tutelato\" il comparto pubblico.\r\nAttualmente tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori, quindi se l’art. 18 viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche. Lo Statuto dei lavoratori (legge 300/70) è stato infatti recepito dal testo unico sul pubblico impiego oltre dieci anni fa (legge 165/2001) anche se le sue applicazioni passano per una disciplina normativa diversa da quella del settore privato.\r\nCONCLUSIONE ARTICOLO 18 \r\nIl punto centrale della questione è l’illegittimità del licenziamento: se il licenziamento e' illegittimo la sanzione deve essere il reintegro, e non ci possono essere sanzioni differenti. A uguale reato uguale sanzione, perché questo prevedono la Costituzione e la stessa Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, che esige (art. 30 Carta di Nizza) la tutela dei lavoratori contro ogni licenziamento ingiustificato. Al di fuori della giusta causa o del giustificato motivo, il licenziamento è nullo: lo prevede il Codice civile, la legge n. 604 del 15 luglio 1966 ma anche il diritto internazionale (Convenzione OIL n. 158/82). 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Rinviati a giudizio i quattro compagni accusati di istigazione a delinquere e violazione della privacy per il sito internet \"caccia allo sbirro\". Ascolta la diretta con uno degli imputati al termine dell'udienza preliminare (2 min) [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/RBO-22122010-caccia-allo-sbirro.mp3\"] Scarica il file (1.1MB)\n\t20/12/2010 Iraq: intervista con Dirk Adriaensens, membro del Executive Committee BRussells Tribunal di Bruxell; un osservatorio che si occupa di monitorare i crmini di guerra e le violazioni dei diritti umani nei territori di guerra, in particolare in Iraq. L'intervista è stata registrata da un inviato di Radio Black out alla Sesta Conferenza internazionale del International Committee against Disappearances, Londra 9-12 dicembre 2010. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la situazione nell'Iraq post-2003. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/Intervista-Irak.mp3\"] Scarica il file\n\t16/12/2010 Una diretta dalla Grecia per raccontare gli ultimi sviluppi delle proteste sociali che divampano nel paese al settimo giorno di sciopero generale. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/16dicembre_achille_grecia.mp3\"] Scarica il file\n\t14/12/2010 Nel giorno della conferma della fiducia al governo Berlusconi, anche a Torino ci sono state manifestazioni in città. Una diretta con uno degli studenti dell'istituto Avogadro, occupato in questi giorni in protesta contro la riforma Gelmini, dal momento che proprio gli istituti tecnici saranno i più colpiti dai tagli ministeriali. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/14dicembre_torino_avogadro.mp3\"] Scarica il file\n\n\n\t14/12/2010 Torino. Presidio antisfratto in via Frejus, dove Massimo, Cinzia e i loro due bambini rischiano di perdere la casa. Moltissimi i solidali, come ci racconta lo stesso Massimo. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/14dicembre_antisfratto.mp3\"] Scarica il file\n\t10/12/2010 La camera dei comuni inglese approva l'aumento delle tasse universitarie e la protesta degli studenti britannici esplode. Il racconto e il commento di Arnoia in diretta da Londra. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/arnoia-proteste-univ-londra-escopost.mp3\"] Scarica il file\n\t10/12/2010 Anche gli italiani che lavorano all'estero si mobilitano contro la riforma Gelmini. Da Parigi la diretta con Floriana, ricercatrice scientifica, che ci racconta come si stanno preparando alla giornata del 14 dicembre prossimo. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/floriana-parigi-no-gelmini-escopost.mp3\"] Scarica il file\n\t10/12/2010 In occasione della giornata internazionale contro le grandi opere inutili, in programma nuove iniziative No Tav. Stasera un convegno ad Avigliana e domani il corteo che partirà dall'autoporto di Susa. La corrispondenza con Ermelinda del Comitato di lotta popolare no tav di Bussoleno. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/erme-manif-no-tav.mp3\"] Scarica il file\n\n\t07/12/10 Intervista con Wilma da Cancun. Sentiamo il clima e le ragioni della protesta alla vigilia della grande manifestazione che ha come obiettivo l'assedio simbolico del Palazzo dei potenti del COP 16. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/cancun.mp3\"] Scarica il file\n\t07/12/10 Ieri sciopero di 2 ore allo stabilimento di Mirafiori Carrozzerie nella giornata in cui riprendevano i lavori dopo settimane di cassa integrazione. Due operai in lotta contro la politica sempre più improntata alla privazione delle garanzie e dei diritti dei lavoratori della FIAT ci restituiscono, direttamente dal posto di lavoro, le loro rivendicazioni e l'importanza della giornata di ieri. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/intervista-mirafiori.mp3\"] Scarica il file\n\t3/12/2010 Ieri sono scesi i migranti che lo scorso 6 novembre salirono sulla torre di via imbonati a Milano a sostegno della lotta sulla gru di Brescia. Uno di loro è già stato rinchiuso nel cie di Via Corelli. La diretta con Elena del comitato antirazzista di Milano. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/ELENA-COMIT-ANTIRAZZISTA-MILANO.mp3\"] Scarica il file\n\t3/12/2010 Il racconto di Vlad, studente universitario di Napoli, a proposito dei cortei e delle cariche di ieri nei pressi del Teatro San Carlo. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/vlad-univ-napoli.mp3\"] Scarica il file\n\t3/12/2010 In diretta da palazzo nuovo occupato, Francesca che ci parla delle prossime iniziative in programma e del clima positivo e ottimista che coinvolge studenti e studentesse universitarie dopo la scelta del governo di far slittare ancora il voto sulla riforma Gelmini.[audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/francesca_palnuovoccupato1.mp3\"] Scarica file\n\t01/12/2010 Il 2 dicembre inizia il processo contro Vittorio Addesso, ex Ispettore capo del Cie di Corelli. 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Ascolta la diretta con uno degli imputati al termine dell'udienza preliminare (2 min) [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/RBO-22122010-caccia-allo-sbirro.mp3\"] Scarica il file (1.1MB)\n\t20/12/2010 Iraq: intervista con Dirk Adriaensens, membro del Executive Committee BRussells Tribunal di Bruxell; un \u003Cmark>oss\u003C/mark>ervatorio che si occupa di monitorare i crmini di guerra e le violazioni dei diritti umani nei territori di guerra, in particolare in Iraq. L'intervista è stata registrata da un inviato di Radio Black out alla Sesta Conferenza internazionale del International Committee against Disappearances, Londra 9-12 dicembre 2010. Gli abbiamo chiesto di raccontarci la situazione nell'Iraq post-2003. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/Intervista-Irak.mp3\"] Scarica il file\n\t16/12/2010 Una diretta dalla Grecia per raccontare gli ultimi sviluppi delle proteste sociali che divampano nel paese al settimo giorno di sciopero generale. 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Il racconto e il commento di Arnoia in diretta da Londra. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/arnoia-proteste-univ-londra-escopost.mp3\"] Scarica il file\n\t10/12/2010 Anche gli italiani che lavorano all'estero si mobilitano contro la riforma Gelmini. Da Parigi la diretta con Floriana, ricercatrice scientifica, che ci racconta come si stanno preparando alla giornata del 14 dicembre prossimo. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/floriana-parigi-no-gelmini-escopost.mp3\"] Scarica il file\n\t10/12/2010 In occasione della giornata internazionale contro le grandi opere inutili, in programma nuove iniziative No Tav. Stasera un convegno ad Avigliana e domani il corteo che partirà dall'autoporto di Susa. La corrispondenza con Ermelinda del Comitato di lotta popolare no tav di Bussoleno. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/erme-manif-no-tav.mp3\"] Scarica il file\n\n\t07/12/10 Intervista con Wilma da Cancun. Sentiamo il clima e le ragioni della protesta alla vigilia della grande manifestazione che ha come obiettivo l'assedio simbolico del Palazzo dei potenti del COP 16. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/cancun.mp3\"] Scarica il file\n\t07/12/10 Ieri sciopero di 2 ore allo stabilimento di Mirafiori Carrozzerie nella giornata in cui riprendevano i lavori dopo settimane di cassa integrazione. Due operai in lotta contro la politica sempre più improntata alla privazione delle garanzie e dei diritti dei lavoratori della FIAT ci restituiscono, direttamente dal posto di lavoro, le loro rivendicazioni e l'importanza della giornata di ieri. [audio mp3=\"http://radioblackout.org/files/2010/12/intervista-mirafiori.mp3\"] Scarica il file\n\t3/12/2010 Ieri sono scesi i migranti che lo scorso 6 novembre salirono sulla torre di via imbonati a Milano a sostegno della lotta sulla gru di Brescia. Uno di loro è già stato rinchiuso nel cie di Via Corelli. 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Nei fatti si tratta dello strumento legislativo che serve ad attuare le decisioni governative di finanza pubblica. Il governo valuta quale sia la soglia di debito che si può raggiungere restando nei parametri imposti dall'Unione Europea, poi fa le leggi che suppone possano consentire di rimanere dentro i paletti dell'UE.\r\nI conti sono presto fatti: c'é una previsione di aumento del PIL dell'1% in termini reali cui si deve aggiungere la crescita dell'1,9% dovuta all'inflazione e si arriva ad una previsione di aumento del 2,9%. L'indebitamento è pronosticato del 2,5%. Ne consegue che la differenza tra Pil e debito si attesterebbe allo 0,4%, rientrando così nei parametri europei che richiedono una riduzione del rapporto debito pil dello 0,5% l'anno. Nei prossimi anni si dovrebbe avere un'ulteriore riduzione del debito dell'0,5%. Ne consegue che il governo deve ridurre la spesa pubblica per raggiungere l'obiettivo prefissato.\r\nQuest'anno il compito del governo è relativamente facile, perché i soldi spesi arrivano per lo più dal lato delle entrate, dalle spese in conto capitale, ossia dai soldi che si incassano costruendo qualcosa. Vi rientra persino l'aumento della spesa per la sorveglianza del cantiere/fortino di Chiomonte.\r\nIn questo momento non tutto è definito, perché la legge, sebbene già inviata a Bruxelles per rispettare la scedenza del 15 ottobre, deve passare ancora al vaglio del parlamento.\r\nAlcune spese sono tuttavia già state definite per il 2014.\r\nVediamo quali.\r\nLe entrate, o, per meglio dire, la minori uscite valgono quest'anno 8,6 miliardi, dei quali 3,5 miliardi provengono da tagli alla spesa dello Stato (-2,5) e delle Regioni (-1).\r\nNei giorni scorsi era stato agitato lo spauracchio che i tagli fossero soprattutto nel settore della sanità. Poi Letta ha trionfamente annunciato di essere riuscito a scongiurare un ulteriore colpo di mannaia sulla salute di noi tutti. Una farsa. Il miliardo di tagli dei contributi alla spesa regionale saranno, nei fatti, taglia alla sanità in differita, perché la scelta passerà dal Governo alle Regioni, che potranno scegliere se colpire gli ospedali o il trasporto pubblico. In Piemonte negli ultimi anni hanno fatto terra bruciata su entrambi i fronti.\r\nI tagli previsti dal governo colpiscono pensionati e dipendenti pubblici. Continua il blocco della contrattazione e - quindi, dei salari. Il tfr sarà dato in due rate, per posticipare il debito, così chi ci avesse fatto conto per qualche spesa importante dovrà aspettare. Non ci sarà adeguamento all'inflazione di buona parte delle pensioni: siccome invece i prezzi crescono ne consegue che le pensioni sono state ridotte.\r\nGli altri tagli alla spesa sono ancora indefiniti. Hanno nominato un nuovo commissario per la razionalizzazione della spesa: al posto di Bondi andrà Cottarelli, che ha l'incarico di fare tagli per qualche decina di miliardi nei prossimi anni. Il governo, sospettando sin da ora che Cottarelli imiterà il suo predecessore e non farà nulla, hanno già deciso che, nel caso i tagli non ci fossero avrebbero aumentato le accise, ossia le tasse su benzina, sigarette, etc, e ridotto drasticamente gli sgravi fiscali.\r\nAnche la tanto celebrata riduzione del cuneo fiscale, ossia la divaricazione tra stipendio lordo e stipendio netto, potrebbe essere una presa in giro. Il cuneo fiscale, ossia l'enorme divaricazione tra quanto versato dal datore di lavoro e quanto percepito dal lavoratore, è in parte dovuto alla forte pressione fiscale in parte alla gestione dell'INPS. L'INPS non paga solo le pensioni ma si occupa di molti altri finaziamenti, Tav compreso. Ne consegue che L'INPS è spesso in deficit e per far fronte all'ammanco hanno aumentato l'età lavorativa a 65 anni e ridotto le aliquote. L'Irpef viene diminuita di un miliardo e mezzo a fronte dei dieci miliardi che lo Stato prenderà se non ci sarà la riduzione della spesa. In altri termini lo Stato da uno e prende dieci: una vera presa per il cuneo.\r\nUn altro mezzo miliardo lo ricaveranno dalla vendita di immobili di proprietà dello Stato. Una buona parte degli introiti, almeno due miliardi, verranno dai trattamenti fiscali sulle banche e le assicurazioni: questa è una vera bomba a orolegeria che il governo sta preparando a far esplodere.\r\nBanca d'Italia non è più di proprietà pubblica ma le sue azioni in mano alle banche valgono poco, come poco è l'introito fiscale che ne ricava lo Stato. Se il governo sopravvaluterà le azioni di banca d'Italia sino a sette, otto miliadi, ne tirerà fuori bel po' di soldi, ma, dal prossimo anno dovrà pagare interessi enormi. 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Ne consegue che il governo deve ridurre la spesa pubblica per raggiungere l'obiettivo prefissato.\r\nQuest'anno il compito del governo è relativamente facile, perché i soldi spesi arrivano per lo più dal lato delle entrate, dalle spese in conto capitale, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia dai soldi che si incassano costruendo qualcosa. Vi rientra persino l'aumento della spesa per la sorveglianza del cantiere/fortino di Chiomonte.\r\nIn questo momento non tutto è definito, perché la legge, sebbene già inviata a Bruxelles per rispettare la scedenza del 15 ottobre, deve passare ancora al vaglio del parlamento.\r\nAlcune spese sono tuttavia già state definite per il 2014.\r\nVediamo quali.\r\nLe entrate, o, per meglio dire, la minori uscite valgono quest'anno 8,6 miliardi, dei quali 3,5 miliardi provengono da tagli alla spesa dello Stato (-2,5) e delle Regioni (-1).\r\nNei giorni scorsi era stato agitato lo spauracchio che i tagli fossero soprattutto nel settore della sanità. Poi Letta ha trionfamente annunciato di essere riuscito a scongiurare un ulteriore colpo di mannaia sulla salute di noi tutti. Una farsa. Il miliardo di tagli dei contributi alla spesa regionale saranno, nei fatti, taglia alla sanità in differita, perché la scelta passerà dal Governo alle Regioni, che potranno scegliere se colpire gli ospedali o il trasporto pubblico. In Piemonte negli ultimi anni hanno fatto terra bruciata su entrambi i fronti.\r\nI tagli previsti dal governo colpiscono pensionati e dipendenti pubblici. Continua il blocco della contrattazione e - quindi, dei salari. Il tfr sarà dato in due rate, per posticipare il debito, così chi ci avesse fatto conto per qualche spesa importante dovrà aspettare. Non ci sarà adeguamento all'inflazione di buona parte delle pensioni: siccome invece i prezzi crescono ne consegue che le pensioni sono state ridotte.\r\nGli altri tagli alla spesa sono ancora indefiniti. Hanno nominato un nuovo commissario per la razionalizzazione della spesa: al posto di Bondi andrà Cottarelli, che ha l'incarico di fare tagli per qualche decina di miliardi nei prossimi anni. Il governo, sospettando sin da ora che Cottarelli imiterà il suo predecessore e non farà nulla, hanno già deciso che, nel caso i tagli non ci fossero avrebbero aumentato le accise, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia le tasse su benzina, sigarette, etc, e ridotto drasticamente gli sgravi fiscali.\r\nAnche la tanto celebrata riduzione del cuneo fiscale, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia la divaricazione tra stipendio lordo e stipendio netto, potrebbe essere una presa in giro. Il cuneo fiscale, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia l'enorme divaricazione tra quanto versato dal datore di lavoro e quanto percepito dal lavoratore, è in parte dovuto alla forte pressione fiscale in parte alla gestione dell'INPS. L'INPS non paga solo le pensioni ma si occupa di molti altri finaziamenti, Tav compreso. Ne consegue che L'INPS è spesso in deficit e per far fronte all'ammanco hanno aumentato l'età lavorativa a 65 anni e ridotto le aliquote. L'Irpef viene diminuita di un miliardo e mezzo a fronte dei dieci miliardi che lo Stato prenderà se non ci sarà la riduzione della spesa. In altri termini lo Stato da uno e prende dieci: una vera presa per il cuneo.\r\nUn altro mezzo miliardo lo ricaveranno dalla vendita di immobili di proprietà dello Stato. Una buona parte degli introiti, almeno due miliardi, verranno dai trattamenti fiscali sulle banche e le assicurazioni: questa è una vera bomba a orolegeria che il governo sta preparando a far esplodere.\r\nBanca d'Italia non è più di proprietà pubblica ma le sue azioni in mano alle banche valgono poco, come poco è l'introito fiscale che ne ricava lo Stato. Se il governo sopravvaluterà le azioni di banca d'Italia sino a sette, otto miliadi, ne tirerà fuori bel po' di soldi, ma, dal prossimo anno dovrà pagare interessi enormi. E' come al gioco delle tre carte: chi regge il gioco ti fa guadagnare una buona cifra per farti credere che puoi vincere e indurti a continuare: alla fine perderai dieci volte quello che hai guadagnato.\r\nIn questo modo un'operazione che all'apparenza pare un prelievo straordinario a banche e assicurazioni, si trasformerà a breve in un bel pacco regalo a spese di noi tutti.\r\nLa service tax, quella che ha sostituito l'IMU, viene per la prima volta definita. Questa nuova tassa colpisce anche gli affittuari, che saranno obbligati a pagare al posto di chi l'affitto lo percepisce. Non solo. La vecchia IMU prevedeva varie detrazioni, 200 euro più altri 200 a figlio: la service tax le ha abolite. Il governo ha deciso di stanziare un miliardo ai comuni per rimettere le agevolazioni, ma il deficit dei comuni italiani è tale che nessuno li userà per questo.\r\nAlla fine della fiera cinque milioni di abitazioni, le più piccole e povere, che prima, grazie alle detrazioni, non pagavano l'IMU, pagheranno la Tirse.\r\nUn vero capolavoro della coppia Letta/Alfano. Le promesse elettorali di \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> sono state mantenute con l'abolizione dell'IMU, ma i soldi entreranno lo stesso, facendo pagare quelli che prima ne erano esenti.\r\nSul fronte delle spese il governo ha deciso il rifinanziamento delle missioni militari all'estero - 850 milioni di euro - per il prossimo anno. La cassa integrazione in deroga sarà invece rifinanziata per soli sei mesi: se allora non ci saranno i soldi migliaia di persone si ritroveranno senza alcun reddito.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Francesco Carlizza, che il prossimo 22 novembre sarà a Torino per una serata dedicata proprio al gioco dell'economia.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2013 10 18 fricche legge stabilità",[314],{"field":83,"matched_tokens":315,"snippet":311,"value":312},[121],{"best_field_score":92,"best_field_weight":93,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":128,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},{"document":318,"highlight":332,"highlights":337,"text_match":90,"text_match_info":340},{"comment_count":44,"id":319,"is_sticky":44,"permalink":320,"podcastfilter":321,"post_author":193,"post_content":322,"post_date":323,"post_excerpt":50,"post_id":319,"post_modified":297,"post_thumbnail":324,"post_title":325,"post_type":236,"sort_by_date":326,"tag_links":327,"tags":330},"18704","http://radioblackout.org/podcast/decomposizione-della-politica/",[193],"In questi anni abbiamo assistito ad un processo di decomposizione della politica persino sorprendente nei suoi modi. E' come assistere alla messa in scena di ciò che normalmente è fuori dai riflettori, affidato agli specialisti delle camere mortuarie, che preparano il cadavere per l'ultima esposizione pubblica prima della sepoltura.\r\nL'oscenità in senso etimologico, ossia l'esposizione del disordine dietro i fondali, della confusione dei camerini, dei volti senza trucco. Se dovessimo trovare una formula per questa nostra epoca potremmo dire di essere passati dalla politica spettacolo allo spettacolo della politica. Farsesco, impudico, esibito sino all'estremo. Eppure insuperabile.\r\nIntorno alla questione della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi e alla crisi di governo abortita in extremis, il gioco delle alleanze, delle amicizie, delle poltrone, degli interessi si è mostrato senza infingimenti. Nudo. Una nudità senza vergogne di sorta. Scilipoti che inveisce contro i traditori che abbandonano la barca che affonda è l'immagine più emblematica della politica che da spettacolo, mostrando la propria trama senza esitazioni né traumi.\r\nSe il berlusconismo ha segnato il passaggio dalla politica ideologica alla politica dell'immagine, il tramonto del vecchio leader pare segnare il passaggio all'avanspettacolo, alla farsa, all'operetta.\r\nIl buffone diventa re e recita la parte con la stessa ferocia del proprio modello.\r\nLa distanza tra il buffone che si fa re, i continui \"scandali\" che rendono pubblica la corruzione profonda della politica (e della società), allargano la distanza tra l'apparato istituzionale e le vite concrete di quanti vivono esistenze precarie, prive di prospettive, ancorate a scelte appannaggio di una governance transnazionale che detta la propria agenda alle istituzioni nazionali. Oggi la politica ha visto erodere il proprio potere di controllo dell'economia e, quindi, di presa sulla società, se non nella forma più squisitamente disciplinare.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso due settimane fa, prima della pantomima della mancata crisi di governo, con Salvo Vaccaro, che insegna filosofia politica all'università di Palermo.\r\nAscolta la diretta:\r\n2013 09 20 vaccaro decomposizione della politica\r\n\r\nLa settimana successiva il rientro della crisi di governo, l'IVA è aumentata, l'IMU per i ricchi non è passata, la \"manovrina\" da 1,6 miliardi è stata approntata.\r\n\r\nAnarres ha ripreso il filo della discussione con Stefano Boni, antropologo dell'università di Modena e Reggio, collaboratore di Libertaria.\r\nNe emerge un'immagine della politica come una sorta di reality show, affidato a logiche di merketing. Ogni aspetto della comunicazione politica diviene sempre più simile alla pubblicità dei prodotti. Secondo un recente sondaggio la fiducia nei partiti è all'8%, l'astensionismo, che alla fine degli anni 70' si attestava intorno al 10% oggi è cresciuto sino a sfiorare il 50% nelle ultime ammnistrative: uno su cinque di quelli che avevano votato la volta precendente non ha più votato alla recente tornata elettorale. Secondo Boni tra i motivi di disaffezione dalla politica è la constatazione della sua perdita di potere a favore delle istutuzioni finanziarie, che dettano l'agenda ai governi, impongono nuove tasse, arrivando, come in Grecia e in Italia, ad imporre lo spesso presidente del consiglio. L'altro cuneo che allarga la frattura tra i cittadini e le istituzioni è la constatazione degli enormi privilegi dei politici di professione, la cui moralità è tanto bassa da lucrare persino sulle calamità nazionali. Ne consegue che il ruolo della politica è mantenere il consenso e la pace sociale, attraverso la delega ad un qualche partito, a qualsiasi partito. Il gioco tuttavia funziona sempre meno. Tanta parte dei movimenti che si sono sviluppati nelle diverse latitudini del pianeta ha costruito - almeno nella propria fase aurorale - relazioni egualitarie e libertarie, mettendo in campo una critica radicale alla delega politica. Il fulcro di questi movimenti è l'assemblea dove si decide con il metodo del consenso, riffuggendo quindi metodi basati sul principio di maggioranza.\r\nIl nocciolo politico è la messa in discussione della sovranità, del diritto dello Stato ad imporre le proprie decisioni, un nodo che ovviamente non si scioglie a livello istituzionale, ma in una pratica che si oppone alla dimensione istituita. La Costituzione italiana è intrinsecamente ipocrita, poiché affida la sovranità al popolo ma nei fatti gliela sottrae stabilendo che i modi del suo esercizio sono definiti all'interno di istituzioni date, ossia affidate ai palazzi.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n2013 10 04 stefano Boni decomposizione politica","13 Ottobre 2013","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/10/buffone-200x110.jpg","Decomposizione della politica",1381685891,[328,329],"http://radioblackout.org/tag/politica/","http://radioblackout.org/tag/spettacolo-della-politica/",[331,220],"Politica",{"post_content":333},{"matched_tokens":334,"snippet":335,"value":336},[121],"sepoltura.\r\nL'oscenità in senso etimologico, \u003Cmark>oss\u003C/mark>ia l'esposizione del disordine dietro i","In questi anni abbiamo assistito ad un processo di decomposizione della politica persino sorprendente nei suoi modi. 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Secondo un recente sondaggio la fiducia nei partiti è all'8%, l'astensionismo, che alla fine degli anni 70' si attestava intorno al 10% oggi è cresciuto sino a sfiorare il 50% nelle ultime ammnistrative: uno su cinque di quelli che avevano votato la volta precendente non ha più votato alla recente tornata elettorale. Secondo Boni tra i motivi di disaffezione dalla politica è la constatazione della sua perdita di potere a favore delle istutuzioni finanziarie, che dettano l'agenda ai governi, impongono nuove tasse, arrivando, come in Grecia e in Italia, ad imporre lo spesso presidente del consiglio. L'altro cuneo che allarga la frattura tra i cittadini e le istituzioni è la constatazione degli enormi privilegi dei politici di professione, la cui moralità è tanto bassa da lucrare persino sulle calamità nazionali. Ne consegue che il ruolo della politica è mantenere il consenso e la pace sociale, attraverso la delega ad un qualche partito, a qualsiasi partito. 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Da allora lo stile del professore è cambiato: messe da parte le vesti del tecnico autorevole e pacato, ha indossato i panni del leader responsabile ma deciso, che ha un percorso proprio e nessuna alleanza precostituita.\r\nCon buona pace del PD che ha finito con il recitare la parte del fidanzato cornuto e geloso che non può fare a meno dell’amata. Un stile che non attira certo i voti. L’esperto di comunicazione di Bersani non è certo all’altezza di quelli di Monti. I manifesti elettorali in stile vecchio apparatnik su sfondo grigio topo portano sfiga solo a vederli.\r\nMeglio, decisamente meglio, Berlusconi, che tira fuori tutto il proprio repertorio di gag, frizzi e lazzi, sparandole sempre più grosse ma toccando in una frase il cuore di tanti. La restituzione dell’IMU è come la lotteria: tutti sanno che vincere è improbabile, ma la sola possibilità fa vendere milioni di biglietti.\r\nMaroni e i suoi arrancano ma non sono da meno. Hanno riaperto i cassetti e sparato tutte le vecchie cartucce. Promettono di tagliare le tasse e di aumentare le pensioni, rispolverano il federalismo fiscale hard. Fanno una campagna vecchio stile. I consiglieri comunali bolognesi fanno pulizia (etnica) all’ospedale di Bologna, Maroni fa finta di non essere stato al governo sino a ieri.\r\nUn miraggio è meglio del conto dal droghiere, delle bollette da pagare, del lavoro che non c’è, della precarietà che è meglio del nulla.\r\nPer gli ammalati di nuovismo, forse la più grave delle malattie novecentesche, l’offerta varia tra giustizialisti populisti e giustizialisti d’antan.\r\nIl Grillo urlante sogna un Berlusconi/Pinocchio trascinato via dai carabinieri, a Ingroia i panni del giudice stanno sin troppo bene: non deve certo far fatica a entrare nel personaggio.\r\nSin qui il marketing. Ossia il 90% di quello che c’é.\r\n\r\nChi scrive non sa come andranno le elezioni, ma sa già chi è il vincitore morale di questa partita elettorale.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo, persino se dovesse perdere malamente le elezioni, Berlusconi avrebbe vinto, perché la sua Italia è più viva che mai.\r\nSe la Milano di Craxi era da bere, l’Italia di Berlusconi è da mangiare, digerire, sputare per poi affondare nuovamente i denti nella carne viva.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di casalinghe che si calavano le mutande in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò uno stile politico che si confondeva, a volte persino anticipava l’Italia gridata e scorreggiona che esplose in televisione.\r\nI politici della prima repubblica parlavano e vestivano come mummie in grigio, solo ai sindacalisti era concesso togliere la giacca, gridare, mostrare l’ascella pezzata.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno. Persino il papa si adegua, inaugurando l’anno santo del 2000 con una mantellina da arlecchino con gli strass.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine il regolamento di conti intrapreso da Bettino Craxi, l’unico leader della Prima Repubblica che si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nGli ammortizzatori servono quando il conflitto sociale è tanto forte da mettere in gioco l’esistenza stessa di un sistema politico e sociale basato sul diritto alla proprietà privata. In un mondo diviso in blocchi, con un partito comunista forte come il PCI, la socialdemocrazia era la miglior garanzia di mantenimento del capitalismo. Ma. La socialdemocrazia costa e ai padroni non piace spendere per\r\ntenere buoni i lavoratori: appena possibile passano all’attacco.\r\n\r\nCome tutti sanno Berlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il partito democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nNel gioco delle tre carte che ciascuno fa credendo di sapere dove sia quella giusta, esce fuori il Jolly che le scompagina. Mario Monti si butta e prova a scavarsi un proprio ambito di potere, muovendosi con accortezza, per fungere da ago della bilancia.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende. Oggi sarebbe impossibile immaginare un manifesto con il simbolo del partito e uno slogan, come ai tempi della prima repubblica.\r\nOggi serve una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Negli Stati Uniti negli anni ottanta ne scelsero uno serioso e di second’ordine come Ronald Reagan.\r\nIn Italia il ruolo tocca ad un comico. L’unico capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Nei manifesti dell’M5S il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come il vinile, ricercato come i mobili di legno della nonna dopo l’overdose dei ripiani di formica e delle sedie di plastica. Guida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amoroso che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono schiaffoni, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo, una sorta di Juan Peron post moderno, rappresenta l’apoteosi della politica post ideologica, mettendo insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nQuando parla le piazze si riempiono di spettatori, che vanno via appena prendono la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nLa sinistra che ama la democrazia partecipativa, il commercio equo, che guevara sulle magliette, la fiom e la mamma ha provato a giocare la carta della costruzione dal basso di un “soggetto politico nuovo” sin dalla scorsa primavera, quando nacque il cartello di A.L.B.A. Lo scopo era contrastare il M5S sul terreno della giustizia e della democrazia dal basso. L’operazione ha mostrato la sua povertà quando dalle chiacchiere si è passati alle liste. L’accozzaglia dei vari Ferrero, Diliberto, Di Pietro ha riproposto sotto altra veste gli stessi partiti che avevano sostenuto le scelte più antipopolari del governo Prodi. Le anime più sensibili di Alba si sono sfilate dall’operazione “Rivoluzione civile”, il gioco delle poltrone è andato avanti.\r\n\r\nPresto la campagna elettorale finirà. Non ci vuole una sfera di cristallo per indovinare che il nuovo governo, chiunque vinca e persino se non vincesse nessuno, metterà in campo altri tagli ai servizi ed un ulteriore affondo sul fronte del lavoro, riaprendo l’agenda nel medesimo punto dove l’ha chiusa Monti.\r\nOggi più che mai la partita vera o si gioca altrove o non si gioca. La scommessa della partecipazione diretta, dell’apertura di spazi politici non statali, si pratica nella materialità delle lotte. Quando il dominio si palesa in tutta la propria crudezza o si fugge o si resiste. Nella resistenza si apre la possibilità di costruire spazi per una ri-appropriazione dal basso della politica. 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Da allora lo stile del professore è cambiato: messe da parte le vesti del tecnico autorevole e pacato, ha indossato i panni del leader responsabile ma deciso, che ha un percorso proprio e nessuna alleanza precostituita.\r\nCon buona pace del PD che ha finito con il recitare la parte del fidanzato cornuto e geloso che non può fare a meno dell’amata. Un stile che non attira certo i voti. L’esperto di comunicazione di Bersani non è certo all’altezza di quelli di Monti. I manifesti elettorali in stile vecchio apparatnik su sfondo grigio topo portano sfiga solo a vederli.\r\nMeglio, decisamente meglio, \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark>, che tira fuori tutto il proprio repertorio di gag, frizzi e lazzi, sparandole sempre più grosse ma toccando in una frase il cuore di tanti. La restituzione dell’IMU è come la lotteria: tutti sanno che vincere è improbabile, ma la sola possibilità fa vendere milioni di biglietti.\r\nMaroni e i suoi arrancano ma non sono da meno. Hanno riaperto i cassetti e sparato tutte le vecchie cartucce. Promettono di tagliare le tasse e di aumentare le pensioni, rispolverano il federalismo fiscale hard. Fanno una campagna vecchio stile. I consiglieri comunali bolognesi fanno pulizia (etnica) all’ospedale di Bologna, Maroni fa finta di non essere stato al governo sino a ieri.\r\nUn miraggio è meglio del conto dal droghiere, delle bollette da pagare, del lavoro che non c’è, della precarietà che è meglio del nulla.\r\nPer gli ammalati di nuovismo, forse la più grave delle malattie novecentesche, l’offerta varia tra giustizialisti populisti e giustizialisti d’antan.\r\nIl Grillo urlante sogna un Berlusconi/Pinocchio trascinato via dai carabinieri, a Ingroia i panni del giudice stanno sin troppo bene: non deve certo far fatica a entrare nel personaggio.\r\nSin qui il marketing. \u003Cmark>Oss\u003C/mark>ia il 90% di quello che c’é.\r\n\r\nChi scrive non sa come andranno le elezioni, ma sa già chi è il vincitore morale di questa partita elettorale.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo, persino se dovesse perdere malamente le elezioni, \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> avrebbe vinto, perché la sua Italia è più viva che mai.\r\nSe la Milano di Craxi era da bere, l’Italia di \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> è da mangiare, digerire, sputare per poi affondare nuovamente i denti nella carne viva.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di casalinghe che si calavano le mutande in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> inaugurò uno stile politico che si confondeva, a volte persino anticipava l’Italia gridata e scorreggiona che esplose in televisione.\r\nI politici della prima repubblica parlavano e vestivano come mummie in grigio, solo ai sindacalisti era concesso togliere la giacca, gridare, mostrare l’ascella pezzata.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno. Persino il papa si adegua, inaugurando l’anno santo del 2000 con una mantellina da arlecchino con gli strass.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine il regolamento di conti intrapreso da Bettino Craxi, l’unico leader della Prima Repubblica che si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nGli ammortizzatori servono quando il conflitto sociale è tanto forte da mettere in gioco l’esistenza stessa di un sistema politico e sociale basato sul diritto alla proprietà privata. In un mondo diviso in blocchi, con un partito comunista forte come il PCI, la socialdemocrazia era la miglior garanzia di mantenimento del capitalismo. Ma. La socialdemocrazia costa e ai padroni non piace spendere per\r\ntenere buoni i lavoratori: appena possibile passano all’attacco.\r\n\r\nCome tutti sanno \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\n\u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. \u003Cmark>Berlusconi\u003C/mark> non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il partito democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nNel gioco delle tre carte che ciascuno fa credendo di sapere dove sia quella giusta, esce fuori il Jolly che le scompagina. Mario Monti si butta e prova a scavarsi un proprio ambito di potere, muovendosi con accortezza, per fungere da ago della bilancia.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende. Oggi sarebbe impossibile immaginare un manifesto con il simbolo del partito e uno slogan, come ai tempi della prima repubblica.\r\nOggi serve una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Negli Stati Uniti negli anni ottanta ne scelsero uno serioso e di second’ordine come Ronald Reagan.\r\nIn Italia il ruolo tocca ad un comico. L’unico capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Nei manifesti dell’M5S il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come il vinile, ricercato come i mobili di legno della nonna dopo l’overdose dei ripiani di formica e delle sedie di plastica. Guida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amoroso che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono schiaffoni, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo, una sorta di Juan Peron post moderno, rappresenta l’apoteosi della politica post ideologica, mettendo insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nQuando parla le piazze si riempiono di spettatori, che vanno via appena prendono la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nLa sinistra che ama la democrazia partecipativa, il commercio equo, che guevara sulle magliette, la fiom e la mamma ha provato a giocare la carta della costruzione dal basso di un “soggetto politico nuovo” sin dalla scorsa primavera, quando nacque il cartello di A.L.B.A. Lo scopo era contrastare il M5S sul terreno della giustizia e della democrazia dal basso. L’operazione ha mostrato la sua povertà quando dalle chiacchiere si è passati alle liste. L’accozzaglia dei vari Ferrero, Diliberto, Di Pietro ha riproposto sotto altra veste gli stessi partiti che avevano sostenuto le scelte più antipopolari del governo Prodi. Le anime più sensibili di Alba si sono sfilate dall’operazione “Rivoluzione civile”, il gioco delle poltrone è andato avanti.\r\n\r\nPresto la campagna elettorale finirà. Non ci vuole una sfera di cristallo per indovinare che il nuovo governo, chiunque vinca e persino se non vincesse nessuno, metterà in campo altri tagli ai servizi ed un ulteriore affondo sul fronte del lavoro, riaprendo l’agenda nel medesimo punto dove l’ha chiusa Monti.\r\nOggi più che mai la partita vera o si gioca altrove o non si gioca. La scommessa della partecipazione diretta, dell’apertura di spazi politici non statali, si pratica nella materialità delle lotte. Quando il dominio si palesa in tutta la propria crudezza o si fugge o si resiste. Nella resistenza si apre la possibilità di costruire spazi per una ri-appropriazione dal basso della politica. Lì nascono assemblee permanenti, libere repubbliche, zone temporaneamente autonome dove si sperimenta la una sottrazione dall’istituito che non è esodo, né marginalità ma concreta, seppur parziale, secessione simbolica e materiale dal controllo dello Stato e dalla logica feroce del profitto.",[366],{"field":83,"matched_tokens":367,"snippet":363,"value":364},[68],{"best_field_score":92,"best_field_weight":93,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":44,"score":128,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":14},6698,{"collection_name":236,"first_q":184,"per_page":185,"q":184},{"title":372,"slug":373},"Bobina","bobina-intelligente",["Reactive",375],{},["Set"],["ShallowReactive",378],{"$f_gHogzgsXwyL7KBO1jhzKvSrPuXuDt76udnDdqtTLrs":-1,"$ft8cKbXzBFx-LJ4iff5HuSNQgE-9kIM-7MUEYkSfh-sM":-1},true,"/search?query=berlusconi+oss"]