","C'è lavoro e lavoro: 27-28-29 settembre tre giorni a Vaie",1380197364,[],[],{"post_content":129,"post_title":133},{"matched_tokens":130,"snippet":131,"value":132},[78,18],"Etinomia con l'intento di studiare \u003Cmark>e\u003C/mark> implementare dei progetti di \"\u003Cmark>lavoro\u003C/mark> utile\" da contrapporre alla logica","Confermandosi un laboratorio di idee \u003Cmark>e\u003C/mark> modelli di sviluppo alternativi a quello dominante, la Val Susa ospita il 27-28-29 settembre nel Comune di Vaie gli Stati Generali del \u003Cmark>Lavoro\u003C/mark>, una tre giorni promossa dall'associazione di imprenditori etici Etinomia con l'intento di studiare \u003Cmark>e\u003C/mark> implementare dei progetti di \"\u003Cmark>lavoro\u003C/mark> utile\" da contrapporre alla logica perversa delle Grandi Opere che hanno come unico fine il profitto delle grandi imprese del cemento \u003Cmark>e\u003C/mark> dell'acciaio.\r\n\r\nCi saranno otto tavoli tematici (tra cui uno sul reddito di cittadinanza), momenti di assemblea generale \u003Cmark>e\u003C/mark> anche di svago. Interverranno realtà da tutta Italia. 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opinioni senza marchio (mavericknews.wordpress.com) a proposito del suo illuminante articolo intitolato\"C'è lavoratore e lavoratore: per esempio ci sono i crumiri\", intorno al quale si è scatenato un vivace dibattito dopo l'attacco del senatore ultra SI TAV PD Esposito ripreso dai mass-media.\r\n\r\nCon Fabrizio analizziamo a grandi linee il fuoco mediatico al quale è stato esposto, ribadendo l'argomento di fondo del suo articolo e cioè che nella storia delle lotte sociali ci sono sempre stati lavoratori che si sono prestati a fare gli interessi del padrone di turno (il crumiraggio appunto), spesso con la giustificazione di dover svolgere la propria mansione (nella foto, un articolo di giornale dell'autunno 1969).\r\n\r\nNe scaturisce una interessante discussione sul carattere reazionario di certo \"lavorismo\" e \"operaismo\" che è portato avanti a sinistra e che al giorno d'oggi non fa che supportare gli interessi di certe lobbies come quella dell'Alta Velocità.\r\n\r\nOltre all'ascolto dell'intervista si consiglia la lettura per intero dell'articolo, al link sottostante.\r\n\r\nMaverick\r\n\r\nhttp://mavericknews.wordpress.com/2013/05/14/ce-lavoratore-e-lavoratore-per-esempio-ci-sono-i-crumiri/","23 Maggio 2013","2013-05-30 10:36:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/anarco_topo-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"131\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/anarco_topo-300x131.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/anarco_topo-300x131.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/anarco_topo-100x44.jpg 100w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/anarco_topo.jpg 480w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","C'è lavoro e lavoro - 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Nella mattinata di protesta indetto per il venerdì 5 luglio sono stati molti i compagni di lavoro che hanno presidiato i cancelli della ditta e poi folta è stata la presenza di sigle sindacali e di compagni davanti all'Unione industriale di Torino – vera mandante dell'operazione di repressione –, da cui si è dipanato un breve corteo di solidali fino in corso Duca degli Abruzzi, sotto l'occhio vigile della digos locale, che non avrebbe voluto questa coda della manifestazione, ma la richiesta della piazza era così pressante che non hanno potuto opporsi.\r\nLa multinazionale svizzero-tedesca che ha rilevato la ricambistica Iveco dalla Fiat (tuttora reale riferimento della ditta per conto della quale gestisce lo stoccaggio e l'immagazzinamento dei ricambi) presso cui Pino lavora ha cercato in ogni modo di trovare il cavillo a cui appigliarsi per licenziarlo; arrivando persino a farlo pedinare per 35 giorni dalla Turinform di Tiziana Bianchi, una ditta di investigazioni (i duri alla Marlowe) sita in corso Duca degli Abruzzi, 27 (\"investigazioni dal 1950\"), la parcella è di 150 euro all'ora \"più le spese\": c'è lavoro e lavoro (e per queste spese i soldi negati ai lavoratori ci sono). Questi mastini voyeur hanno scoperto che Pino faceva picnic di domenica con la famiglia (invece di fare straordinari) o accompagnava un'anziana signora (sua madre) alle visite ospedaliere. 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Il lavoro, quando c’è, è sempre più pericoloso, precario, malpagato. La lista dei lavoratori uccisi dal lavoro si allunga, i giovani campano di lavoretti, gli anziani non possono andare in pensione.\r\nIl governo Lega – 5 Stelle ha promesso di ridurre l’età della pensione e di dare un reddito ai più poveri: la realtà è molto diversa.\r\nChi andrà in pensione prima dei 67 anni prenderà una pensione molto più bassa, perché il sistema di calcolo della pensione resterà il medesimo.\r\nPotremo scegliere tra smettere di lavorare e fare la fame o continuare a lavorare finché non moriamo. Gli anziani licenziati per far posto a giovani precari a metà del loro stipendio non avranno nessuna scelta.\r\nIl reddito di cittadinanza saranno quattro soldi per chi dimostra di “meritarli”, accettando di lavorare gratis, di prendere qualsiasi lavoro anche a 100 chilometri da casa, di spenderlo con una tessera a punti dove e come decide il governo. Lega e 5 Stelle si limitano a modificare in peggio il “reddito di inclusione” del governo targato PD. Chi ha la sfortuna di essere nato altrove non avrà nemmeno l’elemosina destinata agli altri.\r\nLo Stato etico, che ci tratta da minorenni, decide chi è degno e chi no. Non solo. I diktat sono chiari: “la proprietà privata è sacra” e va difesa con le armi e il reddito di schiavitù. Il fondamento della società è la famiglia “naturale”, dove le donne sono obbligate a fare gratis il lavoro di cura di figli, anziani, disabili per sopperire ai servizi che non ci sono.\r\nAumentano le spese per le armi e le missioni di guerra all’estero, nel Mediterraneo e nelle nostre strade, dove per tenere buoni i poveri ci sono sempre più militari e poliziotti.\r\nIl pacchetto sicurezza, oltre a colpire gli immigrati, investe duramente chi lotta.\r\nChi occupa una casa per dare un tetto a se e ai propri figli rischia lunghe pene detentive. 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Da oggi ciò non accadrà sempre, ma solo in alcuni casi: licenziamenti discriminatori o effettuati a causa della maternità o del matrimonio; licenziamenti disciplinari insussistenti o sproporzionati (ma in questo caso non spetteranno tutte le mensilità dal licenziamento fino all’effettiva reintegra: il tetto è di 12 mensilità). In caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (gmo), cioè dettato da motivi economici o comunque legati all’organizzazione del lavoro e della produzione, la reintegra potrà (e non necessariamente dovrà) essere applicata dal giudice cui è data totale discrezionalità al riguardo (anche qui con un limite del risarcimento a 12 mensilità) in caso di accertata “manifesta insussistenza” del motivo economico; negli altri casi spetterà un risarcimento da 12 a 24 mensilità. 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Si giustificano dicendo che c’è bisogno di lavoro. Ma se, come abbiamo sempre detto, c’è lavoro e lavoro, e non tutto è giustificabile, noi aggiungiamo: ma a cosa serve un lavoro se poi, comunque non basta per vivere, come in Francia stanno dicendo i gilè gialli?\r\n\r\nE a chi lavora, non suona strano che di colpo tutti i padroni, seduti nei loro begli uffici, si preoccupino di noi?\r\nApprovazione del decreto Salvini\r\nNiente paura, cari no tav, adesso il blocco stradale sarà duramente represso, ma, ve lo assicuriamo, la prossima volta staremo noi 5 stelle davanti le barricate. Grazie per averci votato, noi sì che facciamo i vostri interessi, ricordatevene la prossima volta!\r\nIntellettuali\r\nSiamo in Italia, dove lo status di intellettuale mette al riparo da ogni cosa. Ce ne stiamo qui, nel nostro limbo, senza prendere parte a queste quisquilie che agitano il popolino. Noi abbiamo editori, tv e giornali a cui rendere conto… il tav non è affar nostro… Al massimo verremo a qualche festival!\r\nDonne no tav\r\nOggi conferenza stampa delle donne no tav, per lanciare il corteo dell’8 ma anche per rispondere a chi, pattinando nella sinistra istituzionale in cerca di voti, ha incontrato le sinistre padrone “sì tav”. Non basta essere donne se ce la si fa con padroni e i loro interessi. 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L'idea di fondo è infatti che ognuno di noi – chi ce la fa e chi non ce la fa – occupi nella piramide sociale il posto che «si merita»: un riconoscimento inappellabile e interiorizzato che porta i «vincenti» a ritenere giustificato il proprio potere e i «perdenti» ad accettare la propria discriminazione. L'idea meritocratica si configura dunque come il trionfo del «governo dei migliori» da un lato e della «servitù volontaria» dall'altro. In definitiva, una sofisticata riproposizione del principio di disuguaglianza.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Codello, autore di “L’illusione meritocratica” appena uscito per i tipi di Eleuthera\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nSabato 2 marzo\r\nVia i militari!\r\nPer una Barriera libera e solidale!\r\nore 14,30\r\ncorso Palermo angolo via Sesia\r\nPresidio Antimilitarista\r\nore 16\r\nalla FAT in corso Palermo 46\r\nIl canzoniere di Alba, chiacchiere e socialità\r\nIn Barriera si moltiplicano gli sfratti\r\nIl lavoro, quando c'è, è precario, pericoloso, malpagato\r\nLa salute è ormai un lusso per pochi\r\nLa sicurezza è casa, reddito, sanità per tutte e tutti, non soldati per per le strade!\r\n\r\nVenerdì 22 marzo\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nDecolonialità e internazionalismo\r\nVerso un’idea non nazionalista della decolonialità\r\nIl concetto di decolonialità è molto citato negli ultimi anni ma non sempre compreso. Manca soprattutto un’elaborazione di questa idea che la separi da nazionalismi, comunitarismi e approcci basati su una prospettiva unica (piuttosto che su intersezioni) che rischiano di farla diventare una concezione escludente quando non lo è. È importante ricordare che, come elaborata originariamente dal collettivo Modernità-Colonialità-Decolonialità (MCD) e poi arricchita dai contributi del femminismo indigeno, degli studi sul pluriverso e delle epistemologie del Sud per non citare che alcuni dei principali ambiti di discussione, la decolonialità mira a superare i limiti di precedenti approcci.\r\nSi tratta in particolare del culturalismo dei Postcolonial Studies, che si sono spesso limitati a critiche della colonialità che restavano limitate a un’analisi del discorso e confinate in ambiti accademici, e dell’economicismo di teorie quali lo sviluppo ineguale o il sistema mondo, incapaci di includere quello che gli approcci decoloniali chiamano la ‘decolonizzazione epistemica’. In questo senso, i punti qualificanti della decolonialità sono la necessità di non limitarsi alla pura teoria per connettersi alle lotte e situazioni reali, di riscoprire modi di pensare al di fuori delle tradizioni intellettuali europee e di costruire ponti di solidarietà militanti attraverso diverse culture e assi di intervento.\r\nSulla base di questo discorso introduttivo, e di alcuni casi empirici sudamericani di interazione tra gruppi anarchici e comunità indigene e afrodiscendenti, si discuteranno le basi di un progetto anarchico di decolonialità, basato sul fatto che la tradizione anarchica e molte delle comunità sopracitate condividono punti chiave quali la prassi organizzativa orizzontale, l’azione diretta e l’idea di territorio come relazione sociale piuttosto che come area delimitata da confini “sovrani”. Esse condividono inoltre critiche delle principali pratiche autoritarie che hanno caratterizzato la Sinistra europea ed eurocentrica, quali il concetto di avanguardia politica, quello di intellettuale organico (di solito maschio e bianco) chiamato a “guidare” le lotte, l’idea della rivoluzione come mera presa del potere politico e quella della decolonizzazione o “liberazione nazionale” come mera costruzione di un nuovo Stato.\r\nIn una singola definizione, anarchismo e “lotta afro-indigena” condividono il principio della coerenza tra la teoria e la prassi, che dovrebbe ispirare il più vasto campo della decolonialità.\r\nInterverrà Federico Ferretti, geografo, docente all'università di Bologna.\r\n\r\nSabato 23 marzo\r\nore 15 giardinetti tra corso Giulio Cesare e via Montanaro\r\nAssemblea di quartiere\r\nIl vero degrado è perdere la casa\r\nCon Filippo Borreani, sociologo e Prendocasa\r\npoi musica, poesia, socialità\r\n(organizza oltredora antifascista)\r\n\r\nVenerdì 12 aprile\r\nEmma Goldman\r\nLa donna più pericolosa d'America\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nNe parliamo con Selva Varengo curatrice della nuova edizione di \"Vivendo la mia vita\", l'autobiografia che Emma Goldman scrisse nel 1934.\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro \r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","29 Febbraio 2024","2024-02-29 21:16:52","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/fuori-militari-1080x640-1-200x110.jpg","Anarres del 23 febbraio. 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Anche in streaming.\r\n\r\nAscolta \u003Cmark>e\u003C/mark> diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/2024-02-23-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nScenari di guerra planetaria\r\nSono passati due anni dall’invasione russa dell’Ucraina \u003Cmark>e\u003C/mark>, nonostante l’affievolirsi dell’attenzione mediatica, il conflitto si inasprisce sempre di più.\r\nGuerre insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. Con il riaccendersi della terribile guerra in Medio Oriente, l’aprirsi del conflitto nel Mar Rosso, il moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, le tensioni per Taiwan, il perdurare dei conflitti per il controllo delle risorse nel continente africano, il rischio di una guerra, anche nucleare, su scala planetaria \u003Cmark>è\u003C/mark> una possibilità reale.\r\nOpporsi concretamente \u003Cmark>è\u003C/mark> un’urgenza ineludibile.\r\nProviamo a capire quali siano le faglie lungo le quali si sta giocando un risico mortale per tutto il pianeta\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nAlways on the move?\r\nEra la capitale dell’auto. L’industria automobilistica era indicata tra le eccellenze cittadine nei cartelli di ingresso alla città.\r\nOggi Torino \u003Cmark>è\u003C/mark> attraversata da due processi trasformativi paralleli: la città vetrina \u003Cmark>e\u003C/mark> la città delle armi. Il primo \u003Cmark>è\u003C/mark> ampiamente pubblicizzato, del secondo si parla poco \u003Cmark>e\u003C/mark> male.\r\n\r\nIl trionfo della meritocrazia?\r\nSuadente \u003Cmark>e\u003C/mark> accattivante, la parola meritocrazia pervade ormai ogni discorso. Ripetuta come un mantra salvifico in ogni contesto sociale \u003Cmark>e\u003C/mark> professionale, oggi appare come l'unica opzione che possa affrancarci dal clientelismo \u003Cmark>e\u003C/mark> dalle sue disastrose conseguenze. Ma davvero il merito (termine quanto mai ambiguo) \u003Cmark>e\u003C/mark> l'ossessione valutativa che comporta ci offrono una via d'uscita? Nient'affatto, risponde Codello, perché la visione meritocratica \u003Cmark>è\u003C/mark> non solo irrealizzabile, in quanto basata su premesse false (la parità delle condizioni di partenza), ma anche indesiderabile, in quanto trasforma la disuguaglianza da fatto sociale a dato naturale. L'idea di fondo \u003Cmark>è\u003C/mark> infatti che ognuno di noi – chi \u003Cmark>ce\u003C/mark> la fa \u003Cmark>e\u003C/mark> chi non \u003Cmark>ce\u003C/mark> la fa – occupi nella piramide sociale il posto che «si merita»: un riconoscimento inappellabile \u003Cmark>e\u003C/mark> interiorizzato che porta i «vincenti» a ritenere giustificato il proprio potere \u003Cmark>e\u003C/mark> i «perdenti» ad accettare la propria discriminazione. L'idea meritocratica si configura dunque come il trionfo del «governo dei migliori» da un lato \u003Cmark>e\u003C/mark> della «servitù volontaria» dall'altro. In definitiva, una sofisticata riproposizione del principio di disuguaglianza.\r\nNe abbiamo parlato con Francesco Codello, autore di “L’illusione meritocratica” appena uscito per i tipi di Eleuthera\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nSabato 2 marzo\r\nVia i militari!\r\nPer una Barriera libera \u003Cmark>e\u003C/mark> solidale!\r\nore 14,30\r\ncorso Palermo angolo via Sesia\r\nPresidio Antimilitarista\r\nore 16\r\nalla FAT in corso Palermo 46\r\nIl canzoniere di Alba, chiacchiere \u003Cmark>e\u003C/mark> socialità\r\nIn Barriera si moltiplicano gli sfratti\r\nIl \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, quando \u003Cmark>c'è\u003C/mark>, \u003Cmark>è\u003C/mark> precario, pericoloso, malpagato\r\nLa salute \u003Cmark>è\u003C/mark> ormai un lusso per pochi\r\nLa sicurezza \u003Cmark>è\u003C/mark> casa, reddito, sanità per tutte \u003Cmark>e\u003C/mark> tutti, non soldati per per le strade!\r\n\r\nVenerdì 22 marzo\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nDecolonialità \u003Cmark>e\u003C/mark> internazionalismo\r\nVerso un’idea non nazionalista della decolonialità\r\nIl concetto di decolonialità \u003Cmark>è\u003C/mark> molto citato negli ultimi anni ma non sempre compreso. 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Non ci sono scappatoie.\r\nLa rappresentazione ritualizzata del conflitto che si gioca nei controvertici, anche quando la materialità dell'agire e la violenza istituzionale si incidono nell'immaginario, tanto da divenire passaggio obbligato, bagno sacro per una generazione di attivisti, non riesce tuttavia a oltrepassare la dimensione del simbolico. Poco importa che la narrazione del poi ci consegni qualche girotondo in tuta o k-wey o i fuochi di un luglio genovese.\r\nOggi, a bocce ferme, dopo il rinvio del vertice di Torino, vogliamo provare a ragionare, proponendo anche strumenti di approfondimento.\r\n\r\nDi disoccupazione abbiamo parlato con Francesco, autore dell'articolo \"Disoccupazione e Unione europea\" uscito sul settimanale Umanità Nova, che vi proponiamo di seguito.\r\n\r\nAscoltate la diretta con Francesco:\r\n\r\n2014 06 19 fricche\r\n\r\nUna premessa è d’obbligo.\r\nI ragionamenti che facciamo sulla disoccupazione non sono esaltazioni del lavoro salariato, sfruttato e sotto padrone.\r\nNon ha alcun senso lamentarsi della disoccupazione aspirando a fare un lavoro di merda, precario e sottopagato, da dove puoi essere cacciato via in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione.\r\nNoi siamo per la liberazione di tutti gli sfruttati. Liberazione dal dominio, liberazione dal comando, liberazione dal capitale.\r\nLe analisi che sviluppiamo sulla disoccupazione, come su altro, servono a ragionare collettivamente su come si stiano modificati i modelli di sfruttamento e come combatterli meglio.\r\nCi sembra si sia usciti dal circuito produci-consuma-crepa. La produzione la fanno altrove e qui ti tengono appeso tra la disoccupazione e il lavoro part time per poterti condizionare meglio. Il consumo è diventato pura sopravvivenza. Solo la morte l’hanno lasciata, accentuandola con la chiusura degli ospedali, il costo delle cure sanitarie e i ricatti di big pharma.\r\nUna parte importante di questo processo di modifica delle condizioni del lavoro e dell’accesso al lavoro ce l’ha l’Unione Europea.\r\nLa tradizione di lotte sociali del proletariato europeo aveva fatto sì che le condizioni di lavoro fossero, in Europa, sensibilmente migliori che non negli USA.\r\nIl processo di unificazione europea ha comportato la perdita progressiva di quelle conquiste, la crisi degli ultimi sei anni ha fornito la scusa per dare il colpo di grazia alle condizioni di vita e lavoro di milioni di persone.\r\nLa disoccupazione in questo gioca un ruolo importante. Ce lo spiega la stessa Commissione Europea nel “Winter forecast” di marzo 2014, dove dice che il\r\ntasso di disoccupazione di equilibrio (NAIRU) per l’Italia – a fini del raggiungimento degli obiettivi di bilancio e di inflazione – non può essere inferiore all’11% nel 2015 ed è meglio se è superiore. Infatti la “disoccupazione sostenibile serve a ridurre le pressioni salariali e a frenare la crescita dei salari. Questo, unito con lieve miglioramento della produttività, comporta solo moderati aumenti del costo unitario del lavoro nominale.”\r\nSenza entrare in tecnicismi economici, è bene sottolineare che un dato del NAIRU così alto serve alla Commissione Europea per sovrastimare il deficit strutturale dell’Italia e chiedere una manovra economica aggiuntiva.\r\nIn ogni caso è perfettamente inutile che il governo e l’Unione Europea sparino tante panzane sulla loro volontà di ridurre la disoccupazione, visto che, proprio loro, si sono dati tanto da fare per crearla e si stanno dando da fare per mantenerla alta.\r\nL’ISTAT ci dice, intanto, che il tasso di disoccupazione”ufficiale” in Italia è al 12,6%. Come tutte le statistiche però il singolo dato non ci dice nulla se non sappiamo cosa c’è dietro.\r\nVengono considerati disoccupati coloro i quali, nel mese precedente alla rilevazione, hanno effettuato una ricerca attiva di lavoro (mandato un curriculum, fatto un colloquio, risposto a un annuncio), non hanno fatto neanche un’ora di lavoro (se uno fa il baby sitter una sera per tre ore non viene considerato disoccupato neanche se si sbatte come un matto per cercare lavoro per tutto il\r\nresto del mese) e sono disponibili a iniziare a lavorare nelle due settimane successive.\r\nI disoccupati calcolati così sono 3.487.000. Se a questi ci aggiungiamo però quelli che il lavoro non l’hanno cercato nel mese precedente, perché “scoraggiati” o perché stanno aspettando la risposta a qualche colloquio fatto prima, ma sono comunque disponibili a lavorare abbiamo altre 3.305.000 persone. Se consideriamo anche quelli che cercano lavoro, ma non possono cominciare nelle due settimane successive (studenti sotto esami, donne in gravidanza) abbiamo altre 261.000 individui.\r\nSe poi consideriamo anche il 1.499.000 di individui impiegati in maniera precaria e a tempo parziale abbiamo un totale di 8.552.000 persone per cui la mancanza o la precarietà di un lavoro rappresentano un problema con cui fare quotidianamente i conti.\r\nQuesta situazione è prevalentemente italiana le “forze lavoro potenziali” (come si chiamano statisticamente) in Italia sono il 14% contro il 4% medio del resto d’Europa.\r\nDa che dipende? Dal fatto che in Italia il lavoro non si trova con i metodi “classici” in uso nel resto d’Europa, ma con conoscenze, rapporti familiari, raccomandazioni, favori.\r\nQuesto serve a far legare a filo doppio una persona al suo “sponsor” lavorativo (a maggior ragione quando è un politico) e lo rende ulteriormente ricattabile quando prova a far valere i propri diritti sul posto di lavoro.\r\nQuesta è anche una delle cause della scarsissima mobilità sociale in Italia. Chi nasce povero, per quanti studi possa aver fatto e per quanta capacità possa dimostrare, rimane povero. Con la crisi questa situazione è anche peggiorata. Adesso chi nasceva in una famiglia di relativo benessere ha molte più probabilità di diventare povero che non di mantenere la propria posizione sociale.\r\nIn Italia, prima della crisi, si ereditava non solo la posizione sociale, ma anche il lavoro del padre: il 44% degli architetti aveva un figlio architetto, il 42% dei padri laureati in giurisprudenza aveva un figlio con medesima laurea, il 41% dei farmacisti e il 39% di medici e ingegneri.\r\nLa crisi ha trasformato la piramide sociale in clessidra: la maggior parte delle persone che erano ai livelli intermedi della piramide sono stati spinti verso il basso. Qualcuno è stato spinto verso l’alto: in Italia il numero delle persone che possiedono più di 30 milioni di euro è aumentato, nell’ultimo anno del 7%, a fronte di un aumento della povertà relativa del 15%.\r\nIl problema della disoccupazione non è nato con l’Euro (all’avvento dell’euro la disoccupazione italiana era al 9.1%), ma è stata la risposta data dal capitalismo italiano alla crisi. Nel 2007 (prima dell’inizio della crisi) la disoccupazione in Italia era al 6.1% ed oggi è al 12,6%.\r\nLa scelta di spostare le produzioni ad alta intensità di lavoro in Cina, Vietnam e negli altri paesi dell’estremo oriente, e le produzioni ad alta intensità di capitale in Germania, ha determinato il crollo di circa il 30% della produzione manifatturiera italiana e la disoccupazione è più che raddoppiata dal 2007 ad oggi. La scelta dello stato e del padronato di puntare sui bassi salari fa sì che l’industria manifatturiera italiana, che è ancora la seconda in Europa, realizzi produzioni a basso valore aggiunto facilmente delocalizzabili. Questo aumento di disoccupazione per l’Italia (e gli altri paesi della “periferia” europea) è, per questi motivi, strutturale.\r\nL’unico motivo per cui l’Italia ha una bilancia commerciale in attivo è perché sono crollati i consumi: non ci sono più soldi, le persone comprano di meno e consumando meno merci, ne vengono importate di meno (- 8.5% negli ultimi tre anni) e pur essendo diminuite anche le esportazioni (-1.7%), sono diminuite di meno delle importazioni, e il saldo è diventato attivo.\r\nRaccontano che ci sono paesi, come la Germania, dove hanno risolto il problema della disoccupazione.\r\nPeccato che abbiano semplicemente sostituito la disoccupazione con la sottoccupazione riducendo contemporaneamente i salari.\r\nIn Germania infatti, nel 2005 la disoccupazione era al 11.2% benché fosse in pieno boom economico. Per evitare una esplosione sociale il governo socialdemocratico di Shoereder si inventò i minijob. Chi voleva usufruire del sussidio di disoccupazione doveva accettare del lavori di 15 ore la settimana retribuiti 450 Euro al mese, senza tasse e con pochi contributi previdenziali (il costo\r\ntotale per l’imprenditore, compresa la cassa malattia è di 585 euro al mese).\r\nIn cambio lo stato tedesco versa per un single un importo pari a 374 € mensili a cui vanno aggiunti circa 300 € per l'affitto; una famiglia invece percepisce un contributo di 337 € per ogni adulto, 219 € per ogni bambino e 550 € per l'affitto.\r\nIn Germania i lavoratori impegnati con i minijob sono più di otto milioni, circa il 20% del totale degli occupati.\r\nOltretutto, siccome i minijob non consentono di ricevere il permesso di soggiorno hanno avvantaggiato la manodopera autoctona nei lavori meno qualificati (quelli abitualmente pagati di meno e dove c’è il maggior utilizzo di questi contratti).\r\nIl problema è che contemporaneamente tutti i contratti esistenti per i lavori meno qualificati sono stati trasformati in contratti a minijobs con il risultato che la massa salariale complessiva percepita in Germania è rimasta sostanzialmente la stessa nonostante l’aumento dell’occupazione.\r\nQuesto ha determinato due effetti: un bassissimo costo del lavoro per le industrie, che hanno potuto produrre a prezzi considerevolmente più bassi aumentando conseguentemente le esportazioni e una diminuzione dei consumi interni con diminuzione delle importazioni.\r\nIl risultato è che, lo scorso anno, la Germania ha avuto il saldo attivo della bilancia dei pagamenti più alto al mondo, maggiore anche della Cina che sui bassi salari e l’estrema flessibilità ha fondato il proprio successo economico.\r\nDi fatto questa forma di sostegno alla disoccupazione rappresenta un finanziamento all’impresa, che automatizza al massimo per poter usare i minijob nella produzione e, in futuro, porterà all’esplosione del sistema previdenziale tedesco, visto che oggi, chi lavora con i minijob ha diritto solo a 3,11 euro di pensione mensile per ogni anno di lavoro. Il che significa che un lavoratore che avesse lavorato per 40 anni solo con i minijob avrebbe diritto ad appena 124 euro di pensione al mese.\r\nL’altra favola che stanno raccontando è che il problema della disoccupazione è legato alla “rigidità” del mercato del lavoro.\r\nRenzi ha proclamato che con il “jobs act” e l’introduzione selvaggia del contratto a tempo determinato si contribuirà alla soluzione del problema della disoccupazione.\r\nIn Spagna i contratti a tempo determinato li hanno liberalizzati dal 1984, rendendo ammissibili ripetute proroghe dello stesso contratto che ha smesso di essere legato ad esigenze temporanee di produzione.\r\nDopo 30 anni tutti gli studi che hanno analizzato gli effetti di questo provvedimento sono concordi nel sostenere che il risultato è: meno giorni di lavoro complessivi (si lavora – a parità di ferie - mediamente 21 giorni di meno all’anno persi a cercare un altro lavoro), salari più bassi (a parità di condizioni e indipendentemente dai giorni lavorati in meno, fin da prima della crisi erano diminuiti mediamente del 12%), precarizzazione delle scelte di vita (tutti quelli che, dopo qualche contratto, sarebbero stati assunti a tempo indeterminato, sono rimasti precari molto più a lungo) penalizzazione dei soggetti più deboli (chi ha avuto inabilità, donne incinte o con bambini piccoli non hanno il rinnovo dei contratti).\r\nL’inutilità dell’effetto complessivo sulla disoccupazione è conclamato dal fatto che la Spagna ha oggi la disoccupazione al 25%, superiore anche a quella della Grecia.\r\nLa sublimazione di tutti queste situazioni è data dalla disoccupazione giovanile.\r\nIn Italia risultano disoccupate tra i 15 e i 24 anni 656.000 persone per un tasso di disoccupazione giovanile pari al 41.9%.\r\nIl dato va completato: tra i 15 e i 24 anni 650.000 persone cercano lavoro e non lo trovano, meno di un milione lavora, tre milioni e mezzo studiano o fanno formazione e 850.000 sono NEET (Not in Education, Employment or Training), non studiano, non lavorano né lo cercano e non fanno alcun tipo di tirocinio.\r\nIl numero dei neet sale vertiginosamente ampliando la fascia d’età tra i 15 e i 29 anni a circa 2.300.000 persone che, sebbene le persone di età tra i 25 e i 29 anni non rientrino statisticamente nella disoccupazione giovanile, il dato numerico segnala che le prospettive per i giovani sono inesistenti anche quando sono un po’ più “vecchi”.\r\nQualcuno di questi brillanti “tecnici” ed “economisti” al servizio dei potenti ha suggerito di modificare la rappresentazione del tasso di disoccupazione giovanile modificando l’indice mettendolo in rapporto con l’insieme dei giovani e non solo con i giovani componenti la forza lavoro, per abbassarlo dal 41.9% al 10.5%.\r\nInvece di preoccuparsi del motivo per cui in sei anni il tasso è più che raddoppiato (era al 20% nel 2008) si preoccupano di falsificarlo.\r\nEd il motivo dell’aumento della disoccupazione giovanile è banale quanto ovvio. La riforma delle pensioni, con una accentuazione con quella della Fornero, oltre ad aver obbligato i lavoratori ad essere inchiodati al posto di lavoro fino a 67 anni, ha determinato la mancata assunzione dei più giovani.\r\nDall’inizio della crisi, nel 2008 (ma la tendenza si è solo accentuata rispetto a prima), ci sono un milione di posti di lavoro in meno (da 23,4 milioni a 22.4 milioni), però il numero degli ultracinquantenni che lavorano è aumentato di un milione di unità (da 5.6 milioni a 6.6 milioni).\r\nNon si tratta, con tutta evidenza, di un atteggiamento caritatevole dei padroni, che hanno assunto gli “esodati” dalla Fornero o i cinquantenni espulsi dal ciclo produttivo dalle ristrutturazioni aziendali che hanno portato miliardi di profitti ai padroni e licenziamenti, cassa integrazione e fame agli operai. Sono i lavoratori che non sono potuti andare in pensione, che seguitano a lavorare e che, per ragioni anagrafiche, invecchiano.\r\nI giovani hanno fatto da cavie a tutte le nuove tipologie di contratto di lavoro, con la truffa degli stage alcuni lavorano addirittura gratis, sono praticamente tutti precari, molti sono spesso sottoccupati, costretti ad accettare un lavoro a tempo parziale per l’impossibilità di trovare un lavoro a tempo pieno.\r\nNonostante questo si seguita a spingere l’accento sulla necessità della precarietà per ridurre il numero dei disoccupati.\r\nSe fosse vero che con la precarietà si diminuisse il numero dei disoccupati, dovremmo avere, per le ragioni dette sopra, la disoccupazione giovanile molto più bassa di quella complessiva, invece di essere enormemente maggiore.\r\nInvece, proprio perché precari, i giovani pagano un prezzo più alto alle ristrutturazioni aziendali: sono i primi a vedere i propri contratti non rinnovati quando c’è un accenno di crisi.\r\nQuesto rende evidente anche la balla con cui i padroni giustificano i propri profitti: sono loro che rischiano il proprio capitale ed è giusto che venga remunerato. I primi (e quasi sempre i soli) che rischiano qualcosa sono i lavoratori, per i padroni ci pensa lo stato a coprire le perdite!\r\nE adesso, Renzi, con il jobs act, vorrebbe estendere questa situazione a tutti i lavoratori.\r\nNoi non ci siamo mai illusi che, modificando qualche legge o votando qualcuno piuttosto che un altro, possa modificarsi la situazione.\r\nLa situazione attuale conferma le nostre idee.\r\nL’unico modo per non trascorrere la propria vita tra precariato e disoccupazione, sognando un lavoro sfruttato, è di cambiare radicalmente il modello di produzione.\r\nSolo con la lotta è possibile riappropriarsi della propria vita, del proprio tempo, dei propri desideri.","27 Giugno 2014","2018-10-17 22:10:02","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/06/dinamismoDellaTestaDiUnUomo-200x110.jpg","Renzi scappa, la disoccupazione no",1403882521,[422,423,424,425],"http://radioblackout.org/tag/civediamopoi/","http://radioblackout.org/tag/disoccupazione/","http://radioblackout.org/tag/fiscal-compact/","http://radioblackout.org/tag/renzi/",[427,428,429,34],"#civediamopoi","disoccupazione","fiscal compact",{"post_content":431},{"matched_tokens":432,"snippet":434,"value":435},[18,78,18,433],"ce","modifica delle condizioni del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> dell’accesso al \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>ce\u003C/mark> l’ha l’Unione Europea.\r\nLa tradizione","La fuga di Renzi, che ha posticipato a novembre \u003Cmark>e\u003C/mark> probabilmente spostato a Bruxelles il vertice sull'occupazione giovanile previsto a Torino l'11 luglio, non muta la situazione dei tantissimi giovani che non hanno un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, o vivono di precarietà quotidiane, che ne segnano le vite in modo irreversibile.\r\nSe i vertici - \u003Cmark>e\u003C/mark> con loro la variabile dipendente dei controvertici - sono la rappresentazione politica che si gioca nello spazio di una giornata, la questione della liberazione dal \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> salariato come scommessa dei movimenti che mirano a spezzare l'ordine sociale, resta sul piatto ed impone un ragionare - ed un agire - più radicalmente volto ad una prospettiva di esodo conflittuale.\r\nUn percorso difficile, ma - a nostro avviso - non eludibile. Non ci sono scappatoie.\r\nLa rappresentazione ritualizzata del conflitto che si gioca nei controvertici, anche quando la materialità dell'agire \u003Cmark>e\u003C/mark> la violenza istituzionale si incidono nell'immaginario, tanto da divenire passaggio obbligato, bagno sacro per una generazione di attivisti, non riesce tuttavia a oltrepassare la dimensione del simbolico. Poco importa che la narrazione del poi ci consegni qualche girotondo in tuta o k-wey o i fuochi di un luglio genovese.\r\nOggi, a bocce ferme, dopo il rinvio del vertice di Torino, vogliamo provare a ragionare, proponendo anche strumenti di approfondimento.\r\n\r\nDi disoccupazione abbiamo parlato con Francesco, autore dell'articolo \"Disoccupazione \u003Cmark>e\u003C/mark> Unione europea\" uscito sul settimanale Umanità Nova, che vi proponiamo di seguito.\r\n\r\nAscoltate la diretta con Francesco:\r\n\r\n2014 06 19 fricche\r\n\r\nUna premessa \u003Cmark>è\u003C/mark> d’obbligo.\r\nI ragionamenti che facciamo sulla disoccupazione non sono esaltazioni del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> salariato, sfruttato \u003Cmark>e\u003C/mark> sotto padrone.\r\nNon ha alcun senso lamentarsi della disoccupazione aspirando a fare un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di merda, precario \u003Cmark>e\u003C/mark> sottopagato, da dove puoi essere cacciato via in qualsiasi momento \u003Cmark>e\u003C/mark> per qualsiasi ragione.\r\nNoi siamo per la liberazione di tutti gli sfruttati. Liberazione dal dominio, liberazione dal comando, liberazione dal capitale.\r\nLe analisi che sviluppiamo sulla disoccupazione, come su altro, servono a ragionare collettivamente su come si stiano modificati i modelli di sfruttamento \u003Cmark>e\u003C/mark> come combatterli meglio.\r\nCi sembra si sia usciti dal circuito produci-consuma-crepa. La produzione la fanno altrove \u003Cmark>e\u003C/mark> qui ti tengono appeso tra la disoccupazione \u003Cmark>e\u003C/mark> il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> part time per poterti condizionare meglio. Il consumo \u003Cmark>è\u003C/mark> diventato pura sopravvivenza. Solo la morte l’hanno lasciata, accentuandola con la chiusura degli ospedali, il costo delle cure sanitarie \u003Cmark>e\u003C/mark> i ricatti di big pharma.\r\nUna parte importante di questo processo di modifica delle condizioni del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> dell’accesso al \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>ce\u003C/mark> l’ha l’Unione Europea.\r\nLa tradizione di lotte sociali del proletariato europeo aveva fatto sì che le condizioni di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> fossero, in Europa, sensibilmente migliori che non negli USA.\r\nIl processo di unificazione europea ha comportato la perdita progressiva di quelle conquiste, la crisi degli ultimi sei anni ha fornito la scusa per dare il colpo di grazia alle condizioni di vita \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di milioni di persone.\r\nLa disoccupazione in questo gioca un ruolo importante. \u003Cmark>Ce\u003C/mark> lo spiega la stessa Commissione Europea nel “Winter forecast” di marzo 2014, dove dice che il\r\ntasso di disoccupazione di equilibrio (NAIRU) per l’Italia – a fini del raggiungimento degli obiettivi di bilancio \u003Cmark>e\u003C/mark> di inflazione – non può essere inferiore all’11% nel 2015 ed \u003Cmark>è\u003C/mark> meglio se \u003Cmark>è\u003C/mark> superiore. Infatti la “disoccupazione sostenibile serve a ridurre le pressioni salariali \u003Cmark>e\u003C/mark> a frenare la crescita dei salari. Questo, unito con lieve miglioramento della produttività, comporta solo moderati aumenti del costo unitario del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> nominale.”\r\nSenza entrare in tecnicismi economici, \u003Cmark>è\u003C/mark> bene sottolineare che un dato del NAIRU così alto serve alla Commissione Europea per sovrastimare il deficit strutturale dell’Italia \u003Cmark>e\u003C/mark> chiedere una manovra economica aggiuntiva.\r\nIn ogni caso \u003Cmark>è\u003C/mark> perfettamente inutile che il governo \u003Cmark>e\u003C/mark> l’Unione Europea sparino tante panzane sulla loro volontà di ridurre la disoccupazione, visto che, proprio loro, si sono dati tanto da fare per crearla \u003Cmark>e\u003C/mark> si stanno dando da fare per mantenerla alta.\r\nL’ISTAT ci dice, intanto, che il tasso di disoccupazione”ufficiale” in Italia \u003Cmark>è\u003C/mark> al 12,6%. Come tutte le statistiche però il singolo dato non ci dice nulla se non sappiamo cosa \u003Cmark>c’è\u003C/mark> dietro.\r\nVengono considerati disoccupati coloro i quali, nel mese precedente alla rilevazione, hanno effettuato una ricerca attiva di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> (mandato un curriculum, fatto un colloquio, risposto a un annuncio), non hanno fatto neanche un’ora di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> (se uno fa il baby sitter una sera per tre ore non viene considerato disoccupato neanche se si sbatte come un matto per cercare \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> per tutto il\r\nresto del mese) \u003Cmark>e\u003C/mark> sono disponibili a iniziare a lavorare nelle due settimane successive.\r\nI disoccupati calcolati così sono 3.487.000. Se a questi ci aggiungiamo però quelli che il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> non l’hanno cercato nel mese precedente, perché “scoraggiati” o perché stanno aspettando la risposta a qualche colloquio fatto prima, ma sono comunque disponibili a lavorare abbiamo altre 3.305.000 persone. Se consideriamo anche quelli che cercano \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, ma non possono cominciare nelle due settimane successive (studenti sotto esami, donne in gravidanza) abbiamo altre 261.000 individui.\r\nSe poi consideriamo anche il 1.499.000 di individui impiegati in maniera precaria \u003Cmark>e\u003C/mark> a tempo parziale abbiamo un totale di 8.552.000 persone per cui la mancanza o la precarietà di un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> rappresentano un problema con cui fare quotidianamente i conti.\r\nQuesta situazione \u003Cmark>è\u003C/mark> prevalentemente italiana le “forze \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> potenziali” (come si chiamano statisticamente) in Italia sono il 14% contro il 4% medio del resto d’Europa.\r\nDa che dipende? Dal fatto che in Italia il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> non si trova con i metodi “classici” in uso nel resto d’Europa, ma con conoscenze, rapporti familiari, raccomandazioni, favori.\r\nQuesto serve a far legare a filo doppio una persona al suo “sponsor” lavorativo (a maggior ragione quando \u003Cmark>è\u003C/mark> un politico) \u003Cmark>e\u003C/mark> lo rende ulteriormente ricattabile quando prova a far valere i propri diritti sul posto di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\nQuesta \u003Cmark>è\u003C/mark> anche una delle cause della scarsissima mobilità sociale in Italia. Chi nasce povero, per quanti studi possa aver fatto \u003Cmark>e\u003C/mark> per quanta capacità possa dimostrare, rimane povero. Con la crisi questa situazione \u003Cmark>è\u003C/mark> anche peggiorata. Adesso chi nasceva in una famiglia di relativo benessere ha molte più probabilità di diventare povero che non di mantenere la propria posizione sociale.\r\nIn Italia, prima della crisi, si ereditava non solo la posizione sociale, ma anche il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> del padre: il 44% degli architetti aveva un figlio architetto, il 42% dei padri laureati in giurisprudenza aveva un figlio con medesima laurea, il 41% dei farmacisti \u003Cmark>e\u003C/mark> il 39% di medici \u003Cmark>e\u003C/mark> ingegneri.\r\nLa crisi ha trasformato la piramide sociale in clessidra: la maggior parte delle persone che erano ai livelli intermedi della piramide sono stati spinti verso il basso. Qualcuno \u003Cmark>è\u003C/mark> stato spinto verso l’alto: in Italia il numero delle persone che possiedono più di 30 milioni di euro \u003Cmark>è\u003C/mark> aumentato, nell’ultimo anno del 7%, a fronte di un aumento della povertà relativa del 15%.\r\nIl problema della disoccupazione non \u003Cmark>è\u003C/mark> nato con l’Euro (all’avvento dell’euro la disoccupazione italiana era al 9.1%), ma \u003Cmark>è\u003C/mark> stata la risposta data dal capitalismo italiano alla crisi. Nel 2007 (prima dell’inizio della crisi) la disoccupazione in Italia era al 6.1% ed oggi \u003Cmark>è\u003C/mark> al 12,6%.\r\nLa scelta di spostare le produzioni ad alta intensità di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> in Cina, Vietnam \u003Cmark>e\u003C/mark> negli altri paesi dell’estremo oriente, \u003Cmark>e\u003C/mark> le produzioni ad alta intensità di capitale in Germania, ha determinato il crollo di circa il 30% della produzione manifatturiera italiana \u003Cmark>e\u003C/mark> la disoccupazione \u003Cmark>è\u003C/mark> più che raddoppiata dal 2007 ad oggi. La scelta dello stato \u003Cmark>e\u003C/mark> del padronato di puntare sui bassi salari fa sì che l’industria manifatturiera italiana, che \u003Cmark>è\u003C/mark> ancora la seconda in Europa, realizzi produzioni a basso valore aggiunto facilmente delocalizzabili. Questo aumento di disoccupazione per l’Italia (\u003Cmark>e\u003C/mark> gli altri paesi della “periferia” europea) \u003Cmark>è\u003C/mark>, per questi motivi, strutturale.\r\nL’unico motivo per cui l’Italia ha una bilancia commerciale in attivo \u003Cmark>è\u003C/mark> perché sono crollati i consumi: non ci sono più soldi, le persone comprano di meno \u003Cmark>e\u003C/mark> consumando meno merci, ne vengono importate di meno (- 8.5% negli ultimi tre anni) \u003Cmark>e\u003C/mark> pur essendo diminuite anche le esportazioni (-1.7%), sono diminuite di meno delle importazioni, \u003Cmark>e\u003C/mark> il saldo \u003Cmark>è\u003C/mark> diventato attivo.\r\nRaccontano che ci sono paesi, come la Germania, dove hanno risolto il problema della disoccupazione.\r\nPeccato che abbiano semplicemente sostituito la disoccupazione con la sottoccupazione riducendo contemporaneamente i salari.\r\nIn Germania infatti, nel 2005 la disoccupazione era al 11.2% benché fosse in pieno boom economico. Per evitare una esplosione sociale il governo socialdemocratico di Shoereder si inventò i minijob. Chi voleva usufruire del sussidio di disoccupazione doveva accettare del lavori di 15 ore la settimana retribuiti 450 Euro al mese, senza tasse \u003Cmark>e\u003C/mark> con pochi contributi previdenziali (il costo\r\ntotale per l’imprenditore, compresa la cassa malattia \u003Cmark>è\u003C/mark> di 585 euro al mese).\r\nIn cambio lo stato tedesco versa per un single un importo pari a 374 € mensili a cui vanno aggiunti circa 300 € per l'affitto; una famiglia invece percepisce un contributo di 337 € per ogni adulto, 219 € per ogni bambino \u003Cmark>e\u003C/mark> 550 € per l'affitto.\r\nIn Germania i lavoratori impegnati con i minijob sono più di otto milioni, circa il 20% del totale degli occupati.\r\nOltretutto, siccome i minijob non consentono di ricevere il permesso di soggiorno hanno avvantaggiato la manodopera autoctona nei lavori meno qualificati (quelli abitualmente pagati di meno \u003Cmark>e\u003C/mark> dove \u003Cmark>c’è\u003C/mark> il maggior utilizzo di questi contratti).\r\nIl problema \u003Cmark>è\u003C/mark> che contemporaneamente tutti i contratti esistenti per i lavori meno qualificati sono stati trasformati in contratti a minijobs con il risultato che la massa salariale complessiva percepita in Germania \u003Cmark>è\u003C/mark> rimasta sostanzialmente la stessa nonostante l’aumento dell’occupazione.\r\nQuesto ha determinato due effetti: un bassissimo costo del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> per le industrie, che hanno potuto produrre a prezzi considerevolmente più bassi aumentando conseguentemente le esportazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> una diminuzione dei consumi interni con diminuzione delle importazioni.\r\nIl risultato \u003Cmark>è\u003C/mark> che, lo scorso anno, la Germania ha avuto il saldo attivo della bilancia dei pagamenti più alto al mondo, maggiore anche della Cina che sui bassi salari \u003Cmark>e\u003C/mark> l’estrema flessibilità ha fondato il proprio successo economico.\r\nDi fatto questa forma di sostegno alla disoccupazione rappresenta un finanziamento all’impresa, che automatizza al massimo per poter usare i minijob nella produzione \u003Cmark>e\u003C/mark>, in futuro, porterà all’esplosione del sistema previdenziale tedesco, visto che oggi, chi lavora con i minijob ha diritto solo a 3,11 euro di pensione mensile per ogni anno di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>. Il che significa che un lavoratore che avesse lavorato per 40 anni solo con i minijob avrebbe diritto ad appena 124 euro di pensione al mese.\r\nL’altra favola che stanno raccontando \u003Cmark>è\u003C/mark> che il problema della disoccupazione \u003Cmark>è\u003C/mark> legato alla “rigidità” del mercato del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\nRenzi ha proclamato che con il “jobs act” \u003Cmark>e\u003C/mark> l’introduzione selvaggia del contratto a tempo determinato si contribuirà alla soluzione del problema della disoccupazione.\r\nIn Spagna i contratti a tempo determinato li hanno liberalizzati dal 1984, rendendo ammissibili ripetute proroghe dello stesso contratto che ha smesso di essere legato ad esigenze temporanee di produzione.\r\nDopo 30 anni tutti gli studi che hanno analizzato gli effetti di questo provvedimento sono concordi nel sostenere che il risultato \u003Cmark>è\u003C/mark>: meno giorni di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> complessivi (si lavora – a parità di ferie - mediamente 21 giorni di meno all’anno persi a cercare un altro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>), salari più bassi (a parità di condizioni \u003Cmark>e\u003C/mark> indipendentemente dai giorni lavorati in meno, fin da prima della crisi erano diminuiti mediamente del 12%), precarizzazione delle scelte di vita (tutti quelli che, dopo qualche contratto, sarebbero stati assunti a tempo indeterminato, sono rimasti precari molto più a lungo) penalizzazione dei soggetti più deboli (chi ha avuto inabilità, donne incinte o con bambini piccoli non hanno il rinnovo dei contratti).\r\nL’inutilità dell’effetto complessivo sulla disoccupazione \u003Cmark>è\u003C/mark> conclamato dal fatto che la Spagna ha oggi la disoccupazione al 25%, superiore anche a quella della Grecia.\r\nLa sublimazione di tutti queste situazioni \u003Cmark>è\u003C/mark> data dalla disoccupazione giovanile.\r\nIn Italia risultano disoccupate tra i 15 \u003Cmark>e\u003C/mark> i 24 anni 656.000 persone per un tasso di disoccupazione giovanile pari al 41.9%.\r\nIl dato va completato: tra i 15 \u003Cmark>e\u003C/mark> i 24 anni 650.000 persone cercano \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> non lo trovano, meno di un milione lavora, tre milioni \u003Cmark>e\u003C/mark> mezzo studiano o fanno formazione \u003Cmark>e\u003C/mark> 850.000 sono NEET (Not in Education, Employment or Training), non studiano, non lavorano né lo cercano \u003Cmark>e\u003C/mark> non fanno alcun tipo di tirocinio.\r\nIl numero dei neet sale vertiginosamente ampliando la fascia d’età tra i 15 \u003Cmark>e\u003C/mark> i 29 anni a circa 2.300.000 persone che, sebbene le persone di età tra i 25 \u003Cmark>e\u003C/mark> i 29 anni non rientrino statisticamente nella disoccupazione giovanile, il dato numerico segnala che le prospettive per i giovani sono inesistenti anche quando sono un po’ più “vecchi”.\r\nQualcuno di questi brillanti “tecnici” ed “economisti” al servizio dei potenti ha suggerito di modificare la rappresentazione del tasso di disoccupazione giovanile modificando l’indice mettendolo in rapporto con l’insieme dei giovani \u003Cmark>e\u003C/mark> non solo con i giovani componenti la forza \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, per abbassarlo dal 41.9% al 10.5%.\r\nInvece di preoccuparsi del motivo per cui in sei anni il tasso \u003Cmark>è\u003C/mark> più che raddoppiato (era al 20% nel 2008) si preoccupano di falsificarlo.\r\nEd il motivo dell’aumento della disoccupazione giovanile \u003Cmark>è\u003C/mark> banale quanto ovvio. La riforma delle pensioni, con una accentuazione con quella della Fornero, oltre ad aver obbligato i lavoratori ad essere inchiodati al posto di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> fino a 67 anni, ha determinato la mancata assunzione dei più giovani.\r\nDall’inizio della crisi, nel 2008 (ma la tendenza si \u003Cmark>è\u003C/mark> solo accentuata rispetto a prima), ci sono un milione di posti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> in meno (da 23,4 milioni a 22.4 milioni), però il numero degli ultracinquantenni che lavorano \u003Cmark>è\u003C/mark> aumentato di un milione di unità (da 5.6 milioni a 6.6 milioni).\r\nNon si tratta, con tutta evidenza, di un atteggiamento caritatevole dei padroni, che hanno assunto gli “esodati” dalla Fornero o i cinquantenni espulsi dal ciclo produttivo dalle ristrutturazioni aziendali che hanno portato miliardi di profitti ai padroni \u003Cmark>e\u003C/mark> licenziamenti, cassa integrazione \u003Cmark>e\u003C/mark> fame agli operai. Sono i lavoratori che non sono potuti andare in pensione, che seguitano a lavorare \u003Cmark>e\u003C/mark> che, per ragioni anagrafiche, invecchiano.\r\nI giovani hanno fatto da cavie a tutte le nuove tipologie di contratto di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, con la truffa degli stage alcuni lavorano addirittura gratis, sono praticamente tutti precari, molti sono spesso sottoccupati, costretti ad accettare un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> a tempo parziale per l’impossibilità di trovare un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> a tempo pieno.\r\nNonostante questo si seguita a spingere l’accento sulla necessità della precarietà per ridurre il numero dei disoccupati.\r\nSe fosse vero che con la precarietà si diminuisse il numero dei disoccupati, dovremmo avere, per le ragioni dette sopra, la disoccupazione giovanile molto più bassa di quella complessiva, invece di essere enormemente maggiore.\r\nInvece, proprio perché precari, i giovani pagano un prezzo più alto alle ristrutturazioni aziendali: sono i primi a vedere i propri contratti non rinnovati quando \u003Cmark>c’è\u003C/mark> un accenno di crisi.\r\nQuesto rende evidente anche la balla con cui i padroni giustificano i propri profitti: sono loro che rischiano il proprio capitale ed \u003Cmark>è\u003C/mark> giusto che venga remunerato. I primi (\u003Cmark>e\u003C/mark> quasi sempre i soli) che rischiano qualcosa sono i lavoratori, per i padroni ci pensa lo stato a coprire le perdite!\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark> adesso, Renzi, con il jobs act, vorrebbe estendere questa situazione a tutti i lavoratori.\r\nNoi non ci siamo mai illusi che, modificando qualche legge o votando qualcuno piuttosto che un altro, possa modificarsi la situazione.\r\nLa situazione attuale conferma le nostre idee.\r\nL’unico modo per non trascorrere la propria vita tra precariato \u003Cmark>e\u003C/mark> disoccupazione, sognando un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> sfruttato, \u003Cmark>è\u003C/mark> di cambiare radicalmente il modello di produzione.\r\nSolo con la lotta \u003Cmark>è\u003C/mark> possibile riappropriarsi della propria vita, del proprio tempo, dei propri desideri.",[437],{"field":105,"matched_tokens":438,"snippet":434,"value":435},[18,78,18,433],2314894167458709500,{"best_field_score":441,"best_field_weight":205,"fields_matched":206,"num_tokens_dropped":51,"score":442,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":51},"4419510861824","2314894167458709617",{"document":444,"highlight":466,"highlights":472,"text_match":439,"text_match_info":475},{"comment_count":51,"id":445,"is_sticky":51,"permalink":446,"podcastfilter":447,"post_author":305,"post_content":448,"post_date":449,"post_excerpt":56,"post_id":445,"post_modified":450,"post_thumbnail":451,"post_title":452,"post_type":366,"sort_by_date":453,"tag_links":454,"tags":460},"15161","http://radioblackout.org/podcast/gli-anarchici-la-resistenza-il-revisionismo/",[],"Anche quest'anno il 25 aprile si farà la commemorazione alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, morto combattendo i nazifascisti il 26 aprile del 1945. La lapide che lo ricorda è nel centro del quartiere operaio di Barriera di Milano, all'angolo tra corso Giulio e corso Novara.\r\nOggi rimane solo un pezzo di muro con la pietra, il nome, la foto scolorita.\r\nSino ad una trentina di anni fa quel muro era la spalletta di un ponte su un piccolo canale.\r\nEra una zona di babbriche ed un borgo di operai. Operai combattivi, gli stessi dell'insurrezione contro la guerra e il carovita del 1917, quelli dell'occupazione delle fabbriche, della resistenza al fascismo, gli anarchici che durante gli anni più bui della dittatura mantennero in piedi un gruppo clandestino, la gente degli scioperi del marzo '43.\r\nOggi sono quasi del tutto scomparsi anche i ruderi di quelle fabbriche. Delle ferriere, dove lavorava Baroni, restano solo gli imponenti travoni di acciaio in mezzo ad un improbabile parco urbano tra ipermercati e multisale.\r\nIl cuore del quartiere è cambiato. La Barriera aveva resistito agli anni dell'immigrazione dal sud, facendosi teatro di lotte grandi tra fabbrica, scuola, quartiere, eludendo il rischio della guerra tra poveri, del razzismo per costruire una stagione di lotte, che ormai trascolora nella memoria dei tanti la cui vita ne è stata attraversata.\r\nOggi vivere qui è più difficile che in passato: non è solo questione dei soldi e del lavoro che non c'è, e, se c'é è sempre più nero, pericoloso, precario.\r\nC'è un disagio diffuso che non sa più farsi percorso di lotta, c'é latente la rabbia verso i tanti immigrati africani, magrebini, cinesi, romeni, peruvianio che ci abitano e l'hanno cambiato.\r\nUn po' il vento sta cambiando ma per ora è solo una brezza lieve.\r\nNoi ogni anno ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. E' la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare la lieve brezza che segnala il mutare dei tempi. Annodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.\r\n\r\nCon Roberto Prato abbiamo sfogliato le pagine della resistenza a Torino, quando Ilio, operaio toscano emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.\r\nLe Sap, Squadre di Azione Patriottica, dove lottavano partigiani provenienti da diverse realtà politiche, sabotavano la produzione, diffondevano clandestinamante le idee antifasciste, e si preparavano all'insurrezione. Ilio, nome di battaglia \"il Moro\", al comando della squadra di manovra Sap, è protagonista di azioni di guerra in stile gappista.\r\nIl 25 aprile a Torino la città è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa a breve un campo di battaglia.\r\nBaroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo, ma giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco tedesco. È il 26 aprile. Il giorno dopo la città sarà completamente liberata dai fascisti, senza dover nemmeno aspettare l’arrivo delle formazioni esterne.\r\nIl 28 aprile i volontari della libertà di tutte le formazioni percorrono le vie di Torino.\r\nIlio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…\r\n\r\nAscolta l'intervista con Roberto Prato\r\n\r\n2013 04 19 Prato Baroni\r\n\r\nDegli anarchici italiani nella resistenza abbiamo parlato con Claudio Venza, docente di storia all'università di Trieste.\r\nCon Claudio abbiamo affrontato anche il tema del revisionismo, che negli ultimi anni ha portato addirittura ad una sorta di equiparazione tra partigiani e i torturatori ed assassini della Repubblica di Salò.\r\nLe radici di un revisionismo che ha avuto tra i protagonisti anche esponenti della sinistra è nel manacto riconoscimento collettivo dei crimini del fascismo, troppo spesso opposto al nazismo, tramite una grande operazione di negazione della ferocia del colonialismo italiano in Libia come nel corno d'Africa, del totale misconoscimento degli inenarrabili orrori che hanno segnato l'occupazione italiana della Jugoslavia e della Grecia.\r\nUna rimozione collettiva retta da un mito tanto tenace quanto falso, quello degli \"italiani brava gente\".\r\n\r\nAscolta la diretta con Claudio\r\n\r\n2013 04 19 resistenza revisionismo venza","21 Aprile 2013","2018-10-17 22:10:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/04/07_lapide_di_baroni._ricordo-200x110.jpg","Gli anarchici, la resistenza, il revisionismo",1366567416,[455,456,457,458,459,224],"http://radioblackout.org/tag/25-aprile/","http://radioblackout.org/tag/anarchici/","http://radioblackout.org/tag/ilio-baroni/","http://radioblackout.org/tag/resistenza/","http://radioblackout.org/tag/revisionismo/",[461,462,463,464,465,15],"25 aprile","anarchici","Ilio Baroni","resistenza","revisionismo",{"post_content":467},{"matched_tokens":468,"snippet":470,"value":471},[78,18,89,78,469,232],"c'é","questione dei soldi \u003Cmark>e\u003C/mark> del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> che non \u003Cmark>c'è\u003C/mark>, \u003Cmark>e\u003C/mark>, se \u003Cmark>c'é\u003C/mark> \u003Cmark>è\u003C/mark> sempre più","Anche quest'anno il 25 aprile si farà la commemorazione alla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, morto combattendo i nazifascisti il 26 aprile del 1945. 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Angelica è la figlia di un piccolo nobile di campagna che concorda il suo matrimonio con il conte Goffredo di Peyrac, molto più vecchio, zoppo e sfigurato. Con il tempo Angelica lo ama e ne condivide la passione per l'alchimia. Ma potenti nemici nell'ombra portano Goffredo al rogo con l'accusa di stregoneria. Angelica deve rifugiarsi nella Corte dei Miracoli di Parigi dove di notte si ritrovano prostitute, borsaioli, tagliagole, zingari, ciechi e zoppi veri e falsi, con i loro ministri e riti. \"In piazza di Greve c'é un nuovo impiccato che oscilla nel melato chiarore lunare.\" Angelica intraprende il commercio di una novità arrivata dal Nuovo Mondo chiamata cioccolata e riesce a entrare alla corte di Versailles, dove incontra personaggi storici come il Re Sole, Enrichetta d'Inghilterra e la marchesa di Montespan, si trova al centro dell'Affare dei Veleni e scopre che la crudeltà e perfidia degli aristocratici profumati e imparruccati sono molto peggiori di quelle dei variopinti abitanti della Corte dei Miracoli. \"In nome di Astarotte e Asmodeo chiedo l'amicizia del re e che la regina sia sterile.\" supplica la marchesa di Montespan durante la messa nera in cui viene sacrificato un neonato. Di nuovo Angelica perde tutto e si ritrova schiava dei pirati barbareschi ad Algeri, riesce a tornare a Parigi e poi sbarca a Quebec nel Nuovo Mondo, tra i coloni e gli indiani Irochesi. Di nuovo perde tutto e deve ricominciare. Dietro l'intera serie c'é l'enorme lavoro di ricerca e documentazione della scrittrice che muore nel 2017. Dal 1964 Angelica arriva al cinema con cinque film e il volto di Michèle Mercier. \"Il re le stava dinanzi. I suoi alti tacchi di legno verniciato non facevano alcun rumore sul tappeto di soffice lana.\" Buon ascolto.","1 Novembre 2020","2020-11-10 18:05:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/ANGELI-188x110.jpg","LA MARCHESA DEGLI ANGELI - LA PERLA DI LABUAN 30/10/2020",1604223907,[],[],{"post_content":491},{"matched_tokens":492,"snippet":493,"value":494},[469,18,78],"deve ricominciare. 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Angelica deve rifugiarsi nella Corte dei Miracoli di Parigi dove di notte si ritrovano prostitute, borsaioli, tagliagole, zingari, ciechi \u003Cmark>e\u003C/mark> zoppi veri \u003Cmark>e\u003C/mark> falsi, con i loro ministri \u003Cmark>e\u003C/mark> riti. \"In piazza di Greve \u003Cmark>c'é\u003C/mark> un nuovo impiccato che oscilla nel melato chiarore lunare.\" Angelica intraprende il commercio di una novità arrivata dal Nuovo Mondo chiamata cioccolata \u003Cmark>e\u003C/mark> riesce a entrare alla corte di Versailles, dove incontra personaggi storici come il Re Sole, Enrichetta d'Inghilterra \u003Cmark>e\u003C/mark> la marchesa di Montespan, si trova al centro dell'Affare dei Veleni \u003Cmark>e\u003C/mark> scopre che la crudeltà \u003Cmark>e\u003C/mark> perfidia degli aristocratici profumati \u003Cmark>e\u003C/mark> imparruccati sono molto peggiori di quelle dei variopinti abitanti della Corte dei Miracoli. \"In nome di Astarotte \u003Cmark>e\u003C/mark> Asmodeo chiedo l'amicizia del re \u003Cmark>e\u003C/mark> che la regina sia sterile.\" supplica la marchesa di Montespan durante la messa nera in cui viene sacrificato un neonato. 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Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, è che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se è già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press e quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo lavoro abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori e altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni e quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo lavoro di ricerca a occuparti di lavoro digitale e in particolar modo di intelligenza artificiale e la sua intersezione col mondo del lavoro.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto e strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti e autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, e poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si è articolato, si è complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo e un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del lavoro, sono arrivato a questa grande questione che è: che cosa fa l'intelligenza artificiale al lavoro?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il lavoro, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo e poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa e cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di lavoro è un pretesto.\r\nI posti di lavoro sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente e si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi c'è bisogno di tantissimo lavoro nascosto e questo lavoro nascosto viene chiamato digital labor o micro lavoro o lavoro dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma è sostanzialmente un lavoro che è necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come è stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati e tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di lavoro terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, e qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo e quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che è quello della scomparsa del lavoro, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi e nel commercio vadano a rendere inutile il lavoro umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che è poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del lavoro? E poi come nasce questo mito della scomparsa del lavoro?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del lavoro è un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che è un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito è un elemento, diciamo così, un argomento che è tirato fuori da razzisti e fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del lavoro, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro lavoro a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento e se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia è molto conosciuta, che è Jordan Bardellà, e ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che ce lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà è un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National e lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria e poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. E lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non è l'immigrato che ruba il lavoro all'autoctono, che non è la tecnologia che ruba il lavoro ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori e di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di lavoro.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani e che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al lavoro.\r\nMa c'è un ma, non è una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT è un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che è capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\nE questo qualcuno, noi ce lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un lavoro molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram e iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se c'è un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se c'è un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani e a fare la differenza tra un essere umano e un animale. Quindi questo è un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport e che è lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, e soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi e quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate e alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a lavoro per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet e Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, è molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione e della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca e farci anche magari qualche esempio concreto. E poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\nÈ più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi è un laboratorio di ricerca sostanzialmente, e praticamente quello che facciamo è realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina e l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, e questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo lavoro mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori e lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese e altri continenti come l'India e il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi e sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del lavoro, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni e queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del lavoro e invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di lavoro e quindi devono accettare delle forme di lavoro molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non c'è nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, e soprattutto il dollaro è più apprezzato del bolivar che è la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo lavoro abbastanza interessante e sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. C'è certe volte, non lo so, certe ore del giorno è il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte è la nonna, altre volte sono i figli. Questa è la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar è completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara e l'elettricità costa cara e in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi e dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, e ci sono a volte degli uffici e delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno e di notte e che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse e delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, e questo è molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri e altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\nE' un'altra cosa che è stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto è stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché è un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, e praticamente in ogni stanza si entrava e c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno e notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. È presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner e questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare e quindi è tutto compactless e senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono è che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un lavoro di identificazione dei piatti del vostro vassoio. E questo è un lavoro che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania e le persone che vedono che cosa c'è in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, e non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un lavoro di adattazione, di adattamento culturale. E un altro lavoro, invece, che è un altro progetto, che invece ci è sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non c'è un vero e proprio algoritmo, ma c'è un finto algoritmo che in realtà è un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, è che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\nÈ una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone e a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera e ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono è che in realtà questa videocamera intelligente è intelligente perché c'è l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco e hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire e devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri e alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che è molto più complesso e molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, e ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene e bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. E questi esseri umani, questa è la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, è una città grande, è una città relativamente cara rispetto al paese, che è un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non è una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. E nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 e i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese è ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non è sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un lavoro precario e mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, e ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo e sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché è ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza e di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\nE infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno è quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. E rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come è uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non c'è niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine è questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto e c'è anche da aggiungere per esempio che non è soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. C'è un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei c'è una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal lavoro delle persone e a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il lavoro di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il lavoro, per la parte delle videocamere di sicurezza, il lavoro dei cassieri e delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, e quindi c'è paradossalmente un aumento del lavoro o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che è stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio lavoro modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi è, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo e forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, e non come invece frutto del loro lavoro costante e quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo e risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta è la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, è una parte del nostro lavoro, poi c'è tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi e aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare e aiutare e accompagnare meglio questi lavoratori, questo è un lavoro molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema è che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un lavoro con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che è risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT e dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a lavoro per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di lavoro. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando e che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo e quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar e Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile e altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di lavoro. Che tipo di lavoro facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\nE quindi adottare degli standard di lavoro equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che è condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del lavoro degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization e con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya è da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si è molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya è un paese che è stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si è scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati e fare altri tipi di lavoro.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti e che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che è dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti e quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma è anche ricitato in vari articoli, che è noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura e l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il lavoro umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni e dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce è il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce e in certi casi la crescita si è interrotta, non c'è una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del lavoro, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda è per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, e creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona e nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende e le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città è un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati e a volte di grandi investitori, è quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi e sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber è arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando è stata creata un minimo di profitto, non perché è riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non c'è. Certo non c'è il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione e le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk e compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen è uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel è un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , e queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico e aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria e nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura e di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\nE quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che è la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane è che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. E in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni c'è stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista e invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale e altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo è sicuramente un tentativo che si è fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza e punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso e volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche e movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, e invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale e quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo è che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi e che non c'è stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che è più compatibile con delle istanze capitaliste e quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che c'è una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green e dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose e né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed è difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come è il caso di Bolivia e di Uyuni che è il più grande giacimento di litio del mondo che è talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi ce l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che è così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo è uno sforzo serio è uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi e che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che è un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina e in maniera crescente perché la Cina non è più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo e nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità è molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia e piuttosto critica tecnologica e critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici e che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti e aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni e dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case e che se finora non c'è stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica e movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro lavoro o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati e interessate, l'otto luglio c'è il lancio a distanza, nel senso che è un evento virtuale ed è gratis, e si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione è semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry è il lavoro, la produzione di una mia carissima collega e amica e anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che è una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute e che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo e andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di lavoro e a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed è una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che è un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa e quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti e dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet e di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.","11 Luglio 2024","2024-07-11 12:19:56","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/rick-rothenberg-kroIft6D9wk-unsplash-scaled-1-200x110.jpg","StakkaStakka 3 Luglio 2024 – Intervista Antonio Casilli",1720700396,[],[],{"post_content":517},{"matched_tokens":518,"snippet":519,"value":520},[89,18,78,18],"per farle funzionare ancora oggi \u003Cmark>c'è\u003C/mark> bisogno di tantissimo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> nascosto \u003Cmark>e\u003C/mark> questo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> nascosto viene chiamato","Puntata completa\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-231.mp3\"][/audio]\r\n\r\nIntervista Antonio Casilli\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/stakkastakka-casilli.mp3\"][/audio]\r\n\r\nCollegato con noi \u003Cmark>c'è\u003C/mark> Antonio Casilli, professore dell'Istituto Politecnico di Parigi \u003Cmark>e\u003C/mark> autore di diversi lavori, tra cui un libro pubblicato in Italia nel 2021, Schiavi del Click. Fa parte del gruppo di ricerca DiPLab.\r\n\r\nAllora Antonio, noi ti abbiamo contattato perché al di là del tuo libro che ha avuto un discreto successo, \u003Cmark>è\u003C/mark> che sia in Italia che in Francia, dove mi pare l'hai pubblicato la prima volta nel 2019, sappiamo anche che a breve verrà pubblicato in un'edizione inglese, aggiornata, non ho capito se \u003Cmark>è\u003C/mark> già pubblicato o verrà pubblicato a quest'autunno.\r\n\r\nAllora, sto rivedendo per l'ennesima volta le bozze, quindi esce tra qualche mese in America con la Chicago University Press \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi siamo molto eccitati tutti.\r\nPer questa opportunità di parlare a un pubblico più vasto, ecco.\r\n\r\nEcco, allora a partire proprio dal tuo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> abbiamo diverse domande per arrivare poi anche agli ultimissime ricerche che hai fatto con i tuoi collaboratori \u003Cmark>e\u003C/mark> altri ricercatori. Ma prima di arrivare un attimo a questo tema vorremmo un attimo definirne dei contorni \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi incominciare chiedendoti un pochino come sei arrivato negli ultimi anni nel tuo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di ricerca a occuparti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> digitale \u003Cmark>e\u003C/mark> in particolar modo di intelligenza artificiale \u003Cmark>e\u003C/mark> la sua intersezione col mondo del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\n\r\nAllora diciamo che io ho un percorso un po' lungo perché sono vecchietto \u003Cmark>e\u003C/mark> strano perché comincia in Italia diciamo in giri operaisti \u003Cmark>e\u003C/mark> autonomi, stiamo parlando di diversi decenni fa, \u003Cmark>e\u003C/mark> poi quando mi sono trasferito all'estero il tutto si \u003Cmark>è\u003C/mark> articolato, si \u003Cmark>è\u003C/mark> complessificato perché ho iniziato soprattutto a interessarmi alla sociologia di internet, quindi da sociologo \u003Cmark>e\u003C/mark> un po' economista, decisamente interessato alle tematiche del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, sono arrivato a questa grande questione che \u003Cmark>è\u003C/mark>: che cosa fa l'intelligenza artificiale al \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>?\r\nLa risposta tipica sarebbe: l'intelligenza artificiale distrugge il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, ma dopo anni di ricerche con i miei collaboratori in diverse parti del mondo \u003Cmark>e\u003C/mark> poi ne riparleremo quali, sono arrivato a una conclusione un po' diversa \u003Cmark>e\u003C/mark> cioè sarebbe a dire che tanto per cominciare questa idea della distruzione dei posti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>è\u003C/mark> un pretesto.\r\nI posti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> sono distrutti ma sono distrutti per una scelta degli imprenditori, per una scelta dei poteri pubblici, per una scelta dei capitalisti sostanzialmente \u003Cmark>e\u003C/mark> si usano le macchine.\r\nMa queste macchine in realtà non funzionano tanto bene, perché per farle funzionare ancora oggi \u003Cmark>c'è\u003C/mark> bisogno di tantissimo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> nascosto \u003Cmark>e\u003C/mark> questo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> nascosto viene chiamato digital labor o micro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> o \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> dei dati, insomma ci sono tante maniere di definirlo, ma \u003Cmark>è\u003C/mark> sostanzialmente un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> che \u003Cmark>è\u003C/mark> necessario per tenere su grandi exploit tecnologici come per esempio ChatGPT.\r\nChatGPT non funziona soltanto per la magia degli algoritmi, ma come \u003Cmark>è\u003C/mark> stato dimostrato già subito dopo il suo lancio nel novembre 2022 ci sono diverse migliaia di persone che stanno lì a filtrare i dati \u003Cmark>e\u003C/mark> tantissime altre ancora di più che stanno lì a verificare se le risposte sono corrette, a volte siamo noi stessi, a volte sono delle persone pagate.\r\nMa queste persone sono pagate molto poco, vivono in condizioni di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> terribili che noi documentiamo un po' in tutto il mondo perché, \u003Cmark>e\u003C/mark> qui riveniamo a dove sono messi, anche se queste grandi imprese tecnologiche sono spesso presentate come la Silicon Valley o tutt'al più facciamo lo sforzo di vederle anche in Cina, nei grandi distretti industriali cinesi, in realtà sono largamente delle tecnologie sviluppate in paesi a basso reddito.\r\nQuindi quelli che venivano una volta chiamati paesi in via di sviluppo che nel frattempo si sono ampiamente sviluppati ma che continuano a avere seri problemi di distribuzione ineguale dei redditi, forti tassi di povertà, forti percentuali di persone che sono pronte a lavorare per pochissimo \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi sono lì che le grandi imprese come OpenAI, come Meta vanno a raccogliere, per aiutare questi lavoratori poveri dei dati.\r\n\r\nPrendiamo un tema che tu hai affrontato più volte sia nel tuo libro ma anche in numerose ricerche che hai pubblicato, che \u003Cmark>è\u003C/mark> quello della scomparsa del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, un tema che cerchi di andare a smontare a più riprese su come le nuove tecnologie, che siano l'automazione nei processi produttivi o le intelligenze artificiali nei servizi \u003Cmark>e\u003C/mark> nel commercio vadano a rendere inutile il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> umano. Ecco secondo te a quali fenomeni possiamo invece ricondurre quello che \u003Cmark>è\u003C/mark> poi l'impatto reale dell'adozione di prodotti commerciali basati su intelligenza artificiale nel mondo del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>? \u003Cmark>E\u003C/mark> poi come nasce questo mito della scomparsa del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>?\r\n\r\nSe vogliamo il mito della scomparsa del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>è\u003C/mark> un prodotto ideologico del sistema capitalistico attuale.\r\nQuando parlo di ideologia parlo veramente del fatto che \u003Cmark>è\u003C/mark> un mito che introduce un forte elemento di propaganda. Siamo tutti purtroppo confrontati all'emergenza di questa retorica politica del great replacement, la grande sostituzione, che di solito \u003Cmark>è\u003C/mark> un elemento, diciamo così, un argomento che \u003Cmark>è\u003C/mark> tirato fuori da razzisti \u003Cmark>e\u003C/mark> fascisti di diversa appartenenza politica. Quando sentiamo parlare di great replacement, di grande sostituzione, perché arrivano gli immigrati o arrivano altre persone che entrano nel mondo del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, identifichiamo immediatamente queste persone come dei razzisti.\r\nMa non li identifichiamo altrettanto facilmente quando invece ci viene presentata questa idea della grande sostituzione tecnologica. Cioè l'idea secondo la quale i lavoratori non perderanno il loro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> a causa di immigrati o nuovi soggetti sociali, ma a causa delle macchine. In realtà si tratta dello stesso tipo di ragionamento \u003Cmark>e\u003C/mark> se guardiamo bene chi lo porta, chi veicola questo tipo di discorso, sono le stesse persone. Una persona che purtroppo qui in Francia \u003Cmark>è\u003C/mark> molto conosciuta, che \u003Cmark>è\u003C/mark> Jordan Bardellà, \u003Cmark>e\u003C/mark> ci sono delle possibilità, una percentuale non nulla di possibilità che \u003Cmark>ce\u003C/mark> lo ritroviamo come prossimo presidente del Consiglio.\r\nJordan Bardellà \u003Cmark>è\u003C/mark> un noto esponente neofascista del partito Rassemblement National \u003Cmark>e\u003C/mark> lui ha più volte detto che ci sono due tipi di grandi sostituzioni che si preparano, quella da parte dell'ondata migratoria \u003Cmark>e\u003C/mark> poi quella da parte delle tecnologie. Quindi mette sullo stesso piano questo tipo di discorso. \u003Cmark>E\u003C/mark> lo stesso tipo di discorso, come dire, lo possiamo smontare nella stessa maniera, sostanzialmente dicendo che non \u003Cmark>è\u003C/mark> l'immigrato che ruba il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> all'autoctono, che non \u003Cmark>è\u003C/mark> la tecnologia che ruba il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> ai lavoratori attuali, ma si tratta di una scelta di investitori \u003Cmark>e\u003C/mark> di grandi capitalisti di far presentare queste tecnologie come potenzialmente distruttrici di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\nQuando in realtà, se noi guardiamo la storia di tutta l'automazione, dall'automazione meccanica di diversi secoli fa all'automazione detta intelligente di oggi, vediamo che queste tecnologie sono fatte per lavorare con gli esseri umani \u003Cmark>e\u003C/mark> che permettono, in linea di principio, a più esseri umani di accedere al \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\nMa \u003Cmark>c'è\u003C/mark> un ma, non \u003Cmark>è\u003C/mark> una visione ottimistica la mia, queste tecnologie dette intelligenti, ovvero tutto quello che ha a che fare con soluzioni algoritmiche, con l'uso di dati, le tecnologie di machine learning, ovverosia di apprendimento automatico, hanno bisogno di tantissima gente che insegna le macchine a fare quello che fanno.\r\nChatGPT \u003Cmark>è\u003C/mark> un esempio che tutti hanno sotto gli occhi, che \u003Cmark>è\u003C/mark> capace di generare testo, ma se guardiamo anche nell'acronimo GPT, la P di GPT significa pre-trained, significa pre-addestrato. Significa che qualcuno gli ha insegnato a questa macchina a fare quello che fa, come si addestra un atleta, o come si insegna ad uno studente.\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark> questo qualcuno, noi \u003Cmark>ce\u003C/mark> lo immaginiamo sempre come un ingegnere, un data scientist, un software developer, ma in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, che significa che abbiamo anche delle cifre che sono abbastanza impressionanti, parliamo di diverse centinaia di milioni di persone nel mondo, che fanno un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> molto più terra terra.\r\nPer esempio, non lo so, prendiamo delle immagini, che ne so, generate da utilizzatori su Instagram \u003Cmark>e\u003C/mark> iniziamo a taggare queste immagini, oppure a identificare oggetti in queste immagini. Per esempio, se \u003Cmark>c'è\u003C/mark> un viso umano, mettiamo un tag uomo o essere umano. Se \u003Cmark>c'è\u003C/mark> un animale, mettiamo animale, il tipo di animale. A cosa serve tutto questo? La prossima volta che queste immagini verranno, tra virgolette, mostrate a un'intelligenza artificiale, questa intelligenza artificiale poi, a forza di esempi, imparerà a riconoscere gli esseri umani \u003Cmark>e\u003C/mark> a fare la differenza tra un essere umano \u003Cmark>e\u003C/mark> un animale. Quindi questo \u003Cmark>è\u003C/mark> un esempio molto facile, molto terra terra.\r\nUn altro esempio potrebbe essere che ChatGPT ha bisogno che qualcuno annoti i testi, ovvero sia, , che questo testo sia segnato, sia etichettato come un testo in inglese che parla di sport \u003Cmark>e\u003C/mark> che \u003Cmark>è\u003C/mark> lungo 300 parole.\r\nQueste informazioni sono necessarie alla macchina, perché la macchina impari. Queste operazioni in realtà sono delle operazioni relativamente semplici, metto molto l'accento sul relativamente, \u003Cmark>e\u003C/mark> soprattutto molto mal pagate. Molto mal pagate, stiamo parlando in realtà di un pagamento che a volte può arrivare a 1 o 2 dollari all'ora, perché queste persone sono pagate o all'ora o sono pagate addirittura a contimo, ovvero per ogni tipo di piccola informazione che aggiungono al database vengono pagate qualche centesimo.\r\nCi sono delle piattaforme che sono accessibili a tutti, purtroppo, un po' in tutto il mondo, che permettono ai lavoratori di iscriversi \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi di accettare, di realizzare queste task, questi compiti, queste mansioni molto mal pagate \u003Cmark>e\u003C/mark> alle aziende di reclutare a volte centinaia, di migliaia, a volte addirittura milioni di persone che sono messe a \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> per sviluppare questa intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo, l'anno scorso hai pubblicato insieme ad altri due ricercatori, Maxime Cornet \u003Cmark>e\u003C/mark> Clement Leclerc. Un paper dal titolo appunto \"The problem with annotation. Human labour and outsourcing between France and Madagascar\". Ecco, abbiamo letto il paper, \u003Cmark>è\u003C/mark> molto interessantecome avete ricostruito insomma la filiera, stai dicendo già adesso, della catalogazione \u003Cmark>e\u003C/mark> della categorizzazione condotta da due start-up francesi attive in questo settore.\r\nMa nel mentre vi siete presi la briga di andare a intervistare nello specifico qua in Madagascar, ma poi sappiamo che avete fatto anche altre ricerche da altre parti.\r\nEcco, ti chiederei un pochino adesso di entrare un po' magari più nel dettaglio della ricerca, nel senso di darci magari un po' conto di come avete condotto la ricerca \u003Cmark>e\u003C/mark> farci anche magari qualche esempio concreto. \u003Cmark>E\u003C/mark> poi, dall'altro lato, come vengono utilizzate queste tecnologie poi nella pratica, sia quella di sorveglianza, sia quella di organizzazione, sia poi il risultato delle interviste.\r\n\r\n\u003Cmark>È\u003C/mark> più facile se ti racconto un pochettino come lavoriamo in generale. Allora, noi siamo un gruppo di una ventina di persone, si chiama DiPLab, che significa Digital Platform Labor, quindi \u003Cmark>è\u003C/mark> un laboratorio di ricerca sostanzialmente, \u003Cmark>e\u003C/mark> praticamente quello che facciamo \u003Cmark>è\u003C/mark> realizzare delle inchieste un po' dappertutto nel mondo, ma siamo molto specializzati sull'America Latina \u003Cmark>e\u003C/mark> l'Africa, abbiamo fatto una ventina di inchieste in 20 diversi paesi negli anni, a partire dal 2018, \u003Cmark>e\u003C/mark> questi paesi sono molto diversi.\r\nAllora, ci sono sostanzialmente dei paesi molto poveri, come per esempio il Venezuela in America Latina o il Madagascar in Africa che sono diventati dei centri nevralgici di questo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> mal pagato ma necessario per produrre le intelligenze artificiali.\r\nSostanzialmente noi abbiamo raccolto testimonianze di migliaia, quasi 4 mila, lavoratori \u003Cmark>e\u003C/mark> lavoratrici un po' in tutto il mondo. Stiamo adesso iniziando anche a guardare altri paese \u003Cmark>e\u003C/mark> altri continenti come l'India \u003Cmark>e\u003C/mark> il Bangladesh che come potrai immaginare sono enormi \u003Cmark>e\u003C/mark> sostanzialmente negli anni abbiamo visto che ci sono dei tipi molto chiari, che diventano chiari dal punto di vista dei profili socio-demografici delle persone che lavorano per queste piattaforme.\r\nTanto per cominciare abbiamo a che fare con delle persone che sono nel fiore degli anni, quindi sarebbe dire delle persone che dovrebbero essere ben piazzate sul mercato del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, stiamo parlando di persone dai 20 a massimo i 40 anni \u003Cmark>e\u003C/mark> queste persone sono anche delle persone che hanno un alto livello di specializzazioni di educazione, cioè hanno dei diplomi, intervistiamo abbastanza frequentemente delle persone che hanno lauree, master, quindi ti puoi immaginare che queste persone ancora una volta dovrebbero essere le più avvantaggiate dal punto di vista del mercato del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> invece non accedono a delle buone posizioni, non accedono a dei posti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi devono accettare delle forme di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> molto più informali, molto più precarie, quindi lavorare per queste piattaforme.\r\nA volte lavorano da casa, per esempio in paesi come il Venezuela sono sostanzialmente delle persone che lavorano da casa, quindi ci possiamo sostanzialmente immaginare delle persone che hanno già un computer, di solito un vecchio computer distribuito dallo Stato una decina di anni fa, che fortunatamente, perché sono in Venezuela, non pagano l'elettricità o gli viene offerta a prezzi controllati,e quindi possono permettersi di fare una piccola aziendina a casa loro, dico un'aziendina per modo di dire perché in realtà non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> nessun contratto, quindi si connettono a una piattaforma, accettano di realizzare dei task, ottengono dei pagamenti di qualche centesimo che alla fine del mese gli fa qualche dollaro. Siccome in Venezuela 6 o 8 dollari sono un buon salario mensile, \u003Cmark>e\u003C/mark> soprattutto il dollaro \u003Cmark>è\u003C/mark> più apprezzato del bolivar che \u003Cmark>è\u003C/mark> la moneta locale che ha tendenza a svalutarsi da un giorno all'altro, queste persone trovano questo \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> abbastanza interessante \u003Cmark>e\u003C/mark> sostanzialmente si creano delle delle piccole collettività familiari. \u003Cmark>C'è\u003C/mark> certe volte, non lo so, certe ore del giorno \u003Cmark>è\u003C/mark> il padre che lavora a questa piattaforma, su questa piattaforma altre volte \u003Cmark>è\u003C/mark> la nonna, altre volte sono i figli. Questa \u003Cmark>è\u003C/mark> la situazione in un paese come il Venezuela.\r\nLa situazione in Madagascar \u003Cmark>è\u003C/mark> completamente diversa perché certo ci sono anche lì delle persone che lavorano da casa, molto meno perché la connessione costa cara \u003Cmark>e\u003C/mark> l'elettricità costa cara \u003Cmark>e\u003C/mark> in più ha tendenza al blackout, diciamo così, ma ci sono tantissime altre situazioni. Persone che lavorano in cybercafè, io per esempio in Madagascar sono andato in diversi cybercafè dove c'erano da una parte quelli che giocavano ai videogiochi \u003Cmark>e\u003C/mark> dall'altra quelli che facevano annotazione di immagini, o che facevano altri task.\r\nCi sono anche persone che lavorano da casa, come dicevo, \u003Cmark>e\u003C/mark> ci sono a volte degli uffici \u003Cmark>e\u003C/mark> delle aziende più classiche che assomigliano veramente a degli open space dove ci sono centinaia di persone che fanno dei turni di giorno \u003Cmark>e\u003C/mark> di notte \u003Cmark>e\u003C/mark> che fanno lavori di diverso tipo. Di solito queste sono delle mansioni un pochettino più complesse \u003Cmark>e\u003C/mark> delle mansioni soprattutto con aziende che lavorano da casa. Ci sono anche persone che impongono un certo livello di segreto industriale. Possono essere dei ministeri di governi stranieri, come abbiamo potuto vedere in Madagascar, a volte anche, \u003Cmark>e\u003C/mark> questo \u003Cmark>è\u003C/mark> molto più preoccupante, dei ministeri della difesa in diversi paesi stranieri \u003Cmark>e\u003C/mark> altre volte invece si tratta di grandi aziende, possono essere dei Google o delle Amazon, che hanno bisogno di dati di qualità.\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark>' un'altra cosa che \u003Cmark>è\u003C/mark> stata molto eclatante, quello che quando noi l'abbiamo vissuto \u003Cmark>è\u003C/mark> stato certamente il più forte a livello di risultati. Stiamo parlando di un paio di anni fa, quando giustamente con i miei colleghi siamo andati andati diverse volte in Madagascar in realtà, perché \u003Cmark>è\u003C/mark> un paese abbastanza centrale.\r\nNel corso di questa missione, come la chiamiamo, nel 2022, siamo stati una settimana praticamente a vivere dentro, quasi, una casa che era stata trasformata in una fabbrica di click per l'intelligenza artificiale, una fabbrica di dati. Quindi ci dobbiamo immaginare una piccola casetta su due piani, con un garage, una soffitta, \u003Cmark>e\u003C/mark> praticamente in ogni stanza si entrava \u003Cmark>e\u003C/mark> c'erano da 20 a 30 persone su diversi computer che facevano dei task, che realizzavano della traduzione di dati o della notazione di dati, mettevano dei tag su delle immagini, vedi questo passo. Giorno \u003Cmark>e\u003C/mark> notte.\r\n\r\nNel caso specifico, uno dei casi, diciamo, più normali era quello di una azienda che aveva venduto degli scanner per i ristoranti aziendali. \u003Cmark>È\u003C/mark> presente quel tipo di situazione nei ristoranti aziendali. Si arriva con il vassoio, si passa il vassoio sotto uno scanner \u003Cmark>e\u003C/mark> questo vassoio ci dice automaticamente quanto dobbiamo pagare \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi \u003Cmark>è\u003C/mark> tutto compactless \u003Cmark>e\u003C/mark> senza cassiere.\r\nQuello che non vi dicono \u003Cmark>è\u003C/mark> che però dall'altra parte del mondo ci sono delle persone che a volte in tempo reale fanno un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di identificazione dei piatti del vostro vassoio. \u003Cmark>E\u003C/mark> questo \u003Cmark>è\u003C/mark> un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> che può diventare abbastanza complesso, soprattutto se consideriamo che, che ne so, i vassoi sono a volte in Germania \u003Cmark>e\u003C/mark> le persone che vedono che cosa \u003Cmark>c'è\u003C/mark> in questi vassoi si trovano in Mozambico, per esempio, \u003Cmark>e\u003C/mark> non ci sono gli stessi sistemi alimentari, non mangiano le stesse cose, non riconoscono gli stessi cibi. Quindi ci vuole tutto un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di adattazione, di adattamento culturale. \u003Cmark>E\u003C/mark> un altro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, invece, che \u003Cmark>è\u003C/mark> un altro progetto, che invece ci \u003Cmark>è\u003C/mark> sembrato particolarmente strano, poi siamo andati a grattare, lì era un'altra conferma di quello che sapevamo in realtà da lontano 2017, era che alcune di queste intelligenze artificiali non sono artificiali per niente. Ovvero, ossia, non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> un vero \u003Cmark>e\u003C/mark> proprio algoritmo, ma \u003Cmark>c'è\u003C/mark> un finto algoritmo che in realtà \u003Cmark>è\u003C/mark> un certo numero di persone che a distanza realizzano questi task.\r\n\r\nQuindi l'esempio tipico, l'esempio vero, di cui parliamo poi nell'articolo, ma ne parliamo anche in altri contesti, \u003Cmark>è\u003C/mark> che, alcune persone che erano nel garage di questa casa di cui parlavo prima, facevano finta di essere una camera di videosorveglianza intelligente di quelle che si trovano nei supermercati.\r\n\u003Cmark>È\u003C/mark> una camera di videosorveglianza che viene venduta ai supermercati che riesce a riconoscere le persone \u003Cmark>e\u003C/mark> a interpretare i comportamenti delle persone. Se qualcuno ruba, non lo so, del cioccolato, del cibo per cani, questa camera, questa videocamera, invia un SMS al cassiere o alla cassiera \u003Cmark>e\u003C/mark> ci può essere un intervento in cui si può bloccare il ladro potenziale. Quello che non vi dicono \u003Cmark>è\u003C/mark> che in realtà questa videocamera intelligente \u003Cmark>è\u003C/mark> intelligente perché \u003Cmark>c'è\u003C/mark> l'intelligenza di questi lavoratori che vengono pagati molto poco \u003Cmark>e\u003C/mark> hanno dei turni abbastanza stretti, infatti devono in tempo reale comprendere quello che succede nei supermercati, hanno da 2 a 5 secondi per reagire \u003Cmark>e\u003C/mark> devono anche inviare dei finti sms automatici ai cassieri \u003Cmark>e\u003C/mark> alle cassiere in Europa, per esempio.\r\nQuindi si tratta di un caso che potrebbe essere assimilato a una frode, in realtà, ma che \u003Cmark>è\u003C/mark> molto più complesso \u003Cmark>e\u003C/mark> molto più comune, in realtà, perché tantissimi esempi di grandi intelligenze artificiali hanno dimostrato, \u003Cmark>e\u003C/mark> ci sono delle parti che non sono artificiali per niente.\r\nNel lontano 2019 abbiamo intervistato una persona che lavorava per Siri, quindi l'intelligenza artificiale di Apple, che diceva: \"io certe volte facevo l'intelligenza artificiale, perché certe volte Siri non funzionava bene \u003Cmark>e\u003C/mark> bisognava intervenire per fare un debugging in tempo reale\", per esempio. Solo che questo debugging in tempo reale significa simulare che ci sia un'intelligenza artificiale quando in realtà ci sono degli esseri umani. \u003Cmark>E\u003C/mark> questi esseri umani, questa \u003Cmark>è\u003C/mark> la parte più preoccupante, con questo finisco questo siparietto, erano anche molto mal pagati.\r\nPerché dobbiamo immaginarci che comunque, Antananarivo, la capitale del Madagascar, \u003Cmark>è\u003C/mark> una città grande, \u003Cmark>è\u003C/mark> una città relativamente cara rispetto al paese, che \u003Cmark>è\u003C/mark> un paese povero, ammettiamolo, però al tempo stesso la città non \u003Cmark>è\u003C/mark> una città nella quale si può vivere facilmente con qualche euro al mese. \u003Cmark>E\u003C/mark> nel caso specifico queste persone che addestravano o \"impersonavano\" un'intelligenza artificiale, venivano pagate tra i 90 \u003Cmark>e\u003C/mark> i 120 euro al mese. 90-120 euro al mese \u003Cmark>è\u003C/mark> ufficialmente il doppio del salario minimo del Madagascar, ma al tempo stesso non \u003Cmark>è\u003C/mark> sufficiente, soprattutto se queste persone hanno che ne so, una famiglia o dei figli . Quindi, sostanzialmente, queste persone erano anche bloccate in un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> precario \u003Cmark>e\u003C/mark> mal pagato che non gli permetteva di andare avanti.\r\nCon la loro carriera, con la loro vita, \u003Cmark>e\u003C/mark> ad avere delle prospettive, sostanzialmente, con il classico vicolo-ceco lavorativo che incontriamo tanto spesso ovunque nel mondo \u003Cmark>e\u003C/mark> sempre più spesso, ma che in questo caso diventa molto più grave perché \u003Cmark>è\u003C/mark> ufficialmente nel contesto della produzione di una delle più grandi fonti di ricchezza \u003Cmark>e\u003C/mark> di profitti degli ultimi anni, ovvero sia le intelligenze artificiali.\r\n\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark> infatti l'esempio che hai dato mi ha ricordato due casi che erano emersi recentemente che avevamo avuto modo di commentare su questi microfoni , che uno \u003Cmark>è\u003C/mark> quello di Amazon dei negozi \"cashless\", che sembrava avere questo magico algoritmo che riesce a riconoscere in automatico quando le persone prendono un oggetto da uno scaffale, lo mettono nel carrello, gli addebitava diciamo il valore dell'oggetto, poi se magari lo rimettevano sullo scaffale glielo riaccreditava, eccetera. \u003Cmark>E\u003C/mark> rivelarono poi in realtà, si venne poi a scoprire che dietro questo magico algoritmo c'era un bacino di 20.000 lavoratori collocati in India, così come \u003Cmark>è\u003C/mark> uscito recentemente il caso di Presto Automation, una azienda in America che vendeva servizi di automazione alle casse per i fast food, il cui prodotto si era poi scoperto che aveva bisogno dell'intervento umano nel circa 70% dei casi. Quindi diciamo che la maggioranza poi delle azioni compiute da questi sistemi di appunto come dici te giustamente intelligenza artificiale dove poi dietro di artificiale non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> niente, sono poi in realtà mantenuti da persone che spesso lavorano anche per una semplice questione di costi in paesi del secondo mondo, a prezzi che sarebbero diciamo inaccettabili nei paesi in cui quei negozi, quelle casse sono effettivamente collocate che poi alla fine \u003Cmark>è\u003C/mark> questo il vero vantaggio di questi strumenti. Perché tu alla fine hai un cassiere, , però lo paghi non al costo francese ma lo paghi al costo del Madagascar.\r\n\r\nCerto \u003Cmark>e\u003C/mark> \u003Cmark>c'è\u003C/mark> anche da aggiungere per esempio che non \u003Cmark>è\u003C/mark> soltanto questione di pagare i cassieri, ma cosa questo caso di off-shoring forzato determina per esempio per gli stati.\r\nTanto gli stati dei paesi a reddito basso, che hanno un costo di circa 25 miliardi di euro. \u003Cmark>C'è\u003C/mark> un costo di circa 25 miliardi di euro di reddito basso che per gli stati di paesi come per esempio, non lo so, i paesi europei \u003Cmark>c'è\u003C/mark> una perdita in termini di introiti fiscali, in termini di contributi, in termini di tutta una serie di altri servizi che normalmente sono dei servizi pubblici che sono finanziati a partire dal \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> delle persone \u003Cmark>e\u003C/mark> a partire dalle aziende che pagano correttamente i lavoratori.\r\nSe queste aziende si sottraggono ai loro obblighi che ripeto sono di natura fiscale, contributiva, di previdenza sociale. Se si sottraggono a questi obblighi sostanzialmente stiamo sabotando lo stato sociale europeo in più oltre a danneggiare gli stati dei paesi terzi.\r\nNonché anche una cosa interessante che veniva fuori dalla ricerca, questo processo modifica anche il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> di chi rimane nel paese dove viene erogato il servizio.\r\nNella parte dei cassieri era anche abbastanza interessante vedere come il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, per la parte delle videocamere di sicurezza, il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> dei cassieri \u003Cmark>e\u003C/mark> delle cassiere che rimangono sul posto viene a tutti gli effetti modificato perché si devono fare carico anche delle segnalazioni che vengono fatte dalle intelligenze artificiali o non artificiali remote, \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi \u003Cmark>c'è\u003C/mark> paradossalmente un aumento del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> o anche una degradazione di chi mentre sta facendo un mestiere ne deve affiancare un'altro perché deve farsi interfaccia dell'intelligenza artificiale.\r\n\r\nEcco, su questo infatti ti volevo chiedere, riguardo poi a quella che \u003Cmark>è\u003C/mark> stata la vostra ricerca, se magari avete avuto modo di parlarne sia con chi in questo caso in Francia si trovava appunto ad avere il proprio \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> modificato da queste intelligenze artificiali o nel caso specifico in Madagascar da chi \u003Cmark>è\u003C/mark>, nella componente degli sfruttati in questo colonialismo digitale, come queste persone poi percepiscano questa nuova trasformazione.\r\nMi riferisco in particolare a chi poi dà animo \u003Cmark>e\u003C/mark> forza a questi presunti algoritmi artificiali, di come poi questi percepiscano il fatto che quegli strumenti, quei prodotti in occidente vengano venduti come frutto della dell'intelligenza artificiale, \u003Cmark>e\u003C/mark> non come invece frutto del loro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> costante \u003Cmark>e\u003C/mark> quotidiano.\r\n\r\nGiustissima domanda che permette, che mi permette anche di raccontare un po' cosa facciamo oltre a girare il mondo \u003Cmark>e\u003C/mark> risolvere misteri come Scooby Doo.\r\nQuesta \u003Cmark>è\u003C/mark> la parte dove andiamo a raccogliere dati, intervistare persone, \u003Cmark>è\u003C/mark> una parte del nostro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, poi \u003Cmark>c'è\u003C/mark> tutto quello che ha a che fare con aiutare i lavoratori a prendere coscienza, sviluppare soggettività, a organizzarsi \u003Cmark>e\u003C/mark> aiutare anche a volte stati, istituzioni internazionali o addirittura sindacati a inquadrare \u003Cmark>e\u003C/mark> aiutare \u003Cmark>e\u003C/mark> accompagnare meglio questi lavoratori, questo \u003Cmark>è\u003C/mark> un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> molto più vasto che però facciamo in diversi paesi del mondo. Ti do qualche esempio di come si può lavorare con per esempio i lavoratori in Europa che sono direttamente in Europa.\r\n\r\nPoi abbiamo un altro problema \u003Cmark>è\u003C/mark> che i lavoratori non sono stati colpiti da questa situazione, spesso sapendolo, cioè noi abbiamo a che fare con, per esempio non lo so, giusto ieri stavo continuando un \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> con un'azienda francese, questa azienda francese ha subito un piano di ristrutturazione che \u003Cmark>è\u003C/mark> risultato in 250 licenziamenti, questi licenziamenti sono stati giustificati dall'arricuz di CIGPT \u003Cmark>e\u003C/mark> dell'intelligenza artificiale come se fosse una novità, il solito pretesto, in realtà i lavoratori hanno scoperto immediatamente dietro questa finta automatizzazione si nascondeva un caso di outsourcing di diverse centinaia di persone in un paese africano che erano messe lì a \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> per far finta di essere un'intelligenza artificiale che ufficialmente ha distrutto i loro posti di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>. Quindi in questo caso la rivendicazione dei lavoratori licenziati che cercano di essere reintegrati o che cercano di essere rimborsati dei danni subiti si combina con il riconoscimento, con il fatto che sono oramai coscienti del fatto che ci sono masse di altri lavoratori in paesi terzi, nel caso specifico non soltanto in Africa ma anche in India per questa azienda di cui sto parlando \u003Cmark>e\u003C/mark> che quindi diventa una lotta internazionalista, ma perché internazionale di fatto?\r\n\r\nPerché non si possono risolvere i problemi di gente in Europa senza al tempo stesso prendere in conto quale ruolo \u003Cmark>e\u003C/mark> quali sono anche i danni subiti da persone in paesi terzi. Naturalmente noi lavoriamo anche in diversi paesi nei quali abbiamo condotto queste inchieste, nel caso specifico i due paesi sui quali stiamo lavorando di più ancora sono Madagascar \u003Cmark>e\u003C/mark> Kenya in Africa ci sono altri lavori in corso per paesi sudamericani come il Brasile \u003Cmark>e\u003C/mark> altri paesi africani come l'Egitto ma sono più diciamo così embrionali come come tipi di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>. Che tipo di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> facciamo? Beh a volte lavoriamo con le aziende, le aziende significa le piattaforme, per convincerle\r\nqueste piattaforme che sfruttano i lavoratori a trattarli meglio.\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark> quindi adottare degli standard di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> equo, questi sono degli standard che sono stabiliti da un'organizzazione che si chiama Fair Work Project, che \u003Cmark>è\u003C/mark> condotta da nostri colleghi dell'Università di Oxford. Altre volte si tratta di applicare sostanzialmente le regole di gli standard internazionali di difesa del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> degno che invece sono stabiliti dall'ILO, cioè la International Labour Organization \u003Cmark>e\u003C/mark> con i quali, lavoriamo su altri progetti.\r\nQuindi sostanzialmente si tratta in certi casi di far applicare la legge, in altri casi si tratta di aiutare lo sviluppo di soggettività collettive da parte dei lavoratori. Per esempio quello che sta succedendo in Kenya \u003Cmark>è\u003C/mark> da una parte preoccupante, perché l'ordine pubblico del paese si \u003Cmark>è\u003C/mark> molto degradato, ma allo stesso molto interessante perché il Kenya \u003Cmark>è\u003C/mark> un paese che \u003Cmark>è\u003C/mark> stato al centro di una serie di rivelazioni molto forti negli ultimi due anni. Si \u003Cmark>è\u003C/mark> scoperto sostanzialmente che sia Meta, ovvero sia Facebook, che OpenAI, ovvero sia ChatGPT, si sono serviti di lavoratori keniani per adestrare le loro intelligenze artificiali, produrre dati \u003Cmark>e\u003C/mark> fare altri tipi di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>.\r\nQueste persone si sono in frattempo organizzate in diversi sindacati, uno si chiama Tech Workers, un altro si chiama African Content Moderators, sono dei sindacati che hanno oramai migliaia di iscritti \u003Cmark>e\u003C/mark> che partecipano anche alle manifestazioni che si stanno svolgendo in questo momento in Kenya contro la riforma finanziaria di quel paese. Quindi sostanzialmente vediamo progressivamente delle persone, delle organizzazioni che nascono all'interno di questo settore, che \u003Cmark>è\u003C/mark> dopo tutto un settore abbastanza sconosciuto, anche se veramente avrei dei dubbi a definirlo come un settore di nicchia, visto il numero di persone che secondo le stime degli ultimi anni iniziano ad esserci dentro, ma che si articolano, si combinano con movimenti molto più vasti \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi ci sono anche delle forme embrionali di costruzione di coscienza di classe, se vogliamo, o di costruzione di movimenti multitudinari nei quali questi laboratori di dati entrano a far parte.\r\n\r\nMi sposterei un attimo su una questione che avevo ripreso appunto dal tuo libro Schiavi del Clic, ma che poi insomma \u003Cmark>è\u003C/mark> anche ricitato in vari articoli, che \u003Cmark>è\u003C/mark> noto come il paradosso di Solow su come sia stato misurato che la digitalizzazione nella manifattura \u003Cmark>e\u003C/mark> l'automazione nei servizi non abbiano poi portato a un reale aumento della produttività, anzi addirittura all'inizio del ventunesimo secolo si misura una decrescita nella produttività portata da questi strumenti.\r\nStrumenti che invece avrebbero dovuto, non dico sostituire il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> umano, ma quantomeno aumentarne la capacità produttiva.\r\nDa questo punto di vista, se la digitalizzazione ha avuto un impatto tanto trascurabile, perché rimane comunque una delle principali voci di investimentoda parte di grandi corporazioni \u003Cmark>e\u003C/mark> dei governi?\r\n\r\nAllora, do una precisazione piccolissima di natura statistica, anche se poi un po' scocciante, pedante da parte mia, quello che diminuisce \u003Cmark>è\u003C/mark> il tasso di crescita della produttività, quindi significa che la produttività continua a crescere, certo, ma in maniera molto meno veloce \u003Cmark>e\u003C/mark> in certi casi la crescita si \u003Cmark>è\u003C/mark> interrotta, non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> una diminuzione della produttività, ecco, significa che sostanzialmente a forza tu puoi introdurre tutta l'automazione che vuoi, la produttività non cresce, poi la produttività cresce anche per altri motivi, perché sostanzialmente se ci sono altri metodi che non sono di natura automatica, ma possono essere, che ne so, riorganizzazione del \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, oppure la disponibilità di infrastrutture, la produttività potrebbe crescere, ma quello che giustamente sottolinei nella tua domanda \u003Cmark>è\u003C/mark> per quale motivo, malgrado i risultati dell'automatizzazione non ci siano dal punto di vista della produttività, si continua a investire tanto?\r\nBeh, perché risponderei, ci sono dei risultati per gli investitori in termini di profitto, in termini di rendita economica, quindi malgrado la produttività non aumenti, loro riescono comunque a creare dei profitti, \u003Cmark>e\u003C/mark> creare dei profitti sostanzialmente grazie al fatto che oggi come oggi non hai bisogno di avere un prodotto che funziona \u003Cmark>e\u003C/mark> nemmeno di venderlo volendo, perché le grandi aziende \u003Cmark>e\u003C/mark> le grandi piattaforme degli ultimi anni sono basate su un'idea di, a grosso modo, di soppensioni da parte dei produttori. Quindi, la città \u003Cmark>è\u003C/mark> un'azienda, che ha delle piccole aziende che vengono fatte a volte di stati \u003Cmark>e\u003C/mark> a volte di grandi investitori, \u003Cmark>è\u003C/mark> quello che si chiama il venture capitalism, quindi significa che ci sono dei grandi finanziatori che ti pagano, ti danno dei finanziamenti, delle sovvenzioni di centinaia di miliardi \u003Cmark>e\u003C/mark> sperano che un giorno forse tu riuscirai a fare un profitto, ma in certi casi, ti posso citare il caso di Uber, questo profitto non arriva mai.\r\nUber \u003Cmark>è\u003C/mark> arrivato a fare un utile , alla fine dell'anno scorso, a mostrare per la prima volta da quando \u003Cmark>è\u003C/mark> stata creata un minimo di profitto, non perché \u003Cmark>è\u003C/mark> riuscita a vendere meglio il suo prodotto, ovvero la sua piattaforma, che continua a essere in perdita. Uber in realtà spende molto di più a convincerti a usare Uber che non quello che guadagna facendoti usare Uber.\r\nSono riusciti a fare un minimo di profitto perché hanno fatto un'acquisizione di un'altra azienda che aveva un bilancio positivo.\r\nMa questo significa sostanzialmente che ci sono delle incitazioni, degli incentivi per i grandi investitori di continuare a investire nell'intelligenza artificiale, anche se poi il tornaconto non \u003Cmark>c'è\u003C/mark>. Certo non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> il tornaconto a livello collettivo perché gli stati non ci guadagnano abbastanza, i lavoratori certamente non ci guadagnano in questa situazione \u003Cmark>e\u003C/mark> le aziende stesse continuano a fare perdite, ma in questo caso di venture capitalism ci sono ancora degli imbecilli che continuano a finanziarli. Questi imbecilli sono degli imbecilli pericolosi.\r\nStiamo parlando di persone del calibro di Mark Andresen o Peter Thiel. Dei nomi che forse non dicono niente alle persone che ci ascoltano. La cosiddetta paypal mafia anche nota. Sì esattamente. Persone che sono vicine a noti esponenti dell'estrema destra come Elon Musk \u003Cmark>e\u003C/mark> compagnie. Loro stessi sono delle persone di estrema destra. Mark Andresen \u003Cmark>è\u003C/mark> uno che pubblicamente ha dichiarato di quanto era bello il colonialismo. Peter Thiel \u003Cmark>è\u003C/mark> un eugenista dichiarato. Un pro-trumpiano nichilista , \u003Cmark>e\u003C/mark> queste persone sono quelli che continuano a finanziare questi grandi sforzi di investimento che sono pericolosi dal punto di vista sociale, dal punto di vista economico \u003Cmark>e\u003C/mark> aggiungerei anche, anche se poi di questo ne parliamo più recentemente in testi che non sono ancora stati tradotti in inglese in certi casi, anche hanno un impatto ecologico serissimo.\r\nPerché investire in grandi infrastrutture come ChatGPT significa anche investire in data center, significa investire nell'estrazione mineraria \u003Cmark>e\u003C/mark> nell'uso di energie che non sono certamente sostenibili.\r\nNon sono certamente un caso di tecnologia verde malgrado il fatto che cerchino costantemente di vendersi come green AI, quindi di fare un pochettino di ripulitura \u003Cmark>e\u003C/mark> di riciclaggio. Quindi l'uso fatto della retorica ecologista per cercare di vendere quello che fanno ha un serio impatto se pensiamo soltanto agli investimenti proposti da Sam Altman, quindi uno dei principali creatori di ChatGPT, stiamo parlando di un fabbisogno energetico che supera ampiamente tutte le tecnologie che abbiamo avuto finora.\r\n\u003Cmark>E\u003C/mark> quindi questo servirebbe soltanto a creare cosa? Un chatbot che risponde alle mie richieste astuse di ricette, magari la ricetta di una torta ssacher ma scritte come fosse un sonetto di Shakespeare, che \u003Cmark>è\u003C/mark> la cosa più inutile del mondo a pensarci.\r\n\r\n\r\nAntonio su questo non so se ci puoi dedicare ancora qualche minuto, volevo su questo farti ancora due domande proprio sul tema ambientale.\r\nAnche da questi microfoni abbiamo più volte portato approfondimenti, per esempio un dato delle ultime settimane \u003Cmark>è\u003C/mark> che le previsioni sono che i data center negli Stati Uniti consumeranno il 10% di tutta l'elettricità prodotte nel paese entro il 2030, ogni settimana escono annunci di questo tipo. \u003Cmark>E\u003C/mark> in generale, anche invece riportando un po' l'argomento su un piano politico, negli ultimi anni \u003Cmark>c'è\u003C/mark> stato un tentativo a più riprese di creare punti di convergenza tra quelle che sono le distopie digitali che con te abbiamo sottolineato in questa intervista \u003Cmark>e\u003C/mark> invece delle lotte ambientali che rappresentano sicuramente un punto di vista anche un po' più avanzato dal punto di vista anche dello stato di salute dei movimenti. Basti pensare appunto che termini costrutti di ricerca come l'estrattivismo digitale \u003Cmark>e\u003C/mark> altri sono stati proprio mutuati da una parte all'altra, presi dal mondo dell'ecologia.\r\nEcco, questo \u003Cmark>è\u003C/mark> sicuramente un tentativo che si \u003Cmark>è\u003C/mark> fatto, molto interessante, però noi rileviamo anche che negli ultimi anni questa potenziale alleanza \u003Cmark>e\u003C/mark> punti di convergenza stenta un po' a costruirsi. Non so, anche dal nostro punto di vista spesso \u003Cmark>e\u003C/mark> volentieri abbiamo cercato di portare questi discorsi all'interno anche di iniziative politiche \u003Cmark>e\u003C/mark> movimenti, ma si fa un po' fatica, un po' per la natura delle lotte ambientali che pur essendo a una vocazione sicuramente internazionale di ampio respiro spesso sono estremamente localizzate, \u003Cmark>e\u003C/mark> invece lavori come il tuo ad esempio che ci portano a attraversare delle filiere che poi camminano un po' in tutto il mondo.\r\nEcco, tu come vedi questa situazione? Come vedi il rapporto in generale \u003Cmark>e\u003C/mark> quali potrebbero essere secondo te nuovi punti di convergenza tra le movimenti nel digitale sia sindacali che internazionali?\r\n\r\nAllora, diciamo che in un certo senso penso che i problemi siano di due tipi il primo \u003Cmark>è\u003C/mark> che attualmente i movimenti ambientalisti a livello internazionale sono ancora molto diversi \u003Cmark>e\u003C/mark> che non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> stata una chiara separazione tra, diciamo, un'ala riformista, chiamiamola così sostanzialmente quella che \u003Cmark>è\u003C/mark> più compatibile con delle istanze capitaliste \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi sostanzialmente per farla corta sono quelli che propongono l'idea che \u003Cmark>c'è\u003C/mark> una tecnologia sostenibile basta semplicemente scegliere il meno peggio o addirittura pensare a una tecnologia che possa essere effettivamente green \u003Cmark>e\u003C/mark> dall'altra parte un'area massimalista dei movimenti ecologistici che invece sostanzialmente sostengono quella che possiamo chiamare una redirezione ecologica ovvero bisogna veramente avere un sussulto politico per cambiare completamente la maniera di considerare queste cose \u003Cmark>e\u003C/mark> né l'una né l'altra nel caso specifico al di là di queste diciamo di questa complessità dei movimenti ecologici attuali ambientalisti attuali né l'una né l'altra ha una visione completa se vogliamo forse un po' quelli della redirezione ecologica perché ci sarebbe bisogno di avere una specie di cartografia di che cosa fanno le intelligenze artificiali a non soltanto le filiere o le supply chains ma anche a posti che sono a volte molto distanti da noi ed \u003Cmark>è\u003C/mark> difficile immaginarsi quali sono le condizioni di vita o quali sono le condizioni stesse ambientali in paesi come la Bolivia considerando che la maggior parte di noi non ci ha mai messo piede in Bolivia immaginarsi che ci siano l'adi di sale come \u003Cmark>è\u003C/mark> il caso di Bolivia \u003Cmark>e\u003C/mark> di Uyuni che \u003Cmark>è\u003C/mark> il più grande giacimento di litio del mondo che \u003Cmark>è\u003C/mark> talmente centrale per le nostre batterie di tutto quello che abbiamo in tasca dallo smartphone al tablet per chi \u003Cmark>ce\u003C/mark> l'ha le biciclette elettriche o i veicoli elettrici, le automobili questa cosa di immaginarsi quanto importante sia un posto talmente lontano da noi da qualcosa che \u003Cmark>è\u003C/mark> così vicino a noi che abbiamo nelle nostre tasche questo \u003Cmark>è\u003C/mark> uno sforzo serio \u003Cmark>è\u003C/mark> uno sforzo serio che però ha nel futuro una necessità di svilupparsi \u003Cmark>e\u003C/mark> che si svilupperà purtroppo perché queste lotte ecologiche arrivano sempre più vicino a noi se pensiamo in particolare a una faccenda che \u003Cmark>è\u003C/mark> un po' diversa la questione dei data center i data center non sono per la maggior parte situati in paesi terzi a basso reddito ma sono per la maggior parte dei casi messi dietro l'angolo rispetto a noi sono in Italia, sono in Francia sono negli Stati Uniti certo sono anche in Cina \u003Cmark>e\u003C/mark> in maniera crescente perché la Cina non \u003Cmark>è\u003C/mark> più da tanti tanti anni un paese povero ma sono sostanzialmente nel nord del mondo \u003Cmark>e\u003C/mark> nel nord del mondo sono dei posti dove sono delle strutture che pesano molto sul consumo energetico paesi come l'Irlanda che sono oggi dei grandi hub per i data center sono dei paesi nei quali l'infrastruttura di produzione dell'elettricità \u003Cmark>è\u003C/mark> molto affaticata dalla presenza di questi data center in Spagna si stanno sviluppando dei collettivi che mettono insieme tecnologia \u003Cmark>e\u003C/mark> piuttosto critica tecnologica \u003Cmark>e\u003C/mark> critica ecologica che si oppongono per esempio alla creazione di nuovi data center in posti che specialmente in Spagna sono già desertici \u003Cmark>e\u003C/mark> che quindi non hanno bisogno in più di questo ennesimo peso quindi queste sono delle prospettive che sono interessanti \u003Cmark>e\u003C/mark> aggiungo che sono interessanti purtroppo perché sono delle questioni \u003Cmark>e\u003C/mark> dei problemi ecologici sempre più pressanti che arrivano sempre più vicino alle nostre case \u003Cmark>e\u003C/mark> che se finora non \u003Cmark>c'è\u003C/mark> stata una diciamo così un'alleanza tra movimenti di critica tecnologica \u003Cmark>e\u003C/mark> movimenti di rivendicazione legate all'ambiente questo secondo me cambierà molto presto\r\n\r\n \r\n\r\nHai qualcosa da aggiungere o altri riferimenti che vuoi darci per chi ci ascolta per seguire il vostro \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> o anche altri lavori che reputi interessanti su questi temi?\r\n\r\nAllora voglio invitare coloro che ci ascoltano se sono interessati \u003Cmark>e\u003C/mark> interessate, l'otto luglio \u003Cmark>c'è\u003C/mark> il lancio a distanza, nel senso che \u003Cmark>è\u003C/mark> un evento virtuale ed \u003Cmark>è\u003C/mark> gratis, \u003Cmark>e\u003C/mark> si può partecipare da tutto il mondo, che si chiama Workers Inquiry. Per gli italiani traduzione \u003Cmark>è\u003C/mark> semplicemente inchiesta operaia.\r\nWorkers Inquiry \u003Cmark>è\u003C/mark> il \u003Cmark>lavoro\u003C/mark>, la produzione di una mia carissima collega \u003Cmark>e\u003C/mark> amica \u003Cmark>e\u003C/mark> anche lei membra di DiPLab che si chiama Milagros Miceli che \u003Cmark>è\u003C/mark> una ricercatrice che da tanti anni lavora a Berlino per il Weizenbaum Institute \u003Cmark>e\u003C/mark> che ha avuto questa idea assolutamente geniale, ovvero piuttosto che, come lo facciamo noi da tanti anni, girare il mondo \u003Cmark>e\u003C/mark> andare a intervistare persone, aiutare i lavoratori dei dati, ovvero i microlaboratori di cui ho parlato finora, questi che attestano l'intelligenza artificiale, a raccontare le loro stesse condizioni di \u003Cmark>lavoro\u003C/mark> \u003Cmark>e\u003C/mark> a condurre loro stessi delle inchieste sulle proprie condizioni di lavoro.Ed \u003Cmark>è\u003C/mark> una maniera di effettivamente ricollegarsi alla grande tradizione operaista.\r\nMa vi posso anche assicurare che \u003Cmark>è\u003C/mark> un risultato anche da un punto di vista sociale, politico, perché ci sono queste persone che l'8 luglio parleranno durante il lancio di questa iniziativa \u003Cmark>e\u003C/mark> quindi vedrete testimonianze di persone dal Kenya, dall'Iran, dal Venezuela, da tanti altri posti \u003Cmark>e\u003C/mark> dalla Germania ovviamente, ma soprattutto ci sono anche degli estratti video che sono di grandissima qualità. Quindi vi consiglio di cercare Workers Inquiry Milagros Miceli su internet \u003Cmark>e\u003C/mark> di connettervi l'8 luglio, quindi tra qualche giorno.",[522],{"field":105,"matched_tokens":523,"snippet":519,"value":520},[89,18,78,18],2314894167190274000,{"best_field_score":526,"best_field_weight":205,"fields_matched":206,"num_tokens_dropped":51,"score":527,"tokens_matched":112,"typo_prefix_score":51},"4419510730752","2314894167190274161",6637,{"collection_name":366,"first_q":71,"per_page":31,"q":71},28,["Reactive",532],{},["Set"],["ShallowReactive",535],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fFiUv_ileMAJp21JNFHv7RTvXepMbO3KOAJ7c-VEh7kk":-1},true,"/search?query=c%27%C3%A8+lavoro+e+lavoro"]