","Trieste. Attivista sulla ruspa per impedire la distruzione dell’ex Pavan","post",1712069663,[61,62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/azione-diretta/","http://radioblackout.org/tag/campo-libero/","http://radioblackout.org/tag/ex-pavan/","http://radioblackout.org/tag/quartiere-san-giacomo/","http://radioblackout.org/tag/ruspa-occupata/","http://radioblackout.org/tag/spazi-pubblici/","http://radioblackout.org/tag/speculazione/","http://radioblackout.org/tag/trieste/",[70,71,72,73,74,75,76,77],"azione diretta","campo libero","ex pavan","quartiere san giacomo","ruspa occupata","spazi pubblici","speculazione","trieste",{"post_content":79,"tags":85},{"matched_tokens":80,"snippet":83,"value":84},[81,82],"Campo","Libero","gruppi popolari di zona, Rete \u003Cmark>Campo\u003C/mark> \u003Cmark>Libero\u003C/mark> e Comitato San Giacomo si","A Trieste, nel popolare quartiere San Giacomo, c’è un’ex osteria, uno degli edifici più vecchi del rione, risale al 1870 ed è anche segnalato nel catalogo dei beni di pregio della città. Nella parte interna c'è un grande giardino con un \u003Cmark>campo\u003C/mark> da basket coperto. Il giardino è stato ristrutturato con soldi pubblici nel 2014. Sia giardino e il \u003Cmark>campo\u003C/mark> di basket sono utilizzati dalle scuole slovena di via Fauna dell'infanzia, elementari e medie, che sono prive di palestra e di cortil.\r\nUno dei lati del giardino confina con una palestra comunale molto grande data in gestione per pochi soldi (184€ all'anno) ad Artistica 81, un'associazione sportiva.\r\nL'artistica 81 aveva bisogno di un posto in cui fare le gare: il comune con i soldi del PNNR ha deciso l’ex osteria, eliminare il giardino e i suoi alberi secolari all'interno una palestra con un impianto certificato CONI.\r\nI genitori delle della scuola slovena hanno presentato una petizione con 600 firme perché i bambini perderanno sia giardino sia la palestra.\r\nIl gruppi popolari di zona, Rete \u003Cmark>Campo\u003C/mark> \u003Cmark>Libero\u003C/mark> e Comitato San Giacomo si oppongono. Questa mattina dovevano riprendere i lavori bloccati da un ricorso: un compagno si è arrampicato sulla ruspa per bloccarlo.\r\nUn folto gruppo di solidali ha dato vita ad un lungo presidio. Al termine della mattinata è arrivato l’annuncio che i lavori sarebbero stati sospesi. Il compagno è quindi sceso dalla ruspa. La lotta continua.\r\n\r\nAscolta la diretta con Anna di \u003Cmark>Campo\u003C/mark> \u003Cmark>Libero\u003C/mark>, che abbiamo sentito un’ora e mezza prima che la protesta finisse:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/2024-04-02-anna-ts-campo-libero.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[86,88,93,95,97,99,101,103],{"matched_tokens":87,"snippet":70},[],{"matched_tokens":89,"snippet":92},[90,91],"campo","libero","\u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark>",{"matched_tokens":94,"snippet":72},[],{"matched_tokens":96,"snippet":73},[],{"matched_tokens":98,"snippet":74},[],{"matched_tokens":100,"snippet":75},[],{"matched_tokens":102,"snippet":76},[],{"matched_tokens":104,"snippet":77},[],[106,111],{"field":35,"indices":107,"matched_tokens":108,"snippets":110},[19],[109],[90,91],[92],{"field":112,"matched_tokens":113,"snippet":83,"value":84},"post_content",[81,82],1157451471441625000,{"best_field_score":116,"best_field_weight":117,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":118,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":120,"highlight":139,"highlights":144,"text_match":147,"text_match_info":148},{"cat_link":121,"category":122,"comment_count":47,"id":123,"is_sticky":47,"permalink":124,"post_author":50,"post_content":125,"post_date":126,"post_excerpt":53,"post_id":123,"post_modified":127,"post_thumbnail":128,"post_thumbnail_html":129,"post_title":130,"post_type":58,"sort_by_date":131,"tag_links":132,"tags":136},[44],[46],"85721","http://radioblackout.org/2023/12/85721/","Operazione di polizia al centro sociale occupato Askatasuna di Torino. Alle 7 del mattino di lunedì 11 dicembre, digos, celere, carabinieri hanno raggiunto lo stabile di corso Regina Margherita e circondato l’isolato con i blindati, accompagnati anche da Asl e Vigili del fuoco.\r\n\r\nL’operazione, terminata a metà mattinata, ha portato al prelievo di alcune bombole di gas vuote dalla cucina ma niente è stato sequestrato, al contrario di quanto accaduto lo scorso gennaio – quando durante una perquisizione erano stati sequestrati gli impianti audio per le serate musicali ed erano stati posti i sigilli ad alcuni locali dell’edificio – o lo scorso giugno, quando un blitz analogo era terminato con i sigilli al Csa Murazzi.\r\n\r\nAscolta o scarica la diretta con una compagna del centro sociale Askatasuna:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/ispezione.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl comunicato del Centro Sociale Askatasuna:\r\n\r\nCi risiamo. La questura di Torino non riesce a dormire sonni tranquilli sapendo che il centro sociale Askatasuna rischi di avere qualche difetto strutturale, che i muri abbiano qualche crepa, che l’impianto elettrico non sia a norma, che tutte quelle bombole del gas possano mettere in pericolo la nostra incolumità. E così, di buon mattino, per dare una sveglia e un buon natale dopo esser rimasti un po’ male per il successo del week end di lotta in val di Susa, sono arrivati per circondare il – fatiscente a nostra insaputa – centro sociale. Chiuso l’isolato, per evitare che mamme coi passeggini potessero avvicinarsi a un luogo tanto insicuro, con celere e carabinieri, decine di agenti della Digos accompagnati da vigili del fuoco, Asl e Servizio Prevenzione e Sicurezza del Lavoro sono entrati a ispezionare piano per piano il centro sociale. Non hanno portato via niente, se non i vuoti delle bombole del gas che servono per cucinare, hanno però ispezionato con solerzia con l’obiettivo di stabilire lo stato di agibilità e sicurezza dell’immobile. Perché se il risultato di questo passaggio sarà una dichiarazione di inagibilità la questura avrà campo libero per – infine – mettere sotto sequestro tutto l’edificio, mettere i sigilli ed effettuare così lo sgombero tanto agognato. Non a caso succede oggi, quando i titoli dei giornali di questi giorni sbandierano la visita di un “non intimorito dai notav” Salvini che andrà a ispezionare il cantiere di Chiomonte il prossimo lunedì in occasione dell’avvio dei nuovi lavori. Insomma, c’è chi ispeziona cantieri e c’è chi ispeziona edifici, in un’atmosfera di minaccia nemmeno tanto velata da parte di chi subisce il fascino dei pagliacci leghisti che arrivano da lontano.\r\n\r\nLe conosciamo ormai queste mosse da vigili urbani della questura torinese, proprio qualche mese fa stessa sorte è toccata al csa Murazzi che, dopo ispezione e dichiarazione di inagibilità, è stato messo sotto sequestro quest’estate, chiudendo uno spazio storico della città di Torino simbolo della cultura e della musica alternative in questa città. Adesso la questura di Torino dovrebbe spiegarci da dove nasce questa morbosa attenzione alla sicurezza per lo stabile di corso Regina Margherita 47 perché, a nostro modo di vedere, ci sarebbero tanti posti che necessiterebbero di un’accurata ispezione e messa in sicurezza: pensiamo all’ospedale di Tivoli in cui sono morte tre persone a seguito di un incendio, pensiamo ai tetti delle scuole che crollano in testa agli studenti, pensiamo ai treni che deragliano o che investono gli operai stessi che lavorano sui binari, pensiamo ai morti per la mancanza di sicurezza sul lavoro o a scuola per l’alternanza scuola-lavoro. Ci sembra che questa storiella dei rischi per la sicurezza all’interno degli spazi sociali sia una bella invenzione di una qualche mente contorta che, non sapendo più a quale santo rivolgersi per ottenere lo sgombero del centro sociale Askatasuna, debba ricorrere a cavilli burocratici che farebbero ridere un qualsiasi gestore di un locale pubblico, a scorciatoie giudiziarie per evitare di tirare fuori l’asso nella manica e usare la forza bruta per mettere fine all’esperienza pluridecennale del centro sociale.\r\n\r\nIl tempo è tiranno, si sa, eppure addirittura la magistratura, che sappiamo bene quanto ci tenga a mantere una corsia preferenziale per concludere in tutta fretta i procedimenti a carico dei notav e dei movimenti sociali, lascerà passare un anno prima della prossima udienza per il processo di associazione a delinquere. E qui c’è qualcuno che ha molta fretta, probabilmente per potersi togliere quel sassolino dalla scarpa che sta diventando un macigno perché nel frattempo la rete a sostegno del centro sociale Askatasuna si allarga, la legittimità della partecipazione alle lotte in città da parte dei compagni e delle compagne che fanno parte di questa realtà è forte e il governo a guida Meloni tira dritto nonostante un’insofferenza sociale diffusa e inascoltata. In questi ultimi mesi abbiamo visto come siano stati messi svariati tasselli per andare nella direzione di uno sgombero senza dover fare brutte figure, dalla perquisizione e messa sotto sequestro dell’impianto audio e dei frigoriferi dell’aska, ai sigilli al csa Murazzi, dalle multe di centinaia di migliaia di euro per i concerti e le feste, alle denunce per aver organizzato degli eventi pubblici, la fantasia galoppa. Non sappiamo quale sarà il risultato dell’ispezione di questa mattina ma a conti fatti ci sembra molto probabile l’opzione di una messa sotto sequestro dell’intero spazio che non sappiamo in che tempi avverrà.\r\n\r\nPer questo motivo invitiamo tutti e tutte a partecipare numerosi all’appuntamento di venerdì 15 dicembre al centro sociale Askatasuna per un momento di incontro e confronto su quanto sta accadendo in occasione della consueta apertura del centro per il dopolavoro. Pensiamo che nonostante questi innumerevoli tentativi di mettere i bastoni fra le ruote atti a chiudere spazi di aggregazione, socialità e lotta la nostra priorità debba essere non perdere tempo dietro a questi attacchi, ma concentrarci sulle necessità che il presente che viviamo impone, continuare a incontrarci, unirci nelle lotte come unica possibilità per contrastare questo impianto repressivo generalizzato. Parlano di agibilità degli edifici per nascondersi dietro al dito della motivazione profonda che spinge a effettuare queste operazioni: qui si tratta di voler impedire qualsiasi agibilità politica in città e non solo, per sopire le spinte contrarie a un sistema di profitto che ci vorrebbe silenti e a testa bassa a lavorare.","11 Dicembre 2023","2023-12-11 16:13:20","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione-1536x864.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/aska_ispezione.jpg 1600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Ispezione al centro sociale Askatasuna",1702311160,[133,134,135],"http://radioblackout.org/tag/askatasuna/","http://radioblackout.org/tag/perquisizione/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[137,138,15],"Askatasuna","perquisizione",{"post_content":140},{"matched_tokens":141,"snippet":142,"value":143},[90,91],"di inagibilità la questura avrà \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> per – infine – mettere sotto sequestro","Operazione di polizia al centro sociale occupato Askatasuna di Torino. 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Semplicemente si limiteranno ad allungare il brodo, visto che il Muos è già operativo, per ottenere l'effetto di mantenerlo così come già è stato costruito e reso attivo.\r\n\r\nLa strategia sarebbe quella di non intervenire nell'udienza dell'Avvocatura dello stato, fingendo così di tirarsi fuori, in realtà lasciando campo libero alle precedenti decisioni degli altri governi, anzi: con quell'atteggiamento si finisce con l'aderire alle richieste americane più invasive.\r\n\r\nInoltre forse non è dietrologia inconsistente il retropensiero che insuffla (in primis da parte del professor Pelanda) l'ipotesi che lo scambio intercorso tra Trump e Conte sull'esenzione dalle misure restrittive verso l'Iran veda come controparte la prosecuzione del Tap, l'acquisto dei catorci F35 e soprattutto il mantenimento del Muos.\r\n\r\n \r\n\r\nSentiamo dalle parole di Fabio del comitato No Muos di Niscemi il dettaglio della manovra grillina che mira a tradire anche la lotta No Muos\r\n\r\nIl fallimento della via elettorale alla lotta alle Goi","10 Novembre 2018","2018-11-11 21:10:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/11/2018-11-09_no_muos.jpg 1536w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La quinta colonna al fianco dei No Muos",1541843570,[166,167,168,169],"http://radioblackout.org/tag/avvocatura/","http://radioblackout.org/tag/doppiogiochismo-grillino/","http://radioblackout.org/tag/muos-per-esenzioni-embargo-iraniano/","http://radioblackout.org/tag/no-muos/",[171,172,173,174],"avvocatura","doppiogiochismo grillino","Muos per esenzioni embargo iraniano","no Muos",{"post_content":176},{"matched_tokens":177,"snippet":178,"value":179},[90,91],"tirarsi fuori, in realtà lasciando \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> alle precedenti decisioni degli altri","Dopo Pedemontana, Terzo valico, Tap... dopo i traccheggiamenti sul Tav, anche l'opposizione a questa Goi è tradita dal M5S di governo giallobruno e l'operazione è pure in questo caso beffardamente condotta in modo locale e studiata ad hoc, filologicamente nello spirito della lotta stessa.\r\n\r\nAnziché smantellare come da sempre richiesto dai grillini stessi, facendo i passi opportuni per ottenere quel risultato, i grillini stanno operando per via legale su una strada che potrebbe ritorcersi contro le speranze della popolazione di Niscemi, finendo con il confermare le memorie difensive dell'opera condotte dal Pd e dai governi precedenti. 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Sui media mainstream giungono notizie del tutto prive di approfondimenti, che si limitano a riportare l'episodio di violenza, l'assassinio di intellettuali, blogger, rappresentanti delle minoranze induiste o di religioni diverse dall'islam, o – il più delle volte – laici... magari mettendoli in relazione con un'infiltrazione di Daesh di nuovo senza considerare la storia dell'estremismo religioso regionale, ricostruibile a partire dai combattenti che andarono in Afghanistan a combattere i sovietici.\r\n\r\n \r\n\r\nEppure in Italia sono giunti molti bengalesi in cerca di una fuga dalla miseria per loro e per le famiglie indebitatesi per mandarli nel mondo a cercare la sopravvivenza della loro comunità ed è sorprendente come non si venga indotti a ricercare informazioni, soprattutto a seguito del ripetersi di aggressioni ai danni di persone che rappresentano la diversità, la minoranza religiosa a partire dal 2013 (e l'ultimo ancora il 10 giugno quasi contemporaneamente a questa diretta), come ci racconta Marina Forti all'inizio di questo intervento che potete ascoltare, scoprendo come il problema sia più di credibilità delle istituzioni, di illegittimità del governo, che non di terrorismo internazionale, di faide decennali tra le fazioni che si alternano al potere tra colpi di stato e cicli politici fondati su persecuzioni dell'opposizione; si arriva persino alla comprensione da parte delle autorità di governo di predicatori, usati come voce popolare per una legittimazione del potere che viene meno sempre di più, lasciando campo libero all'intolleranza assassina nei confronti dei blogger laici, delle donne impegnate nel sociale che attraverso le ong si sostituivano alla latenza delle istituzioni nell'assistenza della popolazione indigente e impegnate nell'emancipazione di altre donne...\r\n\r\nBangladesh","11 Giugno 2016","2016-06-14 16:24:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-300x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-300x300.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-150x150.jpg 150w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-690x690.jpg 690w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh-170x170.jpg 170w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/06/2016-06-10_bangladesh.jpg 720w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Bangladesh: il contesto storico-politico delle violenze attuali",1465657009,[198,199,200,201,202],"http://radioblackout.org/tag/bangladesh/","http://radioblackout.org/tag/blogger/","http://radioblackout.org/tag/equilibri-di-potere/","http://radioblackout.org/tag/induisti/","http://radioblackout.org/tag/islamici/",[204,205,34,30,28],"Bangladesh","blogger",{"post_content":207},{"matched_tokens":208,"snippet":209,"value":210},[90,91],"meno sempre di più, lasciando \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> all'intolleranza assassina nei confronti dei blogger","Solo su alcuni siti di geopolitica si riescono a trovare informazioni e dati relativi al paese asiatico nato dalla decolonizzazione del subcontinente indiano prima e dal processo indipendentista dal Pakistan poi, ma sono sporadiche, frammentarie e senza un'analisi che contestualizzi gli eventi. 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La notizia della decapitazione di un giornalista statunitense, il trentunenne Steven Sotloff occupa le prime pagine dei giornali, sia pure con enfasi minore rispetto alla decapitazione del collega James Foley, che metteva in scena per la prima volta, uno spettacolo comunicativo il cui obiettivo è ben al di là della minaccia agli Stati Uniti, per investire direttamente una più vasta platea internazionale, la stessa da cui provengono i miliziani dell'IS.\r\nLa coreografia (la tunica arancio che richiama le tute dei prigionieri di Guantanamo), la demolizione del mito del \"nero\" Obama e le sue promesse mancate, le minacce all'islam sciita, sono messaggi semplici ma potenti, capaci di dare forza all'immaginario dell'islam radicale.\r\nSui media main stream ci sono diversi attori: i feroci seguaci del califfo Al Baghdadi, i \"curdi\", \"l'imbelle\" governo iracheno. Più sullo sfondo il regime dell'alawita Bashar el Hassad, contro il quale gli Stati Uniti hanno armato le formazioni islamiste che concorrono alla conquista del paese, il maggior sponsor di Hassad, la Russia putiniana, la Turchia che ha finanziato l'Is.\r\nIl termine \"curdi\" nasconde più di quanto non riveli. I curdi di cui narrano i media nostrani - diversa è l'informazione negli stessi Stati Uniti - sono quelli della zona dell'Iraq sotto il controllo del PDK di Mas’ud Barzani, alleati con gli Stati Uniti, e \"naturali\" destinatari delle armi promesse anche dal governo italiano.\r\nMai entrate nella scena mediatica le formazioni guerrigliere del Rojava (Siria nord orientale) protagoniste della controffensiva che ha liberato numerose zone occupate dell'IS, che, curiosamente, ha interrotto la propria marcia su Baghdad per attaccare le zone curde controllate dalle formazioni libertarie, federaliste e femministe del Rojava e di alcune zone dello stesso Iraq.\r\nNon per caso nel mirino dell'IS è entrato il campo profughi di Makhmur, che da vent'anni ospita curdi sfuggiti alle persecuzioni contro il PKK in Turchia.\r\n\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno che conosce bene le zone curde che stanno sperimentando il confederalismo democratico.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n2014 09 03 daniele guerra is pkk\r\n\r\nDi seguito un lungo articolo di Daniele che ci fornisce il lessico essenziale per meglio capire la partita che si sta giocando tra Siria, Iraq. E non solo.\r\nPer la prima volta da decenni il percorso intrapreso in Rojavà narra una storia che apre prospettive che vanno ben al di là delle montagne curde.\r\n\r\nLe notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo incalzante. Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone, dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si spartiscono il suo territorio.\r\n\r\nNon è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere una confusione che è tutt’altro che casuale.\r\n\r\nPerciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno.\r\n\r\nDa un lato, è necessario ricordare come quel che accade in Kurdistan (e più in generale in Medio Oriente) sia sempre, anche, il precipitato dell’interazione di forze esterne, a cominciare dagli Stati che ne occupano il territorio, ossia la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran (a loro volta, peraltro, veicoli di uno scontro di interessi su scala mondiale).\r\n\r\nDall’altro, è bene sottolineare come ciò non precluda l’esistenza di specifiche dinamiche locali, le quali, anzi, dimostrano sempre più spesso come proprio questi momenti di crisi e disfacimento possano rappresentare le crepe da cui emergono nuovi percorsi di autonomia, rivolta e protagonismo popolare.\r\n\r\nL’immagine costruita dal discorso mediatico dominante racconta, sostanzialmente, di una folle guerra di fanatici terroristi musulmani contro i quali l’Occidente è costretto a intervenire (per ragioni umanitarie, ça va sans dire!) appoggiando le uniche forze al momento in grado di opporvisi, ovvero “i curdi”. Per fornire qualche antidoto alle ambiguità e ai silenzi che caratterizzano tale ricostruzione, ci pare utile, in primo luogo, delineare chi sono realmente le forze in campo, cosa rappresentano, quali identità e progettualità incarnano (in particolare nel campo curdo). In secondo luogo [nella prossima “puntata”], proveremo a sondare i percorsi di autonomia popolare che nonostante tutto – compresa una censura mediatica impressionante – resistono e rappresentano una forza di rottura per niente trascurabile (sia da un punto di vista politico che militare), in particolare nel Kurdistan siriano (Rojava). Infine, cercheremo di abbozzare qualche riflessione di portata più generale sul senso degli eventi in corso\r\n\r\nGli attori in campo\r\n15 agosto 2014. Le televisioni del mondo intero riportano con orrore i massacri, le esecuzioni, i rapimenti di bambini e donne venduti come schiavi, le pulizie etniche e le angherie di ogni tipo dispiegate dalle bande dello “Stato Islamico” (I.S.) in nord Iraq contro minoranze religiose e oppositori, ad esempio contro i curdi yezidi a Sinjar (Şengal in curdo). Tale escalation di violenza settaria sarebbe, ufficialmente, all’origine del sostegno militare che Stati Uniti ed Europa si apprestano a fornire (apertamente) “ai curdi” – dopo averlo fornito a lungo (dietro le quinte) alle milizie “jihadiste”. Peccato però che l’espressione “i curdi” non significhi nulla, essendo “i kurds_mapcurdi” una realtà nient'affatto omogenea. Oltre al fatto – tutt’altro che trascurabile – che il popolo curdo è diviso da circa un secolo dalle frontiere artificiali di Turchia, Siria, Iraq e Iran, nel movimento curdo si sovrappongono, com’è ovvio che sia, profonde divisioni che hanno origini storiche, linguistiche, tribali, religiose, oltre che contrapposizioni politiche talvolta laceranti e foriere di conflitti anche armati. Quando, dunque, gli Stati Uniti parlano di “armare i curdi”, si riferiscono ovviamente ai loro alleati sul campo, ovvero ai filo-americani del PDK, e non certo ai “terroristi” del PKK e ai suoi alleati. E ciò anche se, come emerge sempre più chiaramente dalle fonti sul campo e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ad accorrere per aiutare le minoranze aggredite e a organizzare la resistenza armata contro le bande paramilitari di I.S., sono stati proprio quelli che Washington e Bruxelles definiscono “terroristi”, e non i miliziani fedeli a PDK e USA, i quali hanno invece lasciato campo libero all’avanzata di I.S., sostanzialmente spartendosi le spoglie del territorio abbandonato dallo squagliarsi dell’esercito di Baghdad. Del resto, anche i tanto decantati quanto limitati bombardamenti finora sferrati dagli Stati Uniti non sembrano proprio avere l’obbiettivo di stroncare le forze “islamiste”, quanto piuttosto quello di contenerle e indirizzarle (altrimenti, con le tecnologie e le informazioni in mano all’aviazione USA, sarebbe stato un “gioco da ragazzi” annientarne le postazioni e le colonne nel campo aperto del deserto iracheno).\r\n\r\nÈ proprio per cercare di dissipare tali ambiguità che riportiamo qui di seguito, in modo inevitabilmente sintetico e schematico, una descrizione delle organizzazioni coinvolte a vario titolo nel conflitto in corso, una sorta di glossario per aiutare a districarsi nella confusione mediatica.\r\n\r\nPKK – Partito dei lavoratori del Kurdistan (Turchia). Le sue ali militari sono: HPG (Forze di difesa del popolo) e YJA-Star (Unità delle donne libere - Star). Opera nel Kurdistan settentrionale (in curdo “Bakûr”, sud-est della Turchia) da oltre trent’anni, per sostenere l’autodeterminazione e la stessa sopravvivenza del popolo curdo contro l’occupazione militare da parte dello Stato turco. È stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata da USA ed Europa. Dagli anni Novanta, in particolare grazie all’elaborazione teorica del suo presidente Abdullah Öcalan (tuttora detenuto nell’isola-prigione di Imrali in Turchia), il PKK ha superato l’originaria ideologia nazionalista e marxista-leninista attraverso una radicale critica degli stessi concetti di Stato, Nazione, Partito, e abbandonando l’obiettivo della costruzione di uno Stato curdo indipendente. La sua proposta politica, denominata Confederalismo democratico, auspica la costruzione di una federazione di comunità autogovernantisi al di là dei confini nazionali, religiosi, etnici, le cui colonne portanti sono la partecipazione dal basso, la parità di genere e il rispetto della natura. Il suo esercito di guerriglia (HPG e YJA-Star) conta diverse migliaia di uomini e donne nelle montagne del sud-est della Turchia (sui confini con Siria, Iraq e Iran) e sui monti Qandil in territorio iracheno. Attualmente in un precario cessate il fuoco unilaterale con la Turchia, è impegnato nel sostegno dei propri fratelli in Siria (Rojava) e nella difesa della popolazione civile in Iraq contro I.S.\r\n\r\nPYD – Partito dell’unione democratica (Siria). Le sue ali militari sono: YPG (Unità di difesa popolare) e YPJ (Unità di difesa delle donne). È il partito maggioritario nel Kurdistan occidentale (“Rojava”, Siria del nord). Stretto alleato del PKK, sia dal punto di vista militare che politico, ne condivide la proposta del Confederalismo democratico, prospettiva che sta concretizzando nei territori del Rojava. Qui, dall’insurrezione contro il regime siriano, non si è schierato né con il regime di Al-Assad né con i “ribelli siriani”, praticando una “terza via” consistente nel liberare e difendere il proprio territorio per amministrarlo, insieme agli altri partiti e realtà della società civile non solo curda, in una sorta di “democrazia cantonale dal basso”. La sua forza militare (YPG e YPJ) oltre a difendere il Rojava da chiunque l’attacchi (lealisti di Al-Assad, “ribelli” siriani, I.S. e “jihadisti” vari) ha recentemente operato in territorio iracheno contro i tentativi di pulizia etnica di I.S. – in particolare nelle aree di Sinjar, Makhmour (Maxmur, in curdo) –, soccorrendo la popolazione in fuga e organizzando anche lì, come in Siria, una resistenza armata di autodifesa popolare.\r\n\r\nKCK – Raggruppamento delle comunità del Kurdistan. È il coordinamento che raggruppa i vari partiti e organizzazioni della società civile delle quattro parti del Kurdistan per portare avanti il progetto del Confederalismo democratico. Oltre a PKK e PYD, ne fanno parte anche il PÇDK (Iraq) e il PJAK (Iran).\r\n\r\nPÇDK – Partito della soluzione democratica in Kurdistan (Iraq), per il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq); forza attualmente minoritaria anche a causa della repressione che subisce da parte del governo regionale del PDK.\r\n\r\nPJAK – Partito della vita libera del Kurdistan (Iran), per il Kurdistan orientale (“Rojhelat”, nord-ovest dell’Iran). La sua ala militare è composta dalle HRG (Forze di difesa del Kurdistan orientale) e quella femminile dall’YJRK (Unione delle donne del Kurdistan orientale), le cui forze sono anch’esse attualmente impegnate nella resistenza contro l’I.S. in Iraq e in Rojava.\r\n\r\nPDK – Partito democratico del Kurdistan (Iraq). È il partito di Mas’ud Barzani, che governa il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq), divenuto regione autonoma (KRG) in seguito all’invasione americana del 2003 e alla caduta del regime di Saddam Hussein. La famiglia Barzani, leader storici del movimento nazionalista curdo, governa di fatto la regione come un proprio feudo, rappresentando una vera e propria mafia del petrolio, in grado di garantire l’ordine nella regione e perciò sostenuta e armata dagli Stati Uniti, oltre che da Israele e Turchia (con cui ha importanti rapporti economici e a cui vende il petrolio). L’ala militare del PDK è formata dai «peshmerga», in parte integrati nell’esercito regolare iracheno, ma soprattutto nelle milizie che costituiscono le forze di sicurezza del KRG (Governo regionale del Kurdistan). La politica nazionalista e filo-americana del PDK è radicalmente in contrasto con le posizioni di PKK, PYD, KCK, in quanto principale stampella del neo-colonialismo e della balcanizzazione del Medio Oriente. Di fronte all’offensiva di I.S., i peshmerga di Barzani si sono distinti per una politica opportunista, che non ha sostanzialmente ostacolato l’avanzata di I.S. (fortemente sponsorizzata – tra gli altri – dall’amica Turchia) fino a quando non ha toccato i propri interessi, e anzi approfittando del conseguente indebolimento del governo centrale iracheno per allargare i confini del Kurdistan federale (ad esempio occupando la città petrolifera di Kirkuk quando I.S. occupava Mosul). Molteplici testimonianze dei civili scampati ai massacri di I.S., in particolare a Sinjar e a Makhmour, riferiscono di essere stati abbandonati dai miliziani di Barzani e di essersi salvati soltanto grazie all’intervento dei guerriglieri del PKK e del PYD. Diversi analisti inoltre – a proposito dell’immobilismo dei peshmerga del PDK – hanno sottolineato il fatto che mentre le forze del PKK dagli anni Ottanta non hanno mai smesso di combattere e di addestrarsi alla guerriglia, le truppe di Barzani, a oltre dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein, si sono trasformate in un apparato burocratico di impiegati più che di guerriglieri.\r\n\r\n«Peshmerga». Significa genericamente «guerrigliero» o «soldato» curdo, ed è quindi il termine che, storicamente, definisce ogni combattente del Kurdistan. Col tempo però (con la formazione di un governo de facto nel nord Iraq e le profonde spaccature nel movimento curdo) questo termine è andato a definire in modo specifico i miliziani del PDK di Barzani, come quelli del PUK di Talabani, di Gorran e degli altri partiti curdi d’Iraq, mentre i partigiani del PKK o del PYD preferiscono definirsi col nome delle proprie organizzazioni (o “gerîlla”, “partîzan”…). La genericità del termine «peshmerga» comunque rimane, ed è anche sulla sua ambiguità che si è costruita molta della confusione diffusa dai media internazionali.\r\n\r\nIn campo avverso, tra i protagonisti del conflitto in corso, il califfato fondato da Abu Bakr Al-Baghdadi nei territori del Bilad ash Sham (a cavallo tra Siria e Iraq) si è ormai affermato come una vera e propria potenza militare, fondata sul terrore nei confronti delle popolazioni civili e dotata di una forza paramilitare più simile a un esercito mercenario che non a una “tradizionale” organizzazione “jihadista”.\r\n\r\nI.S. – Stato islamico. Nasce dall’arcipelago della resistenza islamista sunnita contro l’occupazione americana dell’Iraq nel 2003, nello specifico dal gruppo “Al-Tawḥīd wa-al-Jihād” fondato dal giordano Abu Musab Al-Zarkawi (ucciso da un bombardamento USA nel 2006), poi divenuto Al Qaida in Iraq (AQI), poi Stato islamico in Iraq (ISI), in Siria (ISIS) e infine Stato islamico (IS). Ha praticato fin dagli esordi una politica ferocemente settaria, attaccando principalmente gli sciiti e le altre minoranze dell’area (ragione del disaccordo e delle continue frizioni con la dirigenza di Al Qaida), riuscendo a serrare le fila sunnite con migliaia di militanti soprattutto stranieri (dimostrando una capacità di attrattiva effettivamente internazionale). Nello scenario della guerra civile siriana, si è distinto per la ferocia dei suoi attacchi (e non solo contro le forze lealiste ma anche e soprattutto contro ogni fazione rivale del fronte dei “ribelli”) riuscendo a imporsi, dal 2013, come principale kurds_vs_Isisforza del campo fondamentalista sunnita (scalzando anche Jabat Al Nusra, ovvero il referente di Al Qaida in Siria). Qui controlla ormai diverse aree nel nord e nell’est del Paese, in particolare nelle zone petrolifere e lungo il corso dell’Eufrate, in guerra aperta contro le forze curde del Rojava. Nel 2014 incomincia l’avanzata in Iraq, dove trova l’appoggio di diverse forze sunnite emarginate e represse dal governo iracheno, il cui esercito a luglio si ritira disordinatamente abbandonando nelle mani dell’I.S. un vero e proprio arsenale (tra cui fucili M4 e M16, lanciagranate, visori notturni, mitragliatrici, artiglieria pesante, missili terra-aria Stinger e Scud, carri armati, veicoli corazzati Humvies, elicotteri Blackhawks, aerei cargo…). È così che l’I.S., sotto la guida di Abu Bakr Al-Baghdadi, si costituisce in Califfato, strutturandosi di fatto come un nuovo Stato che riscuote le tasse, paga i suoi miliziani e dipendenti, amministra centrali elettriche, depositi di grano, dighe, pozzi petroliferi, affrancandosi così anche dalla dipendenza da finanziamenti di Stati stranieri.\r\n\r\nIn questa rapida escalation dello Stato Islamico, l’appoggio logistico, economico, militare fornitogli dalla Turchia perlomeno dall’inizio della “crisi” del regime siriano, insieme all’atteggiamento delle milizie peshmerga di Barzani, e alla “vigile distanza” degli USA, potrebbero far sorgere ai più malfidenti qualche sospetto sull’esistenza di un disegno pro I.S. condiviso da tale “asse”. Ciò anche senza scomodare le voci secondo cui il califfo Al-Baghdadi (che risulta essere stato in un campo di prigionia statunitense in Iraq dal 2004 al 2009, per poi esserne rilasciato ed assumere la leadership di ISIS in seguito all'uccisione del precedente leader da parte di forze statunitensi) sarebbe stato addestrato da Mossad, CIA e MI6. Anche senza bisogno di perdersi nelle immancabili elucubrazioni su complotti e cospirazioni a tavolino, non è affatto impensabile un’alleanza di fatto, una convergenza di interessi (che si saldano nel sollecitare alcune dinamiche, nel non ostacolarne altre…) tra Turchia, USA, PDK (oltre ad Arabia saudita, Qatar…), per “suscitare” e impiantare una presenza fondamentalista sunnita nel cuore del Medio Oriente (uno nuovo Stato, o un Califfato, o un territorio in guerra permanente...) in funzione anti Iran (e dunque anti Al-Assad, Hezbollah… e Russia); qualcosa che – già che c’è – vada a spezzare sul campo ogni tentativo di rivolta, di autogoverno, di gestione diretta, e diversa, del territorio…\r\n\r\nUna controrivoluzione preventiva, insomma, contro quella resistenza popolare che costituisce oggi (fuori dalle menzogne della propaganda) l'unica vera resistenza sul campo contro lo Stato Islamico; una resistenza che vede in prima fila le milizie autorganizzate dalle donne, e in cui stanno confluendo gli abitanti delle regioni sotto attacco rompendo le divisioni etniche, religiose, culturali, in una prospettiva politica che assume un significato universale... Questo movimento, che partendo dai curdi di Rojava rischia di dilagare oltre confini che non tengono più, è qualcosa di dirompente nel panorama mediorientale, comprensibilmente preoccupante per qualsiasi potere con mire di controllo o egemonia nell'area, e proprio perciò, per noi, tanto più interessante.","3 Settembre 2014","2014-09-08 19:44:33","Oltre le frontiere. La resistenza delle comunità federaliste e libertarie tra Siria e Iraq",1409771523,[227,228,229,230,231,232,233,234,235],"http://radioblackout.org/tag/iraq/","http://radioblackout.org/tag/is/","http://radioblackout.org/tag/jpg/","http://radioblackout.org/tag/jpy/","http://radioblackout.org/tag/pkk/","http://radioblackout.org/tag/pyd/","http://radioblackout.org/tag/rojava/","http://radioblackout.org/tag/siria/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/",[237,20,26,24,238,22,239,240,17],"iraq","pkk","rojava","Siria",{"post_content":242},{"matched_tokens":243,"snippet":244,"value":245},[90,91],"i quali hanno invece lasciato \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> all’avanzata di I.S., sostanzialmente spartendosi","Mercoledì 3 settembre. La notizia della decapitazione di un giornalista statunitense, il trentunenne Steven Sotloff occupa le prime pagine dei giornali, sia pure con enfasi minore rispetto alla decapitazione del collega James Foley, che metteva in scena per la prima volta, uno spettacolo comunicativo il cui obiettivo è ben al di là della minaccia agli Stati Uniti, per investire direttamente una più vasta platea internazionale, la stessa da cui provengono i miliziani dell'IS.\r\nLa coreografia (la tunica arancio che richiama le tute dei prigionieri di Guantanamo), la demolizione del mito del \"nero\" Obama e le sue promesse mancate, le minacce all'islam sciita, sono messaggi semplici ma potenti, capaci di dare forza all'immaginario dell'islam radicale.\r\nSui media main stream ci sono diversi attori: i feroci seguaci del califfo Al Baghdadi, i \"curdi\", \"l'imbelle\" governo iracheno. Più sullo sfondo il regime dell'alawita Bashar el Hassad, contro il quale gli Stati Uniti hanno armato le formazioni islamiste che concorrono alla conquista del paese, il maggior sponsor di Hassad, la Russia putiniana, la Turchia che ha finanziato l'Is.\r\nIl termine \"curdi\" nasconde più di quanto non riveli. I curdi di cui narrano i media nostrani - diversa è l'informazione negli stessi Stati Uniti - sono quelli della zona dell'Iraq sotto il controllo del PDK di Mas’ud Barzani, alleati con gli Stati Uniti, e \"naturali\" destinatari delle armi promesse anche dal governo italiano.\r\nMai entrate nella scena mediatica le formazioni guerrigliere del Rojava (Siria nord orientale) protagoniste della controffensiva che ha liberato numerose zone occupate dell'IS, che, curiosamente, ha interrotto la propria marcia su Baghdad per attaccare le zone curde controllate dalle formazioni libertarie, federaliste e femministe del Rojava e di alcune zone dello stesso Iraq.\r\nNon per caso nel mirino dell'IS è entrato il \u003Cmark>campo\u003C/mark> profughi di Makhmur, che da vent'anni ospita curdi sfuggiti alle persecuzioni contro il PKK in Turchia.\r\n\r\nPer capirne di più ne abbiamo parlato con Daniele Pepino, un compagno che conosce bene le zone curde che stanno sperimentando il confederalismo democratico.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\n2014 09 03 daniele guerra is pkk\r\n\r\nDi seguito un lungo articolo di Daniele che ci fornisce il lessico essenziale per meglio capire la partita che si sta giocando tra Siria, Iraq. E non solo.\r\nPer la prima volta da decenni il percorso intrapreso in Rojavà narra una storia che apre prospettive che vanno ben al di là delle montagne curde.\r\n\r\nLe notizie dal Vicino e Medio Oriente si susseguono a un ritmo incalzante. Il Kurdistan si trova, ancora una volta, nell’occhio del ciclone, dilaniato dall’esplodere delle tensioni tra le potenze regionali che si spartiscono il suo territorio.\r\n\r\nNon è semplice, in un simile scenario, fornire un quadro della situazione che non sia immediatamente superato dall’incedere degli eventi. I quintali di notizie, parole, immagini, vomitati dai mass media, invece di chiarire la complessità dello scenario mediorientale, contribuiscono a spargere una confusione che è tutt’altro che casuale.\r\n\r\nPerciò ci sembra prioritario – nei limiti di quanto è possibile fare in un breve articolo – provare a fornire qualche strumento interpretativo utile a comprendere le dinamiche in corso con uno sguardo di più lungo periodo rispetto alla cronaca emergenziale del giorno dopo giorno.\r\n\r\nDa un lato, è necessario ricordare come quel che accade in Kurdistan (e più in generale in Medio Oriente) sia sempre, anche, il precipitato dell’interazione di forze esterne, a cominciare dagli Stati che ne occupano il territorio, ossia la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran (a loro volta, peraltro, veicoli di uno scontro di interessi su scala mondiale).\r\n\r\nDall’altro, è bene sottolineare come ciò non precluda l’esistenza di specifiche dinamiche locali, le quali, anzi, dimostrano sempre più spesso come proprio questi momenti di crisi e disfacimento possano rappresentare le crepe da cui emergono nuovi percorsi di autonomia, rivolta e protagonismo popolare.\r\n\r\nL’immagine costruita dal discorso mediatico dominante racconta, sostanzialmente, di una folle guerra di fanatici terroristi musulmani contro i quali l’Occidente è costretto a intervenire (per ragioni umanitarie, ça va sans dire!) appoggiando le uniche forze al momento in grado di opporvisi, ovvero “i curdi”. Per fornire qualche antidoto alle ambiguità e ai silenzi che caratterizzano tale ricostruzione, ci pare utile, in primo luogo, delineare chi sono realmente le forze in \u003Cmark>campo\u003C/mark>, cosa rappresentano, quali identità e progettualità incarnano (in particolare nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> curdo). In secondo luogo [nella prossima “puntata”], proveremo a sondare i percorsi di autonomia popolare che nonostante tutto – compresa una censura mediatica impressionante – resistono e rappresentano una forza di rottura per niente trascurabile (sia da un punto di vista politico che militare), in particolare nel Kurdistan siriano (Rojava). Infine, cercheremo di abbozzare qualche riflessione di portata più generale sul senso degli eventi in corso\r\n\r\nGli attori in \u003Cmark>campo\u003C/mark>\r\n15 agosto 2014. Le televisioni del mondo intero riportano con orrore i massacri, le esecuzioni, i rapimenti di bambini e donne venduti come schiavi, le pulizie etniche e le angherie di ogni tipo dispiegate dalle bande dello “Stato Islamico” (I.S.) in nord Iraq contro minoranze religiose e oppositori, ad esempio contro i curdi yezidi a Sinjar (Şengal in curdo). Tale escalation di violenza settaria sarebbe, ufficialmente, all’origine del sostegno militare che Stati Uniti ed Europa si apprestano a fornire (apertamente) “ai curdi” – dopo averlo fornito a lungo (dietro le quinte) alle milizie “jihadiste”. Peccato però che l’espressione “i curdi” non significhi nulla, essendo “i kurds_mapcurdi” una realtà nient'affatto omogenea. Oltre al fatto – tutt’altro che trascurabile – che il popolo curdo è diviso da circa un secolo dalle frontiere artificiali di Turchia, Siria, Iraq e Iran, nel movimento curdo si sovrappongono, com’è ovvio che sia, profonde divisioni che hanno origini storiche, linguistiche, tribali, religiose, oltre che contrapposizioni politiche talvolta laceranti e foriere di conflitti anche armati. Quando, dunque, gli Stati Uniti parlano di “armare i curdi”, si riferiscono ovviamente ai loro alleati sul \u003Cmark>campo\u003C/mark>, ovvero ai filo-americani del PDK, e non certo ai “terroristi” del PKK e ai suoi alleati. E ciò anche se, come emerge sempre più chiaramente dalle fonti sul \u003Cmark>campo\u003C/mark> e dalle testimonianze dei sopravvissuti, ad accorrere per aiutare le minoranze aggredite e a organizzare la resistenza armata contro le bande paramilitari di I.S., sono stati proprio quelli che Washington e Bruxelles definiscono “terroristi”, e non i miliziani fedeli a PDK e USA, i quali hanno invece lasciato \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> all’avanzata di I.S., sostanzialmente spartendosi le spoglie del territorio abbandonato dallo squagliarsi dell’esercito di Baghdad. Del resto, anche i tanto decantati quanto limitati bombardamenti finora sferrati dagli Stati Uniti non sembrano proprio avere l’obbiettivo di stroncare le forze “islamiste”, quanto piuttosto quello di contenerle e indirizzarle (altrimenti, con le tecnologie e le informazioni in mano all’aviazione USA, sarebbe stato un “gioco da ragazzi” annientarne le postazioni e le colonne nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> aperto del deserto iracheno).\r\n\r\nÈ proprio per cercare di dissipare tali ambiguità che riportiamo qui di seguito, in modo inevitabilmente sintetico e schematico, una descrizione delle organizzazioni coinvolte a vario titolo nel conflitto in corso, una sorta di glossario per aiutare a districarsi nella confusione mediatica.\r\n\r\nPKK – Partito dei lavoratori del Kurdistan (Turchia). Le sue ali militari sono: HPG (Forze di difesa del popolo) e YJA-Star (Unità delle donne libere - Star). Opera nel Kurdistan settentrionale (in curdo “Bakûr”, sud-est della Turchia) da oltre trent’anni, per sostenere l’autodeterminazione e la stessa sopravvivenza del popolo curdo contro l’occupazione militare da parte dello Stato turco. È stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche stilata da USA ed Europa. Dagli anni Novanta, in particolare grazie all’elaborazione teorica del suo presidente Abdullah Öcalan (tuttora detenuto nell’isola-prigione di Imrali in Turchia), il PKK ha superato l’originaria ideologia nazionalista e marxista-leninista attraverso una radicale critica degli stessi concetti di Stato, Nazione, Partito, e abbandonando l’obiettivo della costruzione di uno Stato curdo indipendente. La sua proposta politica, denominata Confederalismo democratico, auspica la costruzione di una federazione di comunità autogovernantisi al di là dei confini nazionali, religiosi, etnici, le cui colonne portanti sono la partecipazione dal basso, la parità di genere e il rispetto della natura. Il suo esercito di guerriglia (HPG e YJA-Star) conta diverse migliaia di uomini e donne nelle montagne del sud-est della Turchia (sui confini con Siria, Iraq e Iran) e sui monti Qandil in territorio iracheno. Attualmente in un precario cessate il fuoco unilaterale con la Turchia, è impegnato nel sostegno dei propri fratelli in Siria (Rojava) e nella difesa della popolazione civile in Iraq contro I.S.\r\n\r\nPYD – Partito dell’unione democratica (Siria). Le sue ali militari sono: YPG (Unità di difesa popolare) e YPJ (Unità di difesa delle donne). È il partito maggioritario nel Kurdistan occidentale (“Rojava”, Siria del nord). Stretto alleato del PKK, sia dal punto di vista militare che politico, ne condivide la proposta del Confederalismo democratico, prospettiva che sta concretizzando nei territori del Rojava. Qui, dall’insurrezione contro il regime siriano, non si è schierato né con il regime di Al-Assad né con i “ribelli siriani”, praticando una “terza via” consistente nel liberare e difendere il proprio territorio per amministrarlo, insieme agli altri partiti e realtà della società civile non solo curda, in una sorta di “democrazia cantonale dal basso”. La sua forza militare (YPG e YPJ) oltre a difendere il Rojava da chiunque l’attacchi (lealisti di Al-Assad, “ribelli” siriani, I.S. e “jihadisti” vari) ha recentemente operato in territorio iracheno contro i tentativi di pulizia etnica di I.S. – in particolare nelle aree di Sinjar, Makhmour (Maxmur, in curdo) –, soccorrendo la popolazione in fuga e organizzando anche lì, come in Siria, una resistenza armata di autodifesa popolare.\r\n\r\nKCK – Raggruppamento delle comunità del Kurdistan. È il coordinamento che raggruppa i vari partiti e organizzazioni della società civile delle quattro parti del Kurdistan per portare avanti il progetto del Confederalismo democratico. Oltre a PKK e PYD, ne fanno parte anche il PÇDK (Iraq) e il PJAK (Iran).\r\n\r\nPÇDK – Partito della soluzione democratica in Kurdistan (Iraq), per il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq); forza attualmente minoritaria anche a causa della repressione che subisce da parte del governo regionale del PDK.\r\n\r\nPJAK – Partito della vita libera del Kurdistan (Iran), per il Kurdistan orientale (“Rojhelat”, nord-ovest dell’Iran). La sua ala militare è composta dalle HRG (Forze di difesa del Kurdistan orientale) e quella femminile dall’YJRK (Unione delle donne del Kurdistan orientale), le cui forze sono anch’esse attualmente impegnate nella resistenza contro l’I.S. in Iraq e in Rojava.\r\n\r\nPDK – Partito democratico del Kurdistan (Iraq). È il partito di Mas’ud Barzani, che governa il Kurdistan meridionale (“Başûr”, nord Iraq), divenuto regione autonoma (KRG) in seguito all’invasione americana del 2003 e alla caduta del regime di Saddam Hussein. La famiglia Barzani, leader storici del movimento nazionalista curdo, governa di fatto la regione come un proprio feudo, rappresentando una vera e propria mafia del petrolio, in grado di garantire l’ordine nella regione e perciò sostenuta e armata dagli Stati Uniti, oltre che da Israele e Turchia (con cui ha importanti rapporti economici e a cui vende il petrolio). L’ala militare del PDK è formata dai «peshmerga», in parte integrati nell’esercito regolare iracheno, ma soprattutto nelle milizie che costituiscono le forze di sicurezza del KRG (Governo regionale del Kurdistan). La politica nazionalista e filo-americana del PDK è radicalmente in contrasto con le posizioni di PKK, PYD, KCK, in quanto principale stampella del neo-colonialismo e della balcanizzazione del Medio Oriente. Di fronte all’offensiva di I.S., i peshmerga di Barzani si sono distinti per una politica opportunista, che non ha sostanzialmente ostacolato l’avanzata di I.S. (fortemente sponsorizzata – tra gli altri – dall’amica Turchia) fino a quando non ha toccato i propri interessi, e anzi approfittando del conseguente indebolimento del governo centrale iracheno per allargare i confini del Kurdistan federale (ad esempio occupando la città petrolifera di Kirkuk quando I.S. occupava Mosul). Molteplici testimonianze dei civili scampati ai massacri di I.S., in particolare a Sinjar e a Makhmour, riferiscono di essere stati abbandonati dai miliziani di Barzani e di essersi salvati soltanto grazie all’intervento dei guerriglieri del PKK e del PYD. Diversi analisti inoltre – a proposito dell’immobilismo dei peshmerga del PDK – hanno sottolineato il fatto che mentre le forze del PKK dagli anni Ottanta non hanno mai smesso di combattere e di addestrarsi alla guerriglia, le truppe di Barzani, a oltre dieci anni dalla caduta di Saddam Hussein, si sono trasformate in un apparato burocratico di impiegati più che di guerriglieri.\r\n\r\n«Peshmerga». Significa genericamente «guerrigliero» o «soldato» curdo, ed è quindi il termine che, storicamente, definisce ogni combattente del Kurdistan. Col tempo però (con la formazione di un governo de facto nel nord Iraq e le profonde spaccature nel movimento curdo) questo termine è andato a definire in modo specifico i miliziani del PDK di Barzani, come quelli del PUK di Talabani, di Gorran e degli altri partiti curdi d’Iraq, mentre i partigiani del PKK o del PYD preferiscono definirsi col nome delle proprie organizzazioni (o “gerîlla”, “partîzan”…). La genericità del termine «peshmerga» comunque rimane, ed è anche sulla sua ambiguità che si è costruita molta della confusione diffusa dai media internazionali.\r\n\r\nIn \u003Cmark>campo\u003C/mark> avverso, tra i protagonisti del conflitto in corso, il califfato fondato da Abu Bakr Al-Baghdadi nei territori del Bilad ash Sham (a cavallo tra Siria e Iraq) si è ormai affermato come una vera e propria potenza militare, fondata sul terrore nei confronti delle popolazioni civili e dotata di una forza paramilitare più simile a un esercito mercenario che non a una “tradizionale” organizzazione “jihadista”.\r\n\r\nI.S. – Stato islamico. Nasce dall’arcipelago della resistenza islamista sunnita contro l’occupazione americana dell’Iraq nel 2003, nello specifico dal gruppo “Al-Tawḥīd wa-al-Jihād” fondato dal giordano Abu Musab Al-Zarkawi (ucciso da un bombardamento USA nel 2006), poi divenuto Al Qaida in Iraq (AQI), poi Stato islamico in Iraq (ISI), in Siria (ISIS) e infine Stato islamico (IS). Ha praticato fin dagli esordi una politica ferocemente settaria, attaccando principalmente gli sciiti e le altre minoranze dell’area (ragione del disaccordo e delle continue frizioni con la dirigenza di Al Qaida), riuscendo a serrare le fila sunnite con migliaia di militanti soprattutto stranieri (dimostrando una capacità di attrattiva effettivamente internazionale). Nello scenario della guerra civile siriana, si è distinto per la ferocia dei suoi attacchi (e non solo contro le forze lealiste ma anche e soprattutto contro ogni fazione rivale del fronte dei “ribelli”) riuscendo a imporsi, dal 2013, come principale kurds_vs_Isisforza del \u003Cmark>campo\u003C/mark> fondamentalista sunnita (scalzando anche Jabat Al Nusra, ovvero il referente di Al Qaida in Siria). Qui controlla ormai diverse aree nel nord e nell’est del Paese, in particolare nelle zone petrolifere e lungo il corso dell’Eufrate, in guerra aperta contro le forze curde del Rojava. Nel 2014 incomincia l’avanzata in Iraq, dove trova l’appoggio di diverse forze sunnite emarginate e represse dal governo iracheno, il cui esercito a luglio si ritira disordinatamente abbandonando nelle mani dell’I.S. un vero e proprio arsenale (tra cui fucili M4 e M16, lanciagranate, visori notturni, mitragliatrici, artiglieria pesante, missili terra-aria Stinger e Scud, carri armati, veicoli corazzati Humvies, elicotteri Blackhawks, aerei cargo…). È così che l’I.S., sotto la guida di Abu Bakr Al-Baghdadi, si costituisce in Califfato, strutturandosi di fatto come un nuovo Stato che riscuote le tasse, paga i suoi miliziani e dipendenti, amministra centrali elettriche, depositi di grano, dighe, pozzi petroliferi, affrancandosi così anche dalla dipendenza da finanziamenti di Stati stranieri.\r\n\r\nIn questa rapida escalation dello Stato Islamico, l’appoggio logistico, economico, militare fornitogli dalla Turchia perlomeno dall’inizio della “crisi” del regime siriano, insieme all’atteggiamento delle milizie peshmerga di Barzani, e alla “vigile distanza” degli USA, potrebbero far sorgere ai più malfidenti qualche sospetto sull’esistenza di un disegno pro I.S. condiviso da tale “asse”. Ciò anche senza scomodare le voci secondo cui il califfo Al-Baghdadi (che risulta essere stato in un \u003Cmark>campo\u003C/mark> di prigionia statunitense in Iraq dal 2004 al 2009, per poi esserne rilasciato ed assumere la leadership di ISIS in seguito all'uccisione del precedente leader da parte di forze statunitensi) sarebbe stato addestrato da Mossad, CIA e MI6. Anche senza bisogno di perdersi nelle immancabili elucubrazioni su complotti e cospirazioni a tavolino, non è affatto impensabile un’alleanza di fatto, una convergenza di interessi (che si saldano nel sollecitare alcune dinamiche, nel non ostacolarne altre…) tra Turchia, USA, PDK (oltre ad Arabia saudita, Qatar…), per “suscitare” e impiantare una presenza fondamentalista sunnita nel cuore del Medio Oriente (uno nuovo Stato, o un Califfato, o un territorio in guerra permanente...) in funzione anti Iran (e dunque anti Al-Assad, Hezbollah… e Russia); qualcosa che – già che c’è – vada a spezzare sul \u003Cmark>campo\u003C/mark> ogni tentativo di rivolta, di autogoverno, di gestione diretta, e diversa, del territorio…\r\n\r\nUna controrivoluzione preventiva, insomma, contro quella resistenza popolare che costituisce oggi (fuori dalle menzogne della propaganda) l'unica vera resistenza sul \u003Cmark>campo\u003C/mark> contro lo Stato Islamico; una resistenza che vede in prima fila le milizie autorganizzate dalle donne, e in cui stanno confluendo gli abitanti delle regioni sotto attacco rompendo le divisioni etniche, religiose, culturali, in una prospettiva politica che assume un significato universale... Questo movimento, che partendo dai curdi di Rojava rischia di dilagare oltre confini che non tengono più, è qualcosa di dirompente nel panorama mediorientale, comprensibilmente preoccupante per qualsiasi potere con mire di controllo o egemonia nell'area, e proprio perciò, per noi, tanto più interessante.",[247],{"field":112,"matched_tokens":248,"snippet":244,"value":245},[90,91],{"best_field_score":149,"best_field_weight":150,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":47,"score":151,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":251,"highlight":269,"highlights":274,"text_match":147,"text_match_info":277},{"cat_link":252,"category":253,"comment_count":47,"id":254,"is_sticky":47,"permalink":255,"post_author":50,"post_content":256,"post_date":257,"post_excerpt":53,"post_id":254,"post_modified":258,"post_thumbnail":53,"post_thumbnail_html":53,"post_title":259,"post_type":58,"sort_by_date":260,"tag_links":261,"tags":265},[44],[46],"21227","http://radioblackout.org/2014/02/21227/","Cerchiamo di mettere un po' di ordine nella ricostruzione delle due stagioni delle cosiddette \"foibe\" e dell'esodo che ne scaturì, senza che però l'esodo stesso possa essere interamente ricondotto a quelle vicende. Diciamo subito che le parole stesse con cui dieci anni fa Napolitano istituì \"La giornata del ricordo\" sono inaccettabili sotto molti punti di vista e concernono molto più la sua cattiva coscienza di stalinista incline a giustificare ogni atrocità di stato piuttosto che l'adesione a qualche bagliore di verità storica. In quel discorso Napolitano decide scientemente di utilizzare una categoria che gli storici seri e onesti hanno deciso di espungere dall'interpretazione storica di quelle vicende dalmate e istriane in prevalenza: la pulizia etnica. L'evento, impiantato in maniera forzosa su un discorso indennitario, finisce col riportare tutta la vicenda nell'alveo puzzolente e nazionalista dei \"torti\" subiti dai soliti \"italiani brava gente\".\r\n\r\nSiamo partiti dalla fine della guerra mondiale, passando per l'invasione della Iugoslavia voluta da Hitler e per i lager costruiti dagli italiani in Iugoslavia e in Italia, nonché per le leggi fasciste di Gentile. Una divagazione doverosa al fine di ricostruire il terreno su cui maturò la repressione che con motivazioni diverse caratterizzò entrambe le fasi delle \"foibe\" che interessarono cittadini italiani o di origini italiane (anche se il termine non è sempre preciso).\r\n\r\nLa questione delle \"foibe\" non può prescindere, pur nel rispetto della verità storica, dalla valutazione degli interessi politici che le si agitano alle spalle: la riabilitazione dei vari schieramenti neofascisti, la costruzione di un discorso nazionalista che scarichi le responsabilità delle atrocità commesse nelle avventure coloniali, la riabilitazione di un establishment ex comunista colluso con lo stalinismo e aduso a difendere i massacri di stato.\r\n\r\nChiarito questo, appare comunque miope oltre che ingiusto ai nostri occhi, lasciare campo libero, nella costruzione della memoria di quelle vicende, ai pruriti nazionalisti o ai veri fascismi minimizzando la tragedia dell'esodo di centinaia di migliaia di persone e la morte di altre migliaia.\r\n\r\nAbbiamo raggiunto al telefono un giovane e bravo storico torinese, Enrico Miletto, poco incline al revisionismo di matrice fascista, e Claudio Venza, un compagno, anch'egli storico di mestiere, ma dell'università di Trieste.\r\n\r\nFoibe\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","11 Febbraio 2014","2014-02-17 13:38:55","Le \"foibe\" tra mito e realtà",1392148111,[262,263,264],"http://radioblackout.org/tag/foibe/","http://radioblackout.org/tag/giornata-del-ricordo/","http://radioblackout.org/tag/nazionalismi/",[266,267,268],"foibe","giornata del ricordo","nazionalismi",{"post_content":270},{"matched_tokens":271,"snippet":272,"value":273},[90,91],"ingiusto ai nostri occhi, lasciare \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark>, nella costruzione della memoria di quelle","Cerchiamo di mettere un po' di ordine nella ricostruzione delle due stagioni delle cosiddette \"foibe\" e dell'esodo che ne scaturì, senza che però l'esodo stesso possa essere interamente ricondotto a quelle vicende. 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Una divagazione doverosa al fine di ricostruire il terreno su cui maturò la repressione che con motivazioni diverse caratterizzò entrambe le fasi delle \"foibe\" che interessarono cittadini italiani o di origini italiane (anche se il termine non è sempre preciso).\r\n\r\nLa questione delle \"foibe\" non può prescindere, pur nel rispetto della verità storica, dalla valutazione degli interessi politici che le si agitano alle spalle: la riabilitazione dei vari schieramenti neofascisti, la costruzione di un discorso nazionalista che scarichi le responsabilità delle atrocità commesse nelle avventure coloniali, la riabilitazione di un establishment ex comunista colluso con lo stalinismo e aduso a difendere i massacri di stato.\r\n\r\nChiarito questo, appare comunque miope oltre che ingiusto ai nostri occhi, lasciare \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark>, nella costruzione della memoria di quelle vicende, ai pruriti nazionalisti o ai veri fascismi minimizzando la tragedia 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MEETING annuale DELLA PIATTAFORMA TSS A BOLOGNA, 27-29 OTTOBRE 2023.\r\n- Quali azioni porta avanti il transnational social strike\r\n\r\nSe volete informazioni sulla manifestazione, trovate tutti i materiali necessari qui.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Roberta-presenta-TSS-e-il-relativo-meeting-a-Bologna.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Federico, curatore del BLOG delegati e lavoratori indipendenti Pisa, su un articolo pubblicato sul Quotidiano Enti locali de Il Sole 24 Ore: parliamo di un testo che analizza le nuove disposizioni del Dlgs 36/2023 (nuovo codice degli appalti) relative ai costi della manodopera negli appalti.\r\nIn particolare si fa riferimento all’articolo 41, comma 14 per il quale tanto i costi della manodopera quanto quelli per la sicurezza dovrebbero essere esclusi dall’importo assoggettato a ribasso. Ma una volta stabilito il principio si offre subito dopo una scappatoia, la classica riorganizzazione aziendale nell'appalto potrà dimostrare e giustificare il ribasso complessivo dei costi e quindi alla fine determinare anche la riduzione del costo di manodopera che poi si tradurrà in tagli di ore contrattuali e di contributi previdenziali.\r\nDa un lato si stabilisce il principio guida secondo il quale i costi del lavoro nei cambi di appalti non dovrebbero essere soggetti a ribasso ma dall'altra ci si accorge che un intervento troppo invasivo del legislatore aprirebbe la strada a innumerevoli problemi e contraddizioni. Da qui scaturiscono varie interpretazioni della norma che probabilmente è stata scritta in modo tale da poter essere in parte raggirata in nome di una migliore ed efficiente organizzazione aziendale e da qui la possibilità che il concorrente attui e giustifichi il ribasso complessivo sulla offerta complessiva includendo quindi anche il costo della manodopera.\r\nFacciamo alcuni esempi nella consapevolezza di potere essere in parte smentiti da ulteriori interpretazioni.\r\nSe in un museo introduco delle app sarà possibile risparmiare sulle guida, basta scaricarsi dal proprio smartphone una applicazione per ricevere il supporto audio nella visita, se al posto delle biglietterie introduco una macchinetta per erogare i biglietti anche in questo caso potrò riorganizzare il servizio vantando efficienza ed innovazione.\r\nSe in una ditta di pulizie inserisco sui telefonini una app che permetta di individuare le tempistiche del servizio svolto quotidianamente al contempo potrò evitare di ricorrere a una figura aziendale predisposta al controllo dei servizi e al contempo svolgere una invasiva azione di controllo sulla forza lavoro.\r\nSono solo esempi pratici di come la tecnologia al servizio dei padroni possa sancire la sostituzione di personale riducendo al contempo il costo complessivo dell'appalto e della stessa manodopera.\r\nMa torniamo alle varie interpretazioni della norma, il primo ragionamento dovrebbe riguardare proprio l'intento del legislatore che sapendo quanto sia soggetto al ribasso il costo del lavoro negli appalti avrebbe dovuto prevedere un testo blindato e non interpretabile proprio per scongiurare tagli di ore e di personale e al contempo trovare un equo equilibrio tra tecnologia e lavoro vivo.\r\nSe invece si lascia spazio al concorrente di potere dimostrare che il ribasso dell'appalto derivi da una più efficiente organizzazione aziendale , la forza lavoro non sarà tutelata e complessivamente le stazioni appaltanti, pubbliche e private, ne ricaveranno costi minori.\r\nE' un po' quello che accade con il salario minimo, la sua introduzione viene osteggiata non solo dal Governo e dal Cnel ma anche da quello che andrebbe definito il partito unico e trasversale delle privatizzazioni. La Pa nel suo complesso vede la introduzione del salario minimo come una minaccia per i conti pubblici e per la tenuta stessa del sistema degli appalti pubblici.\r\nLa salvaguardia della efficienza dell’organizzazione aziendale secondo i dettami padronali potrebbe allora giustificare il ribasso finendo con includere nella riduzione di spesa anche i costi della manodopera.\r\nQuesta lettura secondo alcuni sarebbe invece in palese contrasto con la nozione dei costi fissi e invariabili rappresentanti dal costo della manodopera ma in questo caso anche un semplice cambio del contratto nazionale applicato nell'appalto sarebbe nefasto per determinare il costo del lavoro e in Italia non esiste una norma che vincoli l'appaltatore ad applicare un determinato CCNL. Accade in molte situazioni soprattutto se nella determinazione del costo della manodopera la stazione appaltante prende in esame un CCNL meno favorevole e alla fine a vincere la gara sarà una cooperativa e magari non una azienda. E ben conosciamo quanto basso sia il costo del lavoro in alcuni CCNL applicati dal mondo cooperativo.\r\nPoi ci sono anche altre considerazioni giuslavoriste, una tra tutte merita la nostra attenzione ove si pensa che eventuali limiti imposti al costo del lavoro negli appalti determinerebbero significative limitazioni della libertà imprenditoriali e della libera concorrenza in aperto contrasto con i dettami costituzionali.\r\nDiventa quindi determinante l'operato della stazione appaltante nel determinare i costi della manodopera e nella scrittura del bando salvo poi eventuali contestazioni con il ricorso al Tar.\r\nCi sembra del tutto evidente che una normativa poco chiara porti solo al ribasso del costo della manodopera e alla libertà dell'appaltatore di applicare i contratti a lui più favorevoli oltre a dotarsi di modelli organizzativi che potrà presentare come migliori ed efficienti rispetto a quelli adottati nel passato.\r\nAmmesso ma non concesso che la volontà del legislatore sia stata quella di prevedere una tutela rafforzata per i lavoratori, la riduzione del costo della manodopera è sempre in agguato specie se si applicano contratti previsti nella contrattazione collettiva. E qui subentrano altre considerazioni, la prima tra tutte quella di un sistema della rappresentanza e della contrattazione costruita su misura per giustificare i processi di privatizzazione e il crollo del costo del lavoro e delle retribuzioni\r\nLe scelte autonome sull’organizzazione aziendale potranno a loro volta contrarre il costo del lavoro riducendo salari già da fame negli appalti.\r\nDa una parte si dice di volere sottrarre i costi della manodopera al ribasso ma dall'altra si offrono tutte le vie di uscita necessarie per interpretare la norma a uso e consumo delle aziende e cooperative ma anche delle stazioni appaltanti che alla occorrenza beneficeranno del minor costo investendo il risparmio in altre opere utili magari in chiave elettorale.\r\nSignificativa ma non esaustiva la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665 che tuttavia arriva prima della riscrittura del codice degli appalti.\r\nE' significativo Il Pronunciamento del Consiglio di Stato intervenuto per non assoggettare al ribasso i costi della forza lavoro ma al contempo, soprattutto con la riscrittura delle norme, esistono troppe interpretazioni e scappatoie che lasciano campo libero a stazioni appaltanti, pubbliche e private, e agli aggiudicatari.\r\nAd esempio il concorrente potrà sempre dimostrare come la riorganizzazione aziendale rappresenti un miglioramento e da qui procedere con la contrazione del costo del lavoro presentando una offerta al ribasso tale da includere gli stessi costi di manodopera. In tale caso sarà sufficiente salvaguardare i cosiddetti trattamenti salari minimi anche se alla fine a perderci saranno sempre e solo le lavoratrici e i lavoratori degli appalti.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Federico-Blogger-Pisa-su-nuova-legge-appalti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n ","27 Ottobre 2023","2023-10-27 10:46:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/391678374_714896684002126_3026103693787780650_n-200x110.jpg","frittura mista|radio fabbrica 24/10/2023","podcast",1698403576,[],[],{"post_content":353},{"matched_tokens":354,"snippet":355,"value":356},[90,91],"interpretazioni e scappatoie che lasciano \u003Cmark>campo\u003C/mark> \u003Cmark>libero\u003C/mark> a stazioni appaltanti, pubbliche e"," \r\n\r\nIl primo approfondimento della puntata lo abbiamo fatto in compagnia di Roberta sul MEETING DELLA PIATTAFORMA TSS che si terrà A BOLOGNA, 27-29 OTTOBRE 2023\r\n\r\nAbbiamo chiesto alla nostra ospite:\r\n- Il transnational social strike quando nasce e quali sono i suoi obbiettivi e sopratutto si può partecipare/aderire\r\n- il collegamento con i lavoratori di Amazon (ed altri lavoratori) e l'internazionalismo delle lotte\r\n- il programma del MEETING annuale DELLA PIATTAFORMA TSS A BOLOGNA, 27-29 OTTOBRE 2023.\r\n- Quali azioni porta avanti il transnational social strike\r\n\r\nSe volete informazioni sulla manifestazione, trovate tutti i materiali necessari qui.\r\n\r\nBuon Ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/F_m_24_10_Roberta-presenta-TSS-e-il-relativo-meeting-a-Bologna.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nIl secondo approfondimento lo abbiamo fatto in compagnia di Federico, curatore del BLOG delegati e lavoratori indipendenti Pisa, su un articolo pubblicato sul Quotidiano Enti locali de Il Sole 24 Ore: parliamo di un testo che analizza le nuove disposizioni del Dlgs 36/2023 (nuovo codice degli appalti) relative ai costi della manodopera negli appalti.\r\nIn particolare si fa riferimento all’articolo 41, comma 14 per il quale tanto i costi della manodopera quanto quelli per la sicurezza dovrebbero essere esclusi dall’importo assoggettato a ribasso. 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Fin dal primo momento è chiaro l’intento di rendere difficile l’accesso ad un documento e a trattenere le persone nelle disponibilità dello stato in luoghi detentivi che si ampliano sempre di più.\r\nQuesto avviene con l’introduzione delle procedure di frontiera, l’aumento dell’applicazione delle procedure accelerate, l’estensione dela lista dei paesi sicuri, l’inasprimento della normativa per i trattenimenti.\r\nL’altro chiaro obiettivo di tutta la più recente decretazione d’urgenza (che considera le migrazioni un problema e le persone migranti come un nemico), è quello di precarizzare le persone che si trovano sul territorio italiano.\r\nEsempio lampante sono le modifiche alla protezione speciale, che cercano di intaccare il diritto alla vita privata e familiare del persone che hanno il centro degli interessi della propria vita in Italia. Attacco a un diritto umano e internazionale che sarà da difendere nei tribunali e fuori.\r\nL’hotspot di Lampedusa è uno dei primi luoghi che molte persone attraversano appena arrivate in Italia e per tanto anche uno dei primi luoghi in cui questi cambiamenti e le logiche di questo sistema hanno le loro ripercussioni.\r\nLe persone non sono libere di lasciare l’hotspot ed è qui che avvengono le prime procedure, permeate della malata logica di persona meritevole di restare o persona da espellere, che già definiscono la vita di una persona in Italia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/Presentazione-sportello-mai-piu%CC%80-cpr_118.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nLunedì 12 ore 21 - Cinema Underground: Claudio Caligari 22 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nClaudio Caligari in un intervista su Amore Tossico, film capolavoro del cinema underground anni 80.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/CinemaUndergroundClaudioCaligari_22.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMartedì 13 ore 21 - Droga e guerra 50 minuti [Radio blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nQuesto lungo approfondimento vuole proporre un riflessione sul ruolo che le sostanze psicotrope – che come elemento di interferenza con lo stato di coscienza hanno sempre accompagnato l’umanità – hanno assunto una volta inserite nel contesto tecnico-bellico.\r\n\r\nProviamo a suddividere la relazione tra sostanze psicoattive e guerra in due grandi categorie: sostanze somministrate durante l’esperienza delle atrocità, sostanze somministrate successivamente all’esperienza delle atrocità.\r\n\r\nTralasciando le “autoterapie” e i fenomeni di tossicodipendenza endemici tra i veterani di guerra, cercheremo di concentrarci esclusivamente sulla dimensione istituzionalizzata delle somministrazioni: dal Pervitin del Terzo Reich, al Captagon dell’ISIS, al Modafinil attualmente fornito all’esercito statunitense.\r\n\r\nMa la normalizzazione della guerra, che si declina anche attraverso l’arruolamento della popolazione nel suo insieme, deve tenere conto degli strascichi psichici di chi è entrato in contatto con gli eventi atroci e traumatizzanti che la caratterizzano; qui entrano in gioco le sperimentazioni di MDMA in Israele e di Ibogaina in Ucraina.\r\n\r\nSi osserva quindi una parabola della relazione tra umanità e sostanze psico-alteranti: dall’espansione della coscienza al sostegno neurochimico di ciò che è insostenibile.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/Droga-e-guerra_50.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMartedì 13 ore 22,30 - Musick To Play In The Dark - Zoo records special 65 minuti minuti [Radio blackout, Musick to play in the dark]:\r\n\r\nMusick To Play In The Dark – Puntata del 20/02/2024 (Zoo Records special)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/MTPITD-Zoo-records-special_65.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 00,30 - Black Zone Myth Chant live al blackout fest 2018 51 minuti[Radio Blackout, Black Zone Myth Chant]:\r\n\r\nLive @Blackout Fest 9/6/2018\r\n\r\nBZMC produce musica come se gli egizi avessero conosciuto Sun Ra e DjScrew, poi si diverte cambiando il pitch al risultato finale. Sintetizzatori primitivi in HD.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Black-Zone-Myth-Chant-live-al-blackout-fest-2018_50.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 9 - Ponte radio - Sfruttamento minerario nei balcani 79 minuti [Radio Wombat]:\r\n\r\nPuntata dedicata allo sfruttamento minerario dei Balcani e alle lotte in difesa del territorio.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Ponte-radio-Sfruttamento-minerario-nei-balcani.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 11,30 - Numbers Stations 30 minuti [Radio Blackout, Stakka Stakka]:\r\n\r\nApprofondimento dedicato alle misteriose numbers station, estratto dalla puntata di Stakka Stakka del 26 gennaio 2022.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Stakka-stakka-sulle-numbers-stations_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 16 - La rivolta degli ulivi: resistenza contro l'estrattivismo green in Sardegna 27 minuti [Radio Blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nCorrispondenza con un compagno dalla Sardegna per parlare dell'altra faccia delle energie rinnovabili: concentrazione oligopolistica, espropri, traiettorie militari e geopolitiche, ma anche resistenza e auto-organizzazione.\r\n\r\nEstratto dalla puntata del 29 luglio di Bello Come Una Prigione Che Brucia\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/BCUPCB_rivolta-ulivi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 9 - Giorgio Panizzari. Libero per interposto ergastolo. 30 minuti [Porfido]:\r\n\r\nCarcere minorile, riformatorio, manicomio criminale, carcere speciale: dentro le gabbie della Repubblica.\r\n\r\n“…Del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre…” ….Le vicende narrate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che, in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. E che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della spada.\r\n\r\nNOTA EDITORIALE “Libero per interposto ergastolo” esce all’inizio del 1990, in un periodo in cui argomenti come rivolte carcerarie, carceri speciali, lotta armata hanno poco appeal. Sono appena finiti gli anni ’80 è l’opinione pubblica italiana vive un immenso rimosso collettivo. Gli eventi dei vent’anni precedenti sembrano asfaltati sotto uno spesso strato di oblio, considerati inutili, folli, sorpassati… un vero olocausto della memoria di uno dei momenti più alti nella storia della riscossa degli sfruttati (eventi tra l’altro ancora in corso lungo tutti quei famigerati anni ’80). Nello stesso periodo però quel libro lo abbiamo divorato in tanti. Per almeno 15 anni è stato letto e riletto, ci ha aiutati a conoscere, imparare, meditare. Nel frattempo questo piccolo volume è sparito dalla circolazione, relegato ad un mercato di nicchia di collezionisti ed “intenditori”. Anche per questo lo riproponiamo dopo 30 anni, ma non solo… attraverso la sua storia Giorgio Panizzari ci racconta di una società e di un carcere sicuramente diversi da quelli attuali. Come lui stesso dice nella postfazione “del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre”. Negli anni ’70 la borghesia italiana era sotto l’attacco di una guerriglia rivoluzionaria che mirava sempre più in alto. Allo stesso tempo nelle città ribolliva un’attività extralegale spavalda e sempre più efficace. La popolazione carceraria di allora era in grossa parte frutto di questo duplice attacco. In prigione l’insorgenza proletaria non arretrava, il “dentro”e il “fuori” si legavano e spesso rilanciavano. Nessuno di noi oggi si illude di fare di quegli eventi un modello replicabile. Le differenze strutturali sono abnormi. Fuori e dentro ai penitenziari è pressoché esaurita ogni tensione di lotta organizzata e non. Inoltre “il modello di controllo adottato nel sistema penitenziario, con tutte le sue rozze ma anche raffinate articolazioni, s’é espanso – direi s’é conquistato – il corpo sociale nel suo complesso”(sempre dalla postfazione). Le vicende raccontate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. È che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della Spada\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Giorgio-Panizzari_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 10 - Dynamite, lotta di classe a Chicago nel 1886 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUno sguardo sulla lotta di classe nella Chicago di fine ‘800 tra conflitto, musica e parole.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Dynamite-lotta-di-classe-a-Chicago-nel-1886_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 15 - American punk hc 80s - Florida, Alabama,Tennessee e Louisiana 77 minuti [Radio Blackout, Radio Kebab]:\r\n\r\nSpeciale prodotto da Radio Kebab sul punk hardcore statunitense degli anni '80, con estratti di letture tratte dal libro \"American punk hardcore - Una storia tribale\" di Steven Blush.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/American-punk-hc-80s-Florida-Alabama-Tennessee-e-Louisiana_75.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 19 - Speciale In the Pines 5 murder balldas 70 minuti [Radio Blackout, No Trip for Cats]:\r\n\r\nPuntata speciale della trasmissione No Trip For Cats, dedicata al fumetto “In the Pines: 5 Murder Ballads” di Erik Kriek.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Speciale-In-the-Pines-5-murder-balldas-No-trip-for-cats_71-.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 9 - La scongiura del discorso. Il caso Persichetti. 32 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nChe la storia e la memoria costituiscano un campo di battaglia non è certo una novità dell’oggi. Tuttavia, è innegabile che una spiccata vocazione psico-poliziesca sia uno dei tratti fondamentali del presente. Per questa ragione, il caso di Paolo Persichetti risulta doppiamente significativo. Il sequestro del suo archivio storico sull’esperienza delle Brigate Rosse e specificatamente sul sequestro Moro non solo mostra il ruolo chiave che quest’ultimo riveste nella riscrittura del passato da parte del Ministero della Verità, quale specchio deformato che si riflette a ritroso sull’intero decennio degli anni Settanta, ma mette in luce anche l’intento fondamentale della “Polizia della storia”: scongiurare la mera pensabilità (foss’anche in chiave storica) della messa in discussione radicale dell’ordine costituito. In questo contributo audio, Persichetti ci narra della vicenda che lo ha coinvolto, dei suoi tratti surreali e dei suoi molteplici risvolti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Storia-Persichetti_32.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 10 - Maelstrom, lotta di classe tra il 1960 e 1980 14 minuti [Porfido]:\r\n\r\nPresentazione del libro “Maelstrom Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980” di Salvatore Ricciardi\r\n\r\nIl ventennio 1960-1980 racchiude il ciclo più lungo, per continuità e asprezza, della lotta di classe nell’Italia del secolo scorso. Quella stagione è qui narrata da un militante che ha attraversato una straordinaria molteplicità di esperienze esistenziali e politiche: da quella rivoltosa e spontanea degli scontri di piazza nel dopoguerra a quella della sinistra partitica e sindacale negli anni Sessanta; da quella della costruzione del nuovo sindacalismo di base a quella dell’area dell’autonomia operaia, fino all’approdo nella lotta armata delle Brigate rosse, negli anni Settanta.\r\nUna testimonianza ricca di narrazioni sui principali conflitti sociali di quei due decenni. Una descrizione, non priva di particolari inediti, sull’esperienza delle Brigate rosse di cui l’autore è stato dirigente nella «colonna romana» negli anni precedenti e successivi all’«azione Moro». Ma anche un’analisi rigorosa e profonda sull’istituzione carceraria che l’autore ha ben conosciuto dopo la condanna all’ergastolo. Questo libro di lucida memoria, scritto con linguaggio chiaro e soprattutto sincero, è un contributo prezioso per la futura storicizzazione di un periodo cruciale del nostro Paese.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Maelstorm.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 13,30 - Intervista alla musicista guineana Eneida Marta 21 minuti [Radio Blackout, No Trip For Cats]:\r\n\r\nIntervista alla musicista guineana Eneida Marta, realizzata dalla redazione di No Trip For Cats\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Intervista-alla-musicista-guineana-Eneida-Marta_22.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 19 - IconOut Records - Scream in the garage 32 minuti [IconOut Records]:\r\n\r\nMixtape intitolato \"Scream in the garage\" realizzato da Ricky della IconOut Records\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/IconOut-Records-scream-in-the-garage_33.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 9,30 - Lousy but noisy - A shitgaze mixtape 1 ora e 34 minuti minuti [Radio blackout, Radio Kebab]:\r\n\r\nPuntata speciale di Radio Kebab.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/SHITGAZE-MIXTAPE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 20 - Free and easy 23/06/2024 74 minuti [Patryck Albert, Ouest Track Radio]:\r\n\r\n\" FREE & EASY \" Playlist Patryck Albert , ......feat . David Allen , Judge Wayne & the Convit , Others , Sons of Cyrus , Grip Weeds , Flypped Whigs , Cybermen , Nuthin' , Dynamites Shakers , Johnny No & the No-Men , James Baker Experience , Some Loves , Nurks , Carnivals , Loons , Janet St Claire , Lottle Killers , Mink Deville , Chips & Co , Figures of Light , Syndicats\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Free-and-easy-23.06.2024.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 23,30 - Torino Disco Cross #8 lato A 63 minuti [Radio Blackout, Torino Disco Cross]:\r\n\r\nTorino Disco Cross è una fanzine di musica elettronica, un team di produttori e dj’s che dal 2003 assembla tracce audio raccolte in volumi che periodicamente vengono presentati al pubblico in eventi dal vivo. Per l’occasione vengono offerte copie su cd, slegate dal circuito di distribuzione commerciale. Più che un’organizzazione di serate dance è un laboratorio di sperimentazione e confronto dove l’unione di generi, l’intreccio di esperienze, la ricchezza di stili e la totale indipendenza dei partecipanti contribuiscono ad accrescere il patrimonio collettivo…Ad oggi gli artisti coinvolti nel progetto hanno partecipato alla realizzazione dei volumi in totale autonomia, senza sponsor o produttori esterni, in sintesi no-profit.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Torino-disco-cross-8-lato-A_62.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 9 - Spinoza Pi trentotto 11 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Spinoza-Pi-Trentotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 10 - Suoni e ritmi da New Orleans 29 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nApprofondimento sulla musica e la città di New Orleans.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Suoni-e-ritmi-da-New-Orleans_29.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 18,30 - Little plastic radio ep. 127 1 ora e 43 minuti minuti [Little plastic tapes]:\r\n\r\nThis episode focuses on Long songs. Songs that you can really get your teeth into. It features classic US Punk, Dark, Contemporary Jazz, Afrobeat Pioneers, Instrumental 90's Canadian legends, Pioneering Ambient Metal and Minimalist Drone and Free Jazz.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Little-plastic-radio-ep.-127_103-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 21 - The vacuum 31 minuti [Arsider sound lab]:\r\n\r\nThe world with which we engage politically is outside our heads; our perceptions, ideas, and actions in the political sphere must rely on images of reality provided by others. The type of images transmitted, who selects them, who decides what to say and what not to say, and how to say it are therefore crucial for the functioning of democracies, for the selection of politicians through elections, and subsequently in holding them accountable to the electorate.\r\n\r\nIn Italy, this phenomenon is glaring: since the early 2000s, Israel has become a model, a laboratory that the European and Italian right has increasingly looked to with interest. This trend emerged at the same time as the global right incorporated the fight against Palestinian terrorism into the broader scenario of the war on terror sparked by the events of September 11, the invasion of Iraq, and Afghanistan. In this context, the state of Israel was elevated to the front line of a war defending the West against Islamic extremism. Xenophobic anti-Islamism became the new ideological glue.\r\n\r\nEnsuring all of this is the power of media language that shapes public opinion with a narrative that, under the guise of an objective account, serves as a propaganda tool, perpetuating a narrative in line with a pro-Zionist and pro-apartheid agenda.\r\n\r\nThis framing not only distorted public perception but also contributed to the normalization of discriminatory policies that support the status quo of oppression and marginalization by offering a single interpretation of what is happening in Palestine.\r\ncredits\r\nreleased February 21, 2024\r\n\r\nAired on February 2024, 24hrs/Palestine is a global live radio event to explore the different practices implemented in every corner of the world in support of the Palestinian people, with the aim of hearing from people all over the world about the necessities of solidarity and anti-colonial alliances. For 24 hours, the airwaves will be filled with the diverse expressions of solidarity for the anti-colonial struggle that characterize frequencies worldwide.\r\n\r\n“24 hours live Palestine” is a global media action within a network of physical locations, a 24-hour global live radio event in support of the Palestinian people, and with the aim of hearing from people all over the world about the necessities/possibilities of solidarity and anti-colonial alliances. Promoted by Radio Alhara became then worldwide spread on Radio Flouka, Radio Blackout, The Mosaic Rooms (London, England), Libreria Proyeccion (Santiago, Chili), La Parole Errante (Montreuil, France), Station of Commons and on other hosting sites in Beirut, Mayotte, La Réunion and Cairo.\r\n\r\nWritten, recorded and mixed by Arsider Sound Lab\r\ntext and radio archive research: p_annaderia\r\nGraphic design: Silvia Basano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/The-vacuum_31.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 00,30 - Gufonero - Live quarantined - Benefit Radio Black Out 29 minuti [Radio Blackout, Gufonero]:\r\n\r\nGufonero è il progetto di Andrea e Marcella, noti per essere – oltre che dei gran personaggi – coloro che tirano le fila di realtà come Annoying Records, End Of A Season e molto altro.\r\nUna sportellata di rumore pesante per una sessione live esclusiva. Non sfigurano nelle grandi occasioni, essendo irrobustiti da una palette sonora degna dei migliori esempi provenienti dall’altra parte dell’oceano.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Gufonero-Live-quarantined-benefit-RBO_29-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]","11 Agosto 2024","2024-08-18 11:41:27","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/Immagine-social-BH-200x110.jpg","Black Holes e Wormholes dal 12 al 18 agosto 2024",1723409660,[374,375,376,377,378,379,380,381,382,383,384,385,386,387,388,389,390,391,392,393,394,395,396,397,398,399,400,401,402,403,404,405,406,407,408,409,410,411,412,413,414,415,416,417,418,419,420,421,422,423,424,425,426,427,428,429,430,431,432,433,434,435,436,437,438,439,440,441,442,443,444,445,446,447,448,449,450,451,452,453,454,455,456,457,458,459,460,461,462,463,464,465,466,467,468,469,470,471,472,473,474,475,476,477,478,479],"http://radioblackout.org/tag/60/","http://radioblackout.org/tag/5-murder-ballads/","http://radioblackout.org/tag/alabama/","http://radioblackout.org/tag/american-punk-hc/","http://radioblackout.org/tag/arsider-sound-lab/","http://radioblackout.org/tag/asgi/","http://radioblackout.org/tag/audiocapitoli-di-porfido/","http://radioblackout.org/tag/balcani/","http://radioblackout.org/tag/big-in-japan/","http://radioblackout.org/tag/black-zone-myth-chant/","http://radioblackout.org/tag/blackout-fest-2018/","http://radioblackout.org/tag/carnivals/","http://radioblackout.org/tag/carolina-di-luciano/","http://radioblackout.org/tag/ccc-cnc-ncn/","http://radioblackout.org/tag/chicago/","http://radioblackout.org/tag/chips-co/","http://radioblackout.org/tag/cinema-italiano/","http://radioblackout.org/tag/claudio-caligari/","http://radioblackout.org/tag/csoa-gabrio/","http://radioblackout.org/tag/cybermen/","http://radioblackout.org/tag/david-allen/","http://radioblackout.org/tag/deadbreezo/","http://radioblackout.org/tag/dynamite/","http://radioblackout.org/tag/dynamites-shakers/","http://radioblackout.org/tag/echo-and-the-bunnymen/","http://radioblackout.org/tag/elena-garelli/","http://radioblackout.org/tag/eneida-marta/","http://radioblackout.org/tag/eniac/","http://radioblackout.org/tag/erik-kriek/","http://radioblackout.org/tag/expelaires/","http://radioblackout.org/tag/figures-of-light/","http://radioblackout.org/tag/flat-luciano/","http://radioblackout.org/tag/florida/","http://radioblackout.org/tag/flypped-whigs/","http://radioblackout.org/tag/free-and-easy/","http://radioblackout.org/tag/garage-rock/","http://radioblackout.org/tag/giorgio-panizzari/","http://radioblackout.org/tag/giovanni-dambrosio/","http://radioblackout.org/tag/gl-petrella/","http://radioblackout.org/tag/grip-weeds/","http://radioblackout.org/tag/gufonero/","http://radioblackout.org/tag/guinea-bissau/","http://radioblackout.org/tag/high-wolf/","http://radioblackout.org/tag/i-volti-del-razzismo-istituzionale/","http://radioblackout.org/tag/iconout-records/","http://radioblackout.org/tag/in-the-pines/","http://radioblackout.org/tag/james-baker-experience/","http://radioblackout.org/tag/janet-st-claire/","http://radioblackout.org/tag/johnny-no-the-no-men/","http://radioblackout.org/tag/judge-wayne-the-convit/","http://radioblackout.org/tag/libero-per-interposto-ergastolo/","http://radioblackout.org/tag/little-plastic-radio/","http://radioblackout.org/tag/little-plastic-tapes/","http://radioblackout.org/tag/live-quarantined/","http://radioblackout.org/tag/loons/","http://radioblackout.org/tag/lori-the-chameleons/","http://radioblackout.org/tag/lottle-killers/","http://radioblackout.org/tag/louisiana/","http://radioblackout.org/tag/lousy-but-noisy/","http://radioblackout.org/tag/m_oo/","http://radioblackout.org/tag/maelstrom/","http://radioblackout.org/tag/mediterranean-hope/","http://radioblackout.org/tag/mink-deville/","http://radioblackout.org/tag/mixtape/","http://radioblackout.org/tag/musick-to-play-in-the-dark/","http://radioblackout.org/tag/new-orleans/","http://radioblackout.org/tag/nignignig/","http://radioblackout.org/tag/nurks/","http://radioblackout.org/tag/nuthin/","http://radioblackout.org/tag/ouest-track-radio/","http://radioblackout.org/tag/p38/","http://radioblackout.org/tag/patrick-di-stefano/","http://radioblackout.org/tag/patryck-albert/","http://radioblackout.org/tag/ponte-radio/","http://radioblackout.org/tag/porfido/","http://radioblackout.org/tag/radio-alhara/","http://radioblackout.org/tag/radio-cane/","http://radioblackout.org/tag/radio-wombat/","http://radioblackout.org/tag/ricky/","http://radioblackout.org/tag/roger-rama-feat-fe-avouglan/","http://radioblackout.org/tag/rovereto/","http://radioblackout.org/tag/salvatore-ricciardi/","http://radioblackout.org/tag/scream-in-the-garage/","http://radioblackout.org/tag/sfruttamento-minerario-nei-balcani/","http://radioblackout.org/tag/shitgaze/","http://radioblackout.org/tag/some-loves/","http://radioblackout.org/tag/sons-of-cyrus/","http://radioblackout.org/tag/sostanze-stupefacenti/","http://radioblackout.org/tag/spinoza/","http://radioblackout.org/tag/sportello-mai-piu-cpr/","http://radioblackout.org/tag/staffetta-radio/","http://radioblackout.org/tag/staffetta-radio-internazionale/","http://radioblackout.org/tag/syndicats/","http://radioblackout.org/tag/tennessee/","http://radioblackout.org/tag/the-teardrop-explodes/","http://radioblackout.org/tag/the-wild-swans/","http://radioblackout.org/tag/the-zoo-uncaged-1978-1982/","http://radioblac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Fin dal primo momento è chiaro l’intento di rendere difficile l’accesso ad un documento e a trattenere le persone nelle disponibilità dello stato in luoghi detentivi che si ampliano sempre di più.\r\nQuesto avviene con l’introduzione delle procedure di frontiera, l’aumento dell’applicazione delle procedure accelerate, l’estensione dela lista dei paesi sicuri, l’inasprimento della normativa per i trattenimenti.\r\nL’altro chiaro obiettivo di tutta la più recente decretazione d’urgenza (che considera le migrazioni un problema e le persone migranti come un nemico), è quello di precarizzare le persone che si trovano sul territorio italiano.\r\nEsempio lampante sono le modifiche alla protezione speciale, che cercano di intaccare il diritto alla vita privata e familiare del persone che hanno il centro degli interessi della propria vita in Italia. Attacco a un diritto umano e internazionale che sarà da difendere nei tribunali e fuori.\r\nL’hotspot di Lampedusa è uno dei primi luoghi che molte persone attraversano appena arrivate in Italia e per tanto anche uno dei primi luoghi in cui questi cambiamenti e le logiche di questo sistema hanno le loro ripercussioni.\r\nLe persone non sono libere di lasciare l’hotspot ed è qui che avvengono le prime procedure, permeate della malata logica di persona meritevole di restare o persona da espellere, che già definiscono la vita di una persona in Italia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/Presentazione-sportello-mai-piu%CC%80-cpr_118.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nLunedì 12 ore 21 - Cinema Underground: Claudio Caligari 22 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nClaudio Caligari in un intervista su Amore Tossico, film capolavoro del cinema underground anni 80.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/CinemaUndergroundClaudioCaligari_22.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMartedì 13 ore 21 - Droga e guerra 50 minuti [Radio blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nQuesto lungo approfondimento vuole proporre un riflessione sul ruolo che le sostanze psicotrope – che come elemento di interferenza con lo stato di coscienza hanno sempre accompagnato l’umanità – hanno assunto una volta inserite nel contesto tecnico-bellico.\r\n\r\nProviamo a suddividere la relazione tra sostanze psicoattive e guerra in due grandi categorie: sostanze somministrate durante l’esperienza delle atrocità, sostanze somministrate successivamente all’esperienza delle atrocità.\r\n\r\nTralasciando le “autoterapie” e i fenomeni di tossicodipendenza endemici tra i veterani di guerra, cercheremo di concentrarci esclusivamente sulla dimensione istituzionalizzata delle somministrazioni: dal Pervitin del Terzo Reich, al Captagon dell’ISIS, al Modafinil attualmente fornito all’esercito statunitense.\r\n\r\nMa la normalizzazione della guerra, che si declina anche attraverso l’arruolamento della popolazione nel suo insieme, deve tenere conto degli strascichi psichici di chi è entrato in contatto con gli eventi atroci e traumatizzanti che la caratterizzano; qui entrano in gioco le sperimentazioni di MDMA in Israele e di Ibogaina in Ucraina.\r\n\r\nSi osserva quindi una parabola della relazione tra umanità e sostanze psico-alteranti: dall’espansione della coscienza al sostegno neurochimico di ciò che è insostenibile.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/Droga-e-guerra_50.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMartedì 13 ore 22,30 - Musick To Play In The Dark - Zoo records special 65 minuti minuti [Radio blackout, Musick to play in the dark]:\r\n\r\nMusick To Play In The Dark – Puntata del 20/02/2024 (Zoo Records special)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/MTPITD-Zoo-records-special_65.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 00,30 - Black Zone Myth Chant live al blackout fest 2018 51 minuti[Radio Blackout, Black Zone Myth Chant]:\r\n\r\nLive @Blackout Fest 9/6/2018\r\n\r\nBZMC produce musica come se gli egizi avessero conosciuto Sun Ra e DjScrew, poi si diverte cambiando il pitch al risultato finale. Sintetizzatori primitivi in HD.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Black-Zone-Myth-Chant-live-al-blackout-fest-2018_50.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 9 - Ponte radio - Sfruttamento minerario nei balcani 79 minuti [Radio Wombat]:\r\n\r\nPuntata dedicata allo sfruttamento minerario dei Balcani e alle lotte in difesa del territorio.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Ponte-radio-Sfruttamento-minerario-nei-balcani.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 11,30 - Numbers Stations 30 minuti [Radio Blackout, Stakka Stakka]:\r\n\r\nApprofondimento dedicato alle misteriose numbers station, estratto dalla puntata di Stakka Stakka del 26 gennaio 2022.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Stakka-stakka-sulle-numbers-stations_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nMercoledì 14 ore 16 - La rivolta degli ulivi: resistenza contro l'estrattivismo green in Sardegna 27 minuti [Radio Blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nCorrispondenza con un compagno dalla Sardegna per parlare dell'altra faccia delle energie rinnovabili: concentrazione oligopolistica, espropri, traiettorie militari e geopolitiche, ma anche resistenza e auto-organizzazione.\r\n\r\nEstratto dalla puntata del 29 luglio di Bello Come Una Prigione Che Brucia\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/07/BCUPCB_rivolta-ulivi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 9 - Giorgio Panizzari. \u003Cmark>Libero\u003C/mark> per interposto ergastolo. 30 minuti [Porfido]:\r\n\r\nCarcere minorile, riformatorio, manicomio criminale, carcere speciale: dentro le gabbie della Repubblica.\r\n\r\n“…Del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre…” ….Le vicende narrate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che, in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. E che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della spada.\r\n\r\nNOTA EDITORIALE “\u003Cmark>Libero\u003C/mark> per interposto ergastolo” esce all’inizio del 1990, in un periodo in cui argomenti come rivolte carcerarie, carceri speciali, lotta armata hanno poco appeal. Sono appena finiti gli anni ’80 è l’opinione pubblica italiana vive un immenso rimosso collettivo. Gli eventi dei vent’anni precedenti sembrano asfaltati sotto uno spesso strato di oblio, considerati inutili, folli, sorpassati… un vero olocausto della memoria di uno dei momenti più alti nella storia della riscossa degli sfruttati (eventi tra l’altro ancora in corso lungo tutti quei famigerati anni ’80). Nello stesso periodo però quel libro lo abbiamo divorato in tanti. Per almeno 15 anni è stato letto e riletto, ci ha aiutati a conoscere, imparare, meditare. Nel frattempo questo piccolo volume è sparito dalla circolazione, relegato ad un mercato di nicchia di collezionisti ed “intenditori”. Anche per questo lo riproponiamo dopo 30 anni, ma non solo… attraverso la sua storia Giorgio Panizzari ci racconta di una società e di un carcere sicuramente diversi da quelli attuali. Come lui stesso dice nella postfazione “del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre”. Negli anni ’70 la borghesia italiana era sotto l’attacco di una guerriglia rivoluzionaria che mirava sempre più in alto. Allo stesso tempo nelle città ribolliva un’attività extralegale spavalda e sempre più efficace. La popolazione carceraria di allora era in grossa parte frutto di questo duplice attacco. In prigione l’insorgenza proletaria non arretrava, il “dentro”e il “fuori” si legavano e spesso rilanciavano. Nessuno di noi oggi si illude di fare di quegli eventi un modello replicabile. Le differenze strutturali sono abnormi. Fuori e dentro ai penitenziari è pressoché esaurita ogni tensione di lotta organizzata e non. Inoltre “il modello di controllo adottato nel sistema penitenziario, con tutte le sue rozze ma anche raffinate articolazioni, s’é espanso – direi s’é conquistato – il corpo sociale nel suo complesso”(sempre dalla postfazione). Le vicende raccontate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. È che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della Spada\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Giorgio-Panizzari_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 10 - Dynamite, lotta di classe a Chicago nel 1886 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nUno sguardo sulla lotta di classe nella Chicago di fine ‘800 tra conflitto, musica e parole.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Dynamite-lotta-di-classe-a-Chicago-nel-1886_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 15 - American punk hc 80s - Florida, Alabama,Tennessee e Louisiana 77 minuti [Radio Blackout, Radio Kebab]:\r\n\r\nSpeciale prodotto da Radio Kebab sul punk hardcore statunitense degli anni '80, con estratti di letture tratte dal libro \"American punk hardcore - Una storia tribale\" di Steven Blush.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/American-punk-hc-80s-Florida-Alabama-Tennessee-e-Louisiana_75.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nGiovedì 15 ore 19 - Speciale In the Pines 5 murder balldas 70 minuti [Radio Blackout, No Trip for Cats]:\r\n\r\nPuntata speciale della trasmissione No Trip For Cats, dedicata al fumetto “In the Pines: 5 Murder Ballads” di Erik Kriek.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/Speciale-In-the-Pines-5-murder-balldas-No-trip-for-cats_71-.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 9 - La scongiura del discorso. Il caso Persichetti. 32 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nChe la storia e la memoria costituiscano un \u003Cmark>campo\u003C/mark> di battaglia non è certo una novità dell’oggi. Tuttavia, è innegabile che una spiccata vocazione psico-poliziesca sia uno dei tratti fondamentali del presente. Per questa ragione, il caso di Paolo Persichetti risulta doppiamente significativo. Il sequestro del suo archivio storico sull’esperienza delle Brigate Rosse e specificatamente sul sequestro Moro non solo mostra il ruolo chiave che quest’ultimo riveste nella riscrittura del passato da parte del Ministero della Verità, quale specchio deformato che si riflette a ritroso sull’intero decennio degli anni Settanta, ma mette in luce anche l’intento fondamentale della “Polizia della storia”: scongiurare la mera pensabilità (foss’anche in chiave storica) della messa in discussione radicale dell’ordine costituito. In questo contributo audio, Persichetti ci narra della vicenda che lo ha coinvolto, dei suoi tratti surreali e dei suoi molteplici risvolti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Storia-Persichetti_32.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 10 - Maelstrom, lotta di classe tra il 1960 e 1980 14 minuti [Porfido]:\r\n\r\nPresentazione del libro “Maelstrom Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980” di Salvatore Ricciardi\r\n\r\nIl ventennio 1960-1980 racchiude il ciclo più lungo, per continuità e asprezza, della lotta di classe nell’Italia del secolo scorso. Quella stagione è qui narrata da un militante che ha attraversato una straordinaria molteplicità di esperienze esistenziali e politiche: da quella rivoltosa e spontanea degli scontri di piazza nel dopoguerra a quella della sinistra partitica e sindacale negli anni Sessanta; da quella della costruzione del nuovo sindacalismo di base a quella dell’area dell’autonomia operaia, fino all’approdo nella lotta armata delle Brigate rosse, negli anni Settanta.\r\nUna testimonianza ricca di narrazioni sui principali conflitti sociali di quei due decenni. Una descrizione, non priva di particolari inediti, sull’esperienza delle Brigate rosse di cui l’autore è stato dirigente nella «colonna romana» negli anni precedenti e successivi all’«azione Moro». Ma anche un’analisi rigorosa e profonda sull’istituzione carceraria che l’autore ha ben conosciuto dopo la condanna all’ergastolo. Questo libro di lucida memoria, scritto con linguaggio chiaro e soprattutto sincero, è un contributo prezioso per la futura storicizzazione di un periodo cruciale del nostro Paese.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Maelstorm.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 13,30 - Intervista alla musicista guineana Eneida Marta 21 minuti [Radio Blackout, No Trip For Cats]:\r\n\r\nIntervista alla musicista guineana Eneida Marta, realizzata dalla redazione di No Trip For Cats\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Intervista-alla-musicista-guineana-Eneida-Marta_22.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nVenerdì 16 ore 19 - IconOut Records - Scream in the garage 32 minuti [IconOut Records]:\r\n\r\nMixtape intitolato \"Scream in the garage\" realizzato da Ricky della IconOut Records\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/IconOut-Records-scream-in-the-garage_33.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 9,30 - Lousy but noisy - A shitgaze mixtape 1 ora e 34 minuti minuti [Radio blackout, Radio Kebab]:\r\n\r\nPuntata speciale di Radio Kebab.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/SHITGAZE-MIXTAPE.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 20 - Free and easy 23/06/2024 74 minuti [Patryck Albert, Ouest Track Radio]:\r\n\r\n\" FREE & EASY \" Playlist Patryck Albert , ......feat . David Allen , Judge Wayne & the Convit , Others , Sons of Cyrus , Grip Weeds , Flypped Whigs , Cybermen , Nuthin' , Dynamites Shakers , Johnny No & the No-Men , James Baker Experience , Some Loves , Nurks , Carnivals , Loons , Janet St Claire , Lottle Killers , Mink Deville , Chips & Co , Figures of Light , Syndicats\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Free-and-easy-23.06.2024.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 17 ore 23,30 - Torino Disco Cross #8 lato A 63 minuti [Radio Blackout, Torino Disco Cross]:\r\n\r\nTorino Disco Cross è una fanzine di musica elettronica, un team di produttori e dj’s che dal 2003 assembla tracce audio raccolte in volumi che periodicamente vengono presentati al pubblico in eventi dal vivo. Per l’occasione vengono offerte copie su cd, slegate dal circuito di distribuzione commerciale. Più che un’organizzazione di serate dance è un laboratorio di sperimentazione e confronto dove l’unione di generi, l’intreccio di esperienze, la ricchezza di stili e la totale indipendenza dei partecipanti contribuiscono ad accrescere il patrimonio collettivo…Ad oggi gli artisti coinvolti nel progetto hanno partecipato alla realizzazione dei volumi in totale autonomia, senza sponsor o produttori esterni, in sintesi no-profit.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Torino-disco-cross-8-lato-A_62.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 9 - Spinoza Pi trentotto 11 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Spinoza-Pi-Trentotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 10 - Suoni e ritmi da New Orleans 29 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nApprofondimento sulla musica e la città di New Orleans.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Suoni-e-ritmi-da-New-Orleans_29.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 18,30 - Little plastic radio ep. 127 1 ora e 43 minuti minuti [Little plastic tapes]:\r\n\r\nThis episode focuses on Long songs. Songs that you can really get your teeth into. It features classic US Punk, Dark, Contemporary Jazz, Afrobeat Pioneers, Instrumental 90's Canadian legends, Pioneering Ambient Metal and Minimalist Drone and Free Jazz.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/08/Little-plastic-radio-ep.-127_103-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 21 - The vacuum 31 minuti [Arsider sound lab]:\r\n\r\nThe world with which we engage politically is outside our heads; our perceptions, ideas, and actions in the political sphere must rely on images of reality provided by others. The type of images transmitted, who selects them, who decides what to say and what not to say, and how to say it are therefore crucial for the functioning of democracies, for the selection of politicians through elections, and subsequently in holding them accountable to the electorate.\r\n\r\nIn Italy, this phenomenon is glaring: since the early 2000s, Israel has become a model, a laboratory that the European and Italian right has increasingly looked to with interest. This trend emerged at the same time as the global right incorporated the fight against Palestinian terrorism into the broader scenario of the war on terror sparked by the events of September 11, the invasion of Iraq, and Afghanistan. In this context, the state of Israel was elevated to the front line of a war defending the West against Islamic extremism. Xenophobic anti-Islamism became the new ideological glue.\r\n\r\nEnsuring all of this is the power of media language that shapes public opinion with a narrative that, under the guise of an objective account, serves as a propaganda tool, perpetuating a narrative in line with a pro-Zionist and pro-apartheid agenda.\r\n\r\nThis framing not only distorted public perception but also contributed to the normalization of discriminatory policies that support the status quo of oppression and marginalization by offering a single interpretation of what is happening in Palestine.\r\ncredits\r\nreleased February 21, 2024\r\n\r\nAired on February 2024, 24hrs/Palestine is a global live radio event to explore the different practices implemented in every corner of the world in support of the Palestinian people, with the aim of hearing from people all over the world about the necessities of solidarity and anti-colonial alliances. For 24 hours, the airwaves will be filled with the diverse expressions of solidarity for the anti-colonial struggle that characterize frequencies worldwide.\r\n\r\n“24 hours live Palestine” is a global media action within a network of physical locations, a 24-hour global live radio event in support of the Palestinian people, and with the aim of hearing from people all over the world about the necessities/possibilities of solidarity and anti-colonial alliances. Promoted by Radio Alhara became then worldwide spread on Radio Flouka, Radio Blackout, The Mosaic Rooms (London, England), Libreria Proyeccion (Santiago, Chili), La Parole Errante (Montreuil, France), Station of Commons and on other hosting sites in Beirut, Mayotte, La Réunion and Cairo.\r\n\r\nWritten, recorded and mixed by Arsider Sound Lab\r\ntext and radio archive research: p_annaderia\r\nGraphic design: Silvia Basano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/05/The-vacuum_31.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nDomenica 18 ore 00,30 - Gufonero - Live quarantined - Benefit Radio Black Out 29 minuti [Radio Blackout, Gufonero]:\r\n\r\nGufonero è il progetto di Andrea e Marcella, noti per essere – oltre che dei gran personaggi – coloro che tirano le fila di realtà come Annoying Records, End Of A Season e molto altro.\r\nUna sportellata di rumore pesante per una sessione live esclusiva. 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Quella stagione è qui narrata da un militante che ha attraversato una straordinaria molteplicità di esperienze esistenziali e politiche: da quella rivoltosa e spontanea degli scontri di piazza nel dopoguerra a quella della sinistra partitica e sindacale negli anni Sessanta; da quella della costruzione del nuovo sindacalismo di base a quella dell’area dell’autonomia operaia, fino all’approdo nella lotta armata delle Brigate rosse, negli anni Settanta.\r\nUna testimonianza ricca di narrazioni sui principali conflitti sociali di quei due decenni. Una descrizione, non priva di particolari inediti, sull’esperienza delle Brigate rosse di cui l’autore è stato dirigente nella «colonna romana» negli anni precedenti e successivi all’«azione Moro». Ma anche un’analisi rigorosa e profonda sull’istituzione carceraria che l’autore ha ben conosciuto dopo la condanna all’ergastolo. Questo libro di lucida memoria, scritto con linguaggio chiaro e soprattutto sincero, è un contributo prezioso per la futura storicizzazione di un periodo cruciale del nostro Paese.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Maelstorm.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 23 ore 11,30 - Contro la scuola in guerra 72 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nContributi dal ciclo di incontri Morsi: contro la scuola in guerra.\r\n\r\nIn questi tempi di guerra, tutt’ora segnati da un processo di doppia conversione – quella militare delle forze di polizia per la gestione dell’ordine pubblico e quella poliziesca delle forze militari nelle missioni di “polizia internazionale” – e da un continuum tra guerre permanenti su scala mondiale e guerra securitaria all’interno dello Stato, ad essere militarizzata è la società tutta, interamente mobilitata alla guerra. La scuola, istituzione totale per eccellenza, è uno degli strumenti cardine di cui lo Stato dispone per questo scopo.\r\n\r\nSe la relazione circolare tra ricerca civile e apparato militare ultimamente ha assunto un certo risalto, la penetrazione della guerra nei gradi inferiori di istruzione sembra passare sotto traccia. Per il ciclo MORSI*, il 14 dicembre la Blackout House ha ospitato una prima discussione aperta sul rapporto tra il contesto generale di guerra, crescente esclusione ed impoverimento sociale e ciò che accade dentro alle scuole-aziende, tra sfruttamento bellico, cultura militarista e repressione.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/Contro-la-scuola-in-guerra_76.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 24 ore 8,30 - Giorgio Panizzari. Libero per interposto ergastolo. 30 minuti [Porfido]:\r\n\r\nCarcere minorile, riformatorio, manicomio criminale, carcere speciale: dentro le gabbie della Repubblica.\r\n\r\n“…Del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre…” ….Le vicende narrate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che, in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. E che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della spada.\r\n\r\nNOTA EDITORIALE “Libero per interposto ergastolo” esce all’inizio del 1990, in un periodo in cui argomenti come rivolte carcerarie, carceri speciali, lotta armata hanno poco appeal. Sono appena finiti gli anni ’80 è l’opinione pubblica italiana vive un immenso rimosso collettivo. 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Negli anni ’70 la borghesia italiana era sotto l’attacco di una guerriglia rivoluzionaria che mirava sempre più in alto. Allo stesso tempo nelle città ribolliva un’attività extralegale spavalda e sempre più efficace. La popolazione carceraria di allora era in grossa parte frutto di questo duplice attacco. In prigione l’insorgenza proletaria non arretrava, il “dentro”e il “fuori” si legavano e spesso rilanciavano. Nessuno di noi oggi si illude di fare di quegli eventi un modello replicabile. Le differenze strutturali sono abnormi. Fuori e dentro ai penitenziari è pressoché esaurita ogni tensione di lotta organizzata e non. Inoltre “il modello di controllo adottato nel sistema penitenziario, con tutte le sue rozze ma anche raffinate articolazioni, s’é espanso – direi s’é conquistato – il corpo sociale nel suo complesso”(sempre dalla postfazione). Le vicende raccontate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. È che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della Spada\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Giorgio-Panizzari_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 25 ore 8,30 - La scongiura del discorso. Il caso Persichetti. 32 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nChe la storia e la memoria costituiscano un campo di battaglia non è certo una novità dell’oggi. Tuttavia, è innegabile che una spiccata vocazione psico-poliziesca sia uno dei tratti fondamentali del presente. Per questa ragione, il caso di Paolo Persichetti risulta doppiamente significativo. 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In questo contributo audio, Persichetti ci narra della vicenda che lo ha coinvolto, dei suoi tratti surreali e dei suoi molteplici risvolti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Storia-Persichetti_32.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 26 ore 8,30 - Spinoza Pi Trentotto 11 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Spinoza-Pi-Trentotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 26 ore 13,30 - Suoni e ritmi da New Orleans 29 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nApprofondimento sulla musica e la città di New Orleans.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Suoni-e-ritmi-da-New-Orleans_29.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 27 ore 9,30 - Per un pugno di terra. Land grabbing e Africa. 42 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nDopo averci guidato tra le ambizioni militari che convergono sul Sahel e averci raccontato di come i cavi sottomarini di internet tracciano nuove vie strategiche nel mediterraneo, Daniele Ratti conclude, con questa terza e ultima puntata, un breve ciclo di approfondimento dedicato alla competizione globale attorno al continente africano. Qui si affronta il fenomeno del “land grabbing” – o accaparramento di terra – che nell’ultimo decennio almeno ha assunto proporzioni gigantesche e forme inedite, anche grazie ad un nuovo tipo di agricoltura speculativa che trasforma il modo di estrarre profitto dalla terra e “distrugge nell’intimo” i rapporti locali tra popolazioni e ambiente.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Land-grabbing-Daniele-Ratti_42.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 27 ore 20 - Droga e guerra 50 minuti [Radio blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nQuesto lungo approfondimento vuole proporre un riflessione sul ruolo che le sostanze psicotrope – che come elemento di interferenza con lo stato di coscienza hanno sempre accompagnato l’umanità – hanno assunto una volta inserite nel contesto tecnico-bellico.\r\n\r\nProviamo a suddividere la relazione tra sostanze psicoattive e guerra in due grandi categorie: sostanze somministrate durante l’esperienza delle atrocità, sostanze somministrate successivamente all’esperienza delle atrocità.\r\n\r\nTralasciando le “autoterapie” e i fenomeni di tossicodipendenza endemici tra i veterani di guerra, cercheremo di concentrarci esclusivamente sulla dimensione istituzionalizzata delle somministrazioni: dal Pervitin del Terzo Reich, al Captagon dell’ISIS, al Modafinil attualmente fornito all’esercito statunitense.\r\n\r\nMa la normalizzazione della guerra, che si declina anche attraverso l’arruolamento della popolazione nel suo insieme, deve tenere conto degli strascichi psichici di chi è entrato in contatto con gli eventi atroci e traumatizzanti che la caratterizzano; qui entrano in gioco le sperimentazioni di MDMA in Israele e di Ibogaina in Ucraina.\r\n\r\nSi osserva quindi una parabola della relazione tra umanità e sostanze psico-alteranti: dall’espansione della coscienza al sostegno neurochimico di ciò che è insostenibile.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/Droga-e-guerra_50.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 28 ore 10 - Cinema undergound: Claudio Caligari 22 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nClaudio Caligari in un intervista su Amore Tossico, film capolavoro del cinema underground anni 80.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/CinemaUndergroundClaudioCaligari_22.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nDomenica 28 ore 13,30 - Tropicalia 30 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nStoria del movimento tropicalista.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Tropicalia_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n ","22 Aprile 2024","2024-04-28 18:04:50","Black Holes dal 22 al 28 aprile 2024",1713746009,[827,828,829,830,831,832,833,834,835,836,837,838,839,840,841,390,391,842,843,844,845,846,847,848,849,850,410,851,852,853,854,855,856,424,857,858,434,859,860,861,862,863,439,864,444,865,866,867,448,450,868,869,455,870,871,461,462,872,873,474,874,875,876,877],"http://radioblackout.org/tag/africa/","http://radioblackout.org/tag/amazzonia/","http://radioblackout.org/tag/ambiente/","http://radioblackout.org/tag/america-latina/","http://radioblackout.org/tag/antonio-mazzeo/","http://radioblackout.org/tag/archivio-storico/","http://radioblackout.org/tag/autorganizzazione/","http://radioblackout.org/tag/black-holes/","http://radioblackout.org/tag/brasile/","http://radioblackout.org/tag/brigate-rosse/","http://radioblackout.org/tag/brigatismo/","http://radioblackout.org/tag/bruce-albert/","http://radioblackout.org/tag/caetano-veloso/","http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/cinema/","http://radioblackout.org/tag/contro-la-scuola-in-guerra/","http://radioblackout.org/tag/daniele-ratti/","http://radioblackout.org/tag/davi-kopenawa/","http://radioblackout.org/tag/droghe/","http://radioblackout.org/tag/ecologia/","http://radioblackout.org/tag/energia/","http://radioblackout.org/tag/estrazionismo/","http://radioblackout.org/tag/foresta/","http://radioblackout.org/tag/gilberto-gil/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/indigeni/","http://radioblackout.org/tag/inquinamento/","http://radioblackout.org/tag/istruzione/","http://radioblackout.org/tag/la-caduta-del-cielo/","http://radioblackout.org/tag/land-grabbing/","http://radioblackout.org/tag/lotta-armata/","http://radioblackout.org/tag/lotta-di-classe/","http://radioblackout.org/tag/manicomio/","http://radioblackout.org/tag/marco-meotto/","http://radioblackout.org/tag/militarizzazione/","http://radioblackout.org/tag/morsi/","http://radioblackout.org/tag/movimento-tropicalista/","http://radioblackout.org/tag/operaismo/","http://radioblackout.org/tag/parole-di-uno-sciamano-yanomami/","http://radioblackout.org/tag/persichetti/","http://radioblackout.org/tag/pistola/","http://radioblackout.org/tag/reclusione/","http://radioblackout.org/tag/repressione/","http://radioblackout.org/tag/sindacalismo/","http://radioblackout.org/tag/soldati/","http://radioblackout.org/tag/sud-america/","http://radioblackout.org/tag/torquato-neto/","http://radioblackout.org/tag/tropicalia/","http://radioblackout.org/tag/underground/","http://radioblackout.org/tag/usa/","http://radioblackout.org/tag/yanomami/",[320,879,880,881,882,883,884,292,885,886,887,888,889,322,318,496,497,890,891,892,893,894,895,896,897,898,516,316,899,900,901,902,903,530,904,905,540,906,907,908,909,910,544,911,549,912,913,914,553,332,915,916,559,917,918,324,565,919,920,577,921,922,923,924],"amazzonia","Ambiente","America Latina","antonio mazzeo","archivio storico","autorganizzazione","brasile","Brigate Rosse","brigatismo","Bruce Albert","Caetano Veloso","contro la scuola in guerra","Daniele Ratti","Davi Kopenawa","droghe","ecologia","energia","estrazionismo","foresta","Gilberto Gil","indigeni","inquinamento","istruzione","la caduta del cielo","land grabbing","lotta armata","lotta di classe","manicomio","Marco Meotto","militarizzazione","morsi","movimento tropicalista","operaismo","parole di uno sciamano yanomami","Persichetti","pistola","reclusione","repressione","sindacalismo","soldati","sud america","Torquato Neto","tropicalia","underground","USA","Yanomami",{"post_content":926,"tags":930},{"matched_tokens":927,"snippet":928,"value":929},[82],"24 ore 8,30 - Giorgio Panizzari. \u003Cmark>Libero\u003C/mark> per interposto ergastolo. 30 minuti"," \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 23 ore 8,30 - Maelstrom, lotta di classe tra il 1960 e 1980 16 minuti [Porfido]:\r\n\r\nPresentazione del libro “Maelstrom Scene di rivolta e autorganizzazione di classe in Italia dal 1960 al 1980” di Salvatore Ricciardi\r\n\r\nIl ventennio 1960-1980 racchiude il ciclo più lungo, per continuità e asprezza, della lotta di classe nell’Italia del secolo scorso. Quella stagione è qui narrata da un militante che ha attraversato una straordinaria molteplicità di esperienze esistenziali e politiche: da quella rivoltosa e spontanea degli scontri di piazza nel dopoguerra a quella della sinistra partitica e sindacale negli anni Sessanta; da quella della costruzione del nuovo sindacalismo di base a quella dell’area dell’autonomia operaia, fino all’approdo nella lotta armata delle Brigate rosse, negli anni Settanta.\r\nUna testimonianza ricca di narrazioni sui principali conflitti sociali di quei due decenni. Una descrizione, non priva di particolari inediti, sull’esperienza delle Brigate rosse di cui l’autore è stato dirigente nella «colonna romana» negli anni precedenti e successivi all’«azione Moro». Ma anche un’analisi rigorosa e profonda sull’istituzione carceraria che l’autore ha ben conosciuto dopo la condanna all’ergastolo. Questo libro di lucida memoria, scritto con linguaggio chiaro e soprattutto sincero, è un contributo prezioso per la futura storicizzazione di un periodo cruciale del nostro Paese.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Maelstorm.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 23 ore 11,30 - Contro la scuola in guerra 72 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nContributi dal ciclo di incontri Morsi: contro la scuola in guerra.\r\n\r\nIn questi tempi di guerra, tutt’ora segnati da un processo di doppia conversione – quella militare delle forze di polizia per la gestione dell’ordine pubblico e quella poliziesca delle forze militari nelle missioni di “polizia internazionale” – e da un continuum tra guerre permanenti su scala mondiale e guerra securitaria all’interno dello Stato, ad essere militarizzata è la società tutta, interamente mobilitata alla guerra. La scuola, istituzione totale per eccellenza, è uno degli strumenti cardine di cui lo Stato dispone per questo scopo.\r\n\r\nSe la relazione circolare tra ricerca civile e apparato militare ultimamente ha assunto un certo risalto, la penetrazione della guerra nei gradi inferiori di istruzione sembra passare sotto traccia. Per il ciclo MORSI*, il 14 dicembre la Blackout House ha ospitato una prima discussione aperta sul rapporto tra il contesto generale di guerra, crescente esclusione ed impoverimento sociale e ciò che accade dentro alle scuole-aziende, tra sfruttamento bellico, cultura militarista e repressione.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/Contro-la-scuola-in-guerra_76.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nMercoledì 24 ore 8,30 - Giorgio Panizzari. \u003Cmark>Libero\u003C/mark> per interposto ergastolo. 30 minuti [Porfido]:\r\n\r\nCarcere minorile, riformatorio, manicomio criminale, carcere speciale: dentro le gabbie della Repubblica.\r\n\r\n“…Del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre…” ….Le vicende narrate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che, in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. E che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della spada.\r\n\r\nNOTA EDITORIALE “\u003Cmark>Libero\u003C/mark> per interposto ergastolo” esce all’inizio del 1990, in un periodo in cui argomenti come rivolte carcerarie, carceri speciali, lotta armata hanno poco appeal. Sono appena finiti gli anni ’80 è l’opinione pubblica italiana vive un immenso rimosso collettivo. Gli eventi dei vent’anni precedenti sembrano asfaltati sotto uno spesso strato di oblio, considerati inutili, folli, sorpassati… un vero olocausto della memoria di uno dei momenti più alti nella storia della riscossa degli sfruttati (eventi tra l’altro ancora in corso lungo tutti quei famigerati anni ’80). Nello stesso periodo però quel libro lo abbiamo divorato in tanti. Per almeno 15 anni è stato letto e riletto, ci ha aiutati a conoscere, imparare, meditare. Nel frattempo questo piccolo volume è sparito dalla circolazione, relegato ad un mercato di nicchia di collezionisti ed “intenditori”. Anche per questo lo riproponiamo dopo 30 anni, ma non solo… attraverso la sua storia Giorgio Panizzari ci racconta di una società e di un carcere sicuramente diversi da quelli attuali. Come lui stesso dice nella postfazione “del contesto narrato, così come del contesto che si evince senza dire nulla, sono rimaste solo sbiadite ombre”. Negli anni ’70 la borghesia italiana era sotto l’attacco di una guerriglia rivoluzionaria che mirava sempre più in alto. Allo stesso tempo nelle città ribolliva un’attività extralegale spavalda e sempre più efficace. La popolazione carceraria di allora era in grossa parte frutto di questo duplice attacco. In prigione l’insorgenza proletaria non arretrava, il “dentro”e il “fuori” si legavano e spesso rilanciavano. Nessuno di noi oggi si illude di fare di quegli eventi un modello replicabile. Le differenze strutturali sono abnormi. Fuori e dentro ai penitenziari è pressoché esaurita ogni tensione di lotta organizzata e non. Inoltre “il modello di controllo adottato nel sistema penitenziario, con tutte le sue rozze ma anche raffinate articolazioni, s’é espanso – direi s’é conquistato – il corpo sociale nel suo complesso”(sempre dalla postfazione). Le vicende raccontate da Giorgio Panizzari possono però servirci a capire che in carcere come fuori, la solidarietà è uno strumento imprescindibile. È che, come lui stesso ci indica, gli apparentemente intricatissimi nodi di Gordio di una società che si dice complessa possono essere molto vulnerabili di fronte al filo della Spada\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Giorgio-Panizzari_30.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nGiovedì 25 ore 8,30 - La scongiura del discorso. Il caso Persichetti. 32 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nChe la storia e la memoria costituiscano un \u003Cmark>campo\u003C/mark> di battaglia non è certo una novità dell’oggi. Tuttavia, è innegabile che una spiccata vocazione psico-poliziesca sia uno dei tratti fondamentali del presente. Per questa ragione, il caso di Paolo Persichetti risulta doppiamente significativo. Il sequestro del suo archivio storico sull’esperienza delle Brigate Rosse e specificatamente sul sequestro Moro non solo mostra il ruolo chiave che quest’ultimo riveste nella riscrittura del passato da parte del Ministero della Verità, quale specchio deformato che si riflette a ritroso sull’intero decennio degli anni Settanta, ma mette in luce anche l’intento fondamentale della “Polizia della storia”: scongiurare la mera pensabilità (foss’anche in chiave storica) della messa in discussione radicale dell’ordine costituito. In questo contributo audio, Persichetti ci narra della vicenda che lo ha coinvolto, dei suoi tratti surreali e dei suoi molteplici risvolti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/08/Storia-Persichetti_32.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 26 ore 8,30 - Spinoza Pi Trentotto 11 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/09/Spinoza-Pi-Trentotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 26 ore 13,30 - Suoni e ritmi da New Orleans 29 minuti [Radio Blackout]:\r\n\r\nApprofondimento sulla musica e la città di New Orleans.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Suoni-e-ritmi-da-New-Orleans_29.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\nSabato 27 ore 9,30 - Per un pugno di terra. Land grabbing e Africa. 42 minuti [Radio Cane]:\r\n\r\nDopo averci guidato tra le ambizioni militari che convergono sul Sahel e averci raccontato di come i cavi sottomarini di internet tracciano nuove vie strategiche nel mediterraneo, Daniele Ratti conclude, con questa terza e ultima puntata, un breve ciclo di approfondimento dedicato alla competizione globale attorno al continente africano. Qui si affronta il fenomeno del “land grabbing” – o accaparramento di terra – che nell’ultimo decennio almeno ha assunto proporzioni gigantesche e forme inedite, anche grazie ad un nuovo tipo di agricoltura speculativa che trasforma il modo di estrarre profitto dalla terra e “distrugge nell’intimo” i rapporti locali tra popolazioni e ambiente.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://cdn.radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/07/Land-grabbing-Daniele-Ratti_42.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nSabato 27 ore 20 - Droga e guerra 50 minuti [Radio blackout, Bello come una prigione che brucia]:\r\n\r\nQuesto lungo approfondimento vuole proporre un riflessione sul ruolo che le sostanze psicotrope – che come elemento di interferenza con lo stato di coscienza hanno sempre accompagnato l’umanità – hanno assunto una volta inserite nel contesto tecnico-bellico.\r\n\r\nProviamo a suddividere la relazione tra sostanze psicoattive e guerra in due grandi categorie: sostanze somministrate durante l’esperienza delle atrocità, sostanze somministrate successivamente all’esperienza delle atrocità.\r\n\r\nTralasciando le “autoterapie” e i fenomeni di tossicodipendenza endemici tra i veterani di guerra, cercheremo di concentrarci esclusivamente sulla dimensione istituzionalizzata delle somministrazioni: dal Pervitin del Terzo Reich, al Captagon dell’ISIS, al Modafinil attualmente fornito all’esercito statunitense.\r\n\r\nMa la normalizzazione della guerra, che si declina anche attraverso l’arruolamento della popolazione nel suo insieme, deve tenere conto degli strascichi psichici di chi è entrato in contatto con gli eventi atroci e traumatizzanti che la caratterizzano; qui entrano in gioco le sperimentazioni di MDMA in Israele e di Ibogaina in Ucraina.\r\n\r\nSi osserva quindi una parabola della relazione tra umanità e sostanze psico-alteranti: dall’espansione della coscienza al sostegno neurochimico di ciò che è insostenibile.\r\n\r\n[audio 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19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal campo di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. 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Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. 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F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel campo rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel campo, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un campo rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel campo rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del campo in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del campo si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del campo nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “libero” mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel campo vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in campo.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un campo per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del campo di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal campo rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del campo rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel campo rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal campo rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel campo.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel campo di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il campo di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del campo, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del campo di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel campo con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel campo siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel campo vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel campo oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del campo di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ","21 Marzo 2015","2018-10-17 22:59:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/cle1-200x110.jpg","Convegno sui Rom senza i Rom: antirazzisti/e rovinano la vetrina della Città di Torino",1426934211,[1082,1083,1084,1085,1086,1087],"http://radioblackout.org/tag/corte-europea-diritti-umani/","http://radioblackout.org/tag/elide-tisi/","http://radioblackout.org/tag/lungo-stura-lazio/","http://radioblackout.org/tag/retata/","http://radioblackout.org/tag/rom/","http://radioblackout.org/tag/sgombero-campo/",[1089,1090,1091,1092,1093,1094],"corte europea diritti umani","elide tisi","lungo stura lazio","retata","rom","sgombero campo",{"post_content":1096,"tags":1100},{"matched_tokens":1097,"snippet":1098,"value":1099},[90],"rom meritevoli di “emergere” dal \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura Lazio, il","Il 19 marzo è stata una gran brutta giornata per gli apprendisti stregoni del Comune di Torino.\r\nEra tutto perfetto. L’operazione “la città possibile” era un ingranaggio ben oliato che funzionava senza intoppi. Duecento rom meritevoli di “emergere” dal \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura Lazio, il più grande insediamento spontaneo d’Europa, piazzati temporaneamente in strutture di social housing, erano il fiore all’occhiello con il quale Torino si vendeva come prima città italiana ad aver cancellato la vergogna dei campi. Peccato che l’operazione, costata cinque milioni di euro del ministero dell’Interno, abbia riempito le casse di una bella cordata di cooperative ed associazioni amiche, mentre ai rom “meritevoli” ha offerto due anni sotto ad un tetto, purché si rispettino regole di comportamento che lederebbero la dignità di un bambino di tre anni.\r\n\r\nAgli altri seicento il Comune di Torino ha offerto la strada o la deportazione.\r\n\r\nDuecento tra adulti e bambini sono stati sgomberati il 26 febbraio. 150 persone sono state rastrellate mercoledì 18 marzo, portate in questura, denudate e perquisite. Alla gran parte sono stati consegnati fogli di via che impongono di lasciare il paese entro un mese, due sono stati portati al CIE, uno probabilmente è già stato deportato.\r\n\r\nIl tam tam aveva battuto la notizia che giovedì sarebbe stata sgomberata “la fossa”, la zona del \u003Cmark>campo\u003C/mark> abitata dai calderasc.\r\nPoi, a sorpresa, il tribunale dei diritti dell’uomo ha imposto al governo lo stop dello sgombero, perché, non si possono buttare in strada uomini, donne e bambini senza offrire un’alternativa.\r\nUn granello di sabbia ha cominciato a sporcare la vetrina luccicante del Comune.\r\nNel pomeriggio di giovedì 19 al Campus “Luigi Einaudi” c’era l’inaugurazione di un convegno sui rom, senza i rom. Non invitati c’erano anche gli antirazzisti di Gattorosso Gattonero che hanno aperto uno striscione, si sono presi il microfono per leggere un documento degli abitanti di Lungo Stura Lazio, gli unici a non essere mai stati interpellati su quanto veniva deciso ed attuato sui loro corpi, sulle loro vite, sul futuro dei loro figli.\r\nIl vicesindaco Elide Tisi ha dato forfait all’ultimo momento, limitandosi a inviare una lettera. L’eco delle voci dei senza voce è comunque risuonata nell’aula nuova e linda del Campus.\r\nPochi chilometri di strada da Lungo Stura Lazio, anni luce di repressione e disprezzo dalle baracche dove i rom vivono da anni tra topi e fango. La prima volta che le vedi quelle baracche fanno orrore. Poi ti accorgi che sono state dipinte, che ci sono le tendine alle finestre, dietro cui brillano candele e luci scarne. E ti accorgi che l’orrore vero è quello di tanti giorni all’alba, tra lampeggianti, antisommossa e vigili urbani con il manganello e i guanti.\r\n\r\nNei giorni successivi i quotidiani hanno dato ampio risalto alla notizia dello stop momentaneo imposto dalla corte dei diritti dell’uomo, concedendo ampia facoltà di replica sia a Tisi, sia a Borgna, il pubblico ministero che lo scorso maggio aveva posto sotto sequestro l’area.\r\nNeanche una riga è stata concessa al documento dell’assemblea degli abitanti del \u003Cmark>campo\u003C/mark>. Anarres ne ha parlato con Cecilia di Gattorosso Gattonero.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\nUnknown\r\n\r\nDi seguito il comunicato di Gatto Rosso Gatto Nero:\r\n«È sempre possibile dire il vero nello spazio di una esteriorità selvaggia; ma non si è nel vero se non ottemperando alle regole di una ‘polizia’ discorsiva che si deve riattivare in ciascuno dei suoi discorsi. » (M. F.)\r\nTorino, 19 marzo 2015\r\nQuesta mattina all'alba doveva scattare un'ulteriore operazione di sgombero nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom di Lungo Stura. L'ennesima dall'estate 2014, a poche settimane di distanza da quella del 26 febbraio, in cui oltre 100 persone sono finite in mezzo alla strada senza preavviso né alternativa abitativa, mentre le loro baracche venivano distrutte dalle ruspe della Città di Torino. A rovinare i piani istituzionali è intervenuto il ricorso presentato da cinque famiglie residenti nel \u003Cmark>campo\u003C/mark>, rappresentate dall'avvocato Gianluca Vitale, il cui successo coincide con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo di imporre al governo italiano la sospensione immediata dello sgombero fino al 26 marzo, con la richiesta che vengano fornite informazioni in merito alla ricollocazione abitativa dei nuclei. E' la prima volta che la Corte sospende lo sgombero di un \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom in Italia. Ad esser maliziosi vien da pensare che la Città di Torino la stia facendo davvero grossa.\r\nLe operazioni di sgombero fanno tutte parte del mega-progetto “La città possibile”, con il quale la Città di Torino fa vanto di “superare” i campi nomadi e la cui gestione è monopolio della cordata Valdocco - AIZO - Stranaidea - Liberitutti - Terra del Fuoco - Croce Rossa, cui è stato affidato un appalto dal valore di 5.193.167,26 euro stanziati dal Ministero dell'Interno, nell'assenza di alcun monitoraggio indipendente. L'implementazione di questa “buona pratica” nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom “informale” più grande d'Europa, quello di Lungo Stura, dove da 15 anni vivevano oltre 1.000 persone provenienti dalla Romania, bacino di manodopera sottocosto per le economie formali ed informali della città, ha previsto l'arbitraria separazione degli abitanti del \u003Cmark>campo\u003C/mark> in “meritevoli” ed “immeritevoli”, “civilizzati” e “barbari”, “adatti” ed “inadatti” ad una condizione abitativa autonoma e dignitosa. Ai primi – appena 250 persone a fine gennaio 2015 - l'offerta di una casa temporanea o la collocazione in sistemazioni di housing sociale a metà tra la caserma e l'asilo, o ancora il rimpatrio “volontario” in Romania; ai secondi – ben oltre 600 persone - lo sgombero forzato senza alternativa abitativa da portare a termine entro il 31 marzo, appena sospeso dalla CEDU dopo che oltre 100 persone ne sono già state oggetto.\r\n\r\nNel frattempo, dopo la retata della polizia di mercoledì mattina, una ventina di persone del \u003Cmark>campo\u003C/mark> si ritrovano oggi con in mano un foglio di via che intima loro di lasciare l'Italia entro 30 giorni, come è successo a decine di altri nel corso dell'ultimo anno. Due persone sono invece rinchiuse nel CIE di Torino in attesa di convalida o annullamento dell'espulsione coatta.\r\n\r\nNella totale assenza di coinvolgimento delle famiglie del \u003Cmark>campo\u003C/mark> nelle fasi di elaborazione ed implementazione del progetto ed in mancanza di alcun criterio trasparente o possibilità di ricorso, la Città di Torino si è così arrogata il “diritto” al monopolio della violenza persino oltre i limiti imposti da uno stato di diritto già strutturalmente fondato sull'occultamento del conflitto di classe e sulla romofobia.\r\nAttraverso lo sgombero forzato di chi non può accedere al “\u003Cmark>libero”\u003C/mark> mercato degli affitti né alle case popolari - e si trova così costretto, dopo secoli di stanzialità, ad un nomadismo forzato attraverso cui si costruisce lo stigma “culturale” utile ad etnicizzare lo spazio politico e sociale - si sta portando avanti una violenta politica repressiva e speculativa che garantisce i profitti economici e simbolici di pochi noti, devastando la vita di molti. Nulla di nuovo rispetto alle strategie di governo del sociale che da tempo caratterizzano lo spazio metropolitano torinese, dove le politiche di “riqualificazione” urbana nelle diverse periferie vengono portate avanti tramite sfratti, sgomberi, retate e speculazioni che rispondono a precisi interessi economici. Non importa che nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> vivano donne in stato di gravidanza, persone anziane e malate e minori frequentanti la scuola. Non importa neppure che la loro presenza invisibile dati di oltre un decennio e sia situata su un terreno decisamente poco appetibile per grandi investimenti. Dietro all'ideologia “democratica” sui cui si fonda la retorica di questo progetto di speculazione e sgombero, di cui il nome stesso - “La città possibile” - è emblema, si cela, come sempre, la materialità delle risorse e degli interessi economici che determinano forze e rapporti di forza in \u003Cmark>campo\u003C/mark>.\r\n\r\nQual è la genealogia di questo progetto milionario?\r\nChi ha partecipato alla definizione dei termini del suo “discorso”?\r\nIn quali spazi ed attraverso quali processi?\r\nQuali effetti sono stati prodotti rispetto alla creazione di “soggetti” ed “oggetti”?\r\nCon quali conseguenze nello spazio politico locale e sovra-locale?\r\nIn base a quali criteri sono state scelte le famiglie?\r\nDi che natura è lo strumento governativo definito “patto di emersione”?\r\nQuali rappresentazioni e vincoli impone all'azione ed alla vita quotidiana delle persone? Qual è la sostenibilità economica delle sistemazioni abitative per le famiglie?\r\nPerché vengono costrette alla dipendenza da associazioni e cooperative?\r\nCosa succederà alle famiglie quando finiranno i contributi agli affitti non calmierati?\r\nLo sgombero senza alternativa abitativa \"supera\" un \u003Cmark>campo\u003C/mark> per crearne altri?\r\nQuale percentuale dei 5.193.167,26 euro è stata spesa per “costi di gestione”?\r\nChi sono i proprietari degli immobili nei quali alcune famiglie sono state collocate? Quanto è costato lo sgombero manu militari del \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura?\r\n\r\nQueste sono solo alcune delle domande a cui una delle principali responsabili politiche del progetto, la vicesindaco Tisi - invitata ad inaugurare un'imbarazzante conferenza sull'inclusione abitativa dei Rom, patrocinata niente meno che dalla Città di Torino proprio mentre la stessa porta avanti un'operazione di speculazione e sgombero sulla pelle dei Rom - non ha evidentemente molta voglia di rispondere. Informata della presenza di un gruppo di antirazzisti/e all'evento, ha preferito scappare, lasciando alla platea una missiva greve di retorica e compassione per i “poveri senza tetto” che ben si addice ad un'esponente di punta del PD torinese, da anni al governo della capitale italiana degli sfratti. Una conferenza tenutasi a pochi chilometri dal \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom di Lungo Stura - dove centinaia di persone vivono nell'incertezza radicale rispetto al loro presente e sotto la costante minaccia della violenza poliziesca - in cui non si è percepita in alcun modo la materialità dei processi di speculazione, repressione e ricatto in atto, né la sofferenza dei soggetti che subiscono quotidianamente gli effetti di queste politiche “virtuose” con cui la Città di Torino pensa di farsi pubblicità; una conferenza in cui gli unici assenti erano proprio questi soggetti, ai quali i “ricercatori critici” hanno pensato bene di concedere statuto di esistenza unicamente in qualità di “oggetti” dei discorsi e dello sguardo altrui; una conferenza dove non è stato minimamente problematizzato il nesso tra potere e sapere, ma è stata anzi offerta legittimazione alle istituzioni ed al loro operato, accogliendole come interlocutori credibili – uno sguardo al programma, ai termini del discorso ed agli sponsor in esso contenuti è sufficiente a capire quali siano le differenti “agende” che nell'iniziativa hanno trovato felice saldatura. Non vanno sprecate ulteriori parole.\r\n\r\nLa presenza degli antirazzisti/e ha portato uno squarcio di realtà e materialità in una Aula Magna dove ad un'analisi del potere politico e dei rapporti di classe nello spazio metropolitano, di cui la questione abitativa è parte, si è ancora una volta preferito il comodo sguardo culturalista sui Rom come luoghi dell'eccezione. All'ipocrita retorica della “cittadinanza” e del “diritto di parola” (comunque negato), abbiamo risposto con la presa diretta della parola. Nè “partecipanti” ad un confronto che non è mai esistito, né “portavoce” di un popolo o di qualsivoglia bandiera. Lontani dalla melmosa palude della “rappresentanza” - di cui altri sembrano invece tanto ossessionati - abbiamo usato i nostri corpi come amplificatori delle voci dell'assemblea degli abitanti del \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom di Lungo Stura, dove si sta combattendo una guerra sociale.\r\n\r\nAssemblea Gatto Nero Gatto Rosso\r\ngattonerogattorosso@inventati.org\r\n\r\nDi seguito il testo letto in università.\r\nBasta sgomberi e speculazioni nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom di lungo Stura!\r\nGiovedì 26 febbraio la polizia ha sgomberato dal \u003Cmark>campo\u003C/mark> rom di Lungo Stura 200 persone. Le loro baracche e roulottes sono state distrutte dalle ruspe del Comune di Torino senza dare alle persone neanche il tempo di mettere in salvo le proprie cose, né ai malati di recuperare i medicinali. Chi è stato sgomberato non aveva altro posto dove andare: qualcuno è fuggito in altre parti della città, altri hanno chiesto ospitalità a chi ancora vive nel \u003Cmark>campo\u003C/mark>.\r\nQuesto sgombero non è giusto.\r\nNel \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura fino all'anno scorso vivevano oltre 1.000 persone. Siamo arrivati in Italia 15 anni fa e abbiamo sempre vissuto in baracche, non per scelta, ma perché non possiamo permetterci di pagare un affitto. In Romania abbiamo sempre vissuto in case, che lo Stato garantiva a tutti durante il regime di Ceaușescu, nonostante il razzismo contro i Rom esistesse anche allora. Siamo venuti in Italia perché dopo il 1989 la situazione economica è diventata molto difficile: hanno chiuso miniere, fabbriche e collettivizzazioni dove molti di noi lavoravano, mentre le attività che alcuni gruppi rom svolgevano da secoli non hanno trovato spazio nell'economia capitalista. Siamo diventati disoccupati e senza reddito.\r\nSiamo venuti in Italia per cercare lavoro e qui abbiamo visto che i Rom vivevano in campi, mentre l'accesso alle case popolari era praticamente impossibile. Il mercato degli affitti di Torino, poi, è inaccessibile per chi come noi svolge lavori sottopagati che non ci permettono nemmeno di sfamarci. Così ci siamo adattati alla situazione, che è sempre stata molto dura, perché non eravamo abituati a vivere in baracche, senza luce né acqua. Il \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura si è velocemente ingrandito perché molte persone scappavano qui dopo che polizia e vigili le sgomberavano da altre zone. Prima che la Romania entrasse nell'Unione Europea i poliziotti venivano spesso nei campi, all'alba, per fare retate e spaccare tutto: ci prendevano, ci portavano in questura e spesso ci chiudevano nei CIE o ci mettevano direttamente sugli aerei per espellerci. Anche dopo che siamo diventati cittadini europei la violenza della polizia è continuata, così come il razzismo e lo sfruttamento.\r\nAbbiamo letto sui giornali che più di un anno fa il Comune di Torino ha avviato un progetto abitativo per i Rom, chiamato “La città possibile” e costato oltre 5 milioni di euro, finanziati dallo Stato italiano. Abbiamo letto che con questo progetto le istituzioni hanno detto di voler “superare” i campi nomadi. Il Comune, però, non ha organizzato nemmeno un'assemblea per parlare con noi, né alcuna rappresentanza delle famiglie è mai stata invitata alle riunioni dove sono state prese le decisioni.\r\n\r\nNessuno ci ha mai informati di come sono stati spesi i soldi, né delle caratteristiche di questo progetto.\r\n\r\nLe cooperative e le associazioni hanno chiamato alcune famiglie del \u003Cmark>campo\u003C/mark>, a cui hanno fatto firmare dei fogli con cui accettavano di distruggere le proprie baracche in cambio di una sistemazione abitativa. In questo modo, il Comune ha inserito 250 persone nel progetto: alcune in alloggio, altre in housing sociale, altre ancora sono state rimpatriate in Romania. Là però non si riesce a sopravvivere, quindi queste persone sono già tornate in Italia. Nessuno ci ha spiegato i criteri con cui queste famiglie sono state scelte. Alcune persone arrivate da poco in Italia hanno avuto la casa, altri che sono qui da 10 anni non hanno avuto niente, quindi pensiamo che ci siano stati casi di corruzione. L'unica cosa che abbiamo davvero capito è che le case sono state offerte solo per pochi mesi, al massimo due anni. Poi le famiglie dovranno pagare affitti insostenibili e se non riusciranno a farlo si ritroveranno in mezzo alla strada, a meno che le cooperative non ricevano altri soldi per continuare il progetto. Ma cosa è successo a tutte le persone rimaste fuori da “La città possibile”?\r\n\r\nLa maggior parte degli abitanti del \u003Cmark>campo\u003C/mark> di lungo Stura è stata arbitrariamente tagliata fuori dal progetto.\r\n\r\nStiamo parlando di oltre 600 persone: abbiamo ricevuto continue promesse, ma nessuna risposta concreta. Abbiamo chiesto spiegazioni sui criteri, ma nessuno ci ha voluto parlare. L'unico rapporto con Questura, Comune, associazioni e cooperative era che venivano a censirci e a farci domande in continuazione. Poi arrivava la polizia a darci il foglio di via. Ogni due settimane mandavano i poliziotti nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> con cani, scudi e manganelli, per fare le retate, prendere le persone e mandarle via dall'Italia, con qualunque pretesto. Ad una signora hanno dato il foglio di via perchè aveva acceso la stufa per scaldare la baracca. La Croce Rossa invece veniva a prendere nota delle baracche vuote, per farle spaccare, quando la gente non era in casa, dopo le 9 del mattino.\r\nIl 26 febbraio la polizia ha sgomberato 200 di noi, senza offrire nessuna alternativa abitativa. Ora nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> siamo ancora oltre 400 persone ed ogni giorno viviamo con la paura di essere buttati in mezzo alla strada. A nessuno interessa che nel \u003Cmark>campo\u003C/mark> vivano donne incinte, persone anziane e molte persone malate. A nessuno interessa che, a causa dello sgombero, i nostri bambini e bambine non abbiano più la possibilità di andare a scuola e così perdano l'anno scolastico. L'unica cosa che interessa è spaccare le nostre baracche.\r\n\r\nViviamo come topi, se non abbiamo diritto nemmeno ad una baracca, allora tanto vale che veniate a spararci.\r\n\r\nI campi rom non li abbiamo creati noi, li hanno creati le istituzioni italiane decine di anni fa. Quanti soldi hanno guadagnato in tutti questi anni, sulla pelle dei Rom, associazioni e cooperative cui il Comune di Torino ha dato appalti di ogni genere per “gestire” i campi e chi è costretto a viverci? Quanti soldi hanno guadagnato nell'ultimo anno Valdocco, Terra del Fuoco, AIZO, Stranaidea, Liberitutti e Croce Rossa, con il progetto “La città possibile” che è costato più di 5 milioni di euro? Questi soldi non vengono spesi a favore dei Rom ed infatti la nostra situazione non è affatto migliorata in tutti questi anni. Dobbiamo chiederci chi realmente ci guadagna da tutti questi progetti “eccezionali”, che oltretutto rinforzano l'idea che noi Rom non facciamo parte di una comune umanità e fomentano il razzismo.\r\n\r\nNel \u003Cmark>campo\u003C/mark> oggi vivono oltre 400 persone, di cui metà sono minori.\r\nNegli ultimi giorni a qualcuno è stato promesso di entrare nel progetto: questa logica di divisione e ricatto deve finire!\r\nTutti/e devono poter di vivere in case o luoghi dignitosi e sicuri.\r\nNessuno deve essere buttato in mezzo alla strada.\r\nI minori devono poter frequentare la scuola e terminare l'anno.\r\nBasta sgomberi e speculazioni sulla nostra pelle!\r\nTorino, 15 marzo 2015\r\nAssemblea abitanti del \u003Cmark>campo\u003C/mark> di Lungo Stura Lazio\r\n\r\n ",[1101,1103,1105,1107,1109,1111],{"matched_tokens":1102,"snippet":1089,"value":1089},[],{"matched_tokens":1104,"snippet":1090,"value":1090},[],{"matched_tokens":1106,"snippet":1091,"value":1091},[],{"matched_tokens":1108,"snippet":1092,"value":1092},[],{"matched_tokens":1110,"snippet":1093,"value":1093},[],{"matched_tokens":1112,"snippet":1113,"value":1113},[90],"sgombero \u003Cmark>campo\u003C/mark>",[1115,1117],{"field":112,"matched_tokens":1116,"snippet":1098,"value":1099},[90],{"field":35,"indices":1118,"matched_tokens":1120,"snippets":1122,"values":1123},[1119],5,[1121],[90],[1113],[1113],{"best_field_score":814,"best_field_weight":150,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":47,"score":815,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},{"document":1126,"highlight":1142,"highlights":1147,"text_match":812,"text_match_info":1150},{"comment_count":47,"id":1127,"is_sticky":47,"permalink":1128,"podcastfilter":1129,"post_author":50,"post_content":1134,"post_date":1135,"post_excerpt":53,"post_id":1127,"post_modified":1136,"post_thumbnail":1137,"post_title":1138,"post_type":348,"sort_by_date":1139,"tag_links":1140,"tags":1141},"97440","http://radioblackout.org/podcast/spot-aurora-vanchiglia-transfemminista-8-marzo-sciopero-transfemminista/",[1130,1131,1132,1133,302,306,298,300],"8 marzo","Aurora Vanchiglia Transfemminista","calcio","calcio femminile","[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/04/puntata-5-marzo.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAustralian Open e Avatar AIDurante gli Australian Open, alcuni match sono stati trasmessi gratis su YouTube usando avatar animati creati con l'intelligenza artificiale, stile Wii Tennis. 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Abbiamo sete di altro e bisogno di fare rete!\r\n\r\nPer questo, l' 8 marzo scendiamo in piazza assieme all’Aurora Vanchiglia Transfemminista, una squadra di calcio popolare di quartiere, con le gambe nei campi e nelle strade di Torino e con la testa e il cuore nelle lotte intersezionali e internazionali.\r\n\r\nPer anni, l'AVT ha lavorato per costruire uno spazio sicuro e ampio, che proponga un calcio transfemminista, non femminile! \r\n\r\nL'AVT porta in campo corpi trans, non binari e cis che, giocando assieme, fanno socialità e movimento sociale, costruendo uno spazio di cura in cui si pratica un calcio diverso da quello proposto dai più.\r\n\r\nQuesta è l'idea di sport popolare che ci fa da orizzonte di riferimento, perchè, fintanto che continueremo a pensare lo sport popolare come semplice sport a basso costo, continueremo a perdere dei pezzi importanti per la strada, costruendo un'idea di accessibilità che parla solo delle questioni di classe. \r\n\r\nL'internazionalità delle lotte non può rimanere solo uno slogan, perché i pezzi che perdiamo per strada sono persone. Persone che spariscono dagli spazi che hanno fatto loro violenza e persone i cui corpi non si incastrano con i requisiti richiesti da quei luoghi che consideriamo liberati!\r\n\r\nIl nostro desiderio è di portare sui campi, sui ring e per le strade, la nostra gentile rivoluzione: giocare per il gusto di giocare, essere un luogo di sperimentazione sportiva e sociale, avere rispetto per le persone avversarie ed avere cura delle splendide unicità che ci compongono.\r\n\r\nLe nostre corpe, ancora oggi, non sono ritenute degne, adatte e capaci di praticare uno sport maschio, macho, violento e performativo. E meno male! Noi pratichiamo un altro sport, quello in cui conta più il percorso che l’arrivo, quello in cui si colpiscono menti, palloni e patriarcato, quello in cui chiunque trova casa dando quello che può, se può.\r\n\r\nAnche noi esistiamo e facciamo sport, uno sport necessariamente diverso da quello mainstream, che deve e può essere di tutt3, anche nostro! 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Un tentativo concreto di cambiare un sistema ancora dominato da logiche maschili.\r\n \tRubiales condannato a stare lontano da Hermoso e a pagare una multa ridicola, nonostante la gravità del gesto avvenuto in mondovisione.\r\n \tIl Brighton sta progettando il primo stadio dedicato solo alla squadra femminile: apertura prevista entro il 2027-28.\r\n\r\n\r\n \t\r\nPer la prima volta, la Panini ha pubblicato un album di figurine dedicato solo al calcio femminile. È stato subito un successo, ma non sono mancati i soliti commenti sessisti.\r\n\r\n\r\nVerso l'8 marzo\r\nMARZO - SCIOPERO TRANSFEMMINISTA\r\nLo sport popolare costruisce protagonismo e abbatte la competizione performativa!\r\n\r\nSiamo un insieme di persone che attraversano il mondo dello sport popolare torinese e che sentono il bisogno di ritrovarsi per riflettere e discutere di come lo sport intersechi le questioni di genere. \r\n\r\nSe abbiamo sentito l' esigenza di ritrovarci al di fuori delle nostre realtà sportive di riferimento è perché il modo in cui la tematica viene trattata in quelle sedi non ci basta. Abbiamo sete di altro e bisogno di fare rete!\r\n\r\nPer questo, l' 8 marzo scendiamo in piazza assieme all’Aurora Vanchiglia Transfemminista, una squadra di calcio popolare di quartiere, con le gambe nei campi e nelle strade di Torino e con la testa e il cuore nelle lotte intersezionali e internazionali.\r\n\r\nPer anni, l'AVT ha lavorato per costruire uno spazio sicuro e ampio, che proponga un calcio transfemminista, non femminile! \r\n\r\nL'AVT porta in \u003Cmark>campo\u003C/mark> corpi trans, non binari e cis che, giocando assieme, fanno socialità e movimento sociale, costruendo uno spazio di cura in cui si pratica un calcio diverso da quello proposto dai più.\r\n\r\nQuesta è l'idea di sport popolare che ci fa da orizzonte di riferimento, perchè, fintanto che continueremo a pensare lo sport popolare come semplice sport a basso costo, continueremo a perdere dei pezzi importanti per la strada, costruendo un'idea di accessibilità che parla solo delle questioni di classe. \r\n\r\nL'internazionalità delle lotte non può rimanere solo uno slogan, perché i pezzi che perdiamo per strada sono persone. Persone che spariscono dagli spazi che hanno fatto loro violenza e persone i cui corpi non si incastrano con i requisiti richiesti da quei luoghi che consideriamo liberati!\r\n\r\nIl nostro desiderio è di portare sui campi, sui ring e per le strade, la nostra gentile rivoluzione: giocare per il gusto di giocare, essere un luogo di sperimentazione sportiva e sociale, avere rispetto per le persone avversarie ed avere cura delle splendide unicità che ci compongono.\r\n\r\nLe nostre corpe, ancora oggi, non sono ritenute degne, adatte e capaci di praticare uno sport maschio, macho, violento e performativo. E meno male! Noi pratichiamo un altro sport, quello in cui conta più il percorso che l’arrivo, quello in cui si colpiscono menti, palloni e patriarcato, quello in cui chiunque trova casa dando quello che può, se può.\r\n\r\nAnche noi esistiamo e facciamo sport, uno sport necessariamente diverso da quello mainstream, che deve e può essere di tutt3, anche nostro! È di chi fa due porte con le felpe in cortile, è di chi sente i sussulti allo stomaco guardando le moviole, è di chi lo usa per fare attività fisica e relazioni sociali, è di chi si diverte a praticarlo, è di chi crede in una squadra come in una persona amica.\r\n\r\nQuesto 8 marzo, scendiamo in piazza anche come soggetti non conformi e sportivi, per rivendicare le nostre fortune e le nostre fatiche, in questo mondo sportivo binario, patriarcale, razzista e capitalista.\r\n\r\nQuesto 8 marzo, ricordiamo quanta strada c’è ancora da fare perché lo sport popolare sia davvero un contenitore equo e \u003Cmark>libero\u003C/mark> da convinzioni e pratiche sociali oppressive, che costituiscono ostacoli all'accessibilità.\r\n\r\nChe viva lo sport popolare, gli spazi per praticarlo, e le persone che lo rendono possibile!\r\n\r\nBuon 8 marzo di lotta!",[1148],{"field":112,"matched_tokens":1149,"snippet":1145,"value":1146},[90],{"best_field_score":814,"best_field_weight":150,"fields_matched":19,"num_tokens_dropped":47,"score":1151,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":47},"1155199671761633393",{"document":1153,"highlight":1165,"highlights":1170,"text_match":812,"text_match_info":1173},{"comment_count":47,"id":1154,"is_sticky":47,"permalink":1155,"podcastfilter":1156,"post_author":287,"post_content":1157,"post_date":1158,"post_excerpt":53,"post_id":1154,"post_modified":1159,"post_thumbnail":1160,"post_title":1161,"post_type":348,"sort_by_date":1162,"tag_links":1163,"tags":1164},"94782","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-10-gennaio-stato-di-polizia-citta-delle-armi-il-politecnico-in-prima-fila-la-siria-come-lafganistan-seconda-puntata/",[287],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/2025-01-10-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nStato di Polizia. Zone rosse, profilazione etnica e sociale\r\nIl ministro dell’Interno ha arricchito la cassetta degli attrezzi della polizia con nuovi strumenti di controllo e punizione, che le forze del disordine statale possono utilizzare senza neppure scomodare un magistrato.\r\nIl Governo implementa le “zone rosse” nelle aree urbane.\r\nA Roma, nei prossimi due mesi nei quartieri Quarticciolo ed Esquilino, il prefetto Giannini ha disposto “zone a vigilanza rafforzata“: qui le forze di polizia possono allontanare con la forza chiunque, assuma “atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti”. Va da se che gli “atteggiamenti” non sono atti e, quindi, viene data alla polizia la possibilità di intervenire per spostare persone il cui modo di stare in strada sia considerato, a loro arbitrio, indesiderabile.\r\nSi tratta dell’estensione territoriale delle “zone rosse”, inizialmente disposte da Piantedosi a fine 2024 a Milano e Napoli città, dopo le prime sperimentazioni repressive di 3 mesi a Firenze e Bologna.\r\nSecondo il Viminale, dal 31 dicembre a oggi sono state controllate 25mila persone, con 228 allontanamenti coatti, quasi la metà dei quali solo a Milano: qui, su 8.303 controlli, 106 i provvedimenti disposti. Segue Bologna (7.613 controlli e 43 allontanamenti), Firenze (6.217 controlli, 68 allontanamenti) e infine Napoli (2.854 controlli, 11 allontanamenti).\r\nNel frattempo il DDL 1660, passato in settembre alla Camera, dopo qualche mese in Commissione, approderà presto nell’aula del Senato.\r\nNe abbiamo parlato con Eugenio Losco, avvocato milanese, che difende tanti indesiderabili politici e sociali.\r\n\r\nCittà delle armi. Il coniglio dal cappello del Politecnico\r\nIl progetto di Città dell’Aerospazio, nuovo polo bellico a Torino, promosso da Leonardo, la maggiore industria armiera italiana, e dal Politecnico, è fermo dal 2021, quando venne annunciato per la prima volta l’avvio dei lavori. Nel 2023, in occasione della mostra mercato dell’industria aerospaziale di guerra, che si tiene ogni due anni a Torino, ci fu un nuovo annuncio, finito in nulla. Il 20 dicembre del 2024 il Politecnico ha tirato fuori dal cappello un bel mucchio di soldi.\r\nNello specifico è stata annunciata la nascita di una “nuova infrastruttura tecnologica d’innovazione “IS4Aerospace - Knowledge Transfer Innovation Infrastructure for New Aerospace Challenges” dal valore complessivo di 23 milioni e 600mila euro, finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca nell’ambito del PNRR e proposta dal Politecnico di Torino, che la coordina, insieme ad Avio Aero, Leonardo e Thales Alenia Space, che cofinanziano l’iniziativa in partenariato pubblico-privato.”\r\nIS4Aerospace descritto come primo tassello per la Città dell’Aerospazio, che ospiterà laboratori congiunti per ricerca e impiego di tecnologie chiave nel campo dei velivoli di prossima generazione.\r\nIl Politecnico fornisce sempre maggiore copertura ad un’operazione volta a migliorare la capacità bellica di cacciabombardieri, droni, satelliti impiegati sui tanti fronti di guerra.\r\n\r\nLa Siria come l’Afganistan? Seconda puntata\r\nLa repentina caduta del regime baathista in Siria ci ricorda quanto avvenne nell’agosto del 2021 in Afganistan. L’accordo tra Stati Uniti e talebani portò al rapido ritiro degli statunitensi da Kabul e all’affermarsi dei talebani dal “volto umano”, che per qualche tempo hanno finto di voler mantenere qualche libertà alle donne, prima di murarle vive nelle case-prigioni, senza alcun diritto.\r\nOggi gli jihadisti siriani, promossi di colpo dai media al rango di “ribelli” si sono presi buona parte della Siria, mentre le truppe di Assad si sono ritirate quasi senza combattere.\r\nIl vero vincitore della guerra mondiale per procura che si è combattuta negli ultimi 13 anni in Sira è la Turchia, che profittando dell’indebolimento di Russia, Iran ed Hezbollah, gli storici alleati di Assad, ha dato il via libera alle truppe jihadiste che ha foraggiato e sostenuto in questi anni.\r\nNel nord della Siria, pur sotto durissimo attacco dell’Esercito Siriano Libero, diretta emanazione della Turchia, le formazioni dell’SDF provano a difendere l’esperienza del confederalismo democratico ed a combattere il ritorno degli Jihadisti.\r\nIl mese scorso ne abbiamo parlato con Lollo, questa settimana ne abbiamo discusso con Stefano Capello\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 18 gennaio\r\nLeggi di guerra, zone rosse, militari per le strade\r\nIl paradigma autoritario del governo Meloni\r\nPunto info al Balon\r\ndalle 10,30 alle 13,30\r\n\r\nVenerdì 31 gennaio\r\nCrisi climatica e azione diretta\r\nStrumenti di ricerca, misurazione, analisi e lotta\r\nore 21 alla FAT\r\ncorso Palermo 46 Torino\r\nInterverrà il fisico Andrea Merlone, Dirigente di ricerca all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM) e ricercatore associato all’Istituto di Scienze Polari del CNR.\r\n\r\nA-Distro e SeriRiot\r\nogni mercoledì\r\ndalle 18 alle 20\r\nin corso Palermo 46\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20,30\r\nper info scrivete a fai_torino@autistici.org\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFB\r\n@senzafrontiere.to/\r\n\r\nTelegram\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter mandando una mail ad: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","16 Gennaio 2025","2025-01-16 02:17:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/red-zone-200x110.jpeg","Anarres del 10 gennaio. 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