","CanaPisa e la crociata proibizionista della Lega","post",1557936994,[59,60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/antiproibizionismo/","http://radioblackout.org/tag/canapisa/","http://radioblackout.org/tag/cannabis/","http://radioblackout.org/tag/proibizionismo/",[64,65,12,19],"antiproibizionismo","canapisa",{"post_content":67,"tags":72},{"matched_tokens":68,"snippet":70,"value":71},[12,69],"legale","negozi dove viene venduta la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> \u003Cmark>legale\u003C/mark>, quella che ha solo lo","Nuova crociata proibizionista del ministro dell’interno, che vorrebbe chiudere i negozi dove viene venduta la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> \u003Cmark>legale\u003C/mark>, quella che ha solo lo 0,6% di sostanza psicoattiva e viene utilizzata soprattutto come rilassante.\r\nUn paio di mesi fa Matteo Salvini ha presentato un disegno di legge per raddoppiare le pene per chi spaccia stupefacenti e abolire la quantità legalmente detenibile per uso personale. Le conseguenze saranno ovvie: si rischia l’arresto per un grammo di marijuana anche se detenuta per uso personale. Si torna quindi alla criminalizzazione dell’uso di sostanze.\r\n\r\nA Pisa la street parade antiproibizionista è stata vietata dalla questura, nonostante gli organizzatori avessero accettato il percorso ridotto proposto dalla questura.\r\nSabato 18 maggio gli antiproibizionisti saranno comunque in piazza della Stazione decisi a manifestare; poco più in là ci saranno i leghisti guidati dal sindaco Michele Conti.\r\nLa partita è aperta.\r\nNe abbiamo parlato con Robertino di CanaPisa poche ore prima del divieto della questura.\r\n\r\nAscoltate la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/05/2019-05-14-antipro-rob.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",[73,75,77,80],{"matched_tokens":74,"snippet":64},[],{"matched_tokens":76,"snippet":65},[],{"matched_tokens":78,"snippet":79},[12],"\u003Cmark>cannabis\u003C/mark>",{"matched_tokens":81,"snippet":19},[],[83,86],{"field":84,"matched_tokens":85,"snippet":70,"value":71},"post_content",[12,69],{"field":33,"indices":87,"matched_tokens":88,"snippets":90},[14],[89],[12],[79],1157451471441100800,{"best_field_score":93,"best_field_weight":94,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":45,"score":95,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":45},"2211897868288",14,"1157451471441100914",{"document":97,"highlight":123,"highlights":128,"text_match":131,"text_match_info":132},{"cat_link":98,"category":99,"comment_count":45,"id":100,"is_sticky":45,"permalink":101,"post_author":102,"post_content":103,"post_date":104,"post_excerpt":51,"post_id":100,"post_modified":105,"post_thumbnail":106,"post_thumbnail_html":107,"post_title":108,"post_type":56,"sort_by_date":109,"tag_links":110,"tags":117},[42],[44],"66625","http://radioblackout.org/2021/02/la-war-on-drugs-sta-finendo-ma-non-in-italia/","info","La gran parte dei morti per overdose da oppiacei negli Stati Uniti muore per uso di sostanze legali come il Fentanyl. Cosa è cambiato negli ultimi 20 anni?\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri di CanaPisa, autore di un articolo uscito sul settimanale Umanità Nova\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/2021-02-09-iron-war-on-drugs.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nLeggi l’articolo:\r\n\r\n“Prima dell’arrivo del Covid 19 sul nostro pianeta, la cosiddetta “epidemia degli oppioidi” negli Stati Uniti era considerata una delle più gravi crisi sanitarie della nostra epoca. Nel 2017 un report del National Safety Council relativo ai rischi di morte prevenibili per la popolazione statunitense aveva messo il rischio di morire per overdose accidentale da oppioidi al quinto posto nella classifica delle morti prevenibili (guidata da malattie cardiovascolari, tumori e malattie respiratorie croniche), superando per la prima volta quello di rimanere vittima di un incidente automobilistico: 1 possibilità su 96 contro 1 su 103. La crisi era dovuta, secondo una nota diffusa dallo stesso Nsc, soprattutto all’uso illegale del fentanyl, un analgesico molto potente, di cui anche solo 20 milligrammi rappresentano una dose potenzialmente letale. Il fentanyl non è, però, una droga illegale ma un farmaco da prescrizione. Sono farmaci da prescrizione anche le altre sostanze (morfina, codeina, ossicodone, metadone e tramadolo) che, insieme al fentanyl, provocano la quasi totalità delle morti per overdose negli USA che in totale dal 1999 al 2017 sono state quasi 400 mila, mentre gli ultimi dati dei “Centers for Disease Control and Prevention” (CDC) riferiscono di 81mila vittime nei dodici mesi che vanno dal giugno 2019 al maggio 2020.\r\n\r\nI Cdc americani identificano l’inizio della “epidemia” nell’aumento della prescrizione degli oppioidi negli anni Novanta. Allora, rassicurati dalla aziende farmaceutiche che escludevano rischi di dipendenza dagli oppioidi, i medici cominciarono a prescriverne in grandi quantità. Prima nella farmacologia gli oppioidi erano utilizzati per la gestione del dolore severo – per esempio in seguito ad interventi chirurgici o in caso di tumori o altri gravi patologie. A partire dalla seconda metà degli anni Novanta vennero utilizzati anche per patologie meno gravi, inizialmente per il trattamento di dolori come quelli associati all’osteoartrite, poi per tutti i dolori alla schiena, ai muscoli ed alle ossa, poi per i dolori in genere (compresi mal di testa e mal di denti). In pochi anni gli oppioidi si diffusero come alternativa agli antidolorifici più diffusi (tipo aspirina ed aulin e quelli che continuiamo ad usare qui in Europa), rispetto ai quali erano più veloci a fermare il dolore, avevano meno effetti collaterali e davano anche una certa euforia.\r\n\r\nIn un paese in cui mettersi in malattia significa non prendere lo stipendio, per molti utilizzare oppioidi per ogni tipo di dolore diventò una pratica quotidiana. A differenza, però, dei loro concorrenti gli oppioidi non hanno anche effetti antinfiammatori: le cause del dolore rimangono e per lenirlo bisogna continuare ad utilizzare i farmaci. Come sanno bene tutti gli eroinomani, però, l’uso degli oppioidi (di tutti, compresi quelli da prescrizione) può indurre la tolleranza ai medicinali ed aumentare la sensibilità al dolore, con l’effetto che per avere lo stesso sollievo dal dolore servono più quantità del farmaco. Tutto questo, unitamente al fatto che gli oppioidi non solo alleviano il dolore, ma inducono anche euforia, aumenta chiaramente il rischio di dipendenza, con usi prolungati. Ad alti dosaggi gli oppioidi causano problemi respiratori e possono portare a morte e il rischio aumenta se nel mix finiscono anche alcolici e sedativi.\r\n\r\nNegli Stati Uniti, però, nella cultura dominante la performance lavorativa e non solo è considerata il primo sacro dovere di ogni essere umano, al punto che è considerato normale che in molti posti di lavoro tra i fattori che favoriscono la carriera ci sia il fatto di andarsi a fare una corsetta prima di arrivare puntualissimi in ufficio, tenendo fede a “work hard – play hard” (cioè “lavora duro – fai sport duro”), il motto stakanovista di Wall Street che da noi si vede sulle magliette dei runner più tristi. In pochi anni l’uso prolungato di oppioidi si è fatto sempre più frequente e diffuso, al punto che già all’inizio dei Duemila è arrivata quella che i Cdc hanno definito “la prima ondata di morti per overdose da oppioidi”, quasi interamente causata dall’utilizzo di farmaci legali.\r\n\r\nDi fronte a questa prima ondata di morti, il governo federale e i vari governi statali non hanno saputo far di meglio che aumentare i prezzi dei farmaci e varare misure per limitare la prescrizione di oppioidi da parte dei medici, con cose tipo il divieto di prescrivere oppioidi negli ospedali e nelle cliniche free-care (“gratuite”). Queste misure non hanno certo impedito a chi se lo poteva permettere di continuare ad utilizzare oppioidi con ricetta a pagamento ed hanno creato così un mercato parallelo illegale per chi come molti lavoratori manuali dei settori della logistica e della ristorazione non poteva permettersi di perdere lo stipendio mettendosi in malattia e neanche però di aggiungere il prezzo della ricetta a quello del farmaco. È così che, secondo i Cdc, l’eroina prima e la diffusione di oppioidi sintetici poi, in particolare il fentanyl illegale, avrebbero invece caratterizzato rispettivamente la “seconda” e la “terza” ondata dell’epidemia, che continua ad infuriare negli USA.\r\nDai primi anni Duemila, negli Stati Uniti tutti gli enti “ufficiali” (da quelli sanitari a quelli governativi) non hanno mancato di lanciare allarmi sulla “epidemia di oppioidi”, “uno dei più gravi problemi di salute pubblica dei nostri tempi” come l’ex presidente Trump l’ha definita, promettendo a più riprese crociate che non si sono mai viste. L’epidemia, quindi, continua ad infuriare, da un lato perché non è semplice bloccare la produzione di farmaci legali e nemmeno controllarla e dall’altro, è soprattutto perché l’utilizzo di farmaci veloci ed efficaci per fermare il dolore è quel che serve in un mondo in cui dappertutto le condizioni di lavoro sono peggiorate per tutte e tutti (negli USA come in Europa) e sono aumentate la fatica, lo stress e, invece, non bisogna mai fermarsi in quella corsa dei topi, la “rat-race” in cui il neoliberismo ha trasformato la nostra vita.\r\n\r\nL’“epidemia da oppiodi” è chiaramente la più grande dimostrazione del fallimento della War On Drugs chiamata da Nixon e poi lanciata da Reagan. Da quarant’anni esatti, ormai, infuria negli Usa la Guerra Alla Droga (che Reagan evocò dal giorno del suo insediamento, nel gennaio 1981), milioni di persone sono state licenziate per essere state trovate positive ai test antidroga, la popolazione carceraria è quintuplicata (alla fine del 1979 c’erano nelle carceri USA meno di 400mila detenuti, alla fine degli anni Ottanta erano già più di due milioni), sono state lanciate vere e proprie campagne militari (come la famigerata CAMP, la Campaign Against Marijuana Plantantions che per le piantagioni di ganja illegale prevedeva il lancio dagli elicotteri del napalm che negli anni nel Nord della California ha provocato migliaia di nascite di bambini malformati). Nel frattempo, però, la più grande crisi sanitaria legata alle “droghe” è stata provocate da sostanze legali, diffuse da cause farmaceutiche che ad un certo punto avevano deciso che per aumentare i loro profitti nelle vendite e in borsa avrebbero puntato sulla diffusione degli oppioidi come antidolorifici “comuni” ed hanno poi sguinzagliato migliaia di informatori negli studi medici di tutto il paese a offrire depliant con articoli scientifici selezionati, corsi d’aggiornamento gratuiti etc.\r\n\r\nNegli ultimi dieci anni negli Stati Uniti la War On Drugs sta finendo: attualmente sono 33 gli stati che consentono almeno l’utilizzo e la vendita di cannabis medica e 15 (Arizona, Montana, Mississippi, New Jersey, South Dakota ed Oregon si sono aggiunte alla lista durante l’ultimo Election Day del 4 novembre) che consentono l’uso e la vendita di quella “ricreativa”. Secondo la Gallup, l’istituto di ricerca statistica che da anni registra un consenso crescente nell’opinione pubblica statunitense alla legalizzazione della marijuana (arrivato nel 2020 al record di 65% di favorevoli), la diffusione dell’epidemia d’oppioidi è stato uno dei fattori che hanno fatto crescere il sostegno alle tesi antiproibizioniste.\r\n\r\nIntanto, perché è diffusa la convinzione che la cannabis possa essere un’efficace sostituto per gli oppiodi, convinzione che, peraltro, sembrerebbe confermata da uno studio pubblicato il 27 gennaio sul British Medical Journal. Secondo la ricerca, l”accesso ai negozi legali di cannabis è associato a una riduzione delle morti legate agli oppioidi negli Stati Uniti, in particolare quelle legate agli oppioidi sintetici come il fentanyl. Confrontando i dati provenienti da 812 contee sulla presenza di punti vendita di marijuana legale e l’evoluzione dei tassi di overdose a casa di oppioidi, i ricercatori hanno verificato che le contee con un maggior numero di dispensari di cannabis attivi sono associate a tassi ridotti di mortalità legata ad overdose: la presenza di due dispensari, a scopi medici o ricreativi, è accompagnata dalla diminuzione del tasso di vittime degli oppiacei del 17%, mentre nelle contee dove sono presenti tre dispensari il tasso diminuisce di un ulteriore 9%.\r\n\r\nCertamente, però, anche perché proprio l’epidemia d’oppioidi è la dimostrazione del fallimento della War On Drugs che lo storico Howard Zinn ha definito a suo tempo “la causa delle più gravi, le più diffuse e le più sistematiche violazioni dei diritti umani della storia degli Stati Uniti”. Non per niente, la fine della War On Drugs è stata una delle richieste più condivise nei movimenti contro la polizia e contro Trump che dalla fine di maggio, dopo la morte di George Flloyd, hanno occupato (e continuano ad occupare anche dopo l’elezione di Biden perché anche chi l’ha votato contro Trump sa che non ci sono governanti amici, ma al massimo nemici meno nemici) le strade e le piazze della citta USA.\r\n\r\nLa War On Drugs non sta finendo solo negli USA. L’assemblea delle 53 nazioni rappresentate nella mattinata del 2 dicembre alla riconvocazione della 63ma CND “Conferenza Droghe Narcotiche delle Nazioni Unite” a Vienna ha votato la riclassificazione della cannabis come richiesto da un comitato di esperti nominato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e la cannabis è stata tolta dalla Tabella IV – quella delle sostanze “a rischio particolarmente forte di abuso e senza alcuna utilità terapeutica” – e messa nella Tabella I, quella delle “sostanze pericolose” che comprende i farmaci legali ottenuti senza prescrizione. Questo di fatto rende non più valida la Convenzione di Vienna che dagli anni Sessanta ha messo fuorilegge la cannabis in tutto il mondo (anche se negli ultimi anni è stata legalizzata in Canada e in Uruguay, è in libera vendita da mezzo secolo nei coffee shop olandesi e da un po’ di tempo anche nei cannabis club spagnoli).\r\n\r\nIn Messico, in Svizzera, in Lussemburgo e in Macedonia del Nord sono stati già approvati dei progetti di legalizzazione di cui sono ancora stati definiti i tempi ma che si concretizzeranno nei prossimi anni.\r\n\r\nIn Italia, invece, siamo ancora ai tempi in cui basta un docufilm su Netflix su Muccioli “San Patrignano – luci e ombre”, che pur mostrando più luci che ombre non può tacere sull’omicidio di Roberto Maranzano, i suicidi nascosti le centinaia di denunce di violenze etc. e la reazione non è chiedersi come sia possibile che un tale lager degli orrori non sia ancora stato chiuso ma le urla e gli strepiti di fascisti e leghisti che, dello stupratore e torturatore Vincenzo Muccioli, ne fanno un emblema e che sono pronti a lanciarsi in una nuova e più feroce stagione della Guerra Alla Droga all’Italiana. La Lega ha dichiarato che i soldi del Recovery Fund dovrebbero essere impiegati “per la lotta alla droga (…) per costruire nuove carceri e per finanziare le comunità terapeutiche” e per quando tornerà al governo ha già presentato una proposta di legge a prima firma Molinari composta da due soli articoli che prevedono: 1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo cannabis. Ad esempio, se un ragazzo dopo aver “fatto un tiro” passa alla propria ragazza o al proprio ragazzo una canna ci dovrebbe essere l’arresto immediato; 2. dopo l’arresto, l’incarcerazione.\r\n\r\nSecondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro e questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene cannabis ed il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro (tanto per intenderci, per l’omicidio, così come da articolo 575 del codice penale, è prevista una pena dai 21 anni di carcere). Nel novero della cannabis, peraltro, rientra secondo la Lega anche la cannabis light (quella con basso contenuto di Thc che secondo un recente pronunciamento della Commissione Europea dovrebbe essere commercializzabile in tutta la UE), che viene venduta in centinaia di hemp shops di tutta Italia e che è proprio la marijuana che “non fa niente – speriamo che non si annoi” (come diceva una vignetta di Matteo Guarrnaccia ripresa anche da Gaber), visto che ha solo proprietà rilassanti senza avere effetti psichedelici.\r\n\r\nAd accompagnare il ritorno della crociata proibizionista anche un articolo sul settimanale berlusconiano Panorama che ha pubblicato un editoriale del direttore dal titolo: “Perché il consumo di droga va punito” (con a fianco, peraltro, una pubblicità, a tutta pagina, di una marca di grappa “da condividere e gustare in ogni occasione”), come se non fosse già punito abbastanza in quest’Italia più di un milione e 200mila persone sono state segnalate e sanzionate solo in quanto consumatori di sostanze proibite. Da parte loro, Pd e M5S che sono al governo (e probabilmente ci resteranno) non riescono neanche a trovare un cavillo per regolamentare in qualche modo la cannabis light e continuano solo a proseguire la Guerra alla Droga all’italiana. Senza farsi mancare neanche di fare un accordo antidroga con l’Iran (dove secondo Iran Human Rights, il governo nel 2019 ha giustiziato almeno 30 persone accusate di reati di droga), come rivelato dal Tehran Times che ha riferito che: “Dopo un incontro con l’ufficiale di collegamento della polizia antidroga italiana Salvatore Labarbera, il capo della polizia antidroga iraniana Majid Karimi ha annunciato che il livello di cooperazione tra i due Paesi sarà rafforzato e incrementato per la necessità di combattere gli stupefacenti anche a livello internazionale”, anche se fornire assistenza diretta contro il narcotraffico alle operazioni antidroga iraniane, comporterà inevitabilmente condanne a morte per presunti autori di reati di droga (e proprio per questo motivo hanno rifiutato di fornire assistenza alle operazioni antidroga iraniane Germania, Austria, Danimarca, Irlanda e Norvegia).\r\n\r\nIn questo contesto si comprende il silenzio su uno degli episodi più gravi avvenuti negli ultimi anni in Italia, la morte di 13 detenuti dopo le rivolte in carcere nel marzo dell’anno scorso. Anche se non si sa ancora di cosa sono morti (visto che scandalosamente non sono stati ancora rivelati i risultati delle autopsie mentre iniziano ad uscire testimonianze sull’ultraviolenza delle forze di polizie intervenute), erano tutti dentro “per droga” e sicuramente sono vittime di questa Guerra Alla Droga che è prima di tutto una guerra contro le persone che provoca soltanto sofferenza e dolore.”","9 Febbraio 2021","2021-02-09 17:26:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-1024x575.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs-768x431.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/war-on-drugs.jpg 1296w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","La war on drugs sta finendo. 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In pochi anni l’uso prolungato di oppioidi si è fatto sempre più frequente e diffuso, al punto che già all’inizio dei Duemila è arrivata quella che i Cdc hanno definito “la prima ondata di morti per overdose da oppioidi”, quasi interamente causata dall’utilizzo di farmaci legali.\r\n\r\nDi fronte a questa prima ondata di morti, il governo federale e i vari governi statali non hanno saputo far di meglio che aumentare i prezzi dei farmaci e varare misure per limitare la prescrizione di oppioidi da parte dei medici, con cose tipo il divieto di prescrivere oppioidi negli ospedali e nelle cliniche free-care (“gratuite”). Queste misure non hanno certo impedito a chi se lo poteva permettere di continuare ad utilizzare oppioidi con ricetta a pagamento ed hanno creato così un mercato parallelo illegale per chi come molti lavoratori manuali dei settori della logistica e della ristorazione non poteva permettersi di perdere lo stipendio mettendosi in malattia e neanche però di aggiungere il prezzo della ricetta a quello del farmaco. 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Nel frattempo, però, la più grande crisi sanitaria legata alle “droghe” è stata provocate da sostanze legali, diffuse da cause farmaceutiche che ad un certo punto avevano deciso che per aumentare i loro profitti nelle vendite e in borsa avrebbero puntato sulla diffusione degli oppioidi come antidolorifici “comuni” ed hanno poi sguinzagliato migliaia di informatori negli studi medici di tutto il paese a offrire depliant con articoli scientifici selezionati, corsi d’aggiornamento gratuiti etc.\r\n\r\nNegli ultimi dieci anni negli Stati Uniti la War On Drugs sta finendo: attualmente sono 33 gli stati che consentono almeno l’utilizzo e la vendita di \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> medica e 15 (Arizona, Montana, Mississippi, New Jersey, South Dakota ed Oregon si sono aggiunte alla lista durante l’ultimo Election Day del 4 novembre) che consentono l’uso e la vendita di quella “ricreativa”. Secondo la Gallup, l’istituto di ricerca statistica che da anni registra un consenso crescente nell’opinione pubblica statunitense alla legalizzazione della marijuana (arrivato nel 2020 al record di 65% di favorevoli), la diffusione dell’epidemia d’oppioidi è stato uno dei fattori che hanno fatto crescere il sostegno alle tesi antiproibizioniste.\r\n\r\nIntanto, perché è diffusa la convinzione che la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> possa essere un’efficace sostituto per gli oppiodi, convinzione che, peraltro, sembrerebbe confermata da uno studio pubblicato il 27 gennaio sul British Medical Journal. Secondo la ricerca, l”accesso ai negozi legali di \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> è associato a una riduzione delle morti legate agli oppioidi negli Stati Uniti, in particolare quelle legate agli oppioidi sintetici come il fentanyl. Confrontando i dati provenienti da 812 contee sulla presenza di punti vendita di marijuana \u003Cmark>legale\u003C/mark> e l’evoluzione dei tassi di overdose a casa di oppioidi, i ricercatori hanno verificato che le contee con un maggior numero di dispensari di \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> attivi sono associate a tassi ridotti di mortalità legata ad overdose: la presenza di due dispensari, a scopi medici o ricreativi, è accompagnata dalla diminuzione del tasso di vittime degli oppiacei del 17%, mentre nelle contee dove sono presenti tre dispensari il tasso diminuisce di un ulteriore 9%.\r\n\r\nCertamente, però, anche perché proprio l’epidemia d’oppioidi è la dimostrazione del fallimento della War On Drugs che lo storico Howard Zinn ha definito a suo tempo “la causa delle più gravi, le più diffuse e le più sistematiche violazioni dei diritti umani della storia degli Stati Uniti”. Non per niente, la fine della War On Drugs è stata una delle richieste più condivise nei movimenti contro la polizia e contro Trump che dalla fine di maggio, dopo la morte di George Flloyd, hanno occupato (e continuano ad occupare anche dopo l’elezione di Biden perché anche chi l’ha votato contro Trump sa che non ci sono governanti amici, ma al massimo nemici meno nemici) le strade e le piazze della citta USA.\r\n\r\nLa War On Drugs non sta finendo solo negli USA. L’assemblea delle 53 nazioni rappresentate nella mattinata del 2 dicembre alla riconvocazione della 63ma CND “Conferenza Droghe Narcotiche delle Nazioni Unite” a Vienna ha votato la riclassificazione della \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> come richiesto da un comitato di esperti nominato dall’Organizzazione mondiale della Sanità e la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> è stata tolta dalla Tabella IV – quella delle sostanze “a rischio particolarmente forte di abuso e senza alcuna utilità terapeutica” – e messa nella Tabella I, quella delle “sostanze pericolose” che comprende i farmaci legali ottenuti senza prescrizione. Questo di fatto rende non più valida la Convenzione di Vienna che dagli anni Sessanta ha messo fuorilegge la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> in tutto il mondo (anche se negli ultimi anni è stata legalizzata in Canada e in Uruguay, è in libera vendita da mezzo secolo nei coffee shop olandesi e da un po’ di tempo anche nei \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> club spagnoli).\r\n\r\nIn Messico, in Svizzera, in Lussemburgo e in Macedonia del Nord sono stati già approvati dei progetti di legalizzazione di cui sono ancora stati definiti i tempi ma che si concretizzeranno nei prossimi anni.\r\n\r\nIn Italia, invece, siamo ancora ai tempi in cui basta un docufilm su Netflix su Muccioli “San Patrignano – luci e ombre”, che pur mostrando più luci che ombre non può tacere sull’omicidio di Roberto Maranzano, i suicidi nascosti le centinaia di denunce di violenze etc. e la reazione non è chiedersi come sia possibile che un tale lager degli orrori non sia ancora stato chiuso ma le urla e gli strepiti di fascisti e leghisti che, dello stupratore e torturatore Vincenzo Muccioli, ne fanno un emblema e che sono pronti a lanciarsi in una nuova e più feroce stagione della Guerra Alla Droga all’Italiana. La Lega ha dichiarato che i soldi del Recovery Fund dovrebbero essere impiegati “per la lotta alla droga (…) per costruire nuove carceri e per finanziare le comunità terapeutiche” e per quando tornerà al governo ha già presentato una proposta di legge a prima firma Molinari composta da due soli articoli che prevedono: 1. l’immediato arresto di chiunque coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito o consegna per qualunque scopo \u003Cmark>cannabis\u003C/mark>. Ad esempio, se un ragazzo dopo aver “fatto un tiro” passa alla propria ragazza o al proprio ragazzo una canna ci dovrebbe essere l’arresto immediato; 2. dopo l’arresto, l’incarcerazione.\r\n\r\nSecondo la proposta della Lega la pena dovrebbe andare dai 3 ai 6 anni di carcere con una sanzione dai 5mila ai 20mila euro e questo in modo tassativo perché la proposta chiede di eliminare le pene alternative al carcere, come i lavori di pubblica utilità. Se invece la persona coltiva o detiene \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> ed il giudice non riscontra la “lieve entità”, la pena dovrebbe salire dai 6 ai 20 anni di carcere e dai 26mila ai 260mila euro (tanto per intenderci, per l’omicidio, così come da articolo 575 del codice penale, è prevista una pena dai 21 anni di carcere). Nel novero della \u003Cmark>cannabis\u003C/mark>, peraltro, rientra secondo la Lega anche la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> light (quella con basso contenuto di Thc che secondo un recente pronunciamento della Commissione Europea dovrebbe essere commercializzabile in tutta la UE), che viene venduta in centinaia di hemp shops di tutta Italia e che è proprio la marijuana che “non fa niente – speriamo che non si annoi” (come diceva una vignetta di Matteo Guarrnaccia ripresa anche da Gaber), visto che ha solo proprietà rilassanti senza avere effetti psichedelici.\r\n\r\nAd accompagnare il ritorno della crociata proibizionista anche un articolo sul settimanale berlusconiano Panorama che ha pubblicato un editoriale del direttore dal titolo: “Perché il consumo di droga va punito” (con a fianco, peraltro, una pubblicità, a tutta pagina, di una marca di grappa “da condividere e gustare in ogni occasione”), come se non fosse già punito abbastanza in quest’Italia più di un milione e 200mila persone sono state segnalate e sanzionate solo in quanto consumatori di sostanze proibite. Da parte loro, Pd e M5S che sono al governo (e probabilmente ci resteranno) non riescono neanche a trovare un cavillo per regolamentare in qualche modo la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> light e continuano solo a proseguire la Guerra alla Droga all’italiana. Senza farsi mancare neanche di fare un accordo antidroga con l’Iran (dove secondo Iran Human Rights, il governo nel 2019 ha giustiziato almeno 30 persone accusate di reati di droga), come rivelato dal Tehran Times che ha riferito che: “Dopo un incontro con l’ufficiale di collegamento della polizia antidroga italiana Salvatore Labarbera, il capo della polizia antidroga iraniana Majid Karimi ha annunciato che il livello di cooperazione tra i due Paesi sarà rafforzato e incrementato per la necessità di combattere gli stupefacenti anche a livello internazionale”, anche se fornire assistenza diretta contro il narcotraffico alle operazioni antidroga iraniane, comporterà inevitabilmente condanne a morte per presunti autori di reati di droga (e proprio per questo motivo hanno rifiutato di fornire assistenza alle operazioni antidroga iraniane Germania, Austria, Danimarca, Irlanda e Norvegia).\r\n\r\nIn questo contesto si comprende il silenzio su uno degli episodi più gravi avvenuti negli ultimi anni in Italia, la morte di 13 detenuti dopo le rivolte in carcere nel marzo dell’anno scorso. Anche se non si sa ancora di cosa sono morti (visto che scandalosamente non sono stati ancora rivelati i risultati delle autopsie mentre iniziano ad uscire testimonianze sull’ultraviolenza delle forze di polizie intervenute), erano tutti dentro “per droga” e sicuramente sono vittime di questa Guerra Alla Droga che è prima di tutto una guerra contro le persone che provoca soltanto sofferenza e dolore.”",[129],{"field":84,"matched_tokens":130,"snippet":126,"value":127},[12],1155199671761633300,{"best_field_score":133,"best_field_weight":94,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":45,"score":134,"tokens_matched":14,"typo_prefix_score":45},"1112386306048","1155199671761633393",{"document":136,"highlight":155,"highlights":160,"text_match":131,"text_match_info":163},{"cat_link":137,"category":138,"comment_count":45,"id":139,"is_sticky":45,"permalink":140,"post_author":102,"post_content":141,"post_date":142,"post_excerpt":51,"post_id":139,"post_modified":143,"post_thumbnail":51,"post_thumbnail_html":51,"post_title":144,"post_type":56,"sort_by_date":145,"tag_links":146,"tags":152},[42],[44],"22552","http://radioblackout.org/2014/04/manette-e-marijuana/","Gli amanti della libera coltivazione della marijuana hanno ricevuto dai media nostrani un bel pesce d'aprile. Nel pomeriggio di martedì 1° aprile, radio, TV e giornali, poco prima della votazione finale alla Camera dei Deputati del cosiddetto Decreto Svuotacarceri, hanno iniziato a diffondere la notizia che tra le depenalizzazioni previste vi fosse anche quella della coltivazione della cannabis per uso personale. La notizia ha subito fatto il giro dei social network, ma è finita anche sulle pagine dei giornali e sono fiorite le fantasie di piante di ganja che si godevano finalmente indisturbate il sole nei balconi e nei giardini. Peccato, però, che all’interno dello Svuotacarceri (che le carceri le svuoterà poco e chissà quando, visto che si tratta di una legge delega, cioè di un provvedimento che richiede che il Governo entro 18 mesi emani i relativi decreti legislativi), l'unica modifica prevista in merito alla coltivazione di sostanze stupefacenti riguardi solo ed esclusivamente le violazioni commesse da istituti universitari e laboratori pubblici di ricerca che hanno ottenuto autorizzazione ministeriale alla coltivazione per scopi scientifici, sperimentali o didattici. Attualmente, se questi istituti autorizzati dal Ministero non osservano le prescrizioni cui l'autorizzazione e' subordinata, commettono il reato di cui all'art. 28, comma 2 del Testo Unico sugli stupefacenti, che prevede l'arresto sino ad un anno, mentre in futuro non incorreranno più in sanzioni penali ma solo pecuniarie. Chi, invece, coltiva piante di cannabis senza autorizzazione ministeriale - che come detto puo' essere concessa solo a istituti universitari e laboratori pubblici di ricerca - continua ad essere perseguito penalmente, esattamente come prima e rischia di andare in galera.\r\n A proposito di galera, il Capo del Dipartimento dell`Amministrazione Penitenziaria ha confermato in un’audizione alla Camera che il numero di detenuti imprigionati per la Fini-Giovanardi abolita dalla Corte Costituzionale dopo anni di mobilitazioni antiproibizioniste ammonta a 8.589 definitivi e 4.345 in attesa di giudizio e che una parte considerevole di questi è rappresentato «da detenuti che scontano la pena per aver ceduto quantitativi di hashish e marijuana». L'applicazione della sentenza della Corte ai detenuti in attesa di giudizio è relativamente semplice: sulla base dei nuovi parametri, il giudice delle indagini preliminari potrà rivalutare la sussistenza dei presupposti per la custodia cautelare in carcere e verranno poi eventualmente condannati sulla base delle nuove pene che distinguono tra “droghe leggere” e “droghe pesanti”. Per chi, invece, è già stato condannato definitivamente, il codice di procedura penale prevede la possibilità di rivolgersi al «giudice dell'esecuzione» per tutto ciò che riguarda la pena in corso e in teoria si può chiedere al giudice anche di rideterminare la pena giudicata illegittima dalla Consulta, ma questa possibilità viene lasciata totalmente all’arbitrio giudici dell`esecuzione. Ed, inoltre, non è scontato che tutti i detenuti abbiano le informazioni e l'assistenza legale necessarie per far valere le proprie ragioni. A questo caos legislativo si aggiunge quanto denunciato dall’associazione A Buon Diritto. “Prima ancora della decisione della Corte costituzionale, il Governo Letta ha giustamente trasformato l'attenuante della «lieve entità» nel possesso di sostanze stupefacenti in un reato autonomo con propri limiti di pena e, soprattutto, di durata massima della custodia cautelare. Ma, delineato nel quadro precedente alla decisione della Corte, il nuovo reato di «lieve entità» non distingue tra «droghe leggere» e «droghe pesanti»”. Così, in caso della lieve entità, saranno punite allo stesso modo (con pene da uno a cinque anni) la detenzione di sostanze che in caso di quantitativi più ingenti sono puniti con pene molto diverse tra di loro (da 8 a 20 anni di carcere nel caso delle droghe pesanti, da due a sei anni nel caso delle droghe leggere) e sono punite quasi allo stesso modo la detenzione di piccoli o di ingenti quantitativi di droghe leggere (da uno a cinque anni nel primo caso, da due a sei anni nel secondo).\r\n Intanto, la macchina proibizionista continua a funzionare a pieno regime. A giudicare dalle notizie di agenzia, la moda della primavera proibizionista 2014 sono le perquisizioni nelle scuole superiori. Per fortuna, c’è sempre più spesso chi dice no. A Pisa le perquisizioni in classe all’ITC Pacinotti, dopo le proteste dell’Osservatorio Antipro, le rivelazioni del quotidiano indipendente on line Paginaq.it e la presa di posizione della maggior parte degli insegnanti della scuola, alla fine sono costate il posto alla preside che aveva richiesto l’intervento della Guardia di Finanza. A Terni, invece, Franco Coppoli, docente di lettere all'Istituto per Geometri «Sangallo» e referente provinciale dei Cobas, ha impedito alla polizia, con tanto di cane antidroga, di perquisire la classe in cui stava insegnando. Come ha raccontato l’insegnante all’ANSA, “ero in cattedra e stavo interrogando quando la porta si è aperta e ho visto un cane lupo e tre poliziotti. Hanno intimato di uscire dall'aula. Ho chiesto loro se avessero il mandato di un magistrato, mi hanno risposto che erano autorizzati dalla preside. A quel punto ho fatto presente che non potevano bloccare l'attività didattica e che avrei presentato una denuncia per interruzione di pubblico servizio qualora lo avessero fatto. Il controllo, in classe, non c'è stato». Per punirlo del suo atto di coraggio, la sua dirigente scolastica ha chiesto all'Ufficio scolastico provinciale e regionale l'avvio di un procedimento disciplinare, di sospensione superiore ai dieci giorni.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri di Psychoattiva.\r\n Ascolta la diretta:\r\n\r\nrobertino","16 Aprile 2014","2021-09-18 16:48:50","Manette e marijuana",1397665130,[147,148,149,150,151],"http://radioblackout.org/tag/corte-costituzionale/","http://radioblackout.org/tag/decreto-svuotacarceri/","http://radioblackout.org/tag/leggi-proibizioniste/","http://radioblackout.org/tag/marijuana/","http://radioblackout.org/tag/pisa/",[153,28,24,15,154],"corte costituzionale","Pisa",{"post_content":156},{"matched_tokens":157,"snippet":158,"value":159},[12],"anche quella della coltivazione della \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> per uso personale. La notizia","Gli amanti della libera coltivazione della marijuana hanno ricevuto dai media nostrani un bel pesce d'aprile. 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in Italia.\r\n\r\nIl punto di partenza è la recente relazione al Parlamento della Direzione Nazionale Antimafia che annuncia: \"si ha il dovere di evidenziare che, nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si registra il totale fallimento dell'azione repressiva\".\r\n\r\nTutte le istituzioni, dal Parlamento alla magistratura, si inseriscono oggi in un dibattito complesso e articolato che molte realtà portano avanti da anni e che considera tutti gli usi dei cannabinoidi, da quello terapeutico a quello ludico, dall'autoproduzione ai modi per non sostenere le dinamiche del narcotraffico, alla nascita dei Cannabis Social Club nel nostro paese.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Frankie, dell' Infoshock del CSOA Gabrio di Torino, attivo da anni nella controinformazione rispetto all'uso delle sostanze.\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nmarijuana legale_frankie","23 Marzo 2015","2015-03-25 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Queste critiche per un lungo periodo sono rimaste confinate nell’ambito ristretto delle riviste accademiche di diritto e di medicina o tra le pagine della stampa libertaria (il nostro Umanità Nova già nel 1921 pubblicava un durissimo articolo di Errico Malatesta contro la messa fuorilegge della cocaina in Francia), ma sono diventate sempre più diffuse a partire dagli anni ‘50 con la diffusione della cannabis tra i giovani europei e nordamericani da una parte e con la conseguente repressione poliziesca dall’altra. Molti fanno risalire la data di nascita “ufficiale” delle mobilitazioni antiproibizioniste al 25 luglio 1967 quando il Times di Londra ospitò in un’intera pagina a pagamento un appello per la legalizzazione della marijuana firmato dal filosofo Alaistair McIntyre, dallo psichiatra Ronald Laing, dal sociologo Tariq Ali, da tutti e quattro i membri dei Beatles (secondo alcuni sarebbero stati proprio i componenti della boy band più famosa di tutti i tempi a pagare il costoso annuncio), dal loro manager Brian Epstein e da altri personaggi della scena musicale e culturale britannica. Il giorno dopo anche Bertrand Russell esprimeva la propria adesione all’appello. L’evento che aveva scatenato la mobilitazione era stata, solo poche settimane prima, l’incarcerazione di Mick Jagger e Keith Richards dei Rolling Stones, in prigione dal 29 giugno per detenzione e uso di marijuana. 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Pochi giorno dopo il quotidiano The Guardian dichiarava “già morta” la convenzione internazionale contro “la droga” entrata in vigore sotto l’egida dell’Onu e grazie alle pressioni del governo USA solo pochi anni prima.\r\nQuasi mezzo secolo dopo, la War On Drugs infuria più che mai e si fa sempre più feroce, tanto che, come ha denunciato da tempo Amnesty International, non fa che allungarsi la lista dei Paesi che applicano la pena di morte per traffico di droga e ogni anno centinaia di persone vengono giustiziate in Cina, Arabia Saudita, Indonesia, Iran etc per quello che i giuristi definiscono “un reato senza vittime”, nel senso che chi assume sostanze illecite ne ricava un danno, ma lo fa comunque in genere volontariamente e senza essere costretto (esattamente come nessuno viene a costretto a rovinarsi il fegato mangiando 5 hamburger di fila o a farsi venire il diabete con una dieta zuccheri e junk food). Contemporaneamente, in questi 50 anni in cui la War On Drugs ha prodotto solo guadagni stratosferici per i narcos e carcerei piene di disgraziati, non sono mai finite neanche le mobilitazioni antiproibizioniste. Anzi, proprio in questi ultimi anni hanno segnato importanti risultati, sia negli USA (dove grazie ad una serie di referendum popolari la cannabis cosiddetta “terapeutica” è ormai legale in 24 stati, mentre in altri 5 è legale la marijuana tout court) che in Europa (basti pensare alla diffusione dei Cannabis Social Club in Spagna) che in America Latina. Giusto pochi giorni fa, il 7 luglio in Cile (dove è ancora in vigore la legge sulle droghe approvata negli anni ’70 dal dittatore Pinochet, che prevede sino a 15 anni di carcere per la coltivazione di cannabis) la Camera dei Deputati ha votato ad ampia maggioranza un disegno di legge che consentirebbe il possesso fino a 500 grammi di cannabis e la coltivazione di sei piante.\r\nAnche in Italia, il movimento antiproibizionista è sempre stato attivo a partire dall’opposizione contro la legge Craxi-Jervolino tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 fino all’incessante mobilitazione che ha portato la Corte Costituzionale nel febbraio dell’anno scorso a pochi giorni di distanza dalla grande manifestazione nazionale organizzata dalla Rete Fino Alla Fine Del Mondo Proibizionista. Non c’è da stupirsi che in questo clima mercoledì scorso sia stata presentato un disegno di legge per la legalizzazione della cannabis in Italia redatto dall’Intergruppo “Cannabis Legale” e firmato da 218 parlamentari tra Camera e Senato (SEL al gran completo, M5S in forze, un po’ di PD e un po’ di ex centrodestra ed ex centrosinistra). Il capo dell’intergruppo è Benedetto Della Vedova, una vecchia volpe della politica, fra le altre cose ex presidente dei Radicali (il partito degli sciacalli delle lotte per i diritti civili, da mezzo secolo ininterrottamente) e ex deputato di Futuro e Libertà, oggi sottosegretario agli Esteri del Governo Renzi. La proposta di legge prevede che i maggiorenni possano detenere una modica quantità per uso ricreativo: 15 grammi a casa, 5 grammi fuori casa, mentre rimarrebbe il divieto assoluto per i minorenni. Sarebbe consentita l’autocoltivazione a casa fino a 5 piante ma vietata la vendita del raccolto. Possibili però i cannabis social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la cannabis e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla cannabis in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un cannabis sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della cannabis non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la cannabis abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la cannabis i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di cannabis problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della cannabis sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"","31 Luglio 2015","2018-10-17 22:09:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/07/cannabis-200x110.jpg","Cannabis legale? 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Possibili però i \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> social club: ai maggiorenni residenti in Italia sarà consentita la coltivazione in forma associata in gruppi fino a 50 membri. Consentita anche la vendita: previa autorizzazione, si potrà lavorare e coltivare la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> e venderla in negozi specializzati, forniti di licenza dei monopoli, mentre rimarrebbero vietate l’importazione e l’esportazione. E’ una legge che in gran parte ricalca la normativa sulla \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> in vigore in Uruguay dalla fine dello scorso anno, con l’unica differenza che in Uruguay la marijuana (quando verrà attivata anche la vendita al dettaglio) verrà venduta in farmacia. Condita comunque di una iperburocratizzazione e di una ipocrisia tutte italiane. Per la coltivazione personale sarebbe necessario inviare una comunicazione all’Ufficio regionale dei Monopoli a cui bisognerebbe chiedere l’autorizzazione non solo per la produzione commerciale, ma anche per poter fare un \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> sociale. E in questa caldissima estate in cui di notte le piazze, i parchi e le spiaggie s’illuminano delle braci dei joint e dei chilum, la proposta di Dalla Vedova etc prevede che non si potrà fumare in nessun luogo pubblico e in nessun luogo aperto al pubblico, costringendo quindi i fumatori a rimanere rinchiusi nelle loro case (una limitazione non prevista né dalla legge uruguayana né da quelle degli stati USA che vietano di fumare ganja solo nei luoghi dove è già vietato fumare tabacco). Dulcis in fundo, la legalizzazione della \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> non comporta l’attenuazione delle norme e delle sanzioni previste dal Codice della strada per la guida in stato di alterazione psico-fisica (che prevedono tra l’altro, il ritiro della patente anche fino a 2 anni e addirittura il carcere e la confisca del mezzo). Secondo il testo proposto dall’intergruppo, bontà loro, “rimane aperta comunque la questione relativa alle tecniche di verifica che attestino un’alterazione effettivamente in atto, come per gli alcolici”. In effetti la questione che rimane aperta da più di 40 anni (da quando nello Stato di Washington vennero fatti i primi studi “dal vivo” con automobilisti fumati che però guidavano in modo prudente) è piuttosto se la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> abbia un effetto negativo sulla guida. Tanto per intenderci, in Colorado dove dopo che hanno legalizzato la \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> i test li fanno solo agli automobilisti che hanno provocato incidenti o che hanno commesso gravi infrazioni e dove attualmente il limite è di 5 mcg per litro di sangue (quello che potrebbe avere un adulto di 70 kg che nelle ultime 24 ore avesse fumato 2 g di erba con THC al 20%), stanno abbassando di abolirli del tutto questi limiti o per lo meno di riconsiderarli, dopo che è uscito uno studio del NIDA che stabilisce che per produrre nei consumatori di \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> problemi di guida accumunabili a quelli di chi ha 0,5g/l di alcol servivano concentrazioni di thc di almeno 13,1 mcg/l, cioè più del doppio del limite permesso agli automobilisti secondo le leggi del Colorado.\r\nInsomma, nella miglior tradizione di quel Teatro Dell’Assurdo che è la politica istituzionale italiana, una proposta di legge per la legalizzazione, ma piena di pruderie proibizioniste. Non c’è da stupirsi visto che tra i primi firmatari ci sono molti del M5s a cominciare dai quattro membri del direttorio, Alessandro Di Battista, Carla Ruocco, Roberto Fico, Luigi Di Maio che solo pochi giorni prima avevano lanciato un comunicato stampo sul fatto che molti profughi che arrivano in Italia in realtà non sarebbero altro che “spacciatori professionisti di droga”, riprendendo un appello del Coisp (il sindacato di polizia di ultradestra noto alle cronache per aver organizzato un presidio contro la madre di Federico Aldrovandi e, più di recente, per la proposta di rimuovere da Piazza Alimonda a Genova la targa che ricorda Carlo Giuliani). \r\nCerto, una pur minimissima forma di depenalizzazione della \u003Cmark>cannabis\u003C/mark> sarebbe un grande passo in avanti anche perché, come assicura la saggezza contadini appena si aprono i cancelli, i buoi scappano. La proposta di Della Vedova etc è però solo uno specchietto per le allodole per acchiappare i voti degli ingenui, ma con pochissime possibilità di concretizzarsi in qualche modo. Il Governo Renzi a causa della sua alleanza di ferro con l’NCD non riesce neanche ad approvare una prudentissima legge sulle unioni civili, figuriamoci legalizzare la cannabis (e infatti il ministro della Giustizia pd Orlando ha subito che lui se ne lava le mani dicendo che e’ competenza degli organismi internazionali e transnazionali). E, tanto per rimanere nel mondo della realtà, solo poche settimane fa’ l’Associazione Antigone e la Società della Ragione hanno denunciato che in carcere ci sono ancora migliaia di detenuti per la legge Fini-Giovanardi dichiarata poi incostituzionale.\"",{"matched_tokens":324,"snippet":325,"value":325},[190,69],"\u003Cmark>Cannabis\u003C/mark> \u003Cmark>legale\u003C/mark>? 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