","Giannini: dalla Digos a capo della polizia","post",1615305163,[62,63,64,65,66,67,68],"http://radioblackout.org/tag/capo-della-polizia/","http://radioblackout.org/tag/depistaggio-caso-alpi/","http://radioblackout.org/tag/digos/","http://radioblackout.org/tag/gabrielli/","http://radioblackout.org/tag/lamberto-giannini/","http://radioblackout.org/tag/lamorgese/","http://radioblackout.org/tag/servizi-segreti/",[70,71,72,73,74,75,28],"capo della polizia","depistaggio caso alpi","digos","gabrielli","lamberto giannini","lamorgese",{"post_content":77,"post_title":83,"tags":86},{"matched_tokens":78,"snippet":81,"value":82},[79,80,15],"capo","della","nella Digos, è il nuovo \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> al posto di Gabrielli, promosso","Lamberto Giannini, la cui carriera si è forgiata nella Digos, è il nuovo \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> al posto di Gabrielli, promosso sottosegretario agli Interni con delega ai servizi. 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Il giovane aveva aggredito un agente con un coltello dopo essere stato colpito con lo spray al peperoncino e il collega del poliziotto ha sparato almeno cinque colpi di pistola. Il capo della polizia Franco Gabrielli, nel commentare la vicenda, ha annunciato: \"Per la sicurezza di tutti, le forze dell'ordine avranno pistole elettriche taser\".\r\n\r\nC'è l'ok del ministro dell'Interno Matteo Salvini e del capo della polizia Franco Gabrielli, convinto che a Genova la pistola elettrica avrebbe evitato al poliziotto di restare ferito da una coltellata e soprattutto avrebbe risparmiato la vita al giovane. Presto i poliziotti avranno in dotazione i taser, ufficialmente con la motivazione che così potranno agire in sicurezza e non arrecare danno eccessivo alle persone in determinati interventi (tra cui l'ordine pubblico).\r\n\r\nLo scorso 20 marzo una circolare del vice capo della polizia dichiarava l'arma elettrica compatibile con la normativa italiana: un apparente paradosso, visto che l'Onu la classifica come strumento di tortura. A seguito della circolare, che ha avviato la sperimentazione della pistola taser in sei questure italiane, Amnesty International Italia ha rilasciato questo commento: “Apparentemente, queste pistole sembrano avere tutti i vantaggi: facili da usare, efficaci e risolutive in situazioni complicate, tanto nei confronti di persone recalcitranti all’arresto quanto di prigionieri in rivolta o di folle aggressive. In più, portano con sé quella definizione rassicurante di ‘armi meno che letali’ o ‘non letali’\". Ma, proseguono, i dati restituiscono un quadro diverso: \"negli Usa e in Canada, dal 2001, il numero delle morti direttamente o indirettamente correlate alle taser è superiore al migliaio. Nel 90 per cento dei casi, le vittime erano disarmate. Gli studi medici a disposizione sono concordi nel ritenere che l’uso delle Taser abbia avuto conseguenze mortali su soggetti con disturbi cardiaci o le cui funzioni, nel momento in cui erano stati colpiti dalla Taser, erano compromesse da alcool o droga o, ancora, che erano sotto sforzo, ad esempio al termine di una colluttazione o di una corsa. 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La deciusione è stata presa dal ministro della giustizia Nordio, che ha scelto di non convalidarne l’arresto.\r\nElmasry veniva arrestato a Torino nella giornata di martedì 21 Gennaio, mentre pare stesse assistendo ad un match tra le squadre della Juve e del Milan. Alcuni commentatori hanno poi ipotizzato che la presenza allo stadio fosse solo una copertura per incontri di altra natura.\r\nD’altronde sono ben conosciuti i rapporti economici e politici tra l’Italia e la Libia, tra cui vergognosamente spiccano i finanziamenti italiani alla guardia costiera perché effettui i rimpatri dei migranti e la reclusione in lager gestiti proprio dalla polizia Libica. Altri interessi non secondari riguardano gli interessi de colosso Eni, interessato al greggio libico, verso il quale ha già annunciato nuove perforazioni con il benestare libico.\r\n\r\nIl governo e i suoi ministri hanno quindi tutte le intenzioni ha scarcerare quello che è a tutti gli effetti un loro partner in affari, così come a non lasciarlo nelle mani degli investigatori dell’Interpol.Fino al punto di prendere la decisione dell’Italia di non eseguire il mandato d’arresto della Corte penale internazionale, di cui ora l’Aja chiede conto.\r\n\r\nCosa ne è rimasto del sistema di cooperazione internazionale a livello giuridico e quali sono i precedenti che hanno reso così facile per il governo Italiano di farne beffe?\r\n\r\nRisponde alle nostre domande Ugo Giannangeli, avvocato penalista.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/giannelli.mp3\"][/audio]","24 Gennaio 2025","2025-01-24 14:34:18","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"167\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo-300x167.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo-300x167.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo-768x428.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo-200x110.png 200w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/Progetto-senza-titolo.png 810w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","COSA RESTA DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE: MANDATI DI ARRESTO DISATTESI E IL CASO ELMASRY",1737725889,[197,198,199],"http://radioblackout.org/tag/accordi-italia-libia/","http://radioblackout.org/tag/corte-penale-internazionale/","http://radioblackout.org/tag/libia/",[201,202,18],"accordi italia-libia","Corte Penale Internazionale",{"post_content":204,"post_title":208},{"matched_tokens":205,"snippet":206,"value":207},[79,80,15],"Osama Najeem Elmasry Habish, \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> giuridica libica e oggetto di","Osama Najeem Elmasry Habish, \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> giuridica libica e oggetto di un mandato di arresto internazionale, è stato rilasciato e comodamente scortato in Libia. 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I fatti dimostrano il contrario. Sia la cooperazione militare sia le operazioni di addestramento della polizia egiziana da parte di quella italiana vanno a gonfie vele. L’Italia è arrivata a caldeggiare la candidatura dell’Egitto come accademia di polizia per gli altri stati africani.\r\n\r\nNel settembre 2018, infatti, i militari italiani sono stati impegnati in una lunga e complessa esercitazione aeronavale e terrestre nell’Egitto nord-occidentale, accanto ai reparti d’élite delle forze armate egiziane e USA e di quelle di altri due imbarazzanti partner mediorientali, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, contestualmente impegnati a bombardare la popolazione civile in Yemen anche con velivoli e bombe made in Italy. Peccato però che della partecipazione italiana alla maxi-esercitazione multinazionale in Egitto non c’è traccia nei report dello Stato Maggiore della difesa, di norma prodigo a fornire particolari sugli uomini e i sistemi d’arma impiegati nei giochi di guerra d’oltremare.\r\nBright Star, cioè stella luminosa, è il nome in codice dell’esercitazione tenutasi dal 10 al 20 settembre 2018 ad ovest di Alessandria d’Egitto, con quartier generale e comando operativo nella base militare “Mohamed Naguib” del governatorato di Marsa Matruh, al confine con la Libia. Secondo il portavoce delle forze armate egiziane, Tamer El-Refaei, a Bright Star 2018 hanno partecipato unità di Egitto, Stati Uniti d’America, Grecia, Giordania, Italia, Francia, Arabia Saudita, Regno Unito ed Emirati Arabi, più “osservatori” provenienti da 13 nazioni: Libano, Rwanda, Iraq, Pakistan, India, Kenya, Tanzania, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, Sud Africa, Senegal e Canada.\r\nI precedenti war games all’ombra delle piramidi erano stati accompagnati da comunicati stampa delle forze armate tricolori. Nel 2018, dopo il caso Regeni, il governo italiano, ha deciso di lanciare il sasso, nascondendo la mano: si è guardato bene dal sospendere la partecipazione italiana a Bright Star, ma vi ha fatto calare un imbarazzato silenzio stampa.\r\nTre mesi più tardi di Bright Star, le forze aeronavali di Egitto, Regno Unito ed Italia si sono ritrovate fianco a fianco in un’esercitazione nelle acque nazionali egiziane nel Mediterraneo.\r\nOsservatori militari italiani hanno presenziato all’esercitazione aero-navale “Medusa 10” che si è tenuta nelle acque del Mediterraneo nel dicembre 2020, presenti le unità di Egitto, Grecia, Francia e Cipro. Ad assistere ai war games anche gli osservatori di Germania, USA, Giordania, Sudan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.\r\n\r\nIl primo dicembre 2019 il Ministero dell’Interno dell’Egitto annunciava la firma a Roma di un protocollo che prorogava sino alla fine del 2021 le attività di formazione e addestramento congiunte tra la polizia egiziana e quella italiana.\r\nSull’indigesta partnership con le forze dell’ordine egiziane, responsabili di torture omicidi, il Viminale ha preferito sino ad oggi mantenere il silenzio. Nonostante dalla scomparsa del giovane ricercatore, a capo del Viminale si siano alternate quattro persone (Alfano, Minniti, Salvini e Lamorgese), il modus operandi è stato lo stesso: finanziare, addestrare e armare nell’ombra i partner egiziani.\r\n\r\nIl 13 settembre 2017 il salto qualitativo nella collaborazione inter-ministeriale: a Roma veniva siglato un protocollo tecnico tra il Capo dell’Accademia di Polizia Ahmed Adel Elamry e il prefetto Bontempi per promuovere un Centro internazionale di formazione specialistica nel settore del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori. Il Centro sarà poi istituito al Cairo proprio nell’Accademia che da tempi remoti forma le sanguinarie forze dell’ordine egiziane. “Si tratta di un’istituzione tristemente nota per detenzioni arbitrarie, torture e uccisioni extragiudiziali.\r\nIl programma di formazione al Cairo è stato interamente finanziato dal Ministero dell’Interno italiano (grazie al Fondo Interno per la Sicurezza con contributo Ue di 1.073.521 euro) ed è stato co-gestito da funzionari italiani ed egiziani. Denominato Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy) ha preso il via il 19 marzo 2018 con tre corsi annuali per 360 operatori di polizia di 22 Paesi africani: oltre all’Egitto, Algeria, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Gibuti, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Tunisia. Quasi una riedizione, in salsa africana, della Escuela de las Americas che il Pentagono e la CIA istituirono a Panama negli anni ’80 del secolo scorso per addestrare i militari delle dittature latinoamericane.\r\nIl Viminale ha seguito ogni tappa di ITEPA. All’inaugurazione era presente l’allora Capo della Polizia Franco Gabrielli, già direttore dei servizi segreti SISDE e AISE e odierno sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega alla sicurezza della Repubblica. Roma si è fatta carico perfino delle spese per acquisire i gadget dell’evento, un’esoterica piramide in cristallo ottico con incisione laser, importo 2.500 euro più IVA, contribuendo altresì con più di 40.000 euro per pagare l’alloggio e la ristorazione a 82 partecipanti presso il lussuoso Four Seasons Hotel Cairo at Nile Plaza. Inviato d’onore al workshop di formazione del luglio 2018, l’allora direttore del Servizio immigrazione della Polizia di Stato, Vittorio Pisani, ex capo della squadra mobile di Napoli, dal 22 gennaio scorso vicedirettore dei servizi segreti Aisi (nomina del premier Conte).\r\nIl progetto Itepa si è concluso a Roma il 27 novembre 2019 con una conferenza presso la scuola Superiore di Polizia, alla presenza ancora una volta del prefetto Franco Gabrielli, del direttore centrale dell’Immigrazione Massimo Bontempi e del generale Ahemed Ibrahim. “Considerato il successo riscosso dal progetto, Italia ed Egitto, firmeranno un memorandum d’intesa per estendere la validità del protocollo del 13 settembre 2017, avviando così un’ulteriore edizione che si chiamerà Itepa 2, anch’essa finanziata dall’Unione europea e di durata biennale”, riportava una nota emessa dalla Polizia di Stato. Secondo quanto riferito qualche settimana fa da Ylva Johansson, commissaria Ue per gli Affari Interni, le autorità italiane intenderebbero finanziare il nuovo progetto tramite l’Internal Security Fund Borders and Visa, previsto dal nuovo piano finanziario 2021-2027. L’approvazione definitiva avverrà non prima del settembre di quest’anno.\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, insegnante, antimilitarista, blogger\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/2021-03-30-mazzeo-egitto.mp3\"][/audio]","30 Marzo 2021","2021-03-30 17:37:13","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"214\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-300x214.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-300x214.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1-768x548.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/03/Esercitazione-militare-Egitto-1024x730-1.png 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Italia-Egitto. 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I fatti dimostrano il contrario. Sia la cooperazione militare sia le operazioni di addestramento \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> egiziana da parte di quella italiana vanno a gonfie vele. L’Italia è arrivata a caldeggiare la candidatura dell’Egitto come accademia di \u003Cmark>polizia\u003C/mark> per gli altri stati africani.\r\n\r\nNel settembre 2018, infatti, i militari italiani sono stati impegnati in una lunga e complessa esercitazione aeronavale e terrestre nell’Egitto nord-occidentale, accanto ai reparti d’élite delle forze armate egiziane e USA e di quelle di altri due imbarazzanti partner mediorientali, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, contestualmente impegnati a bombardare la popolazione civile in Yemen anche con velivoli e bombe made in Italy. Peccato però che \u003Cmark>della\u003C/mark> partecipazione italiana alla maxi-esercitazione multinazionale in Egitto non c’è traccia nei report dello Stato Maggiore \u003Cmark>della\u003C/mark> difesa, di norma prodigo a fornire particolari sugli uomini e i sistemi d’arma impiegati nei giochi di guerra d’oltremare.\r\nBright Star, cioè stella luminosa, è il nome in codice dell’esercitazione tenutasi dal 10 al 20 settembre 2018 ad ovest di Alessandria d’Egitto, con quartier generale e comando operativo nella base militare “Mohamed Naguib” del governatorato di Marsa Matruh, al confine con la Libia. Secondo il portavoce delle forze armate egiziane, Tamer El-Refaei, a Bright Star 2018 hanno partecipato unità di Egitto, Stati Uniti d’America, Grecia, Giordania, Italia, Francia, Arabia Saudita, Regno Unito ed Emirati Arabi, più “osservatori” provenienti da 13 nazioni: Libano, Rwanda, Iraq, Pakistan, India, Kenya, Tanzania, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Ciad, Sud Africa, Senegal e Canada.\r\nI precedenti war games all’ombra delle piramidi erano stati accompagnati da comunicati stampa delle forze armate tricolori. Nel 2018, dopo il caso Regeni, il governo italiano, ha deciso di lanciare il sasso, nascondendo la mano: si è guardato bene dal sospendere la partecipazione italiana a Bright Star, ma vi ha fatto calare un imbarazzato silenzio stampa.\r\nTre mesi più tardi di Bright Star, le forze aeronavali di Egitto, Regno Unito ed Italia si sono ritrovate fianco a fianco in un’esercitazione nelle acque nazionali egiziane nel Mediterraneo.\r\nOsservatori militari italiani hanno presenziato all’esercitazione aero-navale “Medusa 10” che si è tenuta nelle acque del Mediterraneo nel dicembre 2020, presenti le unità di Egitto, Grecia, Francia e Cipro. Ad assistere ai war games anche gli osservatori di Germania, USA, Giordania, Sudan, Arabia Saudita ed Emirati Arabi.\r\n\r\nIl primo dicembre 2019 il Ministero dell’Interno dell’Egitto annunciava la firma a Roma di un protocollo che prorogava sino alla fine del 2021 le attività di formazione e addestramento congiunte tra la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> egiziana e quella italiana.\r\nSull’indigesta partnership con le forze dell’ordine egiziane, responsabili di torture omicidi, il Viminale ha preferito sino ad oggi mantenere il silenzio. Nonostante dalla scomparsa del giovane ricercatore, a \u003Cmark>capo\u003C/mark> del Viminale si siano alternate quattro persone (Alfano, Minniti, Salvini e Lamorgese), il modus operandi è stato lo stesso: finanziare, addestrare e armare nell’ombra i partner egiziani.\r\n\r\nIl 13 settembre 2017 il salto qualitativo nella collaborazione inter-ministeriale: a Roma veniva siglato un protocollo tecnico tra il \u003Cmark>Capo\u003C/mark> dell’Accademia di \u003Cmark>Polizia\u003C/mark> Ahmed Adel Elamry e il prefetto Bontempi per promuovere un Centro internazionale di formazione specialistica nel settore del controllo delle frontiere e \u003Cmark>della\u003C/mark> gestione dei flussi migratori. Il Centro sarà poi istituito al Cairo proprio nell’Accademia che da tempi remoti forma le sanguinarie forze dell’ordine egiziane. “Si tratta di un’istituzione tristemente nota per detenzioni arbitrarie, torture e uccisioni extragiudiziali.\r\nIl programma di formazione al Cairo è stato interamente finanziato dal Ministero dell’Interno italiano (grazie al Fondo Interno per la Sicurezza con contributo Ue di 1.073.521 euro) ed è stato co-gestito da funzionari italiani ed egiziani. Denominato Progetto ITEPA (International Training at Egyptian Police Academy) ha preso il via il 19 marzo 2018 con tre corsi annuali per 360 operatori di \u003Cmark>polizia\u003C/mark> di 22 Paesi africani: oltre all’Egitto, Algeria, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Gibuti, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Tunisia. Quasi una riedizione, in salsa africana, \u003Cmark>della\u003C/mark> Escuela de las Americas che il Pentagono e la CIA istituirono a Panama negli anni ’80 del secolo scorso per addestrare i militari delle dittature latinoamericane.\r\nIl Viminale ha seguito ogni tappa di ITEPA. All’inaugurazione era presente l’allora \u003Cmark>Capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>Polizia\u003C/mark> Franco Gabrielli, già direttore dei servizi segreti SISDE e AISE e odierno sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega alla sicurezza \u003Cmark>della\u003C/mark> Repubblica. Roma si è fatta carico perfino delle spese per acquisire i gadget dell’evento, un’esoterica piramide in cristallo ottico con incisione laser, importo 2.500 euro più IVA, contribuendo altresì con più di 40.000 euro per pagare l’alloggio e la ristorazione a 82 partecipanti presso il lussuoso Four Seasons Hotel Cairo at Nile Plaza. Inviato d’onore al workshop di formazione del luglio 2018, l’allora direttore del Servizio immigrazione \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>Polizia\u003C/mark> di Stato, Vittorio Pisani, ex \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> squadra mobile di Napoli, dal 22 gennaio scorso vicedirettore dei servizi segreti Aisi (nomina del premier Conte).\r\nIl progetto Itepa si è concluso a Roma il 27 novembre 2019 con una conferenza presso la scuola Superiore di \u003Cmark>Polizia\u003C/mark>, alla presenza ancora una volta del prefetto Franco Gabrielli, del direttore centrale dell’Immigrazione Massimo Bontempi e del generale Ahemed Ibrahim. “Considerato il successo riscosso dal progetto, Italia ed Egitto, firmeranno un memorandum d’intesa per estendere la validità del protocollo del 13 settembre 2017, avviando così un’ulteriore edizione che si chiamerà Itepa 2, anch’essa finanziata dall’Unione europea e di durata biennale”, riportava una nota emessa dalla \u003Cmark>Polizia\u003C/mark> di Stato. 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Molti manifestanti erano tornati a casa. Altri, soprattutto gli stranieri, si erano fermati a Genova.\r\n\r\nLa memoria di quella notte rimarrà per sempre impressa nei corpi e nelle menti dei 93 uomini e donne che quella notte dormivano alla Diaz. L'irruzione della polizia e il pestaggio feroce che ne seguì, lasciò sgomenti anche i giornalisti mainstream che il mattino successivo entrarono nell'edificio. Sangue raggrumato, capelli contro gli stipiti, libri, zaini, abiti alla rinfusa: le tracce di una vera “macelleria messicana”.\r\n\r\nI poliziotti che massacrarono quelli della Diaz non sono mai stati “scoperti”, i funzionari coinvolti in quell'operazione – come quelli della caserma delle torture a Bolzaneto – se la sono cavata con la prescrizione. Tutti, o quasi, hanno fatto folgoranti carriere. Il capo della polizia De Gennaro è oggi a capo di Finmeccanica, il colosso dell'industria bellica italiana.\r\n\r\nLa sentenza di ieri è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dal più anziano dei manifestanti della Diaz, all'epoca dei fatti aveva 62 anni, che si ritrovò con una gamba rotta, un braccio fracassato e lesioni ovunque.\r\n\r\nSebbene la sentenza della corte faccia propria la ricostruzione dei vari processi che segnava una secca divisione tra manifestanti dei blocchi giallo, blu e rosa e il blocco nero, indicato come unico responsabile degli eccessi della polizia, la sentenza della CEDU non manca di rilevare le caratteristiche strutturali delle violenze poliziesche in un paese dove l'impunità per le divise è del tutto normale.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Eugenio Losco, avvocato di Milano, in prima fila nel difendere gli attivisti dei movimenti sociali che restano impigliati nelle maglie della legge.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\neugenio_genova_tortura","8 Aprile 2015","2015-04-10 12:00:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/04/diaz1-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/04/diaz1-300x199.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/04/diaz1-300x199.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/04/diaz1.jpg 494w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torture al G8 di Genova: la condanna della corte europea",1428531384,[289,290,291,292,293],"http://radioblackout.org/tag/black-bloc/","http://radioblackout.org/tag/cedu/","http://radioblackout.org/tag/diaz/","http://radioblackout.org/tag/g8-genova/","http://radioblackout.org/tag/torture/",[295,296,297,298,31],"black bloc","CEDU","Diaz","g8 genova",{"post_content":300,"post_title":304},{"matched_tokens":301,"snippet":302,"value":303},[79,80,15],"hanno fatto folgoranti carriere. 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A volte torturano persone che non dovrebbero essere torturate.\r\nAltrettanto fece Hitler, naturalmente, e scandalizzò il mondo. Nessuno si preoccupa di ciò che accade nelle nostre carceri, o nelle carceri di Lisbona o di Caracas, ma Hitler era troppo promiscuo. Era un poco come se, nel suo Paese, un autista avesse dormito con una nobildonna.»\r\n«Cose del genere non ci scandalizzano più»\r\n«Corrono tutti gravi pericoli quando mutano le cose che scandalizzano»\"\r\n\r\nA mio avviso la distinzione fra \"torturabili\" e \"non torturabili\" proposta da Segura può essere tranquillamente estesa a quella fra assassinabili e non assassinabili.\r\n\r\nMentre stendo queste note i media continuano a discutere, analizzare, enfatizzare i fatti di Parigi.\r\n\r\nCredo si debba fare uno sforzo per lasciare da parte la repulsione per una strage non perché non meriti repulsione ma perché l'assassinio di innocenti, realizzato in forme diverse, non è l'eccezione ma la regola nell'universo nel quale viviamo e non è accettabile che vi siano crimini che meritano la condanna e crimini che si possono tacere.\r\nAlle porte stesse dell'Occidente laico, democratico, civile ogni giorno muoiono migranti costretti, per entrare in Europa, ad affrontare situazioni di gravissimo rischio, ogni giorno le guerre che si svolgono nelle periferie del mondo, guerre alle quali le grandi democrazie occidentali non sono certe estranee, producono, direttamente ed indirettamente, la morte, ferite e mutilazioni, malattie, sofferenze per migliaia di persone.\r\n\r\nCon la strage di Parigi la guerra, quella guerra che, quando si svolge in Africa o nel Vicino Oriente, non impressiona più che tanto le popolazioni dell'occidente sviluppato, viene portata, con la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo, sul territorio metropolitano, cosa peraltro già avvenuta negli USA, come l'attacco alle due torri, in Gran Bretagna, in Spagna ecc..,\r\n\r\nLeggo, a questo proposito, diverse raffinate analisi di carattere dietrologico sulla strage di Parigi.\r\nSembra che a molti, negli ambienti della sinistra vintage, paia impossibile accettare il fatto che è perfettamente plausibile che un gruppo di giovanotti possa aver fatto tutto da sé e che esista, alle loro spalle e come loro riferimento, una corrente politico/religiosa non \"occidentale\" che è seriamente intenzionata ad occupare uno spazio nell'attuale equilibrio dei poteri.\r\n\r\nSemplicemente c'è chi non vuole capire che siamo, ed è assolutamente normale che sia così, in un mondo multipolare dove, per dirla in parole semplici, operano diversi attori politici, economici e sociali in concorrenza fra di loro e che non tutto può essere spiegato con manovre del Grande Satana statunitense o, è una variante diffusa, con la congiura ebraica.\r\nPer di più, ai terzomondisti d'envergure ripugna l'attribuire la parte del vilain a qualcuno che non sia la CIA o il Mossad.\r\nSembra impossibile che molti, troppi, che si vogliono nemici dell'attuale ordine del mondo non ritengano evidente che una società superiore, una società di liberi e di eguali, non può affermarsi riducendo le libertà attuali e assumendo modelli oscenamente regressivi e che, anzi, abbia come suo obiettivo proprio l'estensione delle libertà e il conseguente passaggio dall'eguaglianza politico/formale a quella sociale/reale ma, con ogni evidenza, è così.\r\nSi tratta, a mio avviso e in primo luogo, di prendere atto che un ordine del mondo unipolare, quello che sembrava in procinto di affermarsi dopo il crollo del blocco sovietico, semplicemente non esiste e non può esistere.\r\nA petto dell'innegabile egemonia militare statunitense, si sono sviluppate importanti potenze regionali, Cina, Russia, Brasile, India ecc. alcune delle quali, in particolare la Cina, hanno sviluppato una concorrenza sul piano economico con l'imperialismo statunitense assolutamente efficace.\r\nLo stesso rapporto tra USA ed Europa, in particolare ma non solo, con la Germania è tutt'altro che armonico visto che scontri di interesse sono presenti e rilevanti.\r\nE' in questo scenario che la stessa idea di un'onnipotenza statunitense nel complicato scenario del vicino oriente non ha alcun serio fondamento.\r\nCertamente, infatti, gli USA hanno usato l'islamismo in funzione antisovietica in occasione della guerra in Afghanistan e non solo ma è bene ricordare che prima la caduta dello Scia in Iran, poi la vittoria di un partito islamico in Turchia e la conseguente fine di due importanti alleati in quell'area, dimostrano che quanto avviene non è riconducibile a schemi semplici e rassicuranti con gli USA, e magari la lobby ebraica, nella parte dei cattivi.\r\nEsistono soggetti politici importanti, veri, radicati che non sono riconducibili all'egemonia statunitense. Esistono, soprattutto, culture, modelli sociali, potenze economiche, in primo luogo l'Islam, diversi, radicalmente diversi, da quello egemone nelle metropoli capitalistiche occidentali.\r\nCiò pone problemi nuovi e importanti alla teoria politica, la religione che molti di noi avevano considerato come un fattore politico tendenzialmente residuale riprende un peso inimmaginabile sino a qualche decennio addietro.\r\nMorte le due principali religioni laiche della modernità, il nazionalismo/fascismo europeo classico e il comunismo, le grandi religioni tradizionali, in particolare islam, cattolicesimo, cristianesimo ortodosso e induismo ma anche, in funzione anticattolica e in questo caso sul serio con finanziamenti statunitensi, un protestantesimo ateologico che si diffonde massicciamente in particolare nell'America latina, riprendono un ruolo importante come fattori di tenuta della società contro l'impatto distruttivo del mercato e del nichilismo individualista dell'occidente.\r\nE’ fra l’altro interessante rilevare che proprio il fascismo, che sembrava destinato alle fogne della storia, riprende un ruolo nelle diverse forme che assume dall’islamofascismo al razzismo dei difensori della Fortezza Europa passando per tutte le varianti del caso, peraltro i fascismi, proprio per il loro carattere nazionale, razziale e religioso, sono per loro stessa natura plurali e spesso in conflitto fra dio loro. 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Hanno usato il nome di dio e del profeta per giustificare l’ingiustificabile. Da afroeuropea e da musulmana io non ci sto”. \r\nIo con questa gente sono in guerra da trent’anni. Li affrontavo con i pugni all’epoca dell’università e con le parole e con le azioni da allora e fino a oggi. Sono trent’anni che li combatto e sono trent’anni che il sistema della Nato e i suoi alleati li sostengono regolarmente ogni dieci anni per fomentare una guerra di qua o di là. \r\nAnche io sono afroeuropeo, sono originario di un paese a maggioranza musulmana ma non mi considero un musulmano: non sono praticante, non sono credente. Ma anche io non ci sto. Non ci sto con questi folli, non ci sto quando lo fanno a Parigi ma non ci sto nemmeno quando lo fanno a Tripoli, Malula o a Qaraqush. \r\nNon sto con loro e non sto con chi li arma un giorno e poi li bombarda il giorno dopo. Non ci sto in questa storia nel suo insieme e non solo quando colpisce il cuore di questa Europa costruita su “valori di convivenza e pace”. Perché dico che questa Europa deve essere costruita su valori di pace e convivenza anche altrove, non solo internamente (ammesso che internamente lo sia). \r\nTu dici che questo non è islam. Io dico che anche questo è islam. L’islam è di tutti. Buoni o cattivi che siano. E come succede con ogni religione ognuno ne fa un po’ quello che vuole. La adatta alle proprie convinzioni, paure, speranze e interessi. Nelle prossime ore, i comunicati di moschee e centri islamici arriveranno in massa, non ti preoccupare. Tutti (o quasi) giustamente si dissoceranno da questo atto criminale. Qualche altro Abu Omar sparirà dalla circolazione per non creare imbarazzo a nessuno. La Lega e altri avvoltoi si ciberanno di questa storia per mesi, forse per anni. E noi ci faremo di nuovo piccoli piccoli, in attesa della fine della tempesta. Come stiamo facendo dopo questi attentati (forse) commessi da quella stessa rete che la Nato aveva creato per combattere una sua sporca guerra. \r\nLoro creano mostri e poi, quando gli si rivoltano contro, noi dobbiamo chiedere scusa, dissociarci e farci piccoli. A me questo giochino non interessa più. Non chiedo scusa a nessuno e non mi dissocio da niente. Io devo pretendere delle scuse. Io devo chiedere a questi signori di dissociarsi, definitivamente, non ad alternanza, da questa gente: amici in Afghanistan e poi nemici, amici in Algeria e poi nemici, amici in Libia e poi… non ancora nemici lì ma nemici nel vicino Mali, amici in Siria poi ora metà amici e metà nemici… Io non ho più pazienza per questi macabri giochini. Mando allo stesso inferno sia questi mostri sia gli stregoni della Nato e dei paesi del Golfo che li hanno creati e li tengono in vita da decenni. 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A volte torturano persone che non dovrebbero essere torturate.\r\nAltrettanto fece Hitler, naturalmente, e scandalizzò il mondo. Nessuno si preoccupa di ciò che accade nelle nostre carceri, o nelle carceri di Lisbona o di Caracas, ma Hitler era troppo promiscuo. Era un poco come se, nel suo Paese, un autista avesse dormito con una nobildonna.»\r\n«Cose del genere non ci scandalizzano più»\r\n«Corrono tutti gravi pericoli quando mutano le cose che scandalizzano»\"\r\n\r\nA mio avviso la distinzione fra \"torturabili\" e \"non torturabili\" proposta da Segura può essere tranquillamente estesa a quella fra assassinabili e non assassinabili.\r\n\r\nMentre stendo queste note i media continuano a discutere, analizzare, enfatizzare i fatti di Parigi.\r\n\r\nCredo si debba fare uno sforzo per lasciare da parte la repulsione per una strage non perché non meriti repulsione ma perché l'assassinio di innocenti, realizzato in forme diverse, non è l'eccezione ma la regola nell'universo nel quale viviamo e non è accettabile che vi siano crimini che meritano la condanna e crimini che si possono tacere.\r\nAlle porte stesse dell'Occidente laico, democratico, civile ogni giorno muoiono migranti costretti, per entrare in Europa, ad affrontare situazioni di gravissimo rischio, ogni giorno le guerre che si svolgono nelle periferie del mondo, guerre alle quali le grandi democrazie occidentali non sono certe estranee, producono, direttamente ed indirettamente, la morte, ferite e mutilazioni, malattie, sofferenze per migliaia di persone.\r\n\r\nCon la strage di Parigi la guerra, quella guerra che, quando si svolge in Africa o nel Vicino Oriente, non impressiona più che tanto le popolazioni dell'occidente sviluppato, viene portata, con la strage dei giornalisti di Charlie Hebdo, sul territorio metropolitano, cosa peraltro già avvenuta negli USA, come l'attacco alle due torri, in Gran Bretagna, in Spagna ecc..,\r\n\r\nLeggo, a questo proposito, diverse raffinate analisi di carattere dietrologico sulla strage di Parigi.\r\nSembra che a molti, negli ambienti \u003Cmark>della\u003C/mark> sinistra vintage, paia impossibile accettare il fatto che è perfettamente plausibile che un gruppo di giovanotti possa aver fatto tutto da sé e che esista, alle loro spalle e come loro riferimento, una corrente politico/religiosa non \"occidentale\" che è seriamente intenzionata ad occupare uno spazio nell'attuale equilibrio dei poteri.\r\n\r\nSemplicemente c'è chi non vuole capire che siamo, ed è assolutamente normale che sia così, in un mondo multipolare dove, per dirla in parole semplici, operano diversi attori politici, economici e sociali in concorrenza fra di loro e che non tutto può essere spiegato con manovre del Grande Satana statunitense o, è una variante diffusa, con la congiura ebraica.\r\nPer di più, ai terzomondisti d'envergure ripugna l'attribuire la parte del vilain a qualcuno che non sia la CIA o il Mossad.\r\nSembra impossibile che molti, troppi, che si vogliono nemici dell'attuale ordine del mondo non ritengano evidente che una società superiore, una società di liberi e di eguali, non può affermarsi riducendo le libertà attuali e assumendo modelli oscenamente regressivi e che, anzi, abbia come suo obiettivo proprio l'estensione delle libertà e il conseguente passaggio dall'eguaglianza politico/formale a quella sociale/reale ma, con ogni evidenza, è così.\r\nSi tratta, a mio avviso e in primo luogo, di prendere atto che un ordine del mondo unipolare, quello che sembrava in procinto di affermarsi dopo il crollo del blocco sovietico, semplicemente non esiste e non può esistere.\r\nA petto dell'innegabile egemonia militare statunitense, si sono sviluppate importanti potenze regionali, Cina, Russia, Brasile, India ecc. alcune delle quali, in particolare la Cina, hanno sviluppato una concorrenza sul piano economico con l'imperialismo statunitense assolutamente efficace.\r\nLo stesso rapporto tra USA ed Europa, in particolare ma non solo, con la Germania è tutt'altro che armonico visto che scontri di interesse sono presenti e rilevanti.\r\nE' in questo scenario che la stessa idea di un'onnipotenza statunitense nel complicato scenario del vicino oriente non ha alcun serio fondamento.\r\nCertamente, infatti, gli USA hanno usato l'islamismo in funzione antisovietica in occasione \u003Cmark>della\u003C/mark> guerra in Afghanistan e non solo ma è bene ricordare che prima la caduta dello Scia in Iran, poi la vittoria di un partito islamico in Turchia e la conseguente fine di due importanti alleati in quell'area, dimostrano che quanto avviene non è riconducibile a schemi semplici e rassicuranti con gli USA, e magari la lobby ebraica, nella parte dei cattivi.\r\nEsistono soggetti politici importanti, veri, radicati che non sono riconducibili all'egemonia statunitense. 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Gli xenofobi di tutta Europa vanno in brodo di giuggiole per la gioia e anche gli establishment europei che non hanno risposte da dare per la crisi saranno contenti di resuscitare il vecchio spauracchio per far rientrare le pecore spaventate nel recinto. \r\nDa ogni parte ci viene chiesto di dissociarci, di scrivere che noi stiamo con Charlie, di condannare, di provare che siamo bravi immigrati, ben integrati, degni di vivere su questa terra di pace e di libertà. \r\nEbbene, anche se ovviamente condanno questo atto come condanno ogni violenza, non mi dissocio da niente. Non sono integrato e non chiedo scusa a nessuno. Io non ho ucciso nessuno e non c’entro niente con questa gente. Altrettanto non possono dire quelli che domani dichiareranno guerra a qualcuno in nome di questo crimine. \r\nTu dici: “Oggi mi hanno dichiarato guerra. Decimando militarmente la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo mi hanno dichiarato guerra. 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Non ci sto in questa storia nel suo insieme e non solo quando colpisce il cuore di questa Europa costruita su “valori di convivenza e pace”. Perché dico che questa Europa deve essere costruita su valori di pace e convivenza anche altrove, non solo internamente (ammesso che internamente lo sia). \r\nTu dici che questo non è islam. Io dico che anche questo è islam. L’islam è di tutti. Buoni o cattivi che siano. E come succede con ogni religione ognuno ne fa un po’ quello che vuole. La adatta alle proprie convinzioni, paure, speranze e interessi. Nelle prossime ore, i comunicati di moschee e centri islamici arriveranno in massa, non ti preoccupare. Tutti (o quasi) giustamente si dissoceranno da questo atto criminale. Qualche altro Abu Omar sparirà dalla circolazione per non creare imbarazzo a nessuno. La Lega e altri avvoltoi si ciberanno di questa storia per mesi, forse per anni. 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Se le foto di persone incatenate e caricate sui C-17 della 60th Air Mobility Wing (ala logistica dell’aeronautica militare) rimandano alla dimensione militare della War on Migrants, meno frequentemente se ne osserva quella finanziaria ed economica: cerchiamo di seguire l’andamento azionario dei colossi della carcerazione privata coinvolti nel fenomeno e alcune frizioni tra MAGA e Musk che riguardano il bisogno di forza lavoro per il settore hi-tech.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/BCUPCB_geo-group-migrants.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMESSICO\r\n\r\nTra ConsulApp Contigo, app per smartphone per avvisare familiari e consolati in caso si venga rastrellati dall’ICE, e tendopoli erette in fretta e furia al confine con gli USA, anche il Messico si prepara alle possibili deportazioni di massa.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/BCUPCB_mexico-migrants-app.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nACCORDI TRA EUROPOL E FORZE SICUREZZA EGIZIANE\r\n\r\nPartendo dall’osservazione del sostegno italiano nei confronti dell’apparato repressivo egiziano (sia in termini di formazione che di trasferimento di armi e tecnologie), approdiamo al tema centrale di questo approfondimento: gli accordi tra l’agenzia Europol e le forze di sicurezza di Al Sisi.\r\n\r\nIn compagnia di Yasha Maccanico di Statewatch.org cerchiamo di analizzare la genesi e il portato politico di questi accordi:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/BCUPCB_egitto-europol.mp3\"][/audio]","29 Gennaio 2025","2025-01-29 13:22:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/bcupcb_europol-egitto-200x110.jpg","Al-MASRI | WAR ON MIGRANTS: USA-MEXICO | ACCORDI EUROPOL-EGITTO","podcast",1738156955,[417,234,418,137,419,420,421],"http://radioblackout.org/tag/carcere/","http://radioblackout.org/tag/geo-group/","http://radioblackout.org/tag/scafisti/","http://radioblackout.org/tag/sorveglianza/","http://radioblackout.org/tag/war-on-migrants/",[383,241,423,26,424,425,426],"geo group","scafisti","sorveglianza","war on migrants",{"post_content":428},{"matched_tokens":429,"snippet":430,"value":431},[79,80,15],"liberazione e il rimpatrio del \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> giudiziaria libica Al-Masri.\r\n\r\nPartendo da","Estratti dalla puntata del 27 gennaio 2025 di Bello Come Una Prigione Che Brucia\r\n\r\n \r\n\r\nAL-MASRI E RAGIONE DI STATO\r\n\r\nPrima che venissero notificati degli avvisi di garanzia nei confronti di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano, provvedimenti immediatamente trasformati in elementi di distrazione e deviazione del portato politico \u003Cmark>della\u003C/mark> vicenda, abbiamo cercato di osservare alcuni aspetti inerenti la liberazione e il rimpatrio del \u003Cmark>capo\u003C/mark> \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> giudiziaria libica Al-Masri.\r\n\r\nPartendo da un breve contributo di Lorenzo D’Agostino, la riflessione si estende alle relazioni che si vanno a comporre con le entità statali (o parastatali) trasformate in gendarmi dell’Europa; concludiamo con le ipocrite e sadiche esternazioni del Ministro \u003Cmark>della\u003C/mark> Giustizia Nordio sulla forza da esibire nei confronti delle persone detenute, negando loro misure deflattive eccezionali come indulto o amnistia.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/BCUPCB_al-masri-carceri-italiane-nordio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n/ / / WAR ON MIGRANTS / / /\r\n\r\n\r\nUSA\r\n\r\nLe annunciate deportazioni di massa sono partite in modo spettacolarizzato, seppur non a pieno regime. 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Figure di funzionari di alto grado venuti da Roma, che \"prendono la situazione in mano\", come dirà uno di loro. Figure che fanno indagini di cui relazionano solo il ministro dell'Interno e il capo della Polizia, non i magistrati inquirenti. I loro nomi: Catenacci, Russomanno, Alduzzi e altri meno noti, spuntano qua e la tra le carte che sulla strage di Piazza Fontana si sono accumulate. Ma è solo nel 1996, 26 anni dopo quel tragico 15 dicembre 1969, che saranno chiamati a deporre di fronte ai magistrati ed anche allora nessuna domanda verrà posta loro su ciò che accadde quella notte nella questura di Milano, quando Pinelli morì. Dal 1996 le loro deposizioni resteranno chiuse negli armadi dei tribunali. 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Solo da poco ne sono uscite ed è di queste, dei documenti che le accompagnano, dell'ambigua e oscura presenza in quei giorni e in quella notte di personaggi che comandano, ma che si definiscono \"riservati\", che si parla e si documenta in queste pagine.\r\n\r\nAncora una volta questo breve testo non porta ad una verità definitiva: ma aggiunge elementi che fino ad oggi non erano noti, o erano stati trascurati. Ci è sembrato giusto raccogliere il testimone dai tanti che si sono avvicinati alla figura di Pinelli, certi di trovare altri disposti a farsi carico del seguito di questa ricerca, fino a che il fumo di quella stanza non sarà davvero diradato.",[484],{"field":112,"matched_tokens":485,"snippet":481,"value":482},[79,80,249],{"best_field_score":180,"best_field_weight":181,"fields_matched":353,"num_tokens_dropped":48,"score":436,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},{"document":488,"highlight":503,"highlights":513,"text_match":518,"text_match_info":519},{"comment_count":48,"id":489,"is_sticky":48,"permalink":490,"podcastfilter":491,"post_author":492,"post_content":493,"post_date":494,"post_excerpt":54,"post_id":489,"post_modified":495,"post_thumbnail":496,"post_title":497,"post_type":414,"sort_by_date":498,"tag_links":499,"tags":501},"94845","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-16-01-2025-al-confine-bulgaro-della-fortezza-europa-continua-la-strage-di-migranti-libano-israele-e-stati-uniti-puntano-alla-destabilizzazione-cercando-di-emarginare-hezbollah-sud/",[374],"radiokalakuta","Simone del collettivo \"Rotte balcaniche\" ci racconta la terribile esperienza vissuta al confine tra Bulgaria e Turchia.E' stato arrestato il 21 dicembre insieme a due compagne per aver soccorso dei migranti nel sud-est della Bulgaria, subendo un trattamento brutale da parte della polizia bulgara che si è di fatto rifiutata d'intervenire a soccorso dei migranti in difficoltà.\r\n\r\nRacconta Simone «Ci sono arrivate segnalazioni di tre minorenni soli e a rischio immediato di morte, probabilmente per ipotermia, vicino alla città di Burgas, nel sud-est della Bulgaria. I video che accompagnavano le segnalazioni mostravano due di loro sdraiati, privi di sensi, sulla neve. Abbiamo chiamato il numero di emergenza 112 numerose volte, chiedendo assistenza immediata. Allo stesso tempo ci siamo mossi per cercare di raggiungere i ragazzini ben sapendo per esperienza che la polizia di frontiera è solita omettere il soccorso dei migranti o respingerli in Turchia». Dopo essere stati fermati e minacciati più volte dalla polizia bulgara racconta Simone «Alla fine quando li abbiamo raggiunti i ragazzi erano già morti. Potevano essere salvati, accanto ai corpi c’erano impronte degli scarponi della polizia e i cadaveri erano visibili dal sentiero». Sulle risposte delle autorità sembrano esserci due sole spiegazioni possibili: o hanno visto e abbandonato le persone moribonde dopo averle trovate, oppure non hanno mai raggiunto le loro posizioni, pur avendo chiare indicazioni. Distinte impronte di stivali militari sulla neve intorno a uno dei corpi – poi cancellate quando la polizia di frontiera ha dovuto recuperare il corpo – suggeriscono che degli agenti erano presenti nelle ore precedenti, ma non hanno soccorso la persona, forse quando poteva ancora essere salvata.\r\n\r\n\r\nLe politiche migratorie europee stanno trasformando le frontiere di terra e di mare in veri e propri tritacarne autorizzati, che mettono le persone in pericolo e poi ne omettono il soccorso, rendendosi di fatto dirette responsabili della loro morte. Queste politiche hanno ucciso Ali, Samir e Yasser, così come decine di migliaia di individui alle frontiere europee negli ultimi vent’anni, e ne uccideranno molti altri se non verranno fermate. Non sono fallimenti delle politiche, ma le politiche stesse. Come premio per tutto ciò, alla Bulgaria è stato appena concesso l’accesso all’area Schengen.\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SIMONE-ROTTE-BALCANICHE-BASIONI-16012025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Lorenzo Forlani ,giornalista e analista freelance che vive a Beirut ,parliamo delle prospettive politiche libanesi dopo l'elezione del presidente della repubblica il generale ex capo dell'esercito Joseph Aoun e la designazione del primo ministro Nawaf Salam ,ex presidente della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazione Unite. Entrambi uomini di riconosciuta esperienza politica ,le nomine sono frutto di una mediazione con la volontà di Hezbollah ,che sia pur ridimensionato dal punto di vista militare dall'offensiva sionista e la perdita del corridoio siriano,ha ancora un notevole potere d'interdizione negli equilibri politici libanesi. Le nomine sono frutto anche della rinnovata influenza delle forze filoisraeliane e dell'ingerenza americana ,un Libano indebolito ulteriormente in cui le forze reazionarie acarezzassero il malsano progetto di isolare la comunità scita esasperando la frammnetazione etnico confessionale ,farebbe comodo ad Israele che vorrebe trasferire nel paese dei cedri il modello applicato in Cisgiordania . La perdita di Nasrallah ,sostituito dal poco carismatico Quassem ,depaupera dal punto di vista politico Hezbollah ,costringendolo a rivedere la sua proiezione regionale concentrandosi sugli equilibri interni . Gli enormi costi della ricostruzione e il finanziamento dell'esercito condizioneranno la politica libanese sempre più dipendente da attori esterni.La crisi economica e di senso che sta attraversando il paese ,soprattutto dopo l'esplosione nel porto di Beirut, costringe il Libano a ripensarsi oltre il consociativismo confessionale e a fare i conti con la mancata riconciliazione nazionale dopo la guerra civile durata dal 1975 al 1990.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/FORLANI-LIBANO-BASTIONI-16012025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Sara De Simone ,analista dell'ISPI , parliamo della guerra in Sudan dopo la conquista da parte dell'esercito di Burham della città di Wad Madani ,capitale dello stato di El Gezir ed importante nodo strategico di comunicazione a 200km dalla capitale. Si susseguono notizie di torture ed uccisioni extragiudiziarie contro le comunità accusate di collaborare con le RSF ,gli Stati Uniti hanno adottato delle sanzioni contro il leader delle Forze di Supporto Rapido Hemmeti ma anche contro sette imprese emiratine accusate di essere coinvolte in operazioni finanziarie con le RSF. Successivamente gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni al leader sudanese e capo dell’esercito Al Bhuram, accusandolo di aver scelto la via della guerra invece della negoziazione per porre fine al conflitto che ha causato decine di migliaia di morti e milioni di sfollati. Il Dipartimento del Tesoro statunitense ha dichiarato che sotto la guida di Al Burham, l’esercito sudanese ha adottato tattiche belliche che includono bombardamenti indiscriminati di infrastrutture civili, attacchi a scuole, mercati e ospedali, oltre a esecuzioni extragiudiziali. Questo equilibrismo sanzionatorio ha come scopo quello di segnalare la continua violazione di diritti umani da parte di entrambi gli schieramenti in una guerra brutale che non risparmia i civili e che ha provocato quasi 12 milioni di profughi e una crisi alimentari fra le più gravi del mondo .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/01/SARA-DE-SIMONE-SUDAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","20 Gennaio 2025","2025-01-20 15:32:16","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 16/01/2025-AL CONFINE BULGARO DELLA FORTEZZA EUROPA CONTINUA LA STRAGE DI MIGRANTI- LIBANO, ISRAELE E STATI UNITI PUNTANO ALLA DESTABILIZZAZIONE CERCANDO DI EMARGINARE HEZBOLLAH-SUDAN, L'ESERCITO CONQUISTA POSIZIONI MENTRE LA GUERRA NON SI FERMA.",1737387136,[500],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[502],"Bastioni di Orione",{"post_content":504,"post_title":509},{"matched_tokens":505,"snippet":507,"value":508},[506,15],"della ","un trattamento brutale da parte \u003Cmark>della \u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> bulgara che si è di","Simone del collettivo \"Rotte balcaniche\" ci racconta la terribile esperienza vissuta al confine tra Bulgaria e Turchia.E' stato arrestato il 21 dicembre insieme a due compagne per aver soccorso dei migranti nel sud-est \u003Cmark>della\u003C/mark> Bulgaria, subendo un trattamento brutale da parte \u003Cmark>della \u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> bulgara che si è di fatto rifiutata d'intervenire a soccorso dei migranti in difficoltà.\r\n\r\nRacconta Simone «Ci sono arrivate segnalazioni di tre minorenni soli e a rischio immediato di morte, probabilmente per ipotermia, vicino alla città di Burgas, nel sud-est \u003Cmark>della\u003C/mark> Bulgaria. 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Anche in streaming\r\n\r\nAscolta e diffondi il podcast:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/2022-04-29-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\nDi fioriere ostili e filantropi. Riflessioni su violenza poliziesca e riqualificazioni escludenti su un Lungo Dora di Torino. L’ostilità di fioriere e rastrelliere, gli sgomberi e le cariche della polizia, gli investimenti immobiliari paiono complementari alle attività di enti filantropici, complementari alle buone intenzioni di élite che colorano di benevolenza e accoglienza ogni dichiarazione pubblica. I fatti però raccontano un’altra storia\r\nCe ne ha parlato Francesco Miliaccio che a questi temi ha dedicato un articolo uscito su Napoli Monitor\r\n\r\nIl Balon, Green Pea e il Primo Maggio\r\nLa sacra alleanza tra Farinetti, il patron di Eataly, supermercato del gusto che a Torino ha ampliato i propri orizzonti commerciali con Green Pea, megastore di abiti, cosmetici, auto, cellulari all’insegna del green costoso e sofisticato e i gestori del Balon è un segno dei tempi. Il Primo Maggio il Balon ha incontrato Green Pea in un’iniziativa che li vede insieme al Lingotto. La data scelta è altamente simbolica e riflette i tempi che corrono. Tempi in cui le fortune degli imprenditori si disegnano sul disciplinamento violento di chi, per campare, è costretto a lavorare.\r\nGreen Pea è una gigantesca operazione di commercializzazione di prodotti ed immaginario, un green washing in cui si esibiscono e si mettono in vendita le principali aziende italiane in veste verde.\r\nScende in campo l’alleanza tra vintage e tecnologia avanzata.\r\nLo Storytelling è affidato a Federico Cavallero - Presidente Associazione Piemontestoria e Simone Gelato - Presidente Associazione Commercianti Balon. Cavallero, vicino ai negazionisti di Aliud, è il capo dei sorveglianti del Balon e complice con il suo sodale Gelato, nella repressione delle lotte contro lo sgombero del mercato degli stracci a san Pietro in Vincoli. \r\n\r\nI semi sotto la neve. Una nuova pubblicazione libertaria muove i suoi primi passi\r\nIl titolo scelto “per questa nuova rivista sintetizza il suo programma editoriale. Infatti, con l’espressione «Semi sotto la neve» (coniata da Ignazio Silone e ripresa concettualmente da Colin Ward) intendiamo proporre ai nostri lettori una rinnovata interpretazione del pensiero anarchico, delle esperienze libertarie e delle pratiche mutualistiche. Si tratta, a nostro parere, di valorizzare una dimensione costruttiva, positiva e sperimentale di una tradizione sociale, politica e culturale che riconosciamo come antiautoritaria e solidale.”\r\nNe abbiamo parlato con uno dei redattori, Francesco Codello\r\n\r\n40 anni fa usciva “L’ecologia della libertà”, un testo di grande attualità nonostante il già vetusto impianto hegelo-marxiano su cui incardina il proprio pensiero il suo autore, il libertario statunitense Murray Bookchin.\r\nL’aspetto più attuale del suo approccio, non è tanto quello politico, la cui trama appare debole, quanto la capacità di porre al centro la necessità di un approccio intersezionale alla questione ecologica, come parte importante della questione sociale. \r\nNe abbiamo parlato con Selva Varengo, che a Bookchin ha dedicato uno studio, uscito per i tipi di Zero in Condotta\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 14 maggio\r\nSmash the vision!\r\nMostr* in marcia contro la città vetrina\r\nAppuntamento alle 15 al parco Ruffini, viale Bistolfi\r\n\r\nGiovedì 19 maggio\r\nOre 18 alla tettoria dei contadini a Porta Palazzo\r\nNazisti buoni e nazisti cattivi. I paradossi nella narrazione della guerra in Ucraina tra nazionalismo, militarismo e la messa in scena di uno scontro di civiltà tra est e ovest\r\nProveremo a decostruire la narrazione di una guerra che, nei fatti, si colloca nello snodo cruciale di un conflitto interimperialistico multipolare.\r\nFaremo il punto sulle lotte contro la guerra, la Cittadella dell’aerospazio e la NATO a Torino e per lanciare lo sciopero generale del 20 maggio\r\nInterventi di Stefano Capello e di un’esponente dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nVenerdì 20 maggio\r\nsciopero generale contro la guerra\r\nOre 10 presidio alla fabbrica d’armi Collins aerospace di piazza Graf a Torino\r\nNel pomeriggio corteo per le strade del centro\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. 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Tempi in cui le fortune degli imprenditori si disegnano sul disciplinamento violento di chi, per campare, è costretto a lavorare.\r\nGreen Pea è una gigantesca operazione di commercializzazione di prodotti ed immaginario, un green washing in cui si esibiscono e si mettono in vendita le principali aziende italiane in veste verde.\r\nScende in campo l’alleanza tra vintage e tecnologia avanzata.\r\nLo Storytelling è affidato a Federico Cavallero - Presidente Associazione Piemontestoria e Simone Gelato - Presidente Associazione Commercianti Balon. Cavallero, vicino ai negazionisti di Aliud, è il \u003Cmark>capo\u003C/mark> dei sorveglianti del Balon e complice con il suo sodale Gelato, nella repressione delle lotte contro lo sgombero del mercato degli stracci a san Pietro in Vincoli. \r\n\r\nI semi sotto la neve. Una nuova pubblicazione libertaria muove i suoi primi passi\r\nIl titolo scelto “per questa nuova rivista sintetizza il suo programma editoriale. 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Si tratta, a nostro parere, di valorizzare una dimensione costruttiva, positiva e sperimentale di una tradizione sociale, politica e culturale che riconosciamo come antiautoritaria e solidale.”\r\nNe abbiamo parlato con uno dei redattori, Francesco Codello\r\n\r\n40 anni fa usciva “L’ecologia \u003Cmark>della\u003C/mark> libertà”, un testo di grande attualità nonostante il già vetusto impianto hegelo-marxiano su cui incardina il proprio pensiero il suo autore, il libertario statunitense Murray Bookchin.\r\nL’aspetto più attuale del suo approccio, non è tanto quello politico, la cui trama appare debole, quanto la capacità di porre al centro la necessità di un approccio intersezionale alla questione ecologica, come parte importante \u003Cmark>della\u003C/mark> questione sociale. \r\nNe abbiamo parlato con Selva Varengo, che a Bookchin ha dedicato uno studio, uscito per i tipi di Zero in Condotta\r\n\r\nAppuntamenti:\r\n\r\nSabato 14 maggio\r\nSmash the vision!\r\nMostr* in marcia contro la città vetrina\r\nAppuntamento alle 15 al parco Ruffini, viale Bistolfi\r\n\r\nGiovedì 19 maggio\r\nOre 18 alla tettoria dei contadini a Porta Palazzo\r\nNazisti buoni e nazisti cattivi. I paradossi nella narrazione \u003Cmark>della\u003C/mark> guerra in Ucraina tra nazionalismo, militarismo e la messa in scena di uno scontro di civiltà tra est e ovest\r\nProveremo a decostruire la narrazione di una guerra che, nei fatti, si colloca nello snodo cruciale di un conflitto interimperialistico multipolare.\r\nFaremo il punto sulle lotte contro la guerra, la Cittadella dell’aerospazio e la NATO a Torino e per lanciare lo sciopero generale del 20 maggio\r\nInterventi di Stefano Capello e di un’esponente dell’assemblea antimilitarista\r\n\r\nVenerdì 20 maggio\r\nsciopero generale contro la guerra\r\nOre 10 presidio alla fabbrica d’armi Collins aerospace di piazza Graf a Torino\r\nNel pomeriggio corteo per le strade del centro\r\n\r\nContatti:\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni mercoledì dalle 21\r\nContatti: fai_torino@autistici.org – @senzafrontiere.to/\r\n\r\nWild C.A.T. Collettivo Anarco-Femminista Torinese\r\nriunioni aperiodiche @Wild.C.A.T.anarcofem\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",{"matched_tokens":541,"snippet":542,"value":542},[80],"Anarres del 29 aprile. Filantropia e controllo del territorio. Il Balon Green Pea e il primo maggio. I semi sotto la neve. 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I sobborghi nordovest e sud ovest della capitale svedese sono stati teatro di scontri dal 20 al 25 maggio 2013.\r\nIn sintesi le cifre della rivolta.\r\nOltre 50 le auto bruciate a Stoccolma, alcune decine sono andate in fumo ad Orebro.\r\n2 commissariati di polizia sono stati attaccati e vandalizzati uno a Jakobsberg (Stoccolma), il secondo a Orebro (ciità a circa 100 km dalla capitale svedese).\r\n2 scuole bruciate a Stoccolma e Orebro.\r\n30 le persone arrestate per la rivolta a Stoccolma.\r\nL'età media degli arrestati si aggira sui 20 anni.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con un compagno, che a vissuto a lungo in Svezia, ed oggi vi è tornato per lavoro.\r\nAscolta la diretta\r\n2013 06 07 stoccolma\r\n\r\nLo scenario. Nella zona Nord Ovest di Stoccolma ci sono i quartieri di Husby, Jakobsberg, Rinkby, Tensta, a Sud Est quelli di Jakobsberg e Norsborg. In questi quartieri c'è un'alta presenza di immigrati dove la percentuale di disoccupati è decisamente maggiore di quella della popolazione di origini svedesi (il 16,5% tra gli immigrati, il 5,7% tra gli svedesi).\r\nLa Svezia è il paese simbolo della socialdemocrazia, negli anni della guerra fredda una sorta di terza via tra socialismo e capitalismo. Dal 1990 è cominciata un'ondata liberista che ha lentamente corroso dall'interno l’ organizzazione sociale dei decenni precedenti.\r\nTuttavia la facciata del modello sociale svedese resta, i quartieri periferici non hanno le caratteristiche di degrado urbano tipici del sud europeo, i servizi sociali funzionano anche se con qualche affanno. \r\nIl diritto allo studio garantito e il sussidio di disoccupazione anche se ridotto resta all’ 80% dell’ ultimo salario percepito per il primo anno ed il 70% nei 450 giorni successivi. Come diritto costituzionale tutti i cittadini svedesi al disopra dei 20 anni hanno un salario sociale di 9200 corone al mese (circa 1200 euro). Vengono dati circa 100 euro al mese per figlio, circa un anno retribuito per assistere il bambino con problemi di salute e un assegno aggiuntivo in base alla fascia di reddito per l’ affitto della casa.\r\nIl sistema di tutela resta in piedi, sebbene negli ultimi tre anni il governo di destra abbia introdotto alcune limitazioni come la ricerca coatta del lavoro dopo il secondo anno di disoccupazione.\r\nHusby, il quartiere da cui è partita la rivolta di fine maggio, non è simile alle banlieau parigine: i servizi di trasporto pubblico ci sono e funzionano bene.\r\nPerché allora negli ultimi anni sono scoppiate rivolte?\r\nLe periferie delle grandi città svedesi sono state costruite nell’ambito del progetto Million Programme (un milione di nuove case per i lavoratori) voluto negli anni Sessanta e Settanta dal governo socialdemocratico di allora. Queste grosse unità abitative di cemento armato che ricordano un po’ quelle della ex DDR (Germania dell’est) nei primi anni hanno accolto lavoratori svedesi e finlandesi. Persino qualche ministro e capo di governo aveva la sua residenza in questi quartieri. Negli anni Ottanta e Novanta c'è stato un cambiamento della composizione sociale con l'arrivo di turchi, libanesi, iraniani, latino americani e somali necessari a sostenere il regime di produzione fordista dell’apparato industriale (fabbriche chimiche, metallurgiche, automobilistiche, elettroniche).\r\nOggi Stoccolma continua a crescere ma questi quartieri, dove l’80% della popolazione è immigrata di prima o seconda generazione, andrebbero restaurati.\r\nEmblematico è il processo di “gentrification-deportation” dell’area di Kista adiacente al quartiere di Husby epicentro di una rivolta che ha coinvolto anche le altre periferie.\r\nKista nasce nel 2008 per diventare la Sylicon Valley di Stoccolma (Kista Science Park). Vengono costruite sia unità abitative ultra moderne che insediamenti finanziari ed industriali di multinazionali. L'allargamento di Kista porta alla sua fusione con Husby dove il comune vende alle multinazionali che radono al suolo o restaurano vecchi blocchi per poi metterli o rimetterli sul mercato a prezzi non compatibili con il reddito dei residenti storici del quartiere, cui nessuno chiede un parere.\r\nIn questi giorni ad Alby gli abitanti del quartiere hanno organizzato un referendum contro la vendita da parte del comune di 1300 appartamenti: non vogliono più accettare decisioni prese da altri sulla loro pelle.\r\nNel quartiere di Hammarkullen il comune ha deciso di vendere la biblioteca, la piscina e il centro ricreativo. Anche qui è partita una dura lotta degli abitanti. Per i più giovani la lotta è contro l’esclusione dalle decisioni che li riguardano. Il confronto con la società e diventato più duro: i figli degli immigrati sono additati come responsabili della marginalità in cui vivono. Per molti è tuttavia ben chiaro che la loro condizione dipende dal modello economico e di società non certo dalla loro volontà.\r\nI figli degli immigrati nati e cresciuti qui sono svedesi culturalmente legalmente ed intellettualmente hanno gli strumenti per decodificare quello che succede intorno a loro.\r\nContrariamente agli altri paesi nordici (Danimarca, Norvegia, Finlandia, Islanda) la Svezia ha un numero molto alto di svedesi figli di immigrati che hanno studiato all'Università ed ora lavorano come giornalisti, scrittori, musicisti e ricoprono cariche pubbliche importanti. Le periferie hanno i loro intellettuali. Sono attraversati dalla cultura della periferia, hanno esperienza del razzismo strutturale, della discriminazione. Sanno bene cosa significhi crescere in uno dei quartieri per immigrati.\r\nDopo l’ ingresso in parlamento del partito Sverige Demokraterna (Democratici svedesi), che ha messo ai primi posti nell’ agenda politica la questione dell’esclusione sociale dei figli degli immigrati, sono aumentati i dibattiti pubblici su razza, colori, culture, dove non sempre il punto di vista razzista ha avuto la meglio. Spesso le tesi anti razziste, di critica post coloniale si sono imposte grazie alla generazione di opinion makers che proviene dai sobborghi. Uno come Jonas Hassan Kehimeri è riuscito a far conosce la propria critica della società svedese dalle colonne del NY Times.\r\n\r\nLa rivolta delle periferie non è un fenomeno sociale nuovo in Svezia, nel 2008 si sono verificati a Malmo e Gottenburg episodi analoghi a quelli che hanno scosso Stoccolma, ma mai la capitale era stata coinvolta prima. Queste rivolte hanno innescato la nascita di collettivi politici di cittadini che vivono nei sobborghi delle principali città svedesi: le Panterna (le Pantere) a Gottenburg e Malmo e Megafonen (Il Megafono) a Stoccolma ed Orebro.\r\nI primi segnali della rivolta a Stoccolma di quest’ anno si sono verificati in aprile nel quartiere di Tensta adiacente a Husby, nella periferia nord ovest. A Tensta vennero bruciate le auto e l'ufficio dell’agenzia immobiliare che aveva deciso un aumento dell’affitto di alcuni blocchi abitativi che aveva in gestione per conto dei proprietari. Dopo il rogo l’ agenzia ha rivisto la sua decisione e ha deciso di non aumentare gli affitti.\r\nL'innesco della rivolta del 20 maggio invece viene attribuita all'uccisione da parte della polizia di un uomo di 69 anni nel quartiere di Husby avvenuta il 13 maggio. L’uomo era di origini portoghesi, la polizia lo uccide nella sua abitazione dove aveva fatto irruzione in seguito ad una lite tra la vittima ed alcuni passanti verificatasi in strada.\r\nAl di là di quest'episodio il conflitto sociale deflagra dopo l'entrata in vigore del progetto “REVA” per il controllo della frontiera interna. La polizia e l' ufficio centrale di stato per l'immigrazione hanno avviato un controllo capillare nelle metropolitane e sui servizi di trasporto pubblico per l'identificazione e cattura degli immigrati senza documenti. Il metodo usato è semplice e brutale: si basa su un profilo razziale dove vengono fermate tutte quelle persone che non hanno sembianze scandinave (biondi, occhi chiari etc). Durante il mese di marzo c’è stato un numero consistente di azioni dirette e manifestazioni contro questo progetto. Anche in questo caso il mondo della cultura si è schierato su posizioni anti governative rafforzando nella società i valori anti razzisti. Questa nuova sensibilità ha portato al consolidamento dell'organizzazione politica nelle periferie. Le Pantere di Gotenburg e Malmo hanno adottato aggiornandolo il programma delle Pantere Nere e bianche americane ed hanno sviluppato rapporti collaborativi con le stesse, la visita di Emory Douglas (Black Panther, US) nei giorni scorsi a Stoccolma ed il suo comizio a Husby va in questa direzione.\r\nNel quartiere di Husby dove è iniziata la rivolta l’'associazione Megafonen da anni ha costruito un intervento contro la gentrificazione riuscendo ad impedire la vendita del centro si assistenza sanitaria del quartiere e della piscina ed occupando il centro sociale del comune (TRAFFA) anch'esso posto in vendita. Un altro elemento importante nello scatenare la rivolta è stata la brutalità della polizia verso la generazione di svedesi figli di immigrati. L'atteggiamento provocatorio, razzista, e discriminatorio della polizia svedese è una costante nei quartieri periferici. La lotta contro i soprusi della polizia è l'altro elemento importante all'origine degli scontri.\r\nDopo l'omicidio del portoghese e il tentativo da parte della polizia di nascondere l'accaduto (l uomo viene lasciato una giornata morto nel suo appartamento) ed i goffi tentativi da parte del primo ministro di giustificare l'accaduto, Megafonen aveva indetto una manifestazione chiedendo chiarezza senza sortire effetti né istituzionali né nei mass media.\r\nLa notte del 20 maggio vengono bruciate le prime auto a Husby, si aspetta l'arrivo dei pompieri che vengono bloccati per impedirgli di spegnere gli incendi, in modo da far arrivare la polizia che viene accolta con lanci di pietre e cominciano gli scontri. La tattica si ripete, diffondendosi a macchia d’olio nelle altre zone periferiche. Il copione è sempre lo stesso: auto che bruciano arrivo della polizia accolto con lancio di pietre da parte dei ragazzi del quartiere. La polizia risponde chiamando rinforzi e caricando tutti gli abitanti dei quartieri periferici.\r\nData l'epidemia di incendi a Stoccolma la polizia chiede rinforzi che convergono sulla capitale da Malmo, Gotenburg, Norkopping, Vesteros, Uppsala. Nel secondo e terzo giorno in 14 quartieri di Stoccolma ci sono auto in fiamme, il 4 giorno la rivolta si estende ad altre città della Svezia. La polizia accerchia ed assedia Husby e la dichiara zona di conflitto. Nel frattempo squadre del partito di estrema destra vengono formate per sorvegliare i quartieri e a volte sono loro a bruciare le auto per poi dare la colpa agli abitanti del posto cercando di dare agli eventi una connotazione di scontro razziale. La polizia ha incolpato Magafonen di essere l’organizzazione politica alla base della rivolta, ma Megafonen ha risposto che il suo unico ruolo è stato quello di documentare la violenza della polizia e di impedire che compiesse ulteriori violenze contro la popolazione. Inoltre in questi giorni sta coordinando un fondo di solidarietà per pagare le i danni ricevuti dai cittadini del quartiere per il rogo delle auto, mentre il comune di Stoccolma sta esigendo il pagamento delle contravvenzioni per non aver rimosso le carcasse delle auto. Nonostante che la stampa internazionale interpreti quello che è accaduto come “fallimento del multiculturalismo in Svezia”, oggi, dopo la fine della fiammata, si può dire che non è andata cosi male: gli eventi hanno dimostrato il fallimento della politica liberista degli ultimi governi, una vasta maggioranza della popolazione svedese (70% secondo una recente analisi sociologica) identifica nella disoccupazione, razzismo strutturale, inadeguata scolarizzazione le cause del malessere sociale.\r\n(liberamente tratto da un articolo di Molly Macguire uscito giovedì sul settimanale Umanità Nova)","10 Giugno 2013","2018-10-17 22:59:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/06/husby1-200x110.jpg","Stoccolma. 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Anche in questo caso il mondo \u003Cmark>della\u003C/mark> cultura si è schierato su posizioni anti governative rafforzando nella società i valori anti razzisti. Questa nuova sensibilità ha portato al consolidamento dell'organizzazione politica nelle periferie. Le Pantere di Gotenburg e Malmo hanno adottato aggiornandolo il programma delle Pantere Nere e bianche americane ed hanno sviluppato rapporti collaborativi con le stesse, la visita di Emory Douglas (Black Panther, US) nei giorni scorsi a Stoccolma ed il suo comizio a Husby va in questa direzione.\r\nNel quartiere di Husby dove è iniziata la rivolta l’'associazione Megafonen da anni ha costruito un intervento contro la gentrificazione riuscendo ad impedire la vendita del centro si assistenza sanitaria del quartiere e \u003Cmark>della\u003C/mark> piscina ed occupando il centro sociale del comune (TRAFFA) anch'esso posto in vendita. 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La lotta contro i soprusi \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> è l'altro elemento importante all'origine degli scontri.\r\nDopo l'omicidio del portoghese e il tentativo da parte \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> di nascondere l'accaduto (l uomo viene lasciato una giornata morto nel suo appartamento) ed i goffi tentativi da parte del primo ministro di giustificare l'accaduto, Megafonen aveva indetto una manifestazione chiedendo chiarezza senza sortire effetti né istituzionali né nei mass media.\r\nLa notte del 20 maggio vengono bruciate le prime auto a Husby, si aspetta l'arrivo dei pompieri che vengono bloccati per impedirgli di spegnere gli incendi, in modo da far arrivare la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> che viene accolta con lanci di pietre e cominciano gli scontri. La tattica si ripete, diffondendosi a macchia d’olio nelle altre zone periferiche. Il copione è sempre lo stesso: auto che bruciano arrivo \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> accolto con lancio di pietre da parte dei ragazzi del quartiere. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> risponde chiamando rinforzi e caricando tutti gli abitanti dei quartieri periferici.\r\nData l'epidemia di incendi a Stoccolma la \u003Cmark>polizia\u003C/mark> chiede rinforzi che convergono sulla capitale da Malmo, Gotenburg, Norkopping, Vesteros, Uppsala. Nel secondo e terzo giorno in 14 quartieri di Stoccolma ci sono auto in fiamme, il 4 giorno la rivolta si estende ad altre città \u003Cmark>della\u003C/mark> Svezia. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> accerchia ed assedia Husby e la dichiara zona di conflitto. Nel frattempo squadre del partito di estrema destra vengono formate per sorvegliare i quartieri e a volte sono loro a bruciare le auto per poi dare la colpa agli abitanti del posto cercando di dare agli eventi una connotazione di scontro razziale. La \u003Cmark>polizia\u003C/mark> ha incolpato Magafonen di essere l’organizzazione politica alla base \u003Cmark>della\u003C/mark> rivolta, ma Megafonen ha risposto che il suo unico ruolo è stato quello di documentare la violenza \u003Cmark>della\u003C/mark> \u003Cmark>polizia\u003C/mark> e di impedire che compiesse ulteriori violenze contro la popolazione. Inoltre in questi giorni sta coordinando un fondo di solidarietà per pagare le i danni ricevuti dai cittadini del quartiere per il rogo delle auto, mentre il comune di Stoccolma sta esigendo il pagamento delle contravvenzioni per non aver rimosso le carcasse delle auto. Nonostante che la stampa internazionale interpreti quello che è accaduto come “fallimento del multiculturalismo in Svezia”, oggi, dopo la fine \u003Cmark>della\u003C/mark> fiammata, si può dire che non è andata cosi male: gli eventi hanno dimostrato il fallimento \u003Cmark>della\u003C/mark> politica liberista degli ultimi governi, una vasta maggioranza \u003Cmark>della\u003C/mark> popolazione svedese (70% secondo una recente analisi sociologica) identifica nella disoccupazione, razzismo strutturale, inadeguata scolarizzazione le cause del malessere sociale.\r\n(liberamente tratto da un articolo di Molly Macguire uscito giovedì sul settimanale Umanità Nova)",{"matched_tokens":568,"snippet":569,"value":569},[80],"Stoccolma. Alle radici \u003Cmark>della\u003C/mark> rivolta",[571,573],{"field":112,"matched_tokens":572,"snippet":565,"value":566},[80,15],{"field":109,"matched_tokens":574,"snippet":569,"value":569},[80],{"best_field_score":520,"best_field_weight":181,"fields_matched":30,"num_tokens_dropped":48,"score":521,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},6637,{"collection_name":414,"first_q":70,"per_page":355,"q":70},["Reactive",579],{},["Set"],["ShallowReactive",582],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$f4k4fPDQsVCstLgIFm9sd-G-EJegy3oiVeRLEv-UvSuw":-1},true,"/search?query=capo+della+polizia"]