","CIE di Trapani, situazione insostenibile","post",1384722927,[],[],{"post_content":61,"post_title":68},{"matched_tokens":62,"snippet":66,"value":67},[63,64,65,64],"CIE","di","Trapani","intervista con un recluso del \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>, appartenente al gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> trenta","La mattina \u003Cmark>di\u003C/mark> domenica 17 novembre abbiamo fatto una lunga intervista con un recluso del \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>, appartenente al gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> trenta che lunedi 4 sono stati trasferiti in aereo da Gradisca dopo la rivolta che ha portato allo svuotamento del Centro friulano.\r\n\r\nA \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> i reclusi hanno trovato una situazione se possibile peggiore che a Gradisca: cibo immangiabile e portato con ore \u003Cmark>di\u003C/mark> ritardo, docce con l'acqua fredda, niente biancheria e solo pochi asciugamani, niente assistenza medica o assistenza sociale. Solo nelle ultime ore, dopo la visita sabato mattina \u003Cmark>di\u003C/mark> un senatore dei 5 stelle, le cose sono leggermente migliorate, ma la rabbia è costante e si esprime anche attraverso ripetuti tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> fuga, spesso riusciti anche a costo \u003Cmark>di\u003C/mark> farsi male oltrepassando le sbarre.\r\n\r\nTra i reclusi è chiara la consapevolezza che il sistema dei \u003Cmark>CIE\u003C/mark>, oltre a gravare sui migranti che lo subiscono direttamente, rappresenta un businness per le ditte che gestiscono le strutture, che ricevono milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> soldi pubblici che altrimenti potrebbero essere destinati a chi ne ha bisogno.\r\n\r\nCome accaduto \u003Cmark>di\u003C/mark> recente a Gradisca e Milano, c'è da sperare che anche per il \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> arrivi presto la chiusura.\r\n\r\nAscolta l'intervista:\r\n\r\nCIETrapani17nov\r\n\r\n \r\n\r\n ",{"matched_tokens":69,"snippet":70,"value":70},[63,64,65],"\u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>, situazione insostenibile",[72,75],{"field":73,"matched_tokens":74,"snippet":70,"value":70},"post_title",[63,64,65],{"field":76,"matched_tokens":77,"snippet":66,"value":67},"post_content",[63,64,65,64],1736172819517014000,{"best_field_score":80,"best_field_weight":81,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":45,"score":82,"tokens_matched":83,"typo_prefix_score":45},"3315704397824",15,"1736172819517014138",3,{"document":85,"highlight":105,"highlights":123,"text_match":78,"text_match_info":133},{"cat_link":86,"category":88,"comment_count":45,"id":90,"is_sticky":45,"permalink":91,"post_author":92,"post_content":93,"post_date":94,"post_excerpt":51,"post_id":90,"post_modified":95,"post_thumbnail":96,"post_thumbnail_html":97,"post_title":98,"post_type":56,"sort_by_date":99,"tag_links":100,"tags":104},[87],"http://radioblackout.org/category/informazione/",[89],"L'informazione di Blackout","19536","http://radioblackout.org/2013/11/16n-a-gradisca-disonzo-chiudere-tutti-i-cie/","info","La vicenda del centro immigrati inizia nel 2000, nel pieno dell'emergenza clandestini sul confine goriziano, quando l'allora ministro Bianco indica nell'ex Polonio un sito ideale per un centro di prima accoglienza per i profughi. Con i governi Berlusconi si scopre che Gradisca ospiterà invece proprio un Cpt, una struttura per immigrati irregolari. Dopo anni di battaglie legali e proteste, la struttura apre i battenti nel marzo 2006. A partire dal 2008 le tensioni si acuiscono: evasioni e danneggiamenti si succedono a intervalli regolari. Il Cpt diventa Cie e prende in consegna soprattutto stranieri provenienti dalle carceri. Nel 2009 un provvedimento del ministro Maroni porta a 18 mesi i tempi di permanenza. Nel 2012 il consorzio Connecting People e funzionari della Prefettura vengono rinviati a giudizio con l'ipotesi di false fatturazioni e presenze degli ospiti \"gonfiate\".\r\n\r\nNel frattempo continuano i pestaggi ed i soprusi nei confronti dei migranti lì rinchiusi, così come le rivolte. Le ultime devastano il Cie che, ormai in ginocchio, sarà svuotato. La decisione è stata presa ad inizio novembre dal Ministero dell'Interno : per disposizione del Dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione del Viminale sarà attuato un maxi-trasferimento di ospiti al Cie di Trapani, primo passo verso una temporanea chiusura del centro.\r\n\r\nLa manifestazione di sabato ha ribadito la volontà degli antirazzisti di rendere questa chiusura definitiva.\r\n\r\nLa diretta con Gianmarco gradisca\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","18 Novembre 2013","2013-11-21 11:17:41","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/gradisca-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"230\" height=\"252\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/11/gradisca.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","16N a Gradisca D'Isonzo: chiudere tutti i Cie",1384776649,[101,102,103],"http://radioblackout.org/tag/16n/","http://radioblackout.org/tag/cie/","http://radioblackout.org/tag/gradisca/",[22,12,17],{"post_content":106,"post_title":112,"tags":115},{"matched_tokens":107,"snippet":110,"value":111},[64,108,64,109],"Cie","Trapani, ","un maxi-trasferimento \u003Cmark>di\u003C/mark> ospiti al \u003Cmark>Cie\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani, \u003C/mark> primo passo verso una temporanea","La vicenda del centro immigrati inizia nel 2000, nel pieno dell'emergenza clandestini sul confine goriziano, quando l'allora ministro Bianco indica nell'ex Polonio un sito ideale per un centro \u003Cmark>di\u003C/mark> prima accoglienza per i profughi. 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A fine anno Letta aveva dichiarato l'intenzione di modificare la Bossi-Fini, riducendo la permanenza nei CIE ad un mese.\r\n\r\nSinora le sue dichiarazioni sono state solo lettera morta.\r\nNon si sono invece arrestate le lotte nei Centri dove gli immigrati continuano a bruciare le gabbie che li rinchiudono.\r\nA Ponte Galeria a Roma diversi immigrati, sperando nella liberazione con foglio di via, si sono cuciti le labbra per fare pressione sul governo, profittando del'insperata pubblicità che una analoga protesta aveva avuto a fine dicembre.\r\n\r\nOggi rimangono aperte solo quattro galere per immigrati senza documenti (Torino, Roma, Pian Del Lago, Bari), le altre, una dopo l’altra, sono state fatte a pezzi e bruciate dai reclusi. Il governo ha dovuto chiudere i CIE di Gradisca, Trapani Vulpitta, Bologna, Modena, Crotone, Milano, Trapani Milo.\r\nDi un mese fa l'annuncio che il CIE di Modena, usato per punire gli immigrati più ribelli, ha chiuso per sempre i battenti.\r\nGli altri ufficialmente sono tutti in attesa di ristrutturazione, ma non c’é nessuna notizia certa su una possibile riapertura. Si diceva che a gennaio avrebbe riaperto il Centro di Bologna ma il centro di via Mattei è ancora chiuso.\r\nLa macchina delle espulsioni è ormai al collasso.\r\nDifficile dire ora se il governo metterà davvero mano alla normativa sui CIE riportanto la detenzione ad un mese, tuttavia numerosi segnali indicano che la ricetta individuata dal governo potrebbe essere decisamente più complessa del “semplice” riattamento dei CIE distrutti e dell’eventuale apertura di nuove strutture.\r\n\r\nCon Federico un compagno che lotta da anni contro i CIE abbiamo provato a fare il punto per capire quali saranno le prossime mosse del governo.\r\nVediamo come.\r\nLa decisione di spedire gli immigrati reclusi nelle patrie galere a scontare gli ultimi due anni nei paesi d’origine assunta con il decreto svuotacarceri prenderebbe due piccioni con la solita fava. Alleggerire il sovraffollamento carcerario e, nel contempo, evitare il trasferimento nei CIE e la trafila del riconoscimento/espulsione dell’immigrato. Difficile dire se funzionerà, perché molto dipende dalla disponibilità dei paesi di emigrazione ad accettare questo pacco/dono dall’Italia.\r\n\r\nL'ultimo accordo di cooperazione militare tra l'Italia e la Libia è stato sottoscritto a Roma il 28 novembre 2013 dai ministri della difesa Mario Mauro e Abdullah Al-Thinni. Il memorandum autorizza l’impiego di droni italiani in missioni a supporto delle autorità libiche per le “attività di controllo” del confine sud del Paese. Gli automezzi dei migranti saranno intercettati quanto attraversano il Sahara e i militari libici potranno intervenire tempestivamente per detenerli o deportarli prima che essi possano raggiungere le città costiere.\r\n\r\nIn breve. Outsourcing della repressione alla frontiera sud, riduzione degli internati con il trasferimento anticipato dei carcerati nei paesi d’origine, probabilmente una maggiore attenzione alle prescrizioni della direttiva rimpatri. Riduzione del periodo di detenzione ed esplulsioni più veloci potrebbero essere gli ingredianti della ricetta del governo per evitare di spendere altri soldi per la ristrutturazione di centri che, prima o dopo, gli immigrati danno alle fiamme.\r\n\r\nDi un fatto siamo sicuri. Se davvero venissero cancellati i 18 mesi di CIE questo non sarebbe certo dovuto alla buona volontà del governo, ma alle lotte degli immigrati, che in questi anni li hanno fatti a pezzi, pagando un prezzo durissimo.\r\n\r\nAscolta la diretta con Federico:\r\n\r\nfederico-cie","29 Gennaio 2014","2014-02-03 12:38:12","CIE. 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Ogni volta la struttura di via Corelli, appena ristrutturata, è stata danneggiata dai reclusi. Buona parte degli immigrati è stata trasferita al CIE di Trapani-Milo, alcuni, accusati dell'incendio che ha reso inagibile la quarta sezione, sono stati arrestati e trasferiti in carcere.\r\n\r\nA due settimane dalla rivolta che ha portato alla chiusura del Centro di Gradisca, un altro CIE è di fatto inagibile. Uno dietro l'altro i centri per senza carte vengono chiusi dai prigionieri, che fanno a pezzi le loro gabbie.\r\n\r\nOrmai sono ancora aperti i CIE di Torino, Roma, Trapani, Bari, Caltanissetta.\r\n\r\nIl governo, di fronte al fallimento delle politiche di repressione dell'immigrazione, resa clandestina dalle leggi che limitano la libera circolazione delle persone, tace.\r\nIl governo Letta punta ad una politica di prevenzione basata sui pattugliamenti in mare e sugli accordi con i paesi di partenza e transito, nonostante queste scelte abbiano già mostrato tutta la loro inefficacia.\r\n\r\nResta il fatto che, nonostante la scarsa incisività dei movimenti antirazzisti, le lotte nei CIE hanno inceppato più volte la macchina delle espulsioni.\r\nD'altra parte l'eliminazione delle \"eccedenze\" si sta rivelando un mestiere poco remunerativo anche per le varie organizzazioni e cooperative, che negli anni si sono contese la gestione di queste prigioni amministrative. Appalti al ribasso, difficoltà di gestione, obiettiva complicità con i poliziotti/secondini incaricati della repressione hanno reso sempre meno appetibile l'affare CIE.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto, antirazzista siciliano, impegnato nella lotta contro i CIE.\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\nAlberto cie","13 Novembre 2013","2013-11-18 11:34:02","Uno dopo l'altro. I migranti chiudono i CIE",1384351574,[102,193,194],"http://radioblackout.org/tag/corelli/","http://radioblackout.org/tag/immigrazione/",[12,196,19],"corelli",{"post_content":198,"post_title":202,"tags":205},{"matched_tokens":199,"snippet":200,"value":201},[63,64,65],"immigrati è stata trasferita al \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>-Milo, alcuni, accusati dell'incendio che ha","L'ultimo ad essere vuotato è stato il \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Milano, scosso domenica dalla quinta rivolta da settembre. 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\r\n\r\nA proposito del dibattito in corso a Torino sui legami più o meno diretti di Banca Etica con alcuni consorzi di cooperative sociali che operano dentro i CIE, in un'intervista con Alberto, compagno di Trapani, ricostruiamo a grandi linee l'operato del consorzio Connecting People (membro del consorzio CGM a sua volta socio fondatore di Banca Etica) in due Centri di Identificazione ed Espulsione della città siciliana, il Serraino Vulpitta, nato nel 1998 e oggi fortunatamente chiuso, e quello di contrada Milo aperto nel 2011.\r\n\r\nNella seconda parte dell'intervista, qualche osservazione sull'ipotesi recentemente ventilata dal governo Monti di ridurre da 18 a 12 mesi il tempo massimo di detenzione nei CIE, ignorando tuttavia la parte della direttiva europea che dispone la reclusione nei CIE come extrema ratio e prevede tutta una serie di programmi alternativi.\r\n\r\nAscolta/scarica l'audio:\r\n\r\nConnectingpeopleatrapani\r\n\r\n ","6 Dicembre 2012","2012-12-10 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. Cuba, commercio d’ami, pacchi e deportati, i nuovi CIE di Minniti, a 17 anni dalla strage di Trapani…","podcast",1484241125,[339,340,341,102,342,343,344,345,346,347],"http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/batista/","http://radioblackout.org/tag/castro/","http://radioblackout.org/tag/cie-di-trapani/","http://radioblackout.org/tag/commercio-darmi/","http://radioblackout.org/tag/cuba/","http://radioblackout.org/tag/minniti/","http://radioblackout.org/tag/serraino-vulpitta/","http://radioblackout.org/tag/trapani/",[349,350,351,12,292,352,353,354,355,307],"antimilitarismo","batista","castro","commercio d'armi","cuba","minniti","serraino vulpitta",{"post_content":357,"post_title":361,"tags":365},{"matched_tokens":358,"snippet":359,"value":360},[63,64,65],"17 anni dalla strage nel \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito","Come ogni venerdì, il 6 gennaio siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze \u003Cmark>di\u003C/mark> Blackout.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2017 01 06 anarres1\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres2\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres3\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba, un articolo \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Marcelo “Liberato” Salinas dell’Avana sugli scenari dopo la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro\r\n\r\n \r\n\r\nL’export italiano \u003Cmark>di\u003C/mark> armi, un business che non conosce crisi. Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base \u003Cmark>di\u003C/mark> Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura \u003Cmark>di\u003C/mark> un \u003Cmark>CIE\u003C/mark> in ogni regione. Dopo un paio d’anni \u003Cmark>di\u003C/mark> immobilismo, con quattro \u003Cmark>CIE\u003C/mark> ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark>. Lo trovate qui.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 21 gennaio ore 10,30\r\nManda una cartolina a Poste Italiane\r\npresidio contro le deportazioni in corso Giulio Cesare 7 – nei pressi dell’ufficio postale\r\nMistral Air, la compagnia aerea \u003Cmark>di\u003C/mark> Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.\r\nTutti si trovano \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti fissi:\r\nLe riunioni della federazione anarchica torinese, aperte a tutti gli interessati, sono in corso Palermo 46 ogni giovedì alle 21\r\n\r\n \r\n\r\nDocumenti:\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba\r\n\r\nCuba senza Fidel Castro. Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria \u003Cmark>di\u003C/mark> fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento \u003Cmark>di\u003C/mark> massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura \u003Cmark>di\u003C/mark> ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso \u003Cmark>di\u003C/mark> essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro \u003Cmark>di\u003C/mark> sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni \u003Cmark>di\u003C/mark> governo ha avuto il grande merito \u003Cmark>di\u003C/mark> allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine \u003Cmark>di\u003C/mark> mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento \u003Cmark>di\u003C/mark> quell’altro generale-presidente \u003Cmark>di\u003C/mark> Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione \u003Cmark>di\u003C/mark> questo tipo \u003Cmark>di\u003C/mark> socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga \u003Cmark>di\u003C/mark> quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro nella storia \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico \u003Cmark>di\u003C/mark> massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise \u003Cmark>di\u003C/mark> reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba \u003Cmark>di\u003C/mark> quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica \u003Cmark>di\u003C/mark> mobilitazione permanente \u003Cmark>di\u003C/mark> massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica \u003Cmark>di\u003C/mark> uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista e i contributi \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti \u003Cmark>di\u003C/mark> raggiungere il controllo totale \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale \u003Cmark>di\u003C/mark> prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante \u003Cmark>di\u003C/mark> questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche \u003Cmark>di\u003C/mark> qualcosa che i suoi milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello \u003Cmark>di\u003C/mark> gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano \u003Cmark>di\u003C/mark> avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi \u003Cmark>di\u003C/mark> educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore \u003Cmark>di\u003C/mark> vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete \u003Cmark>di\u003C/mark> istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto \u003Cmark>di\u003C/mark> più con l’uso \u003Cmark>di\u003C/mark> queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un programma senza precedenti \u003Cmark>di\u003C/mark> servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole \u003Cmark>di\u003C/mark> servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte \u003Cmark>di\u003C/mark> reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite \u003Cmark>di\u003C/mark> governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e \u003Cmark>di\u003C/mark> gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione \u003Cmark>di\u003C/mark> una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo \u003Cmark>di\u003C/mark> Stato a Cuba, gli eredi \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi \u003Cmark>di\u003C/mark> turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola \u003Cmark>di\u003C/mark> opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo \u003Cmark>di\u003C/mark> Fulgencio e \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro \u003Cmark>di\u003C/mark> fare un socialismo sotto la disciplina \u003Cmark>di\u003C/mark> governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice \u003Cmark>di\u003C/mark> Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena \u003Cmark>di\u003C/mark> morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice \u003Cmark>di\u003C/mark> Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista. Il giogo \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo \u003Cmark>di\u003C/mark> questi pilastri del deposto regime \u003Cmark>di\u003C/mark> Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria \u003Cmark>di\u003C/mark> libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono \u003Cmark>di\u003C/mark> nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura \u003Cmark>di\u003C/mark> Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali \u003Cmark>di\u003C/mark> Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città \u003Cmark>di\u003C/mark> Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e \u003Cmark>di\u003C/mark> agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento \u003Cmark>di\u003C/mark> essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato \u003Cmark>di\u003C/mark> una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte \u003Cmark>di\u003C/mark> accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine \u003Cmark>di\u003C/mark> garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione \u003Cmark>di\u003C/mark> massa delle ore 19; il divieto \u003Cmark>di\u003C/mark> tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi \u003Cmark>di\u003C/mark> stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli \u003Cmark>di\u003C/mark> istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento \u003Cmark>di\u003C/mark> tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo \u003Cmark>di\u003C/mark> una crisi \u003Cmark>di\u003C/mark> migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge \u003Cmark>di\u003C/mark> schiavi salariati (…) che chiedono \u003Cmark>di\u003C/mark> essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge \u003Cmark>di\u003C/mark> schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase \u003Cmark>di\u003C/mark> degrado morale e \u003Cmark>di\u003C/mark> espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto \u003Cmark>di\u003C/mark> Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso \u003Cmark>di\u003C/mark> tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole \u003Cmark>di\u003C/mark> ciò che lo ha castrato della sua capacità \u003Cmark>di\u003C/mark> elaborazione e \u003Cmark>di\u003C/mark> decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni \u003Cmark>di\u003C/mark> essere oggetto \u003Cmark>di\u003C/mark> un discorso e tanto meno \u003Cmark>di\u003C/mark> essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni \u003Cmark>di\u003C/mark> lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan \u003Cmark>di\u003C/mark> massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato \u003Cmark>di\u003C/mark> questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare \u003Cmark>di\u003C/mark> bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero \u003Cmark>di\u003C/mark> un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente \u003Cmark>di\u003C/mark> vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano \u003Cmark>di\u003C/mark> aggiungere il fidelismo come corrente \u003Cmark>di\u003C/mark> idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno \u003Cmark>di\u003C/mark> Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità \u003Cmark>di\u003C/mark> continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale \u003Cmark>di\u003C/mark> oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito \u003Cmark>di\u003C/mark> “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\n\u003Cmark>di\u003C/mark> Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura \u003Cmark>di\u003C/mark> Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.",{"matched_tokens":362,"snippet":364,"value":364},[63,64,64,363],"Trapani…","Anarres del 6 gennaio. 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E' passato un anno. Oggi sul molo di Lampedusa uomini e donne delle istituzioni hanno messo in scena il cordoglio delle istituzioni, si sono vantati di \"Mare Nostrum\", hanno ancora una volta battuto cassa in Europa.\r\nLe spese della frontiera sud della fortezza lievitano e Alfano come Maroni continua a battere cassa.\r\nPer i parenti dei 360 morti di fronte cui si genuflesse il presidente del consiglio, nulla. Nemmeno la promessa del riconoscimento dei corpi, di una tomba sui cui piangere.\r\nLa differenza tra Berlusconi/Maroni e Renzi/Alfano è nello stile, nell'ipocrisia ostentata. Niente più.\r\nMare Nostrum, che, mentre ripesca qualche naufrago, intercetta e scheda tutti gli altri, costa nove milioni di euro al mese. Frontex plus costerà meno. Aprire le frontiere a migranti, profughi e richiedenti asilo non costerebbe nulla. Nè soldi né morti.\r\nBanale. Come banale è il male. Il male delle frontiere. Il male delle guerre che insanguinano il pianeta. Il male delle tante missioni di \"peacekeeping\" dall'Afganistan, all'Iraq alla Siria...\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Alberto La Via, compagno di Trapani, dove tanti di quei profughi arrivano e non trovano nulla. O peggio. Rischiano di incontrare uno come Sergio Librizzi, direttore della Caritas di Trapani, accusato di violenza sessuale e concussione.\r\nQuesto prete pretendeva prestazioni sessuali in cambio del permesso di soggiorno dai rifugiati e dai richiedenti asilo che affollavano i tanti centri di accoglienza gestiti dalla Caritas (e da enti a essa collegati) in città e in provincia. 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Il gup ha fissato per il prossimo 2 luglio l’udienza preliminare per tredici imputati.\r\nTra cui il viceprefetto Gloria Sandra Allegretto e il ragioniere capo della Prefettura Telesio Colafati accusati di falso materiale e ideologico in atti pubblici. I vertici di Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce dal 2008 i due centri, vanno alla sbarra per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a inadempienze di pubbliche forniture.\r\n\r\nGli imputati sono Giuseppe Scozzari presidente del Consiglio di amministrazione e legale rappresentante della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del Cda, Vittorio Isoldi direttore di Connecting people, il direttore del Cie Giovanni Scardina, e quella del CARA Gloria Savoia, Mauro Maurino componente del Cda e Giuseppe Vito Accardo sindaco supplente.\r\n\r\nI vertici del \"sinistro\" consorzio avrebbero ottenuto somme ben più alte di quelle dovute sulla gestione degli immigrati. Avrebbero presentato fatture dove era gonfiato il numero di immigrati presenti al CARA e al CIE. Scozzari e la sua allegra compagnia si sarebbero intascato persino i soldi, che in base al capitolato d'appalto, erano destinati per l'acquisto di carte telefoniche e acqua.\r\nAl vice prefetto Allegretto e al funzionario della Prefettura viene contestato il fatto di non aver verificato la congruità delle fatture presentate e di averle vistate autorizzandone il pagamento.\r\n\r\nSi va dal 2008 al 2011, i tre anni in cui Connecting people ha gestito il centro di via Udine dopo aver vinto l’appalto. La gestione è poi proseguita ed è tuttora affidata al consorzio siciliano perché la gara d’appalto lo scorso anno non è stata aggiudicata per un vizio formale che ha escluso la vincitrice, una cordata guidata dalla francese Gepsa.\r\n\r\nSin qui i fatti.\r\nNon possiamo dire di essere stupiti. Chi sgomita per gestire una struttura detentiva, lo fa per i soldi. In questi anni i professionisti dell'umanitario di soldi se ne sono messi in tasca tantissimi. Secondo calcoli del Ministero dell'Interno la macchina delle espulsioni costa intorno ai 18 milioni di euro l'anno, parte dei quali presi dalle tasce dei lavoratori immigrati con permesso di soggiorno, gente uscita dalla clandestinità che potrebbe tornarci se resta senza lavoro.\r\nUno dei paradossi feroci del paese degli italiani brava gente.\r\n\r\nDifficile dimenticare l'arrogante sicumera di Mauro Maurino, responsabile di Connecting People a Torino, che, nel 2009 aveva tentato di aggiudicarsi la gestione del CIE di corso Brunelleschi.\r\nAd un gruppo di antirazzisti che gli avevano occupato l'ufficio, dichiarò che, la loro gestione, una gestione di \"sinistra\", sarebbe stata sicuramente preferibile a quella della Croce Rossa. Mentre parlava agitava il treccione a dred e si lisciava il costosissimo maglione etnico.\r\nDa quel momento divenne uno degli interlocutori preferiti del giornalista di nera del quotidiano \"La Stampa\", Massimo Numa, che lo intervistava in occasione di rivolte al CIE o iniziative degli antirazzisti.\r\nD'altra parte, ai responsabili della Croce Rossa, in prima fila il responsabile di allora, il colonnello e poi generale Antonio Baldacci, era stato imposto il silenzio stampa. Decisamente poco edificanti furono le dichiarazioni rilasciate dopo la morte di Fathi Nejl, un tunisino lasciato morire nel CIE, nonostante fosse gravemente malato.\r\n\r\nQuest'anno la gara per l'assegnazione del CIE di Torino è stata disertata persino dalla Croce Rossa: troppo basso il guadagno, in una struttura sull'orlo del collasso, semidistrutta dalle continue rivolte.\r\nNel frattempo proseguono in sordina i due maxi processi contro 67 antirazzisti torinesi. Per chi fosse interessato le prossime udienze si terranno mercoledì 9 e venerdì 11 aprile.\r\n\r\nIl CIE di Gradisca è chiuso da mesi, nonostante l'area blu, distrutta nel 2011, sia stata ristrutturata. Sebbene le altre sezioni del Centro restino in attesa di lavori che tardano ad iniziare, tuttavia la mancata riapertura parziale è certamente dovuta a ragioni politiche, non ultima, dopo l'inchiesta che ha travolto Connecting People, quella di trovare un gestore che accetti le basi d'asta al ribasso che hanno caratterizzato le gare di appalto dell'ultimo periodo in tutt'Italia.\r\n\r\nAncora aperto è il CIE di Trapani Milo. A metà gennaio il Prefetto Falco ne aveva annunciato la chiusura per ristrutturazione. Il Centro trapanese, considerato una struttura modello, ha infatti il record di fughe, le ultime solo tre giorni fa. Per tappare i buchi del colabrodo di contrada Milo sono previsti nuovi e più sofisticati sistemi di sorveglianza, muri più alti e filo spinato.\r\nDurante la chiusura Falco avrebbe provato a dipanare la matassa ingarbugliata della gestione del centro. Cacciata la famigerata cooperativa Oasi, la cui gestione del CIE di Modena, ne aveva accelerato la chiusura, Falco si era ritrovato la patata bollente della cooperativa palermitana Glicine, che pur essendosi aggiudicata l'appalto, aveva deciso di rinunciare.\r\nI giochi della politica e degli affari hanno rimescolato le carte: il centro trapanese è rimasto aperto, senza gestore. I reclusi, cui mancava persino la carta igienica, hanno dato vita a nuove preteste, rendendo ancora incandescente il clima.\r\nSecondo alcuni la Croce Rossa potrebbe aggiudicarsi presto la gestione del Centro.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con un antirazzista trapanese, Alberto La Via. Ne è scaturita una chiacchierata a tutto campo, che è stata anche occasione per fare il punto sulle lotte dei richiedenti asilo nel tre CARA del trapanese.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 03 18 trapani","28 Marzo 2014","2018-10-17 22:59:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/allo-specchio_g1-200x110.png","Da Trapani a Gradisca. Etica e affari",1396029937,[476,102,477,103,478,347],"http://radioblackout.org/tag/cara/","http://radioblackout.org/tag/connecting-people/","http://radioblackout.org/tag/rinvio-a-giudizio/",[480,12,320,17,318,307],"CARA",{"post_content":482,"post_title":486,"tags":489},{"matched_tokens":483,"snippet":484,"value":485},[63,64,65],"tutt'Italia.\r\n\r\nAncora aperto è il \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> Milo. A metà gennaio il","Si è chiusa con 13 richieste \u003Cmark>di\u003C/mark> rinvio a giudizio l’inchiesta giudiziaria sugli appalti al \u003Cmark>Cie\u003C/mark> e al Cara \u003Cmark>di\u003C/mark> Gradisca d’Isonzo. Il gup ha fissato per il prossimo 2 luglio l’udienza preliminare per tredici imputati.\r\nTra cui il viceprefetto Gloria Sandra Allegretto e il ragioniere capo della Prefettura Telesio Colafati accusati \u003Cmark>di\u003C/mark> falso materiale e ideologico in atti pubblici. I vertici \u003Cmark>di\u003C/mark> Connecting people, il consorzio siciliano che gestisce dal 2008 i due centri, vanno alla sbarra per associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato e a inadempienze \u003Cmark>di\u003C/mark> pubbliche forniture.\r\n\r\nGli imputati sono Giuseppe Scozzari presidente del Consiglio \u003Cmark>di\u003C/mark> amministrazione e legale rappresentante della Connecting people, Ettore Orazio Micalizzi vice presidente del Cda, Vittorio Isoldi direttore \u003Cmark>di\u003C/mark> Connecting people, il direttore del \u003Cmark>Cie\u003C/mark> Giovanni Scardina, e quella del CARA Gloria Savoia, Mauro Maurino componente del Cda e Giuseppe Vito Accardo sindaco supplente.\r\n\r\nI vertici del \"sinistro\" consorzio avrebbero ottenuto somme ben più alte \u003Cmark>di\u003C/mark> quelle dovute sulla gestione degli immigrati. Avrebbero presentato fatture dove era gonfiato il numero \u003Cmark>di\u003C/mark> immigrati presenti al CARA e al \u003Cmark>CIE\u003C/mark>. Scozzari e la sua allegra compagnia si sarebbero intascato persino i soldi, che in base al capitolato d'appalto, erano destinati per l'acquisto \u003Cmark>di\u003C/mark> carte telefoniche e acqua.\r\nAl vice prefetto Allegretto e al funzionario della Prefettura viene contestato il fatto \u003Cmark>di\u003C/mark> non aver verificato la congruità delle fatture presentate e \u003Cmark>di\u003C/mark> averle vistate autorizzandone il pagamento.\r\n\r\nSi va dal 2008 al 2011, i tre anni in cui Connecting people ha gestito il centro \u003Cmark>di\u003C/mark> via Udine dopo aver vinto l’appalto. La gestione è poi proseguita ed è tuttora affidata al consorzio siciliano perché la gara d’appalto lo scorso anno non è stata aggiudicata per un vizio formale che ha escluso la vincitrice, una cordata guidata dalla francese Gepsa.\r\n\r\nSin qui i fatti.\r\nNon possiamo dire \u003Cmark>di\u003C/mark> essere stupiti. Chi sgomita per gestire una struttura detentiva, lo fa per i soldi. In questi anni i professionisti dell'umanitario \u003Cmark>di\u003C/mark> soldi se ne sono messi in tasca tantissimi. Secondo calcoli del Ministero dell'Interno la macchina delle espulsioni costa intorno ai 18 milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> euro l'anno, parte dei quali presi dalle tasce dei lavoratori immigrati con permesso \u003Cmark>di\u003C/mark> soggiorno, gente uscita dalla clandestinità che potrebbe tornarci se resta senza lavoro.\r\nUno dei paradossi feroci del paese degli italiani brava gente.\r\n\r\nDifficile dimenticare l'arrogante sicumera \u003Cmark>di\u003C/mark> Mauro Maurino, responsabile \u003Cmark>di\u003C/mark> Connecting People a Torino, che, nel 2009 aveva tentato \u003Cmark>di\u003C/mark> aggiudicarsi la gestione del \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> corso Brunelleschi.\r\nAd un gruppo \u003Cmark>di\u003C/mark> antirazzisti che gli avevano occupato l'ufficio, dichiarò che, la loro gestione, una gestione \u003Cmark>di\u003C/mark> \"sinistra\", sarebbe stata sicuramente preferibile a quella della Croce Rossa. Mentre parlava agitava il treccione a dred e si lisciava il costosissimo maglione etnico.\r\nDa quel momento divenne uno degli interlocutori preferiti del giornalista \u003Cmark>di\u003C/mark> nera del quotidiano \"La Stampa\", Massimo Numa, che lo intervistava in occasione \u003Cmark>di\u003C/mark> rivolte al \u003Cmark>CIE\u003C/mark> o iniziative degli antirazzisti.\r\nD'altra parte, ai responsabili della Croce Rossa, in prima fila il responsabile \u003Cmark>di\u003C/mark> allora, il colonnello e poi generale Antonio Baldacci, era stato imposto il silenzio stampa. Decisamente poco edificanti furono le dichiarazioni rilasciate dopo la morte \u003Cmark>di\u003C/mark> Fathi Nejl, un tunisino lasciato morire nel \u003Cmark>CIE\u003C/mark>, nonostante fosse gravemente malato.\r\n\r\nQuest'anno la gara per l'assegnazione del \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Torino è stata disertata persino dalla Croce Rossa: troppo basso il guadagno, in una struttura sull'orlo del collasso, semidistrutta dalle continue rivolte.\r\nNel frattempo proseguono in sordina i due maxi processi contro 67 antirazzisti torinesi. Per chi fosse interessato le prossime udienze si terranno mercoledì 9 e venerdì 11 aprile.\r\n\r\nIl \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Gradisca è chiuso da mesi, nonostante l'area blu, distrutta nel 2011, sia stata ristrutturata. Sebbene le altre sezioni del Centro restino in attesa \u003Cmark>di\u003C/mark> lavori che tardano ad iniziare, tuttavia la mancata riapertura parziale è certamente dovuta a ragioni politiche, non ultima, dopo l'inchiesta che ha travolto Connecting People, quella \u003Cmark>di\u003C/mark> trovare un gestore che accetti le basi d'asta al ribasso che hanno caratterizzato le gare \u003Cmark>di\u003C/mark> appalto dell'ultimo periodo in tutt'Italia.\r\n\r\nAncora aperto è il \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> Milo. A metà gennaio il Prefetto Falco ne aveva annunciato la chiusura per ristrutturazione. Il Centro trapanese, considerato una struttura modello, ha infatti il record \u003Cmark>di\u003C/mark> fughe, le ultime solo tre giorni fa. Per tappare i buchi del colabrodo \u003Cmark>di\u003C/mark> contrada Milo sono previsti nuovi e più sofisticati sistemi \u003Cmark>di\u003C/mark> sorveglianza, muri più alti e filo spinato.\r\nDurante la chiusura Falco avrebbe provato a dipanare la matassa ingarbugliata della gestione del centro. Cacciata la famigerata cooperativa Oasi, la cui gestione del \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Modena, ne aveva accelerato la chiusura, Falco si era ritrovato la patata bollente della cooperativa palermitana Glicine, che pur essendosi aggiudicata l'appalto, aveva deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> rinunciare.\r\nI giochi della politica e degli affari hanno rimescolato le carte: il centro trapanese è rimasto aperto, senza gestore. I reclusi, cui mancava persino la carta igienica, hanno dato vita a nuove preteste, rendendo ancora incandescente il clima.\r\nSecondo alcuni la Croce Rossa potrebbe aggiudicarsi presto la gestione del Centro.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con un antirazzista trapanese, Alberto La Via. Ne è scaturita una chiacchierata a tutto campo, che è stata anche occasione per fare il punto sulle lotte dei richiedenti asilo nel tre CARA del trapanese.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 03 18 \u003Cmark>trapani\u003C/mark>",{"matched_tokens":487,"snippet":488,"value":488},[65],"Da \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> a Gradisca. 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Un'estate molto calda nei CIE d'Italia. Dopo la rivolta che ha scosso il CIE di Modena venerdì 19, nella notte tra domenica 21 lunedì 22 è scoppiata una rivolta nel Cie di corso Brunelleschi. I primi segnali vengono dall'area bianca, ristrutturata di recente e considerata molto sicura per i tavoli e i letti cementati al suolo, I prigionieri incendiano i materassi. La rivolta si estende nell'area gialla, nella rossa e nella blu. La rottura della normalità favorisce le fughe: alcuni reclusi ci provano. I più vengono subito ripresi, un altro cade e si ferisce, ma uno forse ce l'ha fatta ed è avaso. Martedì mattina i reclusi erano ancora accampati nei cortili, a causa dei danni inferti alla struttura.\r\n\r\nTrapani. Notte movimentata anche al Cie di Trapani Milo. Un gruppo di migranti ha tentato la fuga il 22 luglio. In quattro sono riusciti a scappare. Pare che negli scontri, tre militari sono rimasti feriti.\r\nIl 24 luglio l’Unione delle camere penali ha visitato il Cie di Trapani, “il più preoccupante e quello con maggiori tensioni”.\r\n“La vita all’interno del centro è disumana, con una persistente violazione della dignità della persona, non solo dei diritti umani”. La metà degli internati dell'ultimo anno è riuscita a fuggire.\r\nAnarres ne ha parlato con Alberto, un compagno di Trapani attivo nelle lotte antirazziste.\r\nAscolta la diretta:\r\n2013 07 26 CIE trapani alberto","30 Luglio 2013","2018-10-17 22:59:42","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/07/cie-milo1-200x110.jpg","Torino e Trapani. Rivolta e fuga dal CIE",1375194115,[102,527,347],"http://radioblackout.org/tag/torino/",[12,309,307],{"post_content":530,"post_title":534,"tags":537},{"matched_tokens":531,"snippet":532,"value":533},[65,108,64,65,64],"\u003Cmark>Trapani\u003C/mark>. 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Un deputato del PD, Khalid Chaouki, dopo una visita al Centro di prima accoglienza di Lampedusa, ha deciso di non andarsene, facendosi rinchiudere con i profughi dimenticati lì da mesi. Tra loro i superstiti del naufragio del 2 ottobre, che suscitò commozione ed indignazione anche istituzionale, ma, al di là della pubblica esibizione di cordoglio, delle promesse di superamento della Bossi-Fini, nulla è cambiato. Chaouki ha dichiarato che non se ne sarebbe andato finché i reclusi non fossero stati trasferiti in un CARA.\r\n\r\n21 dicembre. Quattro immigrati si sono cuciti le bocche per protestare contro il prolungarsi della detenzione nel CIE di Ponte Galeria a Roma. Immediatamente il quotidiano \"La Stampa\" ha pubblicato la notizia con il massimo del rilievo e il titolo \"protesta choc\". Chi segue da anni le lotte degli immigrati nei CIE della penisola non può che constatare amaramente che si tratta di uno \"choc\" a scoppio ritardato, uno \"choc\" mediatico, studiato a tavolino per aprire la strada a qualche provvedimento sui CIE. Sono anni che gli immigrati si cuciono la bocca per protesta, sono anni che dai CIE filtrano le immagini che riprendono le bocche serrate da fili robusti, ferite dall'ago, simbolo di una resistenza che cerca di spezzare il silenzio. Inutilmente. A Torino nel lontano 2009 alcuni compagni fecero iniziative perché si parlasse di quelle bocche cucite, di quelle bocche serrate perché anche le urla si schiantano sul muro dell'indifferenza. I media parlarono del dito e nascosero la luna.\r\n\r\nOggi tutto sembra cambiato.\r\nL’atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina si sta modificando. Sospettiamo tuttavia che probabilmente tutto debba cambiare, perché tutto resti come prima.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Federico, un compagno impegnato da anni nella lotta contro i CIE.\r\nAscolta la chiacchierata:\r\n\r\n2013 12 20 denitto cie\r\n\r\nProviamo insieme a fare il punto.\r\nLe galere per immigrati senza carte nell'ultimo anno si sono dimezzate. Ne rimangono aperte solo sei (Torino, Milano, Roma, Trapani Milo, Pian Del Lago, Bari), le altre sono state, una dopo l'altra, bruciate e fatte a pezzi dei reclusi. Il governo ha dovuto chiudere i CIE di Gradisca, Trapani Vulpitta, Bologna, Modena, Crotone. Ufficialmente sono tutti in attesa di ristrutturazione, ma non c'é nessuna notizia certa su una possibile riapertura.\r\nTutti i CIE ancora aperti sono stati a loro volta gravemente danneggiati dalle continue rivolte, la conclusione è una sola: la macchina delle espulsioni è ormai al collasso.\r\nIn base ai dati, ormai calcolati per difetto, dello stesso Viminale, degli oltre 1800 posti dei CIE ne sarebbero ancora agibili meno della metà ed effettivamente riempiti nemmeno un terzo.\r\nIl governo tace, gli specialisti della guerra contro i poveri sono alle prese con la rovina dei loro leader, i poliziotti premono perché non ne vogliono più sapere di fare i secondini nei CIE, dove si rischia di incappare nella rabbia di chi si vede sfilare la vita giorno dopo giorno. Il CIE è un limbo, che precede la deportazione, una sala d'aspetto con sbarre e filo spinato in attesa di un treno che nessuno vuole prendere. \r\n\r\nSi dice che a gennaio possa riaprire il Centro di Bologna e successivamente la struttura modenese ma ancora non si sa chi verrà chiamato a gestirli dopo il disastro della cooperativa Oasi, che si era aggiudicata l'affare vincendo la gara d'appalto con un ribasso enorme rispetto alla precedente gestione della Misericordia di Giovanardi.\r\nA Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e Palazzo San Gervasio (Potenza) potrebbero sorgere due nuovi CIE, dopo l'avventura presto finita dell'emergenza Nordafrica.\r\nIl governo ha stanziato 13 milioni di euro ma non si sa se i lavori abbiano preso l'avvio e che punto siano.\r\n\r\nNumerosi segnali indicano che la ricetta individuata dal governo potrebbe essere decisamente più complessa del \"semplice\" riattamento dei CIE distrutti e dell'eventuale apertura di nuove strutture.\r\n\r\nLa decisione di spedire gli immigrati reclusi nelle patrie galere a scontare gli ultimi due anni nei paesi d'origine assunta con il decreto svuotacarceri prenderebbe due piccioni con la solita fava. 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Un deputato del PD, Khalid Chaouki, dopo una visita al Centro \u003Cmark>di\u003C/mark> prima accoglienza \u003Cmark>di\u003C/mark> Lampedusa, ha deciso \u003Cmark>di\u003C/mark> non andarsene, facendosi rinchiudere con i profughi dimenticati lì da mesi. Tra loro i superstiti del naufragio del 2 ottobre, che suscitò commozione ed indignazione anche istituzionale, ma, al \u003Cmark>di\u003C/mark> là della pubblica esibizione \u003Cmark>di\u003C/mark> cordoglio, delle promesse \u003Cmark>di\u003C/mark> superamento della Bossi-Fini, nulla è cambiato. Chaouki ha dichiarato che non se ne sarebbe andato finché i reclusi non fossero stati trasferiti in un CARA.\r\n\r\n21 dicembre. Quattro immigrati si sono cuciti le bocche per protestare contro il prolungarsi della detenzione nel \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Ponte Galeria a Roma. Immediatamente il quotidiano \"La Stampa\" ha pubblicato la notizia con il massimo del rilievo e il titolo \"protesta choc\". Chi segue da anni le lotte degli immigrati nei \u003Cmark>CIE\u003C/mark> della penisola non può che constatare amaramente che si tratta \u003Cmark>di\u003C/mark> uno \"choc\" a scoppio ritardato, uno \"choc\" mediatico, studiato a tavolino per aprire la strada a qualche provvedimento sui \u003Cmark>CIE\u003C/mark>. Sono anni che gli immigrati si cuciono la bocca per protesta, sono anni che dai \u003Cmark>CIE\u003C/mark> filtrano le immagini che riprendono le bocche serrate da fili robusti, ferite dall'ago, simbolo \u003Cmark>di\u003C/mark> una resistenza che cerca \u003Cmark>di\u003C/mark> spezzare il silenzio. Inutilmente. A Torino nel lontano 2009 alcuni compagni fecero iniziative perché si parlasse \u003Cmark>di\u003C/mark> quelle bocche cucite, \u003Cmark>di\u003C/mark> quelle bocche serrate perché anche le urla si schiantano sul muro dell'indifferenza. I media parlarono del dito e nascosero la luna.\r\n\r\nOggi tutto sembra cambiato.\r\nL’atteggiamento nei confronti dell'immigrazione clandestina si sta modificando. Sospettiamo tuttavia che probabilmente tutto debba cambiare, perché tutto resti come prima.\r\n\r\nAnarres ne ha discusso con Federico, un compagno impegnato da anni nella lotta contro i \u003Cmark>CIE\u003C/mark>.\r\nAscolta la chiacchierata:\r\n\r\n2013 12 20 denitto \u003Cmark>cie\u003C/mark>\r\n\r\nProviamo insieme a fare il punto.\r\nLe galere per immigrati senza carte nell'ultimo anno si sono dimezzate. Ne rimangono aperte solo sei (Torino, Milano, Roma, \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> Milo, Pian Del Lago, Bari), le altre sono state, una dopo l'altra, bruciate e fatte a pezzi dei reclusi. Il governo ha dovuto chiudere i \u003Cmark>CIE\u003C/mark> \u003Cmark>di\u003C/mark> Gradisca, \u003Cmark>Trapani\u003C/mark> Vulpitta, Bologna, Modena, Crotone. Ufficialmente sono tutti in attesa \u003Cmark>di\u003C/mark> ristrutturazione, ma non c'é nessuna notizia certa su una possibile riapertura.\r\nTutti i \u003Cmark>CIE\u003C/mark> ancora aperti sono stati a loro volta gravemente danneggiati dalle continue rivolte, la conclusione è una sola: la macchina delle espulsioni è ormai al collasso.\r\nIn base ai dati, ormai calcolati per difetto, dello stesso Viminale, degli oltre 1800 posti dei \u003Cmark>CIE\u003C/mark> ne sarebbero ancora agibili meno della metà ed effettivamente riempiti nemmeno un terzo.\r\nIl governo tace, gli specialisti della guerra contro i poveri sono alle prese con la rovina dei loro leader, i poliziotti premono perché non ne vogliono più sapere \u003Cmark>di\u003C/mark> fare i secondini nei \u003Cmark>CIE\u003C/mark>, dove si rischia \u003Cmark>di\u003C/mark> incappare nella rabbia \u003Cmark>di\u003C/mark> chi si vede sfilare la vita giorno dopo giorno. Il \u003Cmark>CIE\u003C/mark> è un limbo, che precede la deportazione, una sala d'aspetto con sbarre e filo spinato in attesa \u003Cmark>di\u003C/mark> un treno che nessuno vuole prendere. \r\n\r\nSi dice che a gennaio possa riaprire il Centro \u003Cmark>di\u003C/mark> Bologna e successivamente la struttura modenese ma ancora non si sa chi verrà chiamato a gestirli dopo il disastro della cooperativa Oasi, che si era aggiudicata l'affare vincendo la gara d'appalto con un ribasso enorme rispetto alla precedente gestione della Misericordia \u003Cmark>di\u003C/mark> Giovanardi.\r\nA Santa Maria Capua Vetere (Caserta) e Palazzo San Gervasio (Potenza) potrebbero sorgere due nuovi \u003Cmark>CIE\u003C/mark>, dopo l'avventura presto finita dell'emergenza Nordafrica.\r\nIl governo ha stanziato 13 milioni \u003Cmark>di\u003C/mark> euro ma non si sa se i lavori abbiano preso l'avvio e che punto siano.\r\n\r\nNumerosi segnali indicano che la ricetta individuata dal governo potrebbe essere decisamente più complessa del \"semplice\" riattamento dei \u003Cmark>CIE\u003C/mark> distrutti e dell'eventuale apertura \u003Cmark>di\u003C/mark> nuove strutture.\r\n\r\nLa decisione \u003Cmark>di\u003C/mark> spedire gli immigrati reclusi nelle patrie galere a scontare gli ultimi due anni nei paesi d'origine assunta con il decreto svuotacarceri prenderebbe due piccioni con la solita fava. Alleggerire il sovraffollamento carcerario e, nel contempo, evitare il trasferimento nei \u003Cmark>CIE\u003C/mark> e la trafila del riconoscimento espulsione dell'immigrato. Difficile dire se funzionerà, perché molto dipende dalla disponibilità dei paesi \u003Cmark>di\u003C/mark> emigrazione ad accettare questo pacco/dono dall'Italia.\r\n\r\nA fine novembre il governo Letta ha stipulato un nuovo accordo con la Libia per il controllo congiunto delle frontiere: droni italiani nel sud della Libia, militari libici e bordo delle unità della marina militare impegnate nell’operazione Mare Nostrum.\r\n\r\nAl ministero stanno studiando la possibilità \u003Cmark>di\u003C/mark> introdurre dei secondini privati per le funzioni \u003Cmark>di\u003C/mark> sorveglianza a diretto contatto con i reclusi.\r\nQualche solerte e sinistro esperto del business dell’umanitario, come il consorzio Connecting People, propone \u003Cmark>di\u003C/mark> trasformare i \u003Cmark>CIE\u003C/mark> in campi \u003Cmark>di\u003C/mark> lavoro.\r\n\r\nIl quadro che ne emerge ci pare chiaro. Outsourcing della repressione alla frontiera sud, riduzione degli internati con il trasferimento anticipato dei carcerati nei paesi d’origine, accoglimento delle proteste dei poliziotti, in parte esonerati dal compito \u003Cmark>di\u003C/mark> secondini, probabilmente una maggiore attenzione alle prescrizioni della direttiva rimpatri. Un pizzico \u003Cmark>di\u003C/mark> umanità in più (se trovano i soldi.)\r\n\r\nUna polpetta avvelenata con una spolverata \u003Cmark>di\u003C/mark> zucchero.",{"matched_tokens":578,"snippet":579,"value":579},[63],"\u003Cmark>CIE\u003C/mark>. 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Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE - uno al momento chiuso per lavori - sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose rivolte ed evasioni.\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una commissione nominata nel giugno 2012 dall'ex ministro dell'Interno Cancellieri.\r\nUna delle tante eredità lasciate dal governo Monti a propri successori.\r\nSu questo tema vi riportiamo alcuni stralci dell'articolo scritto da Alberto per il settimanale Umanità Nova.\r\nIl \"La responsabile del Viminale voleva vederci chiaro, anche e soprattutto per risolvere le “criticità” emerse negli ultimi anni. Otto alti funzionari coordinati dal sottosegretario di stato Saverio Ruperto, hanno partorito un documento che, ancora una volta, conferma l’attitudine “umbertina” di chi intende risolvere i problemi solo e soltanto con la repressione.\r\nIl testo è stato diffuso, in anteprima, il mese scorso da una sconcertata Sandra Zampa, parlamentare bolognese del PD. E in effetti i motivi di sconcerto sono davvero tanti.\r\nSchematicamente, si può dire che gli estensori del testo abbiano individuato una serie di “direttrici” sulle quali intervenire dopo una analisi di quello che è successo in questi anni nei Cie, anche alla luce dell’inasprimento delle normative in materia di immigrazione che, com’è noto, prevedono un allungamento dei tempi di detenzione fino a diciotto mesi (un anno e mezzo dietro le sbarre per il solo fatto di essere considerati “irregolari”). Nel documento lo si ammette: la administrative detention non consegue alla commissione di un reato, ma si riferisce a uno status giuridico. In Europa, però, «la possibilita di trattenere per via amministrativa gli stranieri irregolarmente presenti sui territorio, in attesa della lora espulsione, ha una storia ormai più che secolare (il primo Paese europeo a introdurre nel proprio ordinamento la detenzione amministrativa fu la Francia nel 1810)».\r\nPertanto, «i C.I.E. fanno ormai stabilmente parte dell’ordinamento e risultano indispensabili per un’efficiente gestione dell’immigrazione irregolare». Quindi, possiamo metterci il cuore in pace.\r\nNel documento non emerge alcuna volontà di ridurre il numero dei Cie, o di rivedere le leggi che li concepiscono. Al contrario, i magnifici otto dell’ex ministro dell’Interno ritengono che i Cie vadano “migliorati” razionalizzandone la gestione. L’unica concessione che si fa riguarda il periodo massimo di detenzione. Diciotto mesi sono troppi, «essendo pressoché trascurabile il numero di stranieri identificati trascorso l’anno di permanenza». Dodici mesi, quindi, possono bastare.\r\nMa la preoccupazione maggiore deriva dalla “sicurezza” dei Cie. Più volte, nel documento, si fa cenno alle rivolte e alle «sedizioni» che hanno letteralmente distrutto alcune di queste strutture fino alla necessità di chiuderle temporaneamente per rimetterle in sesto. Quindi, si propone di creare spazi appositi per l’isolamento dei soggetti più violenti o potenzialmente più violenti. Insomma: celle di isolamento all’interno di strutture sostanzialmente detentive ma formalmente non carcerarie. Non senza ipocrisia, si ammette che «la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine». Che fare allora, tenendo conto anche della pericolosa promiscuità dei Cie (che trattengono insieme ex detenuti ed ex lavoratori, immigrati “buoni” e immigrati “cattivi”, immigrati di una cultura insieme ad altri di cultura “avversa”)? Semplice: bisogna pensare che «modalità di trattenimento distinte e una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli ospiti di trascorre il tempo in maniera costruttiva, con la possibilità di svolgere, in un contesto più armonico e gradevole, attività ricreative e sportive». Attenzione, però: gli immigrati sono tipi difficili, anche un po’ ingrati, e bisogna quindi tener presente il «diffuso disinteresse degli ospiti verso le proposte di attività per l’impiego del tempo, che si registra all’interno dei Centri; mentre, d’altro canto, non è infrequente la necessità per le forze dell’ordine di limitare l’utilizzo degli impianti sportivi all’aperto allo scopo di impedire assembramenti e tentativi di fuga. Affinché sia sempre garantito l’utilizzo di tali impianti, è pertanto auspicabile la predisposizione di un sistema di difese passive all’interno di ogni Cie, in modo da scongiurare sul nascere i tentativi di fuga, attualmente assai frequenti».\r\nAi funzionari del ministero non viene in mente che le rivolte o gli atti di autolesionismo si verificherebbero ugualmente, anche se i Cie fossero dei resort con le gabbie dorate. Né è concepibile, per questi grigi burocrati, che il desiderio di libertà, a fronte di una ingiusta carcerazione, metta in secondo piano qualunque ridicolo palliativo.\r\nDalle pagine del documento trasuda una sola preoccupazione: far sì che il Cie diventi il più possibile sufficiente a se stesso, un panottico dove si possa fare tutto riducendo al minimo i contatti con l’esterno. Ad esempio, per quanto riguarda il diritto alla salute e alle cure mediche, si auspica la presenza di un medico con «responsabilità direzionali» e, più in generale, bisogna far sì che gli immigrati non vengano portati negli ospedali. Leggiamo perché: «Uno dei metodi maggiormente usati da parte dei trattenuti per tentare di fuggire dai Centri consiste nel provocare, anche con atti di autolesionismo, le condizioni per essere ricoverati in strutture sanitarie esterne, dalle quali lo straniero spesso può allontanarsi indisturbato a causa delle obiettive difficoltà a predisporre un servizio di piantonamento fisso. Un servizio di assistenza sanitaria efficiente e completo favorisce, in primo luogo, una maggiore tutela della salute di tutti gli ospiti della struttura, e può contribuire anche a scongiurare questi tentativi di fuga».\r\nRispetto alla trasparenza delle strutture, il documento va nella direzione di una maggiore discrezionalità delle prefetture nel rilascio dei permessi di accesso da parte di giornalisti o enti umanitari. E anche agli immigrati viene riconosciuta la libertà di corrispondere con l’esterno, magari con il telefonino personale, purché - ben inteso - non abbia fotocamera o videocamera.\r\nLa gestione economica dei Cie è stata fallimentare. In tutta Italia sono molti gli enti e le cooperative che si sono spartite l’affare dell’accoglienza senza peraltro garantire servizi decenti. E così, al ministero si punta a una centralizzazione dei servizi con la creazione di un unico gestore per tutti i centri in Italia. Tale centralizzazione sarebbe funzionale anche al diverso ruolo che si vorrebbe affidare agli operatori che gestiscono le strutture, magari creando «un corpo di operatori professionali. Si tratterebbe dl operatori specializzati, preparati attraverso corsi specifici di formazione e addestramento, organizzati anche con il contributo dell’amministrazione penitenziaria, che affiancherebbero le forze dell’ordine, cui resterebbe comunque affidata la sicurezza dei luoghi». Una mutazione di senso che trasformerebbe chi gestisce un Cie in un secondino a tutti gli effetti.\r\nInfine, per completare il quadro, il documento considera l’importanza della collaborazione dei consolati stranieri nelle procedure di identificazione ed espulsione dei loro cittadini irregolarmente presenti in Italia. Quindi, lungi dal pensare a una riduzione dei Centri, «nella prospettiva di una revisione della loro dislocazione sul territorio, e dell’eventuale creazione di nuove strutture, sarebbe opportuno concentrarne la presenza soprattutto nelle città in cui si trovano i consolati o le ambasciate dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio».\r\n\r\nAscolta la diretta con Alberto\r\n2013 05 17 alberto cie","22 Maggio 2013","2018-10-17 22:59:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/cie-gabbia-200x110.jpg","CIE. 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Un servizio \u003Cmark>di\u003C/mark> assistenza sanitaria efficiente e completo favorisce, in primo luogo, una maggiore tutela della salute \u003Cmark>di\u003C/mark> tutti gli ospiti della struttura, e può contribuire anche a scongiurare questi tentativi \u003Cmark>di\u003C/mark> fuga».\r\nRispetto alla trasparenza delle strutture, il documento va nella direzione \u003Cmark>di\u003C/mark> una maggiore discrezionalità delle prefetture nel rilascio dei permessi \u003Cmark>di\u003C/mark> accesso da parte \u003Cmark>di\u003C/mark> giornalisti o enti umanitari. E anche agli immigrati viene riconosciuta la libertà \u003Cmark>di\u003C/mark> corrispondere con l’esterno, magari con il telefonino personale, purché - ben inteso - non abbia fotocamera o videocamera.\r\nLa gestione economica dei \u003Cmark>Cie\u003C/mark> è stata fallimentare. In tutta Italia sono molti gli enti e le cooperative che si sono spartite l’affare dell’accoglienza senza peraltro garantire servizi decenti. E così, al ministero si punta a una centralizzazione dei servizi con la creazione \u003Cmark>di\u003C/mark> un unico gestore per tutti i centri in Italia. Tale centralizzazione sarebbe funzionale anche al diverso ruolo che si vorrebbe affidare agli operatori che gestiscono le strutture, magari creando «un corpo \u003Cmark>di\u003C/mark> operatori professionali. Si tratterebbe dl operatori specializzati, preparati attraverso corsi specifici \u003Cmark>di\u003C/mark> formazione e addestramento, organizzati anche con il contributo dell’amministrazione penitenziaria, che affiancherebbero le forze dell’ordine, cui resterebbe comunque affidata la sicurezza dei luoghi». Una mutazione \u003Cmark>di\u003C/mark> senso che trasformerebbe chi gestisce un \u003Cmark>Cie\u003C/mark> in un secondino a tutti gli effetti.\r\nInfine, per completare il quadro, il documento considera l’importanza della collaborazione dei consolati stranieri nelle procedure \u003Cmark>di\u003C/mark> identificazione ed espulsione dei loro cittadini irregolarmente presenti in Italia. Quindi, lungi dal pensare a una riduzione dei Centri, «nella prospettiva \u003Cmark>di\u003C/mark> una revisione della loro dislocazione sul territorio, e dell’eventuale creazione \u003Cmark>di\u003C/mark> nuove strutture, sarebbe opportuno concentrarne la presenza soprattutto nelle città in cui si trovano i consolati o le ambasciate dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio».\r\n\r\nAscolta la diretta con Alberto\r\n2013 05 17 alberto \u003Cmark>cie\u003C/mark>",{"matched_tokens":624,"snippet":625,"value":625},[63],"\u003Cmark>CIE\u003C/mark>. 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