","24 febbraio. Giornata di lotta antimilitarista","post",1708596902,[58,59,60,61,62],"http://radioblackout.org/tag/24-febbraio-antimilitarista/","http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/disertiamo-la-guerra/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/secondo-anniversario-guerra-in-ucraina/",[64,14,65,66,67],"24 febbraio antimilitarista","disertiamo la guerra!","guerra","secondo anniversario guerra in ucraina",{"post_content":69},{"matched_tokens":70,"snippet":73,"value":74},[71,72],"perdurare","continente","le tensioni per Taiwan, il \u003Cmark>perdurare\u003C/mark> dei conflitti per il controllo delle risorse nel \u003Cmark>continente\u003C/mark> africano, il rischio di una","L’assemblea antimilitarista, nel secondo anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina, ha promosso una giornata di lotta antimilitarista con iniziative diffuse nelle varie località.\r\n\r\nA Torino ci sarà una manifestazione da piazza Castello alle ore 15\r\n\r\nDi seguito qualche stralcio dall’appello.\r\n“Sono passati due anni dall’invasione russa dell’Ucraina e, nonostante l’affievolirsi dell’attenzione mediatica, il conflitto si inasprisce sempre di più.\r\nGuerre e conflitti insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. Con il riaccendersi della terribile guerra in Medio Oriente, l’aprirsi del conflitto nel Mar Rosso, il moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, le tensioni per Taiwan, il \u003Cmark>perdurare\u003C/mark> dei conflitti per il controllo delle risorse nel \u003Cmark>continente\u003C/mark> africano, il rischio di una guerra, anche nucleare, su scala planetaria è una possibilità reale. (…)\r\nOpporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.\r\nLa guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.\r\nIl prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine e russe.\r\nLo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.\r\nLo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento.\r\nIl governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, arrivando a schierare 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero.\r\nL’Italia è impegnata in ben 43 missioni militari all’estero, in buona parte in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.\r\nL’Italia vende armi a tutti i paesi in guerra, compresi Israele ed il Qatar, contribuendo direttamente a quella guerra atroce. (…)\r\nLa guerra è anche interna.\r\nIl governo risponde alla povertà trattando le questioni sociali in termini di ordine pubblico: i militari dell’operazione “strade sicure” quest’anno sono saliti a 6.800: li trovate nelle periferie povere, nei CPR, nelle stazioni, sui confini.\r\nCome se non bastasse il ministro della Difesa ha annunciato la costituzione di una “riserva”, un corpo di 10.000 militari volontari in addestramento perenne che possono essere richiamati per far fronte a qualsiasi “emergenza” interna.\r\nLa guerra è ormai arrivata anche nelle scuole, dove i militari fanno propaganda per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze.\r\n(…)\r\nSosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia, in Ucraina, nel Mediterraneo orientale, nel Mar Rosso… e in ogni dove!\r\nApriamo le frontiere ad obiettori e disertori di tutti i paesi in guerra!\r\nDisertiamo la guerra!”\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/02/2024-02-20-piazze-antimili-24-federico.mp3\"][/audio]",[76],{"field":77,"matched_tokens":78,"snippet":73,"value":74},"post_content",[71,72],1157451332928405500,{"best_field_score":81,"best_field_weight":82,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":83,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":84},"2211830235136",14,"1157451332928405617",4,{"document":86,"highlight":123,"highlights":129,"text_match":132,"text_match_info":133},{"cat_link":87,"category":88,"comment_count":44,"id":89,"is_sticky":44,"permalink":90,"post_author":47,"post_content":91,"post_date":92,"post_excerpt":50,"post_id":89,"post_modified":93,"post_thumbnail":94,"post_thumbnail_html":95,"post_title":96,"post_type":55,"sort_by_date":97,"tag_links":98,"tags":111},[41],[43],"69043","http://radioblackout.org/2021/05/takuba-una-missione-senza-scrupoli-ne-discussioni/","Il Sahel è un'area molto importante per l'Occidente, la Francia in particolare, viste le risorse (Uranio, petrolio) e per la collocazione che mette in collegamento il Mediterraneo maghrebino con l'Africa centrale. Ma è anche in subbuglio, perché il jihad ha buon gioco a inquadrare la miseria derivante dalla desertificazione, dalla trasformazione della proprietà della terra (monocultura e controllo delle acque) e dalle predazioni dei paesi colonialisti.\r\nDi qui la necessità di occupare in forze militarmente il territorio: la Francia già da anni ha dislocato la missione Barkhane, intervenendo in Mali, ora si avvia Takouba, una ancora più mirata missione internazionale, a cui partecipano truppe dell'esercito italiano, con regole d'ingaggio sconosciute, sotto il comando francese, e a seguito di un voto parlamentare datato e approvato su un testo fumoso inserito nel finanziamento delle spese militari all'estero, dalle quali emerge l'impegno di 200 militari, 20 carri armati e 8 elicotteri.\r\nAbbiamo preso spunto da due articoli per affrontare questo spinoso argomento: uno è una ridicola marchetta di Formiche.net, che ha intervistato Giulio Sapelli per spingere il governo italiano a una maggiore intraprendenza nel \"fare affari\", tradotto: vendere armi anche e soprattutto ai \"dittatori\" come al-Sisi, nonostante tutto, per risultare competitivi con l'assenza di scrupoli di Macron, soprattutto in Africa.\r\nInvece l'articolo serio è comparso su \"Pagineesteri.net\", lo ha firmato Antonio Mazzeo: \"Italia in Mali. Assieme ai golpisti per fermare i flussi migratori e 'stabilizzare' il Sahel\". Abbiamo sentito l'estensore di questo secondo articolo per inquadrare meglio questa \"stabilizzazione\" e già dall'inizio ha avuto modo di rassicurare Sapelli, perché ci ha fornito una informazione poco conosciuta e cioè che su quei Rafale venduti dai francesi all'Egitto verranno montati sistemi d'arma di Leonardo-Finmeccanica: cioè le due potenze coloniali collaborano sia attraverso i grossi rami d'azienda (Eni e Leonardo per l'Italia; Total e Dassault per la Francia). Macron ha potenziato enormemente il dispositivo militare dislocato in Sahel, perché la minaccia e forte quanto gli interessi, soprattutto ora che è morto Déby costituendo un nuovo motivo di preoccupazione. E la Francia è solita imporre regimi golpisti laddove vede lesi i suoi interessi da forze insorgenti, come è capitato proprio in Mali, dove si andrà a sostenere con Takouba una giunta militare, instaurata da un anno proprio dai francesi di Barkhane\r\nVengono legittimate le intrusioni europee in Sahel a difesa degli interessi predatori dalla necessità di contrastare gli uguali interessi energivori di Russia e Cina (e Turchia, che è il vero competitor italo-francese): giustificazioni per imprese militari costosissime e che servono per difendere la presenza africana (Angola, Mozambico, Nigeria) dell'Eni – oltreché per giustificare la spesa in attrezzature militari e dell'intero comparto della Difesa.\r\nI francesi hanno un numero spropositato di cacciabombardieri nell'area, una quantità di uomini che potrebbe contrastare una potenza suo pari nell'area e in quasi un decennio non è riuscita a limitare lo sviluppo di milizie e di gruppi insorgenti: la lotta al jihad è solo la foglia di fico, e dunque la crescita della sfida islamica va mantenuta per poter legittimare le missioni e imporre l'accesso al mercato africano; e non va dimenticato Biden, che ha rilanciato Africom, l'agenzia americana di penetrazione dell'Africa da parte dei militari statunitensi: è in preparazione un'esercitazione che si svolgerà in Marocco, come in finale del suo intervento ci rivela Antonio Mazzeo per illustrare la corsa di tutte le potenze grandi, medie e piccole per trasformare il continente come il più grosso mercato di armi mondiale, soprattutto proprio in Sahel.\r\n \r\n\r\nDi tutto questo e molto altro abbiamo parlato con @mazzeoantonio:\r\n\r\nAscolta \"Missioni coloniali in Sahel: tassello della guerra globale e della spartizione del mercato africano\" su Spreaker.","9 Maggio 2021","2021-05-09 16:34:25","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"126\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba-300x126.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba-300x126.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba-1024x431.jpeg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba-768x323.jpeg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/05/takuba.jpeg 1140w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Takouba, una missione senza scrupoli né discussioni",1620577747,[99,100,101,102,103,104,105,106,107,108,109,110],"http://radioblackout.org/tag/africomoutofarica/","http://radioblackout.org/tag/nowar2021/","http://radioblackout.org/tag/takouba/","http://radioblackout.org/tag/tchad/","http://radioblackout.org/tag/barkhane/","http://radioblackout.org/tag/eni/","http://radioblackout.org/tag/francafrique/","http://radioblackout.org/tag/leonardo/","http://radioblackout.org/tag/mali/","http://radioblackout.org/tag/niger/","http://radioblackout.org/tag/sahel/","http://radioblackout.org/tag/total/",[112,113,114,115,116,12,117,118,119,120,121,122],"#africomoutofarica","#nowar2021","#takouba","#tchad","Barkhane","Francafrique","leonardo","Mali","niger","sahel","Total",{"post_content":124},{"matched_tokens":125,"snippet":127,"value":128},[126],"predatori","Sahel a difesa degli interessi \u003Cmark>predatori\u003C/mark> dalla necessità di contrastare gli","Il Sahel è un'area molto importante per l'Occidente, la Francia in particolare, viste le risorse (Uranio, petrolio) e per la collocazione che mette in collegamento il Mediterraneo maghrebino con l'Africa centrale. 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Per fissare strutture statali nuove, distribuire le terre e attribuire potere localmente si alimentano malumori e ribellioni. Da qui il blocco di Port Sudan per tre giorni, con colossali perdite da parte delle grandi potenze che stanno colonizzando l'Africa, in questo caso Cina e Turchia in primis, e poi i veri protagonisti della spartizione che possono godere della normalizzazione del Sudan, le grandi industrie petrolifere. Ma le vere perdite sono di vite umane: probabilmente 12, sicuramente 8.\r\n\r\nE il petrolio, oltre alle brutalità in divisa, è il legame con la Nigeria, dove gli abusi e l'arroganza delle squadracce (sciolte le Sars, hanno solo cambiato nome in Swat, ma lo slogan più ripetuto è «EndSARS») di polizia hanno a tal punto superato i limiti di corruzione e impunità che, in particolare a Lagos, i cittadini non hanno più paura, scendono in piazza e anche se almeno 38 sono le vittime contate da Amnesty, alcuni freddati alle spalle... ma questo è probabilmente solo un pretesto per protestare contro le disuguaglianze, la corruzione, l'omofobia che pervade il potere nigeriano di Buhari, andato al governo promettendo la fine del terrorismo di Boko Haram, un governo inclusivo ed eliminare... la miseria. Nessuna di queste è stata mantenuta, ma in particolare quest'ultima.\r\n\r\nMa questi riot in paesi così diversi e con problematiche differenti disvelano aspetti più diffusi e profondi in gran parte del continente, come ci ha raccontato Angelo Ferrari:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/2020_10_22_Angelo-Ferrari-Sudan_Nigeria_scontri-e-morti.mp3\"][/audio]","24 Ottobre 2020","2020-10-24 01:06:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/endsars_NOW-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/endsars_NOW-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/endsars_NOW-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/endsars_NOW.jpg 768w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Violenze poliziesche e rabbia in Nigeria e Sudan... ma il contesto è diverso",1603501469,[150,104,151,152,153,154],"http://radioblackout.org/tag/abusi-di-polizia/","http://radioblackout.org/tag/kassala/","http://radioblackout.org/tag/nigeria/","http://radioblackout.org/tag/petrolio/","http://radioblackout.org/tag/sudan/",[156,12,21,157,158,159],"abusi di polizia","nigeria","petrolio","Sudan",{"post_content":161},{"matched_tokens":162,"snippet":164,"value":165},[163],"perdite","per tre giorni, con colossali \u003Cmark>perdite\u003C/mark> da parte delle grandi potenze","Il Sudan diventa “normale” e si rapporta in pace con l'entità israeliana, pur di uscire dalle sanzioni e dalla condizione di stato canaglia: il governo misto militare e civile sta superando lentamente i lasciti della dittatura di al-Bashir, ma ci sono dispute che affondano nella storia coloniale e precoloniale della zona di Kassala, con alleanze e modelli di vita diversi che entrano in collisione sulle sponde del Mar Rosso all confluenza di confini geografici e coloniali. 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Come il governo ha presentato le misure? Come ha reagito la popolazione, con alle spalle due anni di esperienze di lotta nei gilet gialli?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/diretta-francia-covid19.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #17\r\n\r\nContinuando a riflettere su come vanno le cose per gli ultimi, i dimenticati, gli esclusi della società, un interessante chiacchierata con Lorenzo Camoletto del Gruppo Abele: com'è la situazione dei drop in? e dei Seri? come stanno affrontando la situazione le persone con dipendenze e senza fissa dimora?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Lorenzocamoletto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE nel carcere delle Vallette le cose come stanno andando? ne abbiamo parlato con Luca Abbà\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lucaabbà.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #15\r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo \"Coronavirus in Africa: cosa rischiano i debitori della Cina\", dove si sostiene che \"l’epidemia del coronavirus in Africa non solo potrebbe rivelarsi tragica considerando l’ampia densità di popolazione e povertà del continente, ma per altro verso richiedere gli aiuti internazionali potrebbe ridurre alcune regioni profondamente indebitate a diventare ufficialmente colonie asiatiche: è proprio il caso del Kenya e dell’Etiopia, tra i maggiori creditori della Cina\", abbiamo cercato di avere uno sguardo su cosa sta accadendo nel continente africano, dove è in corso un pericoloso aumento dei contagi, specialmente in Sudafrica.\r\nAscolta una prima testimonianza dal Rwanda:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/WhatsApp-Audio-2020-03-24-at-12.46.17-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #11\r\n\r\nNonostante le scuole siano chiuse, la didattica prosegue e gli/le insegnanti continuano a lavorare. C'è, però, chi non ce la fa più a stare dietro alle forme telematiche della didattica ai tempi del Coronavirus. A tutto questo, si aggiunge il problema della retribuzione. La testimonianza di un'insegnante:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/audio-insegnante.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE chi una cosa non ce l'ha? La testimonianza di alcune lavoratrici dei dormitori di Torino:\r\n\r\n[audio ogg=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/WhatsApp-Audio-2020-03-21-at-15.15.57.ogg\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio ogg=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/WhatsApp-Audio-2020-03-21-at-15.16.10.ogg\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nI rider di Torino interrompono la loro attività lavorativa per portare del cibo a chi è senza casa. Ne abbiamo parlato con una rider:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/rider-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nStriscioni per la libertà è un'iniziativa nata all'interno dell'Edera Squat. L'invito è quello di appendere fuori dai balconi uno striscione di solidarietà con tutti i detenuti e le detenute. Ne abbiamo parlato con un compagno dell'Edera Squat:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/edera.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nNon andrà tutto bene. E' il titolo di un articolo che racconta la diffusione del virus e del suo legame con inquinamento, abbassamento delle difese immunitarie, iperurbanizzazione, deforestazione e altri aspetti legati allo sfruttamento intensivo della terra. Ascolta la diretta con l'autore Gianluca Garetti:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/intervista-andrà-male.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #10\r\n\r\n#stattaccuort - aggiornamenti da quel di Napoli:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/alessio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\ne di conseguenza un contributo molto ispirato sul piano esistenziale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_19_giorgio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl punto sulla situazione dei contadini con la stretta su mercati e vendita al dettaglio contenuta negli ultimi decreti. Un momento di estrema difficoltà da parte di allevatori e agricoltori incastrati tra l'impossibilità di fermarsi davanti al naturale proseguo dei cicli stagionali e la prospettiva di non guadagnare alcunché per un periodo ancora indefinito, nell'attuale silenzio delle istituzioni:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Garbarino.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE dalla tragica situazione della sanità milanese una testimonianza di un'operatrice, vieppiù infervorata in un climax di rabbia e indignazione:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_19_sanità_milanese.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #9\r\n\r\nNel giorno in cui il governatore Fontana minaccia di diventare aggressivo (sic) e di vietare le uscite all'aperto, tracciando gli spostamenti dei residenti in Lombardia attraverso i cellulari, non si scorgono segnali di miglioramento complessivo nel paziente Italia. Ma le conseguenze socio economiche del coronavirus si stanno propagando per l'Europa. Di seguito la testimonianza di un ascoltatore da Amsterdam, dove, oltre alle code davanti ai coffeeshop, il crudo sapore di darwinismo sociale olandese comincia a filtrare, sia attraverso voci degli stessi politici, sia dalle drastiche misure adottate in questi giorni da KLM che sta licenziando migliaia di dipendenti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/olandese.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAnche la situazione nelle carceri a livello europeo seguire l'andamento del propagarsi virale: La scorsa settimana le rivolte in Italia, di questa settimana invece le notizie dei primi contagi e il propagarsi dell'incertezza per la condizione dei detenuti. La Spagna e la Francia stanno per raggiungerci in questa triste escalation, come raccontano queste testimonianze di Radio Onda d'urto.\r\n\r\nNel rapido scomparire di tutele e diritti per tutti, che ne sarà, ad esempio dei tossicodipendenti? Tra algebra del bisogno e carenze strutturali, dovrà pur esistere una forma di mediazione che tenga in qualche modo conto di queste persone, che in Italia sono tante. Oppure le lasceremo morire, smantellando gli ultimi pezzi di questo già precario apparato? In che modo anni di leggi liberticide in materia di droghe hanno contribuito a corrodere alla base qualunque possibile alternativa alla detenzione di migliaia di persone con dipendenze, atomizzando nelle già sovraffollate carceri una popolazione bisognosa, con le conseguenze che stiamo vedendo? Ne abbiamo parlato con una operatrice del settore\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/operatrice_sert.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nA Torino le richieste delle associazioni sono state in qualche modo accolte e i dormitori sono aperti, ma il personale di diverse altre strutture sembra non avere ancora tutti gli strumenti per affrontare l'emergenza. Le tutele lavorative per gli operatori sono scarse, con orizzonti prossimi di cassa integrazione, le mascherine scarseggiano e l'incertezza sui protocolli da seguire sembra essere piuttosto diffusa, causata dal caos continuo di nuove disposizioni. Ma lo sguardo è rivolto necessariamente anche agli utenti di questi servizi. Ne abbiamo parlato con una operatrice di comunità per disabili medio gravi, dove la fragile condizione dell'utenza è aggravata dalla quarantena forzata e dal continuo rincorrersi dei cambiamenti legislativi\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lalla.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine abbiamo gettato uno sguardo a scenari economici, discutendo con un redattore della radio di attualità legata agli operatori del settore ma anche di futuri possibili e inesorabili ricadute su tutti noi. Compresa la possibile fine del denaro contante.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/operaorefinanziario.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #8\r\n\r\nControllo e repressione si fanno sempre più asfissianti a Torino, arrivando nei cortili dei palazzi, fino alle porte di casa. La municipale inizia ad entrare nei condomini per controllare residenze e domicili.\r\nAscolta una testimonianza arrivata ai nostri microfoni questo pomeriggio dal quartiere Aurora:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Retata-Via-Aosta.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMancano le mascherine, scatta la protesta spontanea. Dalle 6 di questa mattina al Carrefour h24 di corso Montecucco, uno dei più grandi nella zona ovest di Torino, le lavoratrici e i lavoratori hanno incrociato le braccia rifiutandosi di iniziare il turno. Sono poi spuntate delle mascherine e lo sciopero è rientrato, ma per chi protesta i problemi non sono certo risolti: \"Che senso ha ora tenere aperto la notte - dicono - riduciamo gli orari e riduciamo le occasioni di contagio. Noi stiamo sempre aperti. Carrefour persegue solo il profitto e il business in questo momento?\". Il supermercato è uno dei primi ad aver avviato l'apertura totale in città.\r\nDalla GDO alla logistica, continuano a moltiplicarsi le mobilitazioni spontanee di chi è sfruttato: vicino a Piacenza è infatti in corso uno sciopero nel megahub Amazon di Castel San Giovanni, per l'assenza di misure di sicurezza per chi è costretto a lavorare. Sono 1.100 i dipendenti che si sono fermati .\r\nAscolta un commento a caldo di Stefano della CUB Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/stefcub.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl decreto \"Cura Italia\" approvato ieri ha stanziato 85 milioni per agevolare le scuole nel dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali per la didattica a distanza, una modalità di organizzazione dell'istruzione pubblica intrinsecamente classista e attorno a cui ruota un florido business per i giganti privati del digitale.\r\nAscolta la testimonianza di una professoressa, che ha sollevato le criticità della scuola telematica....\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/ConsiderazioniScuola.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...e quella di due studenti torinesi, che questa emergenza non la vogliono pagare:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/scuola-studente.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Paolo-Gobetti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #7\r\n\r\n#stagaloeucc - aggiornamenti da quel di Milano:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/stagaloch2-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #6\r\n\r\nAscolta la testimonianza di Luca, NOTAV, detenuto semilibero al carcere delle Vallette di Torino, dove ai tempi del virus la semilibertà è sempre meno libera:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Luca-Abbà.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nSe la tecnologia potesse proteggerti da una pandemia, la useresti? Dovrebbe prendere ogni tipo di tua informazione personale: il tuo nome, i tuoi contatti, le informazioni demografiche, ma potrebbe tenerti \"al sicuro\". Ai tempi di Covid-19 questa è una domanda a cui in diversi territori si sta rispondendo - con l'imposizione autoritaria o con il \"libero\" consenso democratico - attraverso la diffusione di dispositivi tecnologici propri di un capitalismo della sorveglianza. Dalla Cina, alla Corea del Sud, a Seul, passando per il Canada, fino all'Italia, dove gli scenari sono tutt'altro che rassicuranti: quali sono le implicazioni future di queste tecnologie?\r\nNe abbiamo parlato con un redattore di Stakka Stakka:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/sorveglianz-19-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #5\r\n\r\nPer molte donne e persone lgbtqia* #stareacasa non è qualcosa di minimamente rassicurante. Lo spazio domestico per molte e molti è un luogo di violenza. A causa dei decreti restrittivi, inoltre, i centri anti-violenza faticano a portare avanti la loro attività, esacerbando di fatto l'isolamento di chi si trova rinchiuso tra le insicure mura domestiche suo malgrado.\r\nA questo si aggiunge il fatto che con la zona rossa sta aumentando in maniera esponenziale il carico del lavoro di cura, che ricade quasi esclusivamente sulla componente femminile delle famiglie. Se questa era la situazione ordinaria, le persone in situazioni di violenza domestica in questi giorni stanno vedendo un enorme peggioramento della propria condizione di vita.\r\nAscolta la diretta con Chiara:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/violenza-domestica.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUn intervento di Fabio dei SolCobas sugli scioperi spontanei di questi giorni e sulle prospettive di lotta nel mondo del lavoro, dove alla questione sicurezza sanitaria si somma la questione salariale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solcobas-milano.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #4\r\n\r\nTiziano del CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario illustra le carenze intrinseche al nuovo decreto previsto per la giornata di domani, sabato 14 marzo, rispetto ai possibili ammortizzatori sociali ipotizzati dal governo che come era prevedibile non riusciranno a coprire tutte le categorie lavorative e a garantire quel minimo di sostegno economico in questo momento di totale instabilità. Per approfondire: \"Che cos'è il reddito di quarantena?\"\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/red40na.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nVoci da Genova. Con un compagno proviamo a delineare una panoramica della situazione del mondo del lavoro nel capoluogo ligure in queste concitate giornate. Dalla logistica ai portuali, tra manifestazioni spontanee, autorganizzate, chiamate dei sindacati di base e richieste di sanificazione degli impianti, non manca chi continua a opporsi all'indifferenza di aziende e istituzioni rivendicando maggiore sicurezza sul posto di lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/scioperi-genova.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #3\r\n\r\nMarco Meotto, professore di filosofia torinese, ha scritto un articolo su Doppiozero, interessante perché ha focalizzato alcuni problemi correlati al covid19 nel senso della spinta a accelerare la diffusione dell'e-learning da parte del mondo affaristico e del profitto privato in previsione di mantenere alla fine della emergenza le posizioni conquistate da sistemi che possono ledere la funzione docente e l'apprendimento fondato sulla normale relazione docente/discente... le sue considerazioni ci hanno condotto lontano spaziando dall'istruzione dei disabili al capovolgimento del concetto della scuola dell'inclusione che ha informato finora i criteri della formazione democratica, esautorando i protagonisti e accentuando le figure autoritarie, a cui è demandata la scelta di strumenti informatici che potranno così trattare dati sensibili in grandi quantità:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/meotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUna voce da Lesvos, isola di detenzione, dove migliaia di persone vengono quotidianamente lasciate morire da uno stato razzista e classista. Le condizioni sanitarie di chi vive intrappolato alle porte delle fortezza Europa sono indecenti, mentre sull'isola è stato appena dichiarato il primo caso di Coronavirus, che potrebbe conseguentemente produrre un'ecatombe tra tutta quella umanità che stato e capitale considerano in eccesso. Ascolta la diretta con Nikos, compagno che vive a Lesvos:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lesvos.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #2\r\n\r\nAscolta il contributo di un rider su cui si è abbattuta l'emergenza Coronavirus....\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/rider.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...e di un lavoratore di una comunità di assistenza per disabili:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/comunità.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo poi fatto un primo punto della situazione con un compagno cuoco per quanto riguarda il comparto lavorativo della ristorazione torinese ai tempi del covid19, laddove alla già diffusa precarietà si aggiunge adesso l'assenza di salario e di reddito, così come il rischio o la realtà della perdita del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/ristorazione.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUno sguardo a cosa sta succedendo nel mondo dello spettacolo, dove la chiusura di teatri, cinema e tutti i luoghi di cultura ha portato a lasciare in strada migliaia di lavoratrici e lavoratori, già di per sé soggetti a lavoro nero, intermittente, contratti a chiamata e precarietà estrema. Alcuni di loro in diverse città si stanno organizzando per richiedere un \"reddito di quarantena\", ovvero un fondo che garantisca continuità salariale a chi è costretto all'inattività. Un lavoratore ci dà il suo punto di vista rispetto alla situazione torinese:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/spettacolo.mp3\"][/audio]","3 Aprile 2020","2020-04-04 10:10:08","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-200x110.png","\u003Cimg width=\"212\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-212x300.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-212x300.png 212w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-724x1024.png 724w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-768x1086.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-1086x1536.png 1086w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6-1448x2048.png 1448w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/o-6.png 1587w\" sizes=\"auto, (max-width: 212px) 100vw, 212px\" />","Microfoni aperti dalla zona rossa (in continuo aggiornamento)",1585931445,[184,185,186],"http://radioblackout.org/tag/coronavirus/","http://radioblackout.org/tag/microfoni-aperti/","http://radioblackout.org/tag/zona-rossa/",[188,189,190],"coronavirus","microfoni aperti","zona rossa",{"post_content":192},{"matched_tokens":193,"snippet":194,"value":195},[72],"di popolazione e povertà del \u003Cmark>continente\u003C/mark>, ma per altro verso richiedere","come campi se non hai un lavoro?\r\ne se lavori sei protett*?\r\nla casa e' davvero un posto sicuro per tutt*?\r\ne chi una casa non ce l'ha?\r\ncosa succede nelle carceri e nei cpr?\r\nperche' la sanita' privata continua a lucrare?\r\nda questo stato d'emergenza si tornera' indietro?\r\n\r\nrompi l'isolamento!\r\n\r\nchiamaci allo 011 249 5669\r\nmandaci un vocale al 346 667 3263\r\n\r\nDi seguito alcuni degli interventi raccolti in questi giorni.\r\n\r\nZona Rossa giorno #25\r\n\r\nIn una puntata quasi interamente dedicata allo sciopero degli affitti, abbiamo sentito Prendocasa Torino, collettivo per il diritto all'abitare:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/prendocasa.mp3\"][/audio]\r\n\r\nZona Rossa giorno #24\r\n\r\nTornando a parlare di dipendenza, riduzione del danno e Covid 19 oggi abbiamo sentito Alessio, presidente di ItanPud\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/alessioitanpud.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #18\r\n\r\nAbbiamo parlato con Marcello dell'associazione Nazione Rom della situazione della popolazione sinti a fronte dell'epidemia\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/campi-rom-covid19.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAnche la Francia è in lockdown dal 16 marzo. Come il governo ha presentato le misure? Come ha reagito la popolazione, con alle spalle due anni di esperienze di lotta nei gilet gialli?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/diretta-francia-covid19.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #17\r\n\r\nContinuando a riflettere su come vanno le cose per gli ultimi, i dimenticati, gli esclusi della società, un interessante chiacchierata con Lorenzo Camoletto del Gruppo Abele: com'è la situazione dei drop in? e dei Seri? come stanno affrontando la situazione le persone con dipendenze e senza fissa dimora?\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Lorenzocamoletto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE nel carcere delle Vallette le cose come stanno andando? ne abbiamo parlato con Luca Abbà\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lucaabbà.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #15\r\n\r\nPrendendo spunto dall'articolo \"Coronavirus in Africa: cosa rischiano i debitori della Cina\", dove si sostiene che \"l’epidemia del coronavirus in Africa non solo potrebbe rivelarsi tragica considerando l’ampia densità di popolazione e povertà del \u003Cmark>continente\u003C/mark>, ma per altro verso richiedere gli aiuti internazionali potrebbe ridurre alcune regioni profondamente indebitate a diventare ufficialmente colonie asiatiche: è proprio il caso del Kenya e dell’Etiopia, tra i maggiori creditori della Cina\", abbiamo cercato di avere uno sguardo su cosa sta accadendo nel \u003Cmark>continente\u003C/mark> africano, dove è in corso un pericoloso aumento dei contagi, specialmente in Sudafrica.\r\nAscolta una prima testimonianza dal Rwanda:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/WhatsApp-Audio-2020-03-24-at-12.46.17-online-audio-converter.com_.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #11\r\n\r\nNonostante le scuole siano chiuse, la didattica prosegue e gli/le insegnanti continuano a lavorare. 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Ascolta la diretta con l'autore Gianluca Garetti:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/intervista-andrà-male.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #10\r\n\r\n#stattaccuort - aggiornamenti da quel di Napoli:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/alessio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\ne di conseguenza un contributo molto ispirato sul piano esistenziale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_19_giorgio.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl punto sulla situazione dei contadini con la stretta su mercati e vendita al dettaglio contenuta negli ultimi decreti. Un momento di estrema difficoltà da parte di allevatori e agricoltori incastrati tra l'impossibilità di fermarsi davanti al naturale proseguo dei cicli stagionali e la prospettiva di non guadagnare alcunché per un periodo ancora indefinito, nell'attuale silenzio delle istituzioni:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Garbarino.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE dalla tragica situazione della sanità milanese una testimonianza di un'operatrice, vieppiù infervorata in un climax di rabbia e indignazione:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/2020_03_19_sanità_milanese.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #9\r\n\r\nNel giorno in cui il governatore Fontana minaccia di diventare aggressivo (sic) e di vietare le uscite all'aperto, tracciando gli spostamenti dei residenti in Lombardia attraverso i cellulari, non si scorgono segnali di miglioramento complessivo nel paziente Italia. Ma le conseguenze socio economiche del coronavirus si stanno propagando per l'Europa. Di seguito la testimonianza di un ascoltatore da Amsterdam, dove, oltre alle code davanti ai coffeeshop, il crudo sapore di darwinismo sociale olandese comincia a filtrare, sia attraverso voci degli stessi politici, sia dalle drastiche misure adottate in questi giorni da KLM che sta licenziando migliaia di dipendenti.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/olandese.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAnche la situazione nelle carceri a livello europeo seguire l'andamento del propagarsi virale: La scorsa settimana le rivolte in Italia, di questa settimana invece le notizie dei primi contagi e il propagarsi dell'incertezza per la condizione dei detenuti. La Spagna e la Francia stanno per raggiungerci in questa triste escalation, come raccontano queste testimonianze di Radio Onda d'urto.\r\n\r\nNel rapido scomparire di tutele e diritti per tutti, che ne sarà, ad esempio dei tossicodipendenti? Tra algebra del bisogno e carenze strutturali, dovrà pur esistere una forma di mediazione che tenga in qualche modo conto di queste persone, che in Italia sono tante. Oppure le lasceremo morire, smantellando gli ultimi pezzi di questo già precario apparato? In che modo anni di leggi liberticide in materia di droghe hanno contribuito a corrodere alla base qualunque possibile alternativa alla detenzione di migliaia di persone con dipendenze, atomizzando nelle già sovraffollate carceri una popolazione bisognosa, con le conseguenze che stiamo vedendo? Ne abbiamo parlato con una operatrice del settore\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/operatrice_sert.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nA Torino le richieste delle associazioni sono state in qualche modo accolte e i dormitori sono aperti, ma il personale di diverse altre strutture sembra non avere ancora tutti gli strumenti per affrontare l'emergenza. Le tutele lavorative per gli operatori sono scarse, con orizzonti prossimi di cassa integrazione, le mascherine scarseggiano e l'incertezza sui protocolli da seguire sembra essere piuttosto diffusa, causata dal caos continuo di nuove disposizioni. Ma lo sguardo è rivolto necessariamente anche agli utenti di questi servizi. Ne abbiamo parlato con una operatrice di comunità per disabili medio gravi, dove la fragile condizione dell'utenza è aggravata dalla quarantena forzata e dal continuo rincorrersi dei cambiamenti legislativi\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lalla.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine abbiamo gettato uno sguardo a scenari economici, discutendo con un redattore della radio di attualità legata agli operatori del settore ma anche di futuri possibili e inesorabili ricadute su tutti noi. Compresa la possibile fine del denaro contante.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/operaorefinanziario.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #8\r\n\r\nControllo e repressione si fanno sempre più asfissianti a Torino, arrivando nei cortili dei palazzi, fino alle porte di casa. La municipale inizia ad entrare nei condomini per controllare residenze e domicili.\r\nAscolta una testimonianza arrivata ai nostri microfoni questo pomeriggio dal quartiere Aurora:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Retata-Via-Aosta.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nMancano le mascherine, scatta la protesta spontanea. Dalle 6 di questa mattina al Carrefour h24 di corso Montecucco, uno dei più grandi nella zona ovest di Torino, le lavoratrici e i lavoratori hanno incrociato le braccia rifiutandosi di iniziare il turno. Sono poi spuntate delle mascherine e lo sciopero è rientrato, ma per chi protesta i problemi non sono certo risolti: \"Che senso ha ora tenere aperto la notte - dicono - riduciamo gli orari e riduciamo le occasioni di contagio. Noi stiamo sempre aperti. Carrefour persegue solo il profitto e il business in questo momento?\". Il supermercato è uno dei primi ad aver avviato l'apertura totale in città.\r\nDalla GDO alla logistica, continuano a moltiplicarsi le mobilitazioni spontanee di chi è sfruttato: vicino a Piacenza è infatti in corso uno sciopero nel megahub Amazon di Castel San Giovanni, per l'assenza di misure di sicurezza per chi è costretto a lavorare. Sono 1.100 i dipendenti che si sono fermati .\r\nAscolta un commento a caldo di Stefano della CUB Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/stefcub.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nIl decreto \"Cura Italia\" approvato ieri ha stanziato 85 milioni per agevolare le scuole nel dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali per la didattica a distanza, una modalità di organizzazione dell'istruzione pubblica intrinsecamente classista e attorno a cui ruota un florido business per i giganti privati del digitale.\r\nAscolta la testimonianza di una professoressa, che ha sollevato le criticità della scuola telematica....\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/ConsiderazioniScuola.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...e quella di due studenti torinesi, che questa emergenza non la vogliono pagare:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/scuola-studente.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Paolo-Gobetti.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #7\r\n\r\n#stagaloeucc - aggiornamenti da quel di Milano:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/stagaloch2-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #6\r\n\r\nAscolta la testimonianza di Luca, NOTAV, detenuto semilibero al carcere delle Vallette di Torino, dove ai tempi del virus la semilibertà è sempre meno libera:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/Luca-Abbà.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nSe la tecnologia potesse proteggerti da una pandemia, la useresti? Dovrebbe prendere ogni tipo di tua informazione personale: il tuo nome, i tuoi contatti, le informazioni demografiche, ma potrebbe tenerti \"al sicuro\". Ai tempi di Covid-19 questa è una domanda a cui in diversi territori si sta rispondendo - con l'imposizione autoritaria o con il \"libero\" consenso democratico - attraverso la diffusione di dispositivi tecnologici propri di un capitalismo della sorveglianza. Dalla Cina, alla Corea del Sud, a Seul, passando per il Canada, fino all'Italia, dove gli scenari sono tutt'altro che rassicuranti: quali sono le implicazioni future di queste tecnologie?\r\nNe abbiamo parlato con un redattore di Stakka Stakka:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/sorveglianz-19-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #5\r\n\r\nPer molte donne e persone lgbtqia* #stareacasa non è qualcosa di minimamente rassicurante. Lo spazio domestico per molte e molti è un luogo di violenza. A causa dei decreti restrittivi, inoltre, i centri anti-violenza faticano a portare avanti la loro attività, esacerbando di fatto l'isolamento di chi si trova rinchiuso tra le insicure mura domestiche suo malgrado.\r\nA questo si aggiunge il fatto che con la zona rossa sta aumentando in maniera esponenziale il carico del lavoro di cura, che ricade quasi esclusivamente sulla componente femminile delle famiglie. Se questa era la situazione ordinaria, le persone in situazioni di violenza domestica in questi giorni stanno vedendo un enorme peggioramento della propria condizione di vita.\r\nAscolta la diretta con Chiara:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/violenza-domestica.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUn intervento di Fabio dei SolCobas sugli scioperi spontanei di questi giorni e sulle prospettive di lotta nel mondo del lavoro, dove alla questione sicurezza sanitaria si somma la questione salariale:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/solcobas-milano.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #4\r\n\r\nTiziano del CLAP – Camere del Lavoro Autonomo e Precario illustra le carenze intrinseche al nuovo decreto previsto per la giornata di domani, sabato 14 marzo, rispetto ai possibili ammortizzatori sociali ipotizzati dal governo che come era prevedibile non riusciranno a coprire tutte le categorie lavorative e a garantire quel minimo di sostegno economico in questo momento di totale instabilità. Per approfondire: \"Che cos'è il reddito di quarantena?\"\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/red40na.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nVoci da Genova. Con un compagno proviamo a delineare una panoramica della situazione del mondo del lavoro nel capoluogo ligure in queste concitate giornate. Dalla logistica ai portuali, tra manifestazioni spontanee, autorganizzate, chiamate dei sindacati di base e richieste di sanificazione degli impianti, non manca chi continua a opporsi all'indifferenza di aziende e istituzioni rivendicando maggiore sicurezza sul posto di lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/scioperi-genova.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #3\r\n\r\nMarco Meotto, professore di filosofia torinese, ha scritto un articolo su Doppiozero, interessante perché ha focalizzato alcuni problemi correlati al covid19 nel senso della spinta a accelerare la diffusione dell'e-learning da parte del mondo affaristico e del profitto privato in previsione di mantenere alla fine della emergenza le posizioni conquistate da sistemi che possono ledere la funzione docente e l'apprendimento fondato sulla normale relazione docente/discente... le sue considerazioni ci hanno condotto lontano spaziando dall'istruzione dei disabili al capovolgimento del concetto della scuola dell'inclusione che ha informato finora i criteri della formazione democratica, esautorando i protagonisti e accentuando le figure autoritarie, a cui è demandata la scelta di strumenti informatici che potranno così trattare dati sensibili in grandi quantità:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/meotto.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUna voce da Lesvos, isola di detenzione, dove migliaia di persone vengono quotidianamente lasciate morire da uno stato razzista e classista. Le condizioni sanitarie di chi vive intrappolato alle porte delle fortezza Europa sono indecenti, mentre sull'isola è stato appena dichiarato il primo caso di Coronavirus, che potrebbe conseguentemente produrre un'ecatombe tra tutta quella umanità che stato e capitale considerano in eccesso. Ascolta la diretta con Nikos, compagno che vive a Lesvos:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/lesvos.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nZona Rossa giorno #2\r\n\r\nAscolta il contributo di un rider su cui si è abbattuta l'emergenza Coronavirus....\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/rider.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n...e di un lavoratore di una comunità di assistenza per disabili:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/comunità.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAbbiamo poi fatto un primo punto della situazione con un compagno cuoco per quanto riguarda il comparto lavorativo della ristorazione torinese ai tempi del covid19, laddove alla già diffusa precarietà si aggiunge adesso l'assenza di salario e di reddito, così come il rischio o la realtà della \u003Cmark>perdita\u003C/mark> del lavoro:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/ristorazione.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nUno sguardo a cosa sta succedendo nel mondo dello spettacolo, dove la chiusura di teatri, cinema e tutti i luoghi di cultura ha portato a lasciare in strada migliaia di lavoratrici e lavoratori, già di per sé soggetti a lavoro nero, intermittente, contratti a chiamata e precarietà estrema. Alcuni di loro in diverse città si stanno organizzando per richiedere un \"reddito di quarantena\", ovvero un fondo che garantisca continuità salariale a chi è costretto all'inattività. Un lavoratore ci dà il suo punto di vista rispetto alla situazione torinese:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/03/spettacolo.mp3\"][/audio]",[197],{"field":77,"matched_tokens":198,"snippet":194,"value":195},[72],{"best_field_score":134,"best_field_weight":82,"fields_matched":16,"num_tokens_dropped":44,"score":135,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":84},{"document":201,"highlight":223,"highlights":229,"text_match":132,"text_match_info":232},{"cat_link":202,"category":203,"comment_count":44,"id":204,"is_sticky":44,"permalink":205,"post_author":47,"post_content":206,"post_date":207,"post_excerpt":50,"post_id":204,"post_modified":208,"post_thumbnail":209,"post_thumbnail_html":210,"post_title":211,"post_type":55,"sort_by_date":212,"tag_links":213,"tags":219},[41],[43],"31887","http://radioblackout.org/2015/10/che-cosa-nasconde-lo-scandalo-volkswagen/","Qualche settimana fa i titoli dei Tg, i portali di informazione on-line e le prime pagine dei quotidiani aprivano con la grande notizia della scoperta statunitense dell truffa operata dalla Volkswagen ai danni di centinaia di migliaia (forse milioni) di clienti sul suolo statunitense cui sarebbe stato venduto un motore diesel molto più inquinante dell'annunciato e delle regole che ne permettono la vendita. L'America si scopre infine ecologista (mentre Obama inizia le trivellazioni in Alaska) .\r\nI più accorti han subito sospettato che sotto sotto ci fosse qualcosa di ben più consistente, visto che il target dello scandalo annunciato (scoperta dell'acqua calda per la magguiornaza degli addetti ai lavori) era una delle più grandi produttrici di auto al mondo. Parlare dello scandalo Volkswagen vuol allora dire parlare della guerra commerciale in atto (e forse qualcosa di più) in atto tra stati Uniti e l'Europa a guida tedesca.\r\nNe abbiamo parlato con Sandro Moiso autore di numerosi articoli (qui una raccolta) sul portale Carmilla online e che recentemente si è soffermato su questa vicenda (vedi infra)\r\n\r\nmoiso_wolkswagen\r\nVae Victis Germania / 2: Car Wars\r\ndi Sandro Moiso (http://www.carmillaonline.com)\r\n\r\nQuando l’unica nazione occidentale a non aver ratificato il protocollo di Kyoto sul riscaldamento ambientale denuncia con tanta veemenza i danni per la salute e l’ambiente derivanti dal mancato (e truffaldino) rispetto dei regolamenti USA sull’emissione di gas da parte dei veicoli circolanti c’è da porsi più di una domanda. Si sta parlando, evidentemente, dell’enorme tegola caduta sulla testa di una delle più importanti industrie automobilistiche mondiali, la Volkswagen, dopo la scoperta del raffinatissimo trucco messo in atto da quella azienda per beffare i controlli sugli scarichi delle auto diesel negli Stati Uniti e in Europa.\r\nLo scandalo si è rapidamente propagato nei paesi dell’Unione Europea e tocca, attualmente, la bellezza di 11 milioni di veicoli circolanti. La ditta tedesca ha reagito sostituendo l’AD e scaricando le colpe su un ristretto gruppo (“un piccolo gruppo” come è stato definito) di responsabili tecnici ed amministrativi, mentre Angela Merkel, per allontanare da sé e dal proprio governo qualsiasi ombra di sospetto o connivenza, ha promesso un’inchiesta rigorosa .\r\nFilm già visti ed ampiamente prevedibili, soprattutto da parte di chi sa che i motori che ci vengono presentati, quasi quotidianamente, come innovativi, non inquinanti e a basso consumo non sono altro che una continua riproduzione del vecchio motore a scoppio messo a punto, sul finire dell’Ottocento tra il 1876 e il 1892, da tre tecnici tedeschi (guarda caso la continuità): Otto, Benz e Diesel. Motori che sono cambiati da allora ben poco, mantenendo quasi intatte le loro caratteristiche di alto spreco energetico, elevati consumi, scarso rendimento ed elevate capacità di inquinamento.\r\nCiò che è cambiato fra gli anni ’80 del XIX secolo ed oggi, migliorando rendimento e prestazioni degli autoveicoli, sono le linee aerodinamiche, l’alleggerimento dei materiali e delle strutture portanti, freni, sospensioni e, conseguente, tenuta su strada. Il resto affonda le sue radici negli albori del mezzo di trasporto meno conveniente (e più diffuso) che sia mai stato messo a punto dalla tecnica umana. Si tratta di autentiche carrette, i cui attuali ed “evolutissimi” software non servono ad altro che a truccare i dati e a rendere schiavi dei concessionari gli acquirenti.\r\nQuesto ci può far immaginare che ciò che viene attualmente denunciato a carico della Volkswagen e di altre sue consociate (Audi e Skoda) potrebbe tranquillamente ricadere sulle spalle dell’intero comparto automobilistico mondiale (così come le paurose discese in borsa dei titoli automobilistici, anche non tedeschi, e il rifiuto inglese di varare nuovi tipi di controllo sui motori diesel farebbero pensare)1. Allora, perché tutto questo baccano? Tutte queste “pelose” denunce?\r\nForse il “green capitalism” ha deciso di puntare su un rinnovamento, su scala mondiale, del parco macchine destinato alle classi medio/alte? Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. Ma, nel 2014, le vendite sono state inferiori alla produzione: sia complessiva (88,16 milioni) sia delle sole auto (64,96 milioni, comunque sempre quasi due milioni in più rispetto all’anno precedente).\r\nLa Cina si è confermata come il primo produttore al mondo a quota 19,9 milioni, mentre l’Asia da sola vale oltre la metà della produzione con più di 39 milioni di auto. Il Giappone supera gli 8,27 milioni, la Corea del Sud i 4,12, l’India i 3,16, l’Indonesia il milione e l’Iran, con un balzo del 46,8%, arriva a 926.000.2 La Germania è il terzo produttore globale dopo Cina e Giappone e naturalmente di gran lunga il primo del Vecchio Continente con 5,6 milioni di autoveicoli.\r\nL’Italia, con 401.317 vetture, è ormai tra i piccoli produttori. Sfornano più auto non solo Regno Unito e Francia, ma anche nazioni come Repubblica Ceca (trascinata dalla crescita di Skoda, altra industria indagata poiché appartenente al gruppo Volkswagen), Slovacchia, Polonia e Belgio. Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro militare sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su Carmilla,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, Carmillaonline del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un continente o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su Carmillaonline)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, Carmillaonline del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. Non a caso dal 2010 a oggi il 55% delle circa 50 operazioni “Germania su Italia” ha riguardato il settore industriale.","14 Ottobre 2015","2015-10-16 12:03:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"256\" height=\"183\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/10/papa-car-wars.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Che cosa nasconde lo scandalo Volkswagen?",1444867113,[214,215,216,217,218],"http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/germania/","http://radioblackout.org/tag/guerra-commerciale/","http://radioblackout.org/tag/stati-uniti/","http://radioblackout.org/tag/volkswagen/",[220,221,31,222,25],"crisi","germania","Stati Uniti",{"post_content":224},{"matched_tokens":225,"snippet":227,"value":228},[226],"venduto","suolo statunitense cui sarebbe stato \u003Cmark>venduto\u003C/mark> un motore diesel molto più","Qualche settimana fa i titoli dei Tg, i portali di informazione on-line e le prime pagine dei quotidiani aprivano con la grande notizia della scoperta statunitense dell truffa operata dalla Volkswagen ai danni di centinaia di migliaia (forse milioni) di clienti sul suolo statunitense cui sarebbe stato \u003Cmark>venduto\u003C/mark> un motore diesel molto più inquinante dell'annunciato e delle regole che ne permettono la vendita. L'America si scopre infine ecologista (mentre Obama inizia le trivellazioni in Alaska) .\r\nI più accorti han subito sospettato che sotto sotto ci fosse qualcosa di ben più consistente, visto che il target dello scandalo annunciato (scoperta dell'acqua calda per la magguiornaza degli addetti ai lavori) era una delle più grandi produttrici di auto al mondo. Parlare dello scandalo Volkswagen vuol allora dire parlare della guerra commerciale in atto (e forse qualcosa di più) in atto tra stati Uniti e l'Europa a guida tedesca.\r\nNe abbiamo parlato con Sandro Moiso autore di numerosi articoli (qui una raccolta) sul portale Carmilla online e che recentemente si è soffermato su questa vicenda (vedi infra)\r\n\r\nmoiso_wolkswagen\r\nVae Victis Germania / 2: Car Wars\r\ndi Sandro Moiso (http://www.carmillaonline.com)\r\n\r\nQuando l’unica nazione occidentale a non aver ratificato il protocollo di Kyoto sul riscaldamento ambientale denuncia con tanta veemenza i danni per la salute e l’ambiente derivanti dal mancato (e truffaldino) rispetto dei regolamenti USA sull’emissione di gas da parte dei veicoli circolanti c’è da porsi più di una domanda. Si sta parlando, evidentemente, dell’enorme tegola caduta sulla testa di una delle più importanti industrie automobilistiche mondiali, la Volkswagen, dopo la scoperta del raffinatissimo trucco messo in atto da quella azienda per beffare i controlli sugli scarichi delle auto diesel negli Stati Uniti e in Europa.\r\nLo scandalo si è rapidamente propagato nei paesi dell’Unione Europea e tocca, attualmente, la bellezza di 11 milioni di veicoli circolanti. La ditta tedesca ha reagito sostituendo l’AD e scaricando le colpe su un ristretto gruppo (“un piccolo gruppo” come è stato definito) di responsabili tecnici ed amministrativi, mentre Angela Merkel, per allontanare da sé e dal proprio governo qualsiasi ombra di sospetto o connivenza, ha promesso un’inchiesta rigorosa .\r\nFilm già visti ed ampiamente prevedibili, soprattutto da parte di chi sa che i motori che ci vengono presentati, quasi quotidianamente, come innovativi, non inquinanti e a basso consumo non sono altro che una continua riproduzione del vecchio motore a scoppio messo a punto, sul finire dell’Ottocento tra il 1876 e il 1892, da tre tecnici tedeschi (guarda caso la continuità): Otto, Benz e Diesel. Motori che sono cambiati da allora ben poco, mantenendo quasi intatte le loro caratteristiche di alto spreco energetico, elevati consumi, scarso rendimento ed elevate capacità di inquinamento.\r\nCiò che è cambiato fra gli anni ’80 del XIX secolo ed oggi, migliorando rendimento e prestazioni degli autoveicoli, sono le linee aerodinamiche, l’alleggerimento dei materiali e delle strutture portanti, freni, sospensioni e, conseguente, tenuta su strada. Il resto affonda le sue radici negli albori del mezzo di trasporto meno conveniente (e più diffuso) che sia mai stato messo a punto dalla tecnica umana. Si tratta di autentiche carrette, i cui attuali ed “evolutissimi” software non servono ad altro che a truccare i dati e a rendere schiavi dei concessionari gli acquirenti.\r\nQuesto ci può far immaginare che ciò che viene attualmente denunciato a carico della Volkswagen e di altre sue consociate (Audi e Skoda) potrebbe tranquillamente ricadere sulle spalle dell’intero comparto automobilistico mondiale (così come le paurose discese in borsa dei titoli automobilistici, anche non tedeschi, e il rifiuto inglese di varare nuovi tipi di controllo sui motori diesel farebbero pensare)1. Allora, perché tutto questo baccano? Tutte queste “pelose” denunce?\r\nForse il “green capitalism” ha deciso di puntare su un rinnovamento, su scala mondiale, del parco macchine destinato alle classi medio/alte? Forse che i prototipi attualmente circolanti e, guarda caso spesso di origine teutonica, di auto ibride (in a carburanti, in parte elettriche) diverranno il trend dominante nella produzione automobilistica planetaria, così come anche i cinesi cominciano a promettere? O si tratta, più prosaicamente ancora, di qualcosa d’altro?\r\n“Follow the money!” è la formula che funziona sempre e particolarmente in questo caso.\r\nNel 2014 a livello globale sono state prodotti 89,75 milioni di veicoli, il 2,6% in più rispetto al 2013. Di questi, 67,53 milioni erano automobili. La produzione di veicoli a motore nell’ultimo decennio è cresciuta del 34%. Ma, nel 2014, le vendite sono state inferiori alla produzione: sia complessiva (88,16 milioni) sia delle sole auto (64,96 milioni, comunque sempre quasi due milioni in più rispetto all’anno precedente).\r\nLa Cina si è confermata come il primo produttore al mondo a quota 19,9 milioni, mentre l’Asia da sola vale oltre la metà della produzione con più di 39 milioni di auto. Il Giappone supera gli 8,27 milioni, la Corea del Sud i 4,12, l’India i 3,16, l’Indonesia il milione e l’Iran, con un balzo del 46,8%, arriva a 926.000.2 La Germania è il terzo produttore globale dopo Cina e Giappone e naturalmente di gran lunga il primo del Vecchio \u003Cmark>Continente\u003C/mark> con 5,6 milioni di autoveicoli.\r\nL’Italia, con 401.317 vetture, è ormai tra i piccoli produttori. Sfornano più auto non solo Regno Unito e Francia, ma anche nazioni come Repubblica Ceca (trascinata dalla crescita di Skoda, altra industria indagata poiché appartenente al gruppo Volkswagen), Slovacchia, Polonia e Belgio. Mentre negli Stati Uniti la produzione copre appena il 55% della domanda, cioè 4,2 milioni a fronte di quasi 7,7 milioni di immatricolazioni. E a tutto ciò va aggiunto che nello stesso anno Toyota (10.230.000 veicoli venduti) è risultata essere al primo posto nella classifica delle vendite, mentre il gruppo Volkswagen (10.140.000) si è aggiudicato il secondo posto.\r\nVogliamo allora parlare di guerra, più ancora che di concorrenza commerciale ed industriale, su scala planetaria? “Guerra” perché, soprattutto nel caso della Germania, attaccare frontalmente, come si è fatto in questi giorni sui mercati e sui media internazionali, un settore fondamentale dell’industria tedesca significa non solo “fare concorrenza” ad un avversario commerciale, ma cercare di ridimensionare il ruolo politico ed economico della Germania in Europa e nel mondo. Il PIL della prima economia industriale d’Europa è il quarto al mondo dopo USA, Cina e Giappone e, nel 2011, l’export tedesco equivaleva al 50% dello stesso e al 7,7% dell’intero export mondiale.\r\nPotenza economica, industriale e scientifica troppo forte e grande per i suoi confini geografici e troppo piccola per il mondo, la Germania si trova ancora una volta a fare i conti con un potenziale produttivo ed economico (il suo) che spaventa, intimorisce ed incanaglisce i suoi più diretti concorrenti in Europa e su scala planetaria. Ai tempi del primo conflitto mondiale la produzione siderurgica tedesca superava quella di Francia e Gran Bretagna messe insieme, oggi quella dell’auto (prodotto di punta, ci piaccia o meno, dell’industria mondiale) domina la produzione occidentale di autoveicoli.\r\nChiusa tra le grandi pianure centro-europee ed asiatiche ad Oriente, il Mar Baltico e del Nord, le Alpi a sud e l’area renana ad ovest, sembra sempre costituire una sorta di nuovo Heartland3 europeo, sempre alla ricerca di espansione politica ed economica, sempre alla ricerca di un mai sopito lebensraum, di cui le esportazioni restano l’anima, la motivazione e il motore che la spingono a superare i propri limiti geografici, economici e politici.\r\nIn quest’area, compresa grosso modo tra l’asse renano ad ovest (il territorio industriale che si sviluppa dalle Alpi svizzere fino al porto di Rotterdam) e l’asse padano a sud (la pianura padana nella sua interezza), vi era all’inizio degli anni ’90 del XX secolo, una delle più grandi concentrazioni di aree urbane e di investimenti capitalistici del mondo. Si fa riferimento agli anni ’90 poiché in quel momento avviene la riunificazione della Germani dell’Ovest con la Germania dell’Est (ottobre 1990) che spingerà, da un lato, verso un maggiore accentramento in chiave tedesca del capitalismo europeo e, dall’altro, ad un risorgere della conflittualità e dello scontro militare sul territorio europeo (le guerre balcaniche che avranno inizio nella primavera-estate del 1991).\r\nLe sei regioni urbane di Londra, Parigi, Anversa-Bruxelles, Ramstadt-Holland, Colonia-Ruhr e Milano costituivano allora i vertici dell’organizzazione territoriale europea con 51 milioni di abitanti e una estensione di 53.000 chilometri quadrati (quasi 1000 abitanti per kmq). Il resto di quell’area forte era costituito da un tessuto connettivo di metropoli minori, regioni di industria diffusa, zone di agricoltura intensiva e zone turistiche con 135 milioni di abitanti.\r\nNelle regioni urbane d’Europa si arrivava ad una concentrazione, dal punto di vista della densità economica,4 di 21 milioni e 200mila dollari per chilometro quadrato, mentre nelle regioni di area a forte tessuto connettivo (meno densamente popolate) si arrivava a 3 milioni e 200mila dollari per kmq. In quello stesso periodo nell’area corrispondente degli Stati Uniti 5 si arrivava nelle grandi regioni urbane ad una densità economica media di 11 milioni e 600mila dollari per kmq e nelle aree forti a tessuto connettivo a 1 milione e 700mila dollari, sempre per kmq.\r\nIn quegli stessi anni l’Europa si classificava al primo posto per la ricchezza prodotta con una media di 6818 miliardi di dollari annui contro i 5900 del Nord America e i 4136 dell’Asia Orientale. Nello stesso tempo l’Europa rappresentava il massimo polo commerciale con ii 28% delle esportazioni mondiali, contro il 20% dell’Area del Pacifico (Giappone, Asia del Sud-Est e Australia) e il 15,5% del Nord America.6\r\nOra, anche se la crisi degli ultimi anni e lo sviluppo cinese hanno fatto sì che rimanessero molti “morti” sul campo di battaglia e che una parte di quel “tesoro” andasse al macero,7 certo è che ci si trovava e, probabilmente, ci si trova tutt’ora, dal punto di vista della ricchezza concentrata, in uno dei cuori del capitalismo mondiale. L’unica area che all’epoca superava la densità economica europea era quella di Tokio-Osaka, dove si arrivava a 39 milioni per chilometro quadrato. Ma questa è un area molto più ridotta, un po’ come se per gli Stati Uniti si prendesse in considerazione la sola New York dove la densità raggiungeva, sempre all’epoca, i 100 milioni di dollari per kmq. Mentre l’attuale “crisi” cinese dimostra, forse, che l’Area del Pacifico o i Brics non sono ancora riusciti a sostituire l’Europa nella capacità di assorbimento delle merci.\r\nUna certa parte di quella ricchezza, negli ultimi 7 – 8 anni è sicuramente transitata di mano e, in particolare, in Europa una parte è passata dalle mani dei privati cittadini alle banche attraverso le politiche di taglio e riduzione della spesa pubblica e del debito oppure grazie all’esplodere dell’autentica bolla speculativa rappresentata dal mercato (gonfiato precedentemente a dismisura) immobiliare, ma certo decidere chi debba organizzare, ristrutturare e re-indirizzare quella ricchezza non è mai stata, tanto meno ora, cosa da poco. Soprattutto, come affermo da tempo proprio qui su Carmilla,8 nella competizione tra imperialismi finanziari e non.\r\nDovrebbe risultare chiaro quindi, anche al lettore distratto, che lo scontro in atto da tempo in Europa riguarda proprio due differenti concezioni dell’utilizzo del capitale della manodopera, unite soltanto dalla comune volontà di soffocare e ridurre al silenzio qualsiasi tentativo di migliorare o anche solo salvaguardare i diritti dei lavoratori e le loro rappresentanze politiche o sindacali (ammesso e non concesso che esistano ancora) oppure di recuperare violentemente i risparmi di milioni di cittadini non “adeguatamente” messi a profitto.\r\nDue modalità cui si è accennato già nella prima puntata di questa serie di articoli: una più disinibita, per così dire, e più avvoltoiesca nel colpire, spostare, re-indirizzare e reinvestire anche con grandi rischi i capitali presenti nelle banche, nelle tasche dei cittadini oppure investiti precedentemente nella spesa pubblica e nello Stato sociale, per affrettare i tempi di rotazione degli stessi cercando di passare sempre meno attraverso l’investimento industriale diretto. Il modello finanziario anglo-americano per intenderci.\r\nL’altra, più ferrea e determinata nel sua volontà di controllo, ma più “vecchia” nella forma (la sostanza non cambia poiché si tratta di incrementare convenientemente il capitale investito o riutilizzato) che attraverso il controllo delle banche, del mercato del lavoro e delle leggi che lo regolamentano e della spesa pubblica cerca di rilanciare costantemente la produzione e il consumo delle merci, impadronendosi di aziende,9 occupando spazi di mercato e, talvolta, giocando sui prestiti come strumento per incrementare le esportazioni verso paesi “debitori”.\r\nE questo potrebbe spiegare anche la diversità di strategie tra Germania e Fondo Monetario Internazionale, per esempio nei confronti della Grecia: mentre il secondo gioca essnzialmente sul debito pubblico e sui titoli pubblici come fonte di rendita-capestro di carattere finaziario e può transigere su un allungamento dei tempi di rientro dei prestiti (semplificando: più a lungo i debitori pagano gli interessi sul prestito, anche se bassi , meglio è), la prima tende a voler recuperare un prestito che se non è utilizzato per finanziare produzione e commercio è ai suoi occhi sostanzialmente inutile e pernicioso.\r\nDa qui lo scontro con Draghi della Banca centrale tedesco e l’autoritarismo di Wolfang Schäuble, il Ministro delle finanze di questo secondo governo Merkel. Ma da qui anche l’attacco alle esportazioni tedesche, vera anima del capitalismo prussiano, attraverso l’attacco al gruppo Volkswagen. Di cui si è fatto simbolicamente protagonista anche Papa Francesco attraverso l’uso, tutt’altro che umile e dimesso, di una 500L prodotta dal gruppo Fiat – Chrysler, durante il recente viaggio negli Stati Uniti. Quel FCA Group che sembra essere un po’ il capofila dell’attacco alla Germania, mentre la crisi dei trattati di Maastricht, dell’euro e dell’Unione Europea stanno aprendo le porte a nuovi conflitti su chi debba comandare in questa parte del mondo.\r\nNOTE\r\n\r\n\r\n\t\r\nSi veda a tal proposito l’articolo comparso su Repubblica in data 29 settembre 2015 ”http://www.repubblica.it/economia/2015/09/29/news/european_federation_for_transport_and_environment_aisbl-123861973/?ref=HRER1-1″\r\n\r\n\t\r\nDati tratti da Mattia Eccheli, Produzione auto 2014, il nuovo record. Ecco come cambia il mappamondo industriale, il Fatto Quotidiano 15 aprile 2015\r\n\r\n\t\r\nSi veda la prima puntata di Vae Victis Germania, Sulla loro pelle, Carmillaonline del 16 settembre 2015\r\n\r\n\t\r\nIl gradiente di intensità economica mette in relazione il reddito pro-capite per abitante con la densità di popolazione di una certa area e le aree non sono costituite da “nazioni”, ma da regioni particolari di un \u003Cmark>continente\u003C/mark> o di un singolo stato. Possiamo così andare da meno di 100 dollari per kmq nelle regioni più povere o meno popolate (1 abitante per kmq) fino a più di 100 milioni di dollari per kmq nelle grandi regioni urbane egemoni\r\n\r\n\t\r\nCosta Atlantica, Valle dell’Ohio, Grandi Laghi e Florida: il 13% del territori statunitense sul quale si addensava il 58% della popolazione ei 2/3 delle attività industriali e terziarie\r\n\r\n\t\r\nTutti i dati economico-geografici fin qui esposti sono stati tratti o dedotti, nel corso di ricerche condotte negli anni ’90, dalle opere di Roberto Mainardi, allora docente di Geografia umana presso la Facoltà di Lettere dell’Università Statale di Milano e Geografia economica all’Istituto per la formazione al giornalismo della Regione Lombardia: L’Europa germanica. Una prospettiva geopolitica, La Nuova Italia Scientifica 1992; Geografia regionale, La Nuova Italia Scientifica 1994; Geografia generale, la Nuova Italia Scientifica 1995; L’Italia delle regioni. Il Nord e la Padania, Bruno Mondadori 1998\r\n\r\n\t\r\nCome ben dimostrano le ”macerie“ ambientali, ideologiche, architettoniche ed industriali di una larga parte della Pianura Padana, così come è ben documentato nel magnifico Atlante dei classici padani di Filippo Minelli e Emanuele Galesi, Krisis Publishing, Brescia 2015 ( di prossima recensione su Carmillaonline)\r\n\r\n\t\r\nAd esempio in Bollicine, Carmillaonline del 21 novembre 2011\r\n\r\n\t\r\nNon è certo un caso che sia stato proprio il capitale tedesco ad impadronirsi di una parte significativa di “gioielli” dismessi dell’industria italiana. 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Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il continente africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota Predator B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. Le torrette elettro-ottiche, i visori a raggi infrarossi e i radar di cui è dotato gli consentono d’individuare l’obiettivo, fornire ai caccia “amici” le coordinate per l’attacco aereo o terrestre, oppure colpire direttamente con missili e bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a 500 kg di armamenti). I frequenti decolli e atterraggi del drone militare comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle isole Egadi. Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia: alle ore 13 circa, lo Squalo martello è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio, terminando la sua corsa nel prato circostante. Per motivi di sicurezza, lo scalo aereo è stato temporaneamente chiuso al traffico civile e i voli dirottati a Palermo Punta Raisi.","1 Settembre 2015","2015-09-10 13:43:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/birgi-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"199\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/birgi-300x199.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/birgi-300x199.jpeg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/09/birgi.jpeg 750w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Trident Juncture. 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Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi. Molto interessati. I frequenti decolli e atterraggi comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle Isole Egadi? Poco interessa!\r\n\r\n“La prevista esercitazione internazionale Trident Juncture 2015, inizialmente pianificata per il prossimo autunno e che avrebbe portato oltre 80 velivoli e circa 5.000 militari di varie nazionalità a operare sull’aeroporto sardo di Decimomannu e a permanere nei territori circostanti per quattro settimane, è stata da tempo riprogrammata sull’aeroporto di Trapani”. L’annuncio, ai primi di giugno, è dell’ufficio stampa dello Stato maggiore dell’Aeronautica militare italiana. Trident Juncture 2015, la “più grande esercitazione NATO dalla fine della guerra fredda”, come è stata definita dal Comando generale dell’Alleanza Atlantica, avrà come centro nodale lo scalo aereo siciliano: dal 28 settembre al 6 novembre, cacciabombardieri, grandi velivoli da trasporto e aerei spia decolleranno dalle piste di Birgi per simulare attacchi contro unità navali, sottomarini e target terrestri e testare i nuovi sistemi di distruzione di massa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Antonio Mazzeo, autore dell'articolo che state leggendo, comparso inizialmente su \"Casablanca. Le siciliane\" e sul blog dell'autore.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2015-09-01-antoniomazzeo-trident\r\n\r\nAl ministero della Difesa, a Roma, si smentisce che il trasferimento dei war games in Sicilia sia stato determinato dalle azioni di lotta dei comitati locali sardi che si oppongono all’asfissiante processo di militarizzazione della Sardegna. Eppure, in un primo momento, una nota del comando militare aveva riportato testualmente che nell’Isola “erano venute a mancare le condizioni per operare con la serenità necessaria per un’attività di tale portata e complessità, che coinvolgerà tutte le aeronautiche dei Paesi NATO”. Poi, invece, hanno spiegato che dietro il dirottamento a Trapani di uomini e mezzi alleati c’erano solo ragioni di tipo tattico o geografiche. “In relazione allo svolgimento dell’esercitazione Trident Juncture 2015 – spiega lo Stato maggiore dell’Aeronautica - la scelta della base di Trapani, unitamente ad altre aree operative nazionali utilizzate dalle altre componenti, è stata presa in considerazione per motivi eminentemente logistici, operativi e di distanze percorribili per ottimizzare le risorse a disposizione e per la pregressa esperienza maturata nel corso di altre operazioni condotte sulla base”.\r\n\r\nTrident Juncture interesserà lo spazio aereo e marittimo compreso tra lo Stretto di Gibilterra e il Mediterraneo centrale e i grandi poligoni di guerra di Spagna, Portogallo e Italia. Sotto la supervisione del JFC - Joint Force Command Neaples (JFC), il comando alleato con quartier generale a Lago Patria (Napoli), prenderanno parte alla maxi esercitazione oltre 30.000 militari, 200 velivoli e 50 unità navali di 33 nazioni (i 28 membri NATO più 5 partner internazionali). Ospiti d’eccezione, i manager delle industrie militari di 15 Paesi, onde consentire una “conoscenza più amplia e più profonda tra il settore produttivo e il regime addestrativo dell’Alleanza”, come dichiarato dal Comando NATO di Bruxelles. “Trident Juncture è finalizzata all’addestramento e alla verifica delle capacità dei suoi assetti aerei, terrestri, navali e delle forze speciali, nell’ambito di una forza ad elevata prontezza d’impiego e tecnologicamente avanzata, da utilizzare rapidamente ovunque sia necessario”, spiegano i vertici militari. “L’esercitazione simulerà uno scenario adattato alle nuove minacce, come la cyberwar e la guerra asimmetrica e rappresenterà, inoltre, per gli alleati ed i partner, l’occasione per migliorare l’interoperabilità della NATO in un ambiente complesso ad alta conflittualità”\r\n\r\nAll’ultimo vertice dell’Alleanza tenutosi in Galles nel settembre dello scorso anno, è stato approvato il cosiddetto Readiness Action Plan (RAP) che prevede l’implementazione di una serie di strumenti militari per consentire alla NATO di “rispondere velocemente e con fermezza” alle minacce che intende affrontare nell’immediato futuro nell’area compresa tra il Medio Oriente e il Nord Africa e nell’Europa centrale ed orientale, specie alla luce della recente crisi in Ucraina. “Il nuovo Piano di pronto intervento prevede anche un cambiamento della postura delle forze armate alleate di fronte alla minaccia rappresentata dalla guerra ibrida (sovversione, uso dei social network per diffondere foto false, intimidazione con la presenza massiccia di truppe ai confini, disinformazione, propaganda, ecc.), in aggiunta alla guerra convenzionale”, spiegano gli strateghi NATO. Tra le adaption measures più rilevanti adottate in Galles, quella di triplicare il numero dei militari assegnati alla NATO Response Force (NRF), la forza di pronto intervento in grado di essere schierata in tempi rapidissimi in qualsiasi parte del pianeta e che proprio Trident Juncture 2015 dovrà certificarne centri di comando e controllo e capacità di risposta. “La Forza di risposta della NATO è un composto multinazionale tecnologicamente avanzato, rapidamente dispiegabile in operazioni speciali per fornire una risposta militare ad una crisi emergente”, ricorda l’analista Andrea Manciulli, autore di un recente saggio su L’evoluzione della Nato. “Discussa per la prima volta nel vertice di Praga del 2002 e raggiunta la piena capacità operativa nell’ottobre 2006, la Forza di reazione rapida è aperta ai paesi partner, una volta approvati dal Consiglio del Nord Atlantico, e si basa su un sistema a rotazione, inizialmente di 6 ed ora di 12 mesi, delle forze speciali terrestri, aeree e marittime degli alleati”. Alla NRF sono stati assegnati pure funzioni di polizia e gestione dell’“ordine pubblico” e d’intervento in caso di disastri. Così, alcune unità speciali sono state dispiegate in Grecia in occasione dei Giochi Olimpici del 2004 e a supporto delle lezioni presidenziali in Afghanistan nel settembre dello stesso anno; tra il settembre e l’ottobre del 2005 la NRF ha distribuito aiuti umanitari alle popolazioni colpite negli Stati Uniti dall’uragano “Katrina” e, poi, in Pakistan (dall’ottobre 2005 al febbraio 2006), dopo il violento terremoto che ha distrutto parte del paese. In attesa d’incorporare sino a 30.000 effettivi, la NRF già dispone di una brigata multinazionale (supportata da altre due brigate pre-designate all’impiego), due gruppi navali (lo Standing Nato Maritime Group SNMG e lo Standing Nato Mine Countermeasures Group SNMCG), una componente aerea, un’unità CBRN (Chemical, Biological, Radiological, Nuclear). Attori chiave della NRF sono i Rapid Deployable Corps (NRDC) che si esercitano con attività addestrative di durata anche semestrale nella conduzione di un’ampia gamma di missioni (dalla guerra ad alta intensità alla lotta contro il terrorismo o l’assistenza umanitaria in caso di disastri, ecc.). Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Germania, Grecia, Italia, Olanda, Polonia, Norvegia, Romania, Spagna e Turchia sono i paesi europei che più contribuiscono finanziariamente e operativamente ai Corpi di Rapido Intervento NATO.\r\n\r\nA battesimo la nuova task force dell’Alleanza\r\nIl fondamento strategico per potenziare l’interoperabilità e le capacità di rischiaramento avanzato della Forze di pronto intervento è stato fissato nel 2013 dalla Connected Forces Initiative (CFI), l’iniziativa dell’Allied Command Transformation (ACT), il Comando alleato per la trasformazione con sede a Norfolk, Virginia, da cui dipendono una ventina di centri d’eccellenza NATO, due dei quali presenti in Italia (il Modelling & Simulation di Roma e lo Stability Policing COE di Vicenza). I documenti alleati prevedono a breve il rafforzamento della NRF con una brigata da combattimento di 2.500-3.000 uomini (con tre battaglioni di fanteria leggera, motorizzata o aeromobile, più alcuni battaglioni pesanti dotati di artiglieria, del genio, per la “difesa” NBC nucleare, batteriologica e chimica); un gruppo aereo composto da una quarantina tra velivoli da combattimento, di trasporto ed elicotteri, in grado di realizzare sino a 200 sortite al giorno; una task force navale formata da un gruppo guidato da una portaerei, un gruppo anfibio e un gruppo d’azione di superficie, per un totale di 10–12 navi. Fondamentale sarà il ruolo dei nuovi sistemi di telerilevamento ed intelligence, primo fra tutti l’AGS (Alliance Ground Surveillance) che a partire dal prossimo anno sarà attivato nella base siciliana di Sigonella grazie all’acquisizione di alcuni velivoli senza pilota Global Hawk di ultima generazione.\r\n\r\n \r\n\r\nL’esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di sperimentare per la prima volta in scala continentale quella che è destinata a fare da corpo d’élite della NRF, la Very High Readiness Joint Task Force (VJTF), la forza congiunta di pronto intervento opportunamente denominata Spearhead (punta di lancia). Prevista dal Readiness Action Plan, la VJTF sarà pienamente operativa a partire dal prossimo anno e verterà su una brigata di terra di 5.000 militari, supportata da forze aeree e navali speciali e, in caso di crisi maggiori, da due altre brigate con capacità di dispiegamento rapido, fornite a rotazione e su base annuale da alcuni paesi dell’Alleanza. La leadership sarà assunta alternativamente da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna. “La Spearhead force sarà in grado di essere schierata in meno di 48 ore”, afferma il Comando Nato. “In particolare, essa potrà essere di grande aiuto nel contrastare operazioni irregolari ibride come ad esempio lo schieramento di truppe senza le insegne nazionali o regolari e contro gruppi d’agitatori. Se saranno individuati infiltrati o pericoli di attacchi terroristici, la VJTC potrà essere inviata in un paese per operare a fianco della polizia nazionale e delle autorità di frontiera per bloccare le attività prima che si sviluppi una crisi”. Con la creazione della task force, la NATO ha riorganizzato quartier generali e comandi operativi: la Forza di pronto intervento NRF, nello specifico, è stata posta gerarchicamente sotto il controllo dei JFC - Joint Force Command di Brunssum (Olanda) e Napoli e di alcuni sottocomandi: per la componente terrestre (First German-Netherland Corps) quello di Münster, Germania; per la componente aerea (Joint Force Air Component HQ) Lione, Francia; per la componente navale (Spanish Maritime Force Command) Rota, Spagna; per le Forze Speciali (Polish Special Operations Command) Cracovia; per i Supporti logistici (Joint Logistic Support Group) Napoli.\r\n\r\nUn aeroporto ostaggio dei signori della guerra\r\nIl transito e il dispiegamento nello scalo siciliano di Trapani Birgi di decine di cacciabombardieri, aerei radar, velivoli cargo e rifornitori in volo non potrà che avere effetti pesantissimi sulla sicurezza e la regolarità del traffico aereo civile (grazie ai low cost questo aeroporto è uno dei più trafficati di tutto il sud Italia, ben 1.598.571 passeggeri in transito lo scorso anno). Nel trapanese è ancora vivo il ricordo di quanto avvenne nella primavera-estate del 2011, quando Birgi fu utilizzata dalla coalizione internazionale a guida USA-NATO per le operazioni di guerra contro la Libia di Gheddafi. In particolare, dal 21 al 31 marzo furono interdetti tutti i voli civili mentre successivamente, sino alla fine del mese di agosto, lo Stato Maggiore dell’Aeronautica impose un tetto massimo di 40 movimenti giornalieri che causò una drastica flessione del flusso estivo di turisti nelle province occidentali della Sicilia. Le operazioni di guerra in Libia proseguirono sino al 31 ottobre 2011, con grande dispiegamento a Birgi di uomini e mezzi dell’Aeronautica italiana e di alcuni partner NATO. I cacciabombardieri F-16 in dotazione allora al 37° Stormo dell’Aeronautica di Trapani Birgi operarono prima sotto il comando delle forze armate USA per il \u003Cmark>continente\u003C/mark> africano (US Africom) con compiti di “protezione e scorta delle missioni di soppressione delle difese aeree nemiche” ed “offensiva contro-aerea” e, successivamente, nell’ambito della missione NATO Unified Protector, per la “protezione di aerei rifornitori e radar AWACS, ricerca ed intercettazione di elicotteri ed aerei, implementazione della No Fly Zone”. A partire dal 1° aprile nello scalo siciliano fu costituito il T.G.A. - Task Group Air Birgi per coordinare le operazioni dei velivoli rischierati dall’Aeronautica (gli Eurofighter del 4° Stormo di Grosseto e del 36° Stormo di Gioia del Colle, i Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi-Brescia ed ECR del 50° Stormo di Piacenza, gli AMX del 32° Stormo di Amendola-Foggia e del 51° Stormo di Istrana-Treviso). In sette mesi di attività, i caccia italiani eseguirono da Trapani quasi 1.700 missioni per un totale di oltre 6.700 ore di volo, sganciando in Libia più di 500 tra bombe e missili da crociera a lunga gittata. Dal Task Group Air Birgi dipese pure l’utilizzo degli aerei senza pilota \u003Cmark>Predator\u003C/mark> B, in dotazione al 32° Stormo. A Trapani furono trasferiti infine sette caccia F-18 Hornet, due velivoli tanker C-150T e due CP-140 Aurora per la guerra elettronica delle forze armate canadesi, tre velivoli E-3A AWACS della NATO e due AWACS e due aerei da trasporto VC-10 Vickers britannici. Dallo scalo siciliano transitarono pure 300 aerei cargo e circa 2.000 tonnellate di materiale a disposizione della coalizione alleata. Stando alle stime ufficiali, la NATO avrebbe lanciato da Trapani quasi il 14% dei blitz aerei contro obiettivi libici.\r\n\r\n \r\n\r\nL’aeroporto di Birgi è classificato ancora come “scalo militare destinato al ruolo di Deployement Operating Base (DOB)”: sostiene cioè i rischieramenti di velivoli da guerra italiani e NATO, ma le sue due piste lunghe rispettivamente 2.695 e 2.620 metri, possono essere aperte al traffico aereo civile “a determinate condizioni”. Attualmente lo scalo ospita il Comando del 37° Stormo dell’Aeronautica, il 18° Gruppo di volo dotato di otto caccia multiruolo di ultima generazione Eurofighter Typhoon e l’82° Centro CSAR (Combat Search and Rescue), equipaggiato con gli elicotteri HH-3F, con compiti di ricerca e soccorso degli equipaggi dispersi e il trasporto sanitario d’urgenza. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, Trapani Birgi è pure la base operativa avanzata (FOB) degli aerei-radar E-3A AWACS nell’ambito del programma multinazionale NATO Airborne Early Warning Force per la sorveglianza integrata dello spazio aereo, il cui comando generale è ospitato a Geilenkirchen (Germania). Da due anni a questa parte, l’aeroporto è utilizzato infine dall’industria Piaggio Aerospace (interamente controllata da un fondo degli Emirati Arabi Uniti) per testare i nuovi velivoli senza pilota P.1HH “HammerHead” (Squalo martello), prodotti negli stabilimenti di Villanova d’Albenga (Savona). Lo Squalo martello si posiziona nella fascia alta dei velivoli a pilotaggio remoto MALE (Medium Altitude Long Endurance); con un’apertura alare di 15,5 metri, il drone può raggiungere la quota di 13.700 metri e permanere in volo per più di 16 ore. Le torrette elettro-ottiche, i visori a raggi infrarossi e i radar di cui è dotato gli consentono d’individuare l’obiettivo, fornire ai caccia “amici” le coordinate per l’attacco aereo o terrestre, oppure colpire direttamente con missili e bombe a guida di precisione (lo Squalo martello può trasportare sino a 500 kg di armamenti). I frequenti decolli e atterraggi del drone militare comportano rischi elevatissimi per il traffico passeggeri di Birgi e per le migliaia di abitanti delle città di Trapani e Marsala e delle isole Egadi. Il 19 marzo scorso si è pure sfiorata la tragedia: alle ore 13 circa, lo Squalo martello è uscito fuori pista durante le prove di rullaggio, terminando la sua corsa nel prato circostante. 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C. Platone scrisse l’opera “I dialoghi” in cui immagina che nel 421 a. C. Solone avesse compiuto un viaggio in Egitto. I sacerdoti egizi gli raccontarono che 9000 anni prima esisteva al di là delle colonne d’Ercole una grande isola chiamata Atlantide con uno splendido e potente regno che fu inghiottito dall’oceano in uno solo giorno e una sola notte. Da allora furono scritte milioni di pagine per dimostrare che Atlantide esistette davvero e altrettante per dimostrare che era solo un mito. I fautori della reale esistenza a loro volta si dividono sull’esatta collocazione, dall’oceano Atlantico (in linea con Platone) a Creta, la Sardegna, il mar Baltico, il Sahara e tante altre. Poi arrivarono le opere di fantasia, e Atlantide fece la sua apparizione in romanzi, film e fumetti. Nel 1919 lo scrittore francese Pierre Benoit scrive “L’Atlantide” che diventa un best-seller. Il tenente André de Saint-Avit racconta in prima persona il suo viaggio insieme al capitano François Morhange nella ragione desertica dell’Hoggar. Qui trova una città antichissima dove tre uomini passano indolentemente il tempo discutendo di politica e filosofia, giocando a carte e ubriacandosi. Sono il professor Le Mesge, il reverendo Spardek e il conte Bielowsky. In una sala di marmo rosso ci sono delle nicchie che ospitano statue di in oricalco, ognuna con un nome, una data di nascita e una di morte. Le Mesge spiega all’inorridito Saint-Avit che si tratta di uomini di diverse nazioni che sono arrivati in quel luogo, si sono innamorati di Antinea, ultima regina di Atlantide, che dopo pochi mesi si è stancata ed essi si sono suicidati perché “chi la in incontra dimentica tutto, famiglia patria, onore”. 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