","Messina. Corteo No Ponte","post",1687469138,[49,50,51,52,53],"http://radioblackout.org/tag/corteo-punta-faro/","http://radioblackout.org/tag/messina/","http://radioblackout.org/tag/no-muos/","http://radioblackout.org/tag/no-ponte/","http://radioblackout.org/tag/stretto-di-sicilia/",[21,17,15,19,23],{"post_content":56,"post_title":62,"tags":66},{"matched_tokens":57,"snippet":60,"value":61},[58,59],"punta","Faro","di migliaia di persone a \u003Cmark>punta\u003C/mark> \u003Cmark>Faro\u003C/mark>. Una manifestazione che ha raccolto","Il Ponte sullo stretto di Messina era un progetto tramontato da tempo, uno dei tanti buchi nell’acqua del Cavaliere delle TV. Ci ha pensato il governo Meloni e, in particolare, il ministro delle infrastrutture Salvini, per rimetterlo in pista accontentando quelli che, nel suo libro, Antonio Mazzeo chiama “I padrini del ponte”. “Speculatori locali o d’oltreoceano; faccendieri di tutte le latitudini; piccoli, medi e grandi trafficanti; sovrani o aspiranti tali; amanti incalliti del gioco d’azzardo; accumulatori e dilapidatori di insperate fortune; frammassoni e cavalieri d’ogni ordine e grado; conservatori, liberali e finanche ex comunisti; banchieri, ingegneri ed editori; traghettatori di anime e costruttori di immonde nefandezze. Sono questi I Padrini del Ponte che più o meno occultamente hanno tramato a favore della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina.” Un ampio giro di interessi si è coagulato intorno ad un’opera inutile e pericolosa, tra le tempestose acque tra Scilla e Cariddi, in un’area fortemente sismica. I soldi sono tanti e gli interessi a assorbire soldi pubblici per fini privatissimi, enormi. “I colossi dell’economia nazionale e internazionale, accanto all’imprenditoria siciliana e calabrese, non sembrano avere avuto scrupoli pur di partecipare al grande banchetto multimilionario. C’è infatti chi si è affidato a certi faccendieri che non occultano legami con le più efferate organizzazioni mafiose internazionali o con le petromonarchie che hanno bandito costituzioni e rispetto dei più elementari diritti umani. È anche con i loro soldi che si vorrebbe costruire il Ponte.”\r\nMa.\r\nC’è anche un vasto movimento popolare che si oppone al mostro sullo stretto. Un movimento che lo scorso 17 giugno ha dato vita ad una manifestazione di migliaia di persone a \u003Cmark>punta\u003C/mark> \u003Cmark>Faro\u003C/mark>. Una manifestazione che ha raccolto la solidarietà e l’appoggio delle persone che, lungo il percorso, salutavano e plaudivano.\r\nNe abbiamo parlato con Pippo Gurrieri, No Ponte e No Muos\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/06/2023-06-20-no-ponte-pippo.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ",{"matched_tokens":63,"snippet":65,"value":65},[64],"Corteo","Messina. \u003Cmark>Corteo\u003C/mark> No Ponte",[67,72,74,76,78],{"matched_tokens":68,"snippet":71},[69,58,70],"corteo","faro","\u003Cmark>corteo\u003C/mark> \u003Cmark>punta\u003C/mark> \u003Cmark>faro\u003C/mark>",{"matched_tokens":73,"snippet":17},[],{"matched_tokens":75,"snippet":15},[],{"matched_tokens":77,"snippet":19},[],{"matched_tokens":79,"snippet":23},[],[81,86,89],{"field":24,"indices":82,"matched_tokens":83,"snippets":85},[35],[84],[69,58,70],[71],{"field":87,"matched_tokens":88,"snippet":60,"value":61},"post_content",[58,59],{"field":90,"matched_tokens":91,"snippet":65,"value":65},"post_title",[64],1736172819517538300,{"best_field_score":94,"best_field_weight":95,"fields_matched":96,"num_tokens_dropped":35,"score":97,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":35},"3315704398080",13,3,"1736172819517538411",6646,{"collection_name":46,"first_q":21,"per_page":100,"q":21},6,{"facet_counts":102,"found":27,"hits":128,"out_of":255,"page":14,"request_params":256,"search_cutoff":25,"search_time_ms":257},[103,113],{"counts":104,"field_name":110,"sampled":25,"stats":111},[105,108],{"count":106,"highlighted":107,"value":107},4,"anarres",{"count":14,"highlighted":109,"value":109},"la perla di labuan","podcastfilter",{"total_values":112},2,{"counts":114,"field_name":24,"sampled":25,"stats":127},[115,117,119,121,123,125],{"count":14,"highlighted":116,"value":116},"rom",{"count":14,"highlighted":118,"value":118},"Trump",{"count":14,"highlighted":120,"value":120},"appendino",{"count":14,"highlighted":122,"value":122},"femminismi",{"count":14,"highlighted":124,"value":124},"cacerolata",{"count":14,"highlighted":126,"value":126},"antimilitarismo",{"total_values":100},[129,156,179,202,230],{"document":130,"highlight":143,"highlights":148,"text_match":151,"text_match_info":152},{"comment_count":35,"id":131,"is_sticky":35,"permalink":132,"podcastfilter":133,"post_author":107,"post_content":134,"post_date":135,"post_excerpt":41,"post_id":131,"post_modified":136,"post_thumbnail":137,"post_title":138,"post_type":139,"sort_by_date":140,"tag_links":141,"tags":142},"87830","http://radioblackout.org/podcast/anarres-dell8-marzo-stupri-di-guerra-con-uno-sguardo-a-israele-e-gaza-missioni-militari-una-barriera-contro-i-militari/",[107],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/2024-03-08-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nL’Italia in guerra. Missioni militari all’estero\r\nSono state approvate le missioni militari all’estero del 2024. Tra queste spicca la missione Aspides, missione europea cui partecipano Italia, Grecia e Francia, approvata dal Consiglio dei ministri dopo che era divenuta operativa da tempo nel Mar Rosso.\r\nLa missione ha il compito di tutelare gli interessi del trasporto commerciale italiano nell’area. Il Comando operativo dell'operazione ha sede a Larissa in Grecia e il comandante è il commodoro greco Vasilios Griparis. Il Force commander (che guida le operazioni nel teatro operativo, a bordo della nave ammiraglia) è il contrammiraglio italiano Stefano Costantino.\r\nAspides affianca l’operazione Atalanta, operativa sin dal 2008, che si muove su un’area più vasta che comprende Mar Mediterraneo, Mar Rosso, Golfo di Aden, Mar Arabico, bacino somalo, Canale del Mozambico e Oceano Indiano.\r\nSono due delle 46 missioni militari italiane tra Europa, Asia ed Africa.\r\nNe abbiamo parlato con Dario Antonelli dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\nStupri di guerra. Con uno sguardo a Israele e Gaza\r\nLo stupro è un’arma di guerra, di tutte le guerre, un modo per umiliare gli uomini del nemico, incapaci di mantenere il controllo delle “proprie” donne. Ma, soprattutto, è l’esplicitazione più cruda della guerra patriarcale contro le donne. Una guerra senza esclusione di colpi. La libertà delle donne è la posta in gioco: ucciderle non basta, vanno annientate, ridotte a nulla. Per terrorizzare tutte le altre, per dire a chiare lettere che questo pianeta non è un luogo dove le donne possano vivere in libertà senza pagarne il prezzo.\r\nLo stupro di guerra, fatto di torture e mutilazioni, spesso si conclude con l’uccisione, delle bambine, delle ragazze, delle donne.\r\nIn guerra il sangue, le lacerazioni, le ferite i corpi distrutti sono esibiti come trofei, mostrati nei video compiaciuti dei carnefici, esibiti sui social.\r\nImmagini che vorremmo cancellare, coprire, non per nascondere la verità ma per sottrarre ai violenti il loro trofeo pubblico. Ma ci tocca guardare perché il nostro sguardo possa spezzare l’omertà che circonda alcune vicende.\r\nIn tempi di “pace armata”, la violenza degli stupri prosegue nelle aule di tribunale, dove le donne che scelgono di denunciare, sono, nei fatti, obbligate a dimostrare, mostrando lividi, ferite, lacerazioni la loro opposizione. Il semplice “no” è considerato sospetto, viene inquisito, mette le vittime sul banco delle imputate.\r\n“Sorella io ti credo.” è uno slogan che riecheggia nelle piazze femministe di ogni dove. Il sostegno concreto, attivo, solidale di donne verso altre donne. Di donne che conoscono, per averlo esperito sulla propria pelle, il sapore agre del sospetto, del chiacchiericcio, della “battutina”. Senza sangue non c’è violenza. O muori come Maria Goretti o, in fondo, te la sei cercata.\r\nIl femminismo è quasi sempre riuscito ad affrontare con lucidità e solidarietà gli stupri di guerra, al di là del proprio posizionamento politico. \r\nDopo il 7 ottobre questo è meno vero.\r\nL’incapacità o, più spesso, la decisione di ignorare o quantomeno minimizzare gli orrori commessi dagli uomini di Hamas che hanno attaccato gli abitanti di alcuni kibbutz e i partecipanti al festival musicale Nova, è sconcertante.\r\nSu testate, pubblicazioni e siti di movimento è partita la gara alla negazione, all’inquisizione, alla pretesa, che in mezzo a cumuli di cadaveri venissero avviate inchieste con autopsie e prove del DNA. Settori di movimento si sono comportati come i tribunali di ogni dove: sotto accusa le donne, le poche sopravvissute, le testimoni stesse. Persino i filmati girati e diffusi dagli stessi aguzzini sono stati ignorati o sottoposti alla lente di ingrandimento alla ricerca del particolare discordante.\r\nIn alcuni casi gli stupri e le violenze sono state descritte come “non sistematiche” e comunque opera di sbandati, non dei miliziani di Hamas. Le solite mele marce.\r\nUn atteggiamento razzista, escludente, che getta un’ombra pesante sulla strada del femminismo alle nostre latitudini.\r\nAbbiamo provato, in punta di piedi, nel rispetto delle donne stuprate, mutilate ed uccise, a parlarvi di questa vicenda. \r\nMa certo non dimentichiamo ne minimizziamo la violenza dell’esercito israeliano verso le donne e le bambine palestinesi. Anche qui, in punta di piedi, nel rispetto di queste vite negate, vi abbiamo parlato delle loro esistenze umiliate ed offese.\r\nPerché nel mondo che vogliamo non c’è spazio per frontiere tra i corpi, tra le persone, tra gente che parla lingue diverse.\r\nPer questo approfondimento abbiamo scelto l’8 marzo: non avremmo potuto fare altrimenti di fronte al sostanziale silenzio dei movimenti transfemministi.\r\nSappiamo già che qualcun* griderà che abbiamo fatto il gioco del governo fascista di Israele. Lo diciamo chiaro: chi nega, chi nasconde chi minimizza le brutali violenze di genere del 7 ottobre fa davvero il gioco di Netanyahu e della sua banda di predoni confessionali. La gran parte delle persone massacrate il 7 ottobre viveva in kibbutz di estrema sinistra, dove la solidarietà con i vicini oltre il confine blindato era normale. Le ragazze e i ragazzi che ballavano al festival Nova, con i loro corpi e identità libere facevano parte di quei settori di società israeliana sempre più nel mirino della destra religiosa e colonialista.\r\nI sopravvissuti hanno detto a chiare lettere che né loro né gli amici e parenti uccisi da Hamas avrebbero voluto la rappresaglia scatenata dal governo Netanyahu.\r\n\r\nGli infiniti orrori della guerra a Gaza non possono in alcun modo giustificare il silenzio o il negazionismo sugli stupri del 7 ottobre. \r\nLa violenza patriarcale è fatta anche di confini, guerre, nazionalismi giocati sulla pelle delle donne. Ed ai quali non intendiamo piegarci. Né qui, né altrove.\r\nAnarres ne ha parlato con l’aiuto di Lorenzo, che ha tradotto i documenti e letto le testimonianze disponibili\r\n\r\nUna Barriera contro i militari\r\nPer la prima volta dopo più un mese i soldati dell'operazione \"Strade sicure\" non hanno bivaccato nello spiazzo tra corso Palermo e via Sesia. All'arrivo degli antimilitaristi si sono allontanati per l'intero pomeriggio.\r\nLa piazza smilitarizzata ha mutato subito aspetto: si sono avvicinate diverse persone che abitano il quartiere e scelgono la solidarietà ed il mutuo appoggio.\r\nUna ragazza ci avvicina e ci dice, guardando la fermata dell'autobus: \"qui servirebbero più mezzi, invece attese infinite e sovraffollamento. E pretendono che paghiamo il biglietto.\" Il discorso scivola sui costi dell'avamposto militare di fronte ai continui tagli ai servizi essenziali.\r\n\r\nProssime iniziative:\r\n\r\nSabato 16 marzo\r\nCorteo No CPR\r\nore 14,30\r\npiazza Castello\r\n\r\nVenerdì 22 marzo\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nAnarchia e decolonialità\r\nVerso un’idea non nazionalista della decolonizzazione, per un universale plurale, che emerge nella concretezza dei percorsi di lotta.\r\nIl concetto di decolonialità è molto citato negli ultimi anni ma non sempre compreso. Manca soprattutto un’elaborazione di questa idea che la separi da nazionalismi, comunitarismi e approcci basati su una prospettiva unica (piuttosto che su intersezioni) che rischiano di farla diventare una concezione escludente quando non lo è. È importante ricordare che, come elaborata originariamente dal collettivo Modernità-Colonialità-Decolonialità (MCD) e poi arricchita dai contributi del femminismo indigeno, degli studi sul pluriverso e delle epistemologie del Sud per non citare che alcuni dei principali ambiti di discussione, la decolonialità mira a superare i limiti di precedenti approcci.\r\nSi tratta in particolare del culturalismo dei Postcolonial Studies, che si sono spesso limitati a critiche della colonialità che restavano limitate a un’analisi del discorso e confinate in ambiti accademici, e dell’economicismo di teorie quali lo sviluppo ineguale o il sistema mondo, incapaci di includere quello che gli approcci decoloniali chiamano la ‘decolonizzazione epistemica’. In questo senso, i punti qualificanti della decolonialità sono la necessità di non limitarsi alla pura teoria per connettersi alle lotte e situazioni reali, di riscoprire modi di pensare al di fuori delle tradizioni intellettuali europee e di costruire ponti di solidarietà militanti attraverso diverse culture e assi di intervento.\r\nSulla base di questo discorso introduttivo, e di alcuni casi empirici sudamericani di interazione tra gruppi anarchici e comunità indigene e afrodiscendenti, si discuteranno le basi di un progetto anarchico di decolonialità, basato sul fatto che la tradizione anarchica e molte delle comunità sopracitate condividono punti chiave quali la prassi organizzativa orizzontale, l’azione diretta e l’idea di territorio come relazione sociale piuttosto che come area delimitata da confini “sovrani”. Esse condividono inoltre critiche delle principali pratiche autoritarie che hanno caratterizzato la Sinistra europea ed eurocentrica, quali il concetto di avanguardia politica, quello di intellettuale organico (di solito maschio e bianco) chiamato a “guidare” le lotte, l’idea della rivoluzione come mera presa del potere politico e quella della decolonizzazione o “liberazione nazionale” come mera costruzione di un nuovo Stato.\r\nIn una singola definizione, anarchismo e “lotta afro-indigena” condividono il principio della coerenza tra la teoria e la prassi, che dovrebbe ispirare il più vasto campo della decolonialità.\r\nInterverrà Federico Ferretti, geografo, docente all'università di Bologna.\r\n\r\nSabato 23 marzo\r\nore 15 giardinetti tra corso Giulio Cesare e via Montanaro\r\nAssemblea\r\nCase senza persone, persone senza casa\r\nCon Filippo Borreani, sociologo e con Prendocasa\r\npoi musica, poesia, socialità\r\n(organizza oltredora antifascista)\r\n\r\nVenerdì 12 aprile\r\nEmma Goldman\r\nLa donna più pericolosa d'America\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nNe parliamo con Selva Varengo curatrice della nuova edizione di \"Vivendo la mia vita\", l'autobiografia che Emma Goldman scrisse nel 1934.\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","11 Marzo 2024","2024-03-11 14:10:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/03/faccia-spinata-200x110.jpg","Anarres dell’8 marzo. 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Manca soprattutto un’elaborazione di questa idea che la separi da nazionalismi, comunitarismi e approcci basati su una prospettiva unica (piuttosto che su intersezioni) che rischiano di farla diventare una concezione escludente quando non lo è. È importante ricordare che, come elaborata originariamente dal collettivo Modernità-Colonialità-Decolonialità (MCD) e poi arricchita dai contributi del femminismo indigeno, degli studi sul pluriverso e delle epistemologie del Sud per non citare che alcuni dei principali ambiti di discussione, la decolonialità mira a superare i limiti di precedenti approcci.\r\nSi tratta in particolare del culturalismo dei Postcolonial Studies, che si sono spesso limitati a critiche della colonialità che restavano limitate a un’analisi del discorso e confinate in ambiti accademici, e dell’economicismo di teorie quali lo sviluppo ineguale o il sistema mondo, incapaci di includere quello che gli approcci decoloniali chiamano la ‘decolonizzazione epistemica’. In questo senso, i punti qualificanti della decolonialità sono la necessità di non limitarsi alla pura teoria per connettersi alle lotte e situazioni reali, di riscoprire modi di pensare al di fuori delle tradizioni intellettuali europee e di costruire ponti di solidarietà militanti attraverso diverse culture e assi di intervento.\r\nSulla base di questo discorso introduttivo, e di alcuni casi empirici sudamericani di interazione tra gruppi anarchici e comunità indigene e afrodiscendenti, si discuteranno le basi di un progetto anarchico di decolonialità, basato sul fatto che la tradizione anarchica e molte delle comunità sopracitate condividono punti chiave quali la prassi organizzativa orizzontale, l’azione diretta e l’idea di territorio come relazione sociale piuttosto che come area delimitata da confini “sovrani”. Esse condividono inoltre critiche delle principali pratiche autoritarie che hanno caratterizzato la Sinistra europea ed eurocentrica, quali il concetto di avanguardia politica, quello di intellettuale organico (di solito maschio e bianco) chiamato a “guidare” le lotte, l’idea della rivoluzione come mera presa del potere politico e quella della decolonizzazione o “liberazione nazionale” come mera costruzione di un nuovo Stato.\r\nIn una singola definizione, anarchismo e “lotta afro-indigena” condividono il principio della coerenza tra la teoria e la prassi, che dovrebbe ispirare il più vasto campo della decolonialità.\r\nInterverrà Federico Ferretti, geografo, docente all'università di Bologna.\r\n\r\nSabato 23 marzo\r\nore 15 giardinetti tra corso Giulio Cesare e via Montanaro\r\nAssemblea\r\nCase senza persone, persone senza casa\r\nCon Filippo Borreani, sociologo e con Prendocasa\r\npoi musica, poesia, socialità\r\n(organizza oltredora antifascista)\r\n\r\nVenerdì 12 aprile\r\nEmma Goldman\r\nLa donna più pericolosa d'America\r\nOre 21 corso Palermo 46\r\nNe parliamo con Selva Varengo curatrice della nuova edizione di \"Vivendo la mia vita\", l'autobiografia che Emma Goldman scrisse nel 1934.\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[149],{"field":87,"matched_tokens":150,"snippet":146,"value":147},[58],1731669151438602200,{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":35,"score":155,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":112},"1116647718912",14,"1731669151438602353",{"document":157,"highlight":169,"highlights":175,"text_match":151,"text_match_info":178},{"comment_count":35,"id":158,"is_sticky":35,"permalink":159,"podcastfilter":160,"post_author":107,"post_content":161,"post_date":162,"post_excerpt":41,"post_id":158,"post_modified":163,"post_thumbnail":164,"post_title":165,"post_type":139,"sort_by_date":166,"tag_links":167,"tags":168},"80539","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-3-marzo-anarchici-tedeschi-contro-il-nazismo-la-gang-meloni-allattacco-alle-radici-delle-guerre-lopacita-del-carcere-discarica-sociale-e-la-lotta-di-cospito/",[107],"ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. 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È in queste condizioni che gli anarchici tedeschi iniziano ad affrontare la sempre più brutale e preoccupante ascesa del Partito nazista di Adolf Hitler.\r\nDalle file della FAUD emerge sul finire del 1929 l’esperienza delle Schwarze Scharen (Schiere nere) una delle espressioni più eclatanti e dirompenti dell’antifascismo anarchico degli anni precedenti all’inizio del regime nazista. Le Schiere nere sono una rete di gruppi diffusi in alcune parti della Germania (Alta Slesia, Berlino, Assia, Turingia, Renania Settentrionale-Vestfalia) che praticano l’autodifesa militante in chiave antifascista, riconoscendosi come organizzazione integrativa ma indipendente della FAUD. Questi gruppi praticano l’antifascismo con la propaganda, anche attraverso giornali come Die proletarische Front di Kassel o Die Schwarze Horde (L’orda nera), e con l’azione militante.\r\nDopo l’avvento del nazismo, la Faud si scioglie e si ricompone informalmente, continuando clandestinamente la resistenza al fascismo sino al 1938, quando le reti vengono definitivamente scompaginate, tanti vengono arrestati e scompaiono nei lager. Molti fuggono sin dal 1932 e vanno in Spagna dove partecipano alla rivoluzione. Piccoli gruppi sopravvivono al nazismo e alla guerra e nel dopoguerra ricostruiranno il movimento anarchico di lingua tedesca. \r\nNe abbiamo parlato con David Bernardini, anarchico e storico, autore, tra gli altri, di “Il barometro segna tempesta. 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Una riflessione sulla sempre maggiore pervasività della propaganda nazionalista e militarista nella scuola e nella società. \r\n\r\nLa gang Meloni attacca a testa bassa\r\nVogliamo proporvi una riflessione su come, passo dopo passo, i fascisti al governo stiano entrando a gamba tesa nella scuola, nella cultura, attaccando la libertà delle soggettività non conformi, minacciando la preside che ha difeso i ragazzi vittime di un pestaggio fascista, per non dire delle leggi repressive contro le ONG e i ravers. E già si profila all’orizzonte reato di “terrorismo di piazza”. Una svolta autoritaria che si allarga su più fronti ed interroga i movimenti di opposizione sociale sull’enorme difficoltà del momento e sulla necessità di raccogliere le forze necessarie a raggrupparlo. Negli anni Venti del secolo scorso l’emergere del fascismo fu la risposta alle classi sfruttate ed oppresse che avevano tentato, senza riuscirci, di fare la rivoluzione. 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Grandi entusiasmi e grandi delusioni. Proviamo a rivivere quei giorni attraverso le voci dei protagonisti, non tutte sono andate perdute, se si cerca si trova. Per molti l'ingresso in fabbrica e l'incontro con la lotta di classe sono tutt'uno. \"Quando ho visto la prima assemblea mi si sono rizzati i capelli in testa, era un vero puttanaio, urlavano tutti. Poi é andata un po' meglio.\" Studenti e operai lottano insieme, ma non sempre tutto fila liscio. \"Quelli citavano Marx, Lenin, Mao, i torinesi Panzieri e Gobetti. Noi operai a volte ci sentivamo tagliati fuori. Un giorno ci fu una discussione, io e altri operai ci alzammo: 'Non stiamo capendo niente! - dissi - Se non la piantate, ce ne andiamo!\" Tante giovani donne entrano nelle organizzazioni rivoluzionarie per sfuggire alla condizione di angeli del focolare delle loro madri e nonne, ma scoprono di essere solo diventate angeli del ciclostile. \"Eravamo tantissime, ma la mentalità all’interno di Lotta Continua era la stessa di fuori. Gli uomini non avevano nulla contro il fatto che facessimo politica. Il problema era dirgli: Adesso ti alzi tu a sparecchiare la tavola.\" Una parte del movimento punta sul governo delle sinistre come anticamera della rivoluzione, ma il 20 giugno 1976 arriva la doccia fredda. \"Tanta fatica solo per portare Mimmo Pinto in parlamento! Dopo di noi ci sono solo i liberali e i radicali! Un bel risultato per il partito! Uno sul tram mi ha detto: Cosa vi aspettavate? Vi è andata bene! Silenzio, pausa, che sdentata, ragazzi!\" Molti decidono di fare il \"salto di qualità\", le opinioni sono diverse e il dibattito é vivace. \"Noi vediamo le squadracce fasciste che mettono il terrore nella popolazione, e il fatto che le Brigate Rosse rispondono secondo me non é male\". Scuole quadro, bottiglie molotov e pipette, circoli del proletariato giovanile, radio militanti, carri armati in piazza, indiani metropolitani. Giorni che valgono anni. Ma quando si é davvero sciolta Lotta Continua? 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in corteo con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più feroce di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la punta dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. 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Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di fare ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a favore di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a favore dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a favore di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il favore popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue parole d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un favore alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org","13 Novembre 2016","2018-10-17 22:58:55","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2016/11/fuoco-al-tricolore-200x110.jpg","Anarres dell’11 novembre. 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Sgomberi, retate, fogli di via e deportazioni\r\nThe president is a Trump. Sessista, razzista, volgare. Un miliardario outsider approda alla Casa Bianca, dopo una campagna elettorale con toni da bar Sport. Ne abbiamo parlato con Lorcon, redattore di Umanità Nova\r\n\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\n\r\nPer approfondimenti:\r\nFuoco al Tricolore! Una settimana contro il militarismo\r\nUna bandiera tricolore è stata data alle fiamme di fronte alla polizia in assetto antisommossa e alla polizia politica in gran forze per difendere le forze armate, che, anche quest'anno, erano in piazza Castello per la cerimonia dell'ammainabandiera, che conclude la festa delle forze armate il 4 novembre. \r\nGli antimilitaristi puntuali all'appuntamento, si sono mossi in \u003Cmark>corteo\u003C/mark> con striscioni, bici da trasporto con carro armato e Samba Band dalla piazza del Comune fino al blocco di polizia in via Garibaldi, cento metri prima dei soldati in alta uniforme. \r\nUn applauso ha accolto l'azione antipatriottica. \r\nNumerosi gli interventi dal megafono per un'iniziativa di comunicazione e lotta, che, dopo un lungo fronteggiamento e l'intervento dell'automobilina kamicazza, si sono mossi per via Garibaldi, sino a guadagnare piazza Castello, dove i militari avevano chiuso alla svelta il loro rituale bellico. \r\nLa giornata di lotta del 4 novembre era l'ultima di una settimana di iniziative. Sabato 29 ottobre al Balon, un presidio itinerante, con performance contro eserciti e fabbriche d'armi, interventi e musica, aveva aperto le iniziative promosse dall'assemblea antimilitarista. \r\n\r\nIl mercoledì successivo si era svolta un'iniziativa di approfondimento “Bombe, muri e frontiere. Giochi di potenza dal Mediterraneo all’Eufrate. Dal nuovo secolo americano al tutti contro tutti”. La serata, introdotta da Stefano Capello, è stata occasione per capirne di più sugli equilibri geopolitici, in un pianeta sempre più multipolare, ad alleanze variabili, dove prevale la logica terrificante del caos sistemico. \r\n\r\nQui il testo dell’appello per la settimana antimilitarista\r\n\r\n*********\r\nCacerolata femminista a San Salvario \r\n\r\nQui il testo del volantino distribuito in piazza:\r\n\r\nSentieri di libertà\r\nLibertà, uguaglianza, solidarietà. I tre principi che costituiscono la modernità, rompendo con la gerarchia che modellava l’ordine formale del mondo hanno il loro lato oscuro, un’ombra lunga fatta di esclusione, discriminazione, violenza.\r\nTanta parte dell’umanità resta(va) fuori dal loro ombrello protettivo: poveri, donne, omosessuali, bambini. L’universalità di questi principi, formalmente neutra, era modellata sul maschio adulto, benestante, eterosessuale. Il resto era margine. Chi non era pienamente umano non poteva certo aspirare alle libertà degli uomini.\r\nUna libertà soggetta a norma, regolata, imbrigliata, incasellata. La cultura dominante ne determina le possibilità, le leggi dello Stato ne fissano limiti e condizioni.\r\nLe nonne delle ragazze di oggi passavano dalla potestà paterna a quella maritale: le regole del matrimonio le mantenevano minorenni a vita.\r\nLe donne stuprate, sino al 5 settembre del 1981, potevano sottrarsi alla vergogna ed essere riammesse nel consesso sociale, se accettavano di sposare il proprio stupratore. Una violenza più \u003Cmark>feroce\u003C/mark> di quella già subita. Se una donna era uccisa per motivi di “onore”, questa era una potente attenuante. Uccidere per punire le donne infedeli era considerato giusto.\r\n\r\nSono passati 34 anni da quando quelle norme vennero cancellate dal codice penale. Poco prima era stato legalizzato il divorzio e depenalizzato l’aborto.\r\nSulla strada della libertà femminile e – con essa – quella di tutt* sono stati fatti tanti passi. Purtroppo non tutti in avanti.\r\n\r\nLe lotte delle donne hanno cancellato tante servitù. Ma ne paghiamo, ogni giorno, il prezzo.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. La casa, il “privato”, è il luogo dove si consumano la maggior parte delle violenze e delle uccisioni. Le donne libere vengono picchiate, stuprate e ammazzate per affermare il potere maschile, per riprendere con la forza il controllo sui loro corpi e sulle loro menti.\r\n\r\nLa narrazione prevalente sui media è falsa, perché nasconde la realtà cruda della violenza maschile sulle donne. Non solo. Trasforma le donne in vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale ma non tanto, di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\nLa violenza esplicita è solo la \u003Cmark>punta\u003C/mark> dell’iceberg. Il patriarcato, sconfitto ma non in rotta, riemerge in maniere più subdole.\r\n\r\nIl prezzo dell’emancipazione femminile è stato anche l’adeguamento all’universale, che resta saldamente maschile ed eterosessuale. Lo scarto, la differenza femminile, in tutta l’ambiguità di un percorso identitario segnato da una schiavitù anche volontaria, finisce frantumata, dispersa, illeggibile, se non nel ri-adeguamento ad un ruolo di cura, sostitutivo dei servizi negati e cancellati negli anni.\r\nLo spazio della sperimentazione, della messa in gioco dei percorsi identitari, tanto radicati nella cultura, da parere quasi «naturali», spesso si estingue, polverizzato dalle tante cazzutissime donne in divisa, dalle manager in carriera, dalle femministe che inventano le gerarchie femminili per favorire operazioni di lobbing.\r\nLo scarto femminile non è iscritto nella natura ma nemmeno nella cultura, è solo una possibilità, la possibilità che ha sempre chi si libera: cogliere le radici soggettive ed oggettive della dominazione per reciderle inventando nuovi percorsi.\r\nContro la normalizzazione delle nostre identità erranti il femminismo libertario si svincola dalla mera rivendicazione paritaria, per mettere in gioco una scommessa dalla posta molto alta.\r\nMiliardi di percorsi individuali, che attraversano i generi, costituiscono l’unico universale che ci contenga tutt*, quello delle differenze.\r\nVogliamo vivere, solcare le nostre strade, con la forza di chi sta intrecciando una rete robusta, capace di combattere la violenza di chi vuole affermare la dominazione patriarcale.\r\nNon abbiamo bisogno di tutele né di tutori, con o senza divisa. La nostra forza è nella solidarietà e nel mutuo appoggio.\r\nIl percorso di autonomia individuale lo costruiamo nella sottrazione conflittuale dalle regole sociali imposte dallo Stato e dal capitalismo.\r\nSiamo qui per spezzare l’ordine. Morale, sociale, economico.\r\nSiamo qui per frantumare la gerarchia, per esserci, ciascun* a proprio modo.\r\n\r\nAnarchiche contro la violenza di genere\r\n\r\nCi trovate ogni giovedì alle 19 presso la FAT in corso Palermo 46\r\n******\r\nReferendum. La Carta e le carte truccate\r\nNemmeno il terremoto può fermare la macchina referendaria: il tormentone che ci affligge da mesi continua imperterrito. Anzi il terremoto può fornire un’ottima occasione per dimostrare il valore di questo governo e del suo leader maximo e ridurre la componente politica sulle scelte dei votanti a vantaggio di quella emozionale.\r\nE’ infatti indubbio che la cassa di risonanza mediatica sul protagonismo di Renzi e soci nell’affrontare la tragicità degli effetti del terremoto sulla vita delle popolazioni colpite avrà un impatto sulla valutazione complessiva del governo; fatto questo non indifferente se consideriamo che dai sondaggi (con tutti i distinguo del caso) risulterebbe che se un terzo dell’elettorato è a conoscenza del significato dei quesiti referendari – e quindi voterebbe a ragion veduta – ben due terzi ne è all’oscuro, o per disinteresse, o per rifiuto cosciente, o per la complessità della materia, e quindi voterebbe – sic et simpliciter – su Renzi ed il suo governo. D’altronde è lo stesso Renzi che ha operato in questa direzione mettendo il suo corpo, il suo futuro direttamente in gioco promettendo la sua uscita dalla scena politica in caso di sconfitta.\r\nCon il dilemma ‘o con me o contro di me’ Renzi porta all’apice il ragionamento su cosa sia il meno peggio proponendosi come l’unico possibile salvatore della patria, l’innovatore in grado di \u003Cmark>fare\u003C/mark> ripartire il paese. Un film già visto, con Craxi, Berlusconi, e tanti altri attori consumati e ormai consunti.\r\nLa partita, per Renzi, è impegnativa e va giocata su più fronti. Avere la maggioranza del partito con se e registrare che la maggioranza dei deputati del PD è legata al suo oppositore interno Bersani, non rende il gioco facile; così come vedere tutta l’opposizione istituzionale (e non solo) coalizzata contro di se impone a Renzi di doversi inventare quanto più di fantasmagorico ci sia – mance elettorali comprese - per vincere la singolar tenzone.\r\nEppure i giochi sembravano fatti. Con la ristrutturazione del Senato si vuole portare a maturazione il dibattito che ha attraversato il ceto politico di questo paese per decenni - vedi le proposte di presidenzialismo e di monocameralismo avanzate a più riprese – e che puntava, con accelerazioni più o meno variabili, al rafforzamento dell’esecutivo e alla riduzione dei soggetti politici in gioco.\r\nGli sbarramenti elettorali, i premi di maggioranza, le alchimie sui collegi elettorali, eccetera sono stati gli espedienti messi in campo per ottenere questo risultato: costringere all’accorpamento i partiti più piccoli, favorire il sorgere di due schieramenti più o meno contrapposti, assicurare la governabilità sempre e comunque. La decretazione d’urgenza, l’ingerenza del Presidente della Repubblica, il trasformismo eclatante hanno fatto il resto riducendo il Parlamento a semplice comprimario di scelte operate altrove, nei corridoi animati dai lobbisti di ogni specie, oppure a palcoscenico degli spettacolini di un’opposizione in cerca di visibilità.\r\nE’ un progetto questo che ha molti progenitori, addirittura c’è chi ricorda il ‘Piano per la rinascita nazionale’ del venerabile maestro Licio Gelli, animatore di quella Loggia P2, menzionata recentemente per l’impegno profuso nel combatterla da Tina Anselmi, utilizzata opportunisticamente dal ‘premier’ per il suo spessore democratico sociale.\r\nLa trasformazione del Senato secondo le linee della riforma Boschi, in accoppiata con la legge elettorale recentemente approvata, l’Italicum, concluderebbe il percorso tracciato, snellendo i tempi e le procedure legislative – anche se oggi la quantità delle leggi approvate ha pochi eguali nei paesi a democrazia parlamentare – e conferendo al governo in carica un gigantesco potere d’indirizzo, dopo aver demolito l’autonomia regionale a \u003Cmark>favore\u003C/mark> di una ri-centralizzazione statale.\r\nIn un contesto nel quale la partita politica si giocava in due, come era la situazione fino all’irrompere sulla scena di un terzo incomodo, il Movimento 5 stelle, questo rafforzamento era comunque funzionale ad entrambi, in un contesto nel quale le politiche sostanziali poco differiscono le une dalle altre, condizionate come sono dagli scenari internazionali, dalle burocrazie europee, dal controllo della NATO, dalle dinamiche del capitale.\r\nLa presenza del terzo incomodo ha mescolato le carte in tavola; la possibilità che possa vincere le prossime elezioni e prendere nelle proprie mani le leve del governo inquieta fortemente gli assetti tradizionali del potere, preoccupati dalla natura trasversale del movimento, ancora poco noto ai più, se non per la sua massa critica, il suo portato populista e legalista, il suo antieuropeismo. L’irrompere della variabile pentastellata sulla scena, costringe la casta a riformulare i propri assetti, a riconquistare il palcoscenico dello spettacolo politicista riproponendosi come garante degli interessi settoriali del paese. Lo scontro si fa via via più acceso, tra modernizzatori fedeli esecutori degli interessi delle multinazionali e dei grandi gruppi aziendali che chiedono meno burocrazia, tempi certi della giustizia, snellimento generale delle pratiche e dei controlli, e difensori dello status quo, delle rendite di posizione, delle logiche clientelari e familistiche. In un contesto dove populisti euroscettici cercano di coniugare il consenso territoriale costruito sul tema della ‘piccola patria’ con la difesa della ‘razza’ italica a fronte del processo migratorio in corso. Dove si parla e straparla di un ‘patto per la crescita’ tra governo, imprese e sindacato, condizionato da un SI che aprirebbe le porte agli ambiti investimenti internazionali (e conseguentemente alla svendita del patrimonio italico), e contrastato da un NO che vorrebbe la riapertura del mercato ministeriale delle poltrone conseguente alla prevedibile caduta del governo.\r\nLa natura dello scontro tra le varie frazioni della borghesia e della classe dirigente del paese appare sempre più chiaro, solo a volerlo vedere.\r\nNon c’era alcun disaccordo sostanziale quando si è trattato di modificare lacostituzione introducendo, tra i suoi articoli, l’obbligo della parità di bilancio: tanto, male che vada, i suoi costi vengono scaricati sui lavoratori e sulla povera gente.\r\nIl disaccordo sorge quando un settore vuole imporre un’accelerazione nel cambiamento in corso, spostando decisamente l’asse del potere a \u003Cmark>favore\u003C/mark> dello schieramento della modernizzazione ipercapitalista e globalizzatrice. Basta vedere chi sono i sostenitori della riforma: Confindustria, la grande finanza, le Banche, la classe dirigente internazionale da Obama alla Merkel, eccetera che con minacce e lusinghe operano sfacciatamente a \u003Cmark>favore\u003C/mark> di Renzi, un presidente del consiglio mai eletto, imposto da un presidente della repubblica che ha travalicato ogni suo limite, sanzionato solamente dal successo del suo partito in una elezione ininfluente come quella per il parlamento europeo.\r\nChe bisogno c’è di cambiare la costituzione, quando la costituzione materiale, quella fatta di cose concrete per la vita delle persone – non quella formale, idealizzata, ‘nata’ dalla Resistenza - ha consentito negli anni lo sviluppo di politiche di impoverimento della popolazione, di aggressione militare ad altri paesi, di attacco al mondo del lavoro, di arricchimento indecente per la classi privilegiate, di progressiva liquidazione del sistema di protezione sociale, dalla sanità all’assistenza?\r\nEvidentemente tutto questo non basta. La crescente competizione per l’accaparramento delle risorse, la continua e accelerata necessità di valorizzazione del capitale spingono verso l’amplificazione dei conflitti, sia aperti in forma di guerra sia sotterranei in forma di condizionamenti e ricatti.\r\nQuesto impone alle classi dirigenti, dominanti nello stesso schieramento borghese, di trovare assetti di potere più confacenti alle loro esigenze. Da qui i cambiamenti strutturali in corso, in Italia come altrove, per adeguare la macchina statale alle nuove incombenze.\r\nLa chiamata alle armi per l’affermazione del SI nel prossimo referendumistituzionale non è solo un passo necessario legato alle procedure di modifica costituzionale, ma è anche il tentativo di legare il più possibile al governo il \u003Cmark>favore\u003C/mark> popolare, oggi come oggi, particolarmente necessario in vista delle sfide che ci aspettano.\r\nE’ necessario quindi che anche in questa scadenza ci si mobiliti per mostrare la vera portata della partita in gioco, gli scenari e le ricadute che ci si prospetteranno se non si svilupperà una vera opposizione.\r\nVera opposizione, dunque, che significa ripresa del conflitto sociale su larga scala, azione diretta di massa, mobilitazione del mondo del lavoro, riappropriazione e controllo territoriale, rilancio della solidarietà internazionalista, superamento dei confini, pratiche di accoglienza reale dei profughi, antimilitarismo.\r\nAl di fuori di questo quale potrebbe essere un’opposizione in grado di mettere i bastoni tra le ruote dei manovratori? Non certo quella che si muove su un piano formale come quello della difesa della Costituzione nata dalla Resistenza. Al di la della retorica - che in realtà offende il partigianato, soprattutto nella sua componente sovversiva e rivoluzionaria – occorre ricordare che la Costituzione è nata dalla mediazione tra Democratici Cristiani, Comunisti, Socialisti e Liberali i quali ben si guardarono di fissare norme chiare e nette che potessero essere utilizzate dagli uni contro gli altri. Risultato: le più alte aspirazioni contenute nella Carta – che la rendono per alcuni la più bella del mondo – sono sempre risultate disattese, foglie di fico di un potere sempre arrogante e accaparratore. Solo ampi movimenti popolari, espressione di bisogni e volontà collettive, sono riusciti a modificare, nel tempo, gli assetti di potere, le strutture giuridiche e politiche del paese, non certo una mobilitazione di carta giocata sulla Carta.\r\nRicordando le frustrazioni seguite ai referendum vinti sull’onda di mobilitazioni significative e importanti, come quello contro la privatizzazione dell’acqua, o di battaglie di opinione come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, ma vanificati dalle furberie della casta, i sinceri oppositori della riforma dovrebbero attenersi ad una visione realistica delle cose.\r\nLa vittoria del NO rappresenterebbe semplicemente un rallentamento dei processi in corso e probabilmente una rimessa in discussione degli equilibri governativi, ma a vantaggio di chi? Qualcuno sosteneva un tempo ‘grande è la confusione sotto il cielo: la situazione è eccellente’. Ma oggi è così? Esiste un movimento reale in grado di essere protagonista nella crisi governativa e di imporre la propria agenda di trasformazione sulle cose che contano: salario, lavoro, casa, salute, scuola, guerra, immigrazione, ambiente, libertà individuali e collettive?\r\nOppure prevarrà la politica politicante, fatta sempre di deleghe, di capetti ambiziosi, di prevaricazioni e di corruttele?\r\nLa partecipazione alla campagna per il NO in realtà continua a rimanere nel solco della politica delegata, della fiducia nei meccanismi della democrazia parlamentare, sperando di rosicchiare margini di manovra all’interno della più generale crisi di sistema.\r\nIl ‘NO Sociale’ non sfugge a questa condizione, anche se le sue \u003Cmark>parole\u003C/mark> d’ordine puntano sulla possibilità di sviluppare una stagione di lotta a partire proprio dalla vittoria del NO. Non è la prima volta che si è opera per costruire un fronte di tutte le opposizioni sociali che metta insieme le espressioni più varie della conflittualità sociale, da quelle dell’autorganizzazione a quelle che hanno nelle pratiche delegate la loro sostanza, per farle convergere sul piano di una lotta che di fatto è tutta interna ai meccanismi istituzionali, avendo tra l’altro come ‘cobelligeranti’ le espressioni più becere della destra che ne annacquano la portata. I risultati nel passato si sono visti e credo che si ripeteranno, contribuendo ad un’ulteriore frustrazione complessiva dei soggetti coinvolti, i quali credendo di conseguire un obiettivo significativo in realtà fanno un \u003Cmark>favore\u003C/mark> alla nuova casta montante, quella che si ritrova nel Movimento 5 stelle.\r\nQuesto non vuol dire indifferentismo politico; non vuol dire che tutte le forme del potere sono eguali; sappiamo ben distinguere tra democrazia rappresentativa e dittatura; ma una vera battaglia contro le riforme in atto non può oggi assolutamente prescindere dall’assoluta necessità della ripresa del conflitto sociale che non può farsi condizionare da un dibattito che è centrale solo per un ceto politico preoccupato per la propria esistenza. Il contrapporsi tra ‘riforma’ e ‘conservazione’ vuole occultare la realtà delle forme di sfruttamento attuali, per favorire un loro ‘rinnovamento’ in funzione delle esigenze di ristrutturazione e di riorganizzazione dell’apparato statale alle prese con le emergenze dell’attuale sistema geopolitico mondiale.\r\nBisogna scegliere: o porsi a difesa di quel che resta della democrazia parlamentare, individuando in essa una residua barriera all’incalzare dell’autoritarismo montante, o imboccare decisamente la strada della lotta, interna ai corpi sociali con tutte le loro potenzialità e contraddizioni, in funzione di un progetto di società altra, da costruire giorno per giorno, fuori da ogni opportunismo politicista.\r\nA fronte di una politica che fa del parlamento e della governabilità il suo centro di interesse occorre contrapporre un pensiero ed un’azione che abbiano il loro punto di riferimento nella capacità di autoorganizzazione popolare; occorre contrapporre la proposta e la pratica del comunalismo, libertario e federativo, articolato sul territorio, dal semplice al complesso.\r\nSfuggire dai meccanismi della democrazia rappresentativa significa entrare nel concreto della critica del concetto stesso di maggioranza e minoranza, significa rifiutare la riproduzione, pura e semplice, dei rituali parlamentari negli stessi organismi rappresentativi dei lavoratori per dare invece prevalenza all’autoorganizzazione, alla lotta, al libero confronto delle idee.\r\nI rapporti di forza si sono sempre modificati con la lotta diretta e la via politica ha sempre rappresentato il disarmo della conflittualità sociale. Con questa consapevolezza ci tiriamo fuori dai ricatti agitati da quanti, a sinistra, sono alle prese con le pulsioni egemoniche di ceti politici trasformisti ed opportunisti, incapaci di produrre politiche realmente alternative, sul terreno economico, dell’occupazione, della riduzione d’orario, del degrado urbano e ambientale, della sanità, della scuola, ecc.\r\nAstenersi, non cadere nella trappola delle false alternative e del recupero elettorale, rafforzare le armi della critica intransigente, dell’organizzazione, del protagonismo sociale, dell’azione tra le classi sfruttate ed oppresse, vuol dire porre le basi per un’incisiva azione rivoluzionaria che colpisce, nel parlamentarismo, un sistema di governo che impone leggi e tasse, decise da una cerchia ristretta di privilegiati, indipendentemente dalla volontà degli elettori.\r\nAstenersi, per gli anarchici, vuol dire manifestare la volontà di non essere governati, vuol dire non rendersi corresponsabili dello sfruttamento e dell’oppressione, vuol dire volontà di una società di libere associazioni federate.\r\nMassimo Varengo in Umanità Nova\r\nwww.anarresinfo.noblogs.org",[227],{"field":87,"matched_tokens":228,"snippet":224,"value":225},[69],{"best_field_score":153,"best_field_weight":154,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":35,"score":155,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":112},{"document":231,"highlight":243,"highlights":248,"text_match":251,"text_match_info":252},{"comment_count":35,"id":232,"is_sticky":35,"permalink":233,"podcastfilter":234,"post_author":107,"post_content":235,"post_date":236,"post_excerpt":41,"post_id":232,"post_modified":237,"post_thumbnail":238,"post_title":239,"post_type":139,"sort_by_date":240,"tag_links":241,"tags":242},"88701","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-5-aprile-emma-goldman-anarchica-e-femminista-colonialismo-made-in-italy-guerra-a-gaza-il-ruolo-dei-paesi-arabi/",[107],"ll podcast del nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming.\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/2024-04-05-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nNiger. La nuova frontiera del colonialismo made in Italy\r\nSettanta milioni di euro. È la cifra stanziata nel luglio 2022 dall’Unione Europea per supportare l’esercito del Niger. Soldi che Bruxelles ha difficoltà a gestire da quando, a fine luglio 2023, a Niamey i militari guidati dal generale Abdourahamane Tchiani hanno deposto il presidente Mohamed Bazoum.\r\nAlcuni degli stati membri dell’Unione di maggior peso hanno posizioni divergenti sull’argomento. Francia e Germania, ad esempio, spingono per ritirare i fondi e destinarli ad altri stati dell’Africa occidentale. L’Italia, invece, punta a mantenere un dialogo con Niamey e trovare un compromesso con la giunta militare al potere, l’autoproclamato Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria.\r\nI 70 milioni di euro stanziati dall’UE per equipaggiare le forze armate nigerine sono infatti gestiti per conto dell’Unione dall’Agenzia Industrie Difesa (AID), ente controllato dal ministero della Difesa italiano. Un bel gruzzolo per mantenere la propria presenza militare in Niger, dopo la cacciata dei francesi e, più recentemente, degli statunitensi, cui è stato intimato di abbandonare la base per droni di Agadez. Nel frattempo nel paese subsahariano, al di là dei toni da revanche anticoloniale adottati dai nuovi signori di Niamey, si sono affacciati ed insediati altri attori, la Cina e, soprattutto i mercenari russi degli Africa Corps (ex Wagner). L’ambizione dell’Italia è restare nel paese, per poter perseguire i propri interessi imperiali.\r\nIl contingente militare tricolore è un tassello fondamentale nell’esternalizzazione della la guerra ai migranti e, non secondariamente, per il controllo delle risorse di uranio del paese. L’uranio è alla base del combustibile per le centrali nucleari e per le bombe atomiche.\r\n\r\nConflitto Israele Hamas: il ruolo dei paesi arabi\r\nIn questi lunghi mesi di feroce guerra a Gaza raramente si sono accesi i riflettori sul ruolo e gli interessi dei paesi arabi, al di là degli schieramenti formali adottati.\r\nUn’opacità di analisi che vale la pena provare ad illuminare, perché ne emerge un quadro decisamente più variegato ed interessante, specie se ci si astiene da una logora logica campista.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nEmma Goldman. Anarchica e femminista\r\nIl prossimo venerdì 12 aprile presenteremo a Torino – ore 21 corso Palermo 46 - la nuova edizione dell’autobiografia che Emma Goldman scrisse nel 1934, in uno dei rari momenti di tregua di un’esistenza vissuta nel cuore delle lotte.\r\nGrazie ai “Quaderni di Paola” sono disponibili i primi due volumi di questo scritto denso, dove le narrazioni della vita quotidiana si impastano con la storia delle lotte sociali di cui fu protagonista quella che venne definita “la donna più pericolosa d’America”.\r\nUn racconto dove la strada e la cucina, il carcere ed il lavoro in fabbrica, le relazioni umane e quelle politiche, spesso intrecciate, restituiscono l’immagine viva di un’anarchica che sapeva, già in quegli anni, quello che le femministe avrebbero teorizzato molti decenni dopo: il personale è politico.\r\nAttiva nel movimento dei lavoratori, antimilitarista, in prima fila nelle lotte sul terreno della contraccezione e dell’aborto, nata in Russia ed emigrata giovanissima negli Stati Uniti, “Emma la Rossa” verrà deportata in Unione Sovietica nel 1919, dopo due anni di carcere per essersi opposta alla prima guerra mondiale. Dalla Russia fuggirà dopo la durissima repressione della Comune di Kronstadt e diverrà tra le voci più lucide nel denunciare il totalitarismo sovietico.\r\nSenzapatria per convinzione e apolide per condizione, dopo aver cercato rifugio in diversi paesi europei, compresa la Spagna rivoluzionaria del 1936, trascorre gli ultimi anni in Canada.\r\nNegli Stati Uniti, dove il suo impegno nelle lotte, l’intensa attività editoriale, hanno lasciato una traccia duratura, non potrà più mettere piede. \r\nAbbiamo anticipato alcuni dei temi dell’incontro con Selva Varengo, curatrice di questa edizione dell’autobiografia \r\n\r\nAppuntamenti\r\n\r\nVenerdì 12 aprile\r\nEmma Goldman\r\nanarchica e femminista\r\nDalle lotte sociali a quelle per la libertà delle donne, dall’attività editoriale all’opposizione alla guerra tra emigrazione, lavoro in fabbrica, comizi, carcere ed esilio.\r\nore 21 corso Palermo 46\r\nIncontro con Selva Varengo e Luisa Dell'Acqua curatrice e traduttrice della nuova edizione di \"Vivendo la mia vita\", l'autobiografia di Emma Goldman.\r\n\r\nSabato 20 aprile\r\nore 17 in corso Palermo 46\r\nL’anarchia in 100 canti\r\ndi e con Alessio Lega\r\npresentazione del libro e concerto\r\na seguire pastasciutta, spritz e birrette\r\n\r\nGiovedì 25 aprile ore 15\r\nalla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, in corso Giulio Cesare angolo corso Novara dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.\r\nRicordo, bicchierata, fiori, musica.\r\nE, dal vivo, Alba&carenza503 e il Cor'occhio nel canzoniere anarchico e antifascista\r\n\r\nDomenica 28 aprile\r\nCorteo No G7 a Venaria\r\nGiardini Galileo Galilei\r\nore 10,30 assemblea\r\nore 14,30 manifestazione sino alla Reggia dove i ministri dei sette paesi più industrializzati discuteranno di Ambiente ed Energia. \r\nAntimilitarist* contro il G7 energia e ambiente, contro l'ENI, la logica estrattivista, le missioni militari neocoloniali dell'Italia\r\n\r\nMercoledì 1 maggio\r\nSpezzone antimilitarista\r\nore 9 piazza Vittorio\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org","11 Aprile 2024","2024-04-11 00:13:22","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/emma-goldman-200x110.jpg","Anarres del 5 aprile. 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Soldi che Bruxelles ha difficoltà a gestire da quando, a fine luglio 2023, a Niamey i militari guidati dal generale Abdourahamane Tchiani hanno deposto il presidente Mohamed Bazoum.\r\nAlcuni degli stati membri dell’Unione di maggior peso hanno posizioni divergenti sull’argomento. Francia e Germania, ad esempio, spingono per ritirare i fondi e destinarli ad altri stati dell’Africa occidentale. L’Italia, invece, \u003Cmark>punta\u003C/mark> a mantenere un dialogo con Niamey e trovare un compromesso con la giunta militare al potere, l’autoproclamato Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria.\r\nI 70 milioni di euro stanziati dall’UE per equipaggiare le forze armate nigerine sono infatti gestiti per conto dell’Unione dall’Agenzia Industrie Difesa (AID), ente controllato dal ministero della Difesa italiano. Un bel gruzzolo per mantenere la propria presenza militare in Niger, dopo la cacciata dei francesi e, più recentemente, degli statunitensi, cui è stato intimato di abbandonare la base per droni di Agadez. Nel frattempo nel paese subsahariano, al di là dei toni da revanche anticoloniale adottati dai nuovi signori di Niamey, si sono affacciati ed insediati altri attori, la Cina e, soprattutto i mercenari russi degli Africa Corps (ex Wagner). L’ambizione dell’Italia è restare nel paese, per poter perseguire i propri interessi imperiali.\r\nIl contingente militare tricolore è un tassello fondamentale nell’esternalizzazione della la guerra ai migranti e, non secondariamente, per il controllo delle risorse di uranio del paese. L’uranio è alla base del combustibile per le centrali nucleari e per le bombe atomiche.\r\n\r\nConflitto Israele Hamas: il ruolo dei paesi arabi\r\nIn questi lunghi mesi di \u003Cmark>feroce\u003C/mark> guerra a Gaza raramente si sono accesi i riflettori sul ruolo e gli interessi dei paesi arabi, al di là degli schieramenti formali adottati.\r\nUn’opacità di analisi che vale la pena provare ad illuminare, perché ne emerge un quadro decisamente più variegato ed interessante, specie se ci si astiene da una logora logica campista.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nEmma Goldman. Anarchica e femminista\r\nIl prossimo venerdì 12 aprile presenteremo a Torino – ore 21 corso Palermo 46 - la nuova edizione dell’autobiografia che Emma Goldman scrisse nel 1934, in uno dei rari momenti di tregua di un’esistenza vissuta nel cuore delle lotte.\r\nGrazie ai “Quaderni di Paola” sono disponibili i primi due volumi di questo scritto denso, dove le narrazioni della vita quotidiana si impastano con la storia delle lotte sociali di cui fu protagonista quella che venne definita “la donna più pericolosa d’America”.\r\nUn racconto dove la strada e la cucina, il carcere ed il lavoro in fabbrica, le relazioni umane e quelle politiche, spesso intrecciate, restituiscono l’immagine viva di un’anarchica che sapeva, già in quegli anni, quello che le femministe avrebbero teorizzato molti decenni dopo: il personale è politico.\r\nAttiva nel movimento dei lavoratori, antimilitarista, in prima fila nelle lotte sul terreno della contraccezione e dell’aborto, nata in Russia ed emigrata giovanissima negli Stati Uniti, “Emma la Rossa” verrà deportata in Unione Sovietica nel 1919, dopo due anni di carcere per essersi opposta alla prima guerra mondiale. Dalla Russia fuggirà dopo la durissima repressione della Comune di Kronstadt e diverrà tra le voci più lucide nel denunciare il totalitarismo sovietico.\r\nSenzapatria per convinzione e apolide per condizione, dopo aver cercato rifugio in diversi paesi europei, compresa la Spagna rivoluzionaria del 1936, trascorre gli ultimi anni in Canada.\r\nNegli Stati Uniti, dove il suo impegno nelle lotte, l’intensa attività editoriale, hanno lasciato una traccia duratura, non potrà più mettere piede. \r\nAbbiamo anticipato alcuni dei temi dell’incontro con Selva Varengo, curatrice di questa edizione dell’autobiografia \r\n\r\nAppuntamenti\r\n\r\nVenerdì 12 aprile\r\nEmma Goldman\r\nanarchica e femminista\r\nDalle lotte sociali a quelle per la libertà delle donne, dall’attività editoriale all’opposizione alla guerra tra emigrazione, lavoro in fabbrica, comizi, carcere ed esilio.\r\nore 21 corso Palermo 46\r\nIncontro con Selva Varengo e Luisa Dell'Acqua curatrice e traduttrice della nuova edizione di \"Vivendo la mia vita\", l'autobiografia di Emma Goldman.\r\n\r\nSabato 20 aprile\r\nore 17 in corso Palermo 46\r\nL’anarchia in 100 canti\r\ndi e con Alessio Lega\r\npresentazione del libro e concerto\r\na seguire pastasciutta, spritz e birrette\r\n\r\nGiovedì 25 aprile ore 15\r\nalla lapide del partigiano anarchico Ilio Baroni, in corso Giulio Cesare angolo corso Novara dove Ilio cadde combattendo il 26 aprile 1945.\r\nRicordo, bicchierata, fiori, musica.\r\nE, dal vivo, Alba&carenza503 e il Cor'occhio nel canzoniere anarchico e antifascista\r\n\r\nDomenica 28 aprile\r\n\u003Cmark>Corteo\u003C/mark> No G7 a Venaria\r\nGiardini Galileo Galilei\r\nore 10,30 assemblea\r\nore 14,30 manifestazione sino alla Reggia dove i ministri dei sette paesi più industrializzati discuteranno di Ambiente ed Energia. \r\nAntimilitarist* contro il G7 energia e ambiente, contro l'ENI, la logica estrattivista, le missioni militari neocoloniali dell'Italia\r\n\r\nMercoledì 1 maggio\r\nSpezzone antimilitarista\r\nore 9 piazza Vittorio\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46\r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20\r\nContatti:\r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[249],{"field":87,"matched_tokens":250,"snippet":246,"value":247},[58],1731669117078864000,{"best_field_score":253,"best_field_weight":154,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":35,"score":254,"tokens_matched":96,"typo_prefix_score":96},"1116630941696","1731669117078863985",6637,{"collection_name":139,"first_q":21,"per_page":100,"q":21},16,["Reactive",259],{},["Set"],["ShallowReactive",262],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fydA0dG3KKaGJQ2Qxo2UJX9rywADNJQcUFlmTGTNIqTE":-1},true,"/search?query=corteo+punta+faro"]