","Libia: il nuovo bersaglio della guerra all'Isis","post",1424091369,[62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/crisi-libica/","http://radioblackout.org/tag/derna/","http://radioblackout.org/tag/egitto/","http://radioblackout.org/tag/guerra-in-libia/",[31,25,18,67],"guerra in Libia",{"post_content":69,"tags":74},{"matched_tokens":70,"snippet":72,"value":73},[71],"libica","ci ha inquadrato la situazione \u003Cmark>libica\u003C/mark>, dalla caduta di Gheddafi a","La Libia sta vivendo, nelle ultime ore, un rapido susseguirsi di eventi che la stanno portando a diventare uno dei nuovi bersagli della guerra allo Stato Islamico. Dopo l'esecuzione, da parte dei jihadisti, di 21 egiziani copti e le minacce all'Italia, le risposte non si sono fatte attendere. Di questa mattina la notizia che aerei dell'esercito egiziano hanno eseguito dei raid sulla Libia, colpendo diversi obiettivi dell'Isis e provocando 5 morti a Derna, roccaforte dello Stato Islamico nell'est del paese.\r\n\r\nL'ambasciata d'Italia a Tripoli ha sospeso le sue attività in relazione al peggioramento delle condizioni di sicurezza. In fuga dalla Libia non solo i diplomatici italiani, tecnici d'azienda, marittimi, ma anche famiglie che da sempre vivono a Tripoli, o in altre città, e che non hanno abbandonato il Paese neppure nei momenti più duri della guerra contro Gheddafi. Una cinquantina di persone si è imbarcata su un catamarano che è arrivato in nottata ad Augusta.\r\n\r\nAbbiamo parlato questa mattina col professor Manlio Dinucci, che ci ha inquadrato la situazione \u003Cmark>libica\u003C/mark>, dalla caduta di Gheddafi a oggi.\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nmanlio dinucci\r\n\r\n ",[75,79,81,83],{"matched_tokens":76,"snippet":78},[77,71],"crisi","\u003Cmark>crisi\u003C/mark> \u003Cmark>libica\u003C/mark>",{"matched_tokens":80,"snippet":25},[],{"matched_tokens":82,"snippet":18},[],{"matched_tokens":84,"snippet":67},[],[86,91],{"field":36,"indices":87,"matched_tokens":88,"snippets":90},[48],[89],[77,71],[78],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":72,"value":73},"post_content",[71],1157451471441625000,{"best_field_score":96,"best_field_weight":97,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":48,"score":98,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},"2211897868544",13,"1157451471441625194",{"document":100,"highlight":131,"highlights":136,"text_match":139,"text_match_info":140},{"cat_link":101,"category":102,"comment_count":48,"id":103,"is_sticky":48,"permalink":104,"post_author":51,"post_content":105,"post_date":106,"post_excerpt":54,"post_id":103,"post_modified":107,"post_thumbnail":108,"post_thumbnail_html":109,"post_title":110,"post_type":59,"sort_by_date":111,"tag_links":112,"tags":122},[45],[47],"50145","http://radioblackout.org/2018/10/libia-nuova-minaccia-salafita/","La conferenza del 12 e 13 novembre promossa a Palermo dal governo italiano ha un percorso sempre più in salita. 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Il ministro dell'Interno Salvini non gode delle robuste maniglie di cui godeva Minniti, che, come viceministro aveva avuto per anni la delega ai servizi segreti, che sono i reali gestori degli accordi in un paese governato da logiche tribali e controllato da potenti milizie.\r\nAll'ambasciata italiana a Tripoli manca da mesi l'ambasciatore Perrone, esibitosi in diretta TV in dichiarazioni che hanno dimostrato la sua conoscenza dell'arabo ma anche una scarsa accortezza diplomatica. Perrone aveva dichiarato che i libici non erano maturi per elezioni a dicembre. Le proteste di piazza e e bandiere tricolori bruciate avevano indotto il governo a richiamarlo.\r\n\r\nParlando al sito web «al Wasat», Al Saidi, deputato eletto nel distretto di Wadi al Shati, regione storica meridionale del Fezzan, ha chiesto che venga riaperto il consolato d’Italia a Bengasi e che venga attuato il progetto per realizzare l’arteria stradale ovest-est tra Ras Jedir, valico al confine con la Tunisia, e Musaid, vicino al confine con l’Egitto. In particolare è il primo lotto dell’arteria su cui si punta, quello dal confine egiziano a Bengasi, grazie a cui migliorerebbe il flusso delle merci ma anche la sicurezza in Cirenaica. Una commessa da un miliardo di dollari in cui sono coinvolte alcune aziende italiane come Salini Impregilo.\r\n\r\nQuestione di affari, ma anche di politica, vista la presenza di milizie salafite nella zona, peraltro alleate con il \"laico\" Haftar.\r\n\r\nAltre milizie salafite sono tra quelle che controllano Tripoli e sono attive anche a Misurata.\r\nIl gioco delle alleanze potrebbe favorirne l'ascesa. Dopo l'Isis la partita con i salafiti sarebbe quindi tutt'altro che chiusa.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesca Mannocchi, giornalista free lance, più volte inviata in Libia, autrice di articoli e corrispondenze per l'Espresso, la7, al Jazeera.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2018 10 23 libia mannocchi","23 Ottobre 2018","2018-10-26 13:32:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/10/Libya.Nafusa.Safit_.GunandTower.Aug2013-1024x683.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Libia. 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Compresi quei 52 cadaveri siriani, uccisi a 600 chilometri lontano da casa.\r\n\r\nCi sono aspetti legati a questioni interne e altri più espressamente di ingerenza in Caucaso da parte di Ankara. Si va equiparando questo conflitto con la Guerra siriana e quella libica, che vede gli eserciti o i mercenari turchi protagonisti, dove Erdoğan assume il ruolo di Mr. Wolf in Pulp Fiction. Ma sono soprattutto le armi e il loro scambio che fanno dell'Azerbaijan un centro nevralgico, visto che in questo mese ne ha fatto largo uso e, avendo anche una ricchezza molto maggiore del contendente, ha ottenuto pure il controllo di almeno una ventina di cittadine del Nagorno-Karabach. Anche il coinvolgimento dell'Iran fa parte dello smottamento che sta mutando il panorama che era di accordi strategici ad Astana, mentre ora invece le frizioni tra Tehran e Ankara si fanno sempre più pesanti e su fronti sempre contrapposti, come la rotta costantemente di collisione di Erdoğan con Putin.\r\n\r\nMurat ci ha parlato tra l'altro della vendita di armi a singhiozzo da parte del Canada, che si pente a tratti del proprio commercio di droni e la sospende... salvo poi riprenderla qualche mese dopo.\r\n\r\nPer quel che riguarda il comparto energetico infine gli aspetti interessanti sono più di politica interna ed emergono, nelle parole di Murat, quando si va a vedere da quali soggetti fisici sono controllati gli impianti e le pipeline, gli appalti e le informazioni. Ma eclatante è l'uso da parte del regime anatolico del conflitto per stornare l'attenzione dai reali problemi interni: dall'indebitamento dei cittadini, dalle banche alla soglia del crak, dal tracollo del valore della lira, dalla crisi economica e dalla perdita dei consensi di Erdoğan. E quindi, propaganda a tutto spiano sulla fratellanza dei due paesi: Azerbaijan e Turchia, un'identità ultranazionalista. E dall'altro lato gli \"ultimi\", anch'essi uniti nella fratellanza curdo-armena.\r\n\r\nL'artiglio turco sull'Azerbaijan e la conseguente repressione dei \"pacifisti\"\r\n\r\nIl pezzo musicale selezionato da Murat dedicato a Tatavla è Kurtuluş Son Durak - Aman Ağavni\r\n\r\n \r\n\r\n ","15 Ottobre 2020","2020-10-15 18:35:59","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/Cavusoglu-Zarif-Mamamdyarov-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/Cavusoglu-Zarif-Mamamdyarov-300x168.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/Cavusoglu-Zarif-Mamamdyarov-300x168.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/Cavusoglu-Zarif-Mamamdyarov-768x431.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/10/Cavusoglu-Zarif-Mamamdyarov.jpg 864w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il Caffè turco con Murat: l'artiglio turco sulla spalla azera",1602786466,[158,159,160,161,162,163,164,165],"http://radioblackout.org/tag/canada/","http://radioblackout.org/tag/caucaso/","http://radioblackout.org/tag/crisi-economica-turca/","http://radioblackout.org/tag/erdogan/","http://radioblackout.org/tag/mercenari/","http://radioblackout.org/tag/nagorno-karabach/","http://radioblackout.org/tag/turchia/","http://radioblackout.org/tag/vendita-armi/",[167,168,35,169,29,170,171,172],"canada","caucaso","Erdogan","Nagorno Karabach","Turchia","vendita armi",{"post_content":174,"tags":178},{"matched_tokens":175,"snippet":176,"value":177},[71],"la Guerra siriana e quella \u003Cmark>libica\u003C/mark>, che vede gli eserciti o","Dopo il pezzo musicale dedicato a Tatavla – che evoca la componente armena della società multietnica di Istanbul, derivante dalla composizione dell'impero ottomano – riprendiamo il discorso che Murat aveva iniziato due giorni fa su queste frequenze, perché gli sviluppi in tempo di guerra guerreggiata, per quanto per procura, sono affannosi, e i morti sono autentici e non per procura. 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Non a caso si tratta di due stati inventati dal colonialismo occidentale che ha snaturato gli equilibri locali, creando stati falliti anche nelle prospettive storiche che si sono evolute tra contraddizioni indotte e preminenza di culture – come di sette – minoritarie, fino a una frammentazione impossibile da comporre, soprattutto in un momento in cui ogni attore in commedia si trova a dover valutare orizzonti futuribili condizionati da variabili difficili da valutare, sia per risorse, sia per difficoltà finanziarie, sia per spregiudicatezza e dilettantismo... gli elementi sono molti per riuscire a orientarsi nelle molte mosse in atto. Scomposte, senza una prospettiva chiara e con le grandi potenze che tendono forse a ridurre la loro esposizione, pur continuando a tentare di spartirsi porzioni di territorio e di risorse.\r\n\r\nCi si trova in una fase in cui la tendenza è alla frammentazione e la debolezza di ogni protagonista consente contrapposizioni e alleanze tali da scomporre il quadro per ricostruirlo ogni volta ex novo. Ora in Yemen quelli che erano alleati delle forze filosaudite si sono smarcati e costituiscono un terzo polo, riconducibile agli emiratini, indebolendo la famiglia saudita nella contrapposizione con gli Houthi che sono sciiti non così ortodossi con gli iraniani, che comunque appoggiano strategicamente. Allo stesso modo la scatola di sabbia libica va assumendo sempre più la medesima parcellizzazione di potere su base tribale e di interessi geopolitici intrecciati alle spartizioni di risorse. Rimangono le divisioni e le contraddizioni tra luoghi: Aden e Tobruk, San'aa e Tripoli; montanari sciiti vs. sunniti dei grandi porti sul Mar Rosso, tribù sahariane e fratelli musulmani di Misurata, alleati di europei, a cui si contrappongono altre fazioni sunnite; cosiddette primavere arabe e interessi cinesi che si scontrano in territori disegnati non a caso a freddo dal colonialismo storico, i cui retaggi proseguono finora perché quei territori servono così, frammentati, irredentisti e senza un'anima unitaria.\r\n\r\nMassimo Campanini, islamista, storico del vicino oriente, docente, ha dischiuso per noi un percorso che consente di collocare la situazione yemenita e libica nel puzzle delle manovre locali e globali che interessano il Vicino Oriente, considerando crisi petrolifere, alleanze strategiche e condizionamenti etno-religiosi della regione, in cui le grandi potenze lanciano le loro sfide per controllare zone e risorse:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/2020_04_30_campanini-Libia-Yemen.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGuasti neocoloniali in nazioni inventate dove portare guerre per procura","1 Maggio 2020","2020-05-01 01:33:05","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/yemen_stato-spartito-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/yemen_stato-spartito-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/yemen_stato-spartito-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/05/yemen_stato-spartito.jpg 700w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Stati coloniali falliti: mosaici libico e yemenita allo specchio",1588296638,[222,119,223],"http://radioblackout.org/tag/guerre-per-procura/","http://radioblackout.org/tag/yemen/",[225,15,226],"guerre per procura","yemen",{"post_content":228},{"matched_tokens":229,"snippet":230,"value":231},[71],"modo la scatola di sabbia \u003Cmark>libica\u003C/mark> va assumendo sempre più la","Due dei pochi luoghi del pianeta in cui il covid19 rimane in secondo piano sono Yemen e Libia. 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Rimangono le divisioni e le contraddizioni tra luoghi: Aden e Tobruk, San'aa e Tripoli; montanari sciiti vs. sunniti dei grandi porti sul Mar Rosso, tribù sahariane e fratelli musulmani di Misurata, alleati di europei, a cui si contrappongono altre fazioni sunnite; cosiddette primavere arabe e interessi cinesi che si scontrano in territori disegnati non a caso a freddo dal colonialismo storico, i cui retaggi proseguono finora perché quei territori servono così, frammentati, irredentisti e senza un'anima unitaria.\r\n\r\nMassimo Campanini, islamista, storico del vicino oriente, docente, ha dischiuso per noi un percorso che consente di collocare la situazione yemenita e \u003Cmark>libica\u003C/mark> nel puzzle delle manovre locali e globali che interessano il Vicino Oriente, considerando \u003Cmark>crisi\u003C/mark> petrolifere, alleanze strategiche e condizionamenti etno-religiosi della regione, in cui le grandi potenze lanciano le loro sfide per controllare zone e risorse:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/04/2020_04_30_campanini-Libia-Yemen.mp3\"][/audio]\r\n\r\nGuasti neocoloniali in nazioni inventate dove portare guerre per procura",[233],{"field":92,"matched_tokens":234,"snippet":230,"value":231},[71],{"best_field_score":206,"best_field_weight":142,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":236,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},"1155199671761633393",{"document":238,"highlight":267,"highlights":272,"text_match":204,"text_match_info":275},{"cat_link":239,"category":240,"comment_count":48,"id":241,"is_sticky":48,"permalink":242,"post_author":243,"post_content":244,"post_date":245,"post_excerpt":54,"post_id":241,"post_modified":246,"post_thumbnail":247,"post_thumbnail_html":248,"post_title":249,"post_type":59,"sort_by_date":250,"tag_links":251,"tags":260},[45],[47],"54450","http://radioblackout.org/2019/06/da-domusnovas-a-torino-in-piazza-contro-il-militarismo/","info2","Il due giugno la Repubblica festeggia se stessa con parate e cerimonie militari. L'esaltazione delle forze armate, la retorica patriottica, l'esaltazione delle bandiera e dei confini sono il sale di una narrazione che pone al centro il nazionalismo, come perno di identità escludenti, uno dei cardini della guerra ai poveri e agli immigrati.\r\n\r\nIn varie località italiane ci sono state iniziative di lotta antimilitarista e di contrasto alla produzione e allo smercio di armi.\r\nA Domusnovas c'è la RWM, una fabbrica la cui vocazione alla produzione di esplosivi per le miniere e le cave, è andata in crisi con la chiusura dei distretti minerari del Sulcis Iglesiente. Oggi alla RWM si producono bombe, che vengono vendute a paesi in guerra come l'Arabia Saudita, che le usano per macellare la popolazione yemenita.\r\nA gennaio la RWM è stata autorizzata ad allargare il perimetro dello stabilimento.\r\nGli antimilitaristi in più occasioni hanno manifestato davanti alla fabbrica, e pur senza entrarvi, perché le produzioni e i materiali di lavorazione sono molto pericolosi, sono riusciti più volte a bloccare la produzione, perché basta un palloncino a far scattare l'allarme e bloccare tutto.\r\nIl due giugno una pioggia battente ha limitato la partecipazione alla manifestazione, ma gli antimilitaristi hanno deciso di replicare il prossimo fine settimana.\r\nIn contemporanea in Germania ci sono state azioni di lotta solidali alle sedi della RWM.\r\n\r\nA Torino il rito militare è stato celebrato in piazza Castello. C’erano anche gli antimilitaristi, che di fronte alla polizia in assetto antisommossa, che bloccava l'ingresso in piazza Castello hanno chiuso un perimetro con fili e scritte contro le frontiere, bloccando per un breve periodo via XX Settembre.\r\nLe frontiere reali, tangibili, ma spesso invisibili ai più, sono divenute concrete per un po’, tanto da innervosire il consueto stuolo di digos, che hanno provato senza successo a sequestrare lo striscione \"Morti in mare. Salvini e Toninelli assassini\".\r\nIl presidio si è allargato, facendo pressione con cori e slogan. Sonio state diffuse testimonianze sulle frontiere.\r\nPoi il presidio si è trasformato in corteo ed ha raggiunto piazza Castello, dove si era appena conclusa la cerimonia militare. Fumogeni e un tirassegno antimilitarista hanno concluso una giornata di informazione e lotta.\r\n\r\nAscolta la diretta con Guido di Cagliari e il resoconto della manifestazione di Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/2019-06-04-sard-tor-antimili-guido.mp3\"][/audio]\r\n\r\nDi seguito il volantino dell'assemblea antimilitarista di Torino:\r\n\r\n\"Contro tutte le patrie per un mondo senza frontiere\r\n\r\nL’Italia è in guerra. Truppe italiane sono in Afganistan, in Iraq, in Val Susa, nel Mediterraneo e nelle strade delle nostre periferie, dove i nemici sono i poveri, gli immigrati, i senza casa, chi si oppone ad un ordine sociale feroce.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. A pochi passi dalle nostre case si producono e si testano le armi impiegate nelle guerre di ogni dove. Le usano le truppe italiane nelle missioni di “pace” all’estero, le vendono le industrie italiane ai paesi in guerra. Queste armi hanno ucciso milioni di persone, distrutto città e villaggi, avvelenato irrimediabilmente interi territori.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. In tutto il paese ci sono aeroporti militari, poligoni, centri di controllo satellitare, postazioni di lancio dei droni. Le prove generali dei conflitti di questi anni sono fatte nelle basi che occupano ovunque il territorio.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. Le frontiere chiuse dell’Europa uccidono uomini, donne e bambini che fuggono guerre, miseria, persecuzioni e dittature. \r\nSi muore in mare, nel deserto, nelle gallerie ferroviarie, sui valichi alpini.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. Chi promuove guerre in nome dell'umanità paga i macellai di Tripoli e di Ankara perché i profughi vengano respinti e deportati.\r\nI porti italiani sono stati chiusi alle navi delle ONG che salvavano i naufraghi, alla guardia costiera italiana è stato vietato intervenire nelle emergenze in mare. La guardia costiera libica, la cui collusione con i trafficanti è ben nota, ricaccia all’inferno delle prigioni per migranti la gente in viaggio. Nei lager libici stupri, torture, fame, ricatti e omicidi sono orrori quotidiani. I lager sono in Libia, i responsabili sono al governo in Italia e in Europa.\r\nIl ministro dell’Interno sta preparando un nuovo pacchetto “sicurezza”. Chi presta soccorso ai naufraghi, rischia multe salatissime e il ritiro della patente. La gente di mare dovrà scegliere se diventare complice degli assassini di Stato o perdere la barca e il lavoro.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. Ogni giorno centinaia di persone viaggiano per seguire i fili della propria vita. Tanti provano a passare il confine con la Francia.\r\nMa non tutti arrivano. Polizia e militari sono essi stessi una frontiera per chi non ha documenti, né mai li avrà. Il pacchetto sicurezza cancellando la protezione umanitaria ha reso clandestine migliaia di persone. \r\nIl confine è una linea sottile sulle mappe. Tra boschi e valichi, tra le acque del Mare di Mezzo, non ci sono frontiere: solo uomini in armi che le rendono vere.\r\nLe frontiere tra i sommersi e i salvati sono ovunque, ben oltre i confini di Stato e le dogane.\r\nLe frontiere sono quasi invisibili per chi ha la fortuna di possedere un documento, di essere bianco, di avere la cittadinanza.\r\nPer i senza carte ogni strada è una frontiera: ogni giorno rischiano di incappare in una pattuglia, di essere rinchiusi nei CPR o deportati a migliaia di chilometri di distanza.\r\nUn terribile gioco dell’oca: se i dadi ti dicono male ritorni da dove sei partito anni prima, bruciando la tua vita per un viaggio che potrebbe durare poche ore, costare molto meno.\r\nLa retorica sulla sicurezza alimenta l'identificazione del nemico con il povero, mira a spezzare la solidarietà tra gli oppressi, perché non si alleino contro chi li opprime.\r\n\r\nL’Italia è in guerra. Ma in ogni dove, lungo le frontiere serrate d’ Europa, c’è chi ha deciso di non stare a guardare la gente che muore, si perde, dorme in strada, viene cacciata da gendarmi e carabinieri. \r\n\r\nUn giorno qualcuno potrebbe chiederci dove eravamo mentre i bambini annegavano. Dove eravamo quando il governo chiudeva i porti? Dove eravamo quando il ministro dell’Interno cancellava i permessi umanitari a donne incinte, ragazzi soli, persone torturate? Dove eravamo quando la furia razzista colpiva per le strade? \r\nNoi vorremmo poter rispondere che eravamo lungo le frontiere che separano, selezionano, uccidono. Mettersi in mezzo è possibile. Dipende da ciascuno di noi.\r\nSe non ora, quando? Se non io, chi per me?\r\n\r\nLa rivolta morale non basta a fermare la guerra, se non sa farsi resistenza concreta.\r\nPer fermare la guerra non basta un no. Occorre incepparne i meccanismi, partendo dalle nostre città, dal territorio in cui viviamo, dove ci sono caserme, basi militari, aeroporti, fabbriche d’armi, uomini armati che pattugliano le strade.\r\n\r\nContro tutti gli eserciti, contro tutte le guerre!. \r\nLe frontiere uccidono. Abbattiamole!\"","4 Giugno 2019","2019-06-05 12:39:23","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799-768x576.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799-1024x768.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2019/06/FB_IMG_1559664005991-e1559664644799.jpg 1080w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Da Domusnovas a Torino: in piazza contro il militarismo",1559673062,[252,253,254,255,256,257,258,259],"http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/bombe/","http://radioblackout.org/tag/domusnovas/","http://radioblackout.org/tag/fabbriche-di-armi/","http://radioblackout.org/tag/manifestazione/","http://radioblackout.org/tag/parata-militare/","http://radioblackout.org/tag/rwm/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[261,262,263,264,265,33,21,266],"antimilitarismo","bombe","domusnovas","fabbriche di armi","manifestazione","torino",{"post_content":268},{"matched_tokens":269,"snippet":270,"value":271},[77],"le cave, è andata in \u003Cmark>crisi\u003C/mark> con la chiusura dei distretti","Il due giugno la Repubblica festeggia se stessa con parate e cerimonie militari. 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Si tratta di una tra le zone più povere del mondo dove ancora oggi l'accesso ai minimi mezzi per sopravvivere è negata, dove mancano scuole e ospedali.\r\n\r\nDa tempi lontani ci sono tensioni interetniche e intraetniche legate all'accesso alle risorse del territorio che oggi sempre più marcatamente sono esacerbate dagli interessi economici che ci sono nell'area e che vedono la partecipazione attiva anche delle potenze occidentale, Francia in testa.\r\n\r\nL'escalation di violenza è data anche dall'enorme flusso di armi da guerra che filtrano nella zona che si trova proprio tra la guerra civile libica e quella del Mali, e il discorso islamista che moralizza un conflitto che ha invece interessi ben più materiali.\r\n\r\nLa Francia, ex potenza colonizzatrice, si avvale di tribù locali, per lo più tuareg, per portare avanti la lotta al \"terrorismo\". Inoltre ha interessi importanti nella zona del nord del Niger dalla quale importa l'uranio necessario alle proprie centrali nucleari e su cui quindi tenta di avere uno controllo serrato. Colpito dalla crisi del prezzo dell'uranio dopo l'incidente di Fukushima l'economia del Niger si è ristrutturata intorno ai traffici illeciti, uno su tutti quello di droga che frutta più di ogni altro e su cui l'Europa non ha interessi ad intervenire nonostante i proventi di gran parte del traffico vadano a foraggiare proprio i gruppi di guerriglia islamica.\r\n\r\nUno scenario complesso in cui è difficile districarsi eludendo le trappole della retorica del giornalismo mainstrem.\r\n\r\nAbbiamo contattato Luca Raineri, ricercatore a Pisa, esperto dell'area e collaboratore di molte testate, per provare a farci dare delle coordinate valide a cui appoggiarci per comprendere la situazione nell'area.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\nSahel","6 Maggio 2018","2018-05-09 12:19:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/xmali.jpg.pagespeed.ic_.9fmzLAATef-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/xmali.jpg.pagespeed.ic_.9fmzLAATef-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/xmali.jpg.pagespeed.ic_.9fmzLAATef-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/05/xmali.jpg.pagespeed.ic_.9fmzLAATef.jpg 728w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Tra il deserto e il Sahel",1525615769,[290,291,292],"http://radioblackout.org/tag/francia/","http://radioblackout.org/tag/sahel/","http://radioblackout.org/tag/tuareg/",[294,295,27],"francia","sahel",{"post_content":297},{"matched_tokens":298,"snippet":299,"value":300},[71],"proprio tra la guerra civile \u003Cmark>libica\u003C/mark> e quella del Mali, e","Diamo uno sguardo al Sahel, a quell'area che si trova tra il Burkina, il Niger e il Mali dove si stanno accentuando le violenze tra gruppi etnici e religiosi con ricadute pesanti sulla popolazione civile. 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Colpito dalla \u003Cmark>crisi\u003C/mark> del prezzo dell'uranio dopo l'incidente di Fukushima l'economia del Niger si è ristrutturata intorno ai traffici illeciti, uno su tutti quello di droga che frutta più di ogni altro e su cui l'Europa non ha interessi ad intervenire nonostante i proventi di gran parte del traffico vadano a foraggiare proprio i gruppi di guerriglia islamica.\r\n\r\nUno scenario complesso in cui è difficile districarsi eludendo le trappole della retorica del giornalismo mainstrem.\r\n\r\nAbbiamo contattato Luca Raineri, ricercatore a Pisa, esperto dell'area e collaboratore di molte testate, per provare a farci dare delle coordinate valide a cui appoggiarci per comprendere la situazione nell'area.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\nSahel",[302],{"field":92,"matched_tokens":303,"snippet":299,"value":300},[71],{"best_field_score":206,"best_field_weight":142,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":236,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},6646,{"collection_name":59,"first_q":31,"per_page":307,"q":31},6,9,{"facet_counts":310,"found":14,"hits":333,"out_of":407,"page":20,"request_params":408,"search_cutoff":37,"search_time_ms":409},[311,319],{"counts":312,"field_name":317,"sampled":37,"stats":318},[313,315],{"count":17,"highlighted":314,"value":314},"anarres",{"count":20,"highlighted":316,"value":316},"I Bastioni di Orione","podcastfilter",{"total_values":17},{"counts":320,"field_name":36,"sampled":37,"stats":332},[321,322,324,326,328,330],{"count":20,"highlighted":15,"value":15},{"count":20,"highlighted":323,"value":323},"italia",{"count":20,"highlighted":325,"value":325},"petrolio",{"count":20,"highlighted":327,"value":327},"al quaeda",{"count":20,"highlighted":329,"value":329},"Stati Uniti",{"count":20,"highlighted":331,"value":331},"Bastioni di Orione",{"total_values":307},[334,361,383],{"document":335,"highlight":352,"highlights":357,"text_match":139,"text_match_info":360},{"comment_count":48,"id":336,"is_sticky":48,"permalink":337,"podcastfilter":338,"post_author":314,"post_content":339,"post_date":340,"post_excerpt":54,"post_id":336,"post_modified":341,"post_thumbnail":342,"post_title":343,"post_type":344,"sort_by_date":345,"tag_links":346,"tags":351},"24629","http://radioblackout.org/podcast/libia-il-grande-gioco-tra-sangue-e-petrolio/",[314],"La Libia è attraversata da una guerra per bande che sta frantumando il paese, rendendo sempre più difficile la vita sia ai libici sia ai numerosi profughi subsahariani che ci vivono. Mercoledì 6 agosto c'é stato un blackout totale. A Tripoli internet, la rete dei cellulari e l'acqua funzionano a singhiozzo.\r\nAnche l'assistenza sanitaria è a rischio, perché il governo filippino ha chiesto ai 13mila lavoratori immigrati nel paese di lasciare la Libia. Ben tremila filippini lavoravano in Libia come infermieri e medici.\r\nIl parlamento, eletto il 25 giugno, in una consultazione in cui gli islamisti al potere dopo la guerra civile scatanatasi dopo l'intervento di Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti ed Italia nel paese, sono ora in minoranza, si è riunito per la prima volta a Tobruk, 1500 chilometro da Tripoli. Tobruk è nell'estremo est del paese, molto vicino alla frontiera egiziana.\r\nLunedì 4 agosto 160 parlamentari su 188 hano eletto presidente del parlamento il giurista Aguila Salah Iss. Alla votazione non hanno preso parte i deputati vicini ai Fratelli Musulmani che hanno boicottato la votazione, perché sia il Gran Mufti al-Ghariani e il presidente uscente Abu Sahmain, sostenuto dagli islamisti, hanno detto che ritengono incostituzionale la nuova Assemblea.\r\nUn'assemblea parlamentare quasi in esilio, perché sia la capitale Tripoli, che il maggiore centro della Cirenaica, Bengasi sono teatro di feroci combattimenti.\r\n\r\nGli Stati Uniti e quasi tutti i Paesi europei hanno rimpatriato i propri connazionali ed evacuato le proprie rappresentanze, con l'eccezione dell'ambasciata italiana che rimane aperta. Gli interessi italiani nell'ex colonia sono ancora fortissimi e il governo Renzi non può certo permettersi di abbandonare il campo. Già nel 2011, dopo mesi alla finestra il governo italiano decise di intervenire in Libia, rompendo l'alleanza con il governo di Muammar Gheddafi, per contrastare il piano franco inglese di sostituire l'Italia sia nerll'interscambio commerciale sia nel ruolo di referente privilegiato in Europa.\r\nL'Italia riuscì in quell'occasione a mantenere i contratti dell'ENI, ma, nonostante le assicurazioni delle nuove autorità libiche, non è mai riuscita ad ottenere l'outsourcing della repressione dell'immigrazione già garantito da Gheddafi. In questi giorni il governo moltiplica gli allarmi sull'emergenza immigrati, ma, nei fatti la crisi libica rende difficile richiudere la frontiera sud.\r\n\r\nPer profughi e migranti la situazione nel paese è terribile. L'Alto commissariato Onu per i rifiugati, che ha lasciato Tripoli a causa degli scontri, segnala che circa 30mila persone hanno passato il confine con la Tunisia la scorsa settimana, mentre ogni giorno 3.000 uomini attraversano la frontiera con l'Egitto; sono soprattutto egiziani che lavoravano in Libia, ma anche libici che possono permettersi la fuga. Tuttavia, la condizione peggiore è quella dei rifugiati provenienti dall'Africa subsahariana. \"Sono quasi 37mila - spiega l'agenzia Onu - le persone che abbiamo registrato; nella sola Tripoli, più di 150 persone provenienti da Eritrea e Somalia hanno chiamato il nostro numero verde per richiedere medicinali o un luogo più sicuro dove stare. Stiamo anche ricevendo chiamate da molti siriani e palestinesi che si trovano a Bengasi e che hanno un disperato bisogno di assistenza\".\r\n\r\nGli africani neri rischiano la pelle. Uomini delle milizie entrano nelle case che danno rifugio ai profughi, che vengono derubati di ogni cosa e spesso uccisi. Molti maschi vengono rapiti e ridotti in schiavitù: vengono obbligati a fare i facchini durante gli spostamenti, le donne vengono invece sistematicamente stuprate. Nelle carceri, dove i migranti subsahariani sono detenuti finché pagano un riscatto, la situazione è peggiorata: oltre ai \"consueti\" abusi ai prigionieri è negato anche il cibo.\r\n\r\nLe divisioni storiche tra Tripolitania, Cirenaica, e Fezzan sono divenute esplosive. Al di là della partita politica c'é la lotta senza quartiere per il controllo delle risorse, in primis il petrolio.\r\nDopo la caduta di Moammar Gheddafi tre estati fa, i vari governi che si sono succeduti non sono riusciti a imporsi sui circa 140 gruppi tribali che compongono la Libia. Il 16 maggio Khalifa Haftar, ex generale dell'esercito, a capo della brigata Al Saiqa ha attaccato il parlamento e lanciato l'offensiva contro le forze islamiste, particolarmente forti nella Cirenaica, la regione di Bengasi. Oggi a Bengasi le milizie islamiste hanno preso il controllo della città mentre il generale Haftar controllerebbe solo l'aeroporto. I gruppi jihadisti, riuniti nel Consiglio della Shura dei rivoluzionari di Bengasi, hanno proclamato un emirato islamico. Tra di loro, ci sono anche i salafiti di Ansar al Sharia.\r\nHaftar, che alcuni ritengono agente della CIA, è sostenuto da Egitto e Algeria e, forse, dagli stessi Stati Uniti non ha le forze per prendere il controllo della regione. La coalizione contro di lui comprende sia gli islamisti sia laici che non lo considerano un golpista.\r\nLa politica statunitense nella regione è all'insegna delle ambigue alleanze che caratterizzano da un paio di decenni le scelte delle varie amministrazioni. In Libia Obama sostiene Haftar, mentre in Siria appoggia le milizie quaediste anti Assad, le stesse che in Iraq hanno invaso il nord, controllando Mosul e la cristiana piana di Ninive. D'altro canto il sostegno verso il governo dello shiita Nouri al Maliki è solo verbale: nessuna iniziativa militare è stata sinora intrapresa contro il Califfato di Al Baghdadi. Al Quaeda, un brand buono per tante occasioni, è come un cane feroce, che azzanna i tuoi avversari, ma sfugge completamente anche al controllo di chi lo nutre e l'ha nutrito per decenni. L'Afganistan ne è la dimostrazione.\r\nNello scacchiere geopolitico in Libia, chi pare aver perso la partita sono state le formazioni vicine ai Fratelli Musulmani sostenute dal Qatar, a sua volta apoggiato dalla Francia.\r\n\r\nA Tripoli la situazione è fuori controllo: lo scontro è tra la milizia di Zintan, una città del nordovest, e un gruppo armato nato dall'alleanza delle milizie di Misurata e di alcuni gruppi islamisti. Dal 13 luglio, gli scontri, con oltre 100 morti, si concentrano attorno all'aeroporto, controllato dai primi e bombardato dai secondi. La scorsa settimana, per vari giorni la capitale è stata coperta dal fumo di un deposito di carburante, colpito da alcuni razzi da qui arriva parte del petrolio importato in Italia con il gasdotto Greenstream, che copre il 10-11% dei consumi nazionali.\r\n\r\nSe le formazioni quaediste dovessero prendere il controllo dei pozzi petroliferi le conseguenze sarebbero gravi soprattutto per la Tunisia e per i paesi africani.\r\n\r\nQuesta situazione mette in luce la decadenza degli Stati Uniti, che fanno di un'alchimia da stregoni una strategia. Un gioco complesso che sempre meno produce i risultati desiderati.\r\nOltre la scacchiera dei grandi giochi restano le migliaia e migliaia di uomini, donne, bambini massacrati.\r\n\r\nAnarres ne ha parlato con Karim Metref, un torinese di origine Kabila, insegnante, blogger, attento osservatore di quanto accade in nord Africa.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2014 08 01 karim metref libia","7 Agosto 2014","2018-10-17 22:59:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/08/libia-200x110.jpg","Libia. 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Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/2024-01-12-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLa strage nel Mediterraneo continua\r\nLe cifre emerse dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni disegnano un quadro di crescente violenza che investe i migranti in viaggio nel Mediterraneo. Il numero dei morti e dei dispersi è aumentato del 60% nel 2023.\r\nNel 2023 sono morte 974 persone, 1372 quelle disperse: nel 2022 le vittime erano state 529, 848 i dispersi, 662 e 891 nel 2021. L’OIM sottolinea inoltre che sono stati 17.025 i migranti intercettati nel 2023 dalla Guardia costiera libica e riportati nei lager del Paese nordafricano.\r\nSiamo di fronte ad una strage continua, pianificata con cura, dai governi europei, in primis quello italiano.\r\nUna strage frutto delle leggi che rendono illegale emigrare, una strage che cresce quando i migranti non vengono volutamente soccorsi come a Cutro, quando le navi delle ONG sono ostacolate in ogni modo dai divieti folli imposti dal governo.\r\nMa il mare non è l’unica frontiera. Si muore in montagna, nel deserto, nei cantieri dove la vita di un clandestino non vale nulla.\r\nCe ne ha parlato Raffaele\r\n\r\nStato di polizia. 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Frontiere che uccidono. Stato di polizia. La strage di Torino. Una memoria che ci parla di noi. La guerra nel Mediterraneo orientale...",1705617669,[],[],{"post_content":375},{"matched_tokens":376,"snippet":377,"value":378},[71],"nel 2023 dalla Guardia costiera \u003Cmark>libica\u003C/mark> e riportati nei lager del","ll podcast del nostro nostro viaggio del venerdì su Anarres, il pianeta delle utopie concrete.\r\nDalle 11 alle 13 sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Anche in streaming. \r\n\r\nAscolta e diffondi l’audio della puntata:\r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/01/2024-01-12-anarres.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nDirette, approfondimenti, idee, proposte, appuntamenti:\r\n\r\nLa strage nel Mediterraneo continua\r\nLe cifre emerse dall’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni disegnano un quadro di crescente violenza che investe i migranti in viaggio nel Mediterraneo. Il numero dei morti e dei dispersi è aumentato del 60% nel 2023.\r\nNel 2023 sono morte 974 persone, 1372 quelle disperse: nel 2022 le vittime erano state 529, 848 i dispersi, 662 e 891 nel 2021. L’OIM sottolinea inoltre che sono stati 17.025 i migranti intercettati nel 2023 dalla Guardia costiera \u003Cmark>libica\u003C/mark> e riportati nei lager del Paese nordafricano.\r\nSiamo di fronte ad una strage continua, pianificata con cura, dai governi europei, in primis quello italiano.\r\nUna strage frutto delle leggi che rendono illegale emigrare, una strage che cresce quando i migranti non vengono volutamente soccorsi come a Cutro, quando le navi delle ONG sono ostacolate in ogni modo dai divieti folli imposti dal governo.\r\nMa il mare non è l’unica frontiera. Si muore in montagna, nel deserto, nei cantieri dove la vita di un clandestino non vale nulla.\r\nCe ne ha parlato Raffaele\r\n\r\nStato di polizia. Le leggi speciali dei fascisti del terzo millennio\r\nLe misure contro la socialità non mercificata, quelle contro profughi e migranti, l’affondo verso i giovani, il duro colpo ai movimenti di lotta sono le architravi del progetto repressivo del governo.\r\nI decreti rave, Cutro, Caivano e il pacchetto sicurezza rendono sempre più forti i poteri di polizia, riducendo le pur esili tutele alla libertà di espressione, movimento, opposizione sociale.\r\nIl forte aumento delle pene, la meticolosa scelta dei soggetti da colpire e di quelli da tutelare ne sono il segno distintivo.\r\nPiù galera per molti, ma non per tutti, perché la trama dei vari provvedimenti di Meloni è esplicitamente di classe. Non solo. Molte misure, pur essendo capaci di reggere al vaglio della legittimità formale, sono ritagliate su misura su soggetti specifici.\r\nIl governo mette in campo dispositivi che emulano le dinamiche del diritto penale del nemico, pur in un quadro di apparente universalismo. Il che, ancora una volta, interroga i sostenitori della democrazia sul fatto che l’idea stessa di una legge giusta sia un ossimoro in un contesto di ingiustizia sociale e di crescente violenza verso le classi pericolose e i movimenti di opposizione sociale.\r\nSmontare la trama sottesa ai provvedimenti governativi è un tassello importante di un percorso di lotta che sappiamo non facile, ma necessario, perché chi governa intende colpire ogni tentativo di rendere concreta la possibilità di una radicale trasformazione sociale.\r\nNe abbiamo parlato con l’avvocato Eugenio Losco\r\n\r\nConflitto nel Mediterraneo orientale\r\nLa nuova guerra partita il 7 ottobre scorso con l’attacco di Hamas a villaggi e kibbutz nel sud di Israele, continua con un crescente bilancio di morti, feriti, sfollati nella striscia di Gaza.\r\nDopo tre mesi non si intravvedono spiragli di uscita da una \u003Cmark>crisi\u003C/mark> che ha già provocato un’immane tragedia umanitaria a Gaza. \r\nLe recenti uccisioni con attacchi mirati di capi di Hamas ed Hezbollah nel sud del Libano potrebbero condurre ad un’escalation anche in quell’area, dove, è già in corso un conflitto a bassa intensità.\r\nNel frattempo si è scaldato il clima in Yemen con l’attacco angloamericano a città e porti del paese controllato dagli Houti, sciiti e filoiraniani.\r\nNe abbiamo parlato con Stefano Capello\r\n\r\nIniziative:\r\n\r\nVenerdì 19 gennaio\r\nStato di polizia\r\nLe leggi speciali dei fascisti del terzo millennio\r\nore 21 alla FAT, in corso Palermo 46\r\nIntrodurrà la serata l’avvocato Gianluca Vitale\r\n\r\nVenerdì 2 febbraio\r\nPer l' anarchia. La forza e l'attualità del pensiero di Malatesta.\r\nore 21 alla FAT in corso Palermo 46\r\nIntrodurrà l’incontro Davide Turcato, curatore delle opere complete di Errico Malatesta\r\n\r\nVenerdì 16 febbraio\r\nore 21 alla FAT, in corso Palermo 46\r\nSpaccare l’atomo in quattro. Contro la favola del nucleare\r\nIl nucleare, travestito di energia green, è entrato nell’agenda della Cop 28, svoltasi in Qatar, una delle petromonarchie della penisola arabica, come energia pulita che non compromette il clima.\r\nI maghi dell’atomo tentano ancora una volta di rilegittimare questa tecnologia pericolosa, verniciandola di verde e raccontandoci la storiella del nucleare di quarta generazione “nuovo” e “sicuro”.\r\nNon bastano i disastri e Cernobyl e Fukushima a far desistere la lobby atomica.\r\nIntrodurrà l’incontro Angelo Tartaglia, professore emerito del Politecnico di Torino\r\n\r\nOgni martedì fai un salto da\r\n(A)distro – libri, giornali, documenti e… tanto altro\r\nSeriRiot – serigrafia autoprodotta benefit lotte\r\nVieni a spulciare tra i libri e le riviste, le magliette e i volantini!\r\nSostieni l’autoproduzione e l’informazione libera dallo stato e dal mercato!\r\nInformati su lotte e appuntamenti!\r\ndalle 18 alle 20 in corso Palermo 46\r\n\r\nContatti:\r\n\r\nFederazione Anarchica Torinese\r\ncorso Palermo 46 \r\nRiunioni – aperte agli interessati - ogni martedì dalle 20 \r\nContatti: \r\nfai_torino@autistici.org\r\n@senzafrontiere.to/\r\nhttps://t.me/SenzaFrontiere\r\n\r\nIscriviti alla nostra newsletter, mandando un messaggio alla pagina FB oppure una mail\r\n\r\nscrivi a: anarres@inventati.org\r\n\r\nwww.anarresinfo.org",[380],{"field":92,"matched_tokens":381,"snippet":377,"value":378},[71],{"best_field_score":206,"best_field_weight":142,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":48,"score":236,"tokens_matched":17,"typo_prefix_score":48},{"document":384,"highlight":398,"highlights":403,"text_match":204,"text_match_info":406},{"comment_count":48,"id":385,"is_sticky":48,"permalink":386,"podcastfilter":387,"post_author":388,"post_content":389,"post_date":390,"post_excerpt":54,"post_id":385,"post_modified":391,"post_thumbnail":392,"post_title":393,"post_type":344,"sort_by_date":394,"tag_links":395,"tags":397},"73434","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-10-02-2022/",[316],"radiokalakuta"," \r\n\r\nBastioni di Orione in questa puntata approfondisce i risvolti della rivolta dei camionisti canadesi e lo facciamo con una voce nota della radio quella di Heather che dal Canada ci racconta della natura di questa protesta egemonizzata da elementi dell'ultradestra ,con consistenti finanziamenti e sostegni anche da influenti politici statunitensi,le difficoltà di Trudeau a gestire la situazione ,la reazione delle persone che subiscono i disagi della rumorosa protesta ,il diffuso sentimento di rifiuto delle restrizioni imposte dal governo che non trova un veicolo di espressione diverso da quello del \"freedom Convoy\",la complicità della polizia con la protesta dei camionisti .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/canada.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nAfffrontiamo con Arianna Poletti ricercatrice che vive a Tunisi le recenti evoluzioni della crisi istituzionale in Tunisia dopo lo scioglimento del Consiglio nazionale della magistratura da parte del presidente Kais Saied ,continua lo smantellamento dei contrappesi al potere presidenziale dopo la dissoluzione per decreto del parlamento il 25 luglio scorso ,ci si interroga sulla natura del progetto populista di Saied ,con riferimento anche all'esperienza libica , con la nostra interlocutrice inoltre approfondiamo lo stato della sinistra tunisina ,la effervescenza della società civile ,la recessione economica e l'inflazione che colpisce la popolazione tunisina .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/TUNISIA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nInfine parliamo con Diego Battistessa esperto di Latinoamerica delle conseguenze dei devastanti disastri ambientali che si sono succeduti in Ecuador e Perù , la situazione di devastazione di un area protetta all'interno della selva amazzonica ecuadoriana ad 80 km dalla capitale a causa della rottura di un oleodotto della OCP Ecuador ,che aveva negato la gravità del danno ma smentita dai video pubblicati dalle organizzazioni indigene ,le conseguenze sull'approvvigionamento idrico di almeno 60000 abitanti indigeni della zona poichè lo sversamento ha raggiunto importanti corsi d'acqua ,e poi l'ancor piu' grave perdita in mare di migliaia di fusti di petrolio a largo delle coste peruviane ,con gravi responsabiltà della multinazionale spagnola Repsol che in un primo momento ha cercato di minimizzare l'entità del danno ,le conseguenze politiche del disastro con la richiesta da parte del governo peruviano di sanzioni esemplari e le proteste della popolazione della zona che vive prevalentemente di pesca, rimasta senza mezzi di sostentamento .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/ECUADOR-PERU.mp3\"][/audio]","12 Febbraio 2022","2022-02-12 12:39:49","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/02/blade-1-200x110.jpg","Bastioni di Orione 10/02/2022",1644669589,[396],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/",[331],{"post_content":399},{"matched_tokens":400,"snippet":401,"value":402},[77],"Tunisi le recenti evoluzioni della \u003Cmark>crisi\u003C/mark> istituzionale in Tunisia dopo lo"," \r\n\r\nBastioni di Orione in questa puntata 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