","Lo scoppio della bolla cinese","post",1440599043,[60,61,62,63,64],"http://radioblackout.org/tag/bolla-cinese/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/crollo-delle-borse/","http://radioblackout.org/tag/finanza/","http://radioblackout.org/tag/shangai/",[23,66,29,17,15],"cina",{"post_content":68,"tags":75},{"matched_tokens":69,"snippet":73,"value":74},[70,71,72],"crollo","delle","borse","Il \u003Cmark>crollo\u003C/mark> \u003Cmark>delle\u003C/mark> \u003Cmark>borse\u003C/mark>, partito dalla Cina e propagatosi","Il \u003Cmark>crollo\u003C/mark> \u003Cmark>delle\u003C/mark> \u003Cmark>borse\u003C/mark>, partito dalla Cina e propagatosi al resto del mondo, segnala l’arrivo di una nuova crisi che ci colpirà mentre ancora stiamo subendo gli effetti della crisi precedente.\r\n\r\nLa Cina sta vivendo una crisi di crescita. 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In più la Silicon Valley Bank aveva tra i propri clienti molti degli operatori che lavorano con i bitcoin, un’altra bolla destinata a sgonfiarsi presto.\r\nPrima della SVB erano già crollate altre due banche minori, per cui gli effetti sistemici erano stati limitati, ma è possibile che la situazione possa peggiorare, se la Federal Banck non blocca il rialzo dei tassi di interesse.\r\nDi fatto negli States debito pubblico e debito globale sono aumentati fortemente: sono legittimi forti timori sulla caduta del sistema.\r\nDifficile comunque fare ora pronostici precisi.\r\nNonostante Biden abbia annunciato un intervento governativo, forte è il timore che si verifichi una crisi simile a quella innescata dal fallimento della Lehman Brothers nel 2008.\r\nNel nostro paese il lunedì è stato più nero che nel resto dell’Europa, perché Milano è una borsa che tratta oer il 40% titoli finanziari e, quindi, è maggiormente esposta di altri mercati azionari europei.\r\nIn Europa come negli States abbiamo assistito in questi anni ad una sorta di keynesismo finaziario: le banche sono state salvate con soldi pubblici, soldi ricavati dalla fiscalità generale e pagati in primis dalle classi meno abbienti.\r\nNel 2008 la crisi partì dal mondo virtuale della finanza ma investì pesantemente le vite di miliardi di persone.\r\n\r\nCe ne ha parlato Renato Strumia\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/2023-03-14-strumia-crollo-borse.mp3\"][/audio]","14 Marzo 2023","2023-03-14 14:20:17","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/svb-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/03/svb.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","Il crollo delle Borse?",1678803617,[116,117,118,119,120,121],"http://radioblackout.org/tag/bit-coin/","http://radioblackout.org/tag/crisi-finaziaria/","http://radioblackout.org/tag/keynesimo-finanziario/","http://radioblackout.org/tag/lunedi-nero/","http://radioblackout.org/tag/silicon-valley-bank/","http://radioblackout.org/tag/tasso-interessi/",[19,27,33,21,31,25],{"post_content":124,"post_title":128},{"matched_tokens":125,"snippet":126,"value":127},[72],"un lunedì nero per le \u003Cmark>borse\u003C/mark> europee: 291 miliardi sono stati","Il 13 marzo è stato un lunedì nero per le \u003Cmark>borse\u003C/mark> europee: 291 miliardi sono stati bruciati in poche ore dopo il crack della Silicon Valley Bank.\r\nNon si è trattato di un evento imprevisto o imprevedibile, perché, sebbene taciuti, già a fine 2022 c’erano chiari segnali di un difficoltà: i titoli detenuti dalla banca erano in caduta per il forte rialzo dei tassi di interesse. 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Verso una nuova crisi?",1455033861,[],[],{"post_title":159},{"matched_tokens":160,"snippet":162,"value":162},[161,71,130],"Crollo","\u003Cmark>Crollo\u003C/mark> \u003Cmark>delle\u003C/mark> \u003Cmark>Borse\u003C/mark>. 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Questo sarebbe il prodotto tecnologicamente avanzato che Valentina Noya, direttrice del festival \"LiberAzione\", starebbe pensando, o forse sarebbe meglio dire tramando, per i detenuti del carcere delle Vallette. Alleviare la detenzione o piuttosto confermarla e rilanciarla con un potente surrogato della realtà? Combattere contro gli stati di privazione sensoriali e affettivi, come l'esiguo numero di colloqui nei regimi di detenzione speciale di A.S. e 41 bis, oppure avvalorarli con l'ennesima protesi tecnologica della piovra carcere? Insomma un progetto che forse a molti ricorderà l'introduzione del processo in videoconferenza, che doveva garantire la partecipazione in tribunale anche ai detenuti più pericolosi, ma questa volta molto più scavato nell'intimo della persona. Il tutto con la partecipazione del Museo del Cinema, i soldi della Regione Piemonte e la partnership dell'associazione Antigone.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con la produttrice\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/09/Valentina-Noia-a-360.mp3\"][/audio]\r\n\r\nMentre sulla passerella mediatica e politica le varie fazioni si puntano il dito a vicenda circa le responsabilità del crollo del Ponte Morandi a Genova e lo scarso impegno nell'affrontare la crisi d'emergenza, centinaia di famiglie restano ancora in bilico senza sapere esattamente dove e come potranno avere una nuova casa. I loro averi sono intrappolati dentro a quegli appartamenti che verranno abbattuti coi resti del viadotto e non sanno quando e quanto tempo avranno per recuperarli, mentre sul luogo si dispiega il classico cordone sanitario fatto di sbirri, militari e Protezione Civile. Senza contare le ricadute economiche che stanno già minacciando la vita di numerosi abitanti e lavoratori.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con un compagno\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/09/Cristian-crollo-ponte-morandi-1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/09/Cristian-crollo-ponte-morandi-2.mp3\"][/audio]","10 Settembre 2018","2018-11-02 19:34:32","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/09/arancia-200x110.jpg","Macerie su Macerie - 5 settembre 2018. La banalità del male / Genova: macerie sotto il ponte","podcast",1536582967,[],[],{"post_content":225},{"matched_tokens":226,"snippet":228,"value":229},[227,71],"forse","festival \"LiberAzione\", starebbe pensando, o \u003Cmark>forse\u003C/mark> sarebbe meglio dire tramando, per i detenuti del carcere \u003Cmark>delle\u003C/mark> Vallette. 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Se le volte precedenti i teatri di guerra in cui stava operando ci avevano permesso di descrivere il quadro attorno a Zaporižžja, stavolta si trovava in Iran mentre si andavano svolgendo le operazioni belliche della guerra battezzata da Trump dei 12 giorni, impegnato proprio con quelle centrali oggetto del contendere nel pretesto sionista per l'aggressione di Netanyahu e nella dimostrazione di muscoli machisti di Trump. Ci ha potuto quindi restituire un quadro di prima mano sia della comunità civile iraniana, sia delle figure di scienziati che a dispetto di ogni convenzione diplomatica e facendo strame del diritto internazionale sono stati decimati; ma contemporaneamente ha potuto con precisione descrivere e dirimere la questione più strettamente tecnologica. Così facendo ci ha confermato nell'idea che avevamo già avanzato la scorsa settimana con Laura Silvia Battaglia, ipotizzando che si tratti semplicemente di un sanguinario teatrino dell'orrore messo in piedi dai vertici del potere internazionale per far accettare la trasformazione del Sudovest asiatico secondo i piani di Tel Aviv.\r\nSiamo anche tornati a Panama, questa volta con David Lifodi, redattore de \"La Bottega del Barbieri\". Abbiamo di nuovo rivolto la prua verso il Canale, perché ci sembrava che la quantità di motivi di scontro e la serie di interessi planetari che passano da quella via di comunicazione che va prosciugandosi sia tale che vede tutte le grandi potenze impegnate: la Cina lascia il controllo dei porti, Trump pretende di annettersi il paese che tanto ha lottato per l'indipendenza, un presidente traditore che svende il paese agli americani, che dispiegheranno truppe di nuovo lungo il Canale, e alla Chiquita, che impone licenziamenti e dimezzamenti salariali e pensionistici (i lavoratori andrebbero in pensione con il 30% del loro stipendio – ora sarebbe con il 60%). I tumulti in piazza sono scoppiati, la repressione è stata feroce.\r\nE sulla scorta di questa ondata di lotte di piazza mesoamericane abbiamo sentito l'impulso di sentire ancora una volta Tatjana Djordjevic per documentare la svolta del Movimento serbo contro Vucic: stavolta la posizione si è più politicizzata e chiede dimissioni, si contrappone al rifiuto di rispondere dell'apparato di potere, forse perdendo l'anima movimentista, fresca e irridente, probabilmente per l'infiltrazione di elementi organizzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare che svolge i controlli per conto dell’Aiea, durante la guerra dei 12 giorni svolgeva il suo compito a Teheran e ci ha restituito alcune impressioni sulla società iraniana coinvolta nel conflitto, reazioni e speranze scaturite dalla situazione, ma soprattutto ci ha fatto il quadro preciso dello stato dell’arte tecnologico da esperto che ha conosciuto buona parte degli scienziati uccisi dall’Idf, colleghi preparati e che hanno sempre ribadito l’intento non militare del loro lavoro. Pescali non nasconde che i risultati dell’attività delle centrali iraniane esulassero dagli accordi sull’arricchimento dell’uranio – ma comunque i persiani non hanno accesso al plutonio, indispensabile per dotarsi di una bomba che possa fare da deterrente – e che l’Aiea dovesse riferire, sicuramente il pericolo non legittimava la reazione assassina del governo di Netanyahu: eliminare gli scienziati e decapitare i comandi militari indebolisce la società iraniana ma la lascia in balia del regime confessionale non più in grado di contrastare le mire sioniste, ma ancora più feroce nel controllo interno.\r\nPeraltro, se si analizza la questione con gli occhiali dello scienziato informato di prima mano, il pericolo della dotazione nucleare iraniana sarebbe potenzialmente a tal punto risibile rispetto alla potenza nucleare israeliana che appare evidente che sia stato tutto un teatrino pretestuoso il putiferio luttuoso combinato dai potenti, inscenato per rafforzare il singolo potere interno sulla pelle dei morti civili, anche di valenti scienziati, menti sottratte alla comunità. Infatti dopo quei 12 giorni di guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. Il resto è show-war innescato da pretesti conflittuali per rendere accettabile la trasformazione del Sudovest asiatico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/scene-di-guerra-spettacolari-per-ridisegnare-il-medio-oriente-raccontando-favole-nucleari--66873848\r\n\r\ni precedenti episodi relativi alla Repubblica islamica si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/OneWayNukeProliferation.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nSono due mesi che si assiste a proteste incessanti che coinvolgono diversi settori della società panamense , le proteste godono di un ampio sostegno popolare ed è per questo che il governo ha iniziato ad aumentare la repressione.\r\nLe mobilitazioni che si stanno svolgendo in varie parti del paese sono contro la riforma del sistema pensionistico, la riapertura della miniera Cobre Panamá, i bacini idrici multifunzionali del canale interoceanico e l'accordo di intesa firmato da Panama con gli Stati Uniti.\r\nIl governo intende decapitare il movimento, criminalizzando e perseguendo penalmente i principali dirigenti sindacali e minacciando gli scioperanti . La verità è che ci troviamo di fronte a una dittatura in abiti civili, che gode del sostegno degli Stati Uniti e risponde al malcontento sociale con la repressione indiscriminata.\r\nNonostante lo stato d’assedio, la crescita delle proteste nella cosiddetta zona bananera, dove l’impresa Chiquita Panamá ha licenziato più di cinquemila lavoratori , ha incrementato la rivolta sociale contro il presidente Mulino, giunto al potere nel 2024 grazie al sostegno della borghesia panamense e del grande capitale e che era riuscito a guadagnarsi l’appoggio popolare intercettando l’elettorato ultraconservatore deluso dal neoliberista Martinelli, alla guida del paese tra il 2009 e il 2014 prima di essere travolto da una serie di scandali legati alla corruzione.\r\nIn un paese di poco più di 4 milioni di abitanti i primi a scendere in lotta, il 23 aprile scorso, sono stati i docenti. Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori delle bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella di Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto di svolta nella mobilitazione di studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno di San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni di distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato di questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una delle date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, di gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato di prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte di preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno organizzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. Altre fonti parlano anche di duecentomila manifestanti.\r\nIl salto di qualità del movimento studentesco, nato in seguito al crollo della pensilina della stazione di Novi Sad avvenuto il 1 novembre del 2024 e in cui persero la vita 15 persone, è evidente nella capillare mobilitazione che sta coinvolgendo ampi strati della società serba .Le rivendicazioni sono la richiesta di elezioni politiche anticipate e smantellare il cosiddetto Ćaciland, bastione del Partito progressista serbo (SNS) in centro a Belgrado, allestito dagli “studenti che vogliono tornare in aula”, che da mesi ormai blocca il traffico nella capitale.\r\nL'ampiamento della base sociale delle proteste ha portato a galla i residui del nazionalismo serbo che si sono visti in piazza Slavija dove sono intervenute personalità dall'evidente pedigree nazionalista .L'intossicazione nazionalista e la scelta di confrontarsi sul piano elettorale con Vucic rischiano di far scivolare il movimento verso la normalizzazione ,mentre rimane molto forte la mobilitazione e l'indignazione popolare contro il sistema di Vucic.\r\n\r\nNe parliamo con Tatjana Djordjevic corrispondente dall'Italia di vari media .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/serbia-ombre-nazionaliste-sulla-protesta-degli-studenti-contro-vucic--66876127\r\n\r\nI precedenti interventi relativi al Movimento serbo e anche alle altre realtà balcaniche potete ascoltare si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-SERBIA.mp3\"][/audio]","6 Luglio 2025","2025-07-07 09:27:35","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 03/07/2025 - LA FAVOLA DEL NUCLEARE IRANIANO È RACCONTATA DA SPECCHI SIONISTI DEFORMANTI E CRIMINALI. IL CHOKEPOINT DI PANAMA CONCENTRA RABBIA E REPRESSIONE, CHE IN SERBIA TROVANO UN NUOVO LIVELLO DI SCONTRO",1751830781,[250,251],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[189,187],{"post_content":254},{"matched_tokens":255,"snippet":256,"value":257},[71],"della comunità civile iraniana, sia \u003Cmark>delle\u003C/mark> figure di scienziati che a","Avevamo già sentito Piergiorgio Pescali a proposito del suo lavoro di ingegnere inviato dall'Aiea a controllare il rispetto dei protocolli nucleari nelle aree più soggette a dispute sull'uso dell'energia nucleare da parte degli stati. Se le volte precedenti i teatri di guerra in cui stava operando ci avevano permesso di descrivere il quadro attorno a Zaporižžja, stavolta si trovava in Iran mentre si andavano svolgendo le operazioni belliche della guerra battezzata da Trump dei 12 giorni, impegnato proprio con quelle centrali oggetto del contendere nel pretesto sionista per l'aggressione di Netanyahu e nella dimostrazione di muscoli machisti di Trump. Ci ha potuto quindi restituire un quadro di prima mano sia della comunità civile iraniana, sia \u003Cmark>delle\u003C/mark> figure di scienziati che a dispetto di ogni convenzione diplomatica e facendo strame del diritto internazionale sono stati decimati; ma contemporaneamente ha potuto con precisione descrivere e dirimere la questione più strettamente tecnologica. Così facendo ci ha confermato nell'idea che avevamo già avanzato la scorsa settimana con Laura Silvia Battaglia, ipotizzando che si tratti semplicemente di un sanguinario teatrino dell'orrore messo in piedi dai vertici del potere internazionale per far accettare la trasformazione del Sudovest asiatico secondo i piani di Tel Aviv.\r\nSiamo anche tornati a Panama, questa volta con David Lifodi, redattore de \"La Bottega del Barbieri\". Abbiamo di nuovo rivolto la prua verso il Canale, perché ci sembrava che la quantità di motivi di scontro e la serie di interessi planetari che passano da quella via di comunicazione che va prosciugandosi sia tale che vede tutte le grandi potenze impegnate: la Cina lascia il controllo dei porti, Trump pretende di annettersi il paese che tanto ha lottato per l'indipendenza, un presidente traditore che svende il paese agli americani, che dispiegheranno truppe di nuovo lungo il Canale, e alla Chiquita, che impone licenziamenti e dimezzamenti salariali e pensionistici (i lavoratori andrebbero in pensione con il 30% del loro stipendio – ora sarebbe con il 60%). I tumulti in piazza sono scoppiati, la repressione è stata feroce.\r\nE sulla scorta di questa ondata di lotte di piazza mesoamericane abbiamo sentito l'impulso di sentire ancora una volta Tatjana Djordjevic per documentare la svolta del Movimento serbo contro Vucic: stavolta la posizione si è più politicizzata e chiede dimissioni, si contrappone al rifiuto di rispondere dell'apparato di potere, \u003Cmark>forse\u003C/mark> perdendo l'anima movimentista, fresca e irridente, probabilmente per l'infiltrazione di elementi organizzati.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nPiergiorgio Pescali, ingegnere nucleare che svolge i controlli per conto dell’Aiea, durante la guerra dei 12 giorni svolgeva il suo compito a Teheran e ci ha restituito alcune impressioni sulla società iraniana coinvolta nel conflitto, reazioni e speranze scaturite dalla situazione, ma soprattutto ci ha fatto il quadro preciso dello stato dell’arte tecnologico da esperto che ha conosciuto buona parte degli scienziati uccisi dall’Idf, colleghi preparati e che hanno sempre ribadito l’intento non militare del loro lavoro. Pescali non nasconde che i risultati dell’attività \u003Cmark>delle\u003C/mark> centrali iraniane esulassero dagli accordi sull’arricchimento dell’uranio – ma comunque i persiani non hanno accesso al plutonio, indispensabile per dotarsi di una bomba che possa fare da deterrente – e che l’Aiea dovesse riferire, sicuramente il pericolo non legittimava la reazione assassina del governo di Netanyahu: eliminare gli scienziati e decapitare i comandi militari indebolisce la società iraniana ma la lascia in balia del regime confessionale non più in grado di contrastare le mire sioniste, ma ancora più feroce nel controllo interno.\r\nPeraltro, se si analizza la questione con gli occhiali dello scienziato informato di prima mano, il pericolo della dotazione nucleare iraniana sarebbe potenzialmente a tal punto risibile rispetto alla potenza nucleare israeliana che appare evidente che sia stato tutto un teatrino pretestuoso il putiferio luttuoso combinato dai potenti, inscenato per rafforzare il singolo potere interno sulla pelle dei morti civili, anche di valenti scienziati, menti sottratte alla comunità. Infatti dopo quei 12 giorni di guerra non è cambiato nulla: l’Iran non ha stracciato la firma dal Trattato sulla non proliferazione nucleare (che Israele non ha mai preso in considerazione nella sua consueta impunità), gli Usa continuano nell’ambiguità del sostegno acritico a Israele e a contrastare l’espansione cinese, Tel Aviv insiste a sfruttare la superiorità bellica per rintuzzare la potenza della Mezzaluna sciita. Il resto è show-war innescato da pretesti conflittuali per rendere accettabile la trasformazione del Sudovest asiatico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/scene-di-guerra-spettacolari-per-ridisegnare-il-medio-oriente-raccontando-favole-nucleari--66873848\r\n\r\ni precedenti episodi relativi alla Repubblica islamica si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/OneWayNukeProliferation.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\nSono due mesi che si assiste a proteste incessanti che coinvolgono diversi settori della società panamense , le proteste godono di un ampio sostegno popolare ed è per questo che il governo ha iniziato ad aumentare la repressione.\r\nLe mobilitazioni che si stanno svolgendo in varie parti del paese sono contro la riforma del sistema pensionistico, la riapertura della miniera Cobre Panamá, i bacini idrici multifunzionali del canale interoceanico e l'accordo di intesa firmato da Panama con gli Stati Uniti.\r\nIl governo intende decapitare il movimento, criminalizzando e perseguendo penalmente i principali dirigenti sindacali e minacciando gli scioperanti . La verità è che ci troviamo di fronte a una dittatura in abiti civili, che gode del sostegno degli Stati Uniti e risponde al malcontento sociale con la repressione indiscriminata.\r\nNonostante lo stato d’assedio, la crescita \u003Cmark>delle\u003C/mark> proteste nella cosiddetta zona bananera, dove l’impresa Chiquita Panamá ha licenziato più di cinquemila lavoratori , ha incrementato la rivolta sociale contro il presidente Mulino, giunto al potere nel 2024 grazie al sostegno della borghesia panamense e del grande capitale e che era riuscito a guadagnarsi l’appoggio popolare intercettando l’elettorato ultraconservatore deluso dal neoliberista Martinelli, alla guida del paese tra il 2009 e il 2014 prima di essere travolto da una serie di scandali legati alla corruzione.\r\nIn un paese di poco più di 4 milioni di abitanti i primi a scendere in lotta, il 23 aprile scorso, sono stati i docenti. Successivamente, a far sentire la propria voce, sono stati lavoratori \u003Cmark>delle\u003C/mark> bananeras, i sindacati, a partire dal Suntracs (Sindicato Único Nacional de Trabajadores de la Construcción y Similares) e gli studenti, tutti riuniti sotto le insegne del collettivo Alianza Pueblo Unido por la Vida che, fin dall’inizio, ha definito quella di Mulino come un’”offensiva neoconservatrice e neocolonialista”.\r\n\r\nNe parliamo con David Lifodi attento osservatore della realtà latinoamericana.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/panama-s-incrociano-le-rivendicazioni-popolari-mentre-e-in-corso-la-contesa-per-il-controllo-del-canale--66875972\r\n\r\nQui trovate la serie dedicata al mondo latinoamericano\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-PANAMA.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nQuando ormai sembrava che le proteste stessero per sgonfiarsi e che neanche gli studenti avessero più la forza, a Belgrado si è svolta una grande manifestazione, segnando un altro punto di svolta nella mobilitazione di studenti e cittadini che si protrae ormai da mesi.\r\nTuttavia, sabato 28 giugno è diventato chiaro che la situazione è molto più complessa.\r\nNella storia della Serbia, questa data ha un significato importante, quasi mitico. La battaglia di Kosovo Polje si svolse il 28 giugno 1389, a Vidovdan (il giorno di San Vito) secondo il calendario gregoriano. A 636 anni di distanza, ancora si discute e ci si scontra sul significato di questo evento.\r\nPer la maggior parte dei cittadini serbi, questa è una \u003Cmark>delle\u003C/mark> date più significative della storia, il giorno in cui l’esercito serbo si oppose a quello ottomano, di gran lunga superiore, combatté eroicamente e, pur uscendo sconfitto, “salvò l'Europa”.\r\nPer altri – che restano in minoranza – Vidovdan è una ricorrenza da commemorare, ma non da celebrare, avendo spinto la Serbia in uno stato di prigionia e decadenza secolare. Per la destra, Vidovdan è un giorno sacro, per la sinistra una fonte di preoccupazione per le possibili recrudescenze nazionaliste e scioviniste.\r\nNegli ultimi trent’anni, Vidovdan ha assunto particolare rilevanza. A riportarlo in auge fu Slobodan Milošević.\r\nIl Kosovo è ancora uno dei punti nevralgici della società serba, tant’è che la stragrande maggioranza dei cittadini serbi continua a percepire il Kosovo come parte integrante della Serbia e a basare su questa convinzione le proprie opinioni politiche.\r\nQuesto il contesto in cui gli studenti hanno organizzato la grande manifestazione a Vidovdan. Stando alle stime in Piazza Slavija, a Belgrado, si sono radunate centoquarantamila persone. Altre fonti parlano anche di duecentomila manifestanti.\r\nIl salto di qualità del movimento studentesco, nato in seguito al \u003Cmark>crollo\u003C/mark> della pensilina della stazione di Novi Sad avvenuto il 1 novembre del 2024 e in cui persero la vita 15 persone, è evidente nella capillare mobilitazione che sta coinvolgendo ampi strati della società serba .Le rivendicazioni sono la richiesta di elezioni politiche anticipate e smantellare il cosiddetto Ćaciland, bastione del Partito progressista serbo (SNS) in centro a Belgrado, allestito dagli “studenti che vogliono tornare in aula”, che da mesi ormai blocca il traffico nella capitale.\r\nL'ampiamento della base sociale \u003Cmark>delle\u003C/mark> proteste ha portato a galla i residui del nazionalismo serbo che si sono visti in piazza Slavija dove sono intervenute personalità dall'evidente pedigree nazionalista .L'intossicazione nazionalista e la scelta di confrontarsi sul piano elettorale con Vucic rischiano di far scivolare il movimento verso la normalizzazione ,mentre rimane molto forte la mobilitazione e l'indignazione popolare contro il sistema di Vucic.\r\n\r\nNe parliamo con Tatjana Djordjevic corrispondente dall'Italia di vari media .\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/serbia-ombre-nazionaliste-sulla-protesta-degli-studenti-contro-vucic--66876127\r\n\r\nI precedenti interventi relativi al Movimento serbo e anche alle altre realtà balcaniche potete ascoltare si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/07/BASTIONI-03072025-SERBIA.mp3\"][/audio]",[259],{"field":95,"matched_tokens":260,"snippet":256,"value":257},[71],1731669151438602200,{"best_field_score":263,"best_field_weight":236,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":264,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":90},"1116647718912","1731669151438602353",{"document":266,"highlight":279,"highlights":284,"text_match":261,"text_match_info":287},{"comment_count":46,"id":267,"is_sticky":46,"permalink":268,"podcastfilter":269,"post_author":270,"post_content":271,"post_date":272,"post_excerpt":52,"post_id":267,"post_modified":273,"post_thumbnail":274,"post_title":275,"post_type":220,"sort_by_date":276,"tag_links":277,"tags":278},"95297","http://radioblackout.org/podcast/bastioni-di-orione-30-01-2025-colombia-nel-catatumbo-si-arena-il-processo-di-pace-e-la-presidenza-petro-sudan-guerra-senza-fine-i-territori-doltremare-francesi-spingono-per-la-decolonizzazione/",[177],"radiokalakuta","Bastioni di Orione in questa puntata insieme a Cristina Vargas, antropologa colombiana , racconta della situazione del Catatumbo ,regione della Colombia al confine con il Venezuela . Una regione ricca di materie prime ma occupata dalla coltivazione della coca e da laboratori per la produzione ,dove lo stato colombiano è totalmente assente e il territorio è attraversato da guerriglie in complicità con i trafficanti ,cartelli della droga messicani e paramilitari. Qui si stanno scontrando da diversi giorni le forze dell'ELN (gruppo guerrigliero attivo dal 1964) e i dissidenti del 33° fronte delle FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) per il controllo del territorio .Questi scontri hanno fatto ripiombare la regione nell'incubo della guerra provocando circa 40000 profughi costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e fuggire anche verso il confine venezuelano . Il presidente Petro ha inviato l'esercito e dichiarato lo stato d'emergenza , il processo di pace che era stato implementato con le guerriglie si è arenato forse definitivamente ,anche perchè ormai i capi dell'ELN sono ricercati e l'organizzazione considerata alla stregua di un gruppo criminale di narcotrafficanti . La risposta militare e lo stato di guerra impedisce una mobilitazione sociale dal basso ,le condizioni strutturali di arretratezza della regione che costringono i contadini a dedicarsi alla coltivazione della coca ,non trovano risoluzione anche per l'incapacità dello stato colombiano di reperire le risorse per un cambiamento di rotta dell'economia del Catatumbo dipendente dalla produzione e dal traffico della coca. A Bogotà il governo Petro è in difficoltà ,non ha una maggioranza in parlamento , la crisi economica e la disillusione rispetto alle aspettative della sua presidenza stanno allontanando alcuni settori sociali che lo avevavo sostenuto. Tuttavia la crisi dei migranti rimpatriati \"manu militari\" dall'amministrazione Trump e la minaccia dei dazi ,è stata raccontata dai media colombiani come un braccio di ferro vincente con l'ingombrante vicino yanqui ,giocato dalla presidenza Petro sul principio del rispetto della dignità umana dei rimpatriati che ha raccolto un vasto consenso nel paese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-30012025-CRISTINA-VARGAS.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Ali, cittadino italo sudanese residente aTorino , parliamo della guerra in Sudan ,con uno sguardo dall'interno che ci restituisce una prospettiva di drammatica divisione della società sudanese. Emerge il dato della presenza nell'esercito e anche nelle Forze di Supporto Rapido di elementi legati al vecchio regime di Al Bashir ,alcuni di questi personaggi come Ahmad Harun ,ex ministro degli interni del governo islamista, ricercati dalla giustizia internazionale. Alcuni di questi islamisti radicali provengono anche da altri paesi mentre altri costituiscono pezzi dello stato profondo del regime di Al Bashir. Alcune milizie combattenti sono state formate dai servizi segreti del precedente governo e si sono rese protagoniste delle brutalità commesse contro la popolazione civile ,mentre sul terreno nonostante l'avanzata dell'esercito di Al Bhuran con la conquista del capoluogo della fertile regione di El Gezira ,le RSF di Hemmeti controllano importanti porzioni di territorio tra cui il Kordofan e il Darfur. Constatiamo la mancanza di volontà di dialogo tra le parti ,la violenza crescente contro la popolazione civile ,le dimensioni della catastrofe umanitaria ,la divisione della società sudanese ,la debolezza delle forze politiche eredi della rivoluzione civile che defenestro' Al Bashir ,la pervasività della fallace percezione del ruolo stabilizzatore dell'esercito anche all'interno della diaspora sudanese .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-30012025-ALI-SUDAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Adriano Favole ,antropologo e conoscitore della Nuova Caledonia, parliamo della nascita del \" Front international de decolonisation\" che unisce i movimenti indipendentisti di Guadalupa, Martinica, Guyana francese, Polinesia e Corsica nella cui dichiarazione finale si afferma che \" l' obiettivo fondamentale è unire le nostre forze per liberare definitivamente i nostri paesi e il pianeta da ogni presenza coloniale. Affermiamo che nel contesto del crollo di un ordine mondiale caratterizzato dallo sfruttamento dei più fragili e dal dominio di una parte significativa del mondo da parte di poche potenze predatorie, è giunto il momento di unirci per guidare le nostre nazioni alla loro piena sovranità e partecipare così alla costruzione di un mondo migliore, rispettoso della dignità delle donne e degli uomini \". Si esprime una forte richiesta anche del riconoscimento della cultura dei popoli nativi che viene totalmente ignorata nel sistema scolastico dove nello specifico della Nuova Caledonia,nei programmi scolastici non vengono menzionati i legami con le altre isole del Pacifico. Il colonialismo francese si estrinseca nell'asse privilegiato con la metropoli a discapito dei paesi limitrofi ,costringendo ad importare merci costose dalla \"madrepatria\" ,impedendo le relazioni commerciali con altre isole con cui le popolazioni della Nuova Caledonia hanno sempre avuto relazioni di scambio ,costituendo un sistema insostenibile e costoso per la popolazione locale . La Francia che sta perdendo ormai pezzi del suo ex impero in Africa ,persiste a sostenere la sua presenza nel Pacifico per ragioni geo strategiche ,per lo sfruttamento delle risorse marine e anche se in misura minore per lo sfruttamento del nichel. \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-FAVOLE-NUOVA-Caledonia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","1 Febbraio 2025","2025-02-01 19:53:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/05/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 30/01/2025-COLOMBIA, NEL CATATUMBO SI ARENA IL PROCESSO DI PACE E LA PRESIDENZA PETRO-SUDAN GUERRA SENZA FINE-I TERRITORI D'OLTREMARE FRANCESI SPINGONO PER LA DECOLONIZZAZIONE.",1738439628,[250],[189],{"post_content":280},{"matched_tokens":281,"snippet":282,"value":283},[71],"i dissidenti del 33° fronte \u003Cmark>delle\u003C/mark> FARC (Forze armate rivoluzionarie della","Bastioni di Orione in questa puntata insieme a Cristina Vargas, antropologa colombiana , racconta della situazione del Catatumbo ,regione della Colombia al confine con il Venezuela . Una regione ricca di materie prime ma occupata dalla coltivazione della coca e da laboratori per la produzione ,dove lo stato colombiano è totalmente assente e il territorio è attraversato da guerriglie in complicità con i trafficanti ,cartelli della droga messicani e paramilitari. Qui si stanno scontrando da diversi giorni le forze dell'ELN (gruppo guerrigliero attivo dal 1964) e i dissidenti del 33° fronte \u003Cmark>delle\u003C/mark> FARC (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) per il controllo del territorio .Questi scontri hanno fatto ripiombare la regione nell'incubo della guerra provocando circa 40000 profughi costretti ad abbandonare le proprie abitazioni e fuggire anche verso il confine venezuelano . Il presidente Petro ha inviato l'esercito e dichiarato lo stato d'emergenza , il processo di pace che era stato implementato con le guerriglie si è arenato \u003Cmark>forse\u003C/mark> definitivamente ,anche perchè ormai i capi dell'ELN sono ricercati e l'organizzazione considerata alla stregua di un gruppo criminale di narcotrafficanti . La risposta militare e lo stato di guerra impedisce una mobilitazione sociale dal basso ,le condizioni strutturali di arretratezza della regione che costringono i contadini a dedicarsi alla coltivazione della coca ,non trovano risoluzione anche per l'incapacità dello stato colombiano di reperire le risorse per un cambiamento di rotta dell'economia del Catatumbo dipendente dalla produzione e dal traffico della coca. A Bogotà il governo Petro è in difficoltà ,non ha una maggioranza in parlamento , la crisi economica e la disillusione rispetto alle aspettative della sua presidenza stanno allontanando alcuni settori sociali che lo avevavo sostenuto. Tuttavia la crisi dei migranti rimpatriati \"manu militari\" dall'amministrazione Trump e la minaccia dei dazi ,è stata raccontata dai media colombiani come un braccio di ferro vincente con l'ingombrante vicino yanqui ,giocato dalla presidenza Petro sul principio del rispetto della dignità umana dei rimpatriati che ha raccolto un vasto consenso nel paese.\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-30012025-CRISTINA-VARGAS.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nCon Ali, cittadino italo sudanese residente aTorino , parliamo della guerra in Sudan ,con uno sguardo dall'interno che ci restituisce una prospettiva di drammatica divisione della società sudanese. Emerge il dato della presenza nell'esercito e anche nelle Forze di Supporto Rapido di elementi legati al vecchio regime di Al Bashir ,alcuni di questi personaggi come Ahmad Harun ,ex ministro degli interni del governo islamista, ricercati dalla giustizia internazionale. Alcuni di questi islamisti radicali provengono anche da altri paesi mentre altri costituiscono pezzi dello stato profondo del regime di Al Bashir. Alcune milizie combattenti sono state formate dai servizi segreti del precedente governo e si sono rese protagoniste \u003Cmark>delle\u003C/mark> brutalità commesse contro la popolazione civile ,mentre sul terreno nonostante l'avanzata dell'esercito di Al Bhuran con la conquista del capoluogo della fertile regione di El Gezira ,le RSF di Hemmeti controllano importanti porzioni di territorio tra cui il Kordofan e il Darfur. Constatiamo la mancanza di volontà di dialogo tra le parti ,la violenza crescente contro la popolazione civile ,le dimensioni della catastrofe umanitaria ,la divisione della società sudanese ,la debolezza \u003Cmark>delle\u003C/mark> forze politiche eredi della rivoluzione civile che defenestro' Al Bashir ,la pervasività della fallace percezione del ruolo stabilizzatore dell'esercito anche all'interno della diaspora sudanese .\r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-30012025-ALI-SUDAN.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nInfine con Adriano Favole ,antropologo e conoscitore della Nuova Caledonia, parliamo della nascita del \" Front international de decolonisation\" che unisce i movimenti indipendentisti di Guadalupa, Martinica, Guyana francese, Polinesia e Corsica nella cui dichiarazione finale si afferma che \" l' obiettivo fondamentale è unire le nostre forze per liberare definitivamente i nostri paesi e il pianeta da ogni presenza coloniale. Affermiamo che nel contesto del \u003Cmark>crollo\u003C/mark> di un ordine mondiale caratterizzato dallo sfruttamento dei più fragili e dal dominio di una parte significativa del mondo da parte di poche potenze predatorie, è giunto il momento di unirci per guidare le nostre nazioni alla loro piena sovranità e partecipare così alla costruzione di un mondo migliore, rispettoso della dignità \u003Cmark>delle\u003C/mark> donne e degli uomini \". Si esprime una forte richiesta anche del riconoscimento della cultura dei popoli nativi che viene totalmente ignorata nel sistema scolastico dove nello specifico della Nuova Caledonia,nei programmi scolastici non vengono menzionati i legami con le altre isole del Pacifico. Il colonialismo francese si estrinseca nell'asse privilegiato con la metropoli a discapito dei paesi limitrofi ,costringendo ad importare merci costose dalla \"madrepatria\" ,impedendo le relazioni commerciali con altre isole con cui le popolazioni della Nuova Caledonia hanno sempre avuto relazioni di scambio ,costituendo un sistema insostenibile e costoso per la popolazione locale . La Francia che sta perdendo ormai pezzi del suo ex impero in Africa ,persiste a sostenere la sua presenza nel Pacifico per ragioni geo strategiche ,per lo sfruttamento \u003Cmark>delle\u003C/mark> risorse marine e anche se in misura minore per lo sfruttamento del nichel. \r\n\r\n \r\n\r\n\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/02/BASTIONI-DI-ORIONE-FAVOLE-NUOVA-Caledonia.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[285],{"field":95,"matched_tokens":286,"snippet":282,"value":283},[71],{"best_field_score":263,"best_field_weight":236,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":264,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":90},{"document":289,"highlight":300,"highlights":305,"text_match":261,"text_match_info":308},{"comment_count":46,"id":290,"is_sticky":46,"permalink":291,"podcastfilter":292,"post_author":49,"post_content":293,"post_date":294,"post_excerpt":52,"post_id":290,"post_modified":295,"post_thumbnail":52,"post_title":296,"post_type":220,"sort_by_date":297,"tag_links":298,"tags":299},"64565","http://radioblackout.org/podcast/i-bastioni-di-macalle-dietro-la-resa-dei-conti-tra-tribu-etiopi-un-cambio-di-sistema/",[177],"I Bastioni si sono riscaldati prima di adentrarsi nel Corno d’Africa facendo qualche valutazione su elezioni varie, in particolare quelle negli Usa, ma anche in Tanzania, Costa d’Avorio, Guinea:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_primi-venti-minuti.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa rivolta tigrina, mentre trasmettevamo la terza puntata dei Bastioni di Orione, cominciava a inasprirsi e Ahmed iniziava la risposta violenta alla reazione all’”invasione” governativa del territorio tigrino, ricco, nell’ultimo quarto di secolo al potere e convinto ad opporsi allo smantellamento dell’etno-nazinalismo, avviato dal neoliberismo di Ahmed, che con il nobel della pace in una mano e la Diga della Rinascita soffia sul nazionalismo con i fondi cinesi a sostenerlo, perché l’area rappresenta il corridoio della Belt Road Initiative, quel Mar Rosso appetibile da tutte le potenze, ch einfatti sono stanziali a Gibuti.\r\n\r\nAbbiamo affrontato l’argomento dapprima con un vocale registrato da un giovane etiope – non tigrino e dunque molto critico con gli insorti. Ha fatto daportavoce di un gruppo di emigrati dal Corno d'Africa a Toriino. Scegliendo deliberatamente questo approccio sapevamo che ne sarebbe scaturita una visione parziale e divisiva che è componente essenziale del dissidio secolare tra le tribù che popolano quell'area: amhara, oromo, tigrini, borana, mursi, karo, hamar...\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020-11-10_fatti_narrazione-etiope_01.mp3\"][/audio]\r\n\r\nll primo tassello da cui partire per descrivere la situazione è l'ancora forte percezione di sé della minoranza tigrina di fronte alla spinta all'integrazione nazionale impressa da Ahmed e dalla sua esigenza di rilanciare l'economia anche con le ingenti risorse del Nord del paese, sia dopo questi ultimi decenni, successivi al crollo del regime del Derg, le innumerevoli guerre con Eritrea e Somalia, sia con la costante centralità della regione del Tigré con la sua gestione del potere nell'ultimo ventennio da parte della minoranza tigrina (6 per cento della popolazione etiope), oppressione di cui si avverte l'eco nelle parole risentite del nostro interlocutore africano, che legittimava l'intervento di Addis Abeba contro i ricchi secessionisti tigrini (cristiani), vieppiù separatisti e fomentatori delle divisioni etniche dopo aver perso il controllo del potere centrale e dell'esercito.\r\n\r\nNe abbiamo quindi discusso con Angelo Ferrari:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_Etiopia-Chi-sta-sabotando-la-convivenza-e-lintegrazione-etnica_02.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa crisi del Tigray nasce dallo scontro politico con il Tpfl, che è stato a lungo il partito egemone in seno all'Ersdf. Il Fronte tigrino si è sentito più volte preso di mira dalle riforme del nuovo premier, che intanto ha creato una propria formazione politica, il Partito della prosperità.\r\n\r\nNel Tigray le autorità locali hanno deciso di tenere elezioni indipendenti, quelle che sono state rinviate ad agosto con la causale (forse pretestuosa?) della epidemia di SarsCov2 e il Tpfl è stato riconfermato al governo regionale.Ora lo scontro è diventato militare, con il rischio che la rivalità politica si trasformi in conflitto interetnico. Soprattutto per l'avvicendamento di una tribù diversa (gli oromo) alla guida del paese, che sancisce il venir meno del processo di integrazione tra le molte etnie che compongono l'Etiopia; proprio quel sabotaggio del superamento delle divisioni etniche che nella testimonianza del giovane etiope si attribuiva al trentennio tigrino.\r\n\r\nMulu Nega è stato nominato da Ahmed nuovo governatore ad interim per la regione settentrionale del Tigray. Poco prima il parlamento aveva preso la risoluzione di stabilire un'amministrazione provvisoria. Ahmed sta producendo lo sforzo di superare l'etno-nazionalismo per arrivare a una forma di nazionalismo etiope, che la Diga della Rinascita rappresenta così unitaria (ma è divisiva – ovviamente – con gli altri paesi dell'area). Ma non può che essere a tempi lunghi, visto che persino la sua stessa etnia oromo si contrappone (molteplici sono stati gli scontri e i moti di piazza nei mesi scorsi). L'apertura liberista al capitale privato crea attriti nell’intera società, nel Tigray ancora di più; la penetrazione di militari nazionali nella regione settentrionale è quindi vista come intrusione, che ha fatto esplodere gli attacchi di Makallè. Si rischia l'esatto opposto del tentativo di unificare: la frammentazione perché ciascuno non si sente rappresentato a sufficienza. Intanto sono già 15.000 gli sfollati e innumerevoli i morti (si parla di 500 solo nel massacro del 10 novembre a Mai-Kadra, in Tigray).\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_Nazionalismo-e-svolta-liberista-di-Ahmed_03.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNel 2019 il Conte1 aveva stipulato con la ministra Trenta accordi militari con il presidente-nobel_per_la_pace_Ahmed: «difesa e sicurezza, formazione e addestramento, assistenza tecnica, operazioni di supporto alla pace... trasferimento di struttura d'arma e apparecchiatura bellica... è auspicata la promozione di iniziative finalizzate a razionalizzare il controllo sui prodotti a uso militare»; come i precedenti governi, soprattutto di centrosinistra, avevano appoggiato la parte eritrea, ora già coinvolta con esplosioni all'Asmara, perché gli ahmara si sono schierati subito con Addis Abeba. L'Italia sta cercando di tornare a essere protagonista nel Corno d'Africa... e quindi soffierà sul fuoco della guerra in un’area popolata dagli apparati militari di tutte le potenze mondiali, che si stanno accaparrando fette di un territorio che controlla traffici, merci, risorse. Una vera operazione neocoloniale nascosta sotto la cooperazione allo sviluppo.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/Etiopia-meta-del-complesso-militar-industriale-italiano_04.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLe nazioni sono al soldo di potenze straniere per ridisegnare la geopolitica internazionale come avvenne nel periodo coloniale classico: tutte le potenze sono intente a controllare il passaggio del Mar Rosso da Aden a Suez (infatti a Gibuti, snodo essenziale del Belt Road Initiative, sono presenti tutti i contingenti militari) e ogni mossa è un riposizionamento strategico.\r\n\r\n \r\n\r\nCon Angelo si è anche parlato di Costa d’Avorio e altre nazioni africane, come l'emblematico Congo (una volta Zaire) per la sua particolare interpretazione del concetto occidentale di democrazia, e alcune hanno affrontato elezioni che sono normalmente truffe, perché l’accaparramento delel risorse e la loro svendita è sicuramente colonialismo e spartizione, ma anche esportazione di uno schema che già non funziona in Occidente e con l’Africa non c’entra nulla e impone sistemi economici di sfruttamento e ora anche di contesa con la penetrazione cinese, senza passare attraverso l’humus attraverso il quale si sono formate le comunità africane.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_concetto-di-democrazia-importato-in-Africa.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nE poi una chiosa africana sulla pirateria e il pattugliamento italiano del Golfo di Guinea (per ordine di Descalzi? mah!)\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/pirateria-e-pattugliamento-italiano.mp3\"][/audio]\r\n\r\nNell’ultimo quarto d’ora si è parlato di tagliagole processati all’Aja da presidenti (Ngbagbo, come Thaci dell’Uck kosovaro); poi a tamburo battente breakin’ news del 10 novembre... ma probabilmente sono notizie in evoluzione con dossier che finiremo con il riprendere in mano.\r\n\r\nScioperi in emergenza Covid madrilena – lo sciopero pandemico, poi lo sgombero di Guernica, Argenitna; uragano Eta nei Caraibi, infatti non c’entra con l’Euskadi. Poi la Bolivia di Arce e Morales in piena esaltazione retorica di ritorno al potere: diversamente dal Perù, dove continuano a dimettersi presidenti nela normalizzazione susseguente alla fine di Sendero luminoso; in Brasilesi sospende la sperimentaione del vaccino. Un po’ di nostalgia per il Farabundo Martì salvadoregno e scivolare alla fine verso il sogno distopico del Myanmar di Aung san Suu Kiy e le elezioni dell’8 novembre, cercando il pelo nel Rakhine e gli odi intrecciati che hanno aiutato l avittoria di The Lady coi risvolti economici di nuovo della Belt Road Initiative.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/ultimo-quarto-dora.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ","15 Novembre 2020","2023-04-19 15:08:16","I Bastioni di Macallè: dietro la resa dei conti tra tribù etiopi un cambio di sistema",1605484755,[251],[187],{"post_content":301},{"matched_tokens":302,"snippet":303,"value":304},[70],"questi ultimi decenni, successivi al \u003Cmark>crollo\u003C/mark> del regime del Derg, le","I Bastioni si sono riscaldati prima di adentrarsi nel Corno d’Africa facendo qualche valutazione su elezioni varie, in particolare quelle negli Usa, ma anche in Tanzania, Costa d’Avorio, Guinea:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/2020_11_10_primi-venti-minuti.mp3\"][/audio]\r\n\r\nLa rivolta tigrina, mentre trasmettevamo la terza puntata dei Bastioni di Orione, cominciava a inasprirsi e Ahmed iniziava la risposta violenta alla reazione all’”invasione” governativa del territorio tigrino, ricco, nell’ultimo quarto di secolo al potere e convinto ad opporsi allo smantellamento dell’etno-nazinalismo, avviato dal neoliberismo di Ahmed, che con il nobel della pace in una mano e la Diga della Rinascita soffia sul nazionalismo con i fondi cinesi a sostenerlo, perché l’area rappresenta il corridoio della Belt Road Initiative, quel Mar Rosso appetibile da tutte le potenze, ch einfatti sono stanziali a Gibuti.\r\n\r\nAbbiamo affrontato l’argomento dapprima con un vocale registrato da un giovane etiope – non tigrino e dunque molto critico con gli insorti. 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L'apertura liberista al capitale privato crea attriti nell’intera società, nel Tigray ancora di più; la penetrazione di militari nazionali nella regione settentrionale è quindi vista come intrusione, che ha fatto esplodere gli attacchi di Makallè. Si rischia l'esatto opposto del tentativo di unificare: la frammentazione perché ciascuno non si sente rappresentato a sufficienza. 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L'Italia sta cercando di tornare a essere protagonista nel Corno d'Africa... e quindi soffierà sul fuoco della guerra in un’area popolata dagli apparati militari di tutte le potenze mondiali, che si stanno accaparrando fette di un territorio che controlla traffici, merci, risorse. 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Un po’ di nostalgia per il Farabundo Martì salvadoregno e scivolare alla fine verso il sogno distopico del Myanmar di Aung san Suu Kiy e le elezioni dell’8 novembre, cercando il pelo nel Rakhine e gli odi intrecciati che hanno aiutato l avittoria di The Lady coi risvolti economici di nuovo della Belt Road Initiative.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/11/ultimo-quarto-dora.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\n ",[306],{"field":95,"matched_tokens":307,"snippet":303,"value":304},[70],{"best_field_score":263,"best_field_weight":236,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":264,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":90},{"document":310,"highlight":335,"highlights":340,"text_match":261,"text_match_info":343},{"comment_count":46,"id":311,"is_sticky":46,"permalink":312,"podcastfilter":313,"post_author":179,"post_content":314,"post_date":315,"post_excerpt":52,"post_id":311,"post_modified":316,"post_thumbnail":317,"post_title":318,"post_type":220,"sort_by_date":319,"tag_links":320,"tags":331},"39835","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-6-gennaio-cuba-commercio-dami-pacchi-e-deportati-i-nuovi-cie-di-minniti-a-17-anni-dalla-strage-di-trapani/",[179],"Come ogni venerdì, il 6 gennaio siamo sbarcati su Anarres, il pianeta delle utopie concrete, dalle 10,45 alle 12,45 sui 105.250 delle libere frequenze di Blackout.\r\n\r\nAscolta il podcast:\r\n\r\n2017 01 06 anarres1\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres2\r\n\r\n \r\n\r\n2017 01 06 anarres3\r\n\r\nIn questa puntata:\r\n\r\n \r\n\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba, un articolo di di Marcelo “Liberato” Salinas dell’Avana sugli scenari dopo la morte di Fidel Castro\r\n\r\n \r\n\r\nL’export italiano di armi, un business che non conosce crisi. Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. 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Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità delle istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita delle masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo delle tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione delle capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa delle ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio delle procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un crollo demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e forse scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta delle sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.","12 Gennaio 2017","2018-10-17 22:58:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/01/1430732397_451849184-200x110.jpg","Anarres del 6 gennaio. 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Ne abbiamo parlato con Stefano Raspa antimilitarista attivo contro la base di Aviano\r\n\r\n \r\n\r\nIl nuovo ministro dell’Interno ha deciso che il suo dicastero si impegnerà per l’apertura di un CIE in ogni regione. Dopo un paio d’anni di immobilismo, con quattro CIE ancora aperti, sebbene più volte distrutti dalle rivolte il governo torna alla carica.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Federico Denitto\r\n\r\n \r\n\r\nSono trascorsi 17 anni dalla strage nel CIE di Trapani, il Serraino Vulpitta, dove,in seguito ad un incendio. morirono sei ragazzi tunisini.\r\nAbbiamo letto il documento scritto per l’occasione dai compagni di Trapani. Lo trovate qui.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti:\r\nSabato 21 gennaio ore 10,30\r\nManda una cartolina a Poste Italiane\r\npresidio contro le deportazioni in corso Giulio Cesare 7 – nei pressi dell’ufficio postale\r\nMistral Air, la compagnia aerea di Poste Italiane, non trasporta lettere, pacchi e cartoline… ma deporta rifugiati e migranti in paesi dove non vogliono tornare.\r\nFuggono guerre, miseria, persecuzioni, dittature. C’è chi non vuole sottostare ad un matrimonio forzato e chi non intende fare il soldato. C’è anche chi, semplicemente, vuole andare in Europa, perché desidera un’altra vita.\r\nTutti si trovano di fronte frontiere chiuse, filo spinato, polizia ed esercito.\r\n\r\n \r\n\r\nAppuntamenti fissi:\r\nLe riunioni della federazione anarchica torinese, aperte a tutti gli interessati, sono in corso Palermo 46 ogni giovedì alle 21\r\n\r\n \r\n\r\nDocumenti:\r\nUn’urna cineraria, lo Stato e la prossima rivoluzione a Cuba\r\n\r\nCuba senza Fidel Castro. Quello che da anni i suoi adepti e i suoi nemici stavano immaginando ora è una realtà compiuta. Senza fare troppa fatica per sentirlo, si è percepito un intenso silenzio pubblico che ha avuto una vita propria di fronte all’imponente macchinazione statale del lutto nazionale. I portavoce ufficiali hanno insistito sul fatto che il silenzio fosse un’espressione palpabile dello sgomento di massa. Per gli oppositori anti-castristi questo mutismo era un altro segno della paura di ritorsioni che avrebbero potuto subire coloro che avrebbero voluto festeggiare durante il lutto ufficiale.\r\nMa né la costernazione né il giubilo represso sono stati gli unici ingredienti che si sono percepiti in questi giorni a Cuba. Nel dialogo quotidiano con vicini, amici, familiari e gente comune per la strada, abbiamo avuto la certezza che la morte di Fidel Castro potrebbe essere un evento importante per Cuba, per il mondo e anche per la cosiddetta Storia Universale, ma nello stesso tempo non ha smesso di essere una notizia con poche conseguenze pratiche per la frustrante quotidianità senza speranza che, come in tutto il mondo, viviamo noi che dipendiamo dalla salute della dittatura salariale.\r\nComunque non ci sarebbe molto da festeggiare, tenendo presente le prospettive incerte che lascia dietro di sé Fidel Castro, con un fratello che in dieci anni di governo ha avuto il grande merito di allentare le tensioni autoritarie lasciate da Fidel Castro al fine di mantenere uguale l’essenza del sistema e creare le condizioni generali per far tornare nuovo il ragionamento di quell’altro generale-presidente di Holguin, Fulgencio Batista:\r\n”(…) è che ci sono due tipi di socialismo. Uno significa anarchia e l’altro opera sotto la disciplina del governo. Bisogna essere realistici (…) vogliamo insegnare al popolo che i lavoratori e il capitale sono necessari e devono cooperare. Vogliamo bandire le idee utopiche che non funzioneranno, ma nelle quali la nostra gente crede “ [1]\r\nLa realizzazione di questo tipo di socialismo a Cuba ha avuto una storia più lunga di quella che ci raccontano oggi i seguaci della famiglia Castro. Il precedente dittatore, Fulgencio Batista, ha dato un contributo fondamentale al socialismo autoritario a Cuba, come espresso con chiarezza dalla citazione suddetta, e se continuiamo ad ignorare ciò non potremo farci una chiara idea del ruolo storico di Fidel Castro nella storia di Cuba.\r\nIl 20 novembre del prossimo 2017 saranno 80 anni dal primo evento politico di massa convocato e organizzato dal sergente colonnello Fulgencio Batista, per il quale usò l’allora Ministero del Lavoro che garantiva la presenza obbligatoria almeno dei dipendenti pubblici dell’Avana; l’esercito inoltre gli permise di reclutare con la forza treni, camion, tram, auto, in modo da concentrare tra le 60.000 e le 80.000 persone nello stadio La Tropical, come propaganda mediatica per promuovere ciò che fu definito il Piano Triennale[2].\r\nQuesto fu il primo atto a Cuba di quella che sarebbe diventata una tecnica drammaturgica di mobilitazione permanente di massa in funzione degli interessi esclusivi dello Stato cubano, che poi verrà gestita per oltre mezzo secolo con abilità insuperata da Fidel Castro. Quello che nel 1937 fu una balbuziente iniziativa autoritaria a mala pena gestita dal Ministero del Lavoro e dall’esercito nazionale, dopo il 1959 è diventata una tecnica di uso quotidiano che abbraccia la totalità \u003Cmark>delle\u003C/mark> istituzioni del paese e milioni di persone in tutta l’isola fino ad oggi.\r\nI processi governativi, inaugurati a Cuba da Fulgencio Batista ed ereditati e sviluppati alla perfezione da Fidel Castro, lasciano ora con la sua morte completamente aperta la strada affinché i candidati alla successione riscoprano, con sorprendente attualità, la parte più autentica del pensiero politico di Batista e i contributi di Fidel Castro a questo grande progetto condiviso dai due governanti di raggiungere il controllo totale di Cuba attraverso il meccanismo dello Stato nazionale.\r\nSe Fulgencio Batista non ebbe il coraggio né l’intenzione, né la possibilità epocale di prendere in considerazione una rottura con l’egemonia imperiale yankee a Cuba per compiere la realizzazione completa dello Stato nazionale, Fidel Castro ha invece avuto l’immensa audacia e la congiuntura storica favorevole per sfidare direttamente il dominio degli Stati Uniti su Cuba. Sotto l’effetto sublimante di questo proposito colossale, e con il suo superbo talento da principe machiavellico, è riuscito a trasformare in sistema quella che era una semplice frase demagogica di Batista: un socialismo sotto la disciplina del governo, che è sopravvissuto ai più grandi disastri dell’ultimo mezzo secolo e che ha convertito lo Stato cubano in una macchina imponente che non ha nessuna riserva nell’affermare, come avvenuto il 1 Maggio 2008, che ”socialismo è sovranità nazionale”, vale a dire … nazional-socialismo.\r\nIl fatto è che Fidel Castro non fu solo il grande architetto della ”Rivoluzione”, ma anche di qualcosa che i suoi milioni di accoliti non hanno potuto ancora definire con precisione ma che senza dubbi è lo stato sociale nella sua versione stalinista cubana, un modello di gestione governativa emerso dalla particolare posizione dell’isola nello scenario della guerra fredda come alleato privilegiato dell’URSS in America Latina, cosa che ha permesso allo Stato cubano di avere risorse eccezionali per mettere in pratica gli emblematici programmi di educazione integrale dall’età prescolare fino all’istruzione superiore, un sistema sanitario universale gratuito, la piena occupazione, un’urbanizzazione massiccia, miglioramenti fondamentali per milioni di esclusi dal capitalismo neocoloniale che hanno distinto Cuba dagli altri Paesi della zona.\r\nCome ovunque nel mondo dove sono state attuate queste politiche, esse hanno permesso un sostanziale miglioramento del tenore di vita \u003Cmark>delle\u003C/mark> masse più sfavorite, ma insieme a ciò e allo stesso tempo, -con intenzione strategica-, hanno portato a un rafforzamento senza precedenti della rete di istituzioni del governo, che ha condotto a una vera apoteosi del benessere dello Stato a Cuba.\r\nMa Fidel Castro ha fatto molto di più con l’uso di queste enormi risorse acquisite grazie al rapporto privilegiato con l’URSS, ha trasformato lo Stato cubano in un attore influente nella politica internazionale, nella decolonizzazione dell’Africa e dell’Asia e nell’espansione dei movimenti antiimperialisti in America Latina, facendo di Cuba un epicentro molto attivo \u003Cmark>delle\u003C/mark> tendenze con intenzioni socialiste non allineate all’egemonia sovietica.\r\nPoi, quando cadde la potenza imperiale sovietica, Fidel Castro e il suo immenso prestigio internazionale resuscitarono un nuovo movimento anti-neoliberale in America Latina che arrivò a convertirsi in governo nei principali paesi della zona e, insieme a ciò, l’attuazione di un programma senza precedenti di servizi medico-sanitari dello Stato cubano per i più esclusi del mondo che ha portato gli abili medici cubani sia in luoghi lontani come l’Himalaya pakistano sia nella più vicina ma disastrata Haiti.\r\nTuttavia si deve anche dire che tutti questi movimenti anticoloniali e anti-neoliberali che Fidel Castro ha appoggiato da Cuba si trovano ora, un decennio e mezzo più tardi, in una profonda crisi politica, morale, epistemologica, ecc, dal Sud Africa, Angola, Algeria, fino al Venezuela, Brasile, Argentina e sono sulla buona strada per andare in quella stessa crisi Nicaragua, Ecuador, Bolivia, El Salvador e Vietnam. D’altra parte, quel programma senza precedenti e ammirevole di servizi medici cubani per i paesi del Terzo mondo oggi è semplicemente e banalmente la principale fonte di reddito per la borghesia fidelista che gestisce lo Stato cubano.\r\n\r\n \tLa morte del Leader Maximo arriva in un momento in cui la macchina statale cubana, resuscitata nel 1959-60, si addentra in una nuova crisi economica, affonda in spese e costi insostenibili, ma con una legittimità popolare che si mantiene altissima nonostante tutte le defezioni. Questa situazione particolare e favorevole viene sfruttata al massimo dalle élite di governo per smantellare lo stato sociale cubano dell’epoca di Fidel Castro e della guerra fredda, ”lentamente ma incessantemente”, come affermato dal generale-presidente Raul Castro. Per fare questo saranno costretti a vendere il paese a pezzi, preferiranno infatti allearsi con i maggiori gruppi finanziari del mondo per rifinanziare i loro debiti piuttosto che andare verso una maggiore socializzazione \u003Cmark>delle\u003C/mark> capacità decisionali e di gestione dei singoli e dei gruppi sulle loro vite che incarnano la vita reale e non le astrazioni della propaganda, sarebbero questi passi modesti ma preziosi in direzione di una maggiore comunanza nella vita quotidiana e verso l’estinzione dello stato burocratico e parassitario.\r\nPer migliorare e razionalizzare il capitalismo di Stato a Cuba, gli eredi di Fidel Castro hanno due strumenti fondamentali legati anch’essi a Fulgencio Batista.\r\nIl primo è la Centrale dei Lavoratori di Cuba, organizzazione sindacale fondata nel gennaio del 1939, prodotto dell’alleanza tra l’apparato politico-militare di Batista e gli stalinisti cubani, che garantisce fino ad oggi il pieno controllo del movimento operaio cubano da parte dello Stato e dei governi di turno. Se nel 1939 fu un quadro del partito comunista, Lazaro Peña -successivamente conosciuto come il ”capitano della classe operaia”- a essere incaricato da Batista per gestire questa alleanza, nel 1960 sempre Lazaro ricevette lo stesso incarico da Fidel Castro avendo così il tempo sufficiente per creare una scuola di opportunisti e profittatori che ha portato a personaggi cloni dello stesso Lazaro Peña come Pedro Ross Leal e Salvador Valdes Mesa, che hanno dedicato la loro vita a mantener vivo l’obiettivo di Fulgencio e di Fidel Castro di fare un socialismo sotto la disciplina di governo.\r\nIl secondo strumento ereditato dal colonnello sergente Batista è il Codice di Difesa Sociale dell’aprile 1939, pezzo chiave che racchiude lo spirito fascista di Batista, ratificato con nomi diversi e rinforzato all’infinito sotto il potere di Fidel Castro. Dalla sua applicazione ha contribuito a permettere la pena di morte per i reati politici, il ruolo dei tribunali militari e la repressione arbitraria in generale; pezzo legale dimenticato in modo interessato da tutti gli orientamenti politici sia democratici sia pro-dittatoriali, il Codice di Difesa Sociale non è stato formalmente annullato né dalla Costituzione del 1940, né da quella del 1976 e neppure da quella del 1992, mantenendo così tuttora la sua piena utilità nell’affrontare i conflitti sociali che emergeranno dallo smantellamento dello stato sociale stalinista cubano nei prossimi anni.\r\nDopo tante vite spezzate tra presunti oppositori, dopo tante torture infernali per provocare demenza e demoralizzazione, dopo tante esecuzioni sommarie, esilii amari, lunghe sofferenze nelle carceri orrende, molti discorsi incendiari e sublimi, dopo tanta superbia e intolleranza, diventerà sempre più chiaro con silenzioso cinismo che la parte più raffinata e incompiuta dello spirito di Batista può dare un contributo sostanziale a ciò che ora gli uomini dello Stato a Cuba hanno finalmente definito come l’attualizzazione del modello economico del socialismo cubano.\r\n\r\nIII\r\nIl 10 Gennaio 1959, a ridosso quindi della vittoria, il periodico El Libertario, che aveva appena ripreso le pubblicazioni dopo la ferrea chiusura inflittagli dalla polizia politica di Batista, pubblicò un testo dell’ormai dimenticato militante anarchico Antonio Landrián in cui, per la prima volta, vengono sottintese queste connessioni:\r\nLa rivoluzione di Fidel del 26 luglio ha trionfato. Trionferà il suo ideale? Qual è il suo ideale? Principalmente la libertà o detto in altra forma: la liberazione. Da cosa? Del giogo di Batista. Il giogo di Batista era violenza, imposizione, appropriazione indebita, dispotismo, coercizione, tortura, ostinazione, autoritarismo e sottomissione alla catena. Era centralismo, corruzione e servilismo incondizionato…Finché verrà lasciato in piedi uno solo di questi pilastri del deposto regime di Batista, la rivoluzione guidata da Fidel Castro non avrà conseguito la vittoria.\r\nTranne la violenza e la tortura della polizia, che da alcuni anni a Cuba hanno assunto un ruolo meno pubblico e visibile, tutti gli altri fattori segnalati da Landrián non solo sono rimasti in piedi dopo il 1959 - intatti dalla dittatura precedente - ma hanno avuto un rafforzamento e uno sviluppo esponenziale da allora fino ad oggi, tanto da portare Landrián e i compagni che animavano El Libertario a non poter godere l’aria di libertà di questa Rivoluzione Fidelista oltre il maggio 1960, mese in cui furono di nuovo censurati, imprigionati, esiliati e banditi dalla nuova, ora “rivoluzionaria”, polizia politica.\r\nL’imposizione, l’appropriazione indebita, il dispotismo, l’ostinazione, l’autoritarismo, la sottomissione alla catena, il centralismo, la corruzione e il servilismo incondizionato alla macchina statale hanno continuato ad avere un’esistenza attivissima a Cuba dopo la sconfitta della dittatura di Fulgencio Batista . Quella intuizione personale, che ebbe il nostro compagno Antonio Landrián, perso nel vortice della storia, è diventata la base strutturale del funzionamento della vita quotidiana di Cuba fino al momento nel quale sono in corso i funerali di Fidel Castro.\r\nAlcuni amici che erano nel parco centrale della città di Artemisa quando morì Fidel sono stati espulsi dal luogo da parte della polizia e di agenti della Sicurezza dello Stato, perché “ora non è il momento di essere seduti nel parco a parlare”; a studenti in internato di una università dell’Avana, poliziotti in borghese che popolano queste istituzioni hanno chiuso le porte di accesso alle loro camere la sera del 28 novembre, perché “si deve andare alla Piazza della Rivoluzione o in strada fino a quando l’attività ha fine”; la paralisi totale del trasporto statale nella capitale da mezzogiorno del 29 novembre al fine di garantire che la popolazione fosse solo in strada per andare alla enorme manifestazione di massa \u003Cmark>delle\u003C/mark> ore 19; il divieto di tutte le attività sportive nelle aree verdi adiacenti a qualsiasi viale importante; multe fino a 1.500 pesos (tre mesi completi di stipendio) per quanti consumano in pubblico bevande alcoliche nei giorni di lutto … sono un piccolo esempio \u003Cmark>delle\u003C/mark> procedure quotidiane seguite dai difensori statali del supposto socialismo a Cuba.\r\nFidel Castro ci lascia un paese con uno dei livelli di istruzione, salute e qualità della vita più alti d’America, ma tutto condizionato dall’interesse strategico del funzionamento stabile della macchina statale, in nome della lotta contro l’imperialismo degli Stati Uniti e dei loro lacchè locali. Nello svolgimento di tale scopo si è dato luogo ad una società che è sull’orlo di una crisi di migrazione permanente e con un \u003Cmark>crollo\u003C/mark> demografico all’orizzonte. Per questo esito le politiche imperiali Yankees hanno giocato un ruolo decisivo, ma non per questo meno decisivo è stata la dittatura sul proletariato cubano condotta da Fidel Castro che ha trasformato Cuba in un territorio popolato da un “… immenso gregge di schiavi salariati (…) che chiedono di essere schiavi per migliorare la loro condizione …” come in qualsiasi parte del mondo, concretizzando gli incubi più dolorosi dell’ex anarchico cubano Carlos Baliño nel 1897 nel suo testo Profecía Falsa.\r\nQuesto immenso gregge di schiavi salariati, già popolo rivoluzionario, era già in piena fase di degrado morale e di espoliazione materiale, quando Fidel Castro esplicitò nel suo discorso del 1 maggio 2000 il suo ultimo concetto di Rivoluzione, ritirato fuori dall’oblio nei giorni dei suoi funerali, in cui ha detto, tra le altre cose, che: “Rivoluzione è cambiare tutto ciò che deve essere cambiato.” Cinquanta anni fa era pragmaticamente indubbio che il soggetto omesso di tale definizione era quel popolo rivoluzionario che alcune volte è esistito; nel 2000 il soggetto omesso nel discorso non è altro che lo stesso Fidel Castro, con la sua capacità manipolatoria e il suo imponente apparato ideologico-poliziesco che già in quest’anno non ha alcuna remora ad omettere quel popolo rivoluzionario dal suo concetto Rivoluzione, consapevole di ciò che lo ha castrato della sua capacità di elaborazione e di decisione propria e, pertanto, non è nelle condizioni di essere oggetto di un discorso e tanto meno di essere soggetto della propria storia.\r\nNei lunghi giorni di lutto ufficiale che stiamo vivendo a Cuba è evidente che sta emergendo un nuovo slogan di massa: “Io sono Fidel!”, che esprime molto bene lo stato di questa amputazione collettiva. E tra il vasto mare di bandiere, foto e cartelli autoprodotti che si sono visti in televisione da Santiago de Cuba, ce n’era uno, portato da una donna, con su scritto: “Io sono Fidel! Ordine!”.\r\nTale lacuna grammaticale ed esistenziale diventerà sempre più frequente nel pensiero di un popolo che ha avuto l’esperienza sconvolgente di vedere la più fiera incarnazione del potere nella storia di Cuba trasformata in una semplice urna cineraria, un popolo che dovrà imparare a vivere senza gli ordini del suo Comandante in capo, e \u003Cmark>forse\u003C/mark> scoprirà che per questo cammino non sono più necessari comandanti, non più ordini, ma più fraternità, più auto-organizzazione, meno viltà e miseria morale tra quelli della base, più responsabilità sulla nostra vita, più immaginazione socializzante, per sconfiggere lo spirito e i rappresentanti della nuova borghesia fidelista, parassitaria e burocratica, che oggi sta ricostruendo integralmente il capitalismo a Cuba e i suoi vecchi orrori sotto i nostri occhi e dissimula piangendo quando in realtà è in festa.\r\nTutto quello che facilita questo apprendimento sarà un contributo diretto alla prossima rivoluzione a Cuba. Tutto ciò che ostacola questa scoperta popolare sarà l’espressione più accurata e aggiornata della controrivoluzione. Le proporzioni che d’ora in poi cercano di aggiungere il fidelismo come corrente di idee all’interno della sinistra all’esterno e all’interno di Cuba saranno l’espressione esatta della bancarotta morale prodotta \u003Cmark>delle\u003C/mark> sinistre autoritarie, stataliste e produttiviste nel mondo e potrà mettere ancora sul tavolo la necessità di continuare a forgiare “i modi più sicuri per togliere le fondamenta all’ordine sociale di oggi e metterne altri più sicuri senza che la casa venga giù”, come appuntò nel gennaio 1890 José Martí, riflettendo a proposito di “quel tenero e radioso Bakunin”[3].\r\n\r\ndi Marcelo “Liberato” Salinas - L’Avana\r\n(traduzione a cura di Selva e Davide)\r\n\r\nNOTE\r\n[1] Grazie al ricercatore americano Robert Whitney possiamo avere accesso a questo documento che è disponibile nel libro Estado y Revolucion en Cuba, edizioni Ciencias Sociales de La Habana, 2010, p.230\r\n[2] Tutta la stampa del tempo a Cuba diede questa notizia senza precedenti e il ricercatore Robert Whitney nello stesso libro Estado y Revolucion en Cuba, Op.cit. p 283, riporta questo fatto tramite fonti governative degli Stati Uniti. Cfr. Archivio del Congresso degli Stati Uniti. Grant Watson a Eden, La Habana, 2 dicembre 1937. PRO / FO / A / 9019/65/14, No.171.\r\n[3] “Desde el Hudson” Opere Complete, tomo 12, pag. 378. Editorial Ciencias Sociales, La Habana, 1982.",[341],{"field":95,"matched_tokens":342,"snippet":338,"value":339},[71],{"best_field_score":263,"best_field_weight":236,"fields_matched":14,"num_tokens_dropped":46,"score":264,"tokens_matched":38,"typo_prefix_score":90},{"document":345,"highlight":368,"highlights":373,"text_match":376,"text_match_info":377},{"comment_count":46,"id":346,"is_sticky":46,"permalink":347,"podcastfilter":348,"post_author":179,"post_content":349,"post_date":350,"post_excerpt":52,"post_id":346,"post_modified":351,"post_thumbnail":352,"post_title":353,"post_type":220,"sort_by_date":354,"tag_links":355,"tags":362},"48767","http://radioblackout.org/podcast/anarres-del-31-agosto-unestate-al-mare-tav-le-tre-carte-di-toninelli-ponte-morandi-always-on-the-move-guerra-nel-mediterraneo/",[179],"Anarres, il pianeta delle utopie concrete sui 105,250 delle libere frequenze di Blackout. Ogni venerdì alle 10,45 alle 12,45. 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