","Golpe in Sudan. Scenari di guerra e le sporche alleanze dell’Italia","post",1681831801,[61,62,63,64,65],"http://radioblackout.org/tag/al-burhan/","http://radioblackout.org/tag/colpo-di-stato-in-sudan/","http://radioblackout.org/tag/dagalo/","http://radioblackout.org/tag/interessi-delliitaia-in-sudan/","http://radioblackout.org/tag/sudan/",[20,33,27,22,15],{"post_content":68,"tags":73},{"matched_tokens":69,"snippet":71,"value":72},[70],"Dagalo","il suo vice, Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> – Hemetti -, nonché leader di RSF,","[caption id=\"attachment_81555\" align=\"alignleft\" width=\"600\"] Smoke billows above residential buildings in Khartoum on April 16, 2023.[/caption]\r\n\r\nFuribonda battaglia in Sudan tra i paramilitari di Rapid Support Forces (RSF), cioè gli ex janjaweed, e i soldati dell’esercito regolare. E’ un braccio di ferro per la conquista del potere.\r\nLe tensioni tra Abdel Fattah al-Burhan, presidente del Consiglio sovrano e il suo vice, Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> – Hemetti -, nonché leader di RSF, erano palpabili da tempo per divergenze sul calendario dell’integrazione nell’esercito regolare dei miliziani delle RSF, che probabilmente non vogliono per nulla essere integrati.\r\nI combattimenti scoppiati sabato tra le unità dell’esercito fedeli al presidente e l’RSF di Hemetti, sono i primi di questo tipo da quando i due si erano alleati per spodestare Omar Hassan al-Bashir nel 2019.\r\nVale la pena ricordare che entrambi avevano fatto parte dell’entourage di al Bashir, che hanno deposto per evitare di essere travolti dalla protesta popolare assieme a lui.\r\n\u003Cmark>Dagalo\u003C/mark>, un tagliagole di provincia, distintosi per la ferocia delle sue truppe contro le popolazioni africane del Darfur, che uccidevano gli uomini, stupravano le donne e rapivano i bambini nei villaggi in cui entravano, ha acquisito enormi poteri e ricchezze.\r\nSecondo i media di casa nostra si tratterebbe di un golpe filorusso, vista la presenza nel paese di truppe mercenarie della Wagner legate al vicepresidente.\r\nIn realtà il quadro è molto più complesso, in un sistema di alleanze variabili su scala planetaria, dove ciascuno gioca in proprio e cambia spesso di fronte.\r\nIl governo del generale Al Burhan è sostenuto da gruppi e potenze che normalmente hanno altri schieramenti: dagli islamisti locali, dall’Egitto (che a casa propria combatte e perseguita gli islamisti), dagli Stati Uniti (che hanno combattuto gli islamisti in Afganistan ma si schierano con Burhan in Sudan), dalla Cina (che perseguita gli islamisti uiguri a casa propria) e dagli iraniani. \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> è sostenuto da alcune grosse grosse compagnie minerarie anche straniere, dai russi della Wagner, dall’Arabia saudita e dagli Emirati arabi uniti. Burhan e \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> sono entrambi alleati dell’Arabia saudita nella guerra in Yemen.\r\nIl quadro non è affatto lineare, perché in ballo ci sono interessi economici e di potenza non sempre facili da decifrare.\r\n\r\nI sette milioni di abitanti di Khartoum sono allo stremo, barricati in casa per il timore di essere bersaglio di pallottole vaganti. Molti sono sfollati o profughi, scappati da guerre o contrasti interni. Avevano sperato di aver finalmente trovato pace e sicurezza, di non dover rivivere tali momenti di angoscia.\r\nLa metropoli è sull’orlo di una catastrofe umanitaria: il suo già fragile sistema sanitario è vicino al collasso, mancano acqua e corrente ed è sempre più difficile reperire cibo e beni di prima necessità.\r\nAnche in altre parti del paese si combatte. A Niyala, nel Sud-Darfur, sono morti almeno 22 civili dall’inizio del conflitto. Tra domenica e lunedì sono stati saccheggiati gli uffici dei ministeri delle Finanze, degli Affari locali, dell’Istruzione e delle Dogane. Razziati anche gli uffici di UNICEF e di altre organizzazioni internazionali.\r\nEntrambe le fazioni hanno affermato oggi di aver guadagnato terreno, entrambi sostengono di avere il controllo del palazzo presidenziale, di radio e TV.\r\nTruppe in appoggio a \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> sono arrivate dal Ciad e dalla Libia\r\n\r\nIn Sudan ci sono, anche se la loro presenza è sempre stata minimizzata, anche truppe straniere. Avieri egiziani al confine con l’Egitto ma non solo.\r\nVa ricordato che ai miliziani janjaweed di \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> è stato affidato anche il compito del controllo delle frontiere, dell’immigrazione “illegale” e del traffico di esseri umani. L’Unione Europea si è impegnata a sostenere finanziariamente questo incarico e l’Italia invece ha varato un programma nascosto di addestramento dei tagliagole, inviando nel 2022 una missione segreta a Khartoum.\r\nIl 12 gennaio di quell’anno uno dei dirigenti del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), agenzia che dipende dalla presidenza del consiglio, il colonnello Antonio Colella, con quattro uomini fidatissimi e una donna apparentemente rappresentante di una NGO, ha incontrato il capo dei filibustieri, il generale Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark>.\r\nIl loro compito è quello di impedire il passaggio dei migranti, usando i metodi già sperimentati in Darfur, con più soldi, materiale logistico e sostegno politico. La vicenda è divenuta di pubblico dominio quando è stata raccontata da Africa ExPress, che l’ha appresa grazie ai propri contatti nell’area di El Obeid, 400 chilometri a sud della capitale. All’interrogazione parlamentare del pentastellato Airola il governo non ha mai dato alcuna risposta.\r\nI militari di \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> venivano addestrati ad El Obeid e a Khartum, ma anche in Italia. É possibile che alcuni di loro siano ancora nel nostro paese.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa ExPress\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/04/2023-04-18-alberizzi-sudan.mp3\"][/audio]",[74,76,78,81,83],{"matched_tokens":75,"snippet":20},[],{"matched_tokens":77,"snippet":33},[],{"matched_tokens":79,"snippet":80},[27],"\u003Cmark>dagalo\u003C/mark>",{"matched_tokens":82,"snippet":22},[],{"matched_tokens":84,"snippet":15},[],[86,91],{"field":36,"indices":87,"matched_tokens":88,"snippets":90},[17],[89],[27],[80],{"field":92,"matched_tokens":93,"snippet":71,"value":72},"post_content",[70],578730123365712000,{"best_field_score":96,"best_field_weight":97,"fields_matched":17,"num_tokens_dropped":47,"score":98,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":47},"1108091339008",13,"578730123365711978",{"document":100,"highlight":119,"highlights":124,"text_match":127,"text_match_info":128},{"cat_link":101,"category":102,"comment_count":47,"id":103,"is_sticky":47,"permalink":104,"post_author":50,"post_content":105,"post_date":106,"post_excerpt":53,"post_id":103,"post_modified":107,"post_thumbnail":108,"post_thumbnail_html":109,"post_title":110,"post_type":58,"sort_by_date":111,"tag_links":112,"tags":117},[44],[46],"92890","http://radioblackout.org/2024/10/sudan-fame-sangue-pulizia-etnica/","Il Sudan è entrato nel 16esimo mese di guerra e la fame attanaglia gran parte della popolazione. Il rapporto dell’ONU di fine giugno precisa che 25,6 milioni di sudanesi – poco più della metà della popolazione – è colpita da insicurezza alimentare acuta. I morti sono ben oltre 16 mila, cifra certamente sottostimata. Secondo gli ultimi dati, più di 11 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni tra queste circa 2 milioni hanno cercato rifugio nei paesi limitrofi.\r\nLe due parti in conflitto, Rapid Support Forces, capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, da un lato, e le Forze armate sudanesi (SAF), comandate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo dello Stato, dall’altro, hanno devastato quasi tutto il Paese.\r\nUna parte di Omdurman, città gemella di Khartoum, sulla sponda occidentale del Nilo, e un tempo il principale polo commerciale del Sudan, è oggi inabitabile a causa della presenza di cadaveri nelle strade e nelle case. Una crisi sanitaria senza precedenti.\r\n\r\nNel silenzio dei media e dei movimenti.\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa ExPress\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/2024-10-22-sudan-alberizzi.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","23 Ottobre 2024","2024-10-23 15:59:24","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-300x200.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-300x200.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-1024x683.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-768x512.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan-1536x1024.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sudan.jpg 1620w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sudan. Fame, sangue, pulizia etnica",1729699164,[113,114,115,116,65],"http://radioblackout.org/tag/catastrofe/","http://radioblackout.org/tag/fame/","http://radioblackout.org/tag/profughi/","http://radioblackout.org/tag/pulizia-etnica/",[31,25,29,118,15],"pulizia etnica",{"post_content":120},{"matched_tokens":121,"snippet":122,"value":123},[70],"Forces, capeggiate da Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark>, meglio noto come Hemetti, da","Il Sudan è entrato nel 16esimo mese di guerra e la fame attanaglia gran parte della popolazione. Il rapporto dell’ONU di fine giugno precisa che 25,6 milioni di sudanesi – poco più della metà della popolazione – è colpita da insicurezza alimentare acuta. I morti sono ben oltre 16 mila, cifra certamente sottostimata. 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I profughi, coloro che hanno cercato protezione nei Paesi confinanti, sono circa 1.500.000. Secondo le Nazioni Unite, il Sudan è oggi il Paese con il numero di sfollati più elevato al mondo e ben oltre la metà dei 45 milioni di abitanti del Paese soffre di grave insicurezza alimentare.\r\nDopo l’inizio dei combattimenti scoppiati il 15 aprile 2023 nella capitale del Sudan, la guerra si è estesa nel Darfur e in diverse altre zone, tra queste il Kordofan, il Nilo Blu e Merowe, città settentrionale vicina all’Egitto e al Nilo, dove si trovano importanti miniere d’oro e un aeroporto militare.\r\nLa guerra ha spinto il Darfur, già in ginocchio da conflitti mai risolti, in una posizione ancora più vulnerabile. Lì, le tribù arabe e non arabe, come i Masalit, hanno combattuto per le scarse risorse di terre e acqua per oltre 20 anni. Ora gli scontri hanno assunto una dimensione etnica.\r\nUn sempre crescente numero di testimonianze e documenti ha paragonato gli attacchi attuali a una pulizia etnica, aggressioni perpetrate da milizie arabe insieme a membri delle RSF. Khartoum è ormai solo un cumulo di macerie.\r\nIl sistema sanitario del Sudan è al collasso; difficile controllare persino l’espandersi di malattie come il morbillo e il colera. Le agenzie umanitarie hanno affermato che l’esercito limita l’accesso agli aiuti umanitari e che quel poco che riesce a passare è a rischio di saccheggio nelle aree controllate dagli uomini di Hemetti.\r\n\r\nE proprio in questi giorni Martin Griffiths, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari, ha invitato la comunità internazionale ad “assumersi le proprie responsabilità” dopo un anno di conflitto devastante. “Come ho già detto, appena tre mesi dopo l’inizio del conflitto, il mondo non può ignorare l’eco dolorosa della storia. Ma in qualche modo abbiamo dimenticato l’indimenticabile. E le conseguenze di questo oblio sono imperdonabili”, ha sottolineato Griffith’s in un suo lungo comunicato.\r\nSulla scena sudanese operano anche i russi dell’Afrca Corps (ex Wagner), schierati a fianco di Hemetti, che è supportato anche dagli Emirati Arabi uniti e da Haftar, il signore della Cirenaica. Con Al Burhan ci sono mercenari ucraini.\r\nL’Italia, prima dell’inizio del conflitto aveva stretto accordi con Hemetti per il controllo dei flussi migratori, offrendo assistenza ed addestramento agli uomini del RSF.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Massimo Alberizzi di Africa Ex-press\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/2024-04-17-alberizzi-sudan.mp3\"][/audio]","17 Aprile 2024","2024-04-17 16:19:11","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"200\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-300x200.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-300x200.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-1024x683.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan-768x512.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/04/sudan.png 1300w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Un anno di guerra in Sudan: morte, fame e macerie",1713368876,[61,146,147,148,149,150,65],"http://radioblackout.org/tag/disastro-umanitario/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/guerra-civile-in-sudan/","http://radioblackout.org/tag/hemetti/","http://radioblackout.org/tag/rsf/",[20,152,18,153,154,155,15],"disastro umanitario","guerra civile in sudan","hemetti","rsf",{"post_content":157},{"matched_tokens":158,"snippet":159,"value":160},[70],"i due generali, Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> “Hemetti”, leader delle Rapid Support","Sinora tutti tentativi di mediazione per fermare le ostilità tra i due generali, Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> “Hemetti”, leader delle Rapid Support Forces (RSF), gli ex janjaweed, e il de facto presidente e capo dell’esercito, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, sono falliti.\r\nIn dodici mesi di lotta per il potere sono morte quasi 16 mila persone – cifra certamente sottostimata per la difficoltà di raccogliere dati accurati e in tempo reale – mentre gli sfollati sono oltre 9 milioni. 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La situazione sociale ed umanitaria è drammatica, e lo scontro tra le milizie delle Rapid Support Forces di Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, da un lato e al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo dello Stato e delle Forze armate sudanesi (SAF) dall’altro, non sembra dare segni di diminuzione.\r\n\r\nL'Autorità intergovernativa per lo Sviluppo (Igad) riporta di un possibile ed ennesimo tentativo di mediazione nelle prossime settimane, tra i capi delle fazioni militari in guerra per preparare misure che creino “fiducia” e in prospettiva l’avvio di “un processo politico”. Nel mentre, nella voluta distrazione della comunità internazionale e nella quasi assenza di copertura mediatica internazionale, più dell’80% degli ospedali del paese ha chiuso, e la prospettiva di un Sudan diviso in due, con i due centri di potere di Port Sudan in mano ad Al Burhan e Khartoum a Hemedti, potrebbe essere sempre più reale.\r\n\r\nDi tutto ciò ne parliamo con Stefano della ONG Music for Peace, da poco rientrato dal Sudan stesso a seguito di una missione umanitaria. Ascolta la diretta ai microfoni di Radio Blackout:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/sudan.mp3\"][/audio]\r\n\r\n ","13 Dicembre 2023","2023-12-13 12:59:14","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"263\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_-300x263.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_-300x263.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_-1024x897.png 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_-768x673.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/12/1026px-Sudan_location_map.svg_.png 1026w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Sudan la guerra dimenticata",1702472344,[147,179,65],"http://radioblackout.org/tag/khartoum/",[18,181,15],"khartoum",{"post_content":183},{"matched_tokens":184,"snippet":185,"value":186},[70],"Support Forces di Mohamed Hamdan \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark>, meglio noto come Hemetti, da","Da oltre otto mesi una guerra civile feroce è in corso in Sudan, producendo più di 6 milioni di profughi e almeno 12 mila morti. 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In compagnia di potenze regionali e internazionali come Arabia Saudita, Emirati, Cina, Russia e altre, l'Italia ha da parte sua la delega europea alla promozione dell'esternalizzazione del confine sul continente africano: questa volta si tratta del Sudan, porta di accesso alla Libia per i paesi dell'Africa orientale.\r\n\r\n\r\n\r\nIn un'intervista ad agosto del 2022 il generale golpista Dagalo confermava ciò su cui Il Fatto Quotidiano e Africa Express avevano fatto luce: il coinvolgimento iniziato a Gennaio dello stesso anno dell'AISE nell'addestramento dell'RSF (ex Janjaweed), inaugurato da diversi viaggi compiuti dal colonnello dei servizi Antonio Colella specializzato in cyber security e poi dal direttore di allora dell'agenzia Giovanni Caravelli. In perfetta continuità con il memorandum d'intesa firmato nel 2016 tra Franco Gabrielli (allora capo della Polizia e degli affari di pubblica sicurezza, governo Renzi) e le autorità militari sudanesi per la \"prevenzione e contrasto in materia di immigrazione clandestina, terrorismo e traffico di droga\" (un commento di ASGI del memorandum la puoi leggere qui) La solita retorica che l'Italia ha contribuito a rendere realtà inviando istruttori, mezzi e droni. Ne abbiamo parlato con Massimo Alberizzi, direttore di Africa Express che ne ha scritto lungamente in diversi articoli.\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/sudan.italia.mp3\"][/audio]","13 Maggio 2023","2023-05-14 12:31:19","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/1000_F_463883305_bhlkdWrNbrzgHqPPNQ1jEbrfKIYyKMcl-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"264\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/1000_F_463883305_bhlkdWrNbrzgHqPPNQ1jEbrfKIYyKMcl-300x264.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/1000_F_463883305_bhlkdWrNbrzgHqPPNQ1jEbrfKIYyKMcl-300x264.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/1000_F_463883305_bhlkdWrNbrzgHqPPNQ1jEbrfKIYyKMcl-768x675.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/05/1000_F_463883305_bhlkdWrNbrzgHqPPNQ1jEbrfKIYyKMcl.jpg 1000w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le responsabilità italiane nell'addestramento delle RSF sudanesi",1683982546,[64,205,65],"http://radioblackout.org/tag/servizi-segreti-italiani/",[22,35,15],{"post_content":208},{"matched_tokens":209,"snippet":210,"value":211},[70],"del 2022 il generale golpista \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> confermava ciò su cui Il","Un conflitto che passa per essere una catastrofica e localizzata prova di forza tra due signori della guerra per il controllo di territorio, popolazione e forza armate nasconde ovviamente trame di interessi stratificati multipolari che vanno ben oltre i netti confini politici dello stato sudanese. 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Per le Nazioni Unite il conflitto ha causato più di 700mila profughi interni, mentre 150mila sarebbero le persone fuggite nei paesi vicini.\r\n\r\n\r\n\r\nSono stati vari i tentativi di mediazione, con l'intervento di potenze quali Stati Uniti, Unione Europea, Arabia Saudita. Anche la Cina non vuole questo conflitto, poiché ha interessi commerciali nel paese ed è stata la promotrice della Conferenza di Pace per Corno d'Africa l'anno scorso, che questa guerra rende infruttuosa.L'ultimo tentativo sta avvenendo in questi giorni a Jeddah, in Arabia Saudita.\r\n\r\nAbbiamo chiesto di aggiornarci sulle trattative a Matteo Palamidesse, giornalista freelance, che ha pubblicato oggi un articolo su Focus On Africa sulle mediazioni:\r\n\r\n\"Una delle grande sfide affrontate da Arabia Saudita e Usa ai colloqui di Jeddah è stata quella di isolare la crisi del Sudan evitando di rimanere invischiati in antagonismi regionali e internazionali. 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da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di Dagalo su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]","20 Settembre 2025","2025-09-22 23:43:33","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2022/10/blade-1-200x110.jpg","BASTIONI DI ORIONE 18/09/2025 - LA SVOLTA DELL'ATTACCO SIONISTA A DOHA; RIVOLTE E INTRIGHI NELLA CONTORTA ESTATE IN SUDEST ASIATICO; IL GERD ETIOPE, ALLEANZE IN CORNO D'AFRICA E L'ASSEDIO MEDIEVALE SUDANESE; WAR ON DRUGS CONTRO CARACAS, CARIBE E MEXICO","podcast",1758374559,[277,278],"http://radioblackout.org/tag/bastioni-di-orione/","http://radioblackout.org/tag/bastioniorione/",[260,258],{"post_content":281},{"matched_tokens":282,"snippet":283,"value":284},[70],"medievale attuato dalle Rsf di \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> su Al Fashir nell'Est del","Nel 43esimo anniversario di Sabra e Chatila iniziamo la trasmissione con Laura Silvia Battaglia per analizzare quali strade si aprono al mondo arabo e in particolare ai paesi del Golfo dopo il proditorio attacco del fascistissimo governo israeliano contro la delegazione di Hamas chiamata a Doha a valutare le proposte di tregua; da questo primo spunto si è sviluppata una disamina che ha coinvolto il Pakistan, con il quale l'Arabia Saudita ha stipulato un accordo di reciproco supporto in caso di aggressione, la centralità della spianata nei livelli di provocazione dell'entità ebraica, il dilettantismo trumpiano, finendo con rievocare la distruzione di vestigia e tradizioni culturali perpetrate dall'esercito americano nel recente passato, con lo stesso spregio coloniale e supponente dell'Idf, partendo dal presupposto di detenere il monopolio della cultura di riferimento.\r\nPer contiguità con la regione mediorientale abbiamo proseguito nella carrellata di conflitti che costellano il pianeta, attraversando Bab-al Mandab, ed è toccato a Matteo Palamidesse accompagnarci tra le divisioni armate dell'Africa orientale, dove l'attivazione della diga etiope Gerd sul Nilo Azzurro funge da pretesto per alimentare le divisioni etniche, le rivendicazioni di indipendenza e i campi contrapposti appoggiati da potenze straniere, coinvolgendo il territorio del Corno d'Africa ed estendendosi fino all'assedio di stampo medievale attuato dalle Rsf di \u003Cmark>Dagalo\u003C/mark> su Al Fashir nell'Est del Sudan, dove si consumano stragi quotidiane, l'ultima delle quali è avvenuta con un drone su una moschea che ha causato 75 morti poche ore dopo il racconto di Matteo ai nostri microfoni.\r\nL'elenco di conflitti, proteste e insurrezioni è poi proseguito in Sudest asiatico con Emanuele Giordana, che ci ha illustrato gli intrighi, collegati agli interessi delle scam city e del mondo dell'azzardo per quel che riguarda le scaramucce tra Thailandia e Cambogia e che hanno portato a un rivolgimento politico rischioso per la tradizionale suscettibilità dei militari thai, sempre pronti a sciogliere la conduzione democratica del paese, ora in mano a una nuova coalizione anodina condotta da Anutin Charnvirakul con l'appoggio esterno del Partito popolare (ex Move Forward), dopo la destituzione della famiglia Shinawatra; sempre con il reporter esperto delle questioni estremo orientali abbiamo poi raggiunto il Nepal dove si è assistito a un nuovo episodio delle rivolte della macroarea nell'ultimo anno (dopo Bangla Desh e Sri Lanka) che hanno portato alla destituzione del governo corrotto filocinese; senza tralasciare il pugno di ferro di Prabowo che riprende la tradizione repressiva dell'Indonesia.\r\nLa lunga puntata si è conclusa in Latinamerica con Andrea Cegna inseguendo altri venti di guerra, anche questi scatenati dall'Impero americano in declino: le War on Drugs di nixoniana memoria, ripristinate dall'amministrazione Trump come pretesto per colpire i nemici del cortile di casa; così si è parlato di quale sia il significato ancora del regime bolivariano in Venezuela, ma anche del contrasto in Caribe e quale ruolo svolga il Mexico di Scheinbaum, riservandoci di affrontare tra un mese le alterne fortune del neoliberismo nel mondo latinoamericano, in particolare quello incarnato da Milei che ha subito sì una sonora sconfitta a Buenos Aires, ma in ottobre per le elezioni del Parlamento può ambire a un numero maggiore di rappresentanti eletti tra le sue file.\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\n\r\nOil non olet\r\n\r\nhttps://open.spotify.com/episode/3iOadt0OjeBCBS2wCkHYV6?si=2mNA3bJ4QpaubkOL24hdvg\r\n\r\nSi sono sprecati tutti gli aggettivi più vieti possibili per esprimere indignazione per l’efferatezza delle operazioni militari di Idf agli ordini politici del governo fascista di Netanyahu, sempre rispettando il diritto di Israele a perpetuare un genocidio in quanto popolo eletto, ma di fronte alla sorpresa per il bombardamento della delegazione riunita a valutare proposte di “pace” nel territorio sovrano del Qatar, una nazione filoamericana che ospita la più grossa base statunitense nel Sudovest asiatico e ha regalato l’aereo presidenziale come omaggio al nuovo imperatore, sono venute meno le inani riprovazioni e i vicini sauditi si sono rivolti al Pakistan in cerca di ombrello nucleare e protezione. La credibilità dell’amministrazione Trump è scomparsa del tutto e il volto mascherato di sangue dello Stato ebraico è apparso improvvisamente con i suoi veri connotati al mondo arabo, che ha sempre abbandonato le genti di Palestina al loro destino sacrificale, in cambio di affari.\r\nIl raid israeliano a Doha ha superato il perimetro del conflitto con Hamas: ha squassato regole non scritte, infranto la logica del territorio mediatore, e messo in discussione l’intero schema di alleanze della diplomazia araba, quella stessa che ha permesso al Mossad le peggiori turpitudini e fornito appoggio per operazioni nell'area contro gli avversari di Israele, che con il suo istinto da scorpione ha punto persino il proprio cavallo di Troia nella regione. Il Qatar, lungi dall’essere un bersaglio secondario, entra nella storia come simbolo della frattura tra potenza militare israeliana e coesione regionale arabo-americana, dando spazio a una alleanza di nuovo stampo con una potenza nucleare che fa parte della Belt Road cinese e si approvvigiona da Pechino per i suoi ordigni, come la filosionista India si è accorta nell'ultimo conflitto di pochi mesi fa.\r\nForse ora tutti si accorgeranno che la volontà di cancellazione di ogni traccia di vita e cultura araba dal territorio della Israele biblica coinvolge anche le vestigia e le tradizioni mondiali, ma questo risultato è stato possibile perché tutto ciò che stanno perpetrando i sionisti è già stato sperimentato dai governi di Washington, per esempio in Iraq, dove sono state ridotte in briciole dallo spregio dell’esercito americano testimonianze artistiche e culturali millenarie. Questo è reso possibile dalla presunzione che l’unica vera cultura sia quella ebraico-cristiana e tutti gli altri sono semplici colonizzati senza cultura propria.\r\nQuesti sono i prodromi perché quando gli invasati come Smotrich e Ben Gvir picconeranno la moschea di Gerusalemme, come già hanno cominciato a fare, Al-Aqsa sarà la soglia oltre alla quale la hybris ebraica renderà conto dei suoi abusi, perché la rivolta a quel punto non coinvolgerà solo i milioni di palestinesi, ma i miliardi di musulmani. E gli accordi finanziari, gli interessi per i resort progettati su una Striscia di concentramento e sterminio nulla potranno di fronte alla rivendicazione culturale delle masse oltraggiate dall’impunità israeliana.\r\nGià la trasferta di Rubio a Doha si è risolta in un fallimento: nonostante il giorno prima la riunione dei paesi coinvolti avesse balbettato, come una qualunque Unione europea, L’emiro Tamim ha chiesto i risarcimenti per i danni causati nel bombardamento israeliano su Doha, le scuse ufficiali e l’impegno di Netanyahu a non ripetere più la sua prepotenza e soprattutto di bloccare le uccisioni di innocenti a Gaza.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Oil-non-olet-in-Qatar.mp3\"][/audio]\r\n\r\nAltri temi inerenti all'aggressione colonialista israeliana degli ultimi 80 anni si trovano qui\r\n\r\n\r\n\r\nIrresolubili contrasti che trovano nell'acqua del Nilo pretesti per perpetuarsi\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/dalla-diga-sul-nilo-all-assedio-di-al-fashir-conflitti-in-africa-orientale--67835929\r\n\r\nFinalmente a inizio settembre si è inaugurata Gerd, la grande diga sul Nilo Azzurro voluta da Ahmed e che non solo approvvigionerebbe Etiopia, Sudan, Kenya e Gibuti di energia elettrica, ma coprirebbe il 20% dei consumi dell’Africa orientale. In questo anno in cui il bacino idrico si è andato riempiendo i dati dimostrano che questo non è avvenuto a detrimento dei paesi a valle, eppure i motivi di attrito con l’Egitto non scemano e anzi si dispiegano truppe del Cairo in Somalia, evidenziando alleanze e divisioni legate ad altri dossier, quali lo sbocco al mare in Somaliland (proprio la regione che per essere riconosciuta da Usa e Israele è disposta a ospitare i gazawi deportati) per Addis Abeba, o gli scontri interetnici sia a Nord in Puntland, che nel Jubbaland a Sud. Matteo Palamidesse ci aiuta a districarci ancora una volta in mezzo a queste dispute, ma ci apre anche una finestra sull’orrore attorno ad Al Fashir, città nel Sudan occidentale con 300.000 abitanti assediati dalle milizie delle Forze di intervento rapido di Hemedti; le sue parole a questo proposito vengono registrate qualche ora prima che un attacco contro una moschea proprio nei dintorni della città del Darfur ai confini con il Ciad il 19 settembre producesse 75 morti.\r\nNon poteva mancare anche uno sguardo al Sud Sudan nel giorno in cui è stato reso noto il rapporto della Commissione delle Nazioni Unite per i diritti umani in Sud Sudan, frutto di due anni di indagini e analisi indipendenti che hanno evidenziato il Saccheggio di una nazione, come riporta il titolo del dossier stesso.\r\n\r\n \r\n\r\nIl dossier africano che racchiude i podcast precedenti si trova qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Infiniti-squilibri-distopici-in-Africa-orientale.mp3\"][/audio]\r\n\r\n\r\n\r\nIl capillare cambio di paradigma sistemico in Sudest asiatico\r\n\r\nCon Emanuele Giordana parliamo dei venti di rivolta giovanile che stanno scuotendo alcuni paesi asiatici, un'onda lunga partita dalle rivolte in Sri Lanka nel 2022 e Bangladesh nel 2024 che hanno defenestrato le dinastie al potere reclamando un cambiamento sostanziale . Le cause delle crisi che stanno attraversando alcuni paesi asiatici hanno le loro radici in un sistema di potere autoritario che nega le legittime aspirazioni delle nuove generazioni a una partecipazione concreta alle scelte che condizionano il loro futuro. La crisi economica, le distorsioni nello sviluppo eredità del colonialismo, l'iniqua distribuzione delle risorse, la corruzione imperante, le smodate ricchezze esibite da élite predatorie, l'ingombrante presenza dei militari nella vita politica ed economica, la disoccupazione giovanile e la mancanza di prospettive sono tratti comuni in paesi come la Thailandia, l'Indonesia e con caratteristiche più peculiari il Nepal. Sono paesi dove i giovani sono la maggioranza ma le loro richieste di cambiamento sono state compresse e represse per molto tempo e dove hanno trovato uno sbocco elettorale come in Thailandia i poteri conservatori e legati alla monarchia hanno invalidato l'esito elettorale. La chiamano la generazione \"z\" ma a prescindere dalle definizioni queste rivolte sono il sintomo di una forte richiesta di cambiamento del modello di accumulazione che ha contraddistinto la tumultuosa crescita dei paesi asiatici. Questa spinta generazionale ancora non riesce a trasformarsi in un articolato progetto politico ma sta mettendo in discussione fortemente un modello di società che ormai non garantisce né crescita né uguaglianza, le rivolte si stanno espandendo e chissà che dall'Asia arrivi anche in Europa questo virus benefico.\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/i-giovani-scuotono-l-asia-dalla-crisi-politica-thai-alle-rivolte-in-nepal-ed-indonesia--67824026\r\n\r\nAltri temi inerenti alla geopolitica estremorientale si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-GIORDANA-18092025.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\nTrump ringhia contro il Venezuela agitando lo spettro della guerra alla droga.\r\n\r\nTrump si rivolge verso il \" patio trasero\" yankee con molta più frequenza ed aggressività delle precedenti amministrazioni anche repubblicane. L'impero declinante ha perso importanti posizioni in America Latina nel confronto con il competitor cinese e quindi ora Washington si atteggia a \" terminator\" nella strategia della lotta antidroga ,alibi per eccellenza fin dai tempi di Nixon per mascherare le ingerenze nordamericane. Il target è il Venezuela, irriducibilmente chavista nonostante Maduro, comunque eccezione pur con le sue contraddizioni a causa di un modello economico redistributivo verso il basso che non trova più seguaci nella regione . Rimasto prigioniero delle logiche di capitalismo estrattivo il Venezuela di Maduro resiste anche per l'inefficacia di un'opposizione poco credibile ed asservita agli interessi statunitensi, preda ambita per le sue riserve petrolifere.\r\nIl narcotraffico costituisce la copertura per l'interventismo nordamericano che ricorda la versione 2.0 della dottrina Monroe, ma il destino manifesto è duro da affermare in un continente sempre più autonomo dai legami con l'ingombrante vicino e legato ad interessi economici ed investimenti cinesi.\r\n\r\nNe parliamo con Andrea Cegna, giornalista e conoscitore dell'America Latina\r\n\r\nhttps://www.spreaker.com/episode/trump-ringhia-contro-il-venezuela-agitando-lo-spettro-della-guerra-alla-droga--67855661\r\n\r\nPer ripercorrere i sentieri fin qui percorsi con i popoli latinos, si trovano qui\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/BASTIONI-18092025-CEGNA.mp3\"][/audio]",[286],{"field":92,"matched_tokens":287,"snippet":283,"value":284},[70],{"best_field_score":129,"best_field_weight":130,"fields_matched":24,"num_tokens_dropped":47,"score":131,"tokens_matched":24,"typo_prefix_score":47},6636,{"collection_name":274,"first_q":27,"per_page":14,"q":27},["Reactive",292],{},["Set"],["ShallowReactive",295],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fkLE_u6_DeRpA4JQvdSipGkbs0Nw0X_aamUypL9c5XeU":-1},true,"/search?query=dagalo"]