","ARGENTINA AL VOTO",1697821358,[60,116,117],"http://radioblackout.org/tag/elezioni-argentine/","http://radioblackout.org/tag/piqueteros/",[20,119,120],"elezioni argentine","piqueteros",{"post_content":122,"tags":126},{"matched_tokens":123,"snippet":124,"value":125},[70],"soglia della povertà e un \u003Cmark>debito\u003C/mark> di 400 miliardi di dollari","Domenica 22 ottobre si terranno le elezioni in Argentina. In corsa per la presidenza si trovano i candidati più a destra di ogni schieramento politico. Tra tutti, spicca la figura di Javier Milei, \"anarco-capitalista\" nemico delle politiche pubbliche, dei movimenti politici, femministi e LGBTQ. Figura urlante della nuova destra neoliberista in America latina, Milei scala i sondaggi con proposte quali la dollarizzazione dell'economia, la criminalizzazione dell'aborto, l'autorizzazione del porto d'armi e del commercio di organi.\r\n\r\nNel mentre - con l'inflazione al 138%, quasi della metà della popolazione sotto la soglia della povertà e un \u003Cmark>debito\u003C/mark> di 400 miliardi di dollari - l'Argentina sta vivendo una crisi socio-economica che la riporta alle condizioni del 2001, ma senza un movimento sociale capace di farvi fronte, in termini di lotta politica e mutualismo sociale.\r\n\r\nNe parliamo con Gabriel, ricercatore del Conicet che vive a Cordoba:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/10/Gabi-mp3.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ",[127,129,131],{"matched_tokens":128,"snippet":79},[70,69],{"matched_tokens":130,"snippet":119},[],{"matched_tokens":132,"snippet":120},[],[134,139],{"field":37,"indices":135,"matched_tokens":136,"snippets":138},[49],[137],[70,69],[79],{"field":91,"matched_tokens":140,"snippet":124,"value":125},[70],{"best_field_score":98,"best_field_weight":99,"fields_matched":101,"num_tokens_dropped":49,"score":142,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":49},"1157451471441625194",{"document":144,"highlight":163,"highlights":177,"text_match":96,"text_match_info":186},{"cat_link":145,"category":146,"comment_count":49,"id":147,"is_sticky":49,"permalink":148,"post_author":30,"post_content":149,"post_date":150,"post_excerpt":54,"post_id":147,"post_modified":151,"post_thumbnail":152,"post_thumbnail_html":153,"post_title":154,"post_type":57,"sort_by_date":155,"tag_links":156,"tags":160},[46],[48],"79377","http://radioblackout.org/2023/01/torino-2023-una-citta-cantiere/","Sono molti gli annunci che in questi giorni parlano di Torino 2023 città dei cantieri e degli eventi a seguito delle dichiarazioni del sindaco Lo Russo relative a differenti progetti, alcuni inerenti ai soldi in arrivo del Pnrr ed altri invece evidentemente priorità di spesa per il Comune di Torino. \r\n\r\nIn maniera generale riguardano la riqualificazione di alcune zone della città e il conseguente investimento per un'immagine da ripulire dei luoghi simbolo di Torino: tra questi vi sono la Caserma Amione, la ex Gondrard, il centro congressi per l'area ex Westinghouse, ma anche la Manifattura Tabacchi e il Palazzo del Lavoro. Inoltre, vengono citati progetti di rigenerazione urbana per alcuni quartieri come Vallette, Porta Palazzo e le case popolari di corso Racconigi in parallelo è previsto lo stanziamento di 25 milioni per Aurora e Barriera di Milano. Si parla poi di progetti più originali come per esempio la navigazione \"green\" del fiume Po (difficile immaginarsela dopo chi voleva addirittura renderlo balneabile), e di altre infrastrutture evidentemente inutili e anzi, dannose e non desiderate dagli abitanti stessi, come il riesumato progetto della TangEst oggi rinominata Gronda Est.\r\n\r\nIl filo conduttore di tutti questi progetti è l'indifferenza totale nei confronti delle esigenze della popolazione, il fatto che vengano \"annunciati\" ma che prima di vederne la realizzazione passino degli anni, tempo durante il quale aziende private e gare di appalti possono approfittare per guadagnarci indisturbatamente. Un paradigma quello di Torino città del debito che si riproduce anche in questo senso, attraverso una gestione della città e dell'urbanistica totalmente asservita al profitto di banche, fondazioni e privati. Una delle iniziative dell'amministrazione comunale per andare in questa direzione è il cantiere capofila di tutti gli altri, ossia quello relativo al Piano Regolatore: l'obiettivo è quello di deregolamentare i processi per la costruzione, per le destinazioni d'uso, permettendo la svendita e le concessioni ai privati in una dimensione di assenza di rispetto dei criteri minimi per la messa in campo dei progetti di trasformazione urbana.\r\n\r\nSi aprono nuove contese dello spazio e soprattutto delle priorità secondo le quali vengono distribuite le poche risorse esistenti, una prospettiva che sottolinea come la gestione della città sia uno degli strumenti per chiudere possibilità e calpestare senza alcuna vergogna i bisogni reali.\r\n\r\nAbbiamo approfondito questi temi insieme a Emilio Soave, di Pronatura Torino.\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/Torino-pnrr-cantieri-2023_01_12_2023.01.12-09.00.00-escopost.mp3\"][/audio]\r\n\r\n \r\n\r\n ","14 Gennaio 2023","2023-01-14 18:39:43","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"194\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840-300x194.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840-300x194.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840-1024x661.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840-768x496.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/01/20200727_212840.jpg 1080w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Torino 2023: una città cantiere.",1673721583,[157,60,158,159],"http://radioblackout.org/tag/cantieri/","http://radioblackout.org/tag/pnrr/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[161,20,162,23],"cantieri","pnrr",{"post_content":164,"tags":168},{"matched_tokens":165,"snippet":166,"value":167},[70],"quello di Torino città del \u003Cmark>debito\u003C/mark> che si riproduce anche in","Sono molti gli annunci che in questi giorni parlano di Torino 2023 città dei cantieri e degli eventi a seguito delle dichiarazioni del sindaco Lo Russo relative a differenti progetti, alcuni inerenti ai soldi in arrivo del Pnrr ed altri invece evidentemente priorità di spesa per il Comune di Torino. \r\n\r\nIn maniera generale riguardano la riqualificazione di alcune zone della città e il conseguente investimento per un'immagine da ripulire dei luoghi simbolo di Torino: tra questi vi sono la Caserma Amione, la ex Gondrard, il centro congressi per l'area ex Westinghouse, ma anche la Manifattura Tabacchi e il Palazzo del Lavoro. 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Di fatto il governo greco ha ottenuto alcuni primi risultati e ha guadagnato tempo, un fattore molto importante rispetto ad un debito che continua ad aumentare e che non sarà mai estinto veramente.\r\n\r\nQuesta mattina insieme all'aiuto di Andrea Fumagalli abbiamo ripercorso le ultime mosse del governo greco e contromosse dei suoi avversari europei, tra falchi olandesi e rigidi rigoristi tedeschi, per svelare ciò che i giornali non dicono (o non ammettono) e capire meglio quali sono le proposte reali del ministro delle finanze Varoufakis per dare risposte concrete a tutte quelle persone e famiglie che vivono da anni in estrema povertà in seguito alle misure devastanti imposte dalla troika e che hanno visto lievitare il debito greco fino al 176%. Si parla di crisi umanitaria per circa 400 mila famiglie senza alcun reddito.\r\n\r\nAscolta il contributo\r\n\r\nUnknown\r\n\r\n ","10 Marzo 2015","2015-03-12 12:08:10","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/calma-go-to-hell-200x110.jpeg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"168\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2015/03/calma-go-to-hell-300x168.jpeg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" />","La Grecia contro tutti: primi colpi all'austerity",1425992122,[201,202,203,60,204,205],"http://radioblackout.org/tag/austerity/","http://radioblackout.org/tag/bce/","http://radioblackout.org/tag/crisi/","http://radioblackout.org/tag/grecia/","http://radioblackout.org/tag/troika/",[207,208,15,20,18,209],"austerity","BCE","troika",{"post_content":211,"tags":215},{"matched_tokens":212,"snippet":213,"value":214},[70],"molto importante rispetto ad un \u003Cmark>debito\u003C/mark> che continua ad aumentare e","Malgrado le cronache \"economiche\" estremamente negative di questi giorni - che possiamo leggere sui quotidiani nostrani sempre più neoliberisti e allineati all'austerity e che riguardano il neo governo di Syriza alle prese con \"i ricatti e i rimproveri\" dell'Eurogruppo - la situazione della Grecia all'interno delle pressioni rigoriste da parte delle istituzioni europee non è affatto negativa come viene rappresentata. 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Allora, \"Mario Draghi, attuale presidente della Bce, era direttore generale del Tesoro\" ricorda il FT, sottolineando che il rapporto di 29 pagine non specifica le potenziali perdite dell'Italia sui derivati ristrutturati.\r\nA Draghi successe Grilli, attuale ministro del Tesoro.\r\nTre esperti indipendenti consultati dal quotidiano calcolano le perdite, sulla base dei prezzi di mercato al 20 giugno, a circa 8 miliardi di euro.\r\nIl rapporto - mette in evidenza il Financial Times - si riferisce solo alle \"transazioni e all'esposizione sul debito nella prima metà del 2012, inclusa la ristrutturazione di otto contratti derivati con banche straniere dal valore nozionale di 31,7 miliardi di euro. Il rapporto lascia fuori dettagli cruciali e non fornisce un quadro completo delle perdite potenziali dell'Italia. Ma gli esperti che lo hanno esaminato - aggiunge il Financial Times - hanno detto che la ristrutturazione ha consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo piu' lungo\". Il guaio è che questo tempo guadagnato è stato pagato \"in alcuni casi, con termini più svantaggiosi per l'Italia\".\r\nIl documento non nomina le banche ne' fornisce i dettagli sui contratti originali \"ma gli esperti ritengono che risalgano alla fine degli anni Novanta. In quel periodo Roma aggiustava i conti con pagamenti in anticipo dalle banche per centrare gli obiettivi di deficit fissati dall'Unione Europea per i primi 11 paesi che volevano aderire all'euro. Nel 1995 l'Italia aveva un un deficit di bilancio del 7,7%. Nel 1998, l'anno cruciale per l'approvazione del suo ingresso nell'euro, il deficit si era ridotto al 2,7%\".\r\nSul rapporto del Tesoro è intervenuta anche la Guardia di Finanza - riporta il Financial Times - con perquisizioni lo scorso aprile negli uffici di Via XX Settembre. In particolare, le Fiamme Gialle avrebbero chiesto informazioni e documenti sui contratti originari in derivati a Maria Cannata, responsabile dell'Ufficio Gestione Debito del Tesoro. \"Solo una manciata di funzionari italiani, del passato e del presente, sono a conoscenza del quadro completo\", scrive FT e gli esperti consultati dal quotidiano hanno confermato che si tratta di impegni sottoscritti dall'Italia negli anni '90 e ristrutturati nel 2012.\r\nL'anno scorso, ricorda FT, l'Italia ha rivelato di aver pagato 2,57 miliardi a Morgan Stanley che per ridurre l'esposizione al rischio italiano aveva esercitato il ricorso a una clauusola rescissoria prevista negli accordi sui derivati stipulati nel'94. La banca americana è stata l'unica, ad oggi, a voler uscire da contratti in essere con l'Italia.\r\nLa documentazione fornita al Parlamento nel 2012, ricroda il FT, stimava nel 10% dell'intero ammontare di titoli del debito pubblico italiano il valore dei contratti su derivati stipulati dal Tesoro italiano.\r\n\r\nPer capire l'entità del buco è sufficiente fare un paragone. L'aumento di un punto dell'IVA, previsto a luglio ma rimandato a settembre, dovrebbe far entrare in cassa circa sei miliardi in un anno. Per pareggiare gli 8 miliardi di debiti contratti con le banche per garantirsi l'ingresso nell'euro, oggi l'Italia dovrebbe aumentare l'IVA di un punto e mezzo percentuale.\r\nLa crisi che ha mezzo in ginocchio dieci milioni di greci è partita con un debito sui derivati di soli 3 miliardi.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Francesco, un economista che ci ha aiutato a districarci tra cifre e percentuali. Ci ha anche spiegato cosa siano i derivati: una scommessa su una possibilità. Meno di nulla. Peccato che su questo nulla si brucino le vite di miliardi di esseri umani.\r\n\r\nAscolta la diretta\r\n\r\nDerivati","26 Giugno 2013","2013-07-03 13:33:13","L'Italia come la Grecia? Il buco nero dei derivati",1372257696,[249,250,60,251,252],"http://radioblackout.org/tag/buco-di-otto-miliardi/","http://radioblackout.org/tag/corte-dei-conti/","http://radioblackout.org/tag/derivati/","http://radioblackout.org/tag/financial-times/",[254,255,20,256,257],"buco di otto miliardi","corte dei conti","derivati","financial times",{"post_content":259,"tags":263},{"matched_tokens":260,"snippet":261,"value":262},[70,69],"dell'intero ammontare di titoli del \u003Cmark>debito\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> italiano il valore dei contratti","Arriva dal Financial Times l'ennesima doccia fredda sui conti pubblici italiani: l'Italia, scrive il quotidiano della City, rischia pedite per complessivi 8,1 miliardi di euro da operazioni, nate a fine '90 e poi ristrutturate, sui derivati.\r\nI contratti originali - scrive il Financial Times citando un documento del Tesoro, trasmesso alla Corte dei Conti - risalgono alla fine degli anni '90, ovvero al periodo \"precedente o subito successivo all'ingresso dell'Italia nell'euro\". 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Alla timida proposta del candidato premier del M5S di sforare il sacro tetto del 3%, il commissario Pierre Moscovici è subito accorso a puntare il dito contro proposte “irresponsabili”. Nonostante ciò la necessità di alleggerire i vincoli di bilancio sembra costituire un’idea che si fa strada in maniera sempre più insistente. Le politiche “keynesiane”, ossia lo stimolo della domanda interna grazie agli investimenti pubblici, fanno consenso a destra come a sinistra: ma alternare fasi di sbornia debitoria con hangover di tagli e austerità costituisce veramente una soluzione? 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Districarsi nella complessità del contesto nazionale e internazionale non è facile, è però fondamentale riconoscere che quelli che vediamo oggi sono i frutti di una crisi economica che accelera da decenni.\r\n\r\nIn nome del principio di austerità vengono meno politiche materiali e redistributive, avendo ogni anno una grande mole di debito pubblico da alimentare. La finanziaria del Governo Meloni è una legge di tagli, non di redistribuzione. Redistribuire non è possibile in questo contesto politico, la destra fascista è capo di un governo di classe, dominante, che non ha alcuna intenzione di sovvertire l’ordine di mercato.\r\n\r\nFa da sfondo l’economia di guerra. I dati sono allarmanti: aumento di più di due miliardi nella Difesa con la vendita di armi e munizioni che supera il 10 %. La Germania censisce e struttura la costruzione di nuovi bunker e teme entro il 2030 uno scontro diretto tra Russia e Nato.\r\n\r\nBuon ascolto\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/11/F_m_26_11_Approfondimento-sulla-finanziaria-con-Francesco-Schettino_1.mp3\"][/audio]\r\n\r\n[download]\r\n\r\n \r\n\r\nNella seconda parte dell’approfondimento ci occupiamo più nel dettaglio della situazione italiana.\r\n\r\nIl Sistema Sanitario Nazionale necessità di 3 miliardi di incremento per una tenuta minima, contro gli 1,2 sbloccati dal governo Meloni. La scuola subisce il taglio di più di 5.000 insegnanti e più di 2.000 personali ATA. La riforma Bernini standardizza il precariato universitario. Continua il blocco del turn-over nelle assunzioni nella Pubblica Amministrazione.\r\n\r\nPer chi lavora è oggettivo osservare l’erosione un’ultima parte del suo salario, oltre alla paga netta e i contributi pensionistici. Il riferimento è ai servizi pubblici, oggi sempre più difficoltosi da usufruire, in particolare per la sanità, il cui mercato privato è in vertiginosa crescita. Rivolgersi a essi ha costi importanti, che impattano per forza di cose sull’economia delle persone.\r\n\r\nIn questo schema il governo fascista al potere in Italia si sta muovendo con il più nostalgico dei mezzi a sua disposizione per la tutela del capitale e della classe dominante: l’esercizio del potere con modalità coercitive e non democratiche. 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Il fenomeno del sovra-indebitamento delle imprese non si limita certo ai confini dei soli Stati Uniti, e si può constatare tanto in Cina che nell'Unione Europea – in Francia soprattutto. Ma, come abbiamo visto nelle scorse puntante, negli Stati Uniti esso si sovrappone ad un debito pubblico catastrofico. In qualche modo al crocevia tra i due, sta il settore dello shale oil, anello debole del settore petrolifero americano. Diciamo “al crocevia”, perché da un lato le capacità in termini di budget dello Stato federale americano restano legate a doppio filo al mantenimento del dollaro come valuta di riferimento per il commercio internazionale, e petrolifero in particolare. Ed è su questo fronte che la politica estera americana, anche nei suoi sviluppi più recenti, mostra tutta la sua pertinenza. 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Questi dati rappresentano una brutta vetrina per un'Unione Europea che continua a chiedere sacrifici e austerità in nome di una ripresa che non arriva.\r\nLa scelta della città di Torino come sede dell'evento è da questo punto di vista sintomatica, presentata come fulgido esempio di sorpassamento del modello della città-fabbrica in un oltre di cui quel che si intravvede oggi è soprattutto l'indebitamento, la riduzione progressiva di servizi e welfare e l'impoverimento di ampie fasce di popolazione. Qui, dove non ha mai attecchito il modello berlusconiano, vige e domina da 20 anni il cosiddetto “Sistema-Torino”: un'intricatissima rete di rapporti economici, politici e personali tra grandi banche, fondazioni, ex-dirigenti di Pci-Ds-Pd e Fiat. Un modello che a quanto pare ha fatto scuola: la versione “di sinistra” del capitalismo neoliberista.\r\nSu questa ordinaria gestione del paese si innesta oggi un'accelerazione dettata dalla crisi e dalle misure europee imposte dalla Trojka col Fiscal Compact, il pareggio di bilancio fatto entrare di forza nelle costituzioni nazionali, la riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL. La cancellazione della spesa pubblica per stare dentro questi parametri è la sola risposta comune messa in campo da governi nazionali complici e subalterni. Privatizzazione dei servizi, finanziarizzazione del welfare ed espropriazione dei beni comuni ne sono i corollari necessari. Le reti familiari/comunitarie, dove ci sono, restano le ultime ancore di salvezza prima dell'inferno dell'indebitamento individuale. Per un'Europa costruita sul primato della finanza, le richieste non hanno mai fine. Per quanto denaro pubblico e risparmi vi si getti dentro, la voragine non è mai colma.\r\nPer i giovani il futuro si mostra sotto una prospettiva ancora più radicale, senza collocazione o prospettive che non siano quelle di un'infinita disponibilità ad assecondare le esigenze del capitale. Non importa quanto hai studiato e quali siano le tue aspettative, devi essere pronto e flessibile a ogni richiesta. Il punto non è “tirare la cinghia per stare nei parametri” ma farci tirare la cinghia per abituarci a dare di più e chiedere di meno. Produttività, flessibilità, competitività, merito sono le parole d'ordine di questo programma nemico di cui Renzi è il nome italiano. Le prime misure varate dal suo governo – Piano Casa e Jobs Act – sono espliciti momenti di una più generale guerra ai pobveri. Sono anche risposte politiche a quanto posto sul piatto dai movimenti, dalle vertenze sui luoghi di lavoro e nelle lotte territoriali.\r\nDobbiamo rovesciare questo programma, invertire l'ordine delle priorità. Ordinare un'altra agenda politica, sostanziata dalle lotte, legittimata nei territori, capace di gettare sabbia nei loro ingranaggi e porre sul medio-termine la questione strategica del come, cosa, quanto e per chi produrre. Lo sviluppo tecnologico (automazione, informatizzazione) permetterebbe oggi una riduzione netta e generalizzata del lavoro socialmente necessario, eppure ci troviamo ancora presi dentro le maglie di un ricatto che ci chiede di lavorare di più e più intensamente per mantenere in vita un sistema diseguale e mortifero. Il problema è quindi di del chi e a nome di chi decide.\r\nVoremmo che la giornata dell'11 luglio metta all'ordine del giorno queste questioni e che lo faccia all'altezza dei tempi che stiamo vicendo, individuando pratiche efficaci e massificabili, in grado di indicare un percorso anche per i tempi futuri. Per questo invitiamo i movimenti, le lotte territoriali , i sindacati conflittuali e quanti e quante in questi anni si sono battuto contro i piani del neoliberismo e della trojka, a partecipare ad un'assemblea nazionale dei movimenti per discutere insieme e costruire collettivamente la giornata di lotta dell'11 luglio. La data che indichiamo è quella di sabato 31 maggio, h 14 a Palazzo Nuovo (Università di Torino). \r\n#renzistaisereno #civediamolundici\r\n\r\n#11L #nojobsact #notroika #nopianocasa\r\n\r\n \r\n\r\nMovimenti sociali contro l'austerity e la precarietà - Torino","29 Maggio 2014","2018-10-17 22:10:03","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/10297809_647786368639288_8117626845030265297_n-200x110.jpg","Torino - 31 maggio: un'assemblea nazionale contro l'Europa dell'austerity",1401366889,[434,201,435,436,437,159],"http://radioblackout.org/tag/11l/","http://radioblackout.org/tag/europa/","http://radioblackout.org/tag/precarieta/","http://radioblackout.org/tag/renzi/",[352,207,439,362,354,23],"europa",{"post_content":441},{"matched_tokens":442,"snippet":443,"value":444},[70,69],"la riduzione del rapporto fra \u003Cmark>debito\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e PIL. 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Sarà un primo momento di discussione per costruire una mobilitazione nazionale contro il vertice dei capi di stato che si terrà l'11 luglio a Torino sull' \"occupazione giovanile\".\r\nCon Germana, compagna delle realtà autonome torinesi abbiamo affrontato alcuni dei temi che saranno discussi durante quest'assemblea\r\ngermana_31M\r\nQui di seguito il comunicato di convocazione dell'assemblea\r\n\r\nTorino, #11 luglio: blocchiamo Renzi, combattiamo l'Europa dell'austerity\r\nIl prossimo undici luglio i primi ministri dell'Unione Europea si incontreranno a Torino in un vertice in cui si parlerà di “occupazione giovanile”. Ma forse è di disoccupazione giovanile che sarebbe più lecito parlare. Se guardiamo ai dati europei la media dei senza lavoro sotto i 25 anni si aggirà intorno al 24 % ma nel Sud del continente si sfonda ampiamente il 40% e in Spagna e Grecia si va ben oltre il 50%. Questi dati rappresentano una brutta vetrina per un'Unione Europea che continua a chiedere sacrifici e austerità in nome di una ripresa che non arriva.\r\nLa scelta della città di Torino come sede dell'evento è da questo punto di vista sintomatica, presentata come fulgido esempio di sorpassamento del modello della città-fabbrica in un oltre di cui quel che si intravvede oggi è soprattutto l'indebitamento, la riduzione progressiva di servizi e welfare e l'impoverimento di ampie fasce di popolazione. Qui, dove non ha mai attecchito il modello berlusconiano, vige e domina da 20 anni il cosiddetto “Sistema-Torino”: un'intricatissima rete di rapporti economici, politici e personali tra grandi banche, fondazioni, ex-dirigenti di Pci-Ds-Pd e Fiat. Un modello che a quanto pare ha fatto scuola: la versione “di sinistra” del capitalismo neoliberista.\r\nSu questa ordinaria gestione del paese si innesta oggi un'accelerazione dettata dalla crisi e dalle misure europee imposte dalla Trojka col Fiscal Compact, il pareggio di bilancio fatto entrare di forza nelle costituzioni nazionali, la riduzione del rapporto fra \u003Cmark>debito\u003C/mark> \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e PIL. La cancellazione della spesa pubblica per stare dentro questi parametri è la sola risposta comune messa in campo da governi nazionali complici e subalterni. Privatizzazione dei servizi, finanziarizzazione del welfare ed espropriazione dei beni comuni ne sono i corollari necessari. Le reti familiari/comunitarie, dove ci sono, restano le ultime ancore di salvezza prima dell'inferno dell'indebitamento individuale. Per un'Europa costruita sul primato della finanza, le richieste non hanno mai fine. Per quanto denaro \u003Cmark>pubblico\u003C/mark> e risparmi vi si getti dentro, la voragine non è mai colma.\r\nPer i giovani il futuro si mostra sotto una prospettiva ancora più radicale, senza collocazione o prospettive che non siano quelle di un'infinita disponibilità ad assecondare le esigenze del capitale. Non importa quanto hai studiato e quali siano le tue aspettative, devi essere pronto e flessibile a ogni richiesta. Il punto non è “tirare la cinghia per stare nei parametri” ma farci tirare la cinghia per abituarci a dare di più e chiedere di meno. Produttività, flessibilità, competitività, merito sono le parole d'ordine di questo programma nemico di cui Renzi è il nome italiano. Le prime misure varate dal suo governo – Piano Casa e Jobs Act – sono espliciti momenti di una più generale guerra ai pobveri. Sono anche risposte politiche a quanto posto sul piatto dai movimenti, dalle vertenze sui luoghi di lavoro e nelle lotte territoriali.\r\nDobbiamo rovesciare questo programma, invertire l'ordine delle priorità. Ordinare un'altra agenda politica, sostanziata dalle lotte, legittimata nei territori, capace di gettare sabbia nei loro ingranaggi e porre sul medio-termine la questione strategica del come, cosa, quanto e per chi produrre. Lo sviluppo tecnologico (automazione, informatizzazione) permetterebbe oggi una riduzione netta e generalizzata del lavoro socialmente necessario, eppure ci troviamo ancora presi dentro le maglie di un ricatto che ci chiede di lavorare di più e più intensamente per mantenere in vita un sistema diseguale e mortifero. Il problema è quindi di del chi e a nome di chi decide.\r\nVoremmo che la giornata dell'11 luglio metta all'ordine del giorno queste questioni e che lo faccia all'altezza dei tempi che stiamo vicendo, individuando pratiche efficaci e massificabili, in grado di indicare un percorso anche per i tempi futuri. Per questo invitiamo i movimenti, le lotte territoriali , i sindacati conflittuali e quanti e quante in questi anni si sono battuto contro i piani del neoliberismo e della trojka, a partecipare ad un'assemblea nazionale dei movimenti per discutere insieme e costruire collettivamente la giornata di lotta dell'11 luglio. La data che indichiamo è quella di sabato 31 maggio, h 14 a Palazzo Nuovo (Università di Torino). \r\n#renzistaisereno #civediamolundici\r\n\r\n#11L #nojobsact #notroika #nopianocasa\r\n\r\n \r\n\r\nMovimenti sociali contro l'austerity e la precarietà - Torino",[446],{"field":91,"matched_tokens":447,"snippet":443,"value":444},[70,69],{"best_field_score":314,"best_field_weight":395,"fields_matched":180,"num_tokens_dropped":49,"score":396,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":49},{"document":450,"highlight":469,"highlights":474,"text_match":312,"text_match_info":477},{"comment_count":49,"id":451,"is_sticky":49,"permalink":452,"podcastfilter":453,"post_author":326,"post_content":454,"post_date":455,"post_excerpt":54,"post_id":451,"post_modified":456,"post_thumbnail":457,"post_title":458,"post_type":380,"sort_by_date":459,"tag_links":460,"tags":465},"13419","http://radioblackout.org/podcast/grillo-pinocchio-e-gli-altri/",[326],"Tra lo spettacolo della politica e la politica spettacolo si sta consumando l'ultima campagna elettorale.\r\nAnarres l'ha seguita con tre lunghe chiacchierate realizzate in altrettante puntate della trasmissione.\r\nVe le proponiamo assieme ad un articolo di prossima uscita sul settimanale Umanità Nova.\r\nAscolta l'intervento di Pietro: 2013 01 13 stara elezioni\r\n\r\nQuello di Stefano: 2013 02 08 capello grillo \r\n\r\ne di Francesco: 2013 02 15 elezioni\r\n\r\nMonti ha chiamato l’esperto di immagine di Barack Obama per una consulenza sulla propria campagna elettorale. Da allora lo stile del professore è cambiato: messe da parte le vesti del tecnico autorevole e pacato, ha indossato i panni del leader responsabile ma deciso, che ha un percorso proprio e nessuna alleanza precostituita.\r\nCon buona pace del PD che ha finito con il recitare la parte del fidanzato cornuto e geloso che non può fare a meno dell’amata. Un stile che non attira certo i voti. L’esperto di comunicazione di Bersani non è certo all’altezza di quelli di Monti. I manifesti elettorali in stile vecchio apparatnik su sfondo grigio topo portano sfiga solo a vederli.\r\nMeglio, decisamente meglio, Berlusconi, che tira fuori tutto il proprio repertorio di gag, frizzi e lazzi, sparandole sempre più grosse ma toccando in una frase il cuore di tanti. La restituzione dell’IMU è come la lotteria: tutti sanno che vincere è improbabile, ma la sola possibilità fa vendere milioni di biglietti.\r\nMaroni e i suoi arrancano ma non sono da meno. Hanno riaperto i cassetti e sparato tutte le vecchie cartucce. Promettono di tagliare le tasse e di aumentare le pensioni, rispolverano il federalismo fiscale hard. Fanno una campagna vecchio stile. I consiglieri comunali bolognesi fanno pulizia (etnica) all’ospedale di Bologna, Maroni fa finta di non essere stato al governo sino a ieri.\r\nUn miraggio è meglio del conto dal droghiere, delle bollette da pagare, del lavoro che non c’è, della precarietà che è meglio del nulla.\r\nPer gli ammalati di nuovismo, forse la più grave delle malattie novecentesche, l’offerta varia tra giustizialisti populisti e giustizialisti d’antan.\r\nIl Grillo urlante sogna un Berlusconi/Pinocchio trascinato via dai carabinieri, a Ingroia i panni del giudice stanno sin troppo bene: non deve certo far fatica a entrare nel personaggio.\r\nSin qui il marketing. Ossia il 90% di quello che c’é.\r\n\r\nChi scrive non sa come andranno le elezioni, ma sa già chi è il vincitore morale di questa partita elettorale.\r\nQuando si dimise, poco più di un anno fa, diversi editorialisti scrissero che era finita un’epoca, che il berlusconismo era morto. Un anno dopo, persino se dovesse perdere malamente le elezioni, Berlusconi avrebbe vinto, perché la sua Italia è più viva che mai.\r\nSe la Milano di Craxi era da bere, l’Italia di Berlusconi è da mangiare, digerire, sputare per poi affondare nuovamente i denti nella carne viva.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di casalinghe che si calavano le mutande in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò uno stile politico che si confondeva, a volte persino anticipava l’Italia gridata e scorreggiona che esplose in televisione.\r\nI politici della prima repubblica parlavano e vestivano come mummie in grigio, solo ai sindacalisti era concesso togliere la giacca, gridare, mostrare l’ascella pezzata.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno. Persino il papa si adegua, inaugurando l’anno santo del 2000 con una mantellina da arlecchino con gli strass.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine il regolamento di conti intrapreso da Bettino Craxi, l’unico leader della Prima Repubblica che si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nGli ammortizzatori servono quando il conflitto sociale è tanto forte da mettere in gioco l’esistenza stessa di un sistema politico e sociale basato sul diritto alla proprietà privata. In un mondo diviso in blocchi, con un partito comunista forte come il PCI, la socialdemocrazia era la miglior garanzia di mantenimento del capitalismo. Ma. La socialdemocrazia costa e ai padroni non piace spendere per\r\ntenere buoni i lavoratori: appena possibile passano all’attacco.\r\n\r\nCome tutti sanno Berlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il partito democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nNel gioco delle tre carte che ciascuno fa credendo di sapere dove sia quella giusta, esce fuori il Jolly che le scompagina. Mario Monti si butta e prova a scavarsi un proprio ambito di potere, muovendosi con accortezza, per fungere da ago della bilancia.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende. Oggi sarebbe impossibile immaginare un manifesto con il simbolo del partito e uno slogan, come ai tempi della prima repubblica.\r\nOggi serve una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Negli Stati Uniti negli anni ottanta ne scelsero uno serioso e di second’ordine come Ronald Reagan.\r\nIn Italia il ruolo tocca ad un comico. L’unico capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Nei manifesti dell’M5S il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come il vinile, ricercato come i mobili di legno della nonna dopo l’overdose dei ripiani di formica e delle sedie di plastica. Guida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amoroso che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono schiaffoni, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo, una sorta di Juan Peron post moderno, rappresenta l’apoteosi della politica post ideologica, mettendo insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nQuando parla le piazze si riempiono di spettatori, che vanno via appena prendono la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nLa sinistra che ama la democrazia partecipativa, il commercio equo, che guevara sulle magliette, la fiom e la mamma ha provato a giocare la carta della costruzione dal basso di un “soggetto politico nuovo” sin dalla scorsa primavera, quando nacque il cartello di A.L.B.A. Lo scopo era contrastare il M5S sul terreno della giustizia e della democrazia dal basso. L’operazione ha mostrato la sua povertà quando dalle chiacchiere si è passati alle liste. L’accozzaglia dei vari Ferrero, Diliberto, Di Pietro ha riproposto sotto altra veste gli stessi partiti che avevano sostenuto le scelte più antipopolari del governo Prodi. Le anime più sensibili di Alba si sono sfilate dall’operazione “Rivoluzione civile”, il gioco delle poltrone è andato avanti.\r\n\r\nPresto la campagna elettorale finirà. Non ci vuole una sfera di cristallo per indovinare che il nuovo governo, chiunque vinca e persino se non vincesse nessuno, metterà in campo altri tagli ai servizi ed un ulteriore affondo sul fronte del lavoro, riaprendo l’agenda nel medesimo punto dove l’ha chiusa Monti.\r\nOggi più che mai la partita vera o si gioca altrove o non si gioca. La scommessa della partecipazione diretta, dell’apertura di spazi politici non statali, si pratica nella materialità delle lotte. Quando il dominio si palesa in tutta la propria crudezza o si fugge o si resiste. Nella resistenza si apre la possibilità di costruire spazi per una ri-appropriazione dal basso della politica. 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Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di casalinghe che si calavano le mutande in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò uno stile politico che si confondeva, a volte persino anticipava l’Italia gridata e scorreggiona che esplose in televisione.\r\nI politici della prima repubblica parlavano e vestivano come mummie in grigio, solo ai sindacalisti era concesso togliere la giacca, gridare, mostrare l’ascella pezzata.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno. Persino il papa si adegua, inaugurando l’anno santo del 2000 con una mantellina da arlecchino con gli strass.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine il regolamento di conti intrapreso da Bettino Craxi, l’unico leader della Prima Repubblica che si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nGli ammortizzatori servono quando il conflitto sociale è tanto forte da mettere in gioco l’esistenza stessa di un sistema politico e sociale basato sul diritto alla proprietà privata. In un mondo diviso in blocchi, con un partito comunista forte come il PCI, la socialdemocrazia era la miglior garanzia di mantenimento del capitalismo. Ma. La socialdemocrazia costa e ai padroni non piace spendere per\r\ntenere buoni i lavoratori: appena possibile passano all’attacco.\r\n\r\nCome tutti sanno Berlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. 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Mario Monti si butta e prova a scavarsi un proprio ambito di potere, muovendosi con accortezza, per fungere da ago della bilancia.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende. Oggi sarebbe impossibile immaginare un manifesto con il simbolo del partito e uno slogan, come ai tempi della prima repubblica.\r\nOggi serve una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Negli Stati Uniti negli anni ottanta ne scelsero uno serioso e di second’ordine come Ronald Reagan.\r\nIn Italia il ruolo tocca ad un comico. L’unico capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Nei manifesti dell’M5S il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come il vinile, ricercato come i mobili di legno della nonna dopo l’overdose dei ripiani di formica e delle sedie di plastica. Guida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amoroso che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono schiaffoni, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo, una sorta di Juan Peron post moderno, rappresenta l’apoteosi della politica post ideologica, mettendo insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nQuando parla le piazze si riempiono di spettatori, che vanno via appena prendono la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nLa sinistra che ama la democrazia partecipativa, il commercio equo, che guevara sulle magliette, la fiom e la mamma ha provato a giocare la carta della costruzione dal basso di un “soggetto politico nuovo” sin dalla scorsa primavera, quando nacque il cartello di A.L.B.A. Lo scopo era contrastare il M5S sul terreno della giustizia e della democrazia dal basso. L’operazione ha mostrato la sua povertà quando dalle chiacchiere si è passati alle liste. L’accozzaglia dei vari Ferrero, Diliberto, Di Pietro ha riproposto sotto altra veste gli stessi partiti che avevano sostenuto le scelte più antipopolari del governo Prodi. Le anime più sensibili di Alba si sono sfilate dall’operazione “Rivoluzione civile”, il gioco delle poltrone è andato avanti.\r\n\r\nPresto la campagna elettorale finirà. Non ci vuole una sfera di cristallo per indovinare che il nuovo governo, chiunque vinca e persino se non vincesse nessuno, metterà in campo altri tagli ai servizi ed un ulteriore affondo sul fronte del lavoro, riaprendo l’agenda nel medesimo punto dove l’ha chiusa Monti.\r\nOggi più che mai la partita vera o si gioca altrove o non si gioca. La scommessa della partecipazione diretta, dell’apertura di spazi politici non statali, si pratica nella materialità delle lotte. Quando il dominio si palesa in tutta la propria crudezza o si fugge o si resiste. Nella resistenza si apre la possibilità di costruire spazi per una ri-appropriazione dal basso della politica. Lì nascono assemblee permanenti, libere repubbliche, zone temporaneamente autonome dove si sperimenta la una sottrazione dall’istituito che non è esodo, né marginalità ma concreta, seppur parziale, secessione simbolica e materiale dal controllo dello Stato e dalla logica feroce del profitto.",[475],{"field":91,"matched_tokens":476,"snippet":472,"value":473},[70,69],{"best_field_score":314,"best_field_weight":395,"fields_matched":180,"num_tokens_dropped":49,"score":396,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":49},{"document":479,"highlight":502,"highlights":507,"text_match":312,"text_match_info":510},{"comment_count":49,"id":480,"is_sticky":49,"permalink":481,"podcastfilter":482,"post_author":30,"post_content":483,"post_date":484,"post_excerpt":485,"post_id":480,"post_modified":486,"post_thumbnail":487,"post_title":488,"post_type":380,"sort_by_date":489,"tag_links":490,"tags":496},"6679","http://radioblackout.org/podcast/spese-militari-e-politiche-di-guerra/",[326],"Il gioco delle tre carte delle spese militari si fa in Italia come negli Stati Uniti. Si muovono soldati e risorse sullo scacchiere in funzione degli interessi del momento.\r\nAnarres ne ha parlato con Stefano Raspa, del Comitato contro Aviano 2000, compagno di Pordenone da sempre in prima fila nelle lotte antimilitariste, nonché fine analista delle dinamiche del “grande gioco della guerra”.\r\nI finti tagli alla difesa di Barack Obama, puntano ad una razionalizzazione delle risorse in vista dei prossimi impegni di guerra. D’altra parte, con debito pubblico da far impallidire quello greco, la stanca potenza statunitense si regge sull’unica garanzia che rende inesigibile il proprio debito: la potenza militare.\r\nLa chiacchierata è proseguita con un lungo sguardo a casa nostra, dove poco a poco emerge la verità sull’impegno militare italiano in Libia.\r\nInfine un ritratto del generale Di Paola, che si è guadagnato sul campo la poltrona di ministro. Un vero tecnico. Un tecnico di guerra.\r\n\r\nAscolta la prima parte dell’intervista a Stefano: [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-02-19-spese-militari-USA-Stefano-Raspa.mp3|titles=2012 02 19 spese militari USA Stefano Raspa]\r\n\r\nscarica il file\r\n\r\nAscolta la seconda parte, quella dedicata a \"casa nostra\": [audio:http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/02/2012-02-19-spese-militari-Italia-Stefano-Raspa.mp3|titles=2012 02 19 spese militari Italia Stefano Raspa]\r\n\r\nscarica il file","21 Febbraio 2012","Il gioco delle tre carte delle spese militari si fa in Italia come negli Stati Uniti. 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Sebbene Grillo abbia celebrato la propria apoteosi nel luogo simbolo dei grandi raduni della sinistra romana, le piazze grilline sono nel grande magma del web, dove ti colleghi dall’ufficio, dal bar dove fai pausa, dai giardinetti dove bivacchi in attesa di domani, dal letto prima di crollare addormentato. Se non hai tempo per un post fai un tweet ed esisti. Ci sei anche tu.\r\nTi riconosci nel faccione debordante, nell’urlo del comico, nel suo ghigno moralista, forcaiolo. Sei tu, quello è il tuo volto.\r\nForse la vittoria di Grillo è tutta qui, nella capacità di intercettare il malessere di soggetti sociali che debordano dal quadro novecentesco. 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L’Italia del cavaliere è più viva che mai.\r\nA tanti anni da tangentopoli, quando gli ingenui pensarono che le inchieste del pool di “mani pulite” avrebbero creato la via giudiziaria al rinnovamento morale, sappiamo che quelle inchieste furono lo strumento per esodare in fretta e furia un blocco politico che, caduto il muro di Berlino, aveva perso ogni ragion d’essere. Il Novecento era finito, i partiti novecenteschi, fatti di grandi apparati, di amici/compagni/camerati, di strutture pesanti e idee che plasmavano di se il mondo non servivano più. La nuova Italia era stata svezzata ed era pronta a fare il salto nell’era del just in time, delle televendite, della libertà fatta di tette/culi, della vita quotidiana sparata in TV, dei sogni confezionati da specialisti dell’immagine e consumati in un minuto.\r\nVolgare, grezzo, ma vitale, Berlusconi inaugurò un nuovo stile politico.\r\nIl corpo, negato, ingessato, smaterializzato, dimenticato fa irruzione nella scena politica mutandola di segno.\r\nNella concretezza dello scontro di classe l’era Berlusconiana porta a termine si lascia alle spalle la questione della mediazione politica tra le “parti sociali”.\r\nLa socialdemocrazia ha un costo che i padroni, se possono, evitano di pagare passando all’attacco.\r\nBerlusconi non ha regnato ininterrottamente, perché una legislatura e mezza se l’è fatta anche il centro-sinistra. Peccato che i più non si siano accorti della differenza, al di là dei circoli ristretti dove si spartiscono nomine e benefici.\r\nBerlusconi viene obbligato ad abdicare perché il mantenimento del blocco sociale che lo sostiene non consente la rapida attuazione di politiche di contenimento del debito pubblico, che oltre a colpire i salariati, stringano in una morsa anche la parte bassa del ceto medio. Berlusconi non poteva permettersi di reintrodurre la tassa sulla casa o di toccare ancora le pensioni. Monti, l’uomo delle banche, invece sì. Il Partito Democratico si accoda nella speranza di poter andare al governo, facendo fare ad altri il lavoro sporco.\r\nCosì si gioca una vittoria elettorale sicura.\r\nMario Monti ha provato a scavarsi un proprio ambito di potere per fungere da ago della bilancia, ma non c’è riuscito. In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. 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In compenso ha ampiamente cannibalizzato UDC e Futuro e Libertà: Casini ne é uscito malconcio, Fini ne è uscito e basta.\r\nMonti, come Bersani, Ingroia e, in parte, anche Maroni, sono comunque irretiti dalla tela di ragno di una strategia di marketing politico che ha bisogno del corpo dei leader per poter incarnare i sogni e le favole che vende.\r\nServe una faccia, un corpo, che riempia di se la scena vuota di un’agire politico che si riproduce eguale da una legislatura all’altra.\r\nBersani perde perché la sua aria da apparatnik su fondo grigio ha sapore ingessato, anonimo, freddo, duro e insapore come la polenta della sera prima\r\nÈ il trionfo del berlusconismo, dello spettacolo che si fa politica.\r\nChi poteva interpretare meglio questa parte di un attore? Grillo è capace di riempire la scena saturandola di se, facendone un tutt’uno con se stesso. Il suo faccione deborda, il suo grido esplode in faccia a chi guarda.\r\nGrillo è come la minestra della nonna, sapore di autentico nel tempo dove la distanza tra il vero e il falso è nel marchio che ne decreta il prezzo.\r\nGuida spirituale, guru, caudillo, Grillo “ha sempre ragione”, come un padre amorevole che consiglia, incoraggia, sorregge, protegge i suoi figli. Finché obbediscono. Poi sono sberle, e, nei casi estremi, la cacciata dalla famiglia.\r\nGrillo è l’apoteosi della politica post ideologica: mette insieme illusione partecipativa e il dirigismo più esasperato, corteggia i movimenti localisti e fa dichiarazioni razziste, vuole moralizzare la politica, tagliando stipendi e privilegi, ma gioca il proprio ruolo di garante per decidere, senza confronto alcuno, la linea politica del “suo” movimento.\r\nIn campagna elettorale le piazze si sono riempite di spettatori, che andavano via appena prendevano la parola i candidati, meri fantocci all’ombra del conducator.\r\nOggi questi fantocci sono in parlamento, regalando a tanti l’illusione di esserci anche loro.",[538],{"field":91,"matched_tokens":539,"snippet":535,"value":536},[70,69],1157451437081362400,{"best_field_score":542,"best_field_weight":395,"fields_matched":180,"num_tokens_dropped":49,"score":543,"tokens_matched":101,"typo_prefix_score":180},"2211881091072","1157451437081362545",6637,{"collection_name":380,"first_q":20,"per_page":319,"q":20},11,["Reactive",548],{},["Set"],["ShallowReactive",551],{"$fbAxCaxovUWuusFtLxrIZ3vlAlwSSEnhLC_bckcH72gg":-1,"$fVutlrXYb5JHxR1vlI-89XfTYi_OVMXqccwenz0rpuVM":-1},true,"/search?query=debito+pubblico"]