","Antimilitaristi contro i mercanti d’armi","post",1700580440,[58,59,60,61,62,63],"http://radioblackout.org/tag/aerospace-and-defence-meetings/","http://radioblackout.org/tag/antimilitarismo/","http://radioblackout.org/tag/corteo-antimilitarista/","http://radioblackout.org/tag/guerra/","http://radioblackout.org/tag/mercanti-darmi/","http://radioblackout.org/tag/presidio-alloval/",[65,14,66,67,68,69],"aerospace and defence meetings","corteo antimilitarista","guerra","mercanti d'armi","presidio all'oval",{"post_content":71},{"matched_tokens":72,"snippet":74,"value":75},[73],"terrà","28 al 20 novembre si \u003Cmark>terrà\u003C/mark> all’Oval di Torino l’aerospace and","Una scommessa vinta. Un grande corteo antimilitarista ha attraversato le strade di Torino, rompendo la cortina fumogena che avvolge l’industria bellica ed il mercato delle armi aerospaziali nella nostra città.\r\nDal 28 al 20 novembre si \u003Cmark>terrà\u003C/mark> all’Oval di Torino l’aerospace and defence meetings, una convention riservata agli addetti ai lavori: fabbriche del settore, governi e organizzazioni internazionali, esponenti delle forze armate, compagnie di contractor.\r\nNell’alveare di uffici che \u003Cmark>verrà\u003C/mark> allestito si sottoscriveranno accordi commerciali per le armi che distruggono intere città, massacrano civili, avvelenano terre e fiumi.\r\nC’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.\r\nQuella di sabato 18 novembre è stata un’importante giornata di lotta al militarismo e alla guerra.\r\nAlla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte. C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Livorno, Pisa, Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Pordenone, Milano, Roma, Ragusa. \r\nIl corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto dalla Murga e dalla Banda degli ottoni con azioni performanti che hanno catalizzato l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta Palazzo.\r\nLa manifestazione si è poi diretta in centro per concludersi in piazza Vittorio.\r\nLungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste che hanno partecipato al corteo.\r\nL’industria aerospaziale produce cacciabombardieri, missili balistici, sistemi di controllo satellitare, elicotteri da combattimento, droni armati per azioni a distanza.\r\nAll’Aerospace and defence meetings si giocano partite mortali per milioni di persone in ogni dove: le armi italiane, in prima fila il colosso pubblico Leonardo, sono presenti su tutti i teatri di guerra. Negli stessi giorni \u003Cmark>verrà\u003C/mark> posta la prima pietra della città dell’aerospazio, nuovo polo bellico promosso da Leonardo e Politecnico di Torino.\r\nTorino si candida a \u003Cmark>divenire\u003C/mark> uno dei principali centri dell’industria bellica del nostro paese.\r\nC’è chi dice no, c’è chi si mette di mezzo.\r\nQuella di sabato 18 novembre è stata un’importante giornata di lotta al militarismo e alla guerra.\r\nAlla manifestazione, indetta dall’Assemblea antimilitarista, hanno partecipato il “Coordinamento torinese contro la guerra e chi la arma” e delegazioni dalle tante lotte contro basi militari, poligoni di tiro, caserme, fabbriche di morte. C’erano coordinamenti e assemblee territoriali di Livorno, Pisa, Carrara, Reggio Emilia, Palermo, Trieste, Pordenone, Milano, Roma, Ragusa. \r\nIl corteo è partito da Porta Palazzo, il cuore popolare della città, preceduto dalla Murga e dalla Banda degli ottoni a scoppio con azioni performanti che hanno catalizzato l’attenzione delle tante persone che il sabato pomeriggio attraversano Porta Palazzo.\r\nLa manifestazione si è poi diretta in centro per concludersi in piazza Vittorio.\r\nLungo tutto il percorso ci sono stati interventi delle realtà antimilitariste che hanno partecipato al corteo.\r\nTantissimi i temi affrontati. A porta Palazzo gli interventi si sono centrati sulla guerra ai migranti nel Mediterraneo e sui valichi alpini, sulla militarizzazione dei CPR e sulla costruzione di campi di concentramento in Albania, oltre ad un focus sul tema della decolonialità, come strumento cardine per smontare ogni retorica nazionalista in un contesto di solidarietà internazionalista tra gli oppressi e gli sfruttati.\r\nSi sono poi susseguiti interventi contro la militarizzazione delle scuole e la collaborazione tra il Politecnico di Torino e Leonardo, contro l’economia di guerra e le spese militari, contro il Muos e la base di Sigonella, contro la nuova base dei carabinieri a Pisa e i poligoni di tiro in Friuli, contro il mercato delle armi e l’industria bellica, contro le missioni militari all’estero e la militarizzazione delle nostre città.\r\nLa Torino antimilitarista ha dato un segnale forte e chiaro: opporsi ad un futuro per la città legato alla ricerca, produzione e commercio bellici è un modo concreto per opporsi alla guerra e a chi la a(r)ma.\r\nLe armi che uccidono uomini, donne e bambini in ogni dove, sono prodotte a due passi dalle nostre case.\r\nGettare sabbia negli ingranaggi del militarismo è possibile. Dipende da ciascuno di noi.\r\nLe lotte antimilitariste hanno spesso rallentato l’estendersi della macchina bellica, inceppandone le articolazioni sui nostri territori.\r\nMa non basta. Dall’Ucraina al Medio Oriente sono in atto conflitti violentissimi, che potrebbero deflagrare ben oltre gli ambiti regionali coinvolti.\r\nLottare contro la guerra e al militarismo è un’esigenza imprescindibile.\r\nUn futuro senza guerre si costruisce distruggendo un ordine sociale e politico basato sullo sfruttamento ed il dominio.\r\nContro tutti gli eserciti per un mondo senza frontiere!\r\nProssimo appuntamento nel giorno di apertura della fiera delle armi.\r\nMartedì 28 novembre\r\nore 12 \r\nPresidio all'Oval in via Matté Trucco 70\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Dario dell’Assemblea Antimilitarista\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2023/11/2023-11-21-dario-corteo-e-presidio-antimilitarista.mp3\"][/audio]\r\n ",[77],{"field":78,"matched_tokens":79,"snippet":74,"value":75},"post_content",[73],1155199465603203000,{"best_field_score":82,"best_field_weight":83,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":44,"score":84,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":85},"1112285642752",14,"1155199465603203185",6,{"document":87,"highlight":113,"highlights":118,"text_match":80,"text_match_info":121},{"cat_link":88,"category":89,"comment_count":44,"id":90,"is_sticky":44,"permalink":91,"post_author":47,"post_content":92,"post_date":93,"post_excerpt":50,"post_id":90,"post_modified":94,"post_thumbnail":95,"post_thumbnail_html":96,"post_title":97,"post_type":55,"sort_by_date":98,"tag_links":99,"tags":106},[41],[43],"73344","http://radioblackout.org/2022/02/attacco-al-presidio-di-san-didero/","Nella notte tra domenica e lunedì è andato a fuoco il punto informativo di San Didero. É il secondo attacco nel giro di poche settimane, dopo l’incendio che ha parzialmente distrutto un tendone.\r\nIl presidio si trova a pochi metri dal cantiere/fortino allestito un anno fa sui terreni destinati ad ospitare il il nuovo autoporto della A32, destinato a sostituire quello di Susa, perché in quell’area dovrebbe aprirsi uno dei cantieri del Tav.\r\nIl presidio di San Didero viene attaccato perché è luogo di lotta, socialità ed autorganizzazione del movimento.\r\nIeri pomeriggio c’è stata un’assemblea, in cui è stata affermata la volontà di ricostruire al più presto punto informativo e l’area coperta presidio distrutti dal fuoco.\r\nIl prossimo venerdì 11 si terrà al Polivalente di Bussoleno un’assemblea popolare No Tav, per fare il punto sulla situazione ed affrontare le prossime sfide. I media in questi giorni hanno annunciato la volontà governativa di accelerare i lavori, il commissario per la tratta italiana Mauceri mette sul piatto dei sindaci una manciata di quattrini per le opere di “compensazione”, mentre la messa in sicurezza del territorio, spazzato da alluvioni, frane e incendi non è nell’agenda governativa. 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Tra interventi, stancil, cartelli, manifesti, scritte e sangue a terra la manifestazione ha avuto una forte impronta comunicativa.\r\n\r\n\r\nUna enorme scritta è stata fatta per le 26 ragazze nigeriane uccise dalle frontiere\r\n\r\nDi seguito il testo di presentazione della s-conferenza.\r\n\"Cos’è una S-conferenza stampa: è una conferenza stampa al contrario, invece di “chiedere” alla stampa di venire a darci parola e diffonderla, andiamo noi dalla stampa a dire quali sono le nostre parole.\r\nVogliamo essere artefici delle narrazioni che riguardano i nostri corpi e le nostre vite.\r\nNon vogliamo essere sempre e solo l'oggetto del discorso della cronaca nera, ma vogliamo raccontare le violenze che quotidianamente subiamo come conseguenze di un sistema economico, sociale, culturale che quelle violenze legittima e alimenta.\r\n\r\n \r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare la manifestazione nazionale del 25 novembre a Roma, ma di fare un presidio nel centro della città, di fronte alla Rai, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali.\r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. La libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. La narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale.\r\n\r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli. Noi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte.\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa. Il moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo.\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. Lo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite. Il genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti.\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere.\"\r\n\r\n \r\n\r\nSulla pagina facebook di non una di meno Torino trovate foto, video, resoconti della giornata.\r\n\r\nAscolta la diretta con Bia:\r\n2017 11 21 bia corteo e sconferenza\r\n\r\n*****************************************************************************************************\r\n\r\nOgni giorno, in ogni dove, una donna viene uccisa, stuprata, molestata. Una violenza continua, diffusa, che permea ogni ambito sociale. Una violenza “normale”, quotidiana.\r\nMa media, istituzioni, magistratura, ci impongono una storia diversa. Le tante violenze agite in casa sono descritte come momenti di “follia”, drammi personali, uomini impazziti. Il folle sfugge alle regole della comunità, perché il suo agire è privo di ragione e, quindi, non rappresenta una rottura del patto sociale.\r\nSe le violenze avvengono in strada, sui posti di lavoro, o nei luoghi di divertimento, stupri e molestie cambiano di segno in base alla personalità, al mestiere, alla nazionalità delle persone coinvolte. Se lo stupratore indossa la divisa prevale il garantismo e si fruga nella vita delle donne per screditarle.\r\nSe i violenti sono uomini stranieri o marginali allora tutto cambia. Vengono paragonati a belve feroci fuori controllo. Aggressioni e femminicidi hanno enormi eco mediatiche, vengono diffusi con dovizia i particolari più crudi per suscitare orrore, paura, disprezzo.\r\n\r\n \r\n\r\nI corpi e le vite delle donne vengono usati per moltiplicare i militari nelle strade, per criminalizzare gli immigrati, per aumentare i controlli e promuovere nuove leggi più repressive.\r\n\r\n \r\n\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie di civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica di fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\nLa narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione di una relazione di tipo patriarcale.\r\n\r\n \r\n\r\nLe donne sfidano il patriarcato. In ogni dove.\r\n\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\n \r\n\r\nLa violenza di genere è intrisecamente politica. Non solo per i numeri impressionanti ma, soprattutto, per i mille dispositivi messi in campo, per nascondere, privare di senso, sminuire la portata sistemica dell’attacco.\r\n\r\nLa violenza colpisce anche quelle che non la subiscono. La minaccia stessa, il pericolo di attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte di un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio di disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi di campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. Sfidare assassini e stupratori è un atto politico.\r\nLe strade libere le fanno le donne che le attraversano.\r\n\r\n \r\n\r\nDi violenza di genere e delle tante iniziative torinesi verso il corteo femminista del 25 novembre a Roma, abbiamo parlato con Chiara della rete Non Una di Meno di Torino.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 15 cacerolata chiara nudm\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito i principali appuntamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\n\r\n\r\nore 21\r\n\r\n\r\npiazza Castello\r\n\r\n\r\nCorteo con cacerolata rumorosa contro la violenza patriarcale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 18 novembre cena benefit per il pullman per il corteo del 25 a Roma. Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio di via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa di fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza di genere.","21 Novembre 2017","2017-11-25 10:32:44","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"225\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn-300x225.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/11/17-nov-burn-macho-burn.jpg 501w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le strade libere le fanno le donne che le attraversano",1511276252,[136,137,138,139,140,141,142,143],"http://radioblackout.org/tag/cacerolata-femminista/","http://radioblackout.org/tag/femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/femminismo/","http://radioblackout.org/tag/guerra-alle-donne/","http://radioblackout.org/tag/non-una-di-meno-torino/","http://radioblackout.org/tag/patriarcato/","http://radioblackout.org/tag/s-conferenza-stampa/","http://radioblackout.org/tag/torino/",[145,146,12,147,18,148,16,149],"cacerolata femminista","femminicidio","guerra alle donne","patriarcato","torino",{"post_content":151},{"matched_tokens":152,"snippet":154,"value":155},[153],"terra","manifesti, scritte e sangue a \u003Cmark>terra\u003C/mark> la manifestazione ha avuto una","Aggiornamento al 21 novembre\r\n\r\nBia di NUDM Torino ci racconta il corteo del 17 novembre e presenta la s-conferenza stampa di oggi pomeriggio di fronte alla RAI.\r\n\r\n\r\nIl corteo del 17 ha attraversato il centro cittadino per oltre tre ore. 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Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo.\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. Lo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite. Il genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti.\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere.\"\r\n\r\n \r\n\r\nSulla pagina facebook di non una di meno Torino trovate foto, video, resoconti della giornata.\r\n\r\nAscolta la diretta con Bia:\r\n2017 11 21 bia corteo e sconferenza\r\n\r\n*****************************************************************************************************\r\n\r\nOgni giorno, in ogni dove, una donna viene uccisa, stuprata, molestata. Una violenza continua, diffusa, che permea ogni ambito sociale. Una violenza “normale”, quotidiana.\r\nMa media, istituzioni, magistratura, ci impongono una storia diversa. Le tante violenze agite in casa sono descritte come momenti di “follia”, drammi personali, uomini impazziti. Il folle sfugge alle regole della comunità, perché il suo agire è privo di ragione e, quindi, non rappresenta una rottura del patto sociale.\r\nSe le violenze avvengono in strada, sui posti di lavoro, o nei luoghi di divertimento, stupri e molestie cambiano di segno in base alla personalità, al mestiere, alla nazionalità delle persone coinvolte. Se lo stupratore indossa la divisa prevale il garantismo e si fruga nella vita delle donne per screditarle.\r\nSe i violenti sono uomini stranieri o marginali allora tutto cambia. Vengono paragonati a belve feroci fuori controllo. Aggressioni e femminicidi hanno enormi eco mediatiche, vengono diffusi con dovizia i particolari più crudi per suscitare orrore, paura, disprezzo.\r\n\r\n \r\n\r\nI corpi e le vite delle donne vengono usati per moltiplicare i militari nelle strade, per criminalizzare gli immigrati, per aumentare i controlli e promuovere nuove leggi più repressive.\r\n\r\n \r\n\r\nSui corpi delle donne si giocano continue battaglie di civiltà. Sia che le si voglia “tutelare”, sia che le si voglia “asservire” la logica di fondo è la stessa. Resta al “tuo” posto. Torna al “tuo” posto. Penso io a te, penso io a proteggerti, a punirti, a disciplinarti.\r\nLa narrazione della violenza come follia o criminalità agita da pochi soggetti estranei, rende invisibile la guerra contro le donne per la ri-affermazione di una relazione di tipo patriarcale.\r\n\r\n \r\n\r\nLe donne sfidano il patriarcato. In ogni dove.\r\n\r\nNegare questa sfida, considerare la lotta delle donne contro il patriarcato un retaggio residuale di un passato che non torna, è una falsificazione, che nasconde la caratteristica reattiva di tanta parte della violenza maschile sulle donne. A tutte le latitudini.\r\n\r\n \r\n\r\nLa violenza di genere è intrisecamente politica. Non solo per i numeri impressionanti ma, soprattutto, per i mille dispositivi messi in campo, per nascondere, privare di senso, sminuire la portata sistemica dell’attacco.\r\n\r\nLa violenza colpisce anche quelle che non la subiscono. La minaccia stessa, il pericolo di attraversare liberamente i luoghi delle nostre vite sono parte di un dispositivo che prova a tenerci sotto scacco, nell’auspicio di disciplinarci con la paura.\r\n\r\nLe femministe lottano perché la paura cambi di campo. Non c’è libertà se non nel rischio e nella lotta. Chi cade nel cammino non è una vittima ma una donna colpita perché libera. Chi ci uccide compie un atto politico. Sfidare assassini e stupratori è un atto politico.\r\nLe strade libere le fanno le donne che le attraversano.\r\n\r\n \r\n\r\nDi violenza di genere e delle tante iniziative torinesi verso il corteo femminista del 25 novembre a Roma, abbiamo parlato con Chiara della rete Non Una di Meno di Torino.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 11 15 cacerolata chiara nudm\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito i principali appuntamenti:\r\n\r\n \r\n\r\nVenerdì 17 novembre\r\n\r\n\r\nore 21\r\n\r\n\r\npiazza Castello\r\n\r\n\r\nCorteo con cacerolata rumorosa contro la violenza patriarcale\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nSabato 18 novembre cena benefit per il pullman per il corteo del 25 a Roma. Poi karaoke e djset\r\n\r\nOre 20 al Gabrio di via Millio 42\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nMartedì 21 novembre ore 17,30 s-conferenza stampa di fronte alla Rai in via Verdi contro la narrazione dei media che nega il senso intrinsecamente politico della violenza di genere.",[157],{"field":78,"matched_tokens":158,"snippet":154,"value":155},[153],{"best_field_score":82,"best_field_weight":83,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":44,"score":84,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":85},{"document":161,"highlight":184,"highlights":190,"text_match":80,"text_match_info":193},{"cat_link":162,"category":163,"comment_count":44,"id":164,"is_sticky":44,"permalink":165,"post_author":47,"post_content":166,"post_date":167,"post_excerpt":168,"post_id":164,"post_modified":169,"post_thumbnail":170,"post_thumbnail_html":171,"post_title":172,"post_type":55,"sort_by_date":173,"tag_links":174,"tags":179},[41],[43],"40651","http://radioblackout.org/2017/02/s-conferenza-stampa-sulla-violenza-di-genere-di-non-una-di-meno-torino/","La narrazione della violenza contro le donne, prevalente sui media, ne nega la valenza politica, contribuendo ad alimentare l'immaginario che la genera e la giustifica.\r\nMercoledì primo marzo la Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di portare la narrazione femminista, intersezionale sulla violenza di genere di fronte al quotidiano Repubblica. Lì verrà fatta una s-conferenza stampa, una conferenza stampa al contrario.\r\n\r\nLe attiviste di Non Una di Meno non “chiedono” alla stampa di ascoltare e diffondere la loro narrazione, ma intendono raccontare le violenze subite quotidianamente all'interno degli ingranaggi sociali, economici, politici e culturali, che tengono in scacco le loro vite. I media relegano nella sfera privata, sentimentale, personale la violenza senza coglierne la dimensione reattiva, che caratterizza chi vuole imporre con la forza la sottomissione alla norma patriarcale.\r\n\r\nL'appuntamento è per mercoledì 1° marzo ore 16 per il presidio/s-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Bia della Rete Non Una di Meno Torino.\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n2017 02 28 bia sconferenza\r\n\r\nDi seguito il loro comunicato:\r\n\r\nL'assemblea della Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di non fare una conferenza stampa per presentare lo sciopero generale dell'8 marzo. Abbiamo scelto di fare un presidio nel centro della città, nei pressi di uno dei tre maggiori quotidiani cittadini, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali. \r\n\r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\n\r\n\r\nLa libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. \r\n\r\nLa narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. 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Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte. \r\n\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa.\r\nIl moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo. \r\n\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite.\r\nIl genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti. \r\n\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere. \r\n\r\n\r\nPer questa ragione la nostra presentazione dello sciopero internazionale dell'8 marzo sarà un presidio di informazione e di lotta. \r\n\r\n\r\nAbbiamo scelto la sede di Repubblica, ma idealmente saremo di fronte alle sedi dei tanti, troppi, altri quotidiani, emittenti televisive e radio, che, propongono una visione privata, personale, impolitica della violenza maschile sulle donne, della violenza di genere, della violenza che cerca di piegare il nostro insopprimibile desiderio di libertà, i nostri percorsi di autonomia, la nostra storia di persone che lottano per se e per tutt*.\r\n\r\n\r\nNoi non ci stiamo!\r\n\r\nRacconteremo in strada la marea femminista che sta dilagando ai quattro angoli del pianeta. \r\n\r\n\r\nMercoledì 1° marzo ore 16 \r\n\r\ns-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNon Una di Meno Torino\r\n\r\n\r\nnonunadimenotorino@gmail.com","28 Febbraio 2017","La narrazione della violenza contro le donne, prevalente sui media, ne nega la valenza politica, contribuendo ad alimentare l'immaginario che la genera e la giustifica. \r\nMercoledì primo marzo la Rete Non Una di Meno di Torino ha deciso di portare la narrazione femminista, intersezionale sulla violenza di genere di fronte al quotidiano Repubblica. Lì verrà fatta una s-conferenza stampa, una conferenza stampa al contrario. \r\nLe attiviste di Non Una di Meno non “chiedono” alla stampa di ascoltare e diffondere la loro narrazione, ma intendono raccontare le violenze subite quotidianamente all'interno degli ingranaggi sociali, economici, politici e culturali, che tengono in scacco le loro vite. 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Abbiamo scelto di fare un presidio nel centro della città, nei pressi di uno dei tre maggiori quotidiani cittadini, per proporre una narrazione della violenza di genere diversa da quella di gran parte dei media nazionali ed internazionali. \r\nLa violenza di genere è confinata nelle pagine della cronaca nera, una collocazione che ne nega la valenza politica, trasformando pestaggi, stupri, omicidi, molestie in episodi di delinquenza comune, in questioni private. \r\n\r\nLa libertà che le donne si sono conquistate ha incrinato e a volte spezzato le relazioni gerarchiche tra i sessi, rompendo l'ordine simbolico e materiale, che le voleva sottomesse ed ubbidienti. Il moltiplicarsi su scala mondiale dei femminicidi dimostra che la strada della libertà e dell'autonomia femminile è ancora molto lunga. E in salita. \r\nLa narrazione della violenza proposta da tanti media rende questa salita più ripida.\r\n\r\nI media di fronte al dispiegarsi violento della reazione patriarcale tentano di privatizzare, familizzare, domesticare lo scontro. Le donne sono vittime indifese, gli uomini sono violenti perché folli. La follia sottrae alla responsabilità, nascondendo l’esplicita intenzione disciplinante e punitiva.\r\n\r\nLa violenza maschile sulle donne è un fatto quotidiano, che i media ci raccontano come rottura momentanea della normalità. Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. \r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\n\r\nNoi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa divenire alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. 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Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite.\r\nIl genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti. \r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere. \r\n\r\nPer questa ragione la nostra presentazione dello sciopero internazionale dell'8 marzo sarà un presidio di informazione e di lotta. \r\n\r\nAbbiamo scelto la sede di Repubblica, ma idealmente saremo di fronte alle sedi dei tanti, troppi, altri quotidiani, emittenti televisive e radio, che, propongono una visione privata, personale, impolitica della violenza maschile sulle donne, della violenza di genere, della violenza che cerca di piegare il nostro insopprimibile desiderio di libertà, i nostri percorsi di autonomia, la nostra storia di persone che lottano per se e per tutt*.\r\n\r\nNoi non ci stiamo!\r\nRacconteremo in strada la marea femminista che sta dilagando ai quattro angoli del pianeta. \r\n\r\nMercoledì 1° marzo ore 16 \r\ns-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\nNon Una di Meno Torino\r\n\r\nnonunadimenotorino@gmail.com ","2017-03-03 12:12:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/non-una-di-meno-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"286\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/non-una-di-meno-286x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/non-una-di-meno-286x300.jpg 286w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/non-una-di-meno-768x805.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/02/non-una-di-meno.jpg 916w\" sizes=\"auto, (max-width: 286px) 100vw, 286px\" />","S-conferenza stampa sulla violenza di genere di Non Una di Meno Torino",1488295412,[138,175,176,140,177,178,142],"http://radioblackout.org/tag/media/","http://radioblackout.org/tag/narrazione-della-violenza/","http://radioblackout.org/tag/otto-marzo/","http://radioblackout.org/tag/primo-marzo/",[12,180,181,18,182,183,16],"media","narrazione della violenza","otto marzo","primo marzo",{"post_content":185},{"matched_tokens":186,"snippet":188,"value":189},[187],"verrà","fronte al quotidiano Repubblica. 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Raptus di follia, eccessi di sentimento nascondono sotto l’ombrello della patologia una violenza che esprime a pieno la tensione diffusa a riaffermare l’ordine patriarcale. \r\nI media descrivono le donne come vittime da tutelare, ottenendo l’effetto paradossale di rinforzare l’opinione che le donne siano intrinsecamente deboli.\r\n\r\n\r\nNoi non siamo vittime, non accettiamo che la libertà e la sicurezza delle donne possa \u003Cmark>divenire\u003C/mark> alibi per moltiplicare la pressione disciplinare, i dispositivi securitari e repressivi, il crescere del controllo poliziesco sul territorio.\r\n\r\n\r\nLe donne libere stanno creando reti solidali, che le rendono più forti individualmente e collettivamente. Disprezziamo la violenza e chi la usa contro di noi, ma quando è necessario sappiamo difenderci da chi ci attacca, nella consapevolezza che chi tocca una, tocca tutte. \r\n\r\n\r\nI media usano la violenza sulle donne come strumento per rinforzare il razzismo nei confronti dei migranti: la violenza di genere è raccontata in modo molto diverso se i protagonisti sono nati qui o altrove. La violenza verso le donne migranti viene spesso minimizzata, perché considerata “intrinseca” alla loro cultura. Parimenti se il violento è uno straniero la stessa argomentazione viene usata per invocare la chiusura delle frontiere ed espulsioni di massa.\r\nIl moltiplicarsi dei femminicidi agiti da uomini italiani verso donne italiane dimostra che la violenza di genere è senza frontiere. Come lo sciopero femminista del prossimo otto marzo. \r\n\r\n\r\nI media colpevolizzano chi subisce violenza, scandagliandone le vite, i comportamenti, le scelte di libertà, per giustificare la violenza maschile, per annullare la libertà delle donne, colpevoli di non essere prudenti, di non accettare come “normale” il rischio della violenza che le colpisce in quanto donne. \r\nLo stereotipo di “quelle che se la cercano”, che si tratti di sex worker o di donne che non vestono abiti simili a gabbie di stoffa, è una costante del racconto dei media. Decenni di femminismo e di storia della libertà femminile vengono deliberatamente ignorati.\r\n\r\n\r\nI media negano identità e dignità alle persone, quando scrivono di “trans uccisi”, senza nulla sapere delle loro vite.\r\nIl genere non è un destino, né una condanna, ma un percorso che ciascun* attraversa per trovare se stess*, fuori da stereotipi e ruoli imposti. \r\n\r\n\r\nI media sono responsabili del perpetuarsi di un immaginario, che giustifica ed alimenta la violenza contro le donne, la violenza di genere. \r\n\r\n\r\nPer questa ragione la nostra presentazione dello sciopero internazionale dell'8 marzo sarà un presidio di informazione e di lotta. \r\n\r\n\r\nAbbiamo scelto la sede di Repubblica, ma idealmente saremo di fronte alle sedi dei tanti, troppi, altri quotidiani, emittenti televisive e radio, che, propongono una visione privata, personale, impolitica della violenza maschile sulle donne, della violenza di genere, della violenza che cerca di piegare il nostro insopprimibile desiderio di libertà, i nostri percorsi di autonomia, la nostra storia di persone che lottano per se e per tutt*.\r\n\r\n\r\nNoi non ci stiamo!\r\n\r\nRacconteremo in strada la marea femminista che sta dilagando ai quattro angoli del pianeta. \r\n\r\n\r\nMercoledì 1° marzo ore 16 \r\n\r\ns-conferenza stampa nei pressi del quotidiano Repubblica, in via Bruno Buozzi angolo via Roma\r\n\r\n\r\nNon Una di Meno Torino\r\n\r\n\r\nnonunadimenotorino@gmail.com",[191],{"field":78,"matched_tokens":192,"snippet":188,"value":189},[187],{"best_field_score":82,"best_field_weight":83,"fields_matched":20,"num_tokens_dropped":44,"score":84,"tokens_matched":11,"typo_prefix_score":85},{"document":195,"highlight":215,"highlights":220,"text_match":80,"text_match_info":223},{"cat_link":196,"category":197,"comment_count":44,"id":198,"is_sticky":44,"permalink":199,"post_author":47,"post_content":200,"post_date":201,"post_excerpt":202,"post_id":198,"post_modified":203,"post_thumbnail":204,"post_thumbnail_html":205,"post_title":206,"post_type":55,"sort_by_date":207,"tag_links":208,"tags":212},[41],[43],"10245","http://radioblackout.org/2012/10/la-guerra-in-casa-il-corteo-no-muos-a-niscemi/","Il 6 ottobre si svolgerà a Niscemi una manifestazione antimilitarista contro il Muos, un sistema di comunicazioni satellitari basato su onde ad altissima frequenza, che qunado entrerà in funzione diverrà il perno delle nuove guerre degli Stati Uniti.\r\nContro quest'ennesima installazione bellica in Sicilia, sempre più portaerei per le guerre di oggi e di domani, sta crescendo la lotta dei comitati di cittadini, che sempre più numerosi si battono contro il Muos. All'inizio di settembre un gruppo di attivisti ha provato a contrastare attivamente i lavori nella sughereta di Niscemi: 17 sono stati denunciati per quest'azione.\r\nLa manifestazione di sabato 6 ottobre dovrebbe costituire una sorta di prova del fuoco per un movimento popolare che sta crescendo. In contemporanea si svolgerà un corteo in Australia, dove è in costruzione una installazione simile.\r\nNe abbiamo parlato con Pippo Gurrieri, di cui riportiamo sotto un articolo uscito sul settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nAscolta l'intervista: [audio mp3=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2012/10/No-nuos.mp3\"]\r\n\r\nScarica l'audio\r\n\r\nLa militarizzazione della Sicilia, dalla fine ufficiale della guerra fredda, non solo non è diminuita, ma ha interessato nuovi territori, adeguandosi alle più moderne strategie belliche statunitensi. Lo smantellamento della base missilistica costruita nell’area dell’ex aeroporto Magliocco di Comiso, alla fine degli anni ottanta, non fu il trionfo della pace sui venti di guerra, ma l’inizio di una nuova e più pericolosa fase in cui l’unica superpotenza rimasta ha rimodulato i suoi progetti di accaparramento violento delle risorse altrui (Iraq, Afganistan, ecc.), e di fronteggiamento della Cina, super potenza emergente, oggi probabilmente più forte dell’Amerika.\r\n\r\nIn questi piani le basi americane in Sicilia sono state rafforzate e hanno accolto truppe, mezzi e ruoli un tempo di altri siti del Centro e del Nord Europa.\r\n\r\nLe nuove guerre che gli Stati Uniti si apprestano a combattere, sono altamente tecnologizzate e permettono di dispiegare armi sempre più efficaci e micidiali, il cui impiego rende l’armata americana quasi invincibile. 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Il MUOS, sistema di comunicazioni satellitari basato su onde ad altissima frequenza, è il perno delle nuove guerre americane; quando entrerà in funzione (attorno al 2015), tutte le forze armate USA di terra, di cielo, di mare e sottomarine, ovunque stanziate, potranno essere messe in allerta e in azione simultaneamente; dal MUOS dipenderà il funzionamento dei droni (gli aerei senza pilota) già sperimentati con “successo” durante la guerra di Libia, di cui la base di Sigonella è diventata la capitale mondiale. “Sciami” di droni dalla Sicilia partiranno per bombardare qualsiasi zona del Mondo. Sigonella e Niscemi, dunque, ma anche Trapani Birgi, sono il futuro teatro delle operazioni militari USA. Gli aeroporti civili di Trapani e Catania Fontanarossa già adesso subiscono blocchi improvvisi per gli atterraggi dei droni, che hanno priorità sui voli civili.\r\n\r\nIl MUOS è quindi un tassello d’importanza mondiale nella strategia della nuova guerra americana; non può essere guardato come un problema dei niscemesi o al massimo dei siciliani. Sarà pericoloso sin da quando entrerà in funzione poiché le sue emissioni elettromagnetiche interferiranno con ogni tipo di apparecchiatura elettronica nel raggio d decine di km; inoltre il suo fascio di onde metterà fuori uso qualsiasi cosa incontri, tanto è vero che da Sigonella, dove inizialmente doveva essere installalto, è stato spostato a Niscemi, a 60 km circa: le apparecchiature della base e quelle degli stessi aerei militari avrebbero corso seri rischi. Tutt’intorno, per un raggio di 120 km, la vita delle persone ne sarà compromessa, in maniera particolare quella dei bambini e degli anziani: tumari al cervello, leucemie, glaucoma, distacchi della retina, malformazioni genetiche, problemi alla fertilità e alla libido, disturbi nervosi; l’ambiente ne sarà intaccato in maniera irreversibile. Tanto più che già l’attuale base americana NRTF (Naval Radio Transmitter Facility) per le comunicazioni radio con arei e satelliti e con i sommergibili a propulsione nucleare, costruita all’interno della Sughereta nel 1991, produce emissioni di onde ad altissima e a bassissima frequenza in quantità fortemente inquinanti, e i danni provocati alla salute dei niscemesi, che ne sono più esposti, sono ingenti, per quanto mescolati con quelli dell’inquinamento del vicino Petrolchimico di Gela e non adeguatamente monitorati.\r\n\r\nCi troviamo di fronte a un’impennata della militarizzazione dalla portata eccezionale; tutte le altre basi in Sicilia e nelle isole minori vengono potenziate, mentre a Messina, nel cuore dello Stretto, lo storico Arsenale militare è destinato a divenire il Centro di eccellenza per la “demilitarizzazione e lo smaltimento” delle unità navali dell’Alleanza Atlantica fino a duemila tonnellate (il cosiddetto “naviglio sottile”); con annessa area di stoccaggio dove verranno assemblati agenti inquinanti e cancerogeni, rifiuti tossici e speciali e soprattutto un’enorme quantità di amianto da maneggiare, trattare e “bonificare” a due passi dal centro urbano.\r\n\r\nIn tutto questo si muovono le ditte legate alla mafia, le prime ad essere interessate a garantire l’ordine e la regolarità dei lavori ai committenti americani, come la Calcestruzzi di Niscemi, che da quanto il governo MPA-PD della regione ha concesso il nulla osta alla costruzione del MUOS (giugno 2011), ha fatto lavorare notte e giorno i propri dipendenti per completare l’impianto e la posa in opera delle parabole in tempi record, naturalmente dopo aver spianato una collina nell’area protetta della Sughereta.\r\n\r\nLa Sicilia continua ad essere occupata dall’esercito amerikano, ipotecata dalle strategie del Pentagono, proiettata nelle guerre del futuro come avamposto dei sistemi d’arma di ultima generazione e ovviamente obiettivo molto sensibile per qualsiasi tipo di ritorsione.\r\n\r\nPer questo noi anarchici riteniamo importante riprendere la parola d’ordine di Mirikani Jativinni, che fu la nostra bandiera durante la lotta contro la costruzione della base missilistica di Comiso, e quindi, oggi più che mai occorre gridare No al MUOS! Mirkani jativinni! Oggi più che mai bisogna travolgere con un movimento di protesta sempre più forte, non solo i militari amerikani, ma tutti i servi politici e i complici che gli hanno permesso e gli permettono di fare i loro porci comodi, a partire dal governatore Raffaele Lombardo, passando per il PD che adesso cerca di cavalcare la battaglia contro il MUOS, mentre un anno fa ne avallava la costruzione, e che per anni ha finto di non vedere e non sentire, sia quando Berlusconi (2005) ha dato il “permesso” agli USA di costruire il MUOS, sia quando il governo Prodi (2006) glielo ha confermato.\r\n\r\nE’ in atto in molte province una forte campagna di sensibilizzazione che ha squarciato il velo dell’omertà e del silenzio, ma soprattutto della delega. Sono sorti decine di comitati NO MUOS lungo l’asse sud orientale dell’isola, e si vanno estendendo in altre zone del centro e dell’est; sono realtà eterogenee tra di loro e al loro interno, però in questa fase assolvono al compito importantissimo di far conoscere cos’è il MUOS, organizzando centinaia di banchetti di propaganda e raccolta firme, decine di conferenze, manifestazioni, presidi, grazie ai quali l’opinione pubblica è sempre più informata ed il consenso alla lotta contro il MUOStro è salito in maniera significativa. Sta crescendo così, accanto alla “vecchia” generazione di Comiso che si è battuta contro i missili, contro gli interventi militari in Iraq, per la smilitarizzazione di Sigonella, una nuova generazione dalle forti sensibilità ambientaliste, che man mano prende atto del contesto di guerra in cui la vicenda MUOS ci proietta, e che si rende conto, al di là dei metodi spesso contraddittori ed ingenui che una parte porta avanti (percorsi legalitari dietro sindaci e deputati, credere veramente nel “potere” di centomila firme raccolte, fiducia eccessiva nelle battaglie simboliche), che il MUOS vada bloccato, e comunque vada fatto smantellare, assieme alla base NRTF e a tutte le basi amerikane in Sicilia. Dalla preoccupazione per la salute e per l’ambiente è passata alla richiesta di un Mediterraneo mare di pace e ha intrapreso una dinamica di attivismo autonoma dai partiti. Così, mentre da una parte si è pronti a passare alla seconda fase della mobilitazione, quella dei presidi alla Sughereta, delle azioni dirette a scopo dimostrativo, delle azioni di disturbo verso i militari italiani e amerikani, in altre parti si prosegue con la costituzione delle realtà di base e della sensibilizzazione primaria. Ma non è più rinviabile il tentativo di fare assumere una centralità nazionale alla lotta contro il MUOS, impegno verso il quale noi anarchici dobbiamo dare il massimo per lasciare una forte impronta antimilitarista. Le premesse ci sono tutte perché quella contro il MUOS divenga presto una lotta popolare estesa e travolgente.\r\nPippo Gurrieri","4 Ottobre 2012","Il 6 ottobre si svolgerà a Niscemi una manifestazione antimilitarista contro il Muos, un sistema di comunicazioni satellitari basato su onde ad altissima frequenza, che qunado entrerà in funzione diverrà il perno delle nuove guerre degli Stati Uniti.\r\nContro quest'ennesima installazione bellica in Sicilia, sempre più portaerei per le guerre di oggi e di domani, sta crescendo la lotta dei comitati di cittadini, che sempre più numerosi si battono contro il Muos. All'inizio di settembre un gruppo di attivisti ha provato a contrastare attivamente i lavori nella sughereta di Niscemi: 17 sono stati denunciati per quest'azione.\r\nLa manifestazione di sabato 6 ottobre dovrebbe costituire una sorta di prova del fuoco per un movimento popolare che sta crescendo. 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Come questi strumenti rendono sempre più reale la distopia del grande fratello?\r\nDalla Cina, vera pioniera nella sperimentazione del controllo capillare della popolazione, sino all’Australia, all’India, alla Gran Bretagna e all’Italia ci siamo fatti un viaggio sull’estendersi di un reticolo di occhi e dispositivi elettronici che in poco tempo potrebbe divenire capillare in ogni dove. \r\n\r\nNe abbiamo parlato con Robertino Barbieri\r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/2020-12-01-controllo-robertino.mp3\"][/audio]\r\n\r\n2020 12 01 controllo robertino","1 Dicembre 2020","2020-12-01 15:00:26","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-1024x576.jpg 1024w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale-1536x864.jpg 1536w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/12/riconoscimento-facciale.jpg 1920w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Le nuove frontiere del controllo",1606834826,[238,239,240,241,242,243,244],"http://radioblackout.org/tag/australia/","http://radioblackout.org/tag/cina/","http://radioblackout.org/tag/controllo-globale/","http://radioblackout.org/tag/gran-bretagna/","http://radioblackout.org/tag/india/","http://radioblackout.org/tag/riconoscimento-facciale/","http://radioblackout.org/tag/telecamere/",[246,247,248,249,250,251,252],"australia","cina","controllo globale","gran bretagna","india","riconoscimento facciale","telecamere",{"post_content":254},{"matched_tokens":255,"snippet":257,"value":258},[256],"perva","mondo nuove e sempre più \u003Cmark>perva\u003C/mark>sive tecnologie di controllo vengono usate","In tutto il mondo nuove e sempre più \u003Cmark>perva\u003C/mark>sive tecnologie di controllo vengono usate per accrescere la pressione poliziesca sull’intera società.\r\nIn Francia il tentativo di rendere queste tecnologie esclusivo appannaggio della polizia ha portato centinaia di migliaia di persone in piazza.\r\nCosa sta accadendo in altri paesi? 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