","Discrezionalità, potere e uso della forza: i manuali per i reparti mobili e il sapere di polizia","post",1456166490,[61,62,63,64,65,66,67,68,69],"http://radioblackout.org/tag/abusi-di-polizia/","http://radioblackout.org/tag/categorizzazione/","http://radioblackout.org/tag/controllo-sociale/","http://radioblackout.org/tag/discrezionalita/","http://radioblackout.org/tag/militarizzazione-della-polizia/","http://radioblackout.org/tag/polizia/","http://radioblackout.org/tag/regole-di-ingaggio/","http://radioblackout.org/tag/stereotipi/","http://radioblackout.org/tag/violenza-della-polizia/",[71,28,72,17,34,73,74,22,75],"abusi di polizia","controllo sociale","polizia","regole di ingaggio","violenza della polizia",{"post_content":77,"post_title":81,"tags":85},{"matched_tokens":78,"snippet":79,"value":80},[17],"pratiche\"? Cosa significa parlare di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> e arbitrarietà del lavoro della","Come è stato costruito e trasmesso nel corso nel tempo il \"sapere di polizia\"? Quali le teorie e quali le \"pratiche\"? Cosa significa parlare di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> e arbitrarietà del lavoro della polizia? Cosa è cambiato nei manuali di formazione dei reparti mobili dal secondo dopoguerra ad oggi? Come vengono formati i funzionari e/o operatori delle forze dell'ordine in Italia? In particolare come sono cambiati negli ultimi 15 anni i pochi manuali o materiali accessibili utilizzati per la formazione di agenti e operatori?\r\n\r\nAbbiamo parlato di questo e di molto altro con Enrico Gargiulo, ricercatore presso l'università del Piemonte Orientale. Partendo da un articolo molto recente, \"Ordine pubblico, regole private. I manuali per i Reparti mobili della Polizia di stato\", abbiamo cercato di descrivere cosa cosa accade in Italia negli ultimi anni, allargando poi lo sguardo alla Francia - piombata in un prolungato stato di \"eccezione\" con la dichiarazione dello stato di emergenza dal novembre 2015 - agli Stati Uniti, alla Gran Bretagna.\r\n\r\nAscolta il contributo:\r\n\r\nenricogargiulo",{"matched_tokens":82,"snippet":84,"value":84},[83],"Discrezionalità","\u003Cmark>Discrezionalità\u003C/mark>, potere e uso della forza: i manuali per i reparti mobili e il sapere di polizia",[86,88,90,92,95,97,99,101,103],{"matched_tokens":87,"snippet":71},[],{"matched_tokens":89,"snippet":28},[],{"matched_tokens":91,"snippet":72},[],{"matched_tokens":93,"snippet":94},[17],"\u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark>",{"matched_tokens":96,"snippet":34},[],{"matched_tokens":98,"snippet":73},[],{"matched_tokens":100,"snippet":74},[],{"matched_tokens":102,"snippet":22},[],{"matched_tokens":104,"snippet":75},[],[106,112,115],{"field":35,"indices":107,"matched_tokens":109,"snippets":111},[108],3,[110],[17],[94],{"field":113,"matched_tokens":114,"snippet":84,"value":84},"post_title",[83],{"field":116,"matched_tokens":117,"snippet":79,"value":80},"post_content",[17],578730123365712000,{"best_field_score":120,"best_field_weight":39,"fields_matched":108,"num_tokens_dropped":47,"score":121,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":47},"1108091339008","578730123365711979",{"document":123,"highlight":145,"highlights":161,"text_match":118,"text_match_info":169},{"cat_link":124,"category":125,"comment_count":47,"id":126,"is_sticky":47,"permalink":127,"post_author":50,"post_content":128,"post_date":129,"post_excerpt":53,"post_id":126,"post_modified":130,"post_thumbnail":131,"post_thumbnail_html":132,"post_title":133,"post_type":58,"sort_by_date":134,"tag_links":135,"tags":140},[44],[46],"61666","http://radioblackout.org/2020/06/napoli-abuso-di-potere-nel-centro-storico/","A Napoli, in una piazza gremita, tre attivisti di 'Mezzocannone occupato' vengono arbitrariamente scelti dalla polizia per un controllo. La situazione precipita inspiegabilmente in una sequela di arresti senza senso. Accorrono 8 pattuglie della polizia, oltre all'esercito in presidio fisso nella piazza; 12 agenti di cartapesta si fanno refertare come contusi durante immaginarie colluttazioni.\r\nNe scaturisce naturalmente una riflessione sulla vertiginosa discrezionalità delle forze dell'ordine, rafforzata da questi mesi della pandemia; su come eventi come quelli napoletani vengano a costituire minacciosi precedenti per tutt*, amplificando il potere già fortemente asimmetrico di guardie e affini, rischiando di aprire la strada a nuovi allucinanti abusi.\r\n\r\nNe parliamo con Barbara, compagna dell'Ex-OPG\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/Arresti-Napoli.mp3\"][/audio]","21 Giugno 2020","2020-06-21 12:13:47","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"230\" height=\"300\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi-230x300.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi-230x300.jpg 230w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi-785x1024.jpg 785w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi-768x1002.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2020/06/nAPOLi.jpg 1080w\" sizes=\"auto, (max-width: 230px) 100vw, 230px\" />","Napoli: abuso di potere nel centro storico",1592741627,[136,137,64,138,139],"http://radioblackout.org/tag/abusi-di-potere/","http://radioblackout.org/tag/arresti-a-napoli/","http://radioblackout.org/tag/forze-dellordine/","http://radioblackout.org/tag/napoli/",[141,142,17,143,144],"abusi di potere","Arresti a Napoli","Forze dell'ordine","napoli",{"post_content":146,"tags":150},{"matched_tokens":147,"snippet":148,"value":149},[17],"naturalmente una riflessione sulla vertiginosa \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> delle forze dell'ordine, rafforzata da","A Napoli, in una piazza gremita, tre attivisti di 'Mezzocannone occupato' vengono arbitrariamente scelti dalla polizia per un controllo. La situazione precipita inspiegabilmente in una sequela di arresti senza senso. 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Sappiamo invece che non c'è niente da stupirsi, la polizia è razzista e agisce in maniera differente su base etnica. Questo avviene sia in merito ad atti criminali, sia in modo predittivo: in questa società, ossessionata dalla sicurezza e dal decoro, le forze repressive si dotano di parametri secondo i quali preferibilmente fermare, controllare e schedare le persone in base alla loro appartenenza etnica, perché per una perversa ragione di rappresentazione, questi gruppi etnici vengono percepiti come più potenzialmente pericolosi. Di conseguenza, per un cittadino con cittadinanza estera o una persona di seconda generazione, è molto più facile essere fermata per strada dalle forze di polizia.\r\n\r\nAd essere sotto imputazione nel rapporto dell'ECRI è la discrezionalità delle forze di polizia nell'adottare dei pregiudizi di tipo razzista nei fermi delle persone, ma questo è un fatto sistemico, non dichiarato. Il senso della denuncia dell'ECRI potrebbe essere quindi, nella promozione di un processo di riflessione collettiva, un tentativo di far emergere una coscienza condivisa e ampia di meccanismi, che oggi sono strutturali, ma non sono riconosciuti. Non è riconosciuto infatti, che i meccanismi dietro le azioni della polizia siano razzisti: parlare di 'borseggiatrici rom' non è qualificato come razzismo, l'islamofobia non è qualificata come razzismo. C'è tutto un universo di riferimento simbolico, che sottende agli atteggiamenti e al sentire dell'opinione pubblica, avvelenata dal primo termine vu cumprà di molti anni fa, al lager in Albania oggi.\r\n\r\nNe parliamo ai microfoni dell'informazione di Radio Blackout con Sabina Uberti-Bona, dottoranda in sociologia da Milano:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/sabina.mp3\"][/audio]","24 Ottobre 2024","2024-10-24 11:11:36","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/manette-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"234\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/manette-300x234.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/manette-300x234.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/manette-768x599.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2024/10/manette.jpg 1024w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Polizia e razzismo di Stato",1729768296,[187,188,189],"http://radioblackout.org/tag/acab/","http://radioblackout.org/tag/albania/","http://radioblackout.org/tag/razzismo-di-stato/",[191,192,193],"acab","albania","razzismo di stato",{"post_content":195},{"matched_tokens":196,"snippet":197,"value":198},[17],"nel rapporto dell'ECRI è la \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> delle forze di polizia nell'adottare","A seguito del rapporto dell'ECRI in cui si condanna per razzismo la polizia italiana, assistiamo con fatica allo stupore del presidente della Repubblica. 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A una settimana dalle odiose dichiarazioni di Emiliano Bezzon, capo della polizia municipale di Torino, che, ricordiamolo, esortava i cittadini a negare l’elemosina ai senzatetto poiché molto rischioso, a detta sua, paragonando il Centro a un bancomat per senzatetto, il Comune di Torino vuole vietare ai senzatetto di avere accanto a sé animali indiscrezionalmente, una scelta mossa da quelle che chiamano ‘nuove sensibilità’. L’unica discrezionalità è lasciata al buon cuore del vigile urbano. \r\nL’assessore alle politiche sociali ha rincarato la dose: «Molti di loro percepiscono il reddito di cittadinanza»\r\nL’Appendino non solo si schiera con Bezzon, ma ne rivendica l’idea, ‘lo dissi già nel 2018’. \r\n\r\nDopo averlo annunciato fra le righe ieri si è passati ai fatti con lo sgombero dei senzatetto dalle vie del centro lasciando alla discarica le loro masserizie.\r\n\r\nCommentiamo la notizia con Daniela, ricercatrice a Torino:\r\n\r\n[audio mp3=\"https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/daniela-guerra-ai-poveri.mp3\"][/audio]","5 Febbraio 2021","2021-02-05 11:47:53","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/homeless-200x110.png","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/homeless-300x169.png\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/homeless-300x169.png 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/homeless-768x432.png 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2021/02/homeless.png 850w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Il comune di Torino dichiara guerra ai senzatetto",1612525673,[221,222],"http://radioblackout.org/tag/appendino/","http://radioblackout.org/tag/guerra-ai-poveri/",[224,225],"appendino","guerra ai poveri",{"post_content":227},{"matched_tokens":228,"snippet":229,"value":230},[17],"che chiamano ‘nuove sensibilità’. 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Il percorso dura 3 anni e prevede periodi di formazione obbligatoria (a pagamento) e periodi di supplenze nelle scuole (scarsamente retribuiti).\r\n\r\nLe disposizioni del Ministero lasciano però in realtà una certa discrezionalità ai singoli atenei nel decidere come erogare i corsi e certificare i requisiti necessari ad accedervi. Questo ha creato confusione e malumori in diverse università italiane, oltre che il tentativo da parte di molti atenei di battere cassa tra gli apiranti insegnanti, disseminando il percorso di costi esorbitanti.\r\n\r\nE' il caso di Torino, dove da alcune settimane un gruppo di studenti e laureati si sta mobilitando per portare ai vertici dell'amministrazione universitaria una serie di rivendicazioni sul percorso FIT.\r\n\r\nNe abbiamo parlato con Carla, studentessa universitaria di Torino:\r\n\r\nFIT","24 Gennaio 2018","2018-01-29 12:44:07","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/yjZSrZpZIDOsuQC-800x450-noPad-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"169\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/yjZSrZpZIDOsuQC-800x450-noPad-300x169.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/yjZSrZpZIDOsuQC-800x450-noPad-300x169.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/yjZSrZpZIDOsuQC-800x450-noPad-768x432.jpg 768w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2018/01/yjZSrZpZIDOsuQC-800x450-noPad.jpg 800w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","FIT: cosa succede all'Università di Torino attorno al concorso per l'insegnamento",1516799804,[249,250,251,252,253],"http://radioblackout.org/tag/buona-scuola/","http://radioblackout.org/tag/fit/","http://radioblackout.org/tag/insegnanti/","http://radioblackout.org/tag/torino/","http://radioblackout.org/tag/universita/",[15,255,256,257,258],"FIT","insegnanti","torino","università",{"post_content":260},{"matched_tokens":261,"snippet":262,"value":263},[17],"però in realtà una certa \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> ai singoli atenei nel decidere","Il FIT - “formazione iniziale e tirocino” - è la nuova formula introdotta con la riforma della Buona Scuola per il concorso per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria e primaria. 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Nessuno è vero: non c’è risparmio di suolo, non c’è qualificazione urbana, non c’è semplificazione, non si riduce il rischio di infiltrazioni dell'ndragheta.\r\n\r\n \r\n\r\nC’è invece libertà assoluta data alle iniziative immobiliari per nuovi insediamenti nel territorio rurale o di rigenerazione urbana, vietando la possibilità stessa di una cogente disciplina urbanistica preventiva e sottraendo meticolosamente ai comuni ogni potere e strumento per governarli. 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Ai proprietari di quei 250 chilometri quadrati sarebbero concessi cinque anni per metterne perpetuamente al sicuro la classificazione urbanistica, stipulando accordi operativi a cui i comuni non avrebbero reale possibilità di sottrarsi né interesse a farlo.\r\n\r\nIl vantato limite del tre per cento all’incremento del territorio urbano sarebbe quindi aggiuntivo alle espansioni urbanistiche già vigenti e confermabili, e comunque elevato in sé: con un incremento del tre per cento le città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna, Reggio crescerebbero ciascuna di due chilometri quadrati, sufficienti ad accogliervi altri ventimila abitanti.\r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è qualificazione urbana\r\n\r\nGli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato sarebbero interamente ed esclusivamente rimessi all’ iniziativa delle proprietà, che sola avrebbe titolo per sviluppare progetti del tutto arbitrari in quanto esenti da qualsiasi limitazione o regola preventiva su volume, superficie utile, morfologia, uso, dotazioni e geometria; in deroga agli standard nazionali e locali in materia di verde, servizi pubblici e parcheggi; in deroga alle norme nazionali e locali in materia di densità edilizia, altezze e distanze dagli altri fabbricati, e senza alcun obbligo di valutare la sostenibilità ambientale e territoriale di quanto progettato.\r\n\r\nLa regolazione di questi interventi avverrebbe esclusivamente mediante accordi operativi su progetti urbani che i comuni non avrebbero modo di respingere né modificare, perché accuratamente esautorati da qualsiasi effettivo potere.\r\n\r\nNulla impedisce che interventi concepiti in queste condizioni producano selvaggi aumenti di volumi, indifferenti all’impatto prodotto sulla circolazione e sui servizi, privi di dotazioni essenziali e anzi congestivi e parassitari sul contesto urbano. Le parti più sofferenti delle città esigono politiche di diradamento, non di quell’addensamento che appare l’unico intento e la sola prospettiva della proposta di legge.Per questa via non si arriva alla qualificazione della città esistente, ma al suo contrario.\r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è semplificazione\r\n\r\nQualsiasi modificazione anche minima del proposto nuovo piano urbanistico generale (PUG), e addirittura la formazione e modificazione di piani urbanistici attuativi si troverebbero assoggettate al medesimo procedimento previsto per la formazione del PUG stesso, del piano regionale e dei piani territoriali di area vasta e regionale. Gli effetti per la normale attività dei comuni sarebbero paralizzanti.\r\n\r\nPer la formazione di accordi operativi di iniziativa privata il progetto di legge prevede invece un iter sostanzialmente snellito e accelerato rispetto agli strumenti urbanistici pubblici.\r\n\r\n \r\n\r\nIl divieto di regolare preventivamente mediante i piani urbanistici i più importanti interventi di rigenerazione urbana e di nuova urbanizzazione, demandando alla negoziazione il compito di definirne contenuti di grande entità economica, introduce la massima discrezionalità nella politica e nell’amministrazione dell’urbanistica, già in sé delicate, con effetti potenzialmente criminogeni. Il rischio di devianze ne è acuito, il pericolo di inserimenti della malavita organizzata altrettanto.\r\n\r\n \r\n\r\nIl progetto di legge risponde pienamente alla casistica completa delle posizioni di interesse immobiliare e dei modi in cui può essere perseguito il loro maggior vantaggio:\r\n\r\n \tle espansioni urbane già previste verrebbero poste irreversibilmente al sicuro, attraverso accordi che i comuni non avrebbero reale possibilità di negare, né di revocare;\r\n \t\r\n \tgli interventi di riuso e rigenerazione nel territorio urbanizzato verrebbero sottratti a qualsiasi limitazione cogente di origine nazionale o locale, e interamente rimessi all’arbitrio delle iniziative immobiliari;\r\n \tun qualsiasi pezzo di campagna non attiguo all’autostrada, né esondabile né in frana sarebbe liberamente utilizzabile per trasferirvi dagli interventi di rigenerazione urbana l’edificabilità non convenientemente utilizzabile sul posto (premialità varie comprese); oppure per attuarvi imprecisati programmi di edilizia residenziale sociale, comunque apportatori di rendita e utili per negoziare altri vantaggi.Ne consegue che i nobili obiettivi del risparmio di suolo e della qualificazione del territorio urbano siano mistificati e asserviti a interessi puramente speculativi. Per fermare lo spreco di suolo e qualificare il territorio, in particolare quello urbano, servono rinnovate politiche, di cui i comuni siano attori principali, nel quadro di solidi riferimenti del piano territoriale regionale e dei piani di area vasta. \r\n\r\nPreoccupa gravemente che questa proposta sia l’avanguardia di un tentativo di sovvertire la legislazione urbanistica nazionale dal basso, attraverso la proliferazione di leggi regionali che la contraddicono.","25 Luglio 2017","2017-08-28 11:45:38","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/casepopolari-200x110.jpg","\u003Cimg width=\"300\" height=\"193\" src=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/casepopolari-300x193.jpg\" class=\"ais-Hit-itemImage\" alt=\"\" decoding=\"async\" loading=\"lazy\" srcset=\"http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/casepopolari-300x193.jpg 300w, http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2017/07/casepopolari.jpg 600w\" sizes=\"auto, (max-width: 300px) 100vw, 300px\" />","Consumo di luogo. 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Per i normali cittadini e attività produttive ci sono le solite vecchie fruste regole.\r\nL’interesse pubblico alla qualità e funzionalità del territorio è ignorato, e ogni attenzione è dedicata a disporre le condizioni di maggior vantaggio per la rendita fondiaria nelle realtà urbane maggiori.\r\n\r\n \r\n\r\nNe abbiamo parlato con l'architetto Ruini, in prima fila nella denuncia e nella lotta contro il nuovo piano.\r\n\r\n \r\n\r\nAscolta la diretta:\r\n\r\n \r\n\r\n2017 07 25 emilia piano reg ruini\r\n\r\n \r\n\r\nDi seguito una breve scheda che riassume le questioni in ballo\r\n\r\n \r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è risparmio di suolo\r\nSecondo la giunta regionale, limitando al tre per cento il possibile ampliamento urbano, i 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche oggi già possibili si ridurrebbero a 70.\r\nNon è così. 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Le parti più sofferenti delle città esigono politiche di diradamento, non di quell’addensamento che appare l’unico intento e la sola prospettiva della proposta di legge.Per questa via non si arriva alla qualificazione della città esistente, ma al suo contrario.\r\n\r\n \r\n\r\nNon c’è semplificazione\r\n\r\nQualsiasi modificazione anche minima del proposto nuovo piano urbanistico generale (PUG), e addirittura la formazione e modificazione di piani urbanistici attuativi si troverebbero assoggettate al medesimo procedimento previsto per la formazione del PUG stesso, del piano regionale e dei piani territoriali di area vasta e regionale. Gli effetti per la normale attività dei comuni sarebbero paralizzanti.\r\n\r\nPer la formazione di accordi operativi di iniziativa privata il progetto di legge prevede invece un iter sostanzialmente snellito e accelerato rispetto agli strumenti urbanistici pubblici.\r\n\r\n \r\n\r\nIl divieto di regolare preventivamente mediante i piani urbanistici i più importanti interventi di rigenerazione urbana e di nuova urbanizzazione, demandando alla negoziazione il compito di definirne contenuti di grande entità economica, introduce la massima \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> nella politica e nell’amministrazione dell’urbanistica, già in sé delicate, con effetti potenzialmente criminogeni. 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Pratiche che negli anni sono state fatte proprie dagli Stati membri e che questo pacchetto cristallizza in un corpus normativo.\r\n\r\nAlla base del patto troviamo uno stravolgimento del concetto di solidarietà, intesa come solidarietà tra Stati e non verso chi migra, l'inquadramento delle persone che migrano non come individui, ma come fattore di rischio ed infine la discrezionalità per gli Stati membri di derogare, attraverso l'apertura dello stato di crisi migratoria, agli obblighi relativi alla libera circolazione delle persone sul territorio europeo.\r\n\r\nTra gli strumenti per favorire un maggiore controllo delle frontiere:\r\n- SCREANING all'ingresso dei confini europeri e raccolta di dati biometrici e sensibili (DNA, religione, orientamento politico, orientamento sessuale, ecc), attraverso i quali implementare la capacità e l'INTEROPERABILITÀ DELLE BANCHE DATI europee - come quelle di Frontex ed Eurpol ma anche, chiaramente le agenzie di databasing della polizia UE come eu-LISA - e dei singoli Stati, tanto quelli membri quanto quelli di provenienza. In questa direzione emerge una tendenza espansiva sia dei finanziamenti alle agenzie europee (budget Frontex da 6mln di euro nel 2005 a 118 mln nel 2011) sia della pervasività delle loro competenze, motivate attraverso l'utilizzo del metodo di analisi dei rischi e l'inquadramento delle persone migranti al pari di strumenti di pressione politica e/o elementi di destabilizzazione interna, e non come individui.\r\n\r\n- ESTERNALIZZAZIONE delle frontiere attraverso la fidelizzazione dei paesi terzi per mezzo di operazioni finalizzate al rafforzamento della dimensione estera della migrazione, quindi riaffermando ancora una volta la necessità di stabilizzare e finanziare aka \"rendere sicuri” paesi cosiddetti terzi, possibilmente autoritari, per consolidare le capacità di contenimento dei flussi nella costa sud del Mediterraneo.\r\n\r\n- FINZIONE GIURIDICA DEL NON INGRESSO. Nonostante la presenza fisica delle persone sul territorio di uno Stato membro dell'UE, la legge stabilirà che non sono ancora effettivamente entrate in quello Stato membro e quindi possono essere soggette a detenzione e screening alle frontiere, in vista di una rapida deportazione. 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Nonostante la presenza fisica delle persone sul territorio di uno Stato membro dell'UE, la legge stabilirà che non sono ancora effettivamente entrate in quello Stato membro e quindi possono essere soggette a detenzione e screening alle frontiere, in vista di una rapida deportazione. 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Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non è detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti e delle varie lobbies e amplifica il carattere di discrezionalità causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro e con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi e il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita e allontanarsi dalla situazione di violenza e maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. E quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo e sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate e sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza e in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi e le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche e che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero -insieme ad Andrea Padalino- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali e di farlo con una convinzione e una veemenza che non è da tutti! Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale è datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione e allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, e della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso e delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ","8 Luglio 2014","2018-10-24 17:35:29","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/03/medea-strega-200x110.jpg","I podcast de Il colpo della strega: 7luglio2014",1404837762,[391,392,393,394,395,396,397,398,399,400],"http://radioblackout.org/tag/anni-settanta/","http://radioblackout.org/tag/autodeterminazione/","http://radioblackout.org/tag/beatrice-rinaudo/","http://radioblackout.org/tag/centri-antiviolenza/","http://radioblackout.org/tag/consultori/","http://radioblackout.org/tag/consultori-autogestiti/","http://radioblackout.org/tag/decreto-femminicidio/","http://radioblackout.org/tag/malerbe/","http://radioblackout.org/tag/violenza-di-genere/","http://radioblackout.org/tag/violenza-maschile-sulle-donne/",[330,402,334,403,328,338,404,405,406,407],"autodeterminazione","centri antiviolenza","decreto femminicidio","malerbe","violenza di genere","violenza maschile sulle donne",{"post_content":409},{"matched_tokens":410,"snippet":411,"value":412},[17],"e amplifica il carattere di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> causando un pullulare di associazioni","*** I centriantiviolenza e i finanziamenti promessi dal Decreto Femminicidio e dal Governo Renzi: per la prima volta i soldi verranno destinate alle Regioni che emetteranno un bando per cui si dovrà presentare un progetto. Per le associazioni rimane dunque l'incertezza finanziaria, perché non è detto che l'anno successivo i fondi vengano riconfermati; questo sistema inoltre apre alla gestione clientelare dei vari partiti e delle varie lobbies e amplifica il carattere di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark> causando un pullulare di associazioni varie d'ogni tipo ed ideologia, stimolato dalla prospettiva del business della violenza sulle donne, in concorrenza tra loro e con i vari enti. Altre criticità che abbiamo evidenziato riguardano poi la natura stessa di questi luoghi e il fatto che non si risolva alla radice il problema fondamentale che le donne devono affrontare in questi casi, ovvero la questione economica. Le condizioni materiali di vita continuano a essere una discriminante essenziale per poter essere libere di scegliere. Molto spesso le donne, pur maltrattate, non se ne vanno di casa perchè dipendono economicamente dal marito/compagno o dalla famiglia in generale. Renderle autonome da questo punto di vista, dovrebbe essere il primo passo per aiutarle a liberarsi dalla violenza. Senza autonomia non c'è alcuna possibilità di scelta per poter cambiare vita e allontanarsi dalla situazione di violenza e maltrattamenti. Anche con l'inserimento nelle case rifugio o nei percorsi dei centri antiviolenza, questo problema non viene mai risolto. E quindi di fatto non si risolva la situazione alla radice. Altro dato, la natura stessa di questi luoghi, spesso più simili a dei collegi che non a delle case che dovrebbero ospitare donne adulte, anche con figli. Orari di rientro molto rigidi, impossibilità di ricevere ospiti, mancanza di privacy, la sensazione insomma di essere sotto controllo e sotto osservazione costante. Le donne spesso si sentono vittimizzate e sentono strette le condizioni di vita all'interno, tanto da preferire di tornarsene a casa, tra le stesse mura in cui avevano subito la violenza e in cui la violenza si ripresenterà senza sconti. Allora forse andrebbero ripensati anche questi luoghi e le prospettive di uscita dalla violenza che si offrono alle donne. Prospettive che definiremmo pauperistiche-cattoliche e che poco hanno a che fare con un percorso/progetto di emancipazione e autonomia.\r\n\r\n***Beatrice Rinaudo è presidente dell’Associazione italiana vittime della violenza: avvocato torinese, trentanove anni, è iscritta al foro di Palermo, dove ha il suo studio legale. Se il cognome suona noto non è per caso: suo padre è Antonio Rinaudo, pubblico ministero -insieme ad Andrea Padalino- nei processi penali ad attivisti notav. Candidata con Fratelli d’Italia alle recenti elezioni per la regione Piemonte, non è stata eletta. Al centro della sua battaglia politica avrebbe dovuto esserci la lotta alla violenza di genere, come lei stessa ha dichiarato in un’intervista al Fatto Quotidiano e nel video in cui ha annunciato la propria candidatura. Quest’impegno al fianco delle donne (“per i loro diritti e i loro doveri”, tiene a precisare sul suo profilo twitter, non le impedisce di patrocinare in giudizio - in qualità di difensore di fiducia - imputati di reati sessuali e di farlo con una convinzione e una veemenza che non è da tutti! Lo scorso 12 giugno si è concluso al tribunale di Pavia il primo grado di un processo che ha visto l’avvocato torinese difendere una persona imputata, fra l’altro, di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e tentativo di induzione alla prostituzione. Nulla di ingiusto in questo patrocinio, si diceva. Di tutta la sua attività processuale, a colpire è stata soprattutto l’arringa conclusiva. Rinaudo ha esordito rivendicando il suo ruolo di presidente dell’AIVV, in virtù del quale si è fatta promotrice di “un disegno di legge attualmente in discussione al senato”, per poi proseguire chiedendo retoricamente ai magistrati e all’avvocato della parte civile quante volte sia loro capitato di occuparsi di reati sessuali. Intuibili erano le intenzioni e il sottotesto di quelle affermazioni: accreditarsi come l’unica esperta in materia presente in aula. Quando è passata a contestare l’attendibilità del racconto dei fatti reso dalla persona offesa al pubblico ministero, lo ha fatto esibendo un’acredine, una violenza verbale e un disprezzo per la posizione della vittima che nemmeno l’esigenza difensiva di dimostrare con veemenza la non-colpevolezza del suo cliente poteva giustificare. L'associazione di cui la Rinaudo è presidente la trovate sul sito http://www.associazioneitalianavittimedellaviolenza.org/. Dateci un'occhiata, sarà molto istruttivo! Si parla di generiche vittime di omicidio volontario...la violenza non ha mai un soggetto che la definisce. Non si parla dunque di violenza maschile sulle donne, ma di violenza tout court...nella sezione “le nostre storie” ci sono solo però storie di femminicidi, 4 per la precisione...la parola femminicidio però sul sito non viene usata, si parla di delitti di genere. Tra gli obiettivi dell'associazione...\"prevenire gli atti di violenza attraverso la più stretta collaborazione possibile con le forze dell’ordine nel rispetto delle norme dell’Ordinamento Giuridico della Repubblica\".\r\n\r\n***Per la rubrica \"Storie di donne\", l'istituzione dei consultori famigliari pubblici attraverso le legge nazionale del 29 luglio 1975 (quella regionale è datata invece luglio 1976). Siamo partite dal periodo precedente, ovvero dai consultori autogestiti, proponendovi un'intervista a Franca, compagna che ha partecipato negli Anni Settanta all'esperienza dei primi consultori autogestiti a Torino, in particolare all'occupazione e allo sviluppo del progetto di un consultorio autogestito nella zona dei Mercati Generali. Nella prossima puntata ci occuperemo della storia delle legge, che analizzeremo nelle sue criticità, e della trasformazione - o meglio, del declino - dei consultori con la loro istituzionalizzazione.\r\n\r\n***Per la rubrica \"Malerbe\", Silvia ci ha parlato della raccolta, dell'uso e delle proprietà dell'iperico.\r\n\r\nPer riascoltare la puntata:\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_primaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_secondaparte\r\n\r\nil colpo della strega_7luglio2014_terzaparte\r\n\r\n \r\n\r\n ",[414],{"field":116,"matched_tokens":415,"snippet":411,"value":412},[17],{"best_field_score":204,"best_field_weight":205,"fields_matched":21,"num_tokens_dropped":47,"score":206,"tokens_matched":21,"typo_prefix_score":47},{"document":418,"highlight":435,"highlights":440,"text_match":202,"text_match_info":443},{"comment_count":47,"id":419,"is_sticky":47,"permalink":420,"podcastfilter":421,"post_author":313,"post_content":422,"post_date":423,"post_excerpt":53,"post_id":419,"post_modified":424,"post_thumbnail":425,"post_title":426,"post_type":356,"sort_by_date":427,"tag_links":428,"tags":432},"22990","http://radioblackout.org/podcast/10-maggio-no-tav-le-ragioni-della-liberta-contro-la-ragion-di-stato/",[313],"Negli ultimi due giorni la canea mediatica si è scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di discrezionalità.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. Lo Stato sa tuttavia che intorno ai pochi che sabotano c'é un'intera valle.\r\nMaria Matteo","9 Maggio 2014","2018-10-17 22:59:31","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2014/05/torino-10-maggiocorteo-200x110.jpg","10 maggio No Tav. Le ragioni della libertà contro la ragion di Stato",1399657322,[429,430,431,252],"http://radioblackout.org/tag/10-maggio/","http://radioblackout.org/tag/corteo/","http://radioblackout.org/tag/no-tav-2/",[326,433,434,257],"corteo","no tav",{"post_content":436},{"matched_tokens":437,"snippet":438,"value":439},[17],"danno loro amplissimo spazio di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark>.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo","Negli ultimi due giorni la canea mediatica si è scatenata contro la manifestazione del 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Provano a seminare la paura, perché sanno bene che domani a Torino ci sarà una grande manifestazione No Tav, che si stringerà solidale ai quattro attivisti, che, esattamente cinque mesi fa, sono stati sottratti alle loro vite, ai loro affetti, alla lotta comune.\r\nDomani ci sarà una marcia popolare, aperta a tutti, giovani e meno giovani, bambini, disabili. Tutti e tutte No Tav, tutti e tutte decisi a testimoniare con la loro presenza che quella notte del 14 maggio di un anno fa, in Clarea c'eravamo tutti. Tutti sabotatori, tutti, dice la Procura \"terroristi\".\r\nTutti \"colpevoli di resistere\", ma soprattutto colpevoli di volere un mondo di libertà e giustizia sociale, colpevoli di lottare per farne una realtà.\r\nL'accanimento della Procura torinese contro i No Tav è testimoniato dalla decisione del Procuratore generale Maddalena di evacuare i locali del Palagiustizia a mezzogiorno di sabato, dalla scelta di far piazzare jersey di cemento armato e metallo intorno al Palagiustizia.\r\nCome in Clarea, nel cantiere/fortino divenuto simbolo dell'arroganza di Stato.\r\nCome in Clarea i difensori delle lobby che si contendono le nostre, vite, il nostro futuro, la nostra libertà, domani saranno asserragliati dietro a quelle reti. Come belve feroci.\r\n\r\nNoi saremo fuori, per le strade di Torino, per ricordare ai signori dei palazzi che il patto di mutuo soccorso che abbiamo stilato tra di noi, attraversa le generazioni e i territori. Questo patto non è scritto nella carta, ma nei sentieri di lotta dove ci incontriamo e riconosciamo, parte di un grande cammino di libertà.\r\n\r\nOre 14 piazza Adriano.\r\nLo spezzone rosso e nero sarà aperto dallo striscione \"Terrorista è chi bombarda, sfrutta, opprime\"\r\n\r\nAscolta cronache ed analisi proposte oggi ad Anarres:\r\n\r\n2014 05 09 no tav anarres\r\n\r\nDi seguito alcune riflessioni sulla vicenda di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò uscite sull'ultimo numero del settimanale Umanità Nova.\r\n\r\nLa grande favola della democrazia si scioglie come neve al sole, ogni volta che qualcuno prende sul serio il nucleo assiologico su cui pretende di costruirsi, ogni volta che libertà, solidarietà, uguaglianza vengono intese e praticate nella loro costitutiva, radicale alterità con un assetto sociale basato sul dominio, la diseguaglianza, lo sfruttamento, la competizione più feroce.\r\nLa democrazia reale ammette il dissenso, purché resti opinione ineffettuale, mero esercizio di eloquenza, semplice gioco di parola. Se il dissenso diviene attivo, se si fa azione diretta, se rischia di far saltare le regole di un gioco feroce, la democrazia si dispiega come discorso del potere che ri-assume nella sua interezza l’assolutismo della regalità. Assoluta, perché sciolta da ogni vincolo, perché nega legittimità ad ogni parola altra. Ad ogni ordine che spezzi quello attuale.\r\nLo fa con la leggerezza di chi sa che l’illusione democratica è tanto forte da coprire come una coltre di nubi scure un dispositivo, che chiude preventivamente i conti con ogni forma di opposizione, che non si adatti al ruolo di mera testimonianza.\r\nIn questo dispositivo c’è anche la delega politica all’apparato giudiziario delle questioni che l’esecutivo non è in grado di affrontare.\r\nDalla legge elettorale a quella sulle droghe, sino al movimento No Tav.\r\n\r\nQuello che il potere politico non riesce a fare, quello che fanno i media senza potervi dar corpo, lo fa la magistratura.\r\nIn questi anni abbiamo assistito al progressivo incrudirsi della repressione, senza neppure la necessità di fare leggi speciali: è stato sufficiente usare in modo speciale quelle che ci sono.\r\nChi disapprova le scelte del governo, delle istituzioni locali, delle organizzazioni padronali e dei sindacati di Stato rischia sempre più di incappare nelle maglie della magistratura, perché le tutele formali e materiali che davano qualche spazio al dire e al fare, sono state poco a poco annullate.\r\nReati da tempi di guerra come \"devastazione e saccheggio\", l'utilizzo di fattispecie come \"associazione sovversiva\", \"violenza privata\", “associazione a delinquere”, \"resistenza a pubblico ufficiale\", \"vilipendio\" della sacralità delle istituzioni sono le leve potenti utilizzate per colpire chi agisce per costruire relazioni all'insegna della partecipazione, dell'eguaglianza, della libertà.\r\nNon si contano più le operazioni della magistratura nei confronti dell’opposizione politica e sociale. Hanno tentato più volte, ma con scarso successo i reati associativi, per loro natura intrinsecamente politici, le varie forme della famigerata famiglia 170, sono costruite per colpire chi si raggruppa per sovvertire l’ordine vigente, ma sfuggono ad una definizione chiara, e difficilmente sono applicabili e chi non si costituisce formalmente in associazione sovversiva o armata.\r\nHanno anche tentato la carta dell’associazione a delinquere applicata alle proteste sociali, ma anche qui non hanno portato a casa il risultato.\r\nNonostante ciò a Torino – da sempre laboratorio di repressione – hanno messo in campo processi contro decine di attivisti antirazzisti, nonostante la caduta del reato associativo.\r\nMaggior successo hanno avuto le operazioni costruite intorno a reati come devastazione e saccheggio, fallite a Torino ma riuscite a Genova e Milano, dove semplici danneggiamenti si sono trasformati in un reato da tempi di guerra con condanne sino a 15 anni di reclusione.\r\n\r\nOggi ci riprovano, proprio a Torino, mettendo in piedi un processo con l’accusa di terrorismo.\r\nVale la pena ripercorrere la genealogia di un meccanismo disciplinare, che va ben oltre il singolo procedimento penale.\r\nSi scopre che la mera professione di opinioni negative sugli accordi per la realizzazione della nuova linea ad alta velocità tra Torino e Lyon crea il “contesto” sul quale viene eretta l’impalcatura accusatoria che trasforma il danneggiamento di un compressore in un attentato. Un attentato con finalità terroriste.\r\nIl teorema dei due PM, Antonio Rinaudo e Andrea Padalino, affonda le radici in un insieme di norme che danno loro amplissimo spazio di \u003Cmark>discrezionalità\u003C/mark>.\r\n\r\n14 maggio 2013. Un gruppo di No Tav compie un’azione di sabotaggio al cantiere di Chiomonte.\r\nQuella notte venne danneggiato un compressore. Un’azione di lotta non violenta che il movimento No Tav assume come propria.\r\nNonostante non sia stato ferito nessuno, gli attivisti sono stati accusati di aver tentato di colpire gli operai del cantiere e i militari di guardia. Una follia. una lucida follia.\r\n22 maggio 2014. Quattro attivisti verranno processati per quell’azione. L’accusa è “attentato con finalità di terrorismo”.\r\nAi quattro attivisti arrestati il 9 dicembre, viene applicato il carcere duro, in condizioni di isolamento totale o parziale, sono trasferiti in carceri lontane per rendere più difficili le visite ai parenti, i soli autorizzati a farlo.\r\nMattia e Nicolò ad Alessandria, Claudio a Ferrara, Chiara a Roma. Le condizioni di detenzione loro inflitte sono molto pesanti, più di quello che il regime duro cui sono sottoposti prevede.\r\nI riti di un potere sciolto da qualunque vincolo divengono un monito per tutti coloro che li appoggiano e potrebbero seguirne l’esempio.\r\n\r\nUsando l’articolo 270 sexies, la Procura introduce un elemento cruciale, perché chiunque si opponga concretamente ad una decisione dello Stato italiano o dell'Unione Europea rischia di incappare nell'accusa di terrorismo.\r\nQueste ragioni oggi valgono per quattro No Tav, domani potrebbero valere per chiunque lotti contro le scelte non condivise, ma con il suggello della regalità imposto dallo Stato Italiano.\r\nFermare il Tav, costringere il governo a tornare su una decisione mai condivisa dalla popolazione locale è la ragion d’essere del movimento No Tav.\r\nOgni gesto, ogni manifestazione, ogni passeggiata con bimbi e cagnolini, non diversamente dalle azioni di assedio del cantiere, di boicottaggio delle ditte, di sabotaggio dei mezzi mira a questo scopo.\r\nCon questa logica gran parte della popolazione valsusina è costituita da terroristi. E con loro i tanti che, in ogni dove, ne hanno condiviso motivazioni e percorsi.\r\nNon serve molta immaginazione per capire cosa accadrebbe se il teorema dei PM torinesi dovesse essere accolto.\r\n\r\nI protagonisti dell’inchiesta sono la premiata coppia Rinaudo&Padalino. Il primo, quando aveva in mano l’inchiesta sulle n’drine piemontesi la tenne nel cassetto dieci anni, sin sull’orlo della prescrizione. Le intercettazioni effettuate dai carabinieri di Roma all’epoca dell’affaire Moggi, che mise nei guai il direttore generale della Juventus per la compra vendita degli arbitri, dimostrano che Rinaudo cenava oltre che con Moggi, con Antonio Esposito, referente dell’n’drangheta in Val Susa e con l’avvocato difensore di Martinat, il senatore missino finito nei guai per gli appalti a Venaus.\r\nDi Padalino si conoscono bene le simpatie leghiste, che ne hanno fatto un protagonista nella persecuzione degli antirazzisti torinesi.\r\nRinaudo&Padalino vogliono provare che la vittoria dei No Tav, la cancellazione della nuova linea tra Torino e Lyon, la rinuncia al progetto possano “arrecare grave danno ad un Paese”.\r\nNel farlo scendono con ineffabile sicumera su un terreno molto scivoloso.\r\nLa nozione di “grave danno” per un intero “Paese” suppone che vi sia un “bene pubblico”, un “interesse generale” che verrebbe irrimediabilmente leso se l’opera non si facesse.\r\nQuesto significa che il Tav deve necessariamente rientrare nell’interesse generale. Ma cosa definisce l’interesse generale, cosa costituisce il bene pubblico? Per i due PM la risposta è ovvia, quasi una tautologia: quello che un governo decide, gli accordi che stringe, gli impegni che si assume in nome di tutti. Nelle carte con cui sostengono l’accusa di terrorismo fanno un lungo elenco di prese di posizione, trattati che dimostrerebbero la loro tesi.\r\nIn altre parole la ragion di Stato e il bene pubblico coincidono, chi non è d’accordo e prova a mettersi di mezzo è un terrorista, nonostante attui una pratica non violenta, contro l’imposizione violentissima di un’opera non condivisa dalla gran parte della popolazione valsusina.\r\nVent’anni di studi, informazione, conoscenza capillare del territorio e delle sue peculiarità, le analisi sull’incidenza dei tumori, sulla presenza di amianto, sull’inutilità dell’opera non hanno nessuna importanza.\r\nUn potere assoluto, sciolto da ogni vincolo di rappresentanza, foss’anche nella forma debole della democrazia delegata, prova a chiudere la partita nelle aule di tribunale.\r\nNe va della libertà di tutti. Persino della libertà di pensare ed agire secondo i propri convincimenti.\r\n\r\nLa ragion di Stato diviene il cardine che spiega e giustifica, il perno su cui si regge il discorso pubblico. La narrazione della Procura si specchia in quella offerta dai vari governi, negando spazio al dissenso.\r\nNon potrebbe essere altrimenti. Le idee che attraversano il movimento No Tav sono diventate sovversive quando i vari governi hanno compreso che non c'era margine di mediazione, che una popolazione insuscettibile di ravvedimento, avrebbe continuato a mettersi di mezzo.\r\nLa rivolta ultraventennale della Val Susa è per lo Stato un banco di prova della propria capacità di mantenere il controllo su quel territorio, fermando l’infezione che ha investito tanta parte della penisola.\r\nAllo Stato non basta vincere. Deve chiudere la partita per sempre, spargere il sale sulle rovine, condannando i vinti in modo esemplare.\r\nL’osmosi tra guerra e politica è totale. La guerra interna non è la mera prosecuzione della politica con altri mezzi, una rottura momentanea delle usuali regole di mediazione, la guerra è l'orizzonte normale. In guerra o si vince o si perde: ai prigionieri si applica la legge marziale, la legge dei tempi di guerra.\r\n\r\nIn ballo non c'è solo un treno, non più una mera questione di affari. In ballo c'é un'idea di relazioni politiche e sociali che va cancellata, negata, criminalizzata.\r\nQuando il tribunale di Torino tira in ballo la nozione di “contesto” per giustificare un'accusa di terrorismo, lo fa a ragion veduta, in Val Susa spira un vento pericoloso, un vento di sovversione e di rivolta.\r\nIntendiamoci. Lo Stato non ha paura di chi, di notte, con coraggio, entra nel cantiere e brucia un compressore. 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Nel presentare il programma della tre giorni contro il CIE del 23-24-25 maggio a Torino, abbiamo fatto una chiacchierata con Alberto, un compagno di Trapani, dove i due CIE - uno al momento chiuso per lavori - sono da sempre al centro di lotte durissime e di numerose rivolte ed evasioni.\r\nNe è scaturita una discussione a tutto campo centrata soprattutto su un documento sui CIE prodotto da una commissione nominata nel giugno 2012 dall'ex ministro dell'Interno Cancellieri.\r\nUna delle tante eredità lasciate dal governo Monti a propri successori.\r\nSu questo tema vi riportiamo alcuni stralci dell'articolo scritto da Alberto per il settimanale Umanità Nova.\r\nIl \"La responsabile del Viminale voleva vederci chiaro, anche e soprattutto per risolvere le “criticità” emerse negli ultimi anni. Otto alti funzionari coordinati dal sottosegretario di stato Saverio Ruperto, hanno partorito un documento che, ancora una volta, conferma l’attitudine “umbertina” di chi intende risolvere i problemi solo e soltanto con la repressione.\r\nIl testo è stato diffuso, in anteprima, il mese scorso da una sconcertata Sandra Zampa, parlamentare bolognese del PD. E in effetti i motivi di sconcerto sono davvero tanti.\r\nSchematicamente, si può dire che gli estensori del testo abbiano individuato una serie di “direttrici” sulle quali intervenire dopo una analisi di quello che è successo in questi anni nei Cie, anche alla luce dell’inasprimento delle normative in materia di immigrazione che, com’è noto, prevedono un allungamento dei tempi di detenzione fino a diciotto mesi (un anno e mezzo dietro le sbarre per il solo fatto di essere considerati “irregolari”). Nel documento lo si ammette: la administrative detention non consegue alla commissione di un reato, ma si riferisce a uno status giuridico. In Europa, però, «la possibilita di trattenere per via amministrativa gli stranieri irregolarmente presenti sui territorio, in attesa della lora espulsione, ha una storia ormai più che secolare (il primo Paese europeo a introdurre nel proprio ordinamento la detenzione amministrativa fu la Francia nel 1810)».\r\nPertanto, «i C.I.E. fanno ormai stabilmente parte dell’ordinamento e risultano indispensabili per un’efficiente gestione dell’immigrazione irregolare». Quindi, possiamo metterci il cuore in pace.\r\nNel documento non emerge alcuna volontà di ridurre il numero dei Cie, o di rivedere le leggi che li concepiscono. Al contrario, i magnifici otto dell’ex ministro dell’Interno ritengono che i Cie vadano “migliorati” razionalizzandone la gestione. L’unica concessione che si fa riguarda il periodo massimo di detenzione. Diciotto mesi sono troppi, «essendo pressoché trascurabile il numero di stranieri identificati trascorso l’anno di permanenza». Dodici mesi, quindi, possono bastare.\r\nMa la preoccupazione maggiore deriva dalla “sicurezza” dei Cie. Più volte, nel documento, si fa cenno alle rivolte e alle «sedizioni» che hanno letteralmente distrutto alcune di queste strutture fino alla necessità di chiuderle temporaneamente per rimetterle in sesto. Quindi, si propone di creare spazi appositi per l’isolamento dei soggetti più violenti o potenzialmente più violenti. Insomma: celle di isolamento all’interno di strutture sostanzialmente detentive ma formalmente non carcerarie. Non senza ipocrisia, si ammette che «la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine». Che fare allora, tenendo conto anche della pericolosa promiscuità dei Cie (che trattengono insieme ex detenuti ed ex lavoratori, immigrati “buoni” e immigrati “cattivi”, immigrati di una cultura insieme ad altri di cultura “avversa”)? Semplice: bisogna pensare che «modalità di trattenimento distinte e una diversa suddivisione degli spazi permetterebbero agli ospiti di trascorre il tempo in maniera costruttiva, con la possibilità di svolgere, in un contesto più armonico e gradevole, attività ricreative e sportive». Attenzione, però: gli immigrati sono tipi difficili, anche un po’ ingrati, e bisogna quindi tener presente il «diffuso disinteresse degli ospiti verso le proposte di attività per l’impiego del tempo, che si registra all’interno dei Centri; mentre, d’altro canto, non è infrequente la necessità per le forze dell’ordine di limitare l’utilizzo degli impianti sportivi all’aperto allo scopo di impedire assembramenti e tentativi di fuga. Affinché sia sempre garantito l’utilizzo di tali impianti, è pertanto auspicabile la predisposizione di un sistema di difese passive all’interno di ogni Cie, in modo da scongiurare sul nascere i tentativi di fuga, attualmente assai frequenti».\r\nAi funzionari del ministero non viene in mente che le rivolte o gli atti di autolesionismo si verificherebbero ugualmente, anche se i Cie fossero dei resort con le gabbie dorate. Né è concepibile, per questi grigi burocrati, che il desiderio di libertà, a fronte di una ingiusta carcerazione, metta in secondo piano qualunque ridicolo palliativo.\r\nDalle pagine del documento trasuda una sola preoccupazione: far sì che il Cie diventi il più possibile sufficiente a se stesso, un panottico dove si possa fare tutto riducendo al minimo i contatti con l’esterno. Ad esempio, per quanto riguarda il diritto alla salute e alle cure mediche, si auspica la presenza di un medico con «responsabilità direzionali» e, più in generale, bisogna far sì che gli immigrati non vengano portati negli ospedali. Leggiamo perché: «Uno dei metodi maggiormente usati da parte dei trattenuti per tentare di fuggire dai Centri consiste nel provocare, anche con atti di autolesionismo, le condizioni per essere ricoverati in strutture sanitarie esterne, dalle quali lo straniero spesso può allontanarsi indisturbato a causa delle obiettive difficoltà a predisporre un servizio di piantonamento fisso. Un servizio di assistenza sanitaria efficiente e completo favorisce, in primo luogo, una maggiore tutela della salute di tutti gli ospiti della struttura, e può contribuire anche a scongiurare questi tentativi di fuga».\r\nRispetto alla trasparenza delle strutture, il documento va nella direzione di una maggiore discrezionalità delle prefetture nel rilascio dei permessi di accesso da parte di giornalisti o enti umanitari. E anche agli immigrati viene riconosciuta la libertà di corrispondere con l’esterno, magari con il telefonino personale, purché - ben inteso - non abbia fotocamera o videocamera.\r\nLa gestione economica dei Cie è stata fallimentare. In tutta Italia sono molti gli enti e le cooperative che si sono spartite l’affare dell’accoglienza senza peraltro garantire servizi decenti. E così, al ministero si punta a una centralizzazione dei servizi con la creazione di un unico gestore per tutti i centri in Italia. Tale centralizzazione sarebbe funzionale anche al diverso ruolo che si vorrebbe affidare agli operatori che gestiscono le strutture, magari creando «un corpo di operatori professionali. Si tratterebbe dl operatori specializzati, preparati attraverso corsi specifici di formazione e addestramento, organizzati anche con il contributo dell’amministrazione penitenziaria, che affiancherebbero le forze dell’ordine, cui resterebbe comunque affidata la sicurezza dei luoghi». Una mutazione di senso che trasformerebbe chi gestisce un Cie in un secondino a tutti gli effetti.\r\nInfine, per completare il quadro, il documento considera l’importanza della collaborazione dei consolati stranieri nelle procedure di identificazione ed espulsione dei loro cittadini irregolarmente presenti in Italia. Quindi, lungi dal pensare a una riduzione dei Centri, «nella prospettiva di una revisione della loro dislocazione sul territorio, e dell’eventuale creazione di nuove strutture, sarebbe opportuno concentrarne la presenza soprattutto nelle città in cui si trovano i consolati o le ambasciate dei Paesi maggiormente interessati al fenomeno migratorio».\r\n\r\nAscolta la diretta con Alberto\r\n2013 05 17 alberto cie","22 Maggio 2013","2018-10-17 22:59:48","http://radioblackout.org/wp-content/uploads/2013/05/cie-gabbia-200x110.jpg","CIE. 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Diciotto mesi sono troppi, «essendo pressoché trascurabile il numero di stranieri identificati trascorso l’anno di permanenza». Dodici mesi, quindi, possono bastare.\r\nMa la preoccupazione maggiore deriva dalla “sicurezza” dei Cie. Più volte, nel documento, si fa cenno alle rivolte e alle «sedizioni» che hanno letteralmente distrutto alcune di queste strutture fino alla necessità di chiuderle temporaneamente per rimetterle in sesto. Quindi, si propone di creare spazi appositi per l’isolamento dei soggetti più violenti o potenzialmente più violenti. Insomma: celle di isolamento all’interno di strutture sostanzialmente detentive ma formalmente non carcerarie. Non senza ipocrisia, si ammette che «la totale assenza di attività all’interno dei Centri, che si sostanzia in un ozio forzato, comporta un aumento di aggressività e malessere e si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine». 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